UNA OCCASIONE DA NON PERDERE

La riforma della Costituz.ione del Grande Oriente
UN ‘OCCASIONE DA NON PERDERE
di
Sebastiano Scarfato
E’ apparso subito chiaro, all’indomani della fuga dell’ex Gran Maestro Di Bernardo, che la legge fondamentale del nostro Ordine aveva bisogno di una profonda revisione.
L’ultima riforma voluta dal Gran Maestro Armando Corona fu infatti frettolosa, perché incalzata dagli storici avvenimenti legati alla vicenda della P2, disordinata e confusa e per ciò stesso contraddittoria in alcune sue parti.
Non che quella operazione sia stata inutile o che gli elementi ambientali che la suggerirono siano stati superati (non lo sono tutt’ora), ma il bisogno della revisione si impose all’attenzione di molti perché, per effetto di quella riforma, si erano prodotte, o così sembrò, zone di legislazione non propriamente tradizionali entro le quali il comportamento di qualcuno parve ispirato più a pratiche profane che a consuetudini iniziatiche.
Questa valutazione assai diffusa ispirò i programmi di tutti gli ultimi candidati alla Gran Maestranza che inserirono al centro della propria proposta la revisione della Costituzione.
Il programma elettorale dell’attuale Gran Maestro incentrava l’iniziativa revisionista sul recupero pieno della Tradizione muratoria, esaltando il ruolo centrale della Loggia, vero pilastro iniziatico della Comunione massonica e cardine insostituibile della propria struttura organizzativa.
Ora, il tentativo concreto di porre mano alla riforma costituzionale attraverso l’apertura del dibattito nelle Logge avviato sul documento approntato dalla commissione speciale all’uopo istituita, appare riduttivo riguardo alle aspettative della stragrande maggioranza dei fratelli, per cui ha prodotto una sorta di generalizzata levata di scudi.
Che cosa è in effetti successo?
In primo luogo il materiale sul quale ha lavorato la commissione speciale non rappresentava il campione più significativo delle elaborazioni delle Logge italiane, poiché molte di queste avevano preferito ritirare le proprie proposte allorché, nella Gran Loggia straordinaria del dicembre 1994, non fu possibile, oggettivamente, svolgere il benché minimo lavoro intorno a queste tematiche.
In secondo luogo, la stessa commissione speciale non rispondeva alle caratteristiche intrinseche proprie di qualsiasi commissione costituente, poiché difettava della necessaria autorevolezza che solo il chiarissimo mandato popolare conferisce a istituzioni similari.
Il voto del “popolo massonico” emendato dall’opzione del Gran Maestro, seppure, quest’ultimo, autorizzato dal massimo organismo deliberativo della Comunione (la Gran Loggia),ha contribuito a limitare la considerazione di tutti sul lavoro svolto, alimentando la facile polemica di chi ha costruito strumentalmente l’immagine di una commissione di parte, asservita alla volontà di pochi soggetti.
Per cui una commissione a “rappresentatività limitata”, lavorando su un materiale non propriamente rispondente alle autentiche attese della maggioranza dei fratelli, ha elaborato un prodotto incompleto, divergente dalle tendenze elettorali vincenti e per ciò stesso non condiviso.
In qualsiasi forma sociale organizzata unitariamente mettere assieme delle regole di condotta ha il solo scopo di assicurare all’interno di quella forma sociale organizzata, la pacifica convivenza dei propri membri. Tuttavia è fondamentale, per il raggiungimento dello scopo, che tra i membri della forma sociale organizzata si consolidi il convincimento collettivo della necessità della regola e più ancora della sua osservanza.
Questo convincimento sarà tantopiù collettivo quanta più collettività parteciperà alla formazione della regola, ovvero il grado di rappresentatività dei soggetti interessati sarà il più alto e legittimo possibile.
Ora all’interno del Grande Oriente d’Italia va aperta, dopo aver azzerato la situazione attuale, una vera e propria “fase costituente”.
Tale fase è bene che sia costretta in limiti temporali adeguati all’importanza del lavoro da svolgere e soprattutto sia confinata in un ambito operativo blindato: refrattario sia alle strumentalità rinvenienti
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dall’attività amministrativa quotidiana, che alle pericolose tendenze di determinare l’evoluzione e lo sviluppo.
Occorre innanzitutto individuare e attivare, salvaguardando il principio della legittimità e della rappresentatività, gli strumenti di studio, approfondimento e realizzazione del progetto ipotizzare un percorso virtuoso di confronto e dibattito che investa nel momento dell’approvazione tutto il popolo massonico.
La commissione eletta dall’assemblea dei maestri è – a mio avviso – lo strumento operativo che, con alcuni correttivi, può raggiungere l’obbiettivo di raccogliere le migliori risorse a nostra disposizione, selezionando finalmente le potenzialità professionali occorrenti, unitamente alle capacità iniziatiche indispensabili per un lavoro che, riorganizzando un articolato normativo rispondente alle necessità di un moderno ordinamento giuridico, renda visibili i contenuti autenticamente tradizionali del Grande Oriente d’Italia.
Una commissione, infine, che tragga direttamente dal popolo la forza della sua rappresentatività non può che trarre dal popolo stesso la valutazione finale del proprio operato; sottoporre al referendum dei maestri massoni la nuova legge fondamentale dell’Ordine costituisce – a mio modo di pensare non solo un atto di democrazia sostanziale, ma la esaltazione del lavoro massonico inteso come sforzo individuale e solitario di espansione della propria coscienza fino agli stadi più elevati dell’Essere.
La Gran Loggia, in ossequio al suo potere legislativo, potrebbe ratificare il documento finale, imprimendogli il sigillo formale della sua effettualità.
Alla Gloria del Grande Architetto dell’Universo.v
Sebastiano Scarfato
Rappresentante del Consiglio dell ‘Ordine nella Giunta esecutiva del Grande Oriente d’Italia

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IL RUOLO DELLA MASSONERIA NEL XXI SECOLO


V Conferenza Mondiale delle Grandi Logge
Madrid 24-27 maggio 2001

Il ruolo della Massoneria nel XXI secolo: tradizione, etica e nuovi valori

Sin dalle sue origini la Massoneria ha contribuito in modo sostanziale al bene dell’uomo con le sue idee e le sue azioni che sono state recepite e poste a fondamento delle società democratiche.
Il lavoro muratorio, svolto nelle Logge, ha infatti permesso nel passato ai fratelli di elevare la propria conoscenza e coscienza e li ha così forgiati per costruire un’umanità migliore.
La Massoneria, ancora oggi, è indubbiamente il solo luogo in cui uomini, legati dal vincolo di fratellanza, possono accrescere la loro spiritualità, affinare la loro conoscenza esoterica, rinsaldare la loro morale e prepararsi a vivere socialmente in forza di quei valori massonici che costituiscono per ogni persona le linee guida per poter essere liberi ed esprimere le proprie potenzialità nel pieno rispetto delle diversità.
Nel loro percorso storico i massoni si sono sempre posti come punto di riferimento per gli uomini che avvertono l’urgenza di un proprio perfezionamento e si pongono come obiettivo di essere liberi e di cooperare al miglioramento della condizione umana. Anche oggi la Massoneria può fornire un contributo essenziale all’umanità mettendo in campo nuovi valori e storicizzando quelli tradizionali e perenni, cioè applicandoli in modo originale alle condizioni attuali dell’umanità. Nell’epoca del villaggio globale e della globalizzazione insorgono problematiche che non possono essere superate solo in base a mere soluzioni economico-finanziarie, ma facendo sempre riferimento ai valori che guidano l’umanità.
In questo contesto la Massoneria può svolgere un ruolo primario e centrale perché propugna i valori fondamentali della dignità, della libertà e del rispetto del singolo nella diversità, che sono a fondamento della convivenza civile e democratica che deve ruotare intorno alla centralità dell’Uomo, con esclusione di ogni forma di intolleranza e discriminazione.
È fondamentale a questo punto sottolineare un aspetto peculiare della Massoneria: essa non ha interessi materiali da difendere, né posizioni di potere e di privilegio, di qualsiasi natura esse siano, per questo è l’unica istituzione di uomini che si può adoperare liberamente e spassionatamente per la felicità dell’uomo.
Con riferimento in particolare alla globalizzazione è necessario svolgere un’attenta riflessione. È indubbio che questo fenomeno può dare luogo a risultati positivi per l’uomo, ma non può essere considerato come un processo indipendente dalle condizioni di vita dell’uomo nella sua duplice dimensione materiale e spirituale.
Al contrario, noi massoni riteniamo che anch’esso debba essere guidato e reso compatibile con i valori, in modo che possa essere uno strumento di benessere e di elevazione e non solo una macchina che mira a soddisfare gli interessi di una parte privilegiata e minoritaria dell’umanità a scapito di altre. Nonostante i grandi risultati riferiti alla qualità della vita che si sono raggiunti nel mondo occidentale, non possiamo sottacere che sia in esso che nel resto dell’umanità sono presenti squilibri che preoccupano l’animo umano verso i quali non v’è né sufficiente attenzione, né un’adeguata volontà di porre rimedio.
Al fine di superare queste condizioni è necessario collocarsi in un’ottica diversa che non sia ristretta e legata ad interessi di parte, ma abbia un orizzonte più vasto che pone al centro l’Uomo e che sia in grado di cogliere i trends globali senza mai dimenticare le condizioni specifiche dei singoli, anche nelle forme associate, delle collettività e degli Stati. Questa apertura d’orizzonte, peculiare dei massoni, ci deve portare a considerare tutte le problematiche attuali in riferimento al bene concreto dell’umanità piuttosto che a quello di una sola parte: in ciò consiste la nostra universalità fondata sul valore della fratellanza fra tutti gli uomini. Purtroppo lo scenario mondiale suscita diverse inquietudini. La violenza esplosa in diverse parti del pianeta, le pulizie etniche, i genocidi nei continenti africano ed asiatico, il terrorismo dei fondamentalismi religiosi e l’ossessione nazionalista denotano un malessere profondo che deriva da squilibri sociali, provocati anche dal tramonto delle ideologie, e che viene avvertito sia dagli individui, sia dalle collettività.
Al contempo, le diversità della qualità della vita e delle condizioni economiche tra Nord e Sud non può che suscitare preoccupazione per il benessere dell’umana famiglia, nonché per le possibili conseguenze anche conflittuali che possono derivare. Anche nel mondo occidentale, ricco ed opulento, nonostante una diffusa ed alta qualità della vita, non sono assenti contraddizioni che minacciano l’armonia e la stabilità sociale; ingiustizie economiche e sociali, discriminazioni di diversa natura, le povertà nuove e vecchie, il degrado ambientale, i disagi psicologici ed esistenziali, nonché conflitti interetnici appaiono come un male dell’Occidente a cui si deve prestare un’ampia attenzione che sia fondata sui valori che proclamano la dignità della persona.

