CONOSCENZA INGENUA

Gran Loggia d’Italia degli ALAM

 

di Roberto Rossini

 

Vociare di bambini per strada, un grande rettangolo disegnato col gesso sul marciapiede, suddiviso in sei quadrati vistosamente numerati e coronato da un semicerchio contraddistinto dal numero sette. E’ il gioco della “Settimana”; il giocatore di turno lancia un sassolino sulla prima casella, quindi, saltellando su un piede, percorre di seguito tutte le caselle fino alla settima, per poi tornare indietro e fermarsi a raccogliere, sempre su un piede, il sassolino lanciato. Quindi continua partendo dalla seconda casella, e poi dalla terza, nello schiamazzo generale teso a farlo sbagliare. Più in là un ragazzino spinge con una bastoncino un cerchio di bicicletta, un altro insegue una palla di gomma, due bambine si lanciano un cerchietto di legno con due bacchette. Com’erano belli i giochi di una volta: “Stai-là”, che poi i bambini chiamavano “Stella”, “La palla avvelenata”, “La bandiera”, e poi i pupazzi di stoffa, il teatrino ricavato da uno scatolone, dove vivevano burattini di cartoncino vestiti di carta colorata. Quei giochi erano una valigia di simboli che diventavano conoscenza e comprensione della vita, una costellazione di forme, segni e colori da decifrare, che hanno avuto il potere di renderci curiosi per sempre. Tutto quello che chiamiamo gioco non è solamente l’attività ludica ma anche l’insieme delle figure, dei simboli o degli strumenti necessari al funzionamento di questa attività, complessa come la vita reale. Il gioco riunisce in sé i concetti di totalità, di regola ma anche di libertà; infatti le diverse combinazioni di gioco non sono altro che modelli di vita, tendenti a sostituire un certo ordine all’anarchia dei rapporti, passando dallo stato di natura a quello di cultura, dallo spontaneo al voluto. Certi giochi celano misteri, avvincenti narrazioni di un sapere antico: l’albero della cuccagna si collega ai valori del trascendente, il gioco della palla richiama la disputa del globo solare, le sei facce dei dadi evocano i simboli del mondo nei suoi sei aspetti: minerale, vegetale, animale, umano, psichico e divino. Insomma i giochi lanciano messaggi all’umanità, e le dottrine esoteriche vi hanno scoperto una vera scienza iniziatica. La Settimana è un gioco colmo di messaggi che creano un percorso che si snoda verso una conoscenza pure incompleta, come suggerisce il semicerchio in alto, e forse mai completamente raggiungibile. Un atto di sviluppo personale non intenzionale, volto alla costruzione della personalità. Intanto lo stesso nome del gioco ricorda i giorni della settimana, che sono sotto il segno di sette pianeti. Il rettangolo e l’arco che lo sormonta materializzano la dialettica del terrestre e del celeste, dell’imperfetto e del perfetto. Questa forma complessa provoca una rottura del ritmo che invita alla ricerca del movimento, del cambiamento e di un nuovo equilibrio, esprimendo l’aspirazione ad una vita superiore. Il cerchio rappresenta la perfezione, l’omogeneità; è segno d’armonia, simbolo di protezione e rappresentazione della ruota del cielo. Sia il sole che l’oro vengono indicati con un cerchio, e molte danze ne assorbono l’essenza. La danza circolare dei dervisci mawlaiyya, per esempio, è ispirata a un simbolismo cosmico: essi ruotano intorno ad un centro come i pianeti intorno al sole, e richiamano la Trottola e il vecchio e caro Girotondo, fanciullesco precursore della massonica “Catena d’Unione”. Il cerchio combinato col quadrato richiama l’idea del movimento, immagine dinamica di una dialettica fra il celeste trascendente, al quale aspira l’uomo, e la terra in cui si trova. Jung ha più volte ribadito che il cerchio è un’immagine archetipica della totalità della psiche ed esprime l’illimitato mentre il quadrato, simbolo della realtà, descrive un limite. Quindi la corsa su una sola gamba, quasi una danza, è un faticoso deambulare per arrivare a comprendere il cosmo, come il gioco dei Cerchietti richiama il concetto di uno scambio di conoscenza tra i giocatori, allorché i cerchietti di legno assumono il senso di simbolici messaggi. Ma torniamo alla Settimana. All’interno del rettangolo ci sono sei quadrati numerati, e il quadrato esprime lo sviluppo completo della manifestazione, ottenuto partendo dal centro immobile secondo la croce delle direzioni cardinali. Questo sviluppo segue quello delle civiltà sedentarie, mentre gli accampamenti e le tende dei popoli nomadi sono generalmente rotondi. Nel linguaggio dei simboli il quadrato è riferito alla materializzazione delle idee: mentre il tre esprime lo spirito il quadrilatero esprime la materia, rappresentando la sintesi degli elementi. Pitagora sosteneva che tutto è organizzato secondo il numero: i numeri sono il miglior mezzo per avvicinarsi alla verità divina, poiché possiedono rilevanza cosmica. Oltre ai giochi di gruppo è il caso di considerare anche quelli che si possono giocare restando comodamente seduti, tra questi la Dama e l’intrigante gioco degli Scacchi. Ci giungono da una antichissima India ed hanno entrambi la scacchiera come campo del gioco. In particolare gli Scacchi rappresentano una sfida intellettuale che mette in campo matematica, costruzione del pensiero, logica e filosofia. Questo ne fa un gioco internazionale che suscita ammirazione e considerazione presso tutte le culture. Le ragioni storiche e culturali che spiegano la consonanza tra gli Scacchi e la condizione umana sono oggetto di numerosi studi. La scacchiera comprende le forze contrarie che si contrappongono nella lotta per la vita, è il campo della conflittualità della ragione contro l’istinto, dell’ordine contro il caos. Questa è la rappresentazione del mondo, i pezzi sono i fenomeni dell’universo e le regole sono quelle che appartengono alla natura. Una attenzione particolare merita anche il Gioco dell’oca, che ha scatenato una messe sconfinata di interpretazioni ed ha impegnato penne di livello, come Fulcanelli, Borges ed Eco. Per Fulcanelli questo gioco è “un labirinto popolare dell’arte sacra” e ancora: “la sua struttura a spirale conduce verso il raggiungimento del centro, del giardino dell’oca, meta di un cammino sapienziale iniziatico”. Appare interessante notare che la spirale del gioco si svolge costantemente in senso antiorario, quasi ad indicare che il raggiungimento del centro va inteso nel senso di una risalita verso l’origine, verso l’Uno. L’oca, da cui il gioco prende il nome, ha sempre goduto di particolare considerazione presso molti popoli, dagli Egizi ai Greci, ai Romani. In Egitto i Faraoni erano identificati con il sole e la loro anima veniva mostrata sotto forma di un’oca, che rappresentava il sole uscito dall’uovo primordiale. Nella tradizione celtica questo animale era il simbolo dell’aldilà ma anche della Grande Madre dell’Universo, mentre il labirinto svolgeva una funzione magica. A sua volta per gli alchimisti il labirinto era un’immagine del lavoro interno dell’Opera, dove la difficoltà di raggiungere il centro, dove avviene il combattimento tra le due nature, è pari solo a quella del cammino da seguire per uscirne. Hermann Kern nel suo libro “Labirinti” fornisce forme e interpretazioni di questo archetipo nell’arco di 5000 anni. Aprendo la tabella del Gioco dell’Oca appare il percorso da seguire per raggiungere la meta, composto da una serie di caselle tracciate su un serpente che si snoda su tutto il piano del gioco. In molte stampe appare chiaramente l’Ouroboros, il serpente che si morde la coda. Altro archetipo fondamentale legato alle origini della vita e dell’immaginazione, il serpente ha conservato ovunque espressioni simboliche apparentemente in contraddizione. Guénon osservava che il simbolismo del serpente è in effetti legato all’idea stessa della vita. Keyserling affermava che è lo stato più profondo della vita, la riserva, il potenziale da cui provengono tutte le manifestazioni. Molte sono le culture che hanno attribuito al serpente grande valore simbolico: a Roma rappresentava lo spirito guardiano, nel II secolo gli Ofiti lo veneravano in quanto causa della gnosi per l’umanità, riscontrando che le nostre interiora riproducono la figura del serpente. L’Ouroboros, il serpente che si morde la coda, era considerato la descrizione dell’universo e le sue scaglie simboleggiavano gli astri. Simbolo di unità, continuità del tempo ed anche di silenzio, Fulcanelli lo segnala, insieme al sigillo di Salomone, come il degno distintivo della Grande Opera, geroglifico dell’unione assoluta dei quattro elementi e dei due principi ricondotti all’unità nella pietra filosofale. In Massoneria l’Ouroboros è rappresentato dalla Nappa a frastagli, il cordone rosso con sette nodi che circonda il tempio massonico, come l’Ouroboros contorna tutto l’universo creato, simbolo di unità e continuità nel tempo. L’interpretazione alchemica, esoterica e cabalistica usa i simboli del proprio linguaggio come chiavi per aprire anche il senso nascosto dei giochi, delle fiabe, delle leggende, dei miti, nei quali individua il dramma delle incessanti trasformazioni dell’anima e il destino della creazione. C’era una volta un viaggio verso la luce che, attraverso le fiabe ed i giochi di una volta, svelava ai bambini un immenso orizzonte. Nella classica fiaba di “Biancaneve e i sette nani”, che W. Disney conosceva bene e ripropose, Biancaneve è la giovane vergine, la miniera d’oro, mentre i sette nani o gnomi (dal greco gnosis, conoscenza) rappresentano la materia minerale (lavorano in una miniera) nei suoi sette prolungamenti, i sette metalli. Ogni gnomo ha l’aspetto e un carattere di un pianeta che lo domina, ma è il saturnino Brontolo a fornire i migliori consigli al gruppo ed a salvare in molti casi le situazioni difficoltose. Caduta in uno stato di morte apparente per aver assaggiato la mela avvelenata, Biancaneve viene svegliata dal principe, simbolo del mercurio filosofale che, unendosi all’oro, lo estrae dalla materia. Amore e conoscenza camminano insieme; dice Bertrand Russell: “… la vita retta è quella ispirata dall’amore e guidata dalla conoscenza. Conoscenza e amore non hanno confini, cosicché una vita è sempre suscettibile di miglioramento”. E ancora: “Benché amore e conoscenza siano necessari, l’amore è in un certo senso più fondamentale perché spinge l’intelligenza a scoprire sempre nuovi modi di giovare ai propri simili”. E qui non resta che augurarci che in futuro dire “c’era una volta” non rappresenti il naufragio di un tempo lontano e sfumato, per un mondo che non ha bisogno di dogmi ma di libera e concreta ricerca. Ci vuole molto talento per invecchiare senza diventare adulti (J. Brel).

 

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UNO STUDIO APPROFONDITO DELL’ESSENZA . .

 

 

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Uno studio approfondito dell’essenza dello spirito dell’uomo non può non ricollegarsi ad una visione dell’Universo, del macrocosmo, di cui l’Io, inteso come microcosmo, è solo un frammento. Non si ha, infatti, un’analoga visione dell’Io, se si concepisce l’Universo in maniera materialistica e deterministica oppure se lo s’intende in maniera dinamica.

È evidente che, alla luce della fisica contemporanea, non si può non interpretare il cosmo come essenzialmente un ampio campo energetico. Nello stesso tempo si deve purtroppo riconoscere che non si sono adeguate le altre discipline ad una visione fondamentalmente spiritualistica che oggi s’impone dell’Universo e di conseguenza dell’Io.

Si vive purtroppo ancora una profonda contraddizione fra una cultura, basata sulla conoscenza del fenomeno o del dato staccato ed isolato, ed un’altra cultura, nuova, anche se in realtà antica, che riconduce l’uomo ad una visione olistica, rispettosa di tutti e del Tutto.

L’astrologia dà per scontato che l’uomo è essenzialmente un centro di energia che si sviluppa, inserito in campi energetici diversi. Si presuppone che una massa di energie, incalcolabilmente smisurata, precipiti dall’Infinito e lo percorra ininterrottamente. Questa massa energetica, lungo il cui percorso si trova la terra, apparentemente è omogenea, in realtà è formata da radiazioni ben distinte, ciascuna delle quali ha particolari caratteristiche ed assolve compiti particolari, permettendo la vita e lo sviluppo degli esseri tutti.

Da questa premessa s’impone una nuova concezione dell’uomo, non più centrata sulla sua superiorità e, di conseguenza, sul dominio nei confronti della natura. Bisogna abbandonare definitivamente questa concezione, anche se antica e sostenuta dalle religioni monoteistiche, ancora oggi dominanti e numericamente rilevanti. A parte la violenza e, di conseguenza, i danni purtroppo in parte irreversibili che questa mentalità ha arrecato e arreca sull’ambiente, è essa un segno di superbia o di ignoranza. Quanto invece sarebbe più corretto riflettere sulla fragilità della natura umana. Sì, è grande l’uomo, ma solo se riconosce i suoi limiti, il suo essere la creatura più evoluta sulla terra, perché dotata di intelligenza, ma pur anche limitato e spesso indifeso. Una “canna pensante”, come lo definisce Pascal, una canna sbattuta dai venti, forte, perché si piega ma non si spezza: grande nell’intuire, come Giordano Bruno, infiniti mondi e per questa sua convinzione affrontare impavido la morte, ma povero e misero, quando si ritiene il dominatore e s’inorgoglisce nel costruire ordigni, capaci di distruggere l’intero sistema solare. Riflettendo sulla complessità dell’uomo e sulle forze dinamiche, per molti versi ancora misteriose dell’universo, acquistiamo la consapevolezza della nostra essenza più autentica, sforziamoci di capire qual è la nostra vocazione più vera! Solo così, forse, possiamo ricomporre il nostro Io diviso e riportare l’armonia nella nostra coscienza e nella società umana.

Si parla oggi di un mondo di apparenze, di una rete intricata di convenzioni e di norme formali, in cui si è tutti inviluppati, e da cui non si riesce facilmente ad uscire. L’Io che ripete meccanicamente formule vuote in un quotidiano gioco di apparenze è una povera maschera, che recita la sua parte di un copione fisso, nascondendo, spesso col sorriso, la sua sofferenza. Perché la sofferenza? Da dove nasce la sofferenza? Se l’uomo fosse soddisfatto di sé e della sua vita non ci sarebbe sofferenza, ma non sarebbe un uomo! L’insoddisfazione, è stato detto, è l’essenza dell’uomo. Essa, di cui spesso non si riesce a comprendere la ragione, si manifesta come ansia o inquietudine. È in realtà la voce del profondo, del sé che richiama l’uomo a se stesso e alla sua vera realizzazione. Il primo passo verso la liberazione dal mondo delle vuote apparenze è il sentire questa voce e dare ad essa ascolto. È questo il primo gradino verso la liberazione interiore. L’esperienza dell’illuminazione è paragonabile a quella del risveglio. Un’esperienza che, dallo smantellamento del sistema cosciente, fatto d’intricate e vane convenzioni, porta ad un tuffo nel vuoto, tuffo che in realtà è la vera possibilità di emergere della “natura umana”. Quello che il buddismo chiama “vuoto divino”. È allora che si scopre il Sé, come un mondo infinito d’essenze e di forze vitali, di cui lo Zodiaco e la rappresentazione e i cui segni zodiacali, altro non sono che gli archetipi cui noi orientiamo la nostra vita. In questo Sé, abisso infinito, s’apre l’Infinito della creazione. È proprio la percezione di questo Sé, alimentato e collegato alle energie cosmiche, che ci porta allo stato più elevato, in cui l’Io è depotenzializzato e da cui si avanza verso la crescita interiore. È appunto attraverso una profonda analisi interiore che si scopre la sincronicità del singolo con tutto l’universo e con tutti i singoli possibili. Si scopre allora la correlazione psicofisica dell’Universo in cui l’armonia e l’amore sono l’essenza indispensabile alla crescita individuale.

Purtroppo, il campo d’attenzione della nostra cultura occidentale è quello relativo al piano mentale. Ne sono conseguenza le grandi realizzazioni scientifiche e tecnologiche, ma tutto questo è stato realizzato in virtù di una dissociazione fra l’Io, la parte cosciente, e il Sé. La ragione in questo modo si sovrappone allo spirito. È come se la parte prevale sul tutto. Questo spiega perché spesso ci si abbandona alla barbarie, alla guerra, alla violenza a quanto c’è di più distruttivo per il singolo e per il Tutto. Non è forse vero che una piccola parte d’umanità, ricca di beni materiali, potenzialmente distruttiva, s’impone sul resto dell’umanità, spesso tragicamente impotente?

È nel profondo, nella scoperta del Sé che si può trascendere l’essere umano. La nostra coscienza è solo uno dei modi cosmici di essere coscienza. Ogni ordine di cose dell’universo partecipa della Coscienza, vive ed è degno di crescita. Bisogna essere pronti a recepire un diverso modo di intendere e un diverso sentire. Ci si deve spingere verso una diversa dimensione logica, che diventa poi anche morale. È un discorso, questo, molto difficile e le parole non servono, quanto piuttosto aiuta il silenzio, l’intuizione o la meditazione. L’obiettivo potrebbe essere il creare fra gli uomini una diversa armonia, basata sulla comprensione spirituale, il rapportarci da centro spirituale a centro spirituale, da anima ad anima. I segni dello zodiaco, se capiti realmente nella loro simbologia, ci rappresentano le prove, le esperienze, le lezioni necessarie per la realizzazione del vero progresso spirituale che regola la nostra vita. I segni zodiacali costituiscono i vari tipi di energia che segnano i diversi sentieri di evoluzione entro cui si esprime la natura umana. È come se il Grande Architetto, Intelligenza Suprema, ma anche profondissimo Amore, attraverso i dodici segni zodiacali nutrisse il nostro spirito permettendo, attraverso le esperienze o i suoi doni, a volte anche dolorosi, la nostra evoluzione. Dal centro dello Zodiaco Celeste c’invia i suoi raggi per trasformarci in piccoli soli irradianti, a nostra volta, Conoscenza e Amore.

 

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PREGA,LEGGI,LEGGI,LEGGI,RILEGGI,LAVORA. . .

PREGA,LEGGI,LEGGI,LEGGI,RILEGGI,LAVORA. . .

 

“Prega,leggi,leggi,leggi,rileggi,lavora e allora troverai”(Mutus Liber,XIV Tavola)*

 

NOTA:

 

data la complessità e la vastità dei contenuti della Scienza Ermetica, ho ritenuto utile fare dei collegamenti ipertestuali(riconoscibili dal colore verde) con pagine web di Autori e Studiosi di primo livello.

 

Cos’è l’Alchimia? L’alchimia è una Scienza Antichissima, da considerarsi eterna e perciò non potremmo nemmeno collegarla ad una sua ‘storicità’, tuttavia sono interessanti i contatti che essa ha avuto con i contesti sociali, storicamente determinanti, con i quali essa ha più o meno nascostamente convissuto, delle varie ‘colorazioni religiose’ che è venuta via via assumendo, delle diverse vesti mitologiche con le quali è andata ricoprendosi, mascherandosi ai profani e contemporaneamente rivelandosi agli iniziati che la ricercavano.

 

 

Se risalissimo alle sue Origini, ci accorgeremo che essa  risale alla notte dei tempi ed è il fulcro di quella Tradizione Universale che è alla base di tutte le religioni.Una scienza spirituale in cui religione, filosofia e tecnica di laboratorio coesistono e si identificano.

