LA MASSONERIA IN GALLIPOLI: Un secolo di Storia

LA MASSONERIA IN GALLIPOLI: Un secolo di Storia

 

La tradition d’édifier des tours humaines date vraisemblablement du Moyen Âge. Elle perdure en Catalogne, où elle donne lieu à de grands rassemblements festifs. Les castells, c’est-à-direles « châteaux », sont constitués d’une base compacte de participants, à partir de laquelle des équipes de quatre hommes, appelés « casteliers », grimpent pour former une tour de quatre à neuf étages.Un enfant entame ensuite l’ascension du castell jusqu’au sommet.

di      Vitantonio Vinci

Manca ad oggi un esauriente e specifico lavoro di ricerca storica che ci dia conto delle minute vicende che hanno segnato la nascita, lo sviluppo e l’ azione della massoneria in Terra d’Otranto.

Per tracciarne un breve profilo so tuttora utili i confronti con varie opere che nel contesto generale della storia del risorgimento fanno specifico riferimento alla nostra Provincia.

Ancor più difficoltosa appare la ricerca poi per quanti vogliono approfondirne la linea di penetrazione e proselitismo al fine di determinarne la nascita nella nostra città di Gallipoli.

Parlare naturalmente delle origini della massoneria in Provincia di Lecce significa rifarsi alla tradizione massonica napoletana dove i Liberi Muratori convergevano per gli studi a per la loro estrazione sociale. Si sa che ufficialmente la massoneria a Napoli nacque attorno al 1756 con la Loggia della Concordia retta dal Principe di San Severo Raimondo di Sangro.

La borghesia si preparava a raccogliere nelle sue mani il governo della cosa pubblica pur essendo ancora una minoranza, ma rappresentava la parte più attiva ed intelligente della società.

I capitali gradualmente passavano dalla nobiltà e dal clero nelle mani dei borghesi anche in virtù della trasformazione della proprietà che da feudale e latifondista diveniva borghese, mentre I ‘ agricoltura si sostituiva alla pastorizia. Ben presto perciò la borghesia si troverà alla testa della nuova società inaugurata dal dominio francese e spronata specialmente dalle nuove idee di eguaglianza e di sovranità popolare sancite dalla rivoluzione francese, pur rimanendo una esigua minoranza.

Il periodo che va dal 1807 al 1815 fu caratterizzato da un grande fervore sulla spinta data da Giuseppe Bonaparte e da Gioacchino che della Massoneria, scissa nel 1808 nei due rami del rito scozzese e del rito riformato, fu “le grand maitre del l’ordre” di quello regolare scozzese che rimase in un campo dottrinario ed aristocratico.

All ‘ incirca a questo periodo risale la costituzione in Gallipoli della prima loggia massonica ad opera di una ufficiale della guarnigione di stanza nel castello, un tal Ritelli, che “teneva adunanza nella casa del Barone Francesco Pantaleo”, come ci dichiara una cronaca nostrana, “con l’intervento di donne e a lumi spenti”

Fu immediato l’intervento del Vescovo di Gallipoli, Mons. Brancone che fece chiudere dal fratello Ministro di stato la loggia e trasferire l’ufficiale Ritelli.

Prosperarono invece le vendite carbonare che si inserirono prepotentemente nelle lotte risorgimentali e antiborboniche, e la massoneria fini per promuovere il Circolo patriottico salentino presieduto dal fratello massone gallipolino Bonaventura Mazzarella.

Dopo I ‘Unità d’Italia venne subito riaperta la loggia leccese Mario Pagano, riunendo i vecchi liberali massoni “dormienti e i nuovi affiliati alla Giovane Italia” e rinacquero la loggia Archita a Taranto, la Salentina a Laterza e a Francavilla la Carlo Pisacane.

Grande promotore di questo risveglio fu Giuseppe Libertini del quale lo Stampacchia disse davanti al feretro del grande estinte il 1874 “Le sue aspirazioni son quelle del popolo – le sue opere sono esigenze del popolo – il suo scopo è quello che tiene dietro il popolo – le sue gioie e i suoi dolori sono gioie e dolori del popolo” ma che nonostante ciò aveva ricevuto ai funerali il rifiuto della croce da parte del clero leccese.

Fu il Libertini ad insediare a Gallipoli il 21 Aprile del 1866 la nuova loggia massonica nata ad iniziativa di Beniamino Ariotta, Emanuele Barba, Bonaventura Garzya, Giovanni Laviano, Domenico Palmisano, Carlo Rocci Cerasoli e Ferdinando Vetromile, scelti tra le persone più oneste e stimabili della città e che presero “l’impegno solenne di fedeltà verso il Grande Oriente ed il rito Scozzese Antico ed Accettato” spinti dalla volontà di essere nominati massoni e di “aprire a Gallipoli, città cospicua pel suo commercio ed una delle più importanti di questa provincia, un tempio alla verità”

Con verbali del 23, 24 e 25 Aprile lo stesso Libertini costituì ufficialmente la nuova loggia intitolata a Tommaso Briganti dandone contestualmente avviso al Grande Oriente di Firenze:

“Animanti dal desiderio di lavorare regolarmente per la gloria della Franca Massoneria ed il bene generale dell’Umanità, noi vi preghiamo di accordarci la costituzione che possa regolarizzare la nostra nuova [loggia] col titolo Tommaso Briganti di Rito A[ntico] S[cozzese] A[ccettato] conforme alle deliberazioni prese nei giorni 23, 24 e 25 Aprile 1866, C: V:

 

Uniti a voi per legami di fratellanza ci sforzeremo colla nostra regolarità ed assiduità nei lavori di appagare i vostri voti.

Noi ci obbligheremo fin d’ ora di conformarci alla vostra Costituzione Massonica ai statuti e regolamenti generali dell ‘Ordine e di compiere con esattezza le obbligazioni ch’ essi ci impongono.

Noi promettiamo e giuriamo e giuriamo solennemente e sinceramente di rimanere inviolabilmente uniti al Gr. Or. della massoneria in Italia ed al Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico e Accettato e di riconoscere quando voi lo farete le potenze massime in Italia.

Accogliete CC.FF. il triplice saluto fr. dai vostri affezionatissimi fratelli.

Il giuramento appena letto e pronunciato dai fratelli massoni gallipolini alla presenza del Libertini di Luigi Ottaviano, di C[arlo] Stasi e di Gabrio Cosentino, tutti della loggia Pagano di Lecce, resta oggi uno dei pochissimi documenti superstiti che ci documentano sulla loggia Briganti di Gallipoli.

Per il resto a parte frammentarie documentazioni e riferimenti si sa che la Massoneria a Gallipoli fu attiva soprattutto fin dopo il 1898 avendo avuto ad affiliati gli uomini migliori di Gallipoli per l’impegno politico e civile nonché per rappresentatività professionale e di ceto, pur essendo stati attivi animatori anche rappresentanti del mondo artigianale locale che si affacciava alle nuove prospettive industriali mancate poi in tutto il meridione per le note vicende congiunturali nazionali e strutturali locali.

Un dissidio tra i fratelli massoni fu causato al culmine dell ‘esperienza “Bloccarda” nell ‘ ambito delle sinistre per la contrapposizione di Stanislao Senape De Pace al deputato per il collegio di Gallipoli Nicola Vischi da Trani che prese l’incarico dato dal gran maestro Lemmi di ricostituire in Gallipoli la loggia massonica.

Ma nonostante ciò i fratelli massoni non si divisero e lo stesso Stanislao Senape di fronte alle decisioni assunte dal Congresso socialista di Reggio Emilia, di divieto di appartenenza alla Massoneria, nobilmente e con orgoglio optò per la massoneria.’

 

L

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PAOLO ORLANDO

PAOLO ORLANDO Un genovese di origini siciliane alla conquista del mare di RoMA
di
Cristina Frascari

 