27 Maggio 2001

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ALLOCUZIONE DEL GRAN MAESTRO GUSTAASO RAFFI 2006

Gran Loggia 2006 “Laicità è libertà”
Gran LogGIa 2006
“Laicità è libertà”
Allocuzione del Gran Maestro Gustavo Raffi

Gentili Autorità intervenute, Signore e Signori, Carissimi Fratelli,

il Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani è lieto di accogliervi nel tempio dei Liberi Muratori per l’annuale allocuzione che si tiene nel quadro delle manifestazioni connesse alla Gran Loggia, evento per noi estremamente importante ed il cui impianto mostra con patente evidenza il consolidamento di una scelta culturale intrapresa dalla più importante e numerosa Obbedienza regolare liberomuratoria italiana, ovvero quella di essere istituzione trasparente, aperta e dialogante con e, soprattutto, nella società civile italiana ed europea. Il nostro modo di intendere l’esperienza massonica, infatti, ci fa sentire soggetti a pieno titolo della modernità e non cultori di una dimensione occulta e sfuggente, di cui il mondo esterno non comprenderebbe il senso. Al contrario, come esplicitato negli statuti del G.O.I., è nostro fermo desiderio che le finalità della nostra appartenenza libero-muratoria siano pienamente comprensibili da parte dell’opinione pubblica e di tutte le istituzioni in essa attive, giacché il nostro intento è quello di contribuire in modo costruttivo al-l’edificazione di una coscienza di pace, tolleranza e libertà, al pieno servizio, quindi, degli altissimi ideali contenuti nella Carta Costituzionale. Proprio per tale ragione, in questa come in molte altre occasioni, desideriamo rivolgerci al Paese per contenuti, valori, princìpi, ma anche riflessioni e suggerimenti che sono emersi nel corso dei nostri lavori durante l’anno passato e che continueranno in quello presente con ulteriori contenuti, sebbene essi si ispirino alla ininterrotta tradizione iniziatica e spirituale della Massoneria europea nata agli albori del secolo dei Lumi. La Libera Muratoria è un’officina di libertà, innanzitutto intellettuale e spirituale; essa costituisce un luogo di ricerca esoterica, perché, attraverso simboli e riti, i singoli cittadini iniziati all’Arte latomistica sono chiamati a mettersi in continua discussione ed a procedere su di un cammino di inesauribile perfezionamento interiore. La Massoneria si propone esplicitamente come una sorta di palestra per spiriti liberi, che da punti di vista diversi hanno trovato nel dialogo uno strumento di mutua educazione permanente. Da questo punto di vista, la Libera Muratoria aspira a dare un contributo forte, ma non dogmatico, alla costruzione dell’autonomia critica dei singoli, i quali non sono chiamati ad eseguire ordini o ad aderire ad un punto di vista unico, ma a confrontarsi tra loro e con il mondo reale, esaltando i valori dell’eguaglianza, della fratellanza e della libertà, che insieme fondano i presupposti intangibili della moderna democrazia. Il progetto massonico non ha, pertanto, velleità cospirative o ambigue, né agisce nell’ombra per scopi incomprensibili. Esso mira esplicitamente, lo ripeto, a formare ed educare un cittadino maturo, capace di affrontare le sfide poste dalla complessità sociale in quest’epoca di angosce e conflitti, che sempre più emergono nella postmodernità, mettendo spesso in crisi la sicurezza e l’equilibrio del mondo. Quali sono, allora, questi particolari valori su cui i Massoni si ritrovano, pur così diversi tra loro per lingua, cultura, religione, opinioni politiche e filosofiche? Qual è il mistero che tiene insieme, in una secolare catena d’unione, così tanti fratelli, che, altrimenti, mai si sarebbero incontrati nella vita profana? Quale il vero segreto di questa unione? Nella tradizione alchemica, il vero iniziato non cerca l’oro profano ma la trasmutazione profonda della sua ipseità più vera e intima, per liberarla e sanarla dalle incrostazioni e delle contaminazioni che altrimenti trascinerebbero l’umanità verso percorsi oscuri e tenebrosi. Così, il vero massone percorre la sua strada cercando la luce, perché è mosso dalla certezza che egli non detiene la conoscenza assoluta e che, quindi, gli altri, anche i più diversi, sono per lui interlocutori indispensabili e preziosi al fine di potersi avvicinare ad essa. Egli sa, infatti, che l’Ordine massonico non possiede affatto una verità rivelata – ed a tal proposito non smetteremo mai di ribadire che la Massoneria non è né una religione né una setta che possieda una sapienza teologica propria da imporre agli altri -, ma sa anche che la Massoneria, grazie al suo “saper di non sapere”, offre uno spazio di dialogo per avvicinarsi, senza paraocchi e steccati irremovibili o dogmatici, alla verità. Il primo segreto massonico si rivela, allora, nella capacità di ascoltare, la virtù fondamentale richiesta all’apprendista libero muratore che, arrivato dalla vita profana carico di tutte le sue conoscenze, è invece obbligato al silenzio, affinché apprenda ad ascoltare gli altri e, quindi, solo successivamente a dialogare con essi. Infatti, in loggia, non si deve convincere, non si deve convertire, non si deve uniformare nessuno. Ciascuno espone, dopo averlo prudentemente meditato, il suo punto di vista, proposto agli altri come un vero e proprio dono di sé, che egli offre alla sua comunità e non come soluzione finale e definitiva nel cammino della conoscenza.

La parola, l’ordine del discorso, intesi come estrinsecazione di una propria intuizione, sempre superabile, criticabile, falsificabile se necessario, ossia come pensiero fecondo in movimento ed in un continuo processo di evoluzione, costituiscono, pertanto, il secondo segreto della nostra esperienza.
Ciò serve non solo a garantire la libertà individuale del singolo, ma anche a sottolinearne la responsabilità ineliminabile. L’iniziato ascolta, interviene, suggerisce, si corregge, procede nelle sue riflessioni e finalmente agisce secondo la sua coscienza, plasmata attraverso un metodo dialogico, critico e aperto. È così che, a partire dal ‘700, uomini di estrazione e formazione differente hanno appreso la prima grande lezione della modernità, quella della autonomia soggettiva di pensiero e giudizio, praticata tra eguali, nonostante le allora radicate differenze di censo e di religione. Tale prassi ha fondato e scolpito in modo indelebile la nostra concezione della laicità, vissuta non come antagonismo alle fedi, ma come terreno comune di dialogo e di sociabilità condivisa nonché condivisibile tra soggetti diversi, ma non per questo antagonisti. Andare d’accordo quando si è tutti della stessa opinione è molto facile; è un esercizio che non costa fatica, ma che allo stesso tempo non porta grandi meriti. Costruire un territorio di mutua riconoscibilità, di reciproca legittimità, di identità trasversale, di rispetto interculturale ed interreligioso, questo è stato lo sforzo ed allo stesso tempo il successo straordinario realizzato dalla Massoneria nei suoi esiti migliori ed autentici. Tale risultato ha scatenato ostilità e persecuzioni di ogni tipo, sia da parte di quelle religioni che vi hanno ravvisato non solo un pericolo per le proprie teologie (nonostante il fatto che la Libera Muratoria nascesse in Inghilterra come istituzione strettamente ispirata dalle dottrine cristiane), ma anche per motivi molto concreti, ossia di natura politico-sociale e politico-economica e non prettamente spirituale, giacché le prime logge costituivano, come la moderna storiografia ha messo definitivamente in luce, un fecondo laboratorio della democrazia moderna, del parlamentarismo, del superamento delle classi sociali e dell’intolleranza religiosa. Non è un caso, quindi, che le più importanti e significative carte costituzionali dei paesi occidentali, oppure che la “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo”, si siano ispirate tutte in modo più o meno diretto a princìpi palesemente massonici e che siano state redatte con il concorso determinante dei Liberi Muratori attivi sulla scena internazionale tra ‘700 e ‘800. Per questi motivi, la profonda attenzione dedicata dalla Massoneria universale, ed in particolare da quella italiana, riguardo al tema della laicità è rimasta sempre viva, anche se oggi, in modo quasi paradossale, tale costante viene ad assumere un’attualità molto più scottante e pregnante che nei decenni passati. Abbiamo, infatti, tutti assistito, ed in modo sempre più evidente attraverso i vorticosi cambiamenti indotti dalla globalizzazione, ad un violento ritorno del peso assunto dalle religioni non per i profondi valori etico-morali e spirituali ad esse connessi, ma per il loro sempre più frequente voler agire sul piano prettamente giuridico e istituzionale. Da più parti, anche tra laici pentiti dell’ultim’ora, si afferma che la laicità moderna stia cantando il canto del cigno. Fondamentalisti di diversa ispirazione e tradizione hanno già preparato un ampio repertorio bandistico per questo funerale. Ciò risulta preoccupante, poiché, una volta finito il funerale, le diverse bande smetteranno di suonare insieme ed inizieranno, come già avvenuto in passato, ad intonare roboanti marce di battaglia, sempre ed immancabilmente in nome di Dio, nella vana certezza di riuscire a trionfare l’una sull’altra. Ma se, di fatto, si estinguesse la tanto esecrata laicità, lo stesso dialogo interreligioso si tramuterebbe in un braccio di ferro non tanto tra teologi ed intellettuali, ma tra istituzioni politico-religiose, che finirebbero per negoziare i propri spazi reciproci in modo proporzionale alle proprie forze. In questo senso, noi vogliamo sottolineare un concetto fondamentale: la laicità intesa come spazio di tutti, condiviso e sicuro, garantito e garantista, e non come una sorta di terra di nessuno, posta tra due linee di trincea, dove tutto può accadere con inaudita violenza, è e resta al servizio non solo dei cittadini, ma anche e soprattutto delle Chiese e delle comunità religiose. Essa, infatti, attraverso la neutralità dello Stato, rimane uno strumento di salvaguardia per tutti ed impedisce che una visione fondamentalista della propria verità si tramuti in un argomento per legittimare l’oppressione o l’eliminazione dell’altro. Parliamo di laicità e non di laicismo fondamentalista, né di estromissione delle religioni dallo scenario sociale e culturale della postmodernità. La nostra concezione della laicità si oppone apertamente ad ogni riesumazione dello Stato Etico, in qualsivoglia versione, iper-razionalista, materialista o confessionale. In una società aperta, il contributo critico delle teologie, dei valori religiosi e comunitari, rappresenta senza dubbio una risorsa importante, giacché nessuno vuole cancellare la storia e la tradizione dei diversi paesi. Allo stesso tempo, però, la pretesa di uniformare e subordinare le leggi dello Stato ad una visione teologale esclusiva costituisce un pericolo molto serio ed alquanto evidente.