 

Un pensiero di C.D’Yge rende bene l’idea:”Che coloro che pensano che l’Alchimia è strettamente di natura terrestre, minerale e metallica, si astengano. Che coloro che pensano che l’Alchimia è unicamente spirituale, si astengano.Che coloro che pensano che Essa è solamente un simbolismo utilizzato per rivelare analogamente il processo della “Realizzazione spirituale”, in breve, che l’uomo è la materia e l’athanor dell’Opera, che essi abbandonino”.

Immagine tratta da “Atalanta Fugiens”, di M.Maier ,Emblema XXVII: Il Giardino Alchemico resta chiuso per chi non ha piedi per camminare e seguire le orme della Natura.

Con queste premesse, che non chiariscono molto per la verità, ma ci spingono a voler ‘capire’ meglio, saremmo tentati di ‘astenerci’ anche noi! L’Alchimia è materia solo per pochi ELETTI!

Eppure è di una Semplicità intrinseca che nemmeno ci sforziamo di comprenderla, di penetrarne il significato, perchè oggi siamo coinvolti e avvolti da una fitta nebbia che ci impedisce di ritrovare il pensiero che ha accompagnato l’uomo dalla sua comparsa su questa terra, quindi impacciati (o disinteressati) a ritrovare le nostre radici. Ci appaiono MUTI i simboli utilizzati dagli Antichi, non comprendiamo le testimonianze che ci hanno lasciato, al massimo possiamo ammirarle ma le consideriamo ‘arretrate’rispetto alle grandi tecnologie di cui disponiamo oggi e che riteniamo ci rendano progrediti, civilizzati, ‘superiori’ ai nostri antenati.

Io credo, molto umilmente, che le cose vadano viste in modo diverso: l’Uomo Antico era molto più vicino alla propria natura ‘perfetta’, pneumatica e divina di quanto lo siamo oggi. E non a caso, in ogni epoca, l’uomo di Sapienza ha tenuto conto di questi aspetti, ha ricalcato gli insegnamenti derivanti dagli antichi Testi, ne ha condiviso il significato profondo, criptandolo nella propria espressività artistica.

Templi,Geroglifici,, Sculture, Pitture, Opere Musicali, Manoscritti, Trattati, Poesie,Cattedrali,ecc. sono quindi preziose GUIDE  per tutti quelli che vogliono  sentirsi parte del Pensiero che le ha create, del senso che racchiudono e delle indicazioni che sono in grado di fornirci, per aiutarci nell’arduo lavoro di codifica ed interpretazione del Messaggio di cui sono depositarie.

l’allegoria ermetica..

Fulcanelli (pseudonimo di un Adepto sconosciuto,con cui sono stati scritti “Il Mistero delle cattedrali”e “Le Dimore Filosofali”) ebbe a scrivere:”Noi scriviamo per tutti,ma non tutti possono essere chiamati a comprenderci,perchè ci è interdetto di parlare più apertamente”

 

Si intuisce, pertanto, la necessità dei ‘Filosofi’ (gli Alchimisti)di esprimersi con un linguaggio simbolico, attraverso metafore,allegorie e disegni che al profano appaiono strani,bizzarri,confusi se non incomprensibili.I Filosofi parlano la LINGUA DEGLI UCCELLI, cioè quella delle persone sagge (cabala ermetica), perché nell’ermetismo il volatile simboleggia ciò che è spirituale rispetto al fisso o materiale. In alcune basiliche, come sui capitelli del portale di San Clemente in Casauria, a Torre de’ Passeri (PE), si possono ammirare degli uccelli dalla testa umana(e, del resto, nell’iconografia Egizia è spesso usata questa simbologia). Questi rappresentano, appunto, i saggi; ovvero, coloro che parlano la lingua degli uccelli.

L’Alchimia è stata conosciuta da tutti i Popoli Antichi, poichè è Universale.Induisti,Taoisti,Cinesi,Egizi,Celti,Arabi,ecc.ne hanno tramandato la Conoscenza. Molte persone assimilano l’Alchimia all’Arte di trasformare il piombo in oro, magari quell’ oro potabile che permetterebbe di raggiungere l’immortalità.Questo non è certo lo scopo finale dell’Alchimia, che ammette la possibilità di effettuare la conversione del vile metallo in oro lucente ma solo per virtù spirituale; in un certo senso il successo finale assimila la ricerca delle Isole Immortali.

Il simbolismo alchemico si situa su un piano cosmologico, in cui le fasi di coagulazione e soluzione corrispondono a quelle del ritmo universale:involuzione-evoluzione,inspirazione-espirazione.L’Alchimia è considerata come un’estensione e accelerazione della generazione naturale. La famosa TAVOLA DI SMERALDO, di Ermete Trismegisto (ilTHOT EGIZIO), enuncia in uno stile estremamente ermetico gli assiomi fondamentali dell’alchimia,che si possono così riassumere: ogni opposizione si ordina in funzione della contrapposizione fondamentale maschio-femmina; la Grande Opera è l’unione dell’elemento maschile, lo zolfo, con quello femminile, il mercurio.Tutti gli autori forniscono similitudini e accostamenti assunti dal linguaggio dell’unione e della generazione. Unione che può avvenire solo con un terzo ‘elemento’indispensabile,chiamato sale e che è quel Fuoco Segreto,quell’Agente universale che gli alchimisti conoscono(in realtà,molti hanno faticato a capire di cosa si trattasse,e solo coloro che Dio stesso ritiene degni di ricevere il DONO ne possono godere).

Gli alchimisti usano varie allegorie per criptare il messaggio Ermetico: questa è la III figura dello Splendor Solis(Fons Duplex):Il guerriero corazzato simboleggia il principio maschile.La spada indica sia il metallo con cui si deve colpire il drago(la materia grezza)sia il ‘fuoco’segreto.Le due fonti sul piedistallo indicano le due nature opposte che dovranno essere unificate.

La materia grezza,simboleggiata dalla Vergine mercuriale, prende nomi diversi poichè gli Autori tendono a celarne la vera consistenza:è uno snervante ‘modus operandi’che complica parecchio lo studio dei testi ermetici:quando sembra di aver intuito di ‘cosa’possa trattarsi,il passo successivo ci riporta da capo,poichè un testo può negare quanto aveva affermato in precedenza!Questo ‘depistaggio’ha lo scopo di scoraggiare gli avidi e gli invidiosi dell’Arte, per favorire solo coloro che vogliono intraprenderne seriamente e con pazienza lo studio.Potremo così trovare definizioni come:drago nero coperto di scaglie,Vergine Nera,corvo nero,libro chiuso,acqua,fontana,antimonio dei filosofi,piombo dei saggi,caos,Aries,terra nera,quercia,torba,tarasca,diavolo,vampiro,lepre,lupo grigio,magnesia,calamita,figlia di Saturno, sputo di luna,grasso di rugiada,aceto,specchio dell’arte,vaso,servo fuggitivo…Una disarmante schermaglia di nomi e simboli davvero lunga!Da essa dovrà essere estratta la parte ‘bianca e lucente’:”La Terra è nera e dentro di sè,nelle sue viscere,ha luce”.”L’oggetto vile e disprezzato dagli ignoranti, è il primitivo soggetto dei saggi,l’unico dispensatore dell’acqua celeste,nostro primo mercurio e grande Alkaest,il ‘dissolvente universale'(Fulcanelli).Metaforicamente è il drago nero solfureo,che nasconde una bianca principessa al suo interno,che deve essere liberata,così come nelle favole il prode cavaliere giunge a liberare la bella principessa prigioniera.

Il cavaliere, simboleggiato dallo zolfo, assume anch’esso molti ‘aspetti allegorici’: è Ares/Marte,Cadmo,Perseo,Ercole,Longino,San Giorgio…tutti coperti dalla ‘corazza’ e armati  di ‘spada’di acciaio per uccidere il ‘drago’e liberare la ‘principessa’,la Vergine Bianca.E’il principio igneo,chiamato zolfo dei filosofi: Ares-Marte per i Latini-è collegato al ferro e di questo elemento Fulcanelli scrisse:”Agli occhi del saggio,il ferro è incomparabilmente più nobile dell’oro…contiene molto zolfo stabile,di un colore rosso scuro…”.Possiamo capire meglio come l’Alchimia trovi molte allegorie celate sotto le spoglie della religione cristiana.Ad esempio,la Vergine Nera è paragonabile alla Materia prima.Nel Cantico dei Cantici la Vergine dice:”Nigra sum sed formosa”cioè”Sono nera ma sono bella”.Inoltre le statuette delle Vergini Nere nascondono la medesima verità: venivano sempre conservate nelle cripte sotterranee,per indicare che nelle profondità è nascosta la ‘luce minerale’,come nel profondo di noi stessi si cela la nostra LUCE interiore,il nostro ‘fuoco’ che dobbiamo liberare e far uscire in superficie,spogliandola della materialità in cui è imprigionata. Dalla Vergine Nera(S.Anna) scaturirà la Vergine Bianca, altra allegoria religiosa:lo ‘Spirito Universale'(simboleggiato nella COLOMBA) si incarna nella Vergine Nera per generare la Stella Lucente,Maria,la Stella Mattutina, da cui-ad opera sempre dello Spirito Santo, originerà il Bambino Ermetico=il Lapis, la Pietra,Gesù,che sarà chiamato Cristo,l’Uomo divinizzato,che ha vinto tutte le sue battaglie Ermetiche.

Questo parallelo trae origine già nella prima alchimia latina e ci porta all’intepretazione in chiave alchemica di tutto il mistero cristiano. Anche nel Testo Veterotestamentario troviamo criptate allegorie Ermetiche:la creazione di Adamo è assimilata all’opera alchemica, poiché come Dio trasse Adamo dal fango, così l’alchimista trae la Pietra Filosofale da una materia iniziale vile. La vicenda biblica del profeta Elia, rapito in cielo su un carro di fuoco, è usata nei libri di alchimia come raffigurazione dell’alchimista che ha realizzato il lavoro, ottenendo la trasmutazione di se stesso.

Matrimonio alchemico (da “Le dodici chiavi della filosofia”,di Basilio Valentino-Sesta Chiave):in questa allegoria sono criptati altri significati ermetici:l’unione regale dello zolfo e del mercurio.I due sposi simboleggiano le due nature mentre il vescovo allude al sale o fuoco segreto.Al di sopra,il flusso celeste rende canonicamente valide le operazioni alchemiche.In questa scena si possono ravvisare precise valenze simbolico-operative.

Ecco,quindi, che la vera Alchimia opera in un vero e proprio ‘laboratorio’usando forni, attrezzature e sostanze minerali sottoposte però all’azione rigenerante(e necessaria) di questo ‘fuoco segreto’ o spirito universale (la terminologia è assai vasta e variegata). L’alchimista riceve questo influsso purificatore direttamente da Dio e ciò fa sì che in lui avvenga una graduale trasformazione interiore e un’apertura della sua Coscienza; tale Illuminazione o Elevazione gli consentirà di procedere sulla difficile strada del laboratorio che, con l’ottenimento della pietra, lo trasformerà da semplice uomo in un dio. Ma è anche il compost, ovvero la materia in fusione su cui lavora l’alchimista a determinare questa Illuminazione sull’operatore.

Da quanto ci trasmettono i Testi, si intuisce che dalla manipolazione fisico-chimica di particolari sostanze minerali sottoposte alla doppia azione del fuoco del forno e del fuoco segreto, scaturisce un irraggiamento ondulatorio che agisce sull’artista purificandolo e illuminandolo sulle operazioni da compiere.

Ci si potrebbe chiedere perchè tanto mistero attorno a questo ‘terzo elemento’: pare che la conoscenza del ‘fuoco segreto’in mani sbagliate o avide, porterebbe a conseguenze molto gravi e di portata inimmaginabile sia sul piano sociale che economico.

 

Un principio,quattro elementi…

Secondo la Teoria generale alchemica,la materia grezza è assimilabile al concetto di caos indifferenziato,materializzatosi in un liquore minerale nelle viscere della terra,considerata un organismo vivente quale Grande Madre che nutre e matura i minerali e i metalli generati nelle sue viscere.Questa sostanza-principio,eterica e semimaterializzata,viene chiamata simbolicamente Mercurio dei Saggi o dei Filosofi (per distinguerla dal volgare mercurio dei termometri comuni!).Gli alchimisti,per meglio criptare i significati delle operazioni ermetiche,usano più o meno lo stesso termine per indicare concetti o sostanze diversi tra loro,quindi i profani sono tratti d’inganno!

Dal Mercurio dei Saggi derivano tutti i corpi dell’Universo,ed è all’origine dei sette metalli primari,così come la luce bianca origina i 7 colori del prisma,che si possono ridurre ancora alla luce bianca.Quindi,anche i sette metalli si possono ‘ricondurre’al Mercurio dei Filosofi.Ai sette metalli corrispondono i sette pianeti dell’astronomia e dell’astrologia antica.

Per gli alchimisti,tutta la creazione evolve verso la perfezione:i metalli verso l’oro,che rappresenta la forma più nobile della loro specie,così come l’uomo tende verso la divinizzazione.Da un lato l’uomo,estraendo il minerale dalla terra,arresta questo processo lentissimo di trasformazione,ma dall’altro(grazie al ‘dono’che gli è concesso da Dio) egli può accelerare questo processo grazie alle virtù della PIETRA.Variamente, alcuni teorizzano che per una causa imprecisa, ci fu qualcosa che ‘bloccò’l’evoluzione dei minerali,così come l’uomo subì la ‘caduta’simboleggiata dalla cacciata dall’EDEN e si allontanò dalla propria natura divina.L’alchimista viene allora inteso come colui che accelera il processo della Natura, ‘restituendo’l’Originaria Perfezione.

Dalla divina Unità,avviene il passaggio alla molteplicità multiforme.Manifestazioni diverse della ‘materia prima’,cioè del Mercurio dei Saggi, sono i 4 elementi:TERRA, ACQUA, ARIA, FUOCO trasmutabili,secondo gli alchimisti,gli uni negli altri.

Il filosofo greco Empedocle osserva che l’intero mondo del divenire,la natura e gli universi sono generati dall’attività di due principi divini,che ha chiamato con i termini simbolici di zolfo e mercurio,di opposta polarità i quali, a loro volta,attraverso l’azione del terzo principio,il sale,determinano l’incessante assemblarsi e dividersi dei 4 elementi primari.Terra-solidi; acqua-liquidi; aria-gas; fuoco-radiazione.

Se di per sè questa teoria è irrazionale,ambigua e incongruente, si può cercare di trovarvi una logica:il passaggio dalla terra (stato solido)alla’acqua(stato liquido)all’aria(stato aereo,vaporoso)al fuoco(luce)segna le successive trasformazioni e ‘sublimazioni’della materia che progressivamente si smaterializza fino a raggiungere l’eterea e luminosa consistenza della pietra filosofale.

le due vie…

Partono dagli stessi principi. Esiste l’Ars brevis e l’Ars longa, comunemente definiti via breve e via lunga, oppure via secca e via umida. Tuttavia, nella simbologia ermetica, con via secca e via umida vengono anche indicati altri due procedimenti che sono propri della via lunga. E  si riferiscono al tipo d’illuminazione.

«Poiché quest’incognita sorpassa i limiti dell’intelletto umano» spiega Fulcanelli «non può essere acquisita che mediante la rivelazione Divina”.

“Dio, ripetono i Maestri, procura la saggezza a chi gli sembra opportuno e la trasmette mediante lo Spirito Santo, Luce del mondo”».Questa è la via secca,cioè senza particolari rivelazioni e, laboristicamente, i Testi parlano di forni ad alte temperature,crogioli di terra refrattaria o porcellana e tempi di lavorazione di settimane(è difficile e pericolosa).E’quella seguita da quasi tutti gli Adepti.

Da un manoscritto del XVII sec.,conservato presso la Biblioteca Civica di Trieste, Ms.2-27: Il Dragone alchemico inteso come paradigma dell’intera Arte: i tre simboli sopra le le tre teste del mostro ermetico indicano  Mercurio, Zolfo e il Sale,i tre protagonisti della Via Secca o Breve(materia prima grezza,cavaliere armato e sale mediatore o Fuoco segreto).

La via umida, invece, comprende la rivelazione totale, cioè sia il campo spirituale sia fisico.Essa opera,praticamente,a basse temperature in vasi e utensili di vetro pirex, usando oro e ‘mercurio’e con tempi di cozione lunghissimi(interi anni)e ininterrotti,secondo i ‘sette regimi’.La trasparenza del vaso permette all’artista di poter seguire le molteplici trasformazioni e le variazioni della gamma cromatica del ‘compost’: nel matraccio, mantenuto a temperatura costante e moderata, si susseguono le fasi di intense colorazioni:il nero,il bianco,il giallo…la coda di pavone…il rosso della maturazione…

 

Miniatura dello Splendor Solis di S.Trismosin(1582),dal titolo “Regimen Veneris”=il Regime di Venere: sotto il segno di Venere(simboleggiato in alto dalla dea dell’amore), si realizza l’unione alchmistica simboleggiata dalla coda di pavone(compresenza dei colori)e dalla musica(‘armonia’).La figura del pavone è equivalente a quella dell’arcobaleno

le operazioni alchemiche…

Si è visto che il mezzo per rivitalizzare i minerali (e l’Uomo) è il Fuoco Segreto; bisogna individuare quali sono le condizioni e i metodi per incorporare di fatto questa radiazione’nei materiali iniziali.I Maestri ricordano che l’alchimia è chiamata anche “Agricoltura Celeste” perchè l’artista deve seguire la Natura e i suo cicli stagionali, solari e soprattutto lunari.

Enigmaticamente, Atorene ci tramanda che le operazioni più importanti “avranno dunque luogo con la Luna crescente,quanto più essa è vicina alla sua pienezza,preferibilmente con un cielo sereno…la Luna non è soltanto l’evocazione della bellezza e la luce nell’immensità delle tenebre,essa costituisce anche un’emittente di onde.Così,  come i raggi catodici divengono raggi X riflettendosi su una placca di metallo, i possenti raggi solari hanno delle proprietà molto diverse una volta che siano riflessi dal nostro satellite”.

 

Le stagioni sono buone a secondo del simbolismo. Può essere il solstizio invernale, caro al Bambinello di Natale; il solstizio estivo con l’emblematica figura di San Giovanni, battezzatore per eccellenza. L’autunno con la morte della natura e immagine della morte mistica; la primavera con il risveglio della natura e immagine del risveglio dell’intelligenza o iniziatica.

«I Saggi»  scrive Fulcanelli «sapendo che il sangue minerale di cui avevano bisogno il corpo fisso e inerte dell’oro, non era altro che una condensazione dello Spirito Universale, Anima di tutte le cose, sapendo che questa condensazione avveniva soltanto di notte, col favore delle tenebre, del cielo puro e dell’aria calma; sapendo, infine, che la stagione in cui essa si manifestava più abbondantemente corrispondeva alla primavera celeste, i Saggi, per tutte queste ragioni, le diedero il nome di rugiada di maggio».

È durante la notte ermetica (nostro buio) che si possono catturare o condensare le illuminazioni, che però necessitano della calma e purezza della psiche. Queste illuminazioni possono essere più abbondanti soltanto nel mese di maggio, il mese della Madonna o del mercurio filosofico, cioè nello stadio della terza operazione filosofale, quando è stata realizzata la base del Magistero e la psiche non è più vittima di confusioni.Nella IV Tavola del Mutus Liber,appaiono l’Ariete e il Toro per fare capire quale stagione sia propizia.

Dopo i lavori preliminari, si affronta la Prima Opera,la separazione.Così come in Genesi leggiamo” Dio vide che la luce era buona cosa e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte”( Genesi I,4-5). Per giungere a questo, l’alchimista assiste all’attrazione dei ‘tre protagonisti’,al loro metaforico ‘combattimento’,alla loro calcinazione(separazione vera e propria del ‘fisso’dal ‘volatile’,della luce dalle tenebre,dello spirito dalla materia).