Paolo era il quinto dei nove figli di Maria Parodi e Luigi Orlando, colui che dalla lontana Sicilia, dove era stato tra i primi ad entrare a far parte della Giovane Italia, si era infine rifugiato a Genova, dove aveva trasformato lo Stabilimento G. Ansaldo e C., di cui aveva assunto la direzione, nell”‘arsenale di Garibaldi”, meritando tra l’altro l’appellativo di “armaiuolo di Cavour e di Garibaldi, della cospirazione e della rivoluzione”.
Per quanto riguarda suo figlio Paolo piuttosto scarse sono le notizie biografiche a noi pervenute, mentre assai documentata è la sua attività volta alla realizzazione di un grande ed ambizioso progetto, quello della costruzione di un porto per Roma, cui lo stesso Paolo dedicò un ‘ ampia opera da lui pubblicata nel 1941, “Alla conquista del mare di Roma”.
Nato a Genova il 6 aprile 1958, si era laureato in Ingegneria al Politecnico di Milano e aveva svolto funzioni direttive nelle industrie create dalla famiglia, e cioè nel Cantiere navale di Livorno e nello Stabilimento Orlando di Siracusa; anch’egli poi, come già il padre Luigi, aveva aderito all’Ordine Massonico, nella Loggia “Propaganda Massonica”, a partire del 22 novembre 1899. Per ben 14 anni, dal 1907 al 1921, era stato consigliere e poi assessore al Comune di Roma e il 7 aprile 1934 era stato nominato senatore del Regno, carica che aveva ricoperto fino alla morte, avvenuta a Rapallo il 3 novembre 1943.
“Paolo Orlando creò l’avvenire di Roma marittima, redense un ampio territorio malarico da millenni abbandonato, iniziò la costruzione del porto di Ostia”: così viene ricordato nell’epigrafe del monumento a lui dedicato ad Ostia, ed in queste brevi parole è in effetti riassunta la missione cui si dedicò interamente durante la sua lunga vita.
D’ altra parte, l’idea di rendere marittima la capitale del Regno era già stata concepita dal suo stesso padre e da Garibaldi che indicava “la necessità per questa antica capitale del mondo di avere il porto che ora non ha”. In realtà la questione portava alla luce un problema di più vaste proporzioni, il dibattito fondamentale verteva, infatti, intorno alla necessità o meno di fare di Roma una città industriale, non essendo lo sbocco al mare concepibile altro che nel quadro di una città produttrice ed economicamente progredita: e invece, ancora in età giolittiana, Roma era fuori dalla categoria economica di “zona industriale” o “città manifatturiera”, e mentre nelle altre città italiane ed europee si facevano investimenti industriali nella chimica, nella metallurgia, nella meccanica e nell ‘elettricità, la capitale non usciva dal suo stato di letargo tanto caro a quegli “adoratori del passato” che le attribuivano quell ‘unica funzione di città turistica e di centro religioso.
L’auspicata trasformazione di Roma da città di entro terra in vera e propria città marittima incontrò quindi non poche difficoltà, nonostante l’ Orlando, in veste di delegato della Lega Navale Italiana nella Commissione Ministeriale per la Navigazione Interna del Regno e di consigliere dell ‘ Associazione Commerciale Industriale Agricola Romana, avesse promosso a questo specifico fine la nascita di un Comitato Nazionale “Pro Roma Marittima per il porto di Roma e la Navigazione del Tevere e del Nera”, costituito ufficialmente il 4 febbraio 1904, con la partecipazione di diverse società e singoli contribuenti.
Respinta quindi nel modo più assoluto l’idea di mantenere a servizio di Roma la piccola navigazione con base a Civitavecchia, e stabilita come unica soluzione del problema la costruzione del porto marittimo di Roma, si presentò allora il problema della scelta della migliore sua ubicazione; fu solamente alla fine del 1896 che venne completato il progetto di grande massima per un porto costiero sulla spiaggia di Castel Fusano ed un bacino commerciale nella pianura della Basilica di San Paolo, collegati da un canale di grande navigazione per cui Roma sarebbe diventata vero e porto marittimo, e fu verso la metà del 1898 che venne presentata al Governo, a nome dell’Orlando e del Marchese Luigi Medici del Vascello, Senatore del Regno, la domanda di costruire ed esercitare, durante uno stabilito periodo di tempo, il porto di scalo e quello di San Paolo, il canale, la ferrovia di collegamento e gli impianti annessi.
L’ esecuzione completa dei lavori, secondo quanto esposto nella domanda, avrebbe richiesto dieci anni di tempo: in realtà le prime espropriazioni di larghi terreni adiacenti alle nuove opere pubbliche di miglioria si realizzarono solamente con l’approvazione dell’art. 2 della legge 6.1.V.1908, n. 502 (Provvedimenti per la città di Roma), dall’ Orlando stesso proposto, che assicurò, tra I ‘ altro, ampio e facile sviluppo al quartiere del lavoro, quello appunto di San Paolo, già in embrionale formazione. Anche il progetto per la ferrovia fu preso in considerazione dall ‘ amministrazione del Comune solamente a partire dal 1906, dopo attiva propaganda del Comitato, che operava in Italia e all’estero per mezzo di pubbliche conferenze e della stampa: la linea Roma-Ostia avrebbe incominciato a funzionare il 10 agosto 1924 in virtù dell’interessamento di Mussolini, che si fece anche promotore di altre opere pubbliche riguardanti la zona e favorì l’ intenso sviluppo edilizio di Ostia precedentemente programmato dall’ ing. Orlando.
In quegli anni venne tra l’ altro approntato un progetto che prevedeva la costruzione di un’ autostrada, la prima in Italia, reso esecutivo il 15 settembre 1927: la Via del Mare, così venne battezzata, lunga 23 chilometri circa, il 14 ottobre 1928 si apriva la transito pubblico, ed ancor oggi svolge sufficientemente la sua funzione di collegamento di Roma con Ostia Lido.
Cosa dire infine del porto, obiettivo ultimo dell’ Orlando che mai tuttavia si concretizzò?
Il progetto completo venne approvato il 15 aprile 1917 dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, e la costruzione ne fu incominciata il 29 giugno 1920: lo schema di quest’opera marittima consisteva in un ampio avamporto situato davanti alla spiaggia ostiense-laurentina presso la foce del canale di Fusano ed in un nuovo bacino commerciale, aperto nell’ attiguo litorale e collegato all ‘ avamporto da brevissimo canale.
Nel maggio 1918 era stata resa esecutiva la convenzione tra lo Stato e il Comune per la costruzione ed esercizio di un porto ad Ostia tramite un decreto che dichiarava di pubblica utilità, oltre che le opere del porto, anche quelle per la creazione di un quartiere urbano con annessa zona industriale, e portava quindi avanti la famosa linea ferroviaria che avrebbe dovuto rendere più accessibile e popolosa la inospitale regione costiera; nel febbraio del 1919 era stato creato, sempre su iniziativa dell’ Orlando, I ‘Ente Autonomo per lo sviluppo marittimo e industriale di Roma, noto sotto la sigla S.M.I.R, cui era affidato appunto il compito della costruzione e I ‘ esercizio del porto, nonché la gestione di altre opere e servizi diretti a promuovere lo sviluppo della capitale.
Il 29 giugno 1920, il Sovrano Vittorio Emanuele III, che negli ultimi vent’ anni si era mostrato sempre piuttosto attento alle alterne vicende della battaglia, inaugurava la costruzione del porto, avendo l’Ente Autonomo ottenuto i primi finanziamenti.
Quando però, nel novembre del 1922, per sostenere l’opera, venne presentata una nuova legge, la n.
422/A/bis, che richiedeva ai proprietari dei fondi valorizzati dalle ferrovie e dalle altre opere un contributo di miglioria, “l ‘opposizione di parte dei latifondisti romani, largamente rappresentati in Senato, si rivelò decisiva per la caduta definitiva della legge e la sospensione dei lavori in corso”: in realtà, aldilà di queste rivelazioni pronunciate da un Orlando deluso e sicuramente poco obiettivo, il suo progetto risultò essere di impossibile esecuzione per ben più validi e consistenti motivi.
Anche quando questa idea del porto fu rispolverata infatti dal duce Capo del Governo ma anche Ministro della Marina, con l’intenzione di fare di Ostia una base militare oltre che commerciale, nuovamente si manifestò una ferma opposizione, a riprova della validità delle precedenti, questa volta da parte del Ministro dei Lavori Pubblici, on. Di Crollalanza: l’iniziativa venne infatti bocciata “sia perché inammissibile in una costa sabbiosa, sia perché, ove fosse stata attuata, avrebbe importato una spesa pazzesca annuale per assicurarne l’esercizio”.
Anche la fine dell’Ente Autonomo era ormai decisa, e ai primi del 1923 infatti, dopo l’avvento del regime fascista, lo S.M.I.R. fu soppresso nel quadro della sistematica abolizione degli enti autonomi portuali e di altro tipo. In meno di quattro anni, molto era comunque stato realizzato con il suo valido contributo: il quartiere San paolo, il sobborgo di Grotta Perfetta e il “Concordia” (meglio conosciuto come “Garbatella”), I ‘ ampliamento degli scavi di Ostia antica, la costruzione di Ostia Nuova, nome imposto nel febbraio del 1916 dalla Giunta Comunale, di cui l’ Orlando era membro, a quell’ ampio territorio litoraneo che fino a pochi anni prima era stato considerato solamente un paese deserto e una spiaggia desolata.
Il piano regolatore della nuova città da costruirsi, opera dell ‘Orlando, era stato approvato nel settembre 1907, appena quattro mesi dopo che lo sbarco dei soci del Comitato Nazionale sul lido di Ostia aveva inaugurato il collegamento stradale alla via Ostiense; da quel momento in poi grandi passi erano stati compiuti per dare sviluppo al territorio, primo tra tutti lo sgombro dalle occupazioni abusive dei sette chilometri di spiaggia compresi tra il Tevere e Castel Fusano, la successiva vendita a privati di aree fabbricabili da valorizzare, la costruzione con finanziamento dal Comune di un Ospizio Marino e, il 21 giugno 1919, la fondazione di quel Duomo “Regina Pacis” dove a tutt’ oggi sono conservate le spoglie di chi a tutto questo aveva dedicato la vita,
Paolo Orlando. •

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SATUTA AD ROMANUM LIBERORUM MURATORUM


Statuta ad Romanam liberorum muratorum Giuseppe Vatri

che ne autorizza la pubblicazione su questo sito

 

Presentiamo in esclusiva il Regolamento della Loggia Giacobita che operò a Roma tra il 1735 (forse anche l’anno precedente, ma mancano i documenti diretti) ed il 1737 e che cessò i lavori poco prima del primo intervento anti-Muratorio di Papa Clemente XII. Ne esistono due versioni, una in latinaccio aulicizzante ed una in inglese, più pratica. Il Libro dei Verbali è posseduto dalla Biblioteca dei Manoscritti della Grand Lodge of Scotland.


Statuta ad Romanam liberorum muratorum
Lodgiam demissa


1. Ne quis sine ostracismo admititor.
2. Candidatus quisque a nocte, quâ fuerit electus, ad proscimum Conventum Probationarius esto.
3. Peregrini rejiciuntor si linguam Anglicam non intellegunt.
4. Magister Magistratus creato; Lodgiae leges ferunto.
5. In omni causa decernendâ penes magistrum duo suffragia sunto.
6. Magistro in fratres jus esto convocandi et contumaces multandi.
7. Fratres sub poena forsan nimis severâ laborantes a magistro ad Logiam Appellanto.
8. Mulctas pauperibus largiuntor.
9. Sacra Archiva Magistri & Guardiani custodiunto.
10. Magister post cenam non sine debitis libationibus, scilicet propinationibus Masonicis Lodgiam claudito.
11. Guardianus Senior (1) suffragia Colligito ; junior Lodgiae (1) a secretis esto ; legum tabulas facito.
12. Quisque frater electus binis vestimentis muratoriis (scilicet quatuor Chiro-thecis) totam fraternitatem donato.

1. Nessuno sarà accettato senza una votazione segreta.
2. Ogni candidato sarà sottoposto alle prove la riunione seguente a quella nella quale sarà stato eletto.
3. I Liberi Muratori non membri della Loggia non saranno ammessi qualora non comprendano l’Inglese.
4. Al Maestro spetterà di nominare gli Ufficiali; alla Loggia di fare le proprie leggi.
5. In ogni votazione che debba stabilire delle penalità, al Maestro spetteranno due voti.
6. Sarà diritto del Maestro convocare i fratelli e multare gli assenti.
7. I Fratelli che riterranno di essere stati rinviati al lavoro dal Maestro con una pena eccessiva si appelleranno alla Loggia.
8. Le multe si destineranno ai poveri.
9. Maestri e Sorveglianti saranno custodi dei Sacri Archivi.
10. Il Maestro non chiuderà la Loggia dopo la cena senza le dovute libagioni, vale a dire i brindisi Muratorii.
11. Il Sorvegliante Anziano
(1) verificherà le votazioni; il Sorvegliante Giovane (1) sarà addetto alla segreteria e annoterà regolamenti e decisioni.
12. Ogni fratello eletto donerà agli altri fratelli un paio di abiti Muratorii (cioè quattro guanti).

A translation of the original Statutes brought down…
For the use of the Freemasons of the Roman Lodge

1. No persons to be admitted without balloting.
2. No person to be admitted the same night as proposed.
3. All foreigners to be excluded except they talk the language.
4. All Officers shall be created by the Master (2) and all laws enacted by the Lodge.
5. The Master has two votes.
6. The Master has the power of calling a Lodge and fining unruly & refractory Bre.
7. Any brother that thinks himself aggrieved may appeal from the Master to the whole Lodge.
8. All fines to be employed in charitable uses.
9. The Master & Wardens (1) are keepers of the Archives.
10. The Lodge shall not be closed till after Supper.
11. The elder Warden (1) shall gather the votes of the Lodge, and the younger to have the office of Secretary.
12. Every Brother on his admission shall present the Brotherhood with two pair of gloves.

(3)

The Master to close the Lodge after Supper not without proper libations – to wit – Masonic Toasts

1. Nessuno sia ammesso senza votazione segreta.
2. Nessuno sia ammesso la stessa sera nella quale sia stato proposto.
3. Non siano ammessi stranieri, a meno che parlino la lingua.
4. Tutti gli Ufficiali saranno nominati dal Maestro e tutte le leggi saranno promulgate dalla Loggia.
5. Il Maestro ha due voti.
6. Il Maestro ha il potere di convocare una Loggia e di multare Fratelli indisciplinati e ostinati.
7. Qualunque Fratello che si ritenga leso nei diritti può appellarsi contro il Maestro all’intera Loggia.
8. Tutte le multe saranno destinate ad usi caritatevoli.
9. Il Maestro e i Sorveglianti sono custodi degli Archivi.
10. La Loggia non sarà chiusa fino a dopo la Cena.
11. Il Sorvegliante Anziano raccoglierà i voti della Loggia, e quello giovane avrà l’ufficio di Segretario.
12. Ogni Fratello al momento della propria ammissione offrirà alla Fratellanza due paia di guanti.