La funzione della laicità moderna non è quella di scardinare le leggi o i sacramenti di questa o quella fede, ma di stabilire, in modo equidistante, una serie di norme che salvaguardino la libertà indelebile dell’individuo dall’interferenza di altri poteri non pubblici e statali al contempo miranti ad orientare il diritto secondo princìpi che non scaturiscono affatto dalla dialettica interna ad una società aperta, ma da una fonte esterna allo Stato stesso, la quale, invece, deterrebbe, nella sua infallibilità, un’autorevolezza divina e, quindi, indiscutibile. Quanto accaduto nel campo della bioetica e soprattutto della fecondazione eterologa, con particolare riguardo per la discutibile determinazione dello statuto ontologico dell’embrione che ne è scaturita, ci sembra molto discutibile. La legislazione del paese si è trovata a doversi conformare a princìpi fondamentalmente di carattere teologico, senza che opzioni filosofico-religiose, etiche e giuridiche di altra natura ispirativa avessero un qualche ascolto; e ciò, nonostante le circostanziate denunce di ampia parte della comunità scientifica, che ha sottolineato l’oscurantismo in cui veniva condannata tanto la nostra società sul piano dei diritti individuali, ma anche la stessa ricerca scientifica, che, di fatto, è stata imbrigliata ben al di là di quella serie di minima moralia che erano ampiamente condivisi tra le parti in causa. I diritti delle donne e dei nascituri sono stati così anteposti ad una sacralizzazione a priori dell’embrione, mentre la negazione della fecondazione eterologa si è fondata su criteri moralistici, rispettabili, forse anche condivisibili da parte dei singoli, ma non per questo imponibili per legge a tutta la società civile. Riteniamo che vi siano temi sui quali la scelta degli individui, difficile, dolorosa, contraddittoria, debba trovare garanzie e non soluzioni dogmatiche di natura religiosa, valevoli per una fede, ma non per altre o per coloro che si ispirano ad altre opzioni di carattere etico-filosofico. Non si dica o pensi, a seguito di tali riflessioni, che la Massoneria non difenda la vita e non la tuteli. Una tradizione secolare di martiri caduti a difesa dei diritti umani e civili, contro la tortura, la pena di morte, l’intolleranza, l’ineguaglianza, incarnata dalla Libera Muratoria, lo dimostra ampiamente. Noi abbiamo intrapreso questo cammino, quando altri inquisivano chi parlava di libertà di stampa e di ricerca, di libertà sindacali e sociali, ma anche semplicemente di autonomia della propria coscienza. Il problema è come e con quali strumenti un valore fondamentale come quello della vita e della felicità debba essere garantito e, soprattutto, con quali priorità. Ritorniamo, allora, anche se obtorto collo, sul tema del relativismo, che da più parti viene invocato come atto d’accusa nei confronti della laicità, della modernità, ed ovviamente della Massoneria, che di tale malsana dottrina sarebbe stata l’ispiratrice. Noi Massoni non ci sentiamo affatto relativisti, sia perché ciascuno di noi ha le proprie concezioni religiose, etiche e filosofiche, sia perché il relativismo inteso come assoluto rifiuto di dedurre princìpi generali e fondativi del nostro operare è lontanissimo dal nostro modo di vedere la realtà. L’indiscutibile impegno nella difesa dei diritti umani e civili, il continuo operare a tutela della democrazia e della libertà, la diffusione dei princìpi della fratellanza e del dialogo, la centralità della ricerca interiore del cammino iniziatico e, quindi, la sacralità dell’uomo e della vita, sono fatti e valori che distinguono la storia della Libera Muratoria universale ed in particolare quella del nostro paese. Ma l’accu-sa di relativismo cela molte ambiguità. Cosa è in realtà il relativismo di cui ci si accusa e si accusa la modernità? È in sostanza il non voler sottostare all’assolutismo di questa o di quella dottrina teologica, ossia il tessuto connettivo o, se si vuole, il sale della democrazia moderna, della libertà di coscienza contro l’intolleranza ed il fondamentalismo. Riconoscere che la storia e la scienza, quindi, il cammino continuo della conoscenza, hanno offerto all’umanità nuove opportunità di benessere e di salute, scardinando visioni infondate della realtà ed aprendo scenari nuovi, non ci sembra affatto una colpa. E se questo è un peccato, di esso sono cariche tutte le istituzioni religiose e le Chiese che, di epoca in epoca, hanno cambiato il loro giudizio, la loro interpretazione teologica della natura, a seguito dell’ineludibile evidenza prodotta da scoperte scientifiche rivoluzionarie. Galileo era relativista? Ed Einstein? E le nuove generazioni di fisici, biologi, etc.? Forse il relativismo è qualche cosa di differente e tale termine merita senza indugi di essere meglio definito e circostanziato. In questo sforzo ci aiutano le rimarchevoli considerazioni avanzate da due grandi filosofi del secolo scorso. Penso a Karl Popper ed a Karl Jaspers. Per vie diverse, entrambi hanno sottolineato che il relativismo non coincide affatto con la disponibilità culturale e spirituale ad accettare la sfida del nuovo, che eventualmente falsifica e nega quelle che avevamo ritenuto verità acquisite, ma si identifica piuttosto con la pretesa di disporre di una conoscenza assoluta ed indiscutibile, a cui subordinare, ed in cui coartare, ogni nuova acquisizione scientifica o storica.