Allegoria ermetica, tratta dall’ “Aurora Consurgens”,del XIV -XVsec.(Biblioteca Centrale di Zurigo,codex rhenovacensis 172):incontro-scontro tra le due opposte nature: solforosa e fissa(simboleggiata dal leone,dal cavaliere, e dal Sole,maschile,penetrante,igneo,la ‘psiche’),  mercuriale e volatile(simboleggiato nel grifone,leggero,sottile,femminile,lunare,l’Intelligenza Universale).Il ‘sale’-il mediatore tra le due-si associa volentieri sia al fisso che al volatile.Il principio maschile(zolfo) dovrà attirare verso di sè la parte solforososa contenuta nella natura mercuriale,e viceversa.

Otterrà,al termine di questa prima fase, una sostanza che viene chiamata calamita dei saggi,specchio dell’arte,l’aimant, che sarà in grado di incorporare il nostro ‘sale’ e allo stesso tempo caricare il ‘sale’di energia. E’questo uno dei ‘passaggi’ cruciali alchemici:questo racchiude il verbo dimissum, la parola perduta,il verbo creatore…l’incarnazione di Dio nella materia.

Dal vecchio drago nero,solfureo,si otterrà la Bianca Vergine, (statuetta egizia di epoca romana che rappresenta idealmente la nostra ‘calamita’,il mercurio dei saggi),che recherà una stella o ‘artiglio del grifone'(e indicherà all’artista che sta procedendo sulla strada giusta). E’ paragonabile al motto “in hoc signo vinces”(in questo segno, vincerai

Vediamo ora i nostri due protagonisti iniziali sublimati,la vergine e il prete,ma dov’è finito il prode cavaliere,che -armato della sua spada di ferro-aveva affrontato il drago nero e aveva attirato su di sè lo zolfo arsenicale liberando la vergine metallica?

Il fatidico ‘lingotto’ottenuto,separato in due da un colpo di martello,rivela una parte bassa,lucente e più pesante,quindi raccolta sul fondo dello stampo che raccoglie la fusione e una parte più alta,nerastra,uno scarto solforoso che è chiamato caput mortuum, la testa morta,che è più leggera ed occupa la parte più alta del cilindro…il principio maschile,igneo,si è installato nella terra(il caput).Esso non è inservibile,anzi costituirà uno dei punti cruciali delle successive operazioni.

Le due nature dovranno essere nuovamente unite.Dalla testa morta dovrà rinascere lo Spirito divinizzato. Allegoricamente, l’Horus egizio nascerà dal dio Osiride morto; dal sacrifico di Gesù sulla croce,dipenderà la sua divinizzazione e la Redenzione dell’umanità.La croce è simbolo del crogiolo alchemico,dove la materia viene purificata e spiritualizzata

A queste operazioni, lungamente ripetute,gli alchimisti danno il nome di aquile o sublimazioni:allegoria della potenza dell’aquila che porta la preda fin sopra le alte vette,così il potente ‘cavaliere’ ha saputo portare in superficie la Bianca Vergine che si nascondeva all’interno del Drago Nero Solfureo(ovvero ha separato la Luce dalle Tenebre,lo Spirito dalla Materia).

La separazione della prima opera deve ora divenire unione delle due opposte nature per dare origine all’androginia,la perfetta fusione tra maschio-femmina,tra Dio e l’uomo, che provoca la morte della nostra dimensione materiale.Questo nuovo ‘prodotto’,che in alchimia si chiama rebis, la cosa duplice,è il risultato della seconda Opera. Allegoria tratta dal “Rosarium Philosophorum”,di Amsterdam: rappresenta l’androginia.Notare i neri corvi,l’aquila delle sublimazioni,la lepre terrestre e il pipistrello volatile…

Allegoricamente è il bambino divino,partorito dalla Vergine mercuriale,chiamato in molti modi: remora,Hermes,pesce,mercurio filosofico (da distinguersi dal mercurio dei saggi che lo ha generato)…

Ora,il nostro prodotto,chiamato anche uovo filosofico,deve essere sottoposto alla terza prova,quella del fuoco. Incessantemente,la nostra materia continua ad incorporare l’energia ‘radiante’perciò aumenta notevolmente di peso. L’alchimia è chiamata anche Arte della Musica perchè in questa fase si producono sette suoni,sette sibili in scala armonica crescente che indicano il buon andamento delle operazioni.Su di esse l’artista deve modulare il ‘fuoco’adattandolo in perfetta armonia con il cambiamento delle note.Visivamente,gli è impedito di vedere cosa accade nel suo ‘composto’ poichè sulla superficie è comparsa una sorta di crosta calcarea,il ‘guscio dell’uovo’appunto.

Il discepolo di Fulcanelli,Eugene Canseliet così descrive l’emozione della fase finale:”Dunque, grazie a queste note, voi seguite il procedere della grande cozione fino alla pietra al rosso. Voi seguite così il passaggio dei pianeti, dei colori…l’uovo si apre, il guscio si spezza e allora appare, tra le ceneri…il rubino centrale.E’ la pietra. La sua forza può essere molto differente. In seguito la si moltiplica, per aumentare la sua forza, con il mercurio che si è messo da parte a questo scopo”.

La pietra filosofale

I collegamenti con i quattro elementi,le quattro stagioni,i quattro momenti del giorno,le quattro età dell’uomo suggeriscono la ciclicità dell’opus alchemico,

che ha per simbolo la RUOTA o l’ OUROBOROS,il serpente che si morde la coda,come osserviamo  in questa iconografia tratta da Synosius, trascrizione di Theodore Palecanos(1478), Parigi, Biblioteca Nazionale: con questo simbolo l’immaginario pagano volle rappresentare il perpetuo moto del mondo, l’unità del Tutto (il cerchio) che si dispiega nella molteplicità delle trasformazioni cicliche( per le sue spire,il serpente è simbolo delle fasi lunari) per tornare poi sempre in sè stessa(la congiunzione della coda con la testa), conciliando così l’ apparente contraddizione tra l’ “uno” e il “molteplice”.

Le fasi dell’opus’alchemico sono -a seconda dei trattati-da tre a cinque,ma più comunemente quattro:nigredo(‘putrefacio’)=fase della materia al nero,grezza,assimilabile al piombo,all’uomo materiale; albedo=contrassegnata dal colore bianco(la vergine bianca,la mente nobilitata); la fase ‘citrinitas’,contrassegnata dal giallo(l’uovo filosofico); ‘rubedo’=corrisponde al rosso e all’oro o pietra filosofale;talvolta è la ‘viriditas’,corrispondente al verde,colore della vegetazione e della vita.

Le quattro fasi simboleggiano un ‘sistema’simbolico e ciclico,di cui l’alchimia diventa il cardine,compendiando in sè, e a sè subordinando, ogni altra quadripartizione antropologica e cosmica.

Alla ‘nigredo’corrisponde l’elemento terra, la notte, l’inverno, la vecchiaia e la morte,la malinconia.

All’ “albedo” corrisponde l’elemento acqua, l’alba, la primavera, la fanciullezza e l’umore flemmatico.

Alla ‘citrinitas’corrisponde l’elemento aria, il meriggio,l’estate,la giovinezza.

Alla rubedo l’elemento fuoco, la luce limpida dell’autunno e del tramonto,la maturità,la luce dell’illuminazione.

L’impresa va sempre ripresa da capo e ripetuta:dalla maturità(il culmine)si ricade nel punto più basso,nell’inverno, la notte,la vecchiaia e la morte,l’interramento e la putrefazione.Ma questa ciclicità è garanzia rasserenante perchè dall’inverno si risalità alla primavera,dalla notte all’alba,dalla morte ad una nuova rinascita(Martin Lutero vedeva nell’opus alchemico il simbolo stesso della resurrezione).

Gli alchimisti concordano da migliaia di anni che il Grande Magistero porta all’acquisizione di una triplice corona regale, al conseguimento supremo,cosiddetto donum dei(ottenuto da pochissimi Adepti nel corso dei secoli),all’ottenimento della pietra filosofale,detta anche rubino dei saggi, una polvere rossa e granulosa che viene ottenuta al termine della Terza Opera dopo un procedimento lungo e difficoltoso.

Il donum dei o pietra filosofale contiene  in sè tre proprietà per colui che la consegue:-la panacea o medicina universale(la pietra disciolta in un liquore alcolico produrrebbe l’elisir di lunga vita che,ingerito,è in grado di guarire qualsiasi malattia e di conferire l’Immortalità); la seconda è l’acquisizione dell’onniscenza o scienza innata che gli permette di prendere consapevolezza del passato,del presente e del futuro, del bene e del male(cogliere esattamente il  biblico frutto dall’albero della Conoscenza, secondo le regole): il raggiungimento di questo stato è lo scopo supremo della creazione, ovvero l’incarnazione dello spirito divino nella densità della materia; la terza proprietà della pietra è quella trasmutativa, la meno importante ma quella più ricercata dagli avidi e che ha colpito maggiormente l’immaginario popolare: è la capacità della pietra di trasmutare -a sua volta-altre porzioni di metallo in oro.La forma assunta a questo scopo viene chiamata polvere di proiezione,la pietra viene anche chiamata tintura per il suo potere di tingere i metalli vili.Da ciò deriva l’enorme potere di arricchimento detenuto dall’Adepto,che egli userà per scopi strettamente umanitari, avendo egli sviluppato  un senso morale parallelo all’elaborazione della pietra e costituendo anzi una conditio sine qua non per la riuscita finale.

 

XV Tavola del Mutus Liber:l’apoteosi.La coppia rappresenta le due nature,sole e luna,che unendosi hanno dato vita allo stato divinizzato,alla ‘pietra’.La metafora ricalca le vicende di ERCOLE,che è rappresentato imberbe ed inesperto giacente a terra(sotto).Attraverso le dodici fatiche si è trasfigurato(in alto) nel saggio barbuto e chiaroveggente (la scritta dice ‘Oculatus abis’) che ha raggiunto la coscienza divina e la vita eterna.In mano tiene due rose:bianca e rossa del magistero,mentre la scala è distesa a terra poichè inservibile,ormai: egli ha scalato la vetta e raggiunto lo stato Supremo di Coscienza.

*l’immagine di apertura mostra la coppia di Adepti che ha ottenuto la ‘pietra’,simboleggiata dal Mercurio dei Saggi ( nella fiala centrale); la loro raccomandazione è contenuta nella scritta:leggere, rileggere molte volte i Testi; dopo aver lavorato, alla fine si potrà trovare la ‘pietra’ , sul segreto della quale occorre tacere. Perchè solo chi persevera con pazienza e onestà morale alla vera Conoscenza di sè stesso, potrà riuscire nell’Impresa, guidato dall’Illuminazione Divina.

Leggende, miti universali, fiabe…nascondono un significato alchemico specifico,le cui chiavi le detiene solo colui che è in grado di decifrarlo. Così, perfino l’ingenua fiaba di Biancaneve assume un’interpretazione del tutto ‘diversa’ da quella cui siamo abituati.Biancaneve incarna la giovane Vergine,la miniera d’oro.I sette nani o gnomi(dal greco gnosis=conoscenza) sono l’aspetto della materia minerale nei suoi sette prolungamenti(i 7 metalli planetari)ed ognuno ha l’aspetto e il carattere del pianeta che lo domina:Saturno, la Luna,Venere,ecc.Ma è il saturnino (Brontolo)a fornire i maggiori servigi al gruppo e a salvare la situazione in molti casi.Biancaneve è consegnata dalla malvagia regina al cacciatore Verde perchè la faccia morire.Ma si tratta di una morte apparente causata dall’ingestione della mela avvelenata e in seguito la giovane Vergine sposerà il Principe dei suoi sogni che è giovane e bello.Egli incarna il nostro Mercurio Filosofale(negli antichi miti, Mercurio aveva come attributo una eterna giovinezza nel volto e nel corpo).Dall’unione del Mercurio e della Vergine(il principe e Biancaneve) nasce la conclusione di tutte le fiabe: vissero felici e contenti ed ebbero molti bambini…La moltiplicazione ermetica ottenuta grazie alla Pietra, risponde all’insegnamento della Genesi” Crescete e moltiplicatevi”.

 

 

 

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IL LINGUAGGIO DELL’ALCHIMIA

(a cura di Marisa Uberti)

“Prega,leggi,leggi,leggi,rileggi,lavora e allora troverai”(Mutus Liber,XIV Tavola)

data la complessità e la vastità dei contenuti della Scienza Ermetica, ho ritenuto utile fare dei collegamenti ipertestuali(riconoscibili dal colore verde) con pagine web di Autori e Studiosi di primo livello.

Cos’è l’Alchimia? L’alchimia è una Scienza Antichissima, da considerarsi eterna e perciò non potremmo nemmeno collegarla ad una sua ‘storicità’, tuttavia sono interessanti i contatti che essa ha avuto con i contesti sociali, storicamente determinanti, con i quali essa ha più o meno nascostamente convissuto, delle varie ‘colorazioni religiose’ che è venuta via via assumendo, delle diverse vesti mitologiche con le quali è andata ricoprendosi, mascherandosi ai profani e contemporaneamente rivelandosi agli iniziati che la ricercavano.

Se risalissimo alle sue Origini, ci accorgeremo che essa  risale alla notte dei tempi ed è il fulcro di quella Tradizione Universale che è alla base di tutte le religioni.Una scienza spirituale in cui religione, filosofia e tecnica di laboratorio coesistono e si identificano.

Un pensiero di C.D’Yge rende bene l’idea:”Che coloro che pensano che l’Alchimia è strettamente di natura terrestre, minerale e metallica, si astengano. Che coloro che pensano che l’Alchimia è unicamente spirituale, si astengano.Che coloro che pensano che Essa è solamente un simbolismo utilizzato per rivelare analogamente il processo della “Realizzazione spirituale”, in breve, che l’uomo è la materia e l’athanor dell’Opera, che essi abbandonino”.

Immagine tratta da “Atalanta Fugiens”, di M.Maier ,Emblema XXVII: Il Giardino Alchemico resta chiuso per chi non ha piedi per camminare e seguire le orme della Natura

Con queste premesse, che non chiariscono molto per la verità, ma ci spingono a voler ‘capire’ meglio, saremmo tentati di ‘astenerci’ anche noi! L’Alchimia è materia solo per pochi ELETTI!

 

Eppure è di una Semplicità intrinseca che nemmeno ci sforziamo di comprenderla, di penetrarne il significato, perchè oggi siamo coinvolti e avvolti da una fitta nebbia che ci impedisce di ritrovare il pensiero che ha accompagnato l’uomo dalla sua comparsa su questa terra, quindi impacciati (o disinteressati) a ritrovare le nostre radici. Ci appaiono MUTI i simboli utilizzati dagli Antichi, non comprendiamo le testimonianze che ci hanno lasciato, al massimo possiamo ammirarle ma le consideriamo ‘arretrate’rispetto alle grandi tecnologie di cui disponiamo oggi e che riteniamo ci rendano progrediti, civilizzati, ‘superiori’ ai nostri antenati.

 

 

Io credo, molto umilmente, che le cose vadano viste in modo diverso: l’Uomo Antico era molto più vicino alla propria natura ‘perfetta’, pneumatica e divina di quanto lo siamo oggi. E non a caso, in ogni epoca, l’uomo di Sapienza ha tenuto conto di questi aspetti, ha ricalcato gli insegnamenti derivanti dagli antichi Testi, ne ha condiviso il significato profondo, criptandolo nella propria espressività artistica.

 

Templi,Geroglifici,, Sculture, Pitture, Opere Musicali, Manoscritti, Trattati, Poesie, Cattedrali,  ecc. sono quindi preziose GUIDE  per tutti quelli che vogliono  sentirsi parte del Pensiero che le ha create, del senso che racchiudono e delle indicazioni che sono in grado di fornirci, per aiutarci nell’arduo lavoro di codifica ed interpretazione del Messaggio di cui sono depositarie.

 

l’allegoria ermetica…

Fulcanelli (pseudonimo di un Adepto sconosciuto,con cui sono stati scritti “Il Mistero delle cattedrali”e “Le Dimore Filosofali”) ebbe a scrivere:”Noi scriviamo per tutti,ma non tutti possono essere chiamati a comprenderci,perchè ci è interdetto di parlare più apertamente”

 

Si intuisce, pertanto, la necessità dei ‘Filosofi’ (gli Alchimisti)di esprimersi con un linguaggio simbolico, attraverso metafore,allegorie e disegni che al profano appaiono strani,bizzarri,confusi se non incomprensibili.I Filosofi parlano la LINGUA DEGLI UCCELLI, cioè quella delle persone sagge (cabala ermetica), perché nell’ermetismo il volatile simboleggia ciò che è spirituale rispetto al fisso o materiale. In alcune basiliche, come sui capitelli del portale di San Clemente in Casauria, a Torre de’ Passeri (PE), si possono ammirare degli uccelli dalla testa umana(e, del resto, nell’iconografia Egizia è spesso usata questa simbologia). Questi rappresentano, appunto, i saggi; ovvero, coloro che parlano la lingua degli uccelli.

 

L’Alchimia è stata conosciuta da tutti i Popoli Antichi, poichè è Universale.Induisti,Taoisti,Cinesi,Egizi,Celti,Arabi,ecc.ne hanno tramandato la Conoscenza. Molte persone assimilano l’Alchimia all’Arte di trasformare il piombo in oro, magari quell’ oro potabile che permetterebbe di raggiungere l’immortalità.Questo non è certo lo scopo finale dell’Alchimia, che ammette la possibilità di effettuare la conversione del vile metallo in oro lucente ma solo per virtù spirituale; in un certo senso il successo finale assimila la ricerca delle Isole Immortali.

 

Il simbolismo alchemico si situa su un piano cosmologico, in cui le fasi di coagulazione e soluzione corrispondono a quelle del ritmo universale:involuzione-evoluzione,inspirazione-espirazione.L’Alchimia è considerata come un’estensione e accelerazione della generazione naturale.

 

La famosa TAVOLA DI SMERALDO, di Ermete Trismegisto (ilTHOT EGIZIO), enuncia in uno stile estremamente ermetico gli assiomi fondamentali dell’alchimia,che si possono così riassumere:

 

ogni opposizione si ordina in funzione della contrapposizione fondamentale maschio-femmina; la Grande Opera è l’unione dell’elemento maschile, lo zolfo, con quello femminile, il mercurio.Tutti gli autori forniscono similitudini e accostamenti assunti dal linguaggio dell’unione e della generazione. Unione che può avvenire solo con un terzo ‘elemento’indispensabile,chiamato sale e che è quel Fuoco Segreto,quell’Agente universale che gli alchimisti conoscono(in realtà,molti hanno faticato a capire di cosa si trattasse,e solo coloro che Dio stesso ritiene degni di ricevere il DONO ne possono godere).

 

Gli alchimisti usano varie allegorie per criptare il messaggio Ermetico: questa è la III figura dello Splendor Solis(Fons Duplex):Il guerriero corazzato simboleggia il principio maschile.La spada indica sia il metallo con cui si deve colpire il drago(la materia grezza)sia il ‘fuoco’segreto.Le due fonti sul piedistallo indicano le due nature opposte che dovranno essere unificate.