(3)

Il Maestro non chiuda la Loggia dopo la Cena senza le appropriate libagioni, cioè i brindisi Muratorii.

Note.


(1) «Warden», (guardiano), è il termine Inglese per Sorvegliante. I due assistenti del Maestro della Loggia si chiamano oggi «Senior Warden» e «Junior Warden», anziché «Primo» e «Secondo Sorvegliante». Noi tradurremo sempre «Sorvegliante», per chiarezza. Adottiamo per chiarezza «anziano» e «giovane» per tradurre Sorvegliante «senior» e «junior»; in questo anche confortati dai seguenti «elder» e «younger» nella traduzione inglese del regolamento.
(2) Il presidente eletto di una Loggia si chiamava «Master», Maestro, o più precisamente «Master of the Lodge». Anche se l’uso Italiano è quello di impiegare l’attributo onorifico di provenienza francese «Venerabile» per indicare l’originale «Venerabile Maestro», presidente della Loggia, tradurremo sempre «Maestro».
(3) Questa frase, aggiunta a matita, è di data di molto posteriore.

 

 

 

Traduzione © Copyright 2001 Gius

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SAN FRANCESCO D’ASSISI – TESTAMENTO DEL 1226

San Francesco d’Assisi

Testamento del 1226

a cura di Carlo Rondelli

 

Il Signore concesse a me, frate Francesco, d’incominciare così a far penitenza: poichè, essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia.

E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo.

E il Signore mi dette tale fede nelle chiese, che io così semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che anche se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà.

E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come i miei signori. E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue che essi ricevono ad essi soli amministrano agli altri.

E voglio che questi santissimi misteri sopra tutte le altre cose siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi.

E dovunque troverò manoscritti con i nomi santissimi e le parole di lui in luoghi indecenti, voglio raccoglierli, e prego che siano raccolti e collocati in luogo decoroso.

E dobbiamo onorare e venerare tutti i teologi e coloro che amministrano le santissime parole divine, così come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita. E dopo che il Signore mi diede dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. Ed io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor Papa me la confermò.

E quelli che venivano per abbracciare questa vita, distribuivano ai poveri tutto quello che potevano avere, ed erano contenti di una sola tonaca, rappezzata dentro e fuori, del cingolo e delle brache. E non volevano avere di più.

Noi chierici dicevamo l’ufficio, conforme agli altri chierici; i laici dicevano i Pater Noster; e assai volentieri ci fermavamo nelle chiese. Ed eravamo illetterati e sottomessi a tutti.

Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all’onestà. Coloro che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare l’esempio e tener lontano l’ozio.

Quando poi non ci fosse data la ricompensa del lavoro, ricorriamo alla mensa del Signore, chiedendo l’elemosina di porta in porta.

Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto:”Il Signore ti dia la pace! “.

Si guardino bene i frati di non accettare assolutamente chiese, povere abitazioni e quanto altro viene costruito per loro, se non fossero come si addice alla santa povertà, che abbiamo promesso nella Regola, sempre ospitandovi come forestieri e pellegrini.

Comando fermamente per obbedienza a tutti i frati che, dovunque si trovino, non osino chiedere lettera alcuna (di privilegio) nella curia romana, nè personalmente nè per interposta persona, nè per una chiesa nè per altro luogo, nè per motivo della predicazione, nè per la persecuzione dei loro corpi; ma, dovunque non saranno accolti, fuggano in altra terra a fare penitenza con la benedizione di Dio.

E fermamente voglio obbedire al ministro generale di questa fraternità e a quel guardiano che gli piacerà di assegnarmi. E così voglio essere prigioniero nelle sue mani, che io non possa andare o fare oltre l’obbedienza e la sua volontà, perché egli è mio signore.

E sebbene sia semplice e infermo, tuttavia voglio sempre avere un chierico, che mi reciti l’ufficio, così come è prescritto nella Regola.

E non dicano i frati: Questa è un’altra Regola, perché questa è un ricordo, un’ammonizione, un’esortazione e il mio testamento, che io, frate Francesco piccolino, faccio a voi, miei fratelli benedetti, perché osserviamo più cattolicamente la Regola che abbiamo promesso al Signore.

E il ministro generale e tutti gli altri ministri custodi siano tenuti, per obbedienza, a non aggiungere e a non togliere niente da queste parole.

E sempre tengano con se questo scritto assieme alla Regola. E in tutti i capitoli che fanno, quando leggono la Regola, leggano anche queste parole.

E a tutti i miei frati, chierici e laici, comando fermamente, per obbedienza, che non inseriscano spiegazioni nella Regola e in queste parole dicendo: “Così si devono intendere” ma, come il Signore mi ha dato di dire e di scrivere con semplicità e purezza la Regola e queste parole, così cercate di comprenderle con semplicità e senza commento e di osservarle con sante opere sino alla fine.

E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo in cielo della benedizione dell’altissimo Padre, e in terra sia ricolmato della benedizione del suo Figlio diletto col santissimo Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i Santi. Ed io frate Francesco piccolino, vostro servo, per quel poco che io posso, confermo a voi dentro e fuori questa santissima benedizione. (Amen).

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PIETRE PREZIOSE TRA MITI E LEGGENDE

PIETRE PREZIOSE TRA MITI E LEGGENDE

di

Kabalicus

 

 

 

Per secoli e secoli stuoli di draghi, mostruosi serpenti, angeli e demoni, sono stati nella fantasia dell’uomo indissolubilmente legati alle gemme e ai metalli preziosi.

Nella fantasia, gemme e metalli furono sempre dotati di poteri straordinari e misteriosi che provenivano da una loro presunta origine divina, oppure infernale, comunque mai terrena.

Raccontando un po’ della storia delle pietre preziose, che le vuole protagoniste attive, a volte amiche, a volte nemiche dell ‘uomo, sarà più facile comprendere perché gli antichi le considerassero come esseri viventi dotati di anima, i quali nascevano, si moltiplicavano, amavano e odiavano, si ammalavano e morivano.

Quell’essenza magica che le rende tanto potenti sta proprio in questa loro vita più tranquilla e vaga di ogni altra, ma altrettanto reale.

Comprenderemo il perché gli Indiani considerassero il cristallo un giovane acerbo, mentre il diamante rappresentava lo stesso essere, questa volta adulto nel fiore della maturità.

Indossare gioielli per molto tempo non ha significato solo appagare una mera vanità, ma soprattutto appropriarsi di quella loro essenza soprannaturale.

Significava acquisire perfezione, incorruttibilità, prendere le distanze da tutto ciò che è mortale, combattere la morte con il suo opposto: lo splendore solare delle gemme e dell ‘oro.

Secondo una antica storia persiana, le gemme sarebbero fonte di dispiacere e di dolore, poiché opera del demonio.

Dio non le volle creare perché tutto nel suo mondo aveva una funzione, nulla era superfluo; ma il diavolo, spinto dalla passione di Eva per gli splendidi colori dei fiori che ornavano il paradiso terrestre, pensò di riprodurre quei colori nelle pietre che giacevano nelle profondità terrestri, spingendo così gli uomini verso l’incontrollabile desiderio di possederne sempre di più, a costo del più turpe peccato.

Anche nelle civiltà più antiche, gli uomini, hanno trovato nei gioielli la compensazione a debolezze e desideri profondi, come la vanità, il bisogno di sentirsi ricchi e persino la necessità di assicurarsi salute e felicità grazie a oggetti cui afribuire caratteristiche magiche.

neaAgorà novembre – diœmbre 1998

In India, le gemme vengono usate come rimedio terapeutico da tempo immemorabile; così, rajah, maharajah, magnati e persone ricche sono le sole persone che si sono potute permettere di acquistare ed usare gemme come il diamante, lo smeraldo, il rubino e lo zaffiro bruciati e ridotti in cenere, come fattori curativi.

I gioielli, secondo numerose tradizioni, simboleggiano le verità spirituali, la conoscenza esoterica, e a quest’ idea si associa facilmente l’altra del terribile drago posto a guardia di uno splendido tesoro.

Così come è necessario lottare con l’essere mostruoso e abbatterlo per conquistare il tesoro, bisogna lottare strenuamente per raggiungere la conoscenza, intesa non come fredda, impersonale erudizione, ma come la somma delle esperienze, indissolubilmente intrecciata con la vita.

Nel trattato sulle caratteristiche degli animali, il sofista romano Eliano racconta che in India vive il grifone, simile ad un leone, con potenti artigli, ma con ali poderose.

Dal piumaggio variopinto ha testa e becco di aquila e gli occhi di fuoco; estrae l’oro che si trova in quelle zone e lo usa per costruire il rifugio tra le vette impervie.

Gli indiani che vivono là portano via, quando ci riescono, tutti i pezzetti d’oro che cadono giù dalle rocce; ma ci sono anche molti temerari che, pur di Impossessarsi del prezioso metallo, organizzano rischiose spedizioni in quelle regioni desolatamente selvagge.

Esiste un unico modo per tentare di sfuggire alla sorveglianza dei grifoni, ed è quello di avvicinarsi silenziosamente di notte, possibilmente quando non c’è la luna.

Quei fottunati che riescono nell ‘ impresa di impossessarsi del prezioso nido, vengono largamente ripagati dei pericoli corsi dall ‘ immensa fortuna che portano via.

Le pietre preziose, per la loro immutabile bellezza, che ne imprigiona in eterno i colori più splendidi della natura, hanno dato origine a migliaia di leggende e superstizioni, che ancora oggi non hanno del tutto perso la loro eco.

Le Pietre sono Maestre di vita e si trovano sul nostro cammino… quando ne abbiamo bisogno.•

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NELL’ATESA DEL MAESTRO CHE VERRA’

Nell’attesa del Maestro che verrà…

 

 

 

Nel corso delle sue innumerevoli vite, l’uomo non riesce, ahimè, a realizzare giammai il vero scopo dell ‘ esistenza: conseguire lo stato di perfezione.

L’uomo perfetto, nascosto nel segreto più profondo del suo essere, non può in alcun modo accelerare tale processo, soprattutto perché non ancora risvegliato: giace, infatti, in una specie di “stato di animazione sospesa” e quindi impossibilitato alla individuazione dell’ ideale percorso che conduce al sentiero verso “la perfezione “.

Ad un certo punto dell’esistenza, però, succede un fatto nuovo. Lo stato d’ insoddisfazione, per buona parte determinato dalla consapevolezza delle limitazioni dell’ essere umano, mette in moto un processo più attivo e cosciente di partecipazione dello spirito: l’uomo, conscio ormai del risveglio del suo “ego “, avverte l’esigenza di scalare vette sempre più impervie ed elevate, e quasi rispondendo ad un arcano e misterioso richiamo che, ad un certo momento, si predispone al sacrificio di tutte le forze di cui dispone pur di conquistare il messaggio arcano che è in lui, anche a costo del sacrificio della vita.