Relativisti sono, pertanto, coloro che ritengono, nel nome di una pretesa verità assoluta, di avere risposte a priori per ogni quesito e che non si sottopongono né al criterio scientifico di falsificabilità dei loro presupposti, né che si mettono in discussione dinanzi alla sfida rappresentata da schemi concettuali differenti. Le scoperte di Galileo erano inaccettabili dal punto di vista di una determinata cornice teologico-filosofica del mondo e, quindi, da condannarsi. Chi lo condannò era relativista, e non Galileo o coloro che hanno ritenuto e ritengono in fieri il cammino della conoscenza, pronti a mettere in dubbio le proprie verità qualora l’evidenza mostri che esse sono fondate su presupposti errati o contraddittori. Il relativismo è, quindi, quel tipo di dogmatismo che considera esaurita la ricerca critica, che si ritiene superiore ad ogni verifica scientifica, storica o filosofica, che reputa di essere esente da critiche e pertanto non più perfettibile, perché autoreferenzialmente già perfetto e concluso. Nella sua cornice, nel suo hortus conclusus, il relativista, ossia il dogmatico, si ritiene perfetto, o perlomeno assume il proprio punto di vista come tale. Può solo porsi dinanzi agli altri in termini di superiorità spirituale e concettuale, può solo illuminare coloro che ancora dimorano nelle tenebre, ma non può essere illuminato dagli altri. Se mai, qualora qualcuno, o qualche dottrina scientifica, mettesse in crisi i propri theologoumena, egli dovrà rifiutare tale evidenza e, se possibile, vietarla o censurarla. Queste riflessioni, apparentemente astratte, hanno riflessi concreti nel drammatico scenario internazionale, dove una nuova ventata di fondamentalismo nega alla radice la separazione tra Stato laico e religione. Il tentativo di mettere in crisi la laicità, nel contesto della globalizzazione e della trasformazione multietnica del sociale, viene a sottrarre alla società occidentale uno strumento fondamentale per governare i conflitti interreligiosi e per arginare forme inaccettabili di intolleranza. Soprattutto in questo quadro spinoso, se non drammatico, il Grande Oriente d’Italia ribadisce la sua fortissima attenzione per la difesa della qualità e della centralità della Scuola Pubblica, luogo primario ed essenziale di formazione del cittadino, che non si sottrae alla complessità sociale, ma che, anzi, vi può maturare la propria coscienza civica e democratica, aperta e tollerante. L’enfasi smodata per la privatizzazione del sistema scolastico a detrimento di quello pubblico crea il rischio fondato di potenziare scuole prettamente religiose, che formino non cittadini di una società aperta, ma fedeli appartenenti a comunità separate ed in prospettiva antagoniste. Vorremmo veder realizzare una scuola dell’accoglienza, dotata pienamente dei mezzi necessari per affrontare una sfida secolare, quella di un’integrazione rispettosa delle culture di provenienza, ma non subordinata agli estremismi intolleranti, educante alla pace ed alla conoscenza dell’altro e dei suoi valori: insomma, una comunità educante e non un ghetto di lusso o per poveri, a seconda dei casi. A questo proposito, dobbiamo rilevare che anche le recenti proposte di volere introdurre l’insegnamento della religione islamica nelle scuole italiane – perseverando nell’errore commesso in precedenza a favore di quella maggioritaria nel nostro paese – destano in noi profonde inquietudini. Al di là delle questioni tecniche (ad esempio, quale forma teologica di Islam bisognerebbe insegnare, visto che ce ne sono diverse? Chi designerebbe il docente, se come per la religione cattolica, occorrerà il placet di una autorità religiosa?), rimane una obiezione di fondo: la scuola pubblica non è e non deve essere un luogo dove si devono impartire catechismi di sorta, e per questa ragione noi crediamo che di per sé stesso ogni insegnamento confessionale sia in tale sede inappropriato e inopportuno. Infatti, a lungo andare, il risultato non sarebbe altro che quello di creare per comodità classi chiuse, basate sull’appartenenza religiosa, nuovi ghetti istituzionali e non classi multiculturali e multireligiose unite da valori comuni, quali quelli della Costituzione e dell’appartenenza ad una società libera. Quando, al contrario, si pone il problema di inserire nei programmi scolastici uno studio serio e articolato della storia delle religioni, che permetta di conoscere culture e società diverse ma sempre più in mutuo contatto, sì da creare i percorsi della coesistenza, del dialogo e della conoscenza dell’altro. Come si vede, anche in questo caso, non siamo affatto relativisti, ma abbiamo in mente un modello, certamente perfettibile e migliorabile, del processo di costruzione di un equilibrio sociale, che garantisca la laicità dello Stato, una laicità non pensata contro qualcuno, ma a favore di tutta la collettività, affinché essa possa vivere in pace ed armonia e non in una sorta di tregua armata. Gentili Autorità intervenute, Signore e Signori, Carissimi Fratelli, vi ringrazio per la pazienza e per l’attenzione con cui avete seguito le molteplici considerazioni che, in questa solenne occasione, attraverso la voce del Gran Maestro, il Grande Oriente d’Italia rivolge, per tramite delle vostre persone, al paese nel quale ci onoriamo di vivere, lavorare ed operare.

Speriamo di aver mostrato come la nostra Istituzione viva con intensità la sua adesione a quelli che reputiamo essere valori centrali della democrazia e di un modo equilibrato di vivere ed interpretare la postmodernità, mossi da un prudente ottimismo e da fede profonda nella centralità dell’uomo e della sua grandezza. Se, infatti, non avessimo questa convinzione e questa speranza, non ci troveremmo ancora insieme dopo due secoli di esistenza. Chi si attendeva dal Gran Maestro indicazioni di voto, scelte di campo (destra o sinistra), per le prossime tornate elettorali, sarà di certo rimasto deluso, ma la Libera Muratoria del Grande Oriente d’Italia non intende, né può svolgere un indebito ruolo politico che non le compete, in quanto è rispettosa dell’autonomia decisionale e politica dei cittadini. Essa esprime, promuove grandi valori, agita problemi, stimola coscienze e soprattutto opera per evitare una conflittualità tra Stato e Chiesa. Ma questo non significa che debba assistere silente alle pesanti ingerenze del Presidente della Conferenza Episcopale italiana, che con l’appello al voto ha inteso orientare quello dei cattolici, fissando il criterio per decidere per chi votare, anche se non ha indicato nomi e cognomi e partiti. Vogliamo chiarire che non ci doliamo del fatto che l’alto prelato abbia ribadito posizioni che la Chiesa sostiene da tempo sulla procreazione, l’aborto, le questioni di fine vita, i diritti delle coppie non sposate, perché ha il diritto di manifestarle, ma ciò che è grave è che le abbia riproposte nel corso di una campagna elettorale; il che suona come chiamata alle armi o come richiesta di un impegno futuro a tradurre in leggi principi religiosi da parte di quelle forze politiche e/o di coloro che intendono beneficiare del voto confessionale. Maggiori sensibilità e cautela avrebbero dovuto consigliare il silenzio e il rispetto dell’autonomia politica dei cittadini cattolici e, soprattutto, l’astenersi dal favorire politici subalterni. Abbiamo da poco concluso proprio le celebrazioni dei duecento anni di vita e di attività massonica della nostra Obbedienza nella nostra amatissima patria, ma non ci siamo limitati al ricordo ed al compiacimento per i meriti acquisiti dai padri fondatori. Le diverse manifestazioni che hanno scandito il bicentenario del G.O.I. hanno, infatti, voluto senza timori offrire una rivisitazione, anche critica, della storia libero-muratoria italiana. Si sono evidenziati gli straordinari meriti di coloro che, messi nella condizione profana di poterlo fare, hanno voluto il suffragio universale, la parità tra i cittadini, l’eguaglianza tra i sessi ed i censi ed il voto alle donne, la scuola pubblica e gratuita, il riconoscimento del diritto di sciopero e di organizzazione sindacale, la costituzione delle società operaie e di mutuo soccorso, la fondazione di opere di solidarietà e di risparmio, il rispetto dei diritti umani e l’abolizione di leggi inique come, ad esempio, la pena di morte. Abbiamo avuto la forza morale di denunciare, ancora una volta, i pericoli insiti nell’abuso della denominazione “massoneria”, utilizzata per mascherare miseri fini affaristici, di carriera e ancor peggio, sì da stravolgerne i principi: fenomeno, che nel piduismo trovò la sua peggiore estrinsecazione e di cui siamo stati le prime vittime. Al riguardo abbiamo formulato condanne senza appello. Oggi in Italia opera una Libera Muratoria vivace, intelligente, al passo coi tempi, in grado di interrogarsi sui grandi problemi dell’umanità, sulle sfide aperte, sensibile alle sofferenze che da più parti della società emergono attraverso nuove forme di povertà e di emarginazione, solidale con i più umili e con coloro che sono indifesi. Essa rappresenta per la società un valore aggiunto. I grandi temi che sono stati toccati, però, mostrano che la società ha ancora bisogno di noi, dei valori della laicità, ma anche di una cultura spirituale tollerante e critica, princìpi di cui, peraltro, siamo già stati portatori nei secoli precedenti. Chi riteneva che la nostra funzione storica si fosse ormai esaurita è ora costretto a ricredersi. La Massoneria resta pienamente luogo di libera aggregazione spirituale, capace di coniugare la moderna laicità con la ricerca della verità, ambito di confronto e di riflessione, che educa i diversi a stare insieme, ad essere fratelli pur nelle rispettive posizioni culturali, e, quindi, uniti nell’inesauribile cammino di ricerca che abbiamo intrapreso. Non siamo uomini perfetti, altrimenti non avremmo bisogno di questa istituzione che parte proprio dalla necessità di un mutuo perfezionamento. Non siamo uomini pieni di certezze assolute, anzi siamo spessi attanagliati dai dubbi, da mille interrogativi. In un mondo che vende facili soluzioni, come gadget al supermarket, ma che conosce un disagio sempre crescente, in particolare tra i giovani, noi proponiamo un percorso apparentemente arcaico, ma allo stesso tempo modernissimo, quello che ci mette sempre e comunque dinanzi allo specchio e che ci induce a superare le nostre paure, le nostre debolezze, ma anche a mitigare la superficialità, l’aggressività, la voglia di chiuderci in noi stessi.
In una società che è cambiata e che cambia vorticosamente, anche la Massoneria è cambiata, pur restando fedele a se stessa, agli Antichi Doveri, che oggi professiamo con serenità, come una Istituzione che ha molto da dare ancora alla costruzione di un mondo più giusto, ed in cui il diritto alla felicità sia un fine collettivo e non un privilegio di pochi.
Noi non dobbiamo nasconderci, perché nulla abbiamo da nascondere. La luce deve brillare e con essa il dialogo con tutti coloro che lo vogliano. Ma, se possibile, noi riteniamo che si debba cercare di dialogare anche con coloro che stentano a farlo. È un impegno difficile e, talora, arduo, ma il percorso massonico è sempre irto di ostacoli. Soprattutto quando si vuole essere interpreti critici della modernità senza prevaricare nessuno. La laicità è un dono costruito con grande fatica, anche dai Massoni. Difendiamolo con saggezza, con il dialogo, con la forza della ragione, ma anche con equilibrio e chiarezza. Perdere o sminuire la centralità della dimensione laica significa aprire le porte a nuove forme di dispotismo e di illiberalità. Compito della Libera Muratoria è senza dubbio stato ed è ancora anche quello di educare, con l’esempio e con la testimonianza, alla laicità ed alla tolleranza. Poiché non ci riteniamo depositari del vero, riconosciamo che ci sono molti uomini liberi e aperti che Massoni non sono e che, però, si comportano come tali. Aiutiamo queste voci, da qualsiasi parte provengano, a costruire un dialogo vero, che insegni all’umanità a superare gli schemi ed i preconcetti, a non accecarsi nel nome di certezze assolute. Noi cercheremo di essere sempre lì dove questa voce di saggezza, di pace e di tolleranza sarà necessaria, perché la Laicità è il sale di una società aperta, il respiro della Libertà. Significa tolleranza, capacità di credere nelle proprie idee senza restarne succubi: mantenere una capacità critica ed emanciparsi dal culto di sé.