 

La materia grezza,simboleggiata dalla Vergine mercuriale, prende nomi diversi poichè gli Autori tendono a celarne la vera consistenza:è uno snervante ‘modus operandi’che complica parecchio lo studio dei testi ermetici:quando sembra di aver intuito di ‘cosa’possa trattarsi,il passo successivo ci riporta da capo,poichè un testo può negare quanto aveva affermato in precedenza!Questo ‘depistaggio’ha lo scopo di scoraggiare gli avidi e gli invidiosi dell’Arte, per favorire solo coloro che vogliono intraprenderne seriamente e con pazienza lo studio.Potremo così trovare definizioni come:drago nero coperto di scaglie,Vergine Nera,corvo nero,libro chiuso,acqua,fontana,antimonio dei filosofi,piombo dei saggi,caos,Aries,terra nera,quercia,torba,tarasca,diavolo,vampiro,lepre,lupo grigio,magnesia,calamita,figlia di Saturno, sputo di luna,grasso di rugiada,aceto,specchio dell’arte,vaso,servo fuggitivo…Una disarmante schermaglia di nomi e simboli davvero lunga!Da essa dovrà essere estratta la parte ‘bianca e lucente’:”La Terra è nera e dentro di sè,nelle sue viscere,ha luce”.”L’oggetto vile e disprezzato dagli ignoranti, è il primitivo soggetto dei saggi,l’unico dispensatore dell’acqua celeste,nostro primo mercurio e grande Alkaest,il ‘dissolvente universale'(Fulcanelli).Metaforicamente è il drago nero solfureo,che nasconde una bianca principessa al suo interno,che deve essere liberata,così come nelle favole il prode cavaliere giunge a liberare la bella principessa prigioniera.

 

Il cavaliere, simboleggiato dallo zolfo, assume anch’esso molti ‘aspetti allegorici’: è Ares/Marte,Cadmo,Perseo,Ercole,Longino,San Giorgio…tutti coperti dalla ‘corazza’ e armati  di ‘spada’di acciaio per uccidere il ‘drago’e liberare la ‘principessa’,la Vergine Bianca.E’il principio igneo,chiamato zolfo dei filosofi: Ares-Marte per i Latini-è collegato al ferro e di questo elemento Fulcanelli scrisse:”Agli occhi del saggio,il ferro è incomparabilmente più nobile dell’oro…contiene molto zolfo stabile,di un colore rosso scuro…”.

 

Possiamo capire meglio come l’Alchimia trovi molte allegorie celate sotto le spoglie della religione cristiana.Ad esempio,la Vergine Nera è paragonabile alla Materia prima.Nel Cantico dei Cantici la Vergine dice:”Nigra sum sed formosa”cioè”Sono nera ma sono bella”.Inoltre le statuette delle Vergini Nere nascondono la medesima verità: venivano sempre conservate nelle cripte sotterranee,per indicare che nelle profondità è nascosta la ‘luce minerale’,come nel profondo di noi stessi si cela la nostra LUCE interiore,il nostro ‘fuoco’ che dobbiamo liberare e far uscire in superficie,spogliandola della materialità in cui è imprigionata. Dalla Vergine Nera(S.Anna) scaturirà la Vergine Bianca, altra allegoria religiosa:lo ‘Spirito Universale'(simboleggiato nella COLOMBA) si incarna nella Vergine Nera per generare la Stella Lucente,Maria,la Stella Mattutina, da cui-ad opera sempre dello Spirito Santo, originerà il Bambino Ermetico=il Lapis, la Pietra,Gesù,che sarà chiamato Cristo,l’Uomo divinizzato,che ha vinto tutte le sue battaglie Ermetiche.

Questo parallelo trae origine già nella prima alchimia latina e ci porta all’intepretazione in chiave alchemica di tutto il mistero cristiano. Anche nel Testo Veterotestamentario troviamo criptate allegorie Ermetiche:la creazione di Adamo è assimilata all’opera alchemica, poiché come Dio trasse Adamo dal fango, così l’alchimista trae la Pietra Filosofale da una materia iniziale vile. La vicenda biblica del profeta Elia, rapito in cielo su un carro di fuoco, è usata nei libri di alchimia come raffigurazione dell’alchimista che ha realizzato il lavoro, ottenendo la trasmutazione di se stesso.

 

Matrimonio alchemico (da “Le dodici chiavi della filosofia”,di Basilio Valentino-Sesta Chiave):in questa allegoria sono criptati altri significati ermetici:l’unione regale dello zolfo e del mercurio.I due sposi simboleggiano le due nature mentre il vescovo allude al sale o fuoco segreto.Al di sopra,il flusso celeste rende canonicamente valide le operazioni alchemiche.In questa scena si possono ravvisare precise valenze simbolico-operative.

 

Ecco,quindi, che la vera Alchimia opera in un vero e proprio ‘laboratorio’usando forni, attrezzature e sostanze minerali sottoposte però all’azione rigenerante(e necessaria) di questo ‘fuoco segreto’ o spirito universale (la terminologia è assai vasta e variegata). L’alchimista riceve questo influsso purificatore direttamente da Dio e ciò fa sì che in lui avvenga una graduale trasformazione interiore e un’apertura della sua Coscienza; tale Illuminazione o Elevazione gli consentirà di procedere sulla difficile strada del laboratorio che, con l’ottenimento della pietra, lo trasformerà da semplice uomo in un dio. Ma è anche il compost, ovvero la materia in fusione su cui lavora l’alchimista a determinare questa Illuminazione sull’operatore.

 

 

Da quanto ci trasmettono i Testi, si intuisce che dalla manipolazione fisico-chimica di particolari sostanze minerali sottoposte alla doppia azione del fuoco del forno e del fuoco segreto, scaturisce un irraggiamento ondulatorio che agisce sull’artista purificandolo e illuminandolo sulle operazioni da compiere.

 

Ci si potrebbe chiedere perchè tanto mistero attorno a questo ‘terzo elemento’: pare che la conoscenza del ‘fuoco segreto’in mani sbagliate o avide, porterebbe a conseguenze molto gravi e di portata inimmaginabile sia sul piano sociale che economico.

 

Un principio,quattro elementi…

 

 

 

 

Secondo la Teoria generale alchemica,la materia grezza è assimilabile al concetto di caos indifferenziato,materializzatosi in un liquore minerale nelle viscere della terra,considerata un organismo vivente quale Grande Madre che nutre e matura i minerali e i metalli generati nelle sue viscere.Questa sostanza-principio,eterica e semimaterializzata,viene chiamata simbolicamente Mercurio dei Saggi o dei Filosofi (per distinguerla dal volgare mercurio dei termometri comuni!).Gli alchimisti,per meglio criptare i significati delle operazioni ermetiche,usano più o meno lo stesso termine per indicare concetti o sostanze diversi tra loro,quindi i profani sono tratti d’inganno!

 

 

 

 

Dal Mercurio dei Saggi derivano tutti i corpi dell’Universo,ed è all’origine dei sette metalli primari,così come la luce bianca origina i 7 colori del prisma,che si possono ridurre ancora alla luce bianca.Quindi,anche i sette metalli si possono ‘ricondurre’al Mercurio dei Filosofi.Ai sette metalli corrispondono i sette pianeti dell’astronomia e dell’astrologia antica.

 

 

 

 

Per gli alchimisti,tutta la creazione evolve verso la perfezione:i metalli verso l’oro,che rappresenta la forma più nobile della loro specie,così come l’uomo tende verso la divinizzazione.Da un lato l’uomo,estraendo il minerale dalla terra,arresta questo processo lentissimo di trasformazione,ma dall’altro(grazie al ‘dono’che gli è concesso da Dio) egli può accelerare questo processo grazie alle virtù della PIETRA.Variamente, alcuni teorizzano che per una causa imprecisa, ci fu qualcosa che ‘bloccò’l’evoluzione dei minerali,così come l’uomo subì la ‘caduta’simboleggiata dalla cacciata dall’EDEN e si allontanò dalla propria natura divina.L’alchimista viene allora inteso come colui che accelera il processo della Natura, ‘restituendo’l’Originaria Perfezione.

 

 

 

 

Dalla divina Unità,avviene il passaggio alla molteplicità multiforme.Manifestazioni diverse della ‘materia prima’,cioè del Mercurio dei Saggi, sono i 4 elementi:TERRA, ACQUA, ARIA, FUOCO trasmutabili,secondo gli alchimisti,gli uni negli altri.

 

 

 

 

Il filosofo greco Empedocle osserva che l’intero mondo del divenire,la natura e gli universi sono generati dall’attività di due principi divini,che ha chiamato con i termini simbolici di zolfo e mercurio,di opposta polarità i quali, a loro volta,attraverso l’azione del terzo principio,il sale,determinano l’incessante assemblarsi e dividersi dei 4 elementi primari.Terra-solidi; acqua-liquidi; aria-gas; fuoco-radiazione.

 

 

 

 

Se di per sè questa teoria è irrazionale,ambigua e incongruente, si può cercare di trovarvi una logica:il passaggio dalla terra (stato solido)alla’acqua(stato liquido)all’aria(stato aereo,vaporoso)al fuoco(luce)segna le successive trasformazioni e ‘sublimazioni’della materia che progressivamente si smaterializza fino a raggiungere l’eterea e luminosa consistenza della pietra filosofale.

 

 

 

le due vie…

 

 

 

 

Partono dagli stessi principi. Esiste l’Ars brevis e l’Ars longa, comunemente definiti via breve e via lunga, oppure via secca e via umida. Tuttavia, nella simbologia ermetica, con via secca e via umida vengono anche indicati altri due procedimenti che sono propri della via lunga. E  si riferiscono al tipo d’illuminazione.

 

 

 

 

«Poiché quest’incognita sorpassa i limiti dell’intelletto umano» spiega Fulcanelli «non può essere acquisita che mediante la rivelazione Divina”.

 

 

 

 

“Dio, ripetono i Maestri, procura la saggezza a chi gli sembra opportuno e la trasmette mediante lo Spirito Santo, Luce del mondo”».Questa è la via secca,cioè senza particolari rivelazioni e, laboristicamente, i Testi parlano di forni ad alte temperature,crogioli di terra refrattaria o porcellana e tempi di lavorazione di settimane(è difficile e pericolosa).E’quella seguita da quasi tutti gli Adepti.

 

Da un manoscritto del XVII sec.,conservato presso la Biblioteca Civica di Trieste, Ms.2-27: Il Dragone alchemico inteso come paradigma dell’intera Arte: i tre simboli sopra le le tre teste del mostro ermetico indicano  Mercurio, Zolfo e il Sale,i tre protagonisti della Via Secca o Breve(materia prima grezza,cavaliere armato e sale mediatore o Fuoco segreto).

 

 

 

 

La via umida, invece, comprende la rivelazione totale, cioè sia il campo spirituale sia fisico.Essa opera,praticamente,a basse temperature in vasi e utensili di vetro pirex, usando oro e ‘mercurio’e con tempi di cozione lunghissimi(interi anni)e ininterrotti,secondo i ‘sette regimi’.La trasparenza del vaso permette all’artista di poter seguire le molteplici trasformazioni e le variazioni della gamma cromatica del ‘compost’: nel matraccio, mantenuto a temperatura costante e moderata, si susseguono le fasi di intense colorazioni:il nero,il bianco,il giallo…la coda di pavone…il rosso della maturazione…

 

 

 

 

 

 

Miniatura dello Splendor Solis di S.Trismosin(1582),dal titolo “Regimen Veneris”=il Regime di Venere: sotto il segno di Venere(simboleggiato in alto dalla dea dell’amore), si realizza l’unione alchmistica simboleggiata dalla coda di pavone(compresenza dei colori)e dalla musica(‘armonia’).La figura del pavone è equivalente a quella dell’arcobaleno.

 

 

 

le operazioni alchemiche…

 

 

 

 

Si è visto che il mezzo per rivitalizzare i minerali (e l’Uomo) è il Fuoco Segreto; bisogna individuare quali sono le condizioni e i metodi per incorporare di fatto questa radiazione’nei materiali iniziali.I Maestri ricordano che l’alchimia è chiamata anche “Agricoltura Celeste” perchè l’artista deve seguire la Natura e i suo cicli stagionali, solari e soprattutto lunari.

 

 

 

 

Enigmaticamente, Atorene ci tramanda che le operazioni più importanti “avranno dunque luogo con la Luna crescente,quanto più essa è vicina alla sua pienezza,preferibilmente con un cielo sereno…la Luna non è soltanto l’evocazione della bellezza e la luce nell’immensità delle tenebre,essa costituisce anche un’emittente di onde.Così,  come i raggi catodici divengono raggi X riflettendosi su una placca di metallo, i possenti raggi solari hanno delle proprietà molto diverse una volta che siano riflessi dal nostro satellite”.

 

 

 

 

Le stagioni sono buone a secondo del simbolismo. Può essere il solstizio invernale, caro al Bambinello di Natale; il solstizio estivo con l’emblematica figura di San Giovanni, battezzatore per eccellenza. L’autunno con la morte della natura e immagine della morte mistica; la primavera con il risveglio della natura e immagine del risveglio dell’intelligenza o iniziatica.

 

«I Saggi»  scrive Fulcanelli «sapendo che il sangue minerale di cui avevano bisogno il corpo fisso e inerte dell’oro, non era altro che una condensazione dello Spirito Universale, Anima di tutte le cose, sapendo che questa condensazione avveniva soltanto di notte, col favore delle tenebre, del cielo puro e dell’aria calma; sapendo, infine, che la stagione in cui essa si manifestava più abbondantemente corrispondeva alla primavera celeste, i Saggi, per tutte queste ragioni, le diedero il nome di rugiada di maggio».

 

È durante la notte ermetica (nostro buio) che si possono catturare o condensare le illuminazioni, che però necessitano della calma e purezza della psiche. Queste illuminazioni possono essere più abbondanti soltanto nel mese di maggio, il mese della Madonna o del mercurio filosofico, cioè nello stadio della terza operazione filosofale, quando è stata realizzata la base del Magistero e la psiche non è più vittima di confusioni.Nella IV Tavola del Mutus Liber,appaiono l’Ariete e il Toro per fare capire quale stagione sia propizia.

 

 

 

 

Dopo i lavori preliminari, si affronta la Prima Opera,la separazione.Così come in Genesi leggiamo” Dio vide che la luce era buona cosa e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte”( Genesi I,4-5). Per giungere a questo, l’alchimista assiste all’attrazione dei ‘tre protagonisti’,al loro metaforico ‘combattimento’,alla loro calcinazione(separazione vera e propria del ‘fisso’dal ‘volatile’,della luce dalle tenebre,dello spirito dalla materia).

 

 

 

Allegoria ermetica, tratta dall’ “Aurora Consurgens”,del XIV -XVsec.(Biblioteca Centrale di Zurigo,codex rhenovacensis 172):incontro-scontro tra le due opposte nature: solforosa e fissa(simboleggiata dal leone,dal cavaliere, e dal Sole,maschile,penetrante,igneo,la ‘psiche’),  mercuriale e volatile(simboleggiato nel grifone,leggero,sottile,femminile,lunare,l’Intelligenza Universale).Il ‘sale’-il mediatore tra le due-si associa volentieri sia al fisso che al volatile.Il principio maschile(zolfo) dovrà attirare verso di sè la parte solforososa contenuta nella natura mercuriale,e viceversa.

 

 

 

 

Otterrà,al termine di questa prima fase, una sostanza che viene chiamata calamita dei saggi,specchio dell’arte,l’aimant, che sarà in grado di incorporare il nostro ‘sale’ e allo stesso tempo caricare il ‘sale’di energia. E’questo uno dei ‘passaggi’ cruciali alchemici:questo racchiude il verbo dimissum, la parola perduta,il verbo creatore…l’incarnazione di Dio nella materia.

 

Dal vecchio drago nero,solfureo,si otterrà la Bianca Vergine, (statuetta egizia di epoca romana che rappresenta idealmente la nostra ‘calamita’,il mercurio dei saggi),che recherà una stella o ‘artiglio del grifone'(e indicherà all’artista che sta procedendo sulla strada giusta). E’ paragonabile al motto “in hoc signo vinces”(in questo segno, vincerai)

 

 

 

 

Vediamo ora i nostri due protagonisti iniziali sublimati,la vergine e il prete,ma dov’è finito il prode cavaliere,che -armato della sua spada di ferro-aveva affrontato il drago nero e aveva attirato su di sè lo zolfo arsenicale liberando la vergine metallica?

 

 

 

 

Il fatidico ‘lingotto’ottenuto,separato in due da un colpo di martello,rivela una parte bassa,lucente e più pesante,quindi raccolta sul fondo dello stampo che raccoglie la fusione e una parte più alta,nerastra,uno scarto solforoso che è chiamato caput mortuum, la testa morta,che è più leggera ed occupa la parte più alta del cilindro…il principio maschile,igneo,si è installato nella terra(il caput).Esso non è inservibile,anzi costituirà uno dei punti cruciali delle successive operazioni.

 

 

 

 

Le due nature dovranno essere nuovamente unite.Dalla testa morta dovrà rinascere lo Spirito divinizzato. Allegoricamente, l’Horus egizio nascerà dal dio Osiride morto; dal sacrifico di Gesù sulla croce,dipenderà la sua divinizzazione e la Redenzione dell’umanità.La croce è simbolo del crogiolo alchemico,dove la materia viene purificata e spiritualizzata.

 

 

 

 

A queste operazioni, lungamente ripetute,gli alchimisti danno il nome di aquile o sublimazioni:allegoria della potenza dell’aquila che porta la preda fin sopra le alte vette,così il potente ‘cavaliere’ ha saputo portare in superficie la Bianca Vergine che si nascondeva all’interno del Drago Nero Solfureo(ovvero ha separato la Luce dalle Tenebre,lo Spirito dalla Materia).

 

 

 

 

La separazione della prima opera deve ora divenire unione delle due opposte nature per dare origine all’androginia,la perfetta fusione tra maschio-femmina,tra Dio e l’uomo, che provoca la morte della nostra dimensione materiale.Questo nuovo ‘prodotto’,che in alchimia si chiama rebis, la cosa duplice,è il risultato della seconda Opera.

 

Allegoria tratta dal “Rosarium Philosophorum”,di Amsterdam: rappresenta l’androginia.Notare i neri corvi,l’aquila delle sublimazioni,la lepre terrestre e il pipistrello volatile…

 

 

 

 

Allegoricamente è il bambino divino,partorito dalla Vergine mercuriale,chiamato in molti modi: remora,Hermes,pesce,mercurio filosofico (da distinguersi dal mercurio dei saggi che lo ha generato)…

 

 

 

 

Ora,il nostro prodotto,chiamato anche uovo filosofico,deve essere sottoposto alla terza prova,quella del fuoco. Incessantemente,la nostra materia continua ad incorporare l’energia ‘radiante’perciò aumenta notevolmente di peso. L’alchimia è chiamata anche Arte della Musica perchè in questa fase si producono sette suoni,sette sibili in scala armonica crescente che indicano il buon andamento delle operazioni.Su di esse l’artista deve modulare il ‘fuoco’adattandolo in perfetta armonia con il cambiamento delle note.Visivamente,gli è impedito di vedere cosa accade nel suo ‘composto’ poichè sulla superficie è comparsa una sorta di crosta calcarea,il ‘guscio dell’uovo’appunto.

 

 

 

 

Il discepolo di Fulcanelli,Eugene Canseliet così descrive l’emozione della fase finale:”Dunque, grazie a queste note, voi seguite il procedere della grande cozione fino alla pietra al rosso. Voi seguite così il passaggio dei pianeti, dei colori…l’uovo si apre, il guscio si spezza e allora appare, tra le ceneri…il rubino centrale.E’ la pietra. La sua forza può essere molto differente. In seguito la si moltiplica, per aumentare la sua forza, con il mercurio che si è messo da parte a questo scopo”.