Nei Vangeli, come in tutti i testi sacri che parlano dell’Essere Supremo, ben individuabili sono i riferimenti a questa fase dell ‘ evoluzione umana, simboleggiata non solo dal ministero di Giovanni Battista, ma da tutta una serie d’ eventi come, ad esempio, gli uomini che raddoppiano i loro talenti, le pecore separate dai capri, i discepoli che rispondendo all’ appello, abbandonano tutto per seguire il Maestro…

Non sono rari, infatti, i racconti d’ uomini che nonostante i legami con il passato, ma più ancora per vincoli strettamente familiari, non hanno esitato un istante, quando risvegliatisi, hanno intrapreso il cammino iniziatico con determinazione sempre più crescente.

L’idealismo, poi, di chi non è più dormiente, esalta ancor più l’impegno profuso nella ricerca delle proprie radici e fa apparire più nitida e luminosa la visione dell ‘ anima, infiammata come non mai dall’ intima esigenza di pervenire ad un traguardo ultraterreno. Ed è proprio a questo punto che gli amorevoli interventi del Maestro assumono un particolare significato: l’ adepto è aiutato, e nello stesso tempo sorretto, a varcare la porta attraverso cui si accede al sentiero che conduce alla Conoscenza.

La saggezza, come tutte le cose umane, è relativa perché in costante evoluzione verso la Saggezza Assoluta: varia in ragione delle virtù acquisite, e della loro maggiore o minore relatività.

Intanto, l’uomo del nostro secolo si accinge a varcare la fatidica soglia del III Millennio conscio dell’infinita serie d’ interrogativi irrisolti, tra cui il più importante: il perché dell’ esistenza.

A questo punto, spontanea si pone una domanda. Un “massone”, inteso come uomo libero e impegnato nella ricerca della verità, può mai condividere il concetto teologico, ancora oggi imperante nella Chiesa apostolica romana, secondo cui l’ anima sarebbe una sostanza incompleta che resta parcheggiata a causa della morte nell ‘ attesa di ricongiungersi al corpo, per la ricostituzione della primitiva unità?

Si tratta, ed è noto, di una concezione grossolana e impregnata di un tale materialismo, cui neppure il “positivismo ” è giammai pervenuto: ogni anima sarebbe creata per un determinato corpo. E’ come affermare che esistono negli individui, in quanto elementi della catena di vita biologica, “connotazioni vitali diverse “.

L’ ingenuo tentativo di istituzionalizzare l’individualità del corpo, per farlo risorgere poi nella stessa  persona, non solo è decisamente in contrasto con quanto afferma la scienza circa il processo evolutivo della specie, ma risulta essere uno stantio e superficiale aspetto di dialogo che la Chiesa intrattiene con i credenti, e che non tiene assolutamente conto di chi è già pervenuto ad una visione più raziocinante ed universale della vita.

L’impegno profuso, nel tentativo di comprendere il significato della vita, può trasformarsi in uno strumento propulsivo di conoscenza, di evoluzione interiore e, non solo, di stabilità sociale. Vale la pena considerare quanto ebbe a dire, a tale proposito, Sigmund Freud. “La sensazione di impotenza dell’uomo  egli affermò – difronte alla natura ed a tutte quelle forze che non può dominare, fa nascere stati emotivi che sono la ripetizione delle situazioni in cui l’individuo, da fanciullo, trovandosi senza aiuto, contro forze superiori e sconosciute, era solito rivolgersi a chi gli era vicino e poteva assicurargli protezione e gratificazione: ricorrere, cioè, alla madre o al padre “.

L’ angoscia  che insorge di fronte ai pericoli della vita, a questo punto, mitigata dalla consapevolezza senso di giustizia, nella civiltà umana troppo spesso disattesa, si fa sempre più strada. Il significato di giustizia, esaltato ancor più dai concetti di sincerità e lealtà – virtù indispensabili per chi intraprende la ricerca iniziatica – appare, stranamente, meno nebuloso e più accessibile. E non è tutto. La condotta irreprensibile, coadiuvata dal concetto alto di morale, potenziano il senso di responsabilità ed il desiderio pressante di donare agli altri ciò che si è appreso. E’ un atto d’amore verso tutti gli esseri viventi, e si manifesta, con la capacità di sintesi che gli è propria, anche con la difesa dei più deboli e col desiderio di contribuire al miglioramento dell ‘Umanità.

La disponibilità al perfezionamento diviene così l’unità di misura della “saggezza ” e della “non saggezza “, a seconda che essa venga o non venga applicata. Viene meno così il senso di competizione, mentre si rafforza, di conseguenza, quell’equilibrio interiore mediante cui è possibile superare tutte le situazioni illogiche e fastidiose della vita quotidiana.

L’ impegno per il conseguimento dello stato di “saggezza “, però, si accompagna, ahimè, ad una sottile solitudine, quasi palpabile, sempre più stressante e sempre più in apparenza illogica. Si, è la solitudine opprimente che solitamente viene scacciata dalla “non saggezza” mediante le distrazioni e le ofanità più variopinte. La solitudine è il duro prezzo della saggezza, va accettata e pertanto intesa come il secondo gradino della scala verso l’ Assoluto.

La Massoneria, seppur intesa come Ordine composto da uomini che tendono alla “perfezione ” mediante I ‘incessante lavoro di Loggia, non ha finalità particolari da conseguire o da mantenere: non è una religione ed è apartitica, pur avendo uomini che rivestono ruoli attivi nella politica. A mio modestissimo avviso, I’ Istituzione ha un compito importantissimo: quello di risvegliare, negli uomini liberi e di buoni costumi, la consapevolezza degli alti valori contenuti nell’ immortale trinomio di libertà, uguaglianza e fratellanza umana e dei suoi inalienabili attributi di democrazia e di laicità. Porsi in questa condizione significa più facilmente la gravità degli emblematici avvenimenti che caratterizzano questo ultimo scorcio di fine secolo.

I privilegi economici, l’ autoritarismo tirannico che sembra caratterizzare quasi tutti gli organi costituzionali, il confessionalismo proteso sempre più alla clericalizzazione dello Stato, il serpeggiante ed insidioso ritorno di un integralismo legato a concezioni e metodi di chiara connotazione catto-comunista, riscattato in passato col sangue e col sacrificio di tante vite, non lasciano certamente intravedere un futuro piuttosto sereno per chi è fuori da questo stato di cose.

E’ giunto il momento che ciascuno prenda coscienza della propria individualità, e degli alti valori morali che sono propri di chi veramente desidera contribuire alla realizzazione di una umanità migliore. E’ giunto il momento che ciascuno ricordi a se stesso il contenuto di quei principi che indussero i nostri padri – i nostri maestri del passato – a lottare, anche a costo della propria vita, per la salvaguardia della libertà fondata sui veri principi laici di giustizia politica, sociale ed economica: presupposti indispensabili all’ emancipazione e all ‘eguaglianza di tutti i popoli, senza distinzione di razze e di religioni.

La Massoneria, oggi più che mai, deve adoperarsi per arginare il dilagante immorale malvezzo di considerare qualità encomiabili la sopraffazione e i falsi moralismi che impediscono, tra l’ altro, la concretizzazione di una umanità affratellata e protesa all’equilibrio delle classi sociali e della sicurezza del lavoro.

Con tristezza e avvilimento, giorno dopo giorno, assistiamo, impotenti, alla sistematica e progressiva discriminazione dei nostri Fratelli, considerati oramai, nel pubblico impiego, quasi degli appestati. Non vi è più alcun rispetto della libertà di associazione. Il futuro dello Stato laico è in pericolo.

La consapevolezza del sacro diritto alla parità di condizioni non dovrebbe più vederci, alla luce degli avvenimenti ultimi, perennemente chiusi in difesa, a rintuzzare i continui intolleranti attacchi effettuati con la ben nota “tecnica del branco “, di cui sono vittime, da tempo immemorabile, l’ Istituzione ed i suoi appartenenti. Ritengo, sia giunto il tempo in cui la “forza ” che scaturisce dalla condizione iniziatica,  ovverosia l’ essenza primaria che determina la scuola del carattere e della libertà, che preserva le tradizioni e i riti da ogni contaminazione contingente, può e deve prescindere dalla consapevolezza di esser guida di ogni nuovo pensiero e “camminare con la giovinezza del mondo “, come era solito dire Giovanni Bovio.

L’essenza della Libera Muratoria si esalta attraverso i rituali e mediante I’uso ragionato dei simboli dell ‘ Arte Reale. Ecco perché, in considerazione delle attuali contingenze, è giunto il tempo per chi si identifica nei principi massonici, di coloro cioè che ben conoscono il segreto delle cose che dividono, di pensare soltanto a ciò che unisce i cuori, e di cementare con la concordia, qualità che è propria degli “uomini di buona volontà ” quello spirito di fratellanza che trae linfa vitale dalla tolleranza e dalla umana comprensione.

Essere nella lotta, a volte, non vuol dire lottare, ma difendere gli oppressi dalle aggressioni degli arroganti, disarmando i violenti ed i rapaci.

Queste dovrebbero essere, a mio modesto avviso, le premesse di un comune e vicendevole impegno in difesa di quelle rispettive idealità, indispensabili alla nascita di quell ‘ orgoglio massonico che con fierezza ci consentirà di far sentire più incisiva la nostra presenza nella vita di tutti i giorni, e di dire a gran voce:

“1\1 sei mio fratello ed io ne sono fiero!”

Silvio Nascimbe

 

neaAgorà novembre- dicembre 1998

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ANTICHI DOVERI

 

Dagli “Antichi doveri” agli eterni valori dell’arte

a 300 anni dalla Costituzione di Anderson

 

 

La storia è custode della nostra provenienza e delle nostre origini. Conoscerla appaga la nostra sete di conoscenza dando una risposta a quesiti esistenziali facendoci capire chi siamo e da dove veniamo.  Conoscere il passato ci permette di non ripetere errori già commessi, ispirandoci, rendendoci più umili e consapevoli.

Amo rileggere il passato dal punto di vista del presente cercando un filo rosso che mi permetta di comprendere meglio gli avvenimenti del qui e ora.

Quella che vi sto per raccontare può essere definita la storia dell’homo faber, di quella parte di persone che costruisce, preserva e trasmette, che si concentra non solo sui caratteri estetici, ma anche sui valori etici e morali.

Nel corso dei secoli il genere umano ha sempre cercato di trasformare l’ambiente in cui viveva, esaltando aspetti costruttivi per protezione prima e poi per comfort e per altre motivazioni. Quasi sempre parliamo di storia dell’architettura, forse sottovalutando l’importanza della geometria: una disciplina che, unendo matematica e scienza, diventa linguaggio dell’architettura. Qualunque composizione architettonica è costituita da forme geometriche più o meno complesse che spesso si trasformano in elementi semiofori: oggetti portatori di particolari significati di una comunità in un determinato momento storico che, con il loro corredo di simboli storici, teorici ed emotivi, spingono a una inedita percezione della realtà, stimolano ad abbattere barriere e andare oltre ogni confine per approfondire la conoscenza di ciò che ci circonda. Ma da chi proviene la storia della Geometria?

 

Adamo è il progenitore: creato ad immagine del GADU aveva la Geometria nel proprio DNA: la nobile scienza fondamento di tutte le arti che tramandò ai figli attraverso l’utilizzo di arti e mestieri. Caino, figlio di Adamo, edificò la prima città, ENOCH, con i principi della geometria e della muratoria.