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LA MASSONERIA. ORDINE INIZIATICO

LA MASSONERIA, ORDINE INIZIATICO
di
Sigfrido Hôbel
Talvolta capita che ad alcuni Fratelli la natura e le finalità dell ‘Ordine Massonico non appaiano del tutto chiare e che anche all ‘ interno dell ‘Istituzione circolino delle idee vaghe e superficiali, se non del tutto erronee. Capita quindi che in alcuni casi si parli addirittura di crisi di identità e si invochi la necessità di una riflessione su noi stessi e sul carattere del nostro Ordine.
In realtà, i documenti ufficiali della Massoneria Italiana sono sufficientemente chiari ed esaurienti, se ci si prende la briga di rileggerli e di riflettere su quanto vi è scritto.
Né possono esservi molti dubbi per i Fratelli che vivono in modo profondo ed effettivo la loro esperienza iniziatica, e che, coscienti di cosa significhi una tradizione iniziatica, hanno sviluppato un certo livello di conoscenza del linguaggio dei simboli e delle dottrine esoteriche.
Consideriamo dunque, in primo luogo, quanto è scritto nei nostri documenti.
Negli Antichi Doveri del 1723, ai quali fa riferimento la nostra Costituzione, si legge, al Capo l : “Un Muratore è tenuto, per sua condizione, ad obbedire alla legge morale … la Muratoria diviene il Centro d ‘Unione, e il mezzo per conciliare sincera amiciziafra persone che sarebbero rimaste perpetuamente distantî’
La Costituzione della Massoneria Italiana, nel definire la natura dell ‘Istituzione, afferma quanto segue: “La Massoneria è un Ordine universale iniziatico di carattere tradizionale e simbolico. Intende al perfezionamento dell ‘Uomo e dell ‘Umana Famiglia (Art. l)
“La Comunione Massonica Italiana, fatti propri gli Antichi Doveri, persegue la ricerca della verità ed il perfezionamento dell ‘Umana Famiglia; opera per estendere a tutti gli Uomini i legami d’amore che uniscono i Fratelli; propugna la tolleranza, il rispetto di sé e degli altri, la libertà di coscienza e di pensiero” (Art. 4: Principi e finalità)
Per quanto poi riguarda il “metodo” del lavoro massonico, la Costituzione afferma che la Massoneria “Segue il simbolismo nell ‘insegnamento e I ‘esoterismo nell ‘Arte Reale” (Art. 5 : Metodi). Per quanto riguarda il Simbolismo seguito nell ‘insegnamento, è ovvio che ci si riferisce, in primo luogo, alla Simbologia massonica: Simbolismo del Tempio (Colonne, Volta stellata, Delta, Sole e Luna, Pavimento a Scacchi, Quadro di Loggia, Nappa a frastagli, ecc.)
Simbolismo della Pietra Grezza e della Pietra Cubica e del Lavoro Muratorio
Simbolismo degli Strumenti dell’Arte (Squadra, Compasso, Maglietto, Perpendicolare, Livella) Simbolismo dei Rituali.
Per quanto riguarda le finalità dell ‘Istituzione, nel Rituale di Apertura dei Lavori in Camera di Apprendista, quando il M. Ven. chiede: “A quale scopo ci riuniamo?” il I Sorv. risponde: “Per edificare Templi alla Virtù e scavare oscure e profonde prigioni al vizio, e lavorare al bene e al progresso delI ‘Umanità”
Nell’iniziazione al Grado di Apprendista, dopo aver invitato il candidato a riflettere profondamente su se stesso nel Gabinetto di Riflessione, meditando sulla scritta VITRIOL, il M. Ven. gli spiega che la Libera Muratoria può aiutare a sciogliere la benda, simbolo delle tenebre nelle quali è immerso I ‘uomo, dominato dalle passioni e immerso nell ‘ignoranza e nella superstizione. Il profano afferma quindi di cercare la Luce.
In seguito il M. Ven. accenna ai principi della LM, comuni a tutti i FF., affermando che sono immutabili e perfetti, e dicendo che la tolleranza è uno di questi principi. Parla poi dei Doveri: il primo è il silenzio, il secondo è di praticare la virtù e di soccorrere i Fratelli, il terzo è di conformarsi alle Leggi dell ‘Ordine e ai Regolamenti della Loggia.
Nell’lniziazione al Grado di Maestro, i simbolici segreti del Grado sono racchiusi nella Leggenda di Hiram:
Hiram, il Maestro Costruttore del Tempio di Salomone, rifiuta di rivelare la Parola ai tre cattivi Compagni (identificati con l’ignoranza, il fanatismo e I ‘ambizione) che lo colpiscono rispettivamente con il Regolo, la Squadra e il Maglietto.
“Hiram è morto… La Parola è perduta… Profonde regnano le tenebre”.
Tre Luci (collegate alle Virtù Massoniche Forza, Bellezza, Saggezza) sono necessarie per annullare l’opera degli assassini, ritrovare la Parola e riprendere la costruzione del Tempio.
I passi citati sono in effetti già sufficienti per definire la natura dell ‘Ordine e le finalità dei suoi Architettonici
Lavori. Naturalmente, dato il loro carattere “simbolico”, gli insegnamenti massonici vanno interpretati.
Facciamo dunque riferimento, in primo luogo, all ‘autorevole Interpretazione in chiave morale degli insegnamenti e del Lavoro Massonico data dal Lenhoff (Il Libero Muratore), facendo riferimenti alle Costituzioni del 1723, e ad autori massonici come Fichte e Lessing:
L’Arte Reale è, secondo il Lenhoff, un’arte di vita per il Massone, basata sulla conoscenza di se stesso, I ‘autoeducazione e I ‘amore, è I ‘arte di edificare la propria anima, come I ‘umanità intera, a dimora dell ‘Eterno.
Il Segreto, incomunicabile ed incomprensibile per i profani, cui manca I ‘esperienza del senso etico delle usanze massoniche, consiste nell ‘accordo spirituale dei FF., nella loro capacità di penetrare nel più intimo santuario dell ‘Arte Reale.
La Massoneria, afferma ancora il Lenhoff, non è il santuario dei Cavalieri del Graal, come taluni vogliono credere, e l’Arte reale non è mistica, non possiede alcuna istruzione segreta, alcuna chiave per i misteri del mondo. Quello che distingue la Massoneria dalle antiche società misteriche è il suo contenuto: I ‘ideale dell ‘Umanità.
Va ora osservato che il linguaggio simbolico tradizionale non si presta ad una lettura univoca, ma va interpretato a vari livelli: secondo i Cabalisti, vi sono quattro modi per interpretare le Sacre Scritture, e questi quattro gradi interpretativi della Torah (la Legge) sono espressi dal termine Pardes (Giardino), composto dalle iniziali di ognuno di essi:
Peshat è il significato letterale della Torah e riguarda gli eventi storici narrati;
Remez è il significato allegorico che illumina le formulazioni filosofiche delle Scritture; Derash è I ‘interpretazione morale;
Sod, infine, è il significato simbolico e mistico che rivela gli aspetti occulti della Divinità, le leggi cosmiche e le loro connessioni con la vita umana.
La stessa suddivisione esegetica verrà ripresa dalla tradizione cristiana e Dante, nel Convivio, enumera i quattro sensi dell ‘interpretazione: letterale, allegorica, morale e anagogica.
L’interpretazione allegorica ci dice qualcosa di più e di “altro”: l’allegoria (da allos Iogein: dire altro) utilizza le immagini per esporre dei concetti astratti secondo un linguaggio codificato dalla consuetudine di un impiego secolare.
Dal discorso allegorico deriva il significato morale, nel momento in cui le allusioni e le analogie evocate dalle immagini vengono riferite a virtù morali ed a modelli di comportamento.
L’Anagogia indica invece l’elevazione a livelli sublimi e trascendenti, e quindi il senso simbolico, mistico e metafisico delle Scritture.
Le motivazioni sociali e umanitarie attribuite alla Libera Muratoria, e le interpretazioni etiche del suo simbolismo, per quanto giuste e universalmente condivise, non colgono però, se non parzialmente, I ‘essenza della Massoneria, e ne danno una rappresentazione che solo in parte testimonia la sua qualità di Ordine iniziatico e di carattere simbolico e tradizionale, come recita la nostra Costituzione.
L’antica formula “Conosci te stesso” iscritta sulla soglia dei Templi, non alludeva infatti solo ad un processo introspettivo e di autocoscienza di tipo psicoanalitico finalizzato al miglioramento dei comportamenti umani e delle relazioni sociali, ma voleva piuttosto indicare la necessità che l’uomo giungesse a conoscere la natura più intima, profonda e divina del suo vero essere.
Pitagora, Platone, i Neoplatonici, gli scritti ermetici, parlavano, in tal senso, della pratica filosofica come conoscenza delle leggi che regolano l’Armonia cosmica, del destino delle Anime, del Demone (o Intelletto) toccato in sorte ad ogni uomo, e facevano riferimento alla reminiscenza delle passate esistenze. E malgrado l’impegno al silenzio osservato dagli iniziati, sappiamo che gli antichi culti misterici avevano il fine di condurre I ‘uomo alle soglie dell ‘Altro Mondo, mettendolo in condizione di percepire un ordine di realtà diverso da quello fisico e terreno.
L’equilibrio psicofisico, la pratica delle virtù, la dimensione etica, il sentimento di fratellanza, la solidarietà e l’impegno politico e sociale non costituiscono se non lo stadio preliminare, la pratica dei Piccoli Misteri, ed hanno lo scopo di perfezionare la natura umana per consentire all ‘uomo di raggiungere, in una condizione di perfetto equilibrio, la sua centralità, e quindi, la rinascita, o meglio, la rigenerazione del Maestro ucciso.
Questo stato è simboleggiato dal punto al centro della circonferenza (simbolo del Sole) o, in chiave diversa, con riferimento alla triplice costituzione dell’uomo, dall’Occhio nel Delta (l’Unità, punto di
partenza e compimento della Tetraktis), e corrisponde alla condizione dell ‘uomo che ha sgrossato e levigato la Pietra, ed ha reso armonica la sua personalità e le componenti del suo essere (la circonferenza orientata in rapporto alle quattro Virtù Cardinali, il Triangolo compreso fra le tre Luci).
Una volta raggiunto questo stato, l’iniziato è in grado di entrare nella sfera dei Grandi Misteri, il che comporta il suo distacco (temporaneo o definitivo) dal mondo del divenire e della manifestazione materiale, e dalla sua stessa personalità: grazie alla conoscenza e alla pratica iniziatica, raggiungendo uno stato di equilibrio e distacco, l’uomo può ritrovare il centro, immobile e immutabile, del suo essere, il luogo metafisico attraverso il quale passa l’asse invisibile che collega i vari stati dell’essere.
L’lniziazione non è pertanto qualcosa che riguarda semplicemente la sfera morale e sociale, ma è il punto di partenza di un percorso volto alla piena realizzazione spirituale dell ‘essere. Come sottolinea Guenon, I ‘Iniziazione consiste nella trasmissione di un’influenza spirituale (Luce, Verbo, vibrazione iniziale) che si imprime nella Materia Prima allo stato caotico, e la illumina. Da ciò l’importanza della regolarità iniziatica fondata sull ‘origine non umana di tale influenza spirituale e sulla sua ininterrotta trasmissione.
Per quanto riguarda il termine di Arte Reale, per comprenderne pienamente il significato, lo si deve mettere in rapporto all’altra definizione di Arte Sacra, in quanto i due termini, che possono essere messi in relazione al simbolismo delle due Colonne, riguardano due aspetti diversi e complementari dell’esperienza iniziatica, il primo dei quali è riferito alla sfera umana, naturale e terrestre, propria dei Piccoli Misteri, e quindi, alla realizzazione orizzontale della perfezione umana, corrispondente al ripristino dello stato dell’Uomo Primordiale. L’Arte Sacra riguarda invece la sfera trascendente dei Grandi Misteri, la realizzazione verticale dell ‘Uomo, la sua Ascesa attraverso i Cieli e la sua reintegrazione nello stato di Uomo Universale.
Allo stesso tempo, I ‘Arte Sacra è quella del Sacerdote, concepito come colui che, avendo raggiunto il suo Centro, è in grado di operare come mediatore fra il mondo invisibile e quello visibile, e, nel nostro caso, è I ‘ Arte del Maestro che, avendo raggiunto uno stato di perfetto equilibrio, ed in possesso delle chiavi per la retta interpretazione dei simboli, è in grado di trasmettere ad altri I ‘Influenza Spirituale della Tradizione massonica, di iniziare al Lavoro iniziatico e di “insegnare”.
Il tanto discusso “segreto massonico” non è infine che il simbolo di uno stato di Silenzio interiore, nel quale ci si separa dal mondo profano e si interrompe ogni comunicazione col mondo esterno e anche con se stesso (cessazione del dialogo interiore). Il Silenzio che gli iniziati agli antichi Misteri giuravano di osservare, il Segreto da custodire gelosamente, riguarda infatti esclusivamente I ‘esperienza iniziatica in quanto esperienza vissuta e reale acquisizione di una conoscenza sovrarazionale, sublime e ineffabile: pertanto è solo in senso esemplificativo o simbolico che I ‘impegno al Silenzio e al Segreto è stato riferito ad altre forme di segretezza, come quella sui segreti di mestiere, sui riti o sull ‘appartenenza ad un Ordine iniziatico.•