 

 

 

 

 

La pietra filosofale

 

 

 

 

I collegamenti con i quattro elementi,le quattro stagioni,i quattro momenti del giorno,le quattro età dell’uomo suggeriscono la ciclicità dell’opus alchemico,

 

 

 

che ha per simbolo la RUOTA o l’ OUROBOROS,il serpente che si morde la coda,come osserviamo  in questa iconografia tratta da Synosius, trascrizione di Theodore Palecanos(1478), Parigi, Biblioteca Nazionale: con questo simbolo l’immaginario pagano volle rappresentare il perpetuo moto del mondo, l’unità del Tutto (il cerchio) che si dispiega nella molteplicità delle trasformazioni cicliche( per le sue spire,il serpente è simbolo delle fasi lunari) per tornare poi sempre in sè stessa(la congiunzione della coda con la testa), conciliando così l’ apparente contraddizione tra l’ “uno” e il “molteplice”.

 

 

 

 

Le fasi dell’opus’alchemico sono -a seconda dei trattati-da tre a cinque,ma più comunemente quattro:nigredo(‘putrefacio’)=fase della materia al nero,grezza,assimilabile al piombo,all’uomo materiale; albedo=contrassegnata dal colore bianco(la vergine bianca,la mente nobilitata); la fase ‘citrinitas’,contrassegnata dal giallo(l’uovo filosofico); ‘rubedo’=corrisponde al rosso e all’oro o pietra filosofale;talvolta è la ‘viriditas’,corrispondente al verde,colore della vegetazione e della vita.

 

 

 

 

Le quattro fasi simboleggiano un ‘sistema’simbolico e ciclico,di cui l’alchimia diventa il cardine,compendiando in sè, e a sè subordinando, ogni altra quadripartizione antropologica e cosmica.

 

 

 

 

Alla ‘nigredo’corrisponde l’elemento terra, la notte, l’inverno, la vecchiaia e la morte,la malinconia.

 

 

 

 

All’ “albedo” corrisponde l’elemento acqua, l’alba, la primavera, la fanciullezza e l’umore flemmatico.

 

 

 

 

Alla ‘citrinitas’corrisponde l’elemento aria, il meriggio,l’estate,la giovinezza.

 

 

 

 

Alla rubedo l’elemento fuoco, la luce limpida dell’autunno e del tramonto,la maturità,la luce dell’illuminazione.

 

 

 

 

L’impresa va sempre ripresa da capo e ripetuta:dalla maturità(il culmine)si ricade nel punto più basso,nell’inverno, la notte,la vecchiaia e la morte,l’interramento e la putrefazione.Ma questa ciclicità è garanzia rasserenante perchè dall’inverno si risalità alla primavera,dalla notte all’alba,dalla morte ad una nuova rinascita(Martin Lutero vedeva nell’opus alchemico il simbolo stesso della resurrezione).

 

 

 

 

Gli alchimisti concordano da migliaia di anni che il Grande Magistero porta all’acquisizione di una triplice corona regale, al conseguimento supremo,cosiddetto donum dei(ottenuto da pochissimi Adepti nel corso dei secoli),all’ottenimento della pietra filosofale,detta anche rubino dei saggi, una polvere rossa e granulosa che viene ottenuta al termine della Terza Opera dopo un procedimento lungo e difficoltoso.

 

 

 

 

Il donum dei o pietra filosofale contiene  in sè tre proprietà per colui che la consegue:-la panacea o medicina universale(la pietra disciolta in un liquore alcolico produrrebbe l’elisir di lunga vita che,ingerito,è in grado di guarire qualsiasi malattia e di conferire l’Immortalità); la seconda è l’acquisizione dell’onniscenza o scienza innata che gli permette di prendere consapevolezza del passato,del presente e del futuro, del bene e del male(cogliere esattamente il  biblico frutto dall’albero della Conoscenza, secondo le regole): il raggiungimento di questo stato è lo scopo supremo della creazione, ovvero l’incarnazione dello spirito divino nella densità della materia; la terza proprietà della pietra è quella trasmutativa, la meno importante ma quella più ricercata dagli avidi e che ha colpito maggiormente l’immaginario popolare: è la capacità della pietra di trasmutare -a sua volta-altre porzioni di metallo in oro.La forma assunta a questo scopo viene chiamata polvere di proiezione,la pietra viene anche chiamata tintura per il suo potere di tingere i metalli vili.Da ciò deriva l’enorme potere di arricchimento detenuto dall’Adepto,che egli userà per scopi strettamente umanitari, avendo egli sviluppato  un senso morale parallelo all’elaborazione della pietra e costituendo anzi una conditio sine qua non per la riuscita finale.

 

 

 

 

 

 

 

XV Tavola del Mutus Liber:l’apoteosi.La coppia rappresenta le due nature,sole e luna,che unendosi hanno dato vita allo stato divinizzato,alla ‘pietra’.La metafora ricalca le vicende di ERCOLE,che è rappresentato imberbe ed inesperto giacente a terra(sotto).Attraverso le dodici fatiche si è trasfigurato(in alto) nel saggio barbuto e chiaroveggente (la scritta dice ‘Oculatus abis’) che ha raggiunto la coscienza divina e la vita eterna.In mano tiene due rose:bianca e rossa del magistero,mentre la scala è distesa a terra poichè inservibile,ormai: egli ha scalato la vetta e raggiunto lo stato Supremo di Coscienza.

 

*l’immagine di apertura mostra la coppia di Adepti che ha ottenuto la ‘pietra’,simboleggiata dal Mercurio dei Saggi ( nella fiala centrale); la loro raccomandazione è contenuta nella scritta:leggere, rileggere molte volte i Testi; dopo aver lavorato, alla fine si potrà trovare la ‘pietra’ , sul segreto della quale occorre tacere. Perchè solo chi persevera con pazienza e onestà morale alla vera Conoscenza di sè stesso, potrà riuscire nell’Impresa, guidato dall’Illuminazione Divina.

 

 

 

 

 

 

Leggende, miti universali, fiabe…nascondono un significato alchemico specifico,le cui chiavi le detiene solo colui che è in grado di decifrarlo. Così, perfino l’ingenua fiaba di Biancaneve assume un’interpretazione del tutto ‘diversa’ da quella cui siamo abituati.Biancaneve incarna la giovane Vergine,la miniera d’oro.I sette nani o gnomi(dal greco gnosis=conoscenza) sono l’aspetto della materia minerale nei suoi sette prolungamenti(i 7 metalli planetari)ed ognuno ha l’aspetto e il carattere del pianeta che lo domina:Saturno, la Luna,Venere,ecc.Ma è il saturnino (Brontolo)a fornire i maggiori servigi al gruppo e a salvare la situazione in molti casi.Biancaneve è consegnata dalla malvagia regina al cacciatore Verde perchè la faccia morire.Ma si tratta di una morte apparente causata dall’ingestione della mela avvelenata e in seguito la giovane Vergine sposerà il Principe dei suoi sogni che è giovane e bello.Egli incarna il nostro Mercurio Filosofale(negli antichi miti, Mercurio aveva come attributo una eterna giovinezza nel volto e nel corpo).Dall’unione del Mercurio e della Vergine(il principe e Biancaneve) nasce la conclusione di tutte le fiabe: vissero felici e contenti ed ebbero molti bambini…La moltiplicazione ermetica ottenuta grazie alla Pietra, risponde all’insegnamento della Genesi” Crescete e moltiplicatevi”.

 

(Ricerca Raccolta da Marisa U.)-2004

 

 

 

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IL CICLO LUNARE FEMMINILE

Il ciclo lunare femminile

Pragmatismo-problema-soluzione

 

La Coppa Universale (Alfredo Di Prinzio)

Per secoli il potere dominante è stato detenuto dalle classi sacerdotali maschili, che hanno interdetto la donna dalle funzioni sacre. Questa discriminazione è stata esercitata, a mio avviso, per un’inconscia paura che l’uomo ha avuto nei confronti del ciclo lunare femminile e che ne rappresenta il Sacro potere. Quando si reputa sacro un particolare evento, si determina una condizione che porta con sé l’accettare le responsabilità che derivano dall’avvicinarsi ad esso e la volontà di sostenere quello che si è iniziato, per condurlo a buon fine con il dovuto rispetto e la necessaria serietà , in modo che la sacralità entri a far parte delle piccole cose di tutti i giorni. Rendere sacra la vita quotidiana, è perciò accordarle quella ritualità e quella ritmicità, atta a migliorarne la qualità stessa.

 

Imparare a “sacralizzare” la propria vita anche nelle azioni entrate nella routine di tutti i giorni, significa ricominciare ad apprezzare sé stessi, i propri gesti, le parole. Mettere a frutto le idee, equivale ad ottenere il potere, cioè valorizzare le proprie possibilità per la realizzazione di                           se stessi.

 

Ottenuta la capacità dell’espressione della volontà , è necessario indirizzarla e dirigerla per poterla usare in condizioni di giustizia. Usare questo potere, non transige da regole e precisi dettami ai quali non è permesso esimersi dal rispettarli, altrimenti si assiste al proprio fallimento.

La Venere di Laussel (Dordogna, Francia, circa 23.000 a.C.), trovata all’entrata di una grotta cerimoniale. Originariamente era dipinta in rosso, colore sacro del sangue e della vita. Nella mano destra regge un corno di bisonte a forma di falce di luna, con 13 segni incisi a simboleggiare i giorni della luna crescente e calante (più un giorno di luna piena e uno di luna nuova) ed i 13 mesi dell’anno lunare. La mano sinistra poggiata sul ventre indica la relazione fra il ciclo lunare e quello della fecondità femminile.

 

 

 

Il ciclo lunare è per la donna quello strumento che potrebbe permetterle di creare dai suoi pensieri, dalle sue idee e dalla sue volontà.

 

L’utero è l’organo nel quale, nel corpo della donna, si genera tale ciclo il cui passaggio attraverso la soglia verso l’esterno è un momento magico per riflettere, avere intuizioni, comprendere ed agire: è un momento di realizzazione. Utero significa bagnato, umido, proprio come la terra calda e umida dove si sviluppa e germoglia il seme. Per vedere la luce e risvegliarsi in essa, è necessario guardare nella propria oscurità e comprenderla. Tutto ci ò che è vivo, si genera, si trasforma e cresce nell’oscurità , dall’oscurità , per uscire alla luce.

 

Nelle leggende, la simbologia dell’utero è rappresentata come un vaso e nel mito del Graal, è il calice servito a raccogliere il sangue di Cristo morente sulla croce (quattro elementi), la ricerca del quale impegnava il cavaliere coraggioso, perché capace di trasmutare i vizi in virtù ed essere a tutti gli effetti denominato eroe, ovvero figlio di Era, la Madre Terra.

 

Nel ciclo lunare femminile, la luna ha dunque un’importanza rilevante, sia per la durata dello stesso, che per le variazioni degli stati d’umore (liquidi) a cui va soggetta la donna per sette giorni circa ogni mese, per buona parte della sua esistenza. Ogni donna dovrebbe ricominciare a prendere possesso delle potenzialità che in sé stessa racchiude, soprattutto durante la manifestazione del mestruo, per capire l’importanza del prezioso tesoro che non deve essere sprecato.

 

Il ciclo mensile è inoltre il mezzo che permette al calice che lo contiene, di purificarsi, pulirsi, e trarre il nutrimento necessario. Come tutti i fluidi che sono il veicolo per la trasmissione degli elementi in essi contenuti, anche quello che sgorga dall’utero, ha una specifica missione: manifestare all’esterno la rigenerazione femminile per la comprensione dell’importanza di definirsi donna e di esserlo nella sua totalit

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I TOPONIMI PIÙ FREQUENTI NEI COGNOMI ITALIANI

I TOPONIMI PIÙ FREQUENTI NEI COGNOMI ITALIANI

 

La tradition d’édifier des tours humaines date vraisemblablement du Moyen Âge. Elle perdure en Catalogne, où elle donne lieu à de grands rassemblements festifs. Les castells, c’est-à-direles « châteaux », sont constitués d’une base compacte de participants, à partir de laquelle des équipes de quatre hommes, appelés « casteliers », grimpent pour former une tour de quatre à neuf étages.Un enfant entame ensuite l’ascension du castell jusqu’au sommet.

Il patrimonio dei cognomi italiani è colmo di nomi di luogo. Si tratta in gran parte di quelli di grandi e medie città, dalle quali si sono mosse più persone per giungere in altri centri dove sono stati appellati secondo la loro provenienza. Ma anche di località minori, o importanti per i commerci e i movimenti di genti in passato. E inoltre nomi di comuni presenti in regioni come Lombardia e Sicilia, in cui non solo è maggiore la popolazione, ma anche più spesso che altrove i cognomi hanno origine da toponimi.

Ecco la classifica nazionale (da cui si escludono Parisi e Paris, imparentati piuttosto con Paride): il primo è Messina, seguito da Milani, Brambilla e Locatelli (rispettivamente da Brembilla e Locatello nel Bergamasco); seguono i nomi di famiglia Salerno, Napoli, Palermo, Crippa (da una piccola località ancora lombarda), Catania e Randazzo (comune del Catanese), Viganò e Molteni (da comuni del Lecchese), Milano, Patti e Lentini (da centri delle province di Messina e Siracusa rispettivamente), Ragusa, Milazzo (ancora nel Messinese).

I più frequenti, regione per regione?

I cognomi primatisti tra quelli indicanti provenienza territoriale cambiano da zona a zona. In Piemonte prevale Marengo (da Marengo-Al e altri identici toponimi); in Valle d’Aosta Bionaz; in Liguria Parodi (da Parodi Ligure-Al); in Lombardia Brambilla; in Trentino Alto Adige Trentini; in Emilia Romagna Mantovani; in Toscana, Lazio e Molise Lombardi; in Umbria Gubbiotti (da Gubbio-Pg); nelle Marche Cingolani (da Cingoli-Mc); in Abruzzo Troiano (da Troia-Fg); in Campania Sorrentino; in Puglia Greco; in Basilicata Lauria (da Lauria-Pz); in Calabria Pugliese; in Sicilia Messina; in Sardegna Cossu (‘corso, della Corsica’).

Ci si potrebbe chiedere perché molti nomi di città o regioni nei cognomi figurano al plurale?

La formula aggettivale o quella con preposizione (in epoca più moderna spesso omessa) sono generalmente il frutto di una trascrizione fedele del registro orale, cioè di come la persona veniva comunemente chiamata. La pluralizzazione del toponimo indica, invece, una sorta di regolarizzazione o italianizzazione – Inzaghi da Inzago, Lurati da Lurate, Saronni da Saronno, ecc., – specie dove, nei dialetti del Nord d’Italia, la vocale finale diversa da -a- viene a cadere: da Inzàa o da Luràa, allora, si ricostruisce una forma con -ago o -ate che, per analogia con la maggioranza dei cognomi di quelle regioni, acquista la -i finale. Tale uscita plurale può essere anche interpretata come frutto di una ellissi (‘quelli di Inzago’ > (gli) Inzaghi, ‘quelli di Lurate’ > (i) Lurati, ecc.

Che differenza c’è tra i cognomi formati con toponimi preceduti da preposizione e quelli senza? In genere sono semplicemente frutto di differenti tradizioni scrittorie. Chiamarsi Taranto o Di Taranto, Napoli o De Napoli non implica meccanismi differenti nella nascita del nome di famiglia. Anche nei casi particolari in cui il toponimo fosse divenuto un soprannome, avrebbe potuto fissarsi con o senza preposizione. Se parliamo di preposizioni diverse da di e da (semplici o articolate), una differenza con la forma base esiste: in cognomi come Intraina, Incremona, Increta e Inegitto, Intorre, Inserra, ecc. in può indicare l’ingresso in una famiglia il cui cognome è costituito dal solo topo

 

I motivi alla base del cognome “geografico”.

 

Ci si può anche legittimamente domandare se questi nomi di luogo indicavano sempre con precisione la provenienza di una persona. La risposta è negativa. Il nome poteva essere assegnato per la provenienza, ma talvolta a partire dal territorio affidato o posseduto da una famiglia, in una sorta di identificazione tra luogo e persona e fra antroponimo e toponimo; in alcuni casi, anzi, è possibile che sia il toponimo a derivare dal nome di famiglia e non viceversa.

 

Altre volte il nome di luogo è stato assegnato come soprannome individuale, indipendentemente dalla sua funzione distintiva, perché la comunità dei parlanti era stata colpita, al pari di un difetto fisico o di un comportamento insolito o di un’azione inopinata, da qualcuno che parlava un dialetto differente o portava i segni e i simboli di una cultura diversa, in quanto proveniente da altro luogo, più o meno lontano. In questo gruppo possono collocarsi le formule Del + T con T = toponimo solo apparente, ma in realtà già soprannome individuale; il tipo Del Perugia indica un patronimico con (il) Perugia (sopran)nome di persona e non più nome di luogo.

 

In altri casi il nome era sì attribuito come soprannome individuale, ma solo per sottolineare quei comportamenti, usi, atteggiamenti di cui l’aggettivo etnico è divenuto antonomastico – con valore perlopiù negativo – attraverso un normale processo di generalizzazione e banalizzazione; il “lombardo”, il “greco” o lo “albanese” in realtà potevano anche appartenere ad altre etnie e ad altri gruppi linguistici, e presentare significati differenti: così lombardo poteva valere ‘abitante del Centro-Nord (o del Sud) d’Italia’, poi ‘bancario’ a causa del mestiere prevalente dei lombardi in Italia e fuori d’Italia, e di qui ‘usuraio’; greco ‘appartenente al rito ortodosso; proveniente dall’altra sponda dell’Adriatico’ ma anche ‘astuto’ e poi ‘furbo, ladro’; albanese era aggettivo attribuito a chiunque giungesse dalle coste orientali dell’Adriatico e veniva dato anche a chi non conosceva la lingua o i dialetti italiani.

 

Altri toponimi-soprannomi

 

Lo stesso può dirsi per alcuni toponimi, come Parodi, primo per rango a Genova, derivante dal toponimo alessandrino (oggi Parodi Ligure), ma perlopiù attraverso una banalizzazione, e cioè il valore di ‘soldato’, in quanto da lì proveniva un gran numero di militari impegnati in Liguria. Locatelli è largamente diffuso in Lombardia più per il valore generico di ‘bergamasco’ e di ‘contadino proveniente dalla campagna, zotico’ che non per la reale provenienza dal comune di Locatello.

 

Ancora, i toponimi venivano affibbiati come soprannome a persone che avevano compiuto anche un singolo viaggio in un Paese lontano e ne avevano serbato un ricorrente ricordo, o che con quel Paese avevano stabilito dei commerci.

 

Oppure il nome geografico era stato assegnato d’ufficio a chi non possedeva un nome di famiglia; è il caso dei membri delle comunità ebraiche che in tutta Europa hanno subìto tale imposizione, essendo nell’onomastica tradizionale ebraica previsto un nome secolare e un nome religioso, ma non un nome di famiglia. Nelle comunità ebraiche italiane, numerose famiglie portano un nome corrispondente a un toponimo, evidentemente i luoghi dove s’erano formate aggregazione di ebrei soprattutto in epoche di persecuzioni o emarginazioni; sono cognomi in tutto o in parte riferibili a comunità ebraiche: Alatri, Ancona, Ascoli, Mestre, Modigliani, Momigliano, Moravia, Nepi, Norcia, Ortona, Orvieto, Perugia, Piperno, Ravenna, Segni, Senigallia, Sonnino, Sora, Tagliacozzo, Terracina, Tivoli, Tolentino, Treves, Viterbo, Volterra, ecc.

 

E ancora nomi di luogo come cognomi potevano essere attribuiti ai trovatelli da parroci, suore, ufficiali pubblici dello stato civile e quanti altri erano preposti a denominare i bambini abbandonati.