IMMAGINE, Caino fonda la città di Enoch

 

Anche Seth, fratello di Caino, fu educato alla geometria e alla muratoria che trasmise ai suoi discendenti. Noè, nono discendente di Seth, ricevette da Dio l’ordine di costruire la grande Arca che, seppur di legno, fu fabbricata in base alla geometria e secondo le regole della muratoria.

IMMAGINE, Costruzione dell’Arca di Noè

 

Babilonia e la Torre di Babele. A distanza di circa 100 anni, ritroviamo i principi della geometria e della muratoria nella Grande Torre di Babebe (Babilonia) che, seppur non conclusa a causa della vanità che muoveva l’impresa, rimane un esempio architettonico che fu trasmesso alle dinastie successive. Non si esclude che nasca da qui l’abitudine dei Muratori di comunicare senza l’utilizzo delle parole e di riconoscersi con i segni (per non rischiare la confusione nell’utilizzo di lingue diverse).

IMMAGINE, Costruzione della Torre di Babele

 

EGITTO. Dopo sei anni dalla Torre di Babele, l’Arte Reale venne portato in Egitto: le frequenti esondazioni del Nilo obbligavano alla costruzione di nuovi maestosi edifici  attraverso l’utilizzo della geometria e della muratoria.

IMMAGINE, Tempio dell’antico Egitto

 

Abramo, che apprese a UR, in Caldea, la geometria, primo dei Patriarchi e capostipite del popolo ebreo e di quello arabo, 268 anni dopo Babele trasmise la geometria e le arti ai figli e ai 12 Patriarchi.

IMMAGINE, La casa di Abramo in Caldea

 

Successivamente fu Dio, attraverso il suo profeta Mosè prima di giungere alla Terra Promessa, a trasmettere alle persone dedite alla pastorizia e alla guerra, trasformandoli in abili muratori, un nuovo tipo di architettura in pietre e mattoni. Una tecnica che permise ad alcuni capo tribù di costruire la tenda più gloriosa (Tenda dell’Esodo) che, seppur non in pietra e mattoni, fu esempio di straordinaria architettura – assunta successivamente a modello del Tempio di Salomone).

IMMAGINE, Mosè in piedi tra gli Israeliti nel deserto

 

La Tenda dell’Esodo fu progettata secondo i principi geaometrici che Dio aveva mostrato sul monte Sinai a Mosè che divenne Maestro Muratore Generale e ordinò altri muratori costituendo una GRAN LOGGIA REGOLARE sostenuta da Doveri e Ordinanze con cui avrebbero dovuto confrontarsi.

IMMAGINE, Tabernacolo dell’Esodo – immagine dall’esterno

 

Il Tempio di Salomone – Re di Israele, Principe della Pace e dell’Architettura per Divina Ispirazione – è iniziato e si è concluso nel breve tempo di sette anni e sei mesi con 3.600 Maestri Muratori, 80.000 tagliatori di Pietra (Compagni d’Arte) e 70.000 operai comuni (Apprendisti). A questi si unirono i Muratori di Hiram, Re di Tiro, tra i quali Hiram (suo omonimo) considerato il Muratore più perfetto della Terra. Fu edificata una costruzione maestosa capace di ospitare 300.000 persone.

IMMAGINE, Tempio di Salomone

 

L’Arte Reale. Il Tempio di Salomone fu considerato l’esempio di muratoria più sublime della Terra, la più grande meraviglia del mondo, consacrato e dedicato a Re Salomone. Il Tempio, ritenuto esempio sublime di armonia, divenne modello per il mondo e, di conseguenza, la muratoria fu perfezionata in tutte le nazioni vicine per merito di tutti gli artisti coinvolti nell’impresa che diventarono Gran Maestri di quest’Arte Reale.

IMMAGINE, La costruzione del Tempio di Salomone

 

Zerobabele, generale e Maestro muratore, edificò una nuova costruzione (Tempio di Zerobabele, intorno al 500 a.C.) sulle fondamenta del Tempio di Salomone (più piccolo e meno prezioso, ma fortemente ispirato al suo modello).

IMMAGINE, Zerobabele mentre fa costruire il Tempio

 

Arte Reale nella Grecia antica non andò oltre al Tempio di Salomone, anche se Pitagora nel primo libro di Euclide, manifesta idee e formule che costituiscono il fondamento della Muratoria che sarà applicata nella Tomba di Mausolo (circa 350 a.C.) che, circondata da 26 colonne, venne considerata una delle sette meraviglie del mondo (andata distrutta da un terremoto).

IMMAGINE, Mausoleo di Mausolo

 

Un deciso passo avanti fu prodotto dal matematico e filosofo Euclide di Tiro (circa 300 a.C.), considerato padre della geometria ed uno dei più grandi matematici dell’epoca greca. Attraverso il suo libro di matematica “Elementi”, rese la geometria ancora più efficace evolvendo anche la muratoria.

IMMAGINE, Copertina del libro Elementi

 

Gli Antichi Romani appresero la geometria e la scienza muratoria dai maestri dall’Egitto e dalla Grecia (loro prigionieri) facendo diventare Roma centro della Cultura del mondo che raggiunse il top con Giulio Cesare (I sec a.C) che, divenuto Grande Maestro della Loggia Romana, stimolò gli artisti cresciuti nella “libertà romana”, in particolare Vitruvio (I sec a.C), padre di tutti gli architetti, nella costruzione di splendidi edifici (modelli di muratoria per i tempi successivi ricordati come “Stile Augusteo”). Durante l’Impero Romano nel V sec. d.C., fu eretta una Loggia in quasi tutti gli accampamenti romani: in questo modo la grande abilità tecnica fu diffusa in molte regioni d’Europa.

IMMAGINE, Il De Architectura di Vitruvio

 

La crescente pressione delle invasioni barbariche, unita alla lotte interne per il potere, contribuì alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.) e alla conseguente distruzione di molti edifici romani  (Goti, Vandali, Unni) con l’immensa perdita della Muratoria Romana.

IMMAGINE, La minaccia dei Barbari nell’Impero Romano

 

Una volta tornati un “popolo libero e cristiano”, furono gli abitanti dell’Inghilterra ad imitare i Greci e i Romani costruendo logge, incoraggiando muratori e traendo insegnamento dai Principi stranieri nei cui dominio l’Arte Reale era stata preservata. È il caso di Carlo Martello, Re di Francia (737-741) che per desiderio del Re dei Sassoni, inviò in Inghilterra Compagni d’Arte ed esperti architetti (genesi della successiva Arte Gotica).

IMMAGINE, Apiro il Palazzo di Carlo Martello

 

Le sanguinose guerre successive non intralciarono l’evoluzione e la costruzione di edifici superbi da parte dell’Alto Clero e della Corona: il Principe Edwin (924-933), figlio del Re Edoardo il Vecchio, una volta istruito nella muratoria e assunti i doveri di Maestro Muratore, per il suo amore verso l’Arte, redasse una Carta di Previlegi che autorizzava i muratori ad avere un Ordinamento autonomo costituendo a York la Loggia Generale, di cui fu Gran Maestro, e la redasse  in lingua inglese.

IMMAGINE, L’annegamento in mare di Edwin

 

Re Edoardo III (1312-1377) ebbe un eccellente servitore Henry Yevele che fu chiamato Libero Muratore del Re che edificò numerose abbazie, oltre alla Cappella di Santo Stefano e WestMinster. Sotto il Regno di Edoardo IV (1442-1483), fu redatto il Documento dei Liberi Muratori con l’intento di perfezionare la costituzione delle Logge inglesi.

IMMAGINE, The Constitutions of the Free-Masons

 

Sarebbe incompleto affrontare la storia dell’Arte Reale, della Massoneria, senza incrociarla con la storia dell’alchimia: una scienza esoterica il cui primo fine era quello di trasmutare il piombo o il mercurio (ovvero ciò che è negativo) in oro (ciò che è positivo nell’uomo per fargli scoprire la sua vera natura). Gli alchimisti cercavano di rendere occulti i propri studi, usando metafore, allegorie e simboli, per preservare le loro conoscenze da quanti erano impreparati a comprenderle con il rischio di farne cattivo uso.

Disegno di un antico laboratorio di alchimista

 

Il trattato più antico sull’Alchimia nell’Occidente Latino, dovrebbe essere quello di Democrito, “Le cose naturali e iniziatiche” (circa V Sec. a.C.) in cui a riflessioni teoriche aggiungeva esempi pratici. Eco di questo trattato la si ritrova in Sassonia, nel 1125, con il testo di TeofiloBreve esposizione delle diverse arti”. Nella prima metà del 1200, l’alchimia ebbe grande importanza intorno a Federico II.

IMMAGINE, Teofilo, Le varie Arti

 

Il Medioevo, epoca così favorevole alla costruzione di grandi edifici religiosi o signorili, vide la nascita di numerose corporazioni o confraternite motivate da obblighi sociali e corporativi comuni che convolse numerosi scalpellini ai quali venivano imposti principi etici e morali. Uomini dediti alla costruzione materiale e sociale della società umana uniti dallo stesso desiderio di raggiungere la verità.

IMMAGINE, Confraternite Medievali

 

Il Corpo storico della Massoneria Anglosassone ci è stato tramandato con numerosi manoscritti (i più antichi del 1390, presenti nella Costituzione di Anderson del 1723) “Antichi Doveri”, la maggior parte dei quali attribuiti ai primi scalpellini operativi in Inghilterra, che contenevano regole, doveri e obblighi morali che tutti gli appartenenti ad una loggia dovevano conoscere e rispettare.

IMMAGINE, Antichi Doveri della Massoneria Operativa

 

Più o meno nello stesso periodo, in Italia ci fu una sorta di ”rinascita” con Pietro Bono da Ferrara (inizio 1400) che spostò l’alchimia da sola scienza legata per lo più alla chimica, alla metallurgia verso la filosofia. La trasmutazione non poteva essere compresa solo dalla logica: per afferrare l’oltre era necessario conoscere più codici espressivi: metafore, allegorie e simbolismo pittorico desunto dalla mitologia greca e dal simbolismo cristiano. Nel Quattrocento iniziano a comparire i trattati alchemici illustrati con disegni e opere d’arte. La svolta si ebbe nel 1463, quando Cosimo de Medici incaricò Marsilio Ficino di tradurre “Corpus Hermeticum” di Ermete Trismegisto (125-180 d.C.), ritenuto padre dell’alchimia.

IMMAGINE, Corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto

 

Quello tra la Libera Muratoria e l’Alchimia è un rapporto che inizia dal 1500 quando le ultime Logge operative iniziarono ad accogliere studiosi e intellettuali che presero il nome di Massoni Accettati (furono le Logge Scozzesi a formalizzare i Massoni Accettati nel 1634). In questa “nuova massoneria” iniziarono a confluire tutta una serie di conoscenze esoteriche (tratte dalla Bibbia, dalle medicina, dalla filosofia, dall’Ermetismo, dall’Alchimia, dall’architettura, dall’economia, ecc.) che, con il tempo, andarono a comporre la struttura portante dei Rituali Massonici Speculativi sottoforma di riti, simboli e gradi iniziatici, uniti da un Linguaggio Architettonico elevato a Codice Iniziatico.

IMMAGINE, La Nascita della Massoneria

 

È proprio tra Quattrocento e Cinquecento (Rinascimento) che l’opera alchemica viene definita Grande Arte perché con essa si cerca di trasmutare la vita, nel modo di essere e di fare. L’alchimista, in modo creativo, imita i processi e i tempi della natura e come l’artista concretizza la propria immaginazione e modella l’esistenza assecondando la propria ispirazione.