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IL CASO DI BELLA. RAGIONI E SENTIMENTO

Il caso Di Bella: ragioni e sentimento
di
Giuseppe Cecere
Un mite medico catanese, laureatosi a Bari, con studio a Modena sperimenta dal 1963 un metodo di cura anticancro che in un certo numero di casi ha dato risultati migliori dei metodi approvati ufficialmente.
Questa nuova terapia, si basa sull ‘utilizzazione di un “cocktail” di tre diverse specialità medicinali: somatostatina, retinoidi e bmmocriptina, associate amelatonina, ciclofosfamidi a piccole dosi ed altre vitamine.
Ma la Commissione Unica nazionale per il farmaco (CUF) non ha mai riconosciuto come efficace tale terapia, perché priva di una seria sperimentazione clinica, eseguita secondo canoni tradizionali.
Tuttavia, data la particolare patologia interessata, il Ministero invita il prof. Di Bella a concordare un piano sperimentale ed a consegnare le cartelle cliniche dei casi trattati; inizialmente questo non avviene e di conseguenza migliaia di malati che affidano le loro speranze di guarigione alla terapia “Di Bella” lo fanno a spese proprie. C’è grande incertezza e sofferenza tra loro, soprattutto tra quelli che, non potendo affrontare senza alcun sostegno della Sanità Pubblica I ‘onere economico della terapia, si vedono costretti a rinunciare. Sarà un Pretore di provincia a farsi carico delle loro rimostranze e con la sua azione a far crescere un movimento d’opinione che ritiene sia giusto assicurare ad ogni malato la cura nella quale egli o il suo medico credono, poiché il diritto alla salute è sancito dall’art. 32 della Costituzione. E’ altrettanto giusto, però, che per curarsi debbono esserci delle regole serie.
A breve partirà la sperimentazione della terapia coordinata tra Ministero della Sanità e il prof. Di Bella, seppur tra mille polemiche.
La terapia “Di Bella”, diventa l’alternativa alla chemioterapia pura che viene accusata di essere devastante nella sua azione: essa colpisce sia le cellule tumorali che quelle sane. Elevati, poi, sono gli effetti collaterali quali la nausea, il vomito, le anemie, la depressione, la perdita di capelli: in definitiva, un sensibile peggioramento della qualità della vita.
C’è, però, un altro aspetto della terapia “Di Bella” che colpisce I ‘opinione pubblica: il recupero del rapporto “medico-malato”.
Oggigiorno il medico, spesso, perde il ruolo di colui che da uomo di scienza privilegia il malato e non la malattia, che con calore umano studia il malato nei suoi problemi e nei suoi malanni; che diagnostica il male e propone la sua terapia necessaria secondo scienza e coscienza e non secondo le regole burocratiche del prontuario farmaceutico, con atteggiamento gelido, al paziente considerato con un numero sanitario e lasciato solo col suo dolore e la sua disperazione.
Soprattutto nel campo oncologico, dove la medicina non è in grado di dare certezza e le terapie, anche se efficaci, sono nel contempo dannose, il medico ha il dovere di vagliare con grande oculatezza scientifica ed umana rischi e benefici, ed informare il paziente degli uni e degli altri.
Il prof. Di Bella dà subito l’impressione di essere un uomo di altri tempi, cura i malati senza chiedere alcun compenso; gli si può attribuire, però, il solo torto di aver lasciato intendere a molti, di possedere le chiavi per penetrare nella fortezza del “cancro” e di poter distruggere il male.
Egli stesso dice che invece di “pugnalare” il cancro, la sua terapia lo accarezza, lo blandisce, lo induce al suicidio rafforzando le difese dell’organismo che lo ospita, per rendergli la vita sempre più difficile.
E’ giusto, pertanto, che venga fatta una seria sperimentazione clinica’ che valuti la efficacia e la sicurezza del metodo Di Bella, al fine di tutelare la salute dei pazienti.•
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PROGETTO PER IL TERZO MILLENNIO