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CHIESA E ALCHIMIA

(Paolo Galiano)

Il Duecento segna la nascita dell’Alchimia europea con una produzione originale di testi alchemici in latino, nei quali si sviluppano le concezioni degli autori greco-bizantini e arabi dei secoli precedenti e s’introducono nuove tecniche di lavorazione alchemica e soprattutto nuove preparazioni, in particolare le acque medicinali (come l’aqua vitae) da cui avranno sviluppo l’elixir e le “medicine” di lunga vita.

Questa nuova “arte” fu dalla sua diffusione in Europa e per molti secoli al centro di un dibattito intellettuale: l’Alchimia costituiva una forma di sapere che non trovava riscontro nelle categorie riconosciute dalle Università e dai dotti dell’epoca, in quanto era un’arte meccanica perché richiedeva manipolazioni manuali e come tale non poteva rientrare nel novero delle arti maggiori (e infatti non fu mai oggetto d’insegnamento universitario), ma al tempo stesso le si riconosceva un rapporto con la magia, di cui costituiva una forma subalterna. In pratica essa costituiva un insieme di conoscenze della natura dei minerali, capacità manuale di lavorare con strumenti meccanici, ma aveva obiettivi di perfezionamento della materia coincidenti anche col perfezionamento interiore dell’operatore, finalità che assumerà nella prima metà del XIV secolo un aspetto dichiaratamente religioso e cristiano con le opere dello pseudo Arnaldo (Tractatus parabolicus), di Pietro Bono (Pretiosa margarita novella) e di John Dastin (Visio), in cui si stabilisce un parallelismo tra i “tormenti” a cui è sottoposta la Materia nell’operazione alchemica e quelli subìti dal Cristo nella Settimana Santa.

Da parte sua, la Chiesa all’inizio non prese in considerazione gli aspetti più prettamente religiosi, ma pose attenzione alle questioni sulla posizione dell’Alchimia nei sistemi dottrinali e sugli aspetti giuridici ed economici derivanti dall’immissione di oro artificiale sul mercato. Era anche vivo l’interesse legato alla ricerca di farmaci di prolongevità, da cui sembra fossero molto attratti i Papi e le alte gerarchie ecclesiastiche come anche i sovrani, a giudicare dal numero di opere su tale argomento a loro dedicate dagli autori di trattati alchemici.

Come scrive la Crisciani, l’attenzione delle gerarchie ecclesiastiche “verteva esclusivamente sull’alchimia metallurgica, sulle sue implicazioni dottrinali e soprattutto sulle conseguenze pratiche e giuridiche, cioè relative alla fabbricazione e messa in circolazione di metalli adulterati … [e] gli uomini di Chiesa appaiono non tanto preoccupati dalle audacie “religiose” quanto molto rigidi nel considerare arte e natura come due àmbiti nettamente distinti e gerarchizzati”.[1]

Le “audacie religiose” cui la Crisciani accenna sono da vedersi nell’accostamento di cui si è accennato tra le operazioni alchemiche e la passione e resurrezione del Cristo identificato con l’Oro alchemico, ma anche negli aspetti profetici e apocalittici presenti in quegli autori i quali si rifacevano più o meno esplicitamente alle opere di Gioacchino da Fiore e dei francescani “spirituali”, o quanto meno vicini ad essi come Ruggiero Bacone e Giovanni da Rupescissa.

Ma “non sembra affatto – commenta sempre la Crisciani – che questa dimensione religiosa, quanto meno incontrollata quando non preoccupante, sia stata percepita dagli uomini di Chiesa in atti e documenti ufficiali come un pericolo o una deviazione”[2].

 

Nell’àmbito della Chiesa furono principalmente i Domenicani, con Alberto Magno e Tommaso d’Aquino, a cercare di determinare il ruolo e il significato dell’Alchimia.

 

Per Alberto Magno[3] (1206-1280) l’Alchimia è una scienza che rientra nell’àmbito della philosophia naturalis, ma con il carattere particolare di scienza operativa, di philosophia manualis si potrebbe dire, arte che sulla base di una teoria (anche se non sempre chiara) opera con azioni materiali una trasformazione dei metalli che non solo è possibile ma anche legittima.

 

Più complessa la posizione del suo discepolo Tommaso d’Aquino (1225-1274): le operazioni alchemiche sono pericolose o addirittura contro natura, in quanto non è possibile mutare le specie dei metalli sulla base dell’affermazione di Avicenna nel De mineralis, sciant artifices species transmutari non possunt, ma questa posizione si attenua notevolmente nella Summa Theologiae (II Quaestio 77): “Se l’oro ottenuto alchemicamente ha le stesse caratteristiche qualitative dell’oro naturale non sarebbe illecito venderlo perché nulla lo proibisce”[4]. La sua posizione nei confronti dell’Alchimia sembra quindi essere non priva di un certo carattere utilitaristico, che sarà ripreso in modo esplicito dal francescano Ruggiero Bacone (1214 circa – 1292), che fa dell’oro alchemico un possibile mezzo per rafforzare la Chiesa contro i suoi nemici.

 

Solo verso la fine del Duecento si manifestò una decisa condanna nei confronti degli alchimisti ad opera dei Capitoli provinciali e generali degli Ordini mendicanti, a partire dal 1273 con i Domenicani. Nei decreti “si vietava a tutti i frati di studiare, insegnare o praticare l’alchimia in qualsiasi modo e di tenere libri di questa scienza, ma niente di preciso viene detto delle loro pratiche se non che comportavano pericula scandalosa”[5], senza quindi alcun accenno agli aspetti religiosi e metareligiosi di essa.

 

In seguito però i Capitoli emanarono disposizioni che condannavano i colpevoli all’incarceramento, e i francescani Ruggiero Bacone e Giovanni da Rupescissa furono tra di essi, non solo per questo ma anche per altri motivi, per giungere in seguito a comminare la scomunica con una disposizione del 1313, cioè prima della decretale Spondent pariter quas non exhibent di Giovanni XXII del 1317.

 

Con questa decretale per altro si colpivano gli pseudo alchimisti falsari e non l’Alchimia in sé, in quanto essa si rifaceva in pratica al citato detto di Avicenna, affermando l’impossibilità della trasmutazione alchemica e quindi la falsità di quanto gli alchimisti (o per lo meno certi alchimisti) promettevano.

 

La definitiva condanna dell’Alchimia si ebbe nel 1396 con l’inquisitore del regno di Aragona Nicola Eymerich, il quale nel suo Contra alchymistas condanna gli alchimisti non solo perché le loro operazioni sono impossibili, e quindi essi sono tutti falsari, ma anche in quanto cadono nell’eresia stringendo un patto con il demonio per raggiungere i loro fini.

 

Non ostante tutto ciò proseguì come prima una cospicua produzione di trattati alchemici in cui personaggi che occupavano i vertici della Chiesa, Papi, Cardinali e Vescovi, compaiono come i destinatari di tali opere, come nel caso dei trattati attribuiti ad Arnaldo da Villanova e a Raimondo Lullo, segno dell’interesse di questi religiosi per l’Alchimia sia spagirica che filosofica. In alcuni casi sono anzi essi stessi gli autori di opere alchemiche o per lo meno gli amanuensi li attribuiscono a lro: certamente la mancanza del “diritto d’autore” nel Medioevo non consente di affermare con assoluta certezza che queste opere siano state redatte da questi personaggi, ma in molti casi non vi sono nemmeno ragioni per negarne la paternità, visto che il riscontro di termini o procedimenti alchemici non presenti nel Trecento si può spiegare con la presenza di interpolazioni nelle copie eseguite nei secoli seguenti che potrebbero essere dovute all’amanuense e ai nuovi sviluppi della pratica e del pensiero alchemico[6].

 

Poiché troppo numerosi sono i religiosi a cui sono attribuiti trattati alchemici o che ne scrivono che qui si dovrebbero ricordare, è possibile solo fare un breve accenno a qualche nome.

 

Se le opere strettamente alchemiche attribuite ad Alberto Magno e a Tommaso d’Aquino sono da considerare almeno in parte spurie (in particolare il De alchimia e il Semita semitae del primo e l’Aurora consurgens[7] e gli altri scritti sulla Pietra filosofale del secondo), per i Francescani invece l’attribuzione di opere di Alchimia spagirica e farmaceutica è certa per autori quali Bonaventura d’Iseo (Liber Compostille), Ruggiero Bacone (Opus maius) e Giovanni da Rupescissa (De quinta essentia), per cui non è necessario soffermarsi oltre.

 

Un caso a parte è costituito da due Generali dell’Ordine francescano, Frate Elia e Raimondo Gaufredi, autori di scritti di Alchimia metallurgica che nascondono sotto i simboli metallici un complesso iter di Alchimia sapienziale, ma per questo argomento si rinvia per brevità alle pubblicazioni dei testi di questi due Generali, e particolarmente a Il Vademecum di Frate Elia e Raimondo Gaufredi: il De leone viridi (di prossima pubblicazione).

 

Si deve aggiungere una nota interessante: il francescano Paolo di Taranto, contemporaneo di Frate Elia e autore di una Theorica et practica che costituisce una descrizione sistematica dei composti minerali e delle operazioni che si possono eseguire su di essi, il quale sarebbe il vero autore della Summa perfectionis dello pseudo Geber sulla base degli studi del Newman, fu “lettore di Alchimia in Assisi”, come si legge in una delle redazioni della sua opera[8]. Il termine lector, come scrive il Du Cange nel Glossarium mediae et infimae latinitatis s. v., ha il significato di praeceptor, quindi Paolo sarebbe stato “insegnante di arte alchemica”, il che farebbe pensare (se la frase non è interpolazione posteriore) che ad Assisi si tenessero corsi specifici per i frati sulla teoria e la pratica alchemica nella seconda metà del ‘200.

 

Non solo domenicani e francescani ebbero interesse per l’Alchimia ma anche ecclesiastici di elevata posizione, dagli stessi Pontefici a Cardinali, Vescovi e Abati, sono annoverati tra gli autori o gli indirizzatari di trattati alchemici.

 

Tra i Pontefici il nome di maggior spicco è quello di Papa Bonifacio VIII Caetani (1230 circa – 1303): a lui sono dedicati scritti di Arnaldo da Villanova e di Raimondo Lullo, e gli sono altresì attribuiti diversi trattati quali l’Opus Bonifacii papae cum sequentibus lapidibus albedinis[9], la Practica de aqua corrosiva[10], la Practica papae Bonifacii [11], la Practica roris madii[12]. Quest’ultimo è forse il trattato più interessante tra quelli che portano il suo nome, ma di esso, anche se la scheda del catalogo lo dà a suo nome, è solo a lui indirizzato (l’incipit parla di un “libro dato a Bonifacio”[13]), ed infatti in un codice del secolo precedente la Practica roris madii è invece attribuita a suo nipote Giovanni[14].

 

Ad un testo intitolato a Bonifacio VIII si accenna in due redazioni del Vademecum di Frate Elia della seconda metà del XV secolo[15] aventi identico incipit: “Nel nome del Signore nostro Gesù Cristo… inizia il trattato di Frate Elia denominato Vademecum ed è simile all’opera del pontefice Bonifacio”[16]. Bonifacio viene di nuovo citato più avanti con una frase che lascia intendere che tra le due opere vi fosse una sorta di interrelazione: “Né compirai quest’opera senza l’opera di Bonifacio, né quella senza questa”[17].

 

Non possiamo certamente affermare con sicurezza che queste opere siano state realmente scritte da Bonifacio, ma che ci sia un collegamento tra Bonifacio e le “arti magiche” è certo in quanto al suo tempo egli era considerato un mago che aveva rapporti con un demonio con il quale si consigliava, come si legge nelle accuse mosse contro di lui da Filippo il Bello nel processo che gli aveva intentato[18].

 

Per quanto concerne in particolare l’àmbito temporale del Trecento tra gli alti esponenti della gerarchia ecclesiastica si possono trovare ad esempio un Gilbertus cardinalis, autore di un trattato De aqua penetrativa quae solvit omnia metalla[19], o un Abate, quindi un alto personaggio benedettino il cui nome però non si legge a causa delle pessime condizioni del codice, autore di una raccolta di “ricette” per la fabbricazione di oro e argento intitolata Liber Abbatis[20], tra cui una tratta dal Vademecum di Frate Elia: Recipe vitrioli romani libram unam.

Ma gli esempi più interessanti su cui soffermarsi si trovano in uno dei codici di Alchimia più antichi, il ms 4Qq A10 della Biblioteca Comunale di Palermo, risalente al primo quarto del ‘300 e quindi molto prossimo al tempo in cui gli autori di questi testi, un “Cardinale bianco” e a un “vescovo di Cervia”, erano vissuti.

 

Il “Cardinale bianco” è identificato[21] con il Cardinale cistercense Giovanni di Toledo, nato in Inghilterra in data sconosciuta e morto nel 1275, medico di Innocenzo IV, studioso di Astrologia e Alchimia, considerato anche autore di un Liber de conservanda sanitate. Il trattato che porta il suo nome nel ms di Palermo[22] è l’Epistola de toto magisterio, identificabile con il De erroribus alchimiae di altri codici, considerato dal Calvet un estratto del più conosciuto Flos florum.

Il secondo testo è un Vademecum anonimo[23] dal cui titolo si desume che esso era stato trascritto furtivamente da un codice appartenente ad un vescovo di Cervia: Hec est scripta quam [sic] dedit Laurentius Buti Bartolomeo fratri meo quam [sic] dixit se habuisse a quodam episcopo Cerviensi temporis sue mortis furtive qui episcopus largas spendebat divitias.

Il “vescovo di Cervia”, secondo il Colinet[24], sarebbe da identificare con Teodorico Borgognoni di Lucca (1205-1298) vescovo di Bitonto e poi di Cervia, domenicano, che fu medico e professore di chirurgia preso l’Università di Bologna, penitenziere di Innocenzo IV nonché alchimista (a lui sono attribuiti due testi alchemici, De sublimatione arsenici e De aluminibus et salis, la cui paternità è però dubbia), il quale fu contemporaneo di Frate Elia, morto nel 1253 quando il Borgognoni aveva quarantasette anni[25].

 

Ritornando a quanto sopra si è detto, per gli studiosi gli interessi principali della Chiesa per l’Alchimia si limitavano a scopi puramente utilitaristici: la produzione di vero oro e il suo possibile uso per la monetazione o l’utilizzo delle tecniche alchemiche per la produzione di farmaci e in particolare di quelli per prolungare la vita oltre i limiti naturali. Se questo può valere per la posizione ufficiale della Chiesa non altrettanto si può dire per i suoi esponenti, i quali dimostrano in alcuni trattati di avere anche (sottolineo “anche”) un preciso orientamento verso i fini di reintegrazione dell’essere umano propri all’Alchimia philosophica, termine usato dagli scrittori di Alchimia e che possiamo tradurre con “sapienziale”.

 

Ad esempio Giovanni di Toledo, dopo aver sottolineato gli errori commessi da chi adopera sostanze di vario genere per ottenere la Pietra, “sangue, capelli, uova e urina, ed altri vegetali” oppure “arsenico, solfo, argento vivo e sale armoniaco”, indica il vero modo di operare a partire dall’argento vivo che è l’origine o, come egli scrive, lo sperma da cui tutti i metalli hanno origine e che deve essere immesso nel “ventre della terra” come il maschio fa con la femmina, in modo che attraverso il coito, il concepimento, l’ingravidamento e la nascita (coitus, conceptio, impregnatio, ortus) l’argento vivo possa unirsi alla terra, dealbarla e trasformare il corpo imperfetto nel lapis noster mediante l’unione di corpo e spirito. Così scrive rifacendosi a Morieno: “Qui è il corpo e lo spirito, e il corpo è fatto spirituale attraverso la solutio e lo spirito è fatto corporeo attraverso la coniunctio con il corpo imperfetto … Allora nasce il nostro lapis, che è il Re cercato dai filosofi, il nostro re che viene dal fuoco coronato con il diadema”[26]. Un modo di scrivere davvero poco ecclesiastico, che dimostra se fosse necessario la libertà che avevano i religiosi che scrivevano di Alchimia non ostante le ripetute condanne di questa arte.

 

Sullo stesso piano “filosofico” va letta la Practica roris madii di o dedicata a Bonifacio VIII[27]: la “ricetta” prevede di unire il mercurio con il “tuo oro” (solem tuum) e con il piombo aggiungendo poco per volta quella che il testo chiama “l’acqua della rugiada di Maggio” (aqua roris madii) per ottenere così “la tua medicina”. Se il significato di piombo, mercurio e oro è chiaro, corrispondendo essi al corporeo, all’animico e allo spirituale che compongono l’unità dell’essere umano, l’utilizzo di una sostanza come la “rugiada di Maggio” in un’operazione metallurgica appare strano, se non sapessimo che con questo termine alchimisti ed ermetisti si riferiscono a ben altra cosa che un liquido raccolto nei campi: la “rugiada”[28] è l’aiuto divino che è necessario a chi opera per poter giungere al compimento dell’iter, la provvidenziale influenza che dal cielo è inviata gratis et amore Dei a colui che agisce correttamente con studio assiduo, perizia nelle manipolazioni e pazienza nell’esecuzione del lavoro alchemico.

 

Concludiamo con un accenno al De leone viridi di Raimondo Gaufredi, XIII Generale dei francescani deceduto nel 1310. Nella sua opera[29] Raimondo per sottolineare l’importanza dei residui delle distillazioni, che nell’ultima operazione vanno aggiunti al lapis perché sia perfetto, scrive più volte una frase curiosa: faeces est ignis[30], legando un sostantivo plurale ad un verbo alla terza persona singolare, mentre tutte le volte che usa faeces come soggetto il verbo è regolarmente alla terza persona plurale, come se le faeces prodotte nel corso delle diverse operazioni e riunite insieme fossero da considerare una sostanza unica, “esso-i-residui”. Queste faeces, spiega Raimondo, sono “fuoco”, contengono il sulphur occultum, il principio maschile contenuto nei residui dopo che da essi è stato separato il mercurio, principio femminile, e sono stati estratti dalla lavorazione della Materia prima che è il piombo o Saturno, l’unico metallo da cui si può estrarre l’oro o Sole, come scrive Frate Elia nel Vademecum: “Chiamarono lo stesso saturno [cioè il piombo] oro dei filosofi, perché se preparato in altro modo è malato”[31].

 

L’utilizzo dei residui del “piombo” per completare la preparazione dell’ “oro” dovrebbe essere oggetto di un’approfondita meditazione per metterne in luce tutte le valenze e costituisce un’affermazione davvero molto importante per un religioso di così elevata posizione, confermando come nell’àmbito della Chiesa, pur con tutte le censure che venivano fatte, era possibile sviluppare un’Alchimia spagirica e sapienziale nella sua forma più compiuta.

 

 

 

[1] CRISCIANI Il papa e l’alchimia, Roma 2002, p.46.

 

[2] CRISCIANI Il papa e l’alchimia cit. ibidem.

 

[3] CRISCIANI Il papa e l’alchimia cit. pp.9-11.

 

[4] Si autem per alchimiam fieret aurum verum non esset illicitum ipsum pro vero vendere, quia nihil prohibet (citato in CRISCIANI I Domenicani e la tradizione alchemica nel Duecento, in “Atti del Congresso Internazionale Roma-Napoli, 17-24 aprile 1974. Tommaso d’Aquino nella storia del pensiero”, Napoli 1976.

 

[5] PEREIRA Arcana sapienza, Roma 2001, p. 130.

 

[6] In GALIANO Il Vademecum di Frate Elia, Roma 2019, sono messe a confronto redazioni del XIV secolo con quelle del secolo seguente per dimostrare come lo stesso trattato subisca variazioni anche notevoli nell’esposizione degli argomenti con il passare degli anni.