IMMAGINE DI BOTTICELLI, La nascita di Venere, 1482/85

Dipinto che evidenzia le 4 fasi del processo alchemico: Il nero della sabbia (morte metaforica), il bianco della conchiglia, simbolo della natura mercuriale della donna (trasmutazione e rinascita), il giallo oro dei capelli (presa di coscienza) e il rosso del mantello (completamento del viaggio alchemico).

 

L’alchimia può definirsi il miglior utilizzo possibile degli opposti, dei materiali grezzi a disposizione dell’uomo. Allo stesso modo, l’arte visiva amalgama colori, luce, superficie, forme e materiali per rendere percepibile l’invisibile, l’infinito e l’eterno. I grandi artisti tendono a dilatare il rapporto con lo spazio e il tempo: ne scaturisce quella che potremmo definire pittura dell’immaginazione che mette in contatto l’anima dell’artista con le anime del mondo.

IMMAGINE DI HIERONIMUS BOSCH, “Trittico del giardino delle Delizie”, 1480/90

Una sorta di sintesi della storia dell’umanità raccontata attraverso simboli medievali. Dall’incontro di Adamo ed Eva che scatenarono tutti i mali del mondo (pannello di sinistra) ai peccati carnali con in evidenza i simboli di salvezza e di rinascita – un grande pesce e l’uovo (pannello centrale), fino alla visione infernale con la caducità dei beni materiali (pannello di destra).

 

Non è un caso che grandi artisti siano stati anche operatori alchemici: lo studio del pittore si trasformava in un laboratorio alchemico quando macinava minerali e vegetali, mesticava le quantità di colorante e diluiva il tutto con sostanze leganti ed essiccanti. Chi non era alchimista, frequentava operatori alchemici dedicando dipinti al loro lavoro.

IMMAGINE DI LEONARDO, Homo Vitruviano, 1490

Siamo in pieno Umanesimo: l’uomo viene rappresentato come unità di “misura dell’Universo” a cui è unito con un rapporto di perfetta armonia. Con le braccia e le gambe allargate, è iscrivibile in un cerchio, in un quadrato, in un triangolo isoscele e in una stella a cinque punte.

 

Allo stesso modo, gli alchimisti coltivano la “Immaginatio vera”, che controlla la propria visione interiore senza soffocarla permettendo alle immagini di cristallizzarsi. Non si limitavano a scrivere le loro ricerche, ma riproducevano anche molti disegni attraverso i loro sogni e incubi.

IMMAGINE DI DURER, Melancolia, 1514

La parola MELANCOLIA (10 lettere) è accompagnata da una “S” (simbolo del carattere volatile della materia) e dal numero romano “I” (simbolo della prima fase alchemica – nigredo). Insieme le lettere sono 12: simbolo dei mesi dell’anno e dei segno zodiacali. Tra molti altri simboli, in evidenza il compasso in mano ad una figura femminile che allude allo spirito che guida e modella la materia).

 

Nel 1561 a Parigi fu pubblicata la prima “Storia dell’Alchimia” scritta da Robert Duval: nonostante la pratica alchemica fosse segrteta e occulta, gli alchimisti manifestavano apertamente il loro interesse. Tra essi, anche personaggi famosi come Cosimi I de Medici e Francesco I de Medici che fece dipingere nel suo studiolo in Palazzo Vecchio “Il laboratorio dell’alchimista” da Giovanni Stradano. 1570.

 

 

I Re di Scozia incoraggiarono l’Arte Reale fin dall’unione delle corone (Inghilterra, Scozia e Irlanda, 1603). Ne conseguirono edifici importanti e un gran numero di Logge. Gli antichi sovrani furono spesso Grande Maestri, finché non fu concesso ai muratori di Scozia di avere un Gran Maestro e un Grande Sorvegliante stabili (accettati da tutti i Fratelli) a mantenere l’ordine e la disciplina.

IMMAGINE, edifici del Seicento

 

Re Giacomo VI di Scozia (1603-1625), da muratore rinnovò le Logge inglesi e riscattò l’architettura romana e li stile Augusteo grazie ad artisti come il Bramante, Raffaello,

Giulio Romano e un grande architetto come il Palladio. Seguiranno decenni di alti e bassi che si chiuse con i regni de Re Guglielmo III (1672-1702) e della Regina Anna (1702-1707) che videro rifiorire lo stile Augusteo in un gran numero di edifici.

IMMAGINE DI BRAMANTE, Tempietto di San Pietro in Montorio

 

Gli Antichi Doveri sono quelli presenti nella Costituzione di Anderson del 1723, ratificati e adottati dalla nuova istituzione costituita nel 1717: la Gran Loggia di Londra e Westminster. Negli anni successivi furono tradotti in francese, tedesco e italiano.

IMMAGINE DI WILLIAM BLAKE, Il sole alla porta d’Oriente, fine 1700

Evidenti i quattro colori di un processo alchemico (nero, bianco, giallo e rosso). L’apprendista è metaforicamente morto e rinato diventando maestro alla Corte del GADU. Il compasso, simbolo dello spirito e del suo potere sulla materia, disegna e percorre i cerchi del mondo.

 

Nonostante tutto, non possiamo redigere una storia completa e certa della Massoneria

prima di questa data: nessuno è in grado di garantire che i costruttori di edifici monumentali fossero liberi muratori (liberi di nascita e da ogni schiavitù). Anche se testimonianza degli artisti potrebbero risultare indizi importanti.

IMMAGINE DI JOHANN HEINRICH FUSSLI, l’incubo, 1781.

Il demone-incubo siede sul corpo di una giovane donna, fin quasi a soffocarla. La testa di un cavallo (simbolo delle tenebre) rende ancora più drammatica la scena. Il bianco delle vesti indica la possibilità di una Rinascita, il giallo e il rosso delle stoffe alludono al compimento del procedimento alchemico.

 

Il libero muratore, nell’analisi che lo conduce a indagare la realtà, parte dall’esercizio del dubbio per poi superare l’ostacolo posto dalla superficie delle cose indagando l’oltre. La verità – essenza del reale – , che di volta in volta scoprirà, non sarà mai definitiva e si concederà solo a coloro che avranno un percorso tra le colonne all’interno del tempo iniziatico (Grande Tempo).

 

 

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LE COMUNICAZIONI

Riflettete sull’importanza delle comunicazioni

 

Fin qui sono stati esaminati alcune delle più pericolose sorgenti di non significati. I non significati sono da sempre una piaga dell’umanità. Oggi, è opinione di molti che la confusione, che è una sorta di sinonimo dei non significati, stia aumentando nel mondo.

L’esploratore dovrebbe, invece considerare che sono solo aumentate le comunicazioni e che stanno crescendo con un ritmo impressionante. Le informazioni non sono né buone né cattive, se si considerano indipendentemente dal loro contenuto. Sono comunque decisamente utili. Sempre. Dipende dalla loro interpretazione e dall’uso che se ne può fare. Perciò si ritorna nuovamente alla diretta responsabilità di chi interpreta le informazioni.

Se si osserva bene, l’umanità nel passato ha quasi sempre ricevuto le informazioni sugli eventi esteriori tramite intermediari, mentre le esperienze dirette hanno sempre costituito una piccola sorgente di informazioni. Oggi, invece, si deve prendere atto che è possibile ricevere direttamente molte più informazioni di prima. La televisione ed ora internet, consentono un contatto molto più diretto con la realtà esterna. Il ruolo dell’intermediario, cioè il compito di chi riferisce indirettamente, una volta era determinante mentre ora sta rapidamente riducendosi.

Tutto questo aggiunge ulteriore responsabilità all’esploratore ed al suo compito di diretta interpretazione del Significato degli eventi. Ma se un esploratore desidera interpretare bene i Significati deve diventare un osservatore imparziale. Capace anche di mettere a fuoco le informazioni.

LE COMUNICAZIONI

Riflettete sull’importanza delle comunicazioni

 

Fin qui sono stati esaminati alcune delle più pericolose sorgenti di non significati. I non significati sono da sempre una piaga dell’umanità. Oggi, è opinione di molti che la confusione, che è una sorta di sinonimo dei non significati, stia aumentando nel mondo.

L’esploratore dovrebbe, invece considerare che sono solo aumentate le comunicazioni e che stanno crescendo con un ritmo impressionante. Le informazioni non sono né buone né cattive, se si considerano indipendentemente dal loro contenuto. Sono comunque decisamente utili. Sempre. Dipende dalla loro interpretazione e dall’uso che se ne può fare. Perciò si ritorna nuovamente alla diretta responsabilità di chi interpreta le informazioni.

Se si osserva bene, l’umanità nel passato ha quasi sempre ricevuto le informazioni sugli eventi esteriori tramite intermediari, mentre le esperienze dirette hanno sempre costituito una piccola sorgente di informazioni. Oggi, invece, si deve prendere atto che è possibile ricevere direttamente molte più informazioni di prima. La televisione ed ora internet, consentono un contatto molto più diretto con la realtà esterna. Il ruolo dell’intermediario, cioè il compito di chi riferisce indirettamente, una volta era determinante mentre ora sta rapidamente riducendosi.

Tutto questo aggiunge ulteriore responsabilità all’esploratore ed al suo compito di diretta interpretazione del Significato degli eventi. Ma se un esploratore desidera interpretare bene i Significati deve diventare un osservatore imparziale. Capace anche di mettere a fuoco le informazioni.

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BREVE STORIA DELLA MASSONERIA E LE DONNE IN ITALIA

BREVE STORIA DELLA MASSONERIA E LE DONNE IN ITALIA

 

di Roberto Amato

 

Soprattutto al non iniziato può suscitare meraviglia il fatto che la massoneria “regolare”, pur predicando la tolleranza e l’uguaglianza, non ammetta donne tra le sue fila ed il fatto che questo divieto sia persino un “Landmark”.

 

Verso la metà del secolo, particolarmente in Francia ed in Germania, furono costituite varie società androgine – quasi massoniche – come L’ORDINE DELLE MOPSE, L’ORDRE DES CHEVALIERS ET CHEVALIÈRES DE LA ROSE e L’ORDRE DE LA FÈLICITÈ. Ci sono indicazioni che quest’ultima associazione mista sia stata attiva anche in Liguria verso il 1745.

 

Nell’anno 1900, a Napoli, esisteva un “ANTICO ed ORTODOSSO SUPREMO CONSIGLIO dei 33.·. Federazione italiana di R.·.S.·.A.·. ed A.·. e delle sorelle MOPSE”.

 

Nel nord dell’Italia – sempre agli inizi del 1900 – da un’Obbedienza Mista,

 

LA GRAN LOGGIA MISTA SIMBOLICA ITALIANA,

 

su sollecitudine del GRANDE ORIENTE d’ITALIA , precisamente dal RITO SIMBOLICO ITALIANO, nacque e visse per qualche tempo una Gran Loggia Femminile (1912), di cui fu Gran Maestra Lavinia Holl’o e Gran Maestra Aggiunta Anna Franchi. L’Obbedienza, anche se con un numero d’aderenti molto limitato, vive ancora.