PROGETTO PER IL TERZO MILLENNIO
di
Alfredo Di Prinzio

L’Ordine Massonico in tutti i tempi si è proiettato verso il futuro, così i suoi iniziati, ispirati agli “Antichi Doveri”, hanno progettato soluzioni, metodi di vita, insegnamenti che hanno guidato I ‘Umanità verso conquiste di ogni tipo, liberando popoli e creando nuove nazioni.
Ora che il nuovo tempo è arrivato e il vecchio ciclo si sta concludendo è necessario che tutti i Fratelli si prodighino per programmare e attivare la Nuova Umanità Cosciente di se stessa per un avvenire che si presenta pieno di insicurezze ed incertezze. tutto dovrà essere rifatto, tutto si dovrà ridisegnare nuovamente.
Lo sconvolgimento che si avverte in questo tempo di chiusura di secolo, per la mancanza di armonia e di fratellanza tra le nazioni, è presente sia nel pianeta come contenitore sia nel suo contenuto, che è l’uomo stesso. Questa disarmonia, che è ormai prerogativa di quasi tutte le nazioni, ed il grigiore che emana, tramutano ogni cosa in questo stato caotico e confusionale, creando disequilibri e negatività ovunque, disagi nell ‘ambiente, nell ‘atmosfera e soprattutto nel comportamento dell ‘uomo stesso.
Altre forze e menti cercano di mettere una soluzione a questa marea che sconvolge la quotidianità dell’uomo, ma con scarSo risultato.
Allora è necessario che tutti i Hiram risorti siano chiamati a prodigarsi e a lavorare insieme con uno stesso obiettivo: anticiparsi ai tempi che verranno per programmare, ispirare e proiettare nuove regole e metodi di vita per la Futura Umanità.
Così in ogni officina si dovranno accendere gli athanor di ogni fratello, non solo per lavorare su sé stessi, ma anche per creare dalla Coscienza Egregorica della Loggia questo nuovo Progetto con un lavoro comune, utilizzando la Forza delle ispirazioni.
Nel presente secolo, soltanto la negatività con tutte le sue conseguenze ha fatto notizia e l’Umanità si è dovuta alimentare con questo pane amaro di sofferen-

ze, dolore e soprattutto pieno di prevaricazioni! Così, interi popoli in silenzio hanno subito questa tirannide creata da menti dementi con interessi materiali guidati da un consumismo sfrenato.
Ora però, aiutato dagli eventi di questo fine secolo, sta arrivando il momento del ribaltamento della squadra e tutto quello che ferisce la dignità Umana dovrà essere tramutato in positività, in Pace e soprattutto in Amore per la Vita.
Questo processo equivale al passaggio di grado, dal 1 0 al 20 , da Apprendista a Compagno. Così il futuro sarà improntato alla Bellezza, all’Anima e all ‘Amore.
Perciò propongo alle Logge di lavorare di più in questo stupendo grado, che ci preparerà a una lontana Maestria, perché il Compagno lavora col cuore, e quello che è sempre mancato all’Umanità è proun cuore.
Date queste circostanze, da buoni apprendisti quali siamo, dobbiamo prepararci a questo passaggio sommando alla Forza la Bellezza dell’Arte che noi conosciamo e applichiamo. Il nostro Nucleo Aureo si sta solidificando e questo comincerà ad irradiare la sua Luce dal punto conosciuto solo da noi e questa Luce non solo abbellirà il nostro tempio intenore, ma farà pure in modo che la Bellezza prenda il posto della Forza e questa farà sì che tutti gli uomini entrino a far parte del Grande Progetto dell ‘ Umanità.
Ed è questo il maggiore compromesso che noi Liberi Muratori abbiamo con noi stessi e con i nostri padri, perché ognuno di loro ha trasmesso ai suoi figli la parte migliore di sé, con il compito di vigilare su questi eventi come passaggi di Coscienza.
Adesso ognuno di noi in questo tempo è un figlio e questo fa sì che la nostra responsabilità sia più grande, non soltanto per l’ Umanità presente, ma anche per t.utti i fratelli che prima di noi sono passati all’Or.•. Eterno che ci hanno preceduto e ci hanno lasciato questo legato..
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UN’IPOTESI INQUIETANTE

UN’IPOTESI INQUIETANTE: passato e futuro potrebbero influenzarsi reciprocamente…
In un mondo cristallizzato in cui non vi fosse alcun cenno di mutamento, il tempo di certo non esisterebbe. Per avere una pallida idea di quel che si intende per “realtà del tempo”, bisognerebbe, innanzi tutto, chiarire il significato di “realtà del divenire”.
Per alcune filosofie, le orientali in particolare, I ‘unica realtà assoluta è quella dell ‘Essere: tutto ciò che è fuori di essa, non è altro che un’illusione. Tutto ciò che appartiene al divenire, quindi, non può essere considerato reale, in quanto opposto dell ‘essere e, conseguentemente, appartenente al mondo dell ‘ illusorio.
Nel mondo dei viventi, il ritmo temporale è talmente rapido che il passaggio dalla nascita alla morte avviene in uno spazio che va dal fuggente attimo, ai giorni e agli anni, attraverso il susseguirsi di ritmi molto vari e talmente fugaci, che neanche la velocità del pensiero – il cui moto è pressoché immediato riesce a cogliere. Non è difficile rendersi conto, che la successione temporale non può essere analizzabile. Tutti noi ci muoviamo, e ci realizziamo, in funzione di un obiettivo prefissato non rendendoci conto, guarda caso, che lo stimolo primario del nostro operato non scaturisce dal presente, bensì dal futuro. Lo spazio e il tempo potrebbero essere, pertanto, immaginati come due immensi percorsi autostradali dove il presente, il passato e il futuro, magicamente fusi, costituiscono il misterioso e sconcertante scenario. La psiche umana, mistero dei misteri, è la sola che riesce a compiere in lungo e in largoi percorsi del presente e del passato. Quella del sensitivo, poi, è la sola a spingersi anche nel futuro.
Il tempo, considerato da sempre un impietoso tiranno, nel suo incessante procedere, impone a tutti gli esseri umani la legge irreversibile del suo fluire, che non consente a nessuno di risalirlo “controcorrente”, anzi: riesce a far apparire come assurdi ed inaccettabili i fenomeni paranormali, decisamente in contrasto con esso.
Considerando il “tempo” come un semplice prodotto del continuo mutamento della materia, il filosofo C. D. Broad sottolinea, molto argutamente, che se non esistessero “enti fisici” soggetti al divenire, esso non esisterebbe per I ‘impossibilità indiscussa di distinguere un “prima” e un “dopo”. In un universo in cui tutto è immobile, dove non accade nulla – come cristallizzato – in assenza di mutamenti, non esisterebbe alcuna differenza tra il passato, il presente e futuro, in quanto identici. Non sarebbe più possibile avvertire la successione di istanti diversi, del trascorrere delle ore, dei giorni, dei secoli, a causa del tempo “pietrificato”.
E’ indiscusso, quindi, che la vita dell’uomo è dominata dal fattore tempo e da luoghi comuni come, domani, ieri, lo scorso anno, e da eventi che sono scanditi dall ‘incessante ritmo dell ‘orologio. Ci illudiamo, pertanto, che le informazioni relative al mondo del “presente” ci pervengano dai cinque sensi; nessuno, però, s’accorge che percepiamo, in verità, sempre e soltanto il “passato”. Quando ci lasciamo rapire dalla magia di un rosso tramonto, ad esempio, molti non sanno che il disco solare, giù all ‘orizzonte, è già calato da oltre otto minuti: è, infatti, il tempo che impiega il suo segnale di luce per coprire la distanza che lo separa dalla terra. Anche di notte, specie s’è serena, quando il nostro sguardo contempla il luccichio della volta celeste, ignoriamo, purtroppo, che gran parte di quelle stelle che brillano lassù, più non esistono: sono morte, e la luce che giunge a noi, proviene pertanto dal passato.
Appare evidente che vi è sempre un ritardo, anche se piccolo, tra il verificarsi dell ‘evento e il momento in cui il nostro essere prende coscienza dell ‘accaduto. Tutto ciò potrebbe spiegarsi con la diversa velocità con cui viaggiano le informazioni, sia nel nostro sistema nervoso che fuori di esso.
A questo punto, le svariate possibili sollecitazioni di mirate visioni retrocognitive, se il passato venisse percepito contemporaneamente al presente, e con nitidezza di immagini senza pari, potrebbero determinare nell ‘essere umano uno stato confusionale tale da far rasentare la follia: stati allucinatori, più conosciuti come psicometria da ambiente, dovuti proprio alla coesistenza delle due “irreali” realtà.
La realtà del divenire, non si attua in un astratto succedersi di passato,•presente e futuro, ma nella loro sintesi che potremmo definire generata dal cosmico orgasmo di un organismo in cui coesistono il mondo animale-umano, minerale e vegetale, uniti indissolubilmente, per I ‘eternità.
Potremmo a questo punto, concludere che I ‘ esistenza umana prende forma, si muove e si realizza, in un mondo popolato di strane presenze: i fantasmi di un passato che col loro spontaneo, ed a volte provocato, manifestarsi, tendono a condizionare il futuro.
Si, dev’essere proprio così. Nonostante la consapevolezza delle esperienze vissute, e le immagini del futuro che il presente a volte lascia intravedere, l’uomo continua stoicamente il suo cammino…
Chissà perché mai questa tenacia… ? E’ forse questo, l’arcano significato del tempo: sfidare Dio, Grande Architetto dell ‘Universo, per affermare, di conseguenza, il principio del libero arbitrio… ?
Silvio Nascimben

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IL TERZO SEMINARIO Dl STUDI AD ERCOLANO SULL’ESSENZA DELLA MASSONERIA