 

[7] L’Aurora consurgens  potrebbe essere stata scritta da Tommaso verso gli ultimi mesi di vita, dopo che ebbe una crisi intellettuale che lo portò, a quanto riferì il suo segretario, ad abbandonare la Summa theologiae, che è infatti rimasta incompiuta, perché “tutto ciò che aveva fino ad allora scritto gli sembrava ora paglia” (PEREIRA Arcana sapienza cit. p. 181)

 

[8] Manchester, ms Rylands 65 della University Library, c. 123r: Explicit practica libri compositi a fratre Paulo de Tarento ordinis fratrum minorum qui fuit lector fratrum minorum in Asisio in arte alkemica. Si tratta di un codice del XV sec. forse scritto in Italia, nel quale è anche contenuto un Vademecum con il nome di Frate Elia.

 

[9] Ms Sloane 2327, Londra, British Library, XIV sec. Il codice contiene anche una delle più antiche redazioni del De leone viridi di Raimondo Gaufredi, Generale dell’Ordine francescano e contemporaneo di Bonifacio VIII.

 

[10] Ms 1717, Copenhagen, Regia Biblioteca di Danimarca, XVI sec.

 

[11] Ms 5230 Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, XV-XVI sec.

 

[12] Ms Latin 7162, Parigi, Bibliothèque Nationale Française, XVI sec.

 

[13]Ms Latin 7162 Parigi cc. 85v-88r: Incipit liber de practica roris madii datus Bonifacio principe venerabilissimo. Dico vobis quod primo oportet corpora in prima materia reducere ut ad hoc fiat multiplicatio et generatio.

 

[14] Ms 180, Bologna, Biblioteca Universitaria, cc. 5v-11v, XV sec.; nel testo l’amanuense scrive come data il Novembre 1471 (scheda MANUS CNMD\0000217120), il cui incipit è però differente: Liber de pratiqua [sic] aquarum roris madii datum pape Bonifatio VIII a domino Johanne filio sororis carnalis sancti domini pape. Cum animadverterem nobilem scientiam apud homines. Explicit: et vivit et regnat deus in sancta sanctorum amen.

 

[15] Il ms 90 della Biblioteca Rilliana di Poppi, seconda metà del XV sec., e il ms LIX della Biblioteca dei Concordi di Rovigo, ultimo quarto XV sec.

 

[16] In nomine domini nostri Jesu Christi… incipit Opus fratris Helie vademecum nomen est et est simile operi Bonifacii pontificis.

 

[17] Ms di Poppi c. 4r: Nec tamen operis hoc opus sine opere Bonifacii nec idem sine hoc.

 

[18] Si veda ad esempio SELBY Bonifacius VIII. e familia Caietanorum principum Romanus pontifex. Roma 1651, p. 255.

 

[19] Ms Pal. Lat. 1332 della Biblioteca Apostolica Vaticana cc. 49v-50v. prima metà del XIV sec.; ms El. Q 21 della Biblioteca dell’Università di Jena, scritto tra XIV e XV secolo.

 

[20] Ms 2528 della Biblioteca di Vienna, seconda metà del 1300.

 

[21] CALVET Les ouvres alchimiques attribuées à Arnaud de Villeneuve, Paris-Milano 2011 p. 27 e nota 1.

 

[22] Ms 4Qq A10 cc. 373v-376v. Le citazioni di seguito riportate, data la cattiva leggibilità del ms di Palermo, sono tratte in parte dal ms Lat. 7162 della Bibliothèque nationale di Parigi, trascritto nel testo cit. del Calvet, molto simile nella forma al testo di Palermo, e attribuito ad Arnaldo da Villanova (in altri codici anonimo o ascritto ad altri autori).

 

[23] COLINET Les alchimistes grecs, Tome XI Recettes alchimiques, Paris 2010, pp. L-LIX. Ringraziamo il Dr Ezio Albrile per averci portato a conoscenza di questo testo.

 

[24] Ms 4Qq A10 cc. 431r-431v (già 411r-411v): si veda COLINET Les alchimistes grecs cit. p. LII.

 

[25] VAUGHN Alchemy in Chirurgia of Teodorico Borgognoni, in Alchimia e medicina nel Medioevo (a cura di Crisciani e Paravicini Baglioni), Tavernuzze (Firenze) 2003, pp. 55-75.

 

[26] Ibi est corpus et spiritum, et corpus factum est spirituale in solutione et spiritus factus corporalis in coniunctione ipsius cum corpore imperfecto … Tunc enim natus est lapis noster, rex a philosophis nuncupatus… regem nostrum ab igne venientem diademate coronatum.

 

[27] Il testo ci è giunto da un manoscritto della fine del 1400, ma se fosse stato scritto, come dice l’incipit, dal Pontefice o da suo nipote dovrebbe ovviamente risalire alla fine del XIV secolo.

 

[28] L’argomento è approfondito in PARTINI Il segreto della “Rugiada Celeste”, Roma 2009, e più recentemente in PARTINI e GALIANO L’Opera alchemica in Frate Elia, Roma 2018, Cap. IVI.

 

[29] La trascrizione, traduzione e commento del De leone viridi saranno oggetto di una prossima pubblicazione.

 

[30] Ms A 16 della Biblioteca del Seminario Maggiore di Bressanone c. 214v, sec. XIV. La frase si legge anche nelle successive redazioni del XV e XVI secolo.

 

[31] Vocaverunt ipsum saturnum aurum philosophorum, alio modo aurum leprosum est (ms Pal. Lat. 1267, XIV sec., c. 243r). Per il testo integrale si veda GALIANO Il Vademecum di Frate Elia, Roma 2019.

 

 

 

(Autore: Paolo Galiano, pubblicato in questo sito il 07/06/2020. Si ringrazia per la gentile concessione. L’articolo originale si trova al seguente link: https://www.simmetria.org/sezione-articoli/articoli-alfabetico/82-simbolismo-alchimia-ermetismo/1119-chiesa-e-alchimia-fra-xiii-e-xiv-secolo-di-paolo-galiano sulla rivista “Simmetria.org”, 18 Marzo 2019)

 

 

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REGOLA MASSONICA

All’uso delle Logge riunite e rettificate approva


ta al Convento generale di Wilhemsbad nel 1782

 

 

 

PROLOGO

O TU che vieni ad essere iniziato alle lezioni della saggezza! Figlio della virtù e dell’amicizia! Presta alle nostre parole un orecchio attento, e che la tua anima si apra ai precetti virili della verità! Ti insegneremo il cammino che conduce ad una vita felice; ti insegneremo ad essere gradito al tuo Autore ed a sviluppare, con energia e successo, tutti i mezzi che la Provvidenza ti confidò per renderti utile agli uomini ed assaporare le delizie della beneficenza.

 

Articolo I

DOVERI VERSO DIO E LA RELIGIONE

 

Il tuo primo omaggio appartiene alla Divinità. Adora l’Essere pieno di maestà che creò l’universo con un atto della sua volontà, che lo conserva per effetto della sua azione continua, che riempie il tuo cuore, ma che il tuo spirito limitato non può concepire, né definire. Compiangi il triste delirio di colui che chiude i suoi occhi alla luce e si trascina nelle spesse tenebre del caso: che il tuo cuore, intenerito e riconoscente dei paterni benefici del tuo Dio, rigetti con disprezzo quei vani sofismi, che provano la degradazione dello spirito umano quando s’allontana dalla sua fonte. Eleva spesso la tua anima al di sopra degli esseri materiali che ti circondano e lancia uno sguardo pieno di desiderio nelle regioni superiori, che sono la tua eredità e la tua vera patria. Fai a questo Dio il sacrificio della tua volontà e dei tuoi desideri, renditi degno dei suoi influssi vivificanti, adempi le leggi che ha voluto che tu compissi come uomo nel tuo percorso terreno. Essere gradito al tuo Dio, ecco la tua fortuna; essere per sempre riunito a Lui, ecco tutta la tua ambizione, la bussola delle tue azioni.

Ma come oserai sostenere i suoi sguardi,  o essere fragile, che trasgredisce ad ogni istante le sue leggi ed offende la sua santità, se la sua paterna bontà non ti avesse procurato un Riparatore infinito? Abbandonato agli smarrimenti della tua ragione, dove troverai la certezza di un consolante avvenire? Consegnato alla giustizia del tuo Dio, dove troveresti rifugio? Rendi dunque grazie al tuo Redentore; prosternati davanti al Verbo incarnato e benedici la Provvidenza che ti ha fatto nascere tra i cristiani. Professa in ogni luogo la divina Religione del Cristo e non arrossire mai di appartenergli. Il Vangelo è la base dei nostri obblighi; se tu non vi credessi, cesseresti di essere Massone. Annuncia in tutte le tue azioni una pietà illuminata ed attiva, senza ipocrisia, senza fanatismo; il Cristianesimo non si limita a verità speculative: pratica tutti i doveri morali che esso insegna e sarai felice; i tuoi contemporanei ti benediranno e comparirai sereno davanti al trono dell’Eterno.

Soprattutto, compenetrati di questo principio di carità e d’amore, base di questa santa Religione: piangi l’errore senza odiarlo e senza perseguitarlo; lascia soltanto a Dio la cura di giudicare, ed accontentati di amare e di tollerare. Massoni! Figli di uno stesso Dio, riuniti dalla comune credenza nel nostro divino Salvatore, che questo legame d’amore ci unisca strettamente e faccia scomparire ogni pregiudizio contrario alla nostra fraterna concordia.

 

 

Articolo II

IMMORTALITA’ DELL’ANIMA

 

UOMO! Re del mondo! Capolavoro della creazione quando Dio lo animò col suo soffio! Medita il tuo sublime destino. Tutto ciò che vegeta intorno a te e non ha che una vita animale, perisce con il tempo ed è sottomesso al tuo dominio; la tua anima immortale soltanto, emanata dal seno della Divinità, sopravvive alle cose materiali e non perirà affatto. Ecco il tuo vero titolo di nobiltà; senti vivamente la tua fortuna, ma senza orgoglio; questo perse la tua razza e ti riporterebbe nell’abisso. Essere degradato! malgrado la tua grandezza primitiva e relativa, cosa sei al cospetto dell’Eterno? Adoralo nella polvere e separa con cura questo principio celeste ed indistruttibile da leghe aliene; educa la tua anima immortale e perfettibile, e rendila suscettibile di essere riunita alla fonte pura del bene, quando sarà liberata dai vapori grossolani della materia. È così che sarai libero anche se in catene, felice anche nel dolore, inattaccabile dai più forti uraganiuragani e morirai senza terrore. –

MASSONE! Se mai tu potessi dubitare della natura immortale della tua anima e del tuo alto destino, l’iniziazione sarebbe senza frutti per te; cesseresti di essere il figlio adottivo della saggezza e saresti confuso nella folla degli esseri materiali e profani che brancolano nelle tenebre.

 

 

Articolo III

DOVERI VERSO IL

SOVRANO E LA PATRIA

 

L’Essere supremo confidò in maniera più positiva i suoi poteri sulla terra al Sovrano; rispetta e gradisci la sua legittima autorità nell’angolo della terra che abiti; il tuo primo ossequio appartiene a Dio; il secondo alla Patria. L’Uomo errante nei boschi, senza cultura ed evitando i suoi simili, sarebbe poco adatto a compiere i disegni della Provvidenza, e ad afferrare tutto l’insieme della fortuna che gli è riservata. Il suo essere cresce in mezzo ai suoi simili; il suo spirito si fortifica nel conflitto di opinioni; ma una volta riunito in società, dovrebbe lottare senza tregua contro l’interesse personale e le passioni disordinate, e ben presto l’innocenza soccomberebbe sotto la sua forza o la sua astuzia. Occorsero dunque delle leggi per guidarlo e dei capi per mantenerle.

UOMO sensibile! tu riverisci i tuoi genitori; onora allo stesso modo i padri dello Stato e prega per la loro conservazione; essi sono i rappresentanti della Divinità su questa terra. Se fuorviano, ne risponderanno al Giudice dei Re; ma la tua opinione potrebbe trarti in inganno e mai dispensarti dall’obbedire. Se tu venissi meno a questo sacro dovere, se il tuo cuore non trasalisse più al dolce nome della Patria e del tuo Sovrano, il Massone ti ricaccerebbe dal suo seno come refrattario all’ordine pubblico, come indegno di partecipare ai vantaggi di un’associazione che merita la fiducia e la stima dei governi, in quanto uno dei suoi principali moventi è il patriottismo e che, gelosa di formare i migliori cittadini, esige che i suoi figli adempiano, con il maggior impegno e purezza d’intenti, tutti i doveri del loro stato civile. Il guerriero più coraggioso, il giudice più integro, il maestro più dolce, il servo più fedele, il padre più tenero, lo sposo più costante, il figlio più sottomesso deve essere il Massone, poiché i doveri ordinari e comuni del cittadino sono stati santificati e rafforzati dalle promesse libere e volontarie del massone e che disattendendoli unirebbe alla debolezza l’ipocrisia e lo spergiuro.

 

Articolo IV

DOVERI VERSO

L’UMANITA’ IN GENERALE

 

Ma se il circolo patriottico che ti apre una carriera così feconda e soddisfacente non riempie ancora tutta la tua attività; se il tuo cuore sensibile vuole varcare i limiti degli imperi ed infiammare di questo fuoco elettrico dell’umanità tutti gli uomini, tutte le nazioni; se, risalendo alla fonte comune, gradisci amare teneramente tutti quelli che hanno gli stessi organi, lo stesso bisogno di amare, lo stesso desiderio di essere utile ed un’anima immortale come te, vieni allora nei nostri templi ad offrire i tuoi omaggi alla santa umanità; l’universo è la patria del massone e nulla di ciò che concerne l’uomo gli è estraneo.

Osserva con rispetto questo edificio maestoso, destinato a stringere i legami troppo rilassati della morale; ama teneramente un’associazione generale di anime virtuose, capaci di esaltarsi, diffusa in tutti i paesi, dove la ragione e le luci sono penetrate, riunita sotto il santo vessillo dell’umanità, retta da leggi semplici ed uniformi. Senti infine lo scopo sublime del nostro santo Ordine; consacra la tua attività e tutta la tua vita alla beneficenza; nobilita, epura e fortifica questa generosa risoluzione lavorando senza tregua alla tua perfezione, riunendoti più intimamente alla Divinità.

 

 

Articolo V

BENEFICENZA

 

Crea ad immagine di Dio che si è degnato di rivelarsi agli uomini e spargere su di loro la felicità; accostati a questo modello infinito con la volontà costante di versare incessantemente sugli altri uomini tutta la quantità di felicità che è in tuo potere; tutto ciò che lo spirito può concepire di bene è il patrimonio del  Massone.

Osserva la miseria impotente dell’infanzia, essa reclama il tuo appoggio; considera l’inesperienza funesta della gioventù, essa sollecita i tuoi consigli; poni la tua felicità a preservarla dagli errori e dalle seduzioni che la minacciano; eccita in lei le scintille del fuoco sacro del genio, aiutala a svilupparle per il bene del mondo.

Ogni essere che soffre o geme ha dei sacri diritti su di te; guardati dal misconoscerli, non aspettare che il grido penetrante della miseria ti solleciti; previeni e rassicura lo sventurato timido; non avvelenare, con l’ostentazione dei tuoi doni, le fonti di acqua viva dove lo sfortunato deve dissetarsi; non cercare la ricompensa per la tua beneficenza nei vani applausi della moltitudine; il  Massone la trova nella quieta approvazione della sua coscienza e nel sorriso fortificante della Divinità, sotto i cui occhi è sempre posto.

Se la Provvidenza liberale ti ha accordato del superfluo, guardati dal farne un uso frivolo e criminale; essa volle che, con un impulso libero e spontaneo della tua anima generosa, tu rendessi meno sensibile la distribuzione ineguale dei beni, che era nei suoi piani; godi di questa bella prerogativa. Che mai l’avarizia, la più sordida delle passioni, avvilisca il tuo carattere, e che il tuo cuore si sottragga ai calcoli freddi ed aridi che suggerisce. Se mai dovesse inaridirsi al suo soffio tetro ed interessato, evita le nostre officine di carità; sarebbero prive di attrattive per te e non potremmo più riconoscere in te l’antica immagine della Divinità.

Che la tua beneficenza sia illuminata dalla religione, dalla saggezza e dalla prudenza; il tuo cuore vorrebbe abbracciare i bisogni dell’umanità, ma il tuo spirito deve scegliere i più pressanti ed i più importanti. Istruisci, consiglia, proteggi, dona, dà sollievo a seconda dei casi; non ritenere mai di aver fatto abbastanza e non riposarti per le tue opere che per trarre nuove energie. Dedicandoti così agli slanci di questa sublime passione, una fonte inesauribile di gioie si prepara per te: avrai su questa terra l’anticipo della felicità celeste, la tua anima crescerà e tutti gli istanti della tua vita saranno riempiti.

Quando infine senti i limiti della tua natura finita, e che non potendo essere sufficiente da solo a compiere il bene che vorresti fare, la tua anima si rattrista, vieni nei nostri templi; osserva l’insieme sacro dei benefici che ci unisce e concorrenti efficacemente, secondo tutte le tue facoltà, ai piani ed agli impieghi utili che l’associazione Massonica ti presenta e che realizza, rallegrati di essere cittadino di questo mondo migliore; assapora i dolci frutti delle nostre forze combinate e concentrate per uno stesso obiettivo; allora le tue risorse si moltiplicheranno, aiuterai a fare mille felici invece di uno ed i tuoi voti saranno coronati.

 

 

Articolo VI

ALTRI DOVERI MORALI VERSO GLI UOMINI

 

Ama il tuo prossimo come te stesso e non fargli mai ciò che non vorresti si faccia a te. Serviti del sublime dono della parola, segno esteriore del tuo dominio sulla natura, per prevenire i bisogni altrui e per stimolare in tutti i cuori il fuoco sacro della virtù. Sii affabile e servizievole, edifica con l’esempio; condividi l’altrui felicità senza gelosia. Non permettere mai all’invidia di sorgere neanche per un istante nel tuo seno, essa turberebbe la fonte pura della tua felicità e la tua anima sarebbe in preda alla più cupa delle furie.

Perdona al tuo nemico; non vendicartene che con opere buone; questo generoso sacrificio, di cui dobbiamo il sublime precetto alla religione, ti procurerà i piaceri più puri e più deliziosi; ritornerai l’immagine della Divinità che perdona con una bontà celeste le offese dell’uomo, e lo colma di grazie malgrado la sua ingratitudine. Ricordati dunque sempre che questo è il trionfo più bello, che la ragione prevalga sull’istinto, e che il Massone dimentichi le ingiurie, ma mai i benefici.

 

 

Articolo VII

PERFEZIONE MORALE DI SE STESSI

 

Dedicandoti così all’altrui bene, non dimenticare il tuo perfezionamento e non trascurare di soddisfare i bisogni della tua anima immortale. Discendi spesso nel tuo cuore, per sondarne le pieghe più nascoste. La conoscenza di se stessi è il grande cardine dei precetti Massonici. La tua anima è la pietra grezza che occorre sgrossare; offri alla Divinità l’omaggio delle tue inclinazioni regolate, delle tue passioni vinte.

Che i costumi casti e severi siano tuoi compagni inseparabili e ti rendano rispettabile agli occhi dei profani; che la tua anima sia pura, retta, schietta ed umile. L’orgoglio è il nemico più pericoloso dell’uomo, lo mantiene nell’illusoria fiducia nelle sue forze. Non considerare il punto in cui sei giunto, rallenterebbe il tuo cammino; proponiti quello dove devi arrivare; la breve durata del tuo passaggio ti lascia appena la speranza di giungervi: togli al tuo amor proprio il pericoloso alimento del confronto con quelli che ti sono dietro; ascolta piuttosto lo stimolo di un’emulazione virtuosa, guardando dei modelli più compiuti davanti a te.