 

All’ombra del GRUPPO di PALAZZO BRANCACCIO (1949), – MASSONERIA UNIVERSALE DI R.·.S.·.A.·.A.·. – Sovr.·. Gran.·. Comm.·. Gran Maestro ANDREA FINOCCHIARO APRILE 33.·. -, ebbe breve vita la:

 

COMUNIONE ITALIANA DELLA MASSONERIA FEMMINILE

 

GRAN LOGGIA NAZIONALE FEMMINILE d’ITALIA di R.·.S.·.A.·. ed A.·..

 

Dopo la mozione votata dal Congresso massonico femminile tenutosi in Roma il 18.03.1951 E.·.V.·. ……Omissis……

 

Art.1°) E’ autorizzata la creazione di un Triangolo di Sorelle massone investite del 33.·. ed ultimo grado in Italia col comando di erigere e costruire una Piramide scozzese femminile;

 

Art.2°) A comporre il predetto Triangolo sono chiamate le Pot.·. Sorelle AMELIA DONVITO, ELETTRA RUFFOLI e BICE RINALDI, fondatrici della massoneria femminile dei gradi simbolici in Italia che saranno investite nelle forme del rito;

 

Art.3°) A rappresentare i Grandi Ignoti nel Governo del Rito e dell’Ordine femminile in Italia, sedente in Roma, sono designati gli Ill.·. e Pot.·. Frr.·. FINOCCHIARO APRILE 33.·., SPASIANO MARIO 33.·. ed EZIO GARIBALDI 33.·..

 

La Gran Loggia visse nella prima metà degli anni cinquanta e si estinse quando questo gruppo massonico – di Palazzo Brancaccio – confluì nel GOI nel 1958.

 

La presenza delle Donne nella SERENISSIMA GRAN LOGGIA NAZIONALE DI R.·.S.·.A.·.A.·., ufficialmente pur rimanendo d’essenza maschile diversamente dal DIRITTO UMANO, avviene alla fine del 1955, con la confluenza in essa del Gruppo Massonico che faceva capo a GIUSEPPE ZUCCARELLO, Vecchio 33.·. del Supremo Consiglio della FEDERAZIONE MASSONICA UNIVERSALE di R.·.S.·.A.·.ed A.·. (1945). Questa famiglia, che già aveva statuito l’iniziabilità delle donne, era quasi esclusivamente costituita da Fratelli siciliani. Essa aveva avuto sede prima in Via Sardegna, poi in Viale delle Milizie e infine in Viale Regina Margherita al n. 270. Nel 1956 nacque la Loggia esclusivamente femminile R.·.L.·. “TERESA CONFALONIERI all’Oriente di NAPOLI”. La Bolla di Fondazione è esposta nel tempio della SERENISSIMA GRAN LOGGIA NAZIONALE ALAM Discendenza MILONE, Palazzo del Sacramento, Napoli. In seno alla famiglia di Ceccherini (leggasi SERENISSIMA) vi era un gruppo capeggiato dalla giornalista GIOVANNA OLMI, la prima donna a coprire ruoli direttivi entro la Serenissima, ascoltata amica e collaboratrice del Gran Maestro. Nei due anni successivi le prime donne entrarono in Logge ordinarie.

 

Ricordiamo che il primo infelice tentativo – nella Gran Loggia d’Italia di GHINAZZI – di una loggia solo di Sorelle venne con la Sorella YÒ DI BENIGNO fondatrice e Maestra Venerabile della Loggia “EVELINA CIMATO”.

 

Altri tentativi furono sponsorizzati già nel lontano 1945 con il gruppo della REGGENZA che parlava di formare una GRAN LOGGIA FEMMINILE.

 

Da alcune donne fuoruscite dalla Gran Loggia d’Italia e dalle Stelle D’Oriente, nel 1975 ebbe finalmente luogo la fondazione della

 

GRAN LOGGIA FEMMINILE d’ITALIA,

 

con a capo MARISA BETTOIA, in seno alla quale nel 1979 occorse una scissione che portò alla nascita della:

 

GRAN LOGGIA TRADIZIONALE FEMMINILE d’ITALIA,

 

la quale venne “riconosciuta”, con regolare “trattato”, dalla GRANDE LOGE FEMININE FRANCAISE. Il primo anno fu Gran Maestro CARLA DEL PO, in seguito LIA BRONZI DONATI, ANNA SARTINI, MARIA BETTARINI e LAURA ABBIGLIATI. La Gran Loggia Tradizionale Femminile D’Italia di Rito Scozzese Antico e Accettato – Palazzo Altieri – Piazza del Gesù, 49 – 00186 Roma – lavorò negli ambienti del “Diritto Umano” fino al suo disconoscimento avvenuto nel 1989. Se ne ricorda la Costituzione il 18/09/1988 e la loro partecipazione al “SUPREMO CONSIGLIO FEMMINILE EUROPEO DI R.·.S.·.A.·. ed A.·.”.

 

Successivamente al 1989, si assistette al cambiamento del nome in GRAN LOGGIA SIMBOLICA FEMMINILE d’ITALIA, alla nascita (si deve credere in seguito ad una nuova scissione) della GRAN LOGGIA MASSONICA FEMMINILE d’ITALIA presieduta da ROBERTA BIANCHI, all’assonnamento della Gran Loggia Simbolica e poi alla sua riemersione con il nome di ORDINE MASSONICO FEMMINILE d’ITALIA con Gran Maestro LAURA BOTTI.

 

L’operato delle Sorelle nel contesto internazionale non andò perduta, perché proseguì (e prosegue) con la “GRAN LOGGIA MASSONICA FEMMINILE d’ITALIA”, Gran Maestro la Sor.·. LINDA LEUCI. La Gran Loggia Massonica Femminile d’Italia, con etichetta profana di Circolo Culturale MINERVA – Firenze, sembrerebbe avere un trattato di reciproco riconoscimento con la GRAN LOGGIA D’ITALIA degli A.L.A.M. – Obbedienza di Piazza del Gesù – Palazzo Vitelleschi, una delle più numerose massonerie miste.

 

Essa oltre ad essere presente nelle organizzazioni del “Diritto Umano” (CATENA-CLIPSAS), è fondatrice del CLIMAF (Centro di Legame Internazionale della Massoneria Femminile) che raggruppa le Obbedienze femminili di Francia, Belgio, Italia, Svizzera, Portogallo, Germania.

 

 

LE SORELLE DEL NILO

 

E’ un ordine femminile nato nel 1975, aggregato al Grande Oriente Italiano di “PIETRO MARIA MUSCOLO”, che merita uno studio approfondito perché di esso si è parlato a lungo al tempo del “rapimento” o falso rapimento di Michele SINDONA!

 

Del discorso – tenutosi in Roma al Congresso Nazionale al “Massimo D’Azeglio” nel maggio 1975 – riportiamo alcune parole:

 

“…… Sono profondamente convinto che la donna ha tutti i requisiti necessari per entrare in Massoneria con concetto paritetico agli uomini.

 

Essa si è sempre inserita nel contesto dei rapporti sociali e spesso lo ha fatto con viva autorità e prestigio.

 

Posti di grande rilievo sono occupati con successo dalle donne, nelle aziende, nelle professioni, nella politica, ecc., apportando un notevole contributo allo sviluppo della società e della risoluzione dei suoi problemi.

 

Perciò oggi in questo congresso, con il quale ci stiamo impegnando a ricostruire l’Obbedienza Piazza del Gesù, è necessario che superiamo atavici pregiudizi e ammettiamo nei nostri Templi le donne, fonte di vita, di amore, di fratellanza, che hanno dato e daranno un notevole contributo al potenziamento della nostra Famiglia……” – PIETRO MARIA MUSCOLO.

 

ART.11) Fa parte del “GRANDE ORIENTE ITALIANO” L’Ordine delle Sorelle del Nilo che possono costituire Logge regolari di solo donne.

 

Dette Logge debbono lavorare nel Tempio soltanto nelle giornate in cui non officiano Logge maschili.

 

Il Governo dell’Ordine femminile è cura del Ser.·.mo Gran Maestro che lo esercita, anche per delega alla Grande Ispettrice Nazionale (Gran Diaconessa) ed a due Vice Ispettrici Coadiutrici, nominate ogni anno con decreto dal Gran Maestro.

 

(Parte Generale – Titolo 1° – Principi Fondamentali – da Regolamento del Governo dell’Ordine Femminile, 2° Edizione 1991 E.·.V.·.).

 

Dalle parole si passa ai fatti solo nel 1976.

 

Sotto la spinta di Giuseppe Miceli Crimi, ben noto negli ambienti giudiziari come Johseph Miceli Crimi 33.·., con un primo verbale del 07.03.1976 – poi con un secondo e poi con un terzo – si decreta nella città di Palermo, nel Tempio di Via Principe di Belmonte, la costituzione della COMUNIONE MASSONICA UNIVERSALE FEMMINILE DI R.·.S.·.A.·. ed A.·. – GRANDE ORIENTE ITALIANO – SORELLE DEL NILO.

 

Ai verbali seguono due Decreti di nomina sempre a firma di Johseph Miceli Crimi:

 

1°- Costituzione del R.·.S.·.A.·. ed A.·. collegato alle SORELLE del NILO;

 

2°- La nomina a Gran Diaconessa della Sorella LONGO FRANCESCA PAOLA.

 

Il Crimi, già iscritto alla P2, è noto solo come il medico da cui il bancarottiere Michele Sindona si fece sparare al braccio per rafforzare la messa in scena del finto sequestro siciliano, ma anche come l’uomo che – in un carteggio con Gelli – formulò il progetto di una riunificazione di tutte le logge massoniche coperte, una sorta di super P2 italiana con forti agganci in America.

 

Dal 5 all’11 Agosto del 1977, le Sorelle del Nilo ebbero un loro momento di gloria durante il Congresso tenutosi a Roma della FEDERATION OF MASONS OF THE WORLD, ospitando la Gran Diaconessa delle Sorelle del Nilo, HANNA F. SAHLIEL di Dallas.

 

Dopo quasi tre anni di lavori i primi segnali di crisi. Riportiamo parte della relazione della Gran Segretaria pro-tempore Sor.·. PINA PAGLIALUNGA:

 

“…… l’accento con spietata franchezza sulla esigua coesione spirituale delle Sorelle, sui loro iniziali entusiasmi dopo l’iniziazione, sul progressivo diminuire della loro dedizione alla pratica dell’Arte libero muratoria e sulla conseguente sfumata impronta massonica del loro operato nel mondo profano.

 

Circostanze, queste, molto gravi, che hanno portato ad un decadimento dell’Ordine Femminile, che non è riuscito a conseguire molti dei suoi fini istituzionali.”

 

(Dal TERZO CONGRESSO NAZIONALE delle SORELLE del NILO – Lucca 19.01.80 E.·.V.·.).

 

Al culmine dell’inchiesta “mani segrete” del Giudice di Palmi Agostino Cordova, il Grande Oriente Italiano pubblica una monografia “NOI DEL GRANDE ORIENTE ITALIANO – OBBEDIENZA PIAZZA DEL GESU'” con tutti gli elementi informativi relativi alla Comunione.

 

Siamo alla fine del 1993, vengono elencate le seguenti Logge Femminile:

 

1- LOGGIA GOERGE SAND – Oriente di NIZZA;

 

2- LOGGIA ELEONORA DUSE – Oriente di GENOVA;

 

3- LOGGIA MADAME CURIE – Oriente di VIGEVANO;

 

4- TRIANGOLO ANITA GARIBALDI – Oriente di TORINO;

 

5- TRIANGOLO YING E YANG – Oriente di NAPOLI.