Che la tua bocca non alteri mai i segreti pensieri del tuo cuore, che essa ne sia sempre l’organo schietto e fedele; un Massone che si spogliasse del candore per assumere la maschera dell’ipocrisia e dell’artificio, sarebbe indegno di abitare con noi e, seminando la diffidenza e la discordia nei nostri quieti templi, ne diventerebbe ben presto l’orrore ed il flagello.

Che la sublime idea dell’onnipresenza di Dio ti fortifichi, ti sostenga; rinnova ogni mattina la promessa di diventare migliore; veglia e prega; e quando sul far della sera il tuo cuore soddisfatto ti ricorda una buona azione o qualche vittoria ottenuta su te stesso, soltanto allora riposa tranquillamente nel seno della Provvidenza e riacquista nuove forze.

Studia infine il senso dei geroglifici e degli emblemi che l’Ordine ti presenta. La Natura stessa vela la maggior parte dei suoi segreti; non vuole essere osservata, confrontata  e spesso sorpresa nei suoi effetti. Di tutte le scienze di cui il vasto campo presenta i risultati più felici all’operosità dell’uomo ed a vantaggio della società, quella che ti insegnerà i rapporti tra Dio, l’universo e te, colmerà i desideri della tua anima celeste e ti insegnerà ad adempiere meglio ai tuoi doverArticolo VIII

DOVERI VERSO I FRATELLI

 

Nella folla immensa di esseri di cui questo universo è popolato, hai scelto, con un voto libero, i Massoni come tuoi fratelli. Non dimenticare dunque mai che ogni Massone, di qualunque comunione cristiana, paese o condizione sia, presentandoti la sua mano destra, simbolo di sincera fratellanza, ha dei sacri diritti sulla tua assistenza e la tua amicizia. Fedele al voto della natura, che fu l’uguaglianza, il massone ristabilisce nei suoi templi i diritti originari della famiglia umana; non sacrifica mai ai pregiudizi popolari ed il livello sacro assimila qui tutti gli stati. Rispetta nella società civile le distanze stabilite o tollerate dalla Provvidenza; ve ne sarebbero tante da abolire e misconoscere. Ma guardati soprattutto dallo stabilire tra noi delle distinzioni fittizie che disapproviamo; lascia i tuoi gradi e le tue decorazioni profane sull’uscio e non entrare che con la scorta delle tue virtù. Qualunque sia il tuo rango nel mondo, cedi il passo nelle nostre Logge al più virtuoso, al più illuminato.

Non arrossire mai in pubblico di un uomo oscuro, ma onesto, che nei nostri consessi hai abbracciato come fratello qualche istante prima; l’Ordine arrossirebbe di te a sua volta e ti caccerebbe, con il tuo orgoglio, per esporlo sulle scene profane del mondo. Se tuo fratello è in pericolo, vola in suo soccorso e non temere di esporre la tua vita per lui. Se si trova nel bisogno, versa su di lui i tuoi tesori e rallegrati di poterne fare un uso così soddisfacente; hai giurato di esercitare la beneficenza verso gli uomini in generale, la devi preferibilmente al tuo fratello che geme. Se è nell’errore e si svia, va da lui con le luci del sentimento, della ragione, della persuasione. Riconduci alla virtù gli esseri che vacillano, e rialza quelli che sono caduti.

Se il tuo cuore ulcerato da offese vere o immaginarie nutrisse qualche segreta inimicizia verso uno dei tuoi fratelli, dissipa all’istante la nube che si alza; chiama in tuo aiuto qualche arbitro disinteressato; richiedi la sua fraterna mediazione; ma non oltrepassare mai la soglia del tempio prima di aver riposto ogni sentimento di odio e di vendetta. Invocherai invano il nome dell’Eterno, perché si degni di abitare nei nostri templi, se non sono purificati dalle virtù dei fratelli e santificati dalla loro concordia

 

 

 

 

Articolo IX

DOVERI VERSO L’ORDINE

 

Quando infine tu fossi ammesso alla partecipazione dei vantaggi che derivano dall’Associazione Massonica,  li abbandonerai, in tacito scambio di una parte della tua naturale libertà; adempi dunque rigorosamente gli obblighi morali che t’impone, conformati ai suoi saggi regolamenti e rispetta quelli che la pubblica fiducia ha designati per essere i guardiani delle leggi e gli interpreti del voto generale. La tua volontà nell’Ordine è sottomessa a quella della legge e dei superiori; saresti un cattivo fratello se non riconoscessi questa subordinazione necessaria in qualsiasi società e la nostra sarebbe costretta ad escluderti dal suo seno.

Vi è soprattutto una legge di cui hai promesso, al cospetto dei cieli, la scrupolosa osservanza: è quella del segreto, il più inviolabile, sui nostri rituali, cerimonie, segni e la forma della nostra associazione. Guardati dal credere che questo impegno sia meno sacro dei giuramenti che facesti nella società civile. Tu fosti libero nel pronunciarli, ma non lo sei più di rompere il segreto che ti lega. L’Eterno, che invocasti come testimone, lo ha ratificato: temi le pene relative allo spergiuro; non sfuggirai mai al supplizio del tuo cuore e perderai la stima e la fiducia di una società numerosa, che avrebbe diritto di dichiararti senza fede e senza onore.

Se le lezioni che l’Ordine ti rivolge, per facilitare il tuo cammino di verità e di felicità, si imprimono profondamente nella tua anima docile ed aperta alle sensazioni della virtù; se le massime salutari, che impronteranno per così dire ogni passo che farai nel percorso Massonico, diventano i tuoi stessi principi e la regola immutevole delle tue azioni; o fratello mio, quale sarà la nostra gioia! Compirai il tuo sublime destino, ricoprirai quella somiglianza divina che fu l’eredità dell’uomo nel suo stato di innocenza, che è il fine del Cristianesimo e di cui l’Iniziazione Massonica fa il suo oggetto principale; ritornerai la creatura teneramente amata dal Cielo: le sue feconde benedizioni si tratterranno su di te; e meritando il titolo glorioso di consacrato, sempre libero, felice e costante, camminerai su questa terra alla stregua dei Re, il benefattore degli uomini ed il modello dei tuoi fratelli.

 

 

 

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TESTIMONIANZE DEL REGIME RETTIFICATO  ITALIANO

TESTIMONIANZE DEL REGIME RETTIFICATO  ITALIANO

 

Quando parliamo di “Uomo libero” ci riferiamo solo al pensiero libero o anche a qualcos’altro?

All’inizio le corporazioni dei costruttori accettavano solo persone forti e sane in quanto il lavoro di scalpellino  richiedeva una sana condizione fisica; nel corso del tempo acquisivano non solo l’esperienza ma anche la saggezza nell’uso degli strumenti e, con gli anni, tale saggezza faceva sì che venisse conferito loro una posizione più elevata, quella di Maestro. I costruttori avevano anche una grande conoscenza della geometria che nel tempo divenne una forma di espressione divina, poiché i grandi progetti architettonici rappresentavano un legame magico tra la terra el’universo; l’uomo cercava di rappresentare sulla terra un edificio dove viveva o abitava lo spirito divino di

Dio rappresentato nei templi dedicati alle divinità antiche. Fu allora che l’uomo fece un  passo gigantesco nella costruzione e queste piccole corporazioni, non solo piene di saggezza ma anche di matematica divina, cercarono di mantenere quei segreti selezionando molto

meticolosamente i nuovi apprendisti. Apparve così un segreto, il modo in cui questi templi venivano progettati, generava quel tipo di connessione tra la terra e l’universo, rendendo questi luoghi centri di culto e venerazione. In quelle antiche società essere un muratore rappresentava il passaggio dal semplice scalpellino ad uno dei maestri nel mestiere più segreto ed apprezzato. I disegni e gli schemi di quelle  costruzioni avevano sempre un certo grado di mistero e di esoterismo: dall’orientamento sulla terra secondo i punti cardinali, ai luoghi dove doveva entrare la luce del sole. Questi aspetti oggi passano inosservati per molte persone, ma conservano il loro valore poiché la relazione astrologica non è stata modificata nello spazio, ha semplicemente dei cicli. Con il passare degli anni e l’avvento delle crociate con la

nuova aria d’oriente portata in Europa, le costruzioni subirono una svolta drastica.

Per mantenere alcuni segreti, non solo l’insegnamento della tradizione ed il passaparola erano importanti, ma si dovettero usare alcuni simboli affinché il costruttore venuto da lontano potesse  riconoscere e identificare dove si trovava e cosa doveva fare.

Questo segreto era ancora più importante perché era fondamentale non solo la conoscenza della matematica e degli strumenti, ma anche il significato magico di ogni figura che il costruttore doveva inserire nella costruzione. Dopo un periodo buio in occidente e quasi con lo sterminio   di gran parte della popolazione da parte della peste nera, era necessario che le nuove menti e quella conoscenza magica e alchemica durassero nel tempo. L’uso dei simboli nelle cattedrali divenne allora molto importante; ma quei simboli non erano rivolti solo a queste persone, ma anche a coloro ai quali era evidente l’interesse per la scienza.

Il Rinascimento contribuì alla causa ponendo quegli elementi di rappresentazione di quel simbolismo non più nella pietra ma nelle nuove

idee e nei simboli iconografici. Emersero menti geniali come Leonardo Da Vinci e Michelangelo che in ogni opera d’arte inserivano quella conoscenza e quel simbolismo che veniva compreso non solo dai costruttori dei templi ma anche da quelli delle anime. Si risvegliò allora il brillante pensiero di un tempo che era, tuttavia, compreso solo da pochi nella sua grandezza; in tutto questo le società segrete divennero indispensabili per poter mantenere un segreto ancestrale che potesse essere svelato solo a chi fosse disposto a riceverlo, vale a dire un iniziato. I riti di iniziazione usati nell’antico Egitto furono riscoperti dai Templari.

Questi si sarebbero concentrati sulla liberazione della mente per dare ingresso a nuove idee e percezioni, facendo entrare una persona in uno stato di morte simbolica e farla rinascere a una nuova vita. Nel più grande studio di quei maestri iniziatici, trasformare una mente intorpidita dalla vita profana e terrena, in una mente affamata di conoscenza era la sfida più importante del tempo. La trasmutazione prima della mente e poi dell’anima divenne il vero scopo della vita: trasformare un uomo comune in un uomo migliore.

Separando la mente da ogni pregiudizio e dogma, si entrava in uno stato di piena libertà nella mente, si studiava l’uomo come è veramente, si guardava allo scopo della vita non da un punto di vista materiale ma da un punto di vista spirituale: chi sono io, da dove vengo e dove vado?

Le società segrete cominciarono a diventare non più solo una corporazione di sapienti costruttori di

architetture sacre e urbane, ma piccoli laboratori dove trasformare quel mercurio in oro era la pietra filosofale del momento. Per questo era necessario che l’uomo fosse sano e in buone condizioni fisiche come gli iniziali scalpellini: un uomo il cui corpo non rappresentava un impedimento affinché il suo spirito potesse operare liberamente.

Essere liberi allora era solo una questione interiore, lo studio dell’anima, lo studio del miglioramento umano doveva essere il vero fine. Leonardo Da Vinci dedicò parte della sua vita allo studio del corpo umano, a quella simmetria della parte fisica dell’uomo che gli avrebbe dato la vera via per uno studio interiore. Ad un certo punto negò la parte sessuale del corpo umano perché non aveva alcun rapporto con l’armonia del resto del corpo e tanto meno con la sua anima. Era importante differenziare la bellezza dal grottesco.

Leonardo da Vinci sosteneva che quando esaltava l’essere umano, la bellezza dei genitali lo trasformava in un essere decadente e del tutto orribile. Questo fu un punto, di partenza molto importante nel corso del tempo per le società segrete: bisognava acquisire il controllo assoluto di quella parte che faceva cadere l’uomo nelle basse passioni.

Anticamente la parte sessuale dell’uomo era nascosta: gli antichi iniziati usavano un grembiule per rappresentare il dominio del più grande simbolo da dominare. Michelangelo nella sua Cappella Sistina dipinse angeli e figure di una simmetria e bellezza unica, ma rappresentò il corpo completamente nudo come simbolo di Supremazia:  l’uomo non doveva nascondere questa zona nel cosiddetto Paradiso. Alla domanda come potesse fare sculture così belle e armoniche, rispose “Io sono lo strumento che toglie imperfezioni da quel marmo, la scultura è dentro ansiosa di essere mostrata”. Questa  risposta ricorda ai massoni il lavoro quotidiano chiamato £sgrossatura della pietra

grezza”.

Con il passare del tempo e fino ai nostri giorni il simbolismo è stato adottato dalla Massoneria come stile di vita. Entrare in un tempio

massonico da profano e uscirne da iniziato, significa proprio essere entrati in uno stato di morte simbolica, iniziare la vera opera che è con il corpo, rimuovendo le imperfezioni e i vizi che ha appreso nella vita profana e lasciare solo quell’opera   divina che è l’uomo pieno di

virtù. Ma siamo consapevoli di quali siano queste imperfezioni? Quando un massone si riferisce alle imperfezioni si riferisce a quei vizi che l’uomo domina con la parte del corpo e libera la mente preparata per il passo successivo, vale a dire estrarre la conoscenza che ci

portiamo dentro.

Per essere un uomo libero, allora le esigenze corporee devono essere sempre meno importanti poiché ci avvicinano alla terra, liberarsene significa che si è cominciato a capire cosa c’è dentro ognuno di noi, capire che quando parliamo di vizi ci riferiamo al materiale e al corporeo. Ma se parliamo di virtù dobbiamo esaminare la parte spirituale. L’opera del massone come libero pensatore è proprio quella, ricercare nella mente quella conoscenza ancestrale, quel segreto che a ciascuno viene rivelato solo il giorno della sua iniziazione, quel giorno in cui vogliamo vedere la luce, quel momento in cui con lo stato di morte simbolica iniziamo a cercare il vero significato della  nostra vita, quel risveglio a una nuova vita che ci ricorda che siamo nati allo stesso modo con una mente pulita.

Essere un libero pensatore è il vero lavoro del massone.

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LETERA DALLA TRINCEA DEL CORONAVIRUS

i

Questi sono giorni in cui, come in tutte le guerre, arrivano anche la borsa nera e gli squali. Sono i giorni delle mascherine e dei saturimetri fatti sparire dal commercio e poi ricomparsi a prezzi quasi centuplicati. Sono anche i giorni delle fake news. Girano le notizie più incredibili a velocità ben superiori a quella del contagio. Si posta di tutto. Lo si fa per vincere la solitudine, per darsi un attimo di visibilità, a volte anche per farsi un’indebita pubblicità. Ma anche per distrazione. Mi sono accorto che uno stimatissimo collega in pensione postava notizie indecenti. Gli ho chiesto perché lo aveva fatto. Mi ha risposto che aveva letto solo le prime righe, che gli sembravano condivisibili. Tutto il resto lo aveva ignorato. Le falsità fanno rabbia perché alimentano i dubbi, le incertezze, le paure, in un momento in cui la gente è già confusa, impaurita e angosciata. Si sente parlare già di suicidi tra chi è più fragile, tra chi non ce la fa a reggere il peso della paura. Spesso la sera tardi, quando avrei voglia di fare tutt’altro, passo ore a rispondere a messaggi di amici, parenti, colleghi, conoscenti, gente che non vedevo e sentivo da decenni, alcuni che credevo morti, che mi fanno mille domande. E io mi sono imposto di rispondere, di spiegare e rispiegare. Con calma, senza mai stancarmi. Perché il sonno della ragione non deve produrre mostri. L’epidemia ci sta portando anche questo effetto collaterale. Si legge di virus costruiti in laboratorio da scienziati folli, epidemie programmate a tavolino dai poteri forti, complotti internazionali, le solite congiure demo-pluto-giudaico-massoniche… Un esperto di teoria dei complotti come Umberto Eco diceva che il complottismo è un metodo semplice e conveniente, usato da chi non sa, o non vuole, interpretare la realtà, che è molto più complessa di quanto appare a prima vista. Ma perché scomodare tutte queste teorie complottiste? In realtà sappiamo benissimo come stanno le cose. Sappiamo da molto tempo che esistono delle vere e proprie fabbriche naturali dei virus, situate in aree geografiche dove virus diversi hanno la possibilità di incontrarsi e di ricombinarsi tra loro: si tratta di territori in genere molto poveri, in cui uomini e animali vivono a stretto contatto. Come l’Africa, dove è nato l’AIDS, Ebola e tanto altro, il medio Oriente, dove è nato il virus della MERS. Ma soprattutto l’estremo Oriente. Qui, ogni anno i virus dell’influenza umana e quelli dell’influenza di altri animali, in genere volatili o suini, s’incontrano, mescolano i loro codici genetici e generano nuovi individui, nei confronti dei quali non ci siamo precedentemente immunizzati. Da qui sono partite quelle micidiali epidemie influenzali, come la Spagnola che, fra il 1918 e il 1919 fece quasi 50 milioni di vittime, o l’Asiatica, che nel 1957 uccise due milioni di persone, o infine l’Hong Kong, che nel 1968 ne uccise un altro milione. Qui sono nati anche virus completamente nuovi come i Coronavirus: quello della SARS e, oggi, COVID-19. Ma ci sono luoghi in cui tutto questo avviene con grande facilità. Sono luoghi che hanno sempre colpito la mia immaginazione. Ne parlo durante le mie lezioni da più di 15 anni, da quando, dopo la SARS, spesso mi chiedono lezioni sui nuovi virus: sono i wet market, gli immensi mercati umidi dell’estremo Oriente. Qui si accatasta pesce di ogni tipo, ma anche gabbie piene di animali vivi, i più diversi: volatili, ma anche cani, gatti, pipistrelli, serpenti, furetti, procioni, pangolini… che vengono macellati sul posto per soddisfare clienti ghiotti di prodotti freschissimi. Qui milioni di persone ogni giorno passano tra animali terrorizzati, calpestando una melma immonda, fatta da sangue, feci ed urine. Qui si ricombinano virus umani e animali, se ne producono di nuovi. E si diffondono tra gli uomini. Un mondo da medioevo, che si combina con un mondo moderno, capace di diffondere, nel giro di ore, nuovi virus in ogni parte del mondo con il primo volo in partenza verso l’Europa o l’America. I wet market non sono realtà isolate. La civiltà moderna ha trattato il Cosmo con la logica del wet market: lo ha trattato senza alcuna saggezza, lo ha terrorizzato e violentato. E il Cosmo ha reagito. La reazione della Natura mi ha risvegliato un ricordo sepolto nella memoria. Uno dei più memorabili episodi del film di Walt Disney La spada nella Roccia, del 1963, è l’epico duello di magia tra Mago Merlino e Maga Magò. Qui la perfida e sleale maga, nel tentativo di distruggere Merlino, si trasforma in animali sempre più grandi e feroci. Merlino arranca e si difende come può, finché Magò non si trasforma in un immenso drago viola che erutta fiamme dalla bocca. Merlino sembra ormai vinto, ma in realtà è lui il vincitore, perché si trasformerà in un virus raro e letale, che farà ammalare il drago e lo ucciderà. Il grande Disney, quasi sessant’anni prima, aveva probabilmente intuito quello che sarebbe successo: l’immensa, potentissima e sleale civiltà umana, impersonata da Maga Magò, un attimo prima di aggredire in maniera irreversibile il Cosmo-Mago Merlino, sarebbe stata annientata da un virus letale. Quella sfida non doveva mai essere lanciata.

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