 

Con la morte del Gran Maestro PIETRO MARIA MUSCOLO, l’Ordine Femminile si sciolse come neve al sole, come riteniamo anche per le 80(?) logge maschili con i suoi quasi 3000(?) iscritti.

 

Le Sorelle del Nilo, hanno svolto sempre un ruolo importante per il GRANDE ORIENTE ITALIANO.

 

Grazie alla loro presenza, il GRANDE ORIENTE ITALIANO partecipò ai Congressi Internazionali Massonici di Lussemburgo e di Vienna, e alla sottoscrizione con circa 30 Potenze Massoniche prevalentemente europee nel maggio del 1991 di un importante documento che getta le basi per la costituzione della FEDERAZIONE MASSONICA EUROPEA.

 

L’invito venne fatto a Muscolo da JEAN-ROBERT RAGACHE – PRESIDENTE del CLIPSAS.

 

Ci viene spontanea una domanda: quali furono i rapporti tra il GRANDE ORIENTE ITALIANO e la GRAN LOGGIA d’ITALIA di PALAZZO VITELLESCHI da quella storica data (Vienna 8/12 Maggio 1991)?

 

Oggi, uno dei tanti piccoli gruppi femminili che dal 1996 continuano la loro opera in Italia a nome o per conto della discendenza MUSCOLO [con a capo l’Avvocato napoletano FRANCO COZZARELLI e con l’acquisto del sig. NICOLA TUCCI (ex G.O.I., ex VITELLESCHI, ex MILONIANO con relativi provvedimenti massonici)] si trova all’Oriente di Cosenza (SPEZZANO PICCOLO) nella Loggia VIRGINIA TUCCI che vide tra le sue fondatrici la Sig.ra FATIMA ELISABETTA PORCHIA.

 

Il Gran Maestro Cozzarelli, in virtù del famoso art.11 della Costituzione e del Regolamento del Grande Oriente Italiano, nomina Gran Diaconessa delle SORELLE del NILO la Sig.ra FATIMA ELISABETTA PORCHIA, moglie del TUCCI, e riparte con la loggia Femminile “MINERVA” all’Oriente di SPEZZANO PICCOLO.

 

Riteniamo che dell’eredità “storica” delle pioniere degli anni che vanno dal 1976 al 1992 le Sorelle di SPEZZANO PICCOLO non abbiano conservato pressoché nulla.

 

Per capire la personalità della Gran Diaconessa Porchia, riportiamo telegramma a firma dell’avv. ENZO MILONE.

 

Napoli, 22.01.97 ore 11,30.

 

PORCHIA ELISABETTA – VIA X. XXXXX XX – 87050 SPEZZANO PICCOLO.

 

VERAMENTE SPIACENTE COMPRENDENDO ANCHE OLTRE OGNI LIMITE TUA SOLIDARIETA’ CON IL SOCIO NICOLA TUCCI VISTA LA GRAVITA’ DEI FATTI PERO’ DA TE PIENAMENTE AVALLATI CON TUE AFFERMAZIONI IN PRESENZA PIU’ PERSONE GIORNO EPIFANIA SCORSO SONO COSTRETTO A SOSPENDERTI DA OGNI ATTIVITA’ NOSTRA NAZIONALE ET LOCALE IVI COMPRESO VENERABILATO DEL QUALE FARAI CONSEGNA DIREZIONE TUA OFFICINA AT LEGITTIMO SOSTITUTO EVITANDO TOTALMENTE INTERFERENZE.

 

ENZO MILONE GRAN MAESTRO.

 

Sotto la spinta di un volenteroso fratello – A.R. 31.·. -, l’Ordine cresce quasi a divenire una Gran Loggia Femminile.

 

Si inaugurano una loggia a Roma, Milano, Torino, un triangolo a Firenze, Lamezia Terme (CZ) ed infine a Palermo e una seconda loggia a Spezzano Piccolo (CS).

 

Dopo l’agosto del 1999 sono rimaste solo le due logge all’oriente di Spezzano Piccolo (CS).

 

 

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IL PATRIMONIO SIMBOLICO

 

 

Si può dire che la Massoneria offra una sorta di summa dei sistemi simbolici affermatisi nella storia dell’Esoterismo e ciò rende quanto mai complessa la loro decifrazione.

 

Quello più genuino è forse il simbolismo operativo, a partire dalla squadra e dal compasso. Eredità delle antiche corporazioni edili e specifici l’una del grado di Apprendista e l’altro del grado di Maestro, alludono in generale alla costruzione spirituale, con varie sfumature a seconda delle tradizioni culturali (per esempio la squadra può simboleggiare lo strumento per conseguire la ‘rettitudine’ o dominare la ‘spigolosità della materia’ e il compasso lo strumento mediante il quale si stabiliscono ‘i confini’ della propria ricerca nell’equilibrio circolare tra Spirito e Grazia).

Altra ‘coppia’ simbolica di significato molto profondo è quella della livella e del filo a piombo, che invitano a meditare l’una sul potere livellante della morte, l’altro sulla possibilità che dalla terra ci si congiunga al Cielo, se non si devia dal sentiero lineare della virtù.

Devono ancora essere ricordati, fra i molti simboli operativi, il maglietto (francesismo per ‘mazzuolo’) e lo scalpello, che rappresentano rispettivamente la forza della volontà e quella del discernimento nell’opera di sgrossare e intagliare la Pietra.

 

La Pietra è al centro del simbolismo minerale e costituisce in quello massonico un’eredità ermetica, per cui rappresenta il grado più basso della manifestazione dello Spirito nell’universo, sul quale si deve operare per risalire all’Origine. Fanno parte del simbolismo minerale anche i metalli. Nella prima fase della cerimonia di iniziazione il candidato viene privato di tutto ciò che reca con sé di metallico. Se ciò significa un richiamo a immedesimarsi, per imparare a rispettarla, nella condizione dei poveri e degli inermi, in senso più strettamente esoterico vengono anche recuperate le relazioni tra i sette metalli classici (piombo, stagno, ferro, oro, rame, mercurio e argento) con gli organi vitali del corpo. La deprivazione dei metalli induce quindi anche un richiamo alla necessità di distacco dalla corporeità, e quindi la necessità di affrontare la morte simbolica in funzione di una rigenerazione spirituale.

 

Un simbolo massonico classico, di grande complessità. Nell’interpretazione di O. Wirth il triangolo con al centro l’occhio dell’intelligenza esprime il principio cosciente; i raggi rappresentano l’attività, ovvero l’espansione costante dell’essere; il cerchio di nubi allude alla ciclicità delle emanazioni espansive che, sotto la pressione del loro incontro, si condensano. «Il tutto è uno schema dell’Essere nella molteplicità infinita delle sue manifestazioni, giacché tutto è a un tempo triplice e uno».

 

Dai saperi tradizionali è stato accolto dalla Massoneria anche il simbolismo geometrico. In particolare il punto e il cerchio sono variamente riconducibili al Grande Architetto dell’Universo, vuoi che si interpreti il cerchio come area cosmica della sua manifestazione dal centro (il punto), vuoi che lo si intenda come il corso del Sole o il ciclo ricorrente dello Zodiaco. (Anche il simbolismo astronomico ha trovato ampio spazio in Massoneria.)

Il simbolo geometrico più diffuso è tuttavia il triangolo, che spesso racchiude l’Occhio Divino. Nella tradizione pitagorica rappresenta l’ascesa dal molteplice all’uno, in quella cristiana la Trinità (Essere come Pensiero, Amore e Potenza). Ma il «Triangolo Massonico può essere simbolicamente letto anche come vettore direzionale; in questo senso, nella sua verticalità apicale simbolizza il lavoro (o meglio, la dynamis [‘energia’, in greco]) della Massoneria rivolta alla gloria del Grande Architetto dell’Universo» (M. Moramarco).

Va da sé che a quello geometrico sia strettamente connesso il simbolismo numerico, sulla base di un’aritmosofia che non deve essere confusa con le estensioni magiche dell’uso dei numeri.

 

Nel primo domina l’acacia, già presente alle origini della Massoneria settecentesca. Il riferimento è all’immortalità (nella leggenda di Hiram questa pianta è collegata alla sua sepoltura). Dalla Bibbia sono stati poi assunti il cedro del Libano (per esempio il 22° grado del Rito Scozzese Antico e Accettato è quello del ‘Cavaliere dell’Ascia Reale’ o ‘Principe del Libano’), la melagrana (che decorava il Tempio di Salomone), affine nell’alludere alla prosperità e all’abbondanza della spiga di frumento, e la rosa, centrale nella simbologia rosacrociana.

 

Un ruolo fondamentale gioca nell’Ordine e nei vari Corpi Rituali anche il simbolismo dei colori. Il più importante è l’azzurro (la gamma cromatica arriva a comprendere il blu), che definisce il sistema dei tre gradi massonici originari ed è in più peculiare del grado di Maestro. Il bianco e il nero (luce e tenebre) sono appaiati nel pavimento a scacchiera del Tempio, mentre al giallo-oro si ricorre per le frange e le passamanerie delle insegne e degli arredi massonici, in ragione del carattere radiante di questo colore. Analogamente collegato alla dialettica luce (funzione clorofilliana) e tenebre (la vegetazione affonda le radici nel grembo della Terra) è l’uso del verde, che è anche il colore convenzionale del Grande Oriente d’Italia. Va infine ricordato il rosso, in generale simbolo di attività, desiderio, forza prorompente

Un ultimo accenno al simbolismo del corpo umano. Vi campeggia l’occhio, antichissimo simbolo della divinità, organo della luce, altra immagine della coppia punto-cerchio (pupilla e iride). La tradizione massonica anglosassone fa anche ampio ricorso al cuore (secondo l’esoterista R. Guénon «la sede e il conservatore della vita cosmica») e al cordone ombelicale (definito in inglese con la parola di uso solo massonico cabletown), che allude al legame che unisce fra loro tutti i ‘fratelli’ del mondo. Un comprensibile richiamo alla necessaria riflessione sulla morte, prima di avviarsi sul cammino della rigenerazione e sublimazione, è dato dal teschio.

 

Nel complesso simbolismo alfabetico e crittografico cui ricorre la Massoneria la lettera G, al centro della Stella Fiammeggiante, non è unanimemente interpretata.

In Italia è intesa come l’iniziale della formula G.·.A.·.D.·.U.·. (Grande Architetto dell’Universo), oppure come indicativa di termini quali Geometria, Gnosi, Generazione e altri ancora.

Nel mondo anglosassone prevale il riferimento alla parola God, ‘Dio’, ma è anche suffragata l’ipotesi che debba intendersi come l’iniziale di Geometry. In questo caso l’origine del simbolo va ricercata nella stagione deista e meccanicista della Massoneria, quando nella cultura inglese dominava il newtonismo.

In ambito francese la G avrebbe unitariamente assunto tre valenze: Gloria (in rapporto a Dio), Grandezza (in rapporto al Maestro della Loggia), Geometria (in rapporto ai ‘fratelli’).

Esistono poi altre spiegazioni che la fanno derivare da una trasformazione grafica della lettera greca corrispondente gamma, simile per forma alla squadra che veniva collocata al centro della Stella Fiammeggiante nelle logge inglesi del Settecento, o da una semplificazione della svastica (ruota del movimento universale).

 

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