IL TERZO SEMINARIO Dl STUDI AD ERCOLANO SULL’ESSENZA DELLA MASSONERIA
di
Argeo Franceschetti
Si è tenuto ad Ercolano (Napoli), nei giorni 7 e 8 febbraio, il terzo ed ultimo Seminario di Studi sull ‘essenza della Massoneria, alle soglie del nuovo millennio.
Come è noto, la Giunta Esecutiva del GOI è stata promotrice dei tre convegni che, organizzati in diversi ambiti territoriali (a Torino, per il Settentrione, a Montecatini, per il Centro Italia, e ad Ercolano – Napoli, per il Mezzogiorno) hanno contribuito non poco ad evidenziare, e nello stesso tempo a rimarcare, i concetti iniziatici della Istituzione Massonica proiettata verso il III millennio.
Da questi convegni sono emersi, in maniera inconfutabile, segnali altamente propositivi e di notevole spessore culturale che, seppur alcuni apparentemente avveniristici, hanno rimarcato il ruolo della Istituzione: precorrere, da sempre, i tempi.
Tornando al Seminario di Ercolano, il Convegno si è tenuto a Villa Signorini: una splendida antica dimora patrizia, immersa in un meraviglioso e verde parco. Il tutto, impreziosito dall ‘ incantevole scenografia dell ‘ azzurro mare di Napoli.
I lavori sono iniziati alle 10,30 di sabato, presieduti dal Gran Maestro, Virgilio Gaito, e dai Carissimi Fratelli Argeo Franceschetti, Pippo Wrzy e Cristofaro Sola.
Il Fr. Argeo Franceschetti, I Gran Sorvegliante, nella veste di moderatore del convegno, portando il suo affettuoso saluto al Gran Maestro ed ai partecipanti, in verità in gran numero convenuti dalla Calabria e dalla Puglia, ha illustrato, come era d’uopo, le finalità e, ancor più, le numerose relazioni pervenute alla Grande Segreteria.
Il Gran Maestro, Virgilio Gaito, nella sua allocuzione di apertura, descrivendo l’impegno culturale della Istituzione e gli obiettivi che essa intende raggiungere, ha rivolto ai Fratelli I ‘invito a voler contribuire con suggerimenti, proposte articolate e suggerimenti stimolanti, al fine di tracciare, collegialmente e con più determinazione, la “Via futura” della Massoneria.
Gli interventi altamente qualificati, e il notevole spessore degli argomenti proposti, non potevano che essere l’affettuosa risposta al fraterno invito del Gran Maestro.
Dopo la sospensione dei Lavori, i convenuti si sono ritrovati più tardi per partecipare ad un Concerto che ha visto, tra l’altro, applauditissima la giovane Soprano, interprete di alcune vecchie melodie del repertorio classico napoletano.
In un ‘atmosfera entusiastica di alto livello, la partecipazione di eleganti signore ha coronato degnamente la serata di gala e la raffinata Agape Bianca.
Il Seminario, proseguito nella mattinata successiva, ha visto, al termine di numerosi altri qualificati interventi, il Grande Oratore, Pippo Wrzy, esporre le sue conclusioni che sono state, tra l’altro, apertamente condivise da tutti, essendo le stesse un affettuoso e caldo invito di pace ed amore.
Con il discorso di commiato del Gran Maestro Gaito, il Seminario si è concluso sancito dal plauso dei presenti, visibilmente soddisfatti per I ‘ottima riuscita dello stesso.•

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UNO SFORTUNATO MASSONE FRANCESE A TARANTO NEL 1799: DEODATO GRATET Dl DOLOMIEU

UNO SFORTUNATO MASSONE FRANCESE A TARANTO NEL 1799: DEODATO GRATET Dl DOLOMIEU
di
Francesco Guida
Deodato Silvano Guido Tancredi di Gratet l nacque a Dolomieu nella regione francese dell ‘Isère il 23 giugno 1750 da nobile famiglia. Essendo figlio cadetto la famiglia lo destinò sin dall ‘infanzia all ‘Ordine di Malta2 .
In tale ambiente non ebbe vita tranquilla se nel 1768, all ‘età di diciotto anni, uccise un camerata in due1103 . Fu tale episodio graziato dal Gran Maestro dell’Ordine, ma la sua vita continuò a non essere consona all’ambiente melitense tanto che fu espulso nel 1790 con l’accusa di aver complottato per la distruzione dell ‘Ordine per simpatia verso le idee rivoluzionarie4. Fece frequenti viaggi in Francia, Svizzera, in Portogallo e soprattutto in Italia, che gli servivano per maturare gli studi sui vulcani dell’Italia meridionale5 . Da questi studi elaborò teorie efficaci sull’origine delle rocce eruttive. Tali studi saranno valorizzati dai posteri, che conieranno il termine “dolomite” in onore a Dolomieu per designare una roccia particolare che forma le catene montuose italiane.
Tornato in Francia, abbracciò apertamente le idee liberali e si affiliò al Club dei Foglianti, ma il prevalere del radicalismo rivoluzionario e la penosa immagine degli eccessi del Terrore gli raffreddarono ogni entusiasmo, al punto tale darischiare la vita per proteggere generosamente la fami-glia del marchese de La Rochefoucauld, suo intimo ami-co che fu trucidato quasi davanti ai suoi occhi dal furorerivoluzionario.
Divenuto sospetto al fa-natismo radicale, si ritirò in provincia ove ebbe l’op-portunità di dedicarsi ai suoi studi e di pubblicare i suoirisultati: Sur les pierres figurées de Florence (1793),Memoires sur lespierres composées et les roches (1794),Distribution méthodique des matières vulcanique (179496
Passato il periodo del Ter-rore, fu richiamato a Parigi nel 1795 dal Governo delDirettorio con la nomina di membro dell ‘Istituto e docen-te alla Scuola delle miniere, ove si fece notare come au-tore di un pregevole studio sulla “Costituzione fisicadell’Egitto'”. Nel 1798 fu scelto da NapoleoneBonaparte quale membro della Commissione scientificadella campagna d’Egitt0 8 . Durante la traversata perraggiungere Alessandria l’armata francese occupò nelgiugno del 1798 1’isola di Malta, ed in tale circostanzaDolomieu fu coinvolto in un ‘azione diplomatica che segnò negativamente tutto il suo soggiorno. Era accaduto che Napoleone aveva assediato I ‘isola con I ‘intento di occuparla militarmente. Il Gran Maestro dell’Ordine, Von Hompesch, volle evitare un inutile spargimento di sangue, preferendo consegnare l’isola senza colpo ferire. Così l’ I l Giugno 1798 il G.M. inviò con un emissario due lettere, una destinata a Napoleone e l’altra a Dolomieu per pregarlo di interpretare i suoi buoni uffici a favore dell’Ordine in nome della sua antica appartenenza. Napoleone colse immediatamente l’opportunità di inviare proprio Dolomieu a trattare col G.M., nonostante lo scienziato manifestasse il forte imbarazzo per quel ruolo ambiguo. Quando fu al suo cospetto Von Hompesch abbracciò l’antico confratello, riponendo in lui ogni speranza. Di conseguenza Malta veniva ceduta alla Repubblica Francese, seppure per breve tempo prima di succedere al dominio inglese9 .
Giunta ad Alessandria l’armata napoleonica cominciò a subire i primi disagi in terra d’Egitto, a causa della confusione e della disorganizzazione, soprattutto a carico dei membri della commissione, che non erano soldati temprati dalla giovane età a sopportare ogni tipo di disagio, ma attempati signori d’arte e di scienza. Così, senza cibo né adeguato ricovero la commissione Incaricò Dolomieu di rappresentare a Napoleone la protesta 1 0.
Ancora, nella metà di settembre 1798, mentre attraversava il fiume Nilo, la commissione venne attaccata da una frotta di contadini armati, ed in tale circostanza Dolomieu fu costretto a difendere la vita a colpi di spada e pistola ll . In agosto Napoleone fondò al Cairo l’Istituto d’Egitto inserendo Dolomieu nella sezione di Fisica.
Tale Istituto costituì il primo nucleo del Museo del Cair0 12 . La vita della Commissione degli scienziati impegnati nella attività dell’Istituto non era facile. Oltre alle ordinarie incombenze di tipo amministrativo in favore dell’armata dovevano attendere ai loro studi scientifici, ed ogni cinque giorni dovevano render conto all ‘Istituto degli sviluppi dei loro studi e ricerche. Dolomieu, in particolare, si applicò “sulla selezione, conservazione e trasporto di monumenti antichi” che avrebbero dovuto essere trasferiti per nave dall ‘Egitto in Francia 13 . Quanto sia stato apprezzato ed utilizzato lo studio del Dolomieu lo testimonia il museo del Louvre di Parigi, onusto di ricchezze archeologiche egizie.
Dopo I ‘ennesimo momento di tensione, il 21.10.1798, quando i membri dell ‘Istituto furono coinvolti in una rivolta popolare e salvati a stento dalle truppe francesi 14, Dolomieu aveva ormai esaurito la sua capacità di sopportazione, non dimenticando la parte ambigua che gli era stata imposta da Napoleone a Malta, e chiese pertanto a Napoleone di far ritorno in Francia.
Così nel mese di dicembre lo scienziato insieme ai generali Dumas e Mascourt partì da Alessandria per tornare in Francia, con un carico di ciechi e feriti 15 .
Ma i guai per Dolomieu non erano ancora finiti, anzi erano appena iniziati. Colta da una tempesta la corvetta “La bella Maltese” ove era imbarcato Dolomieu dovette riparare a Taranto il 27.03.1799, proprio quando infuriava la reazione sanfedista contro la repubblica tarantina. L’otto marzo precedente, infatti, era stato spiantato il repubblicano albero della libertà, vissuto appena 29 giorni. Il capitano della nave “si presentò alle autorità locali con una relazione dove erano narrate le peripezie e le sciagure del viaggio e I ‘identità degli ospiti imbarcati, tra cui i generali francesi Dumas e Mascourt e il geologo Dolomieu”. I malcapitati non sapevano che in quel momento si stava consumando la tragedia della Realizzazione della città in odio ai francesi. Pertanto furono tutti sbarcati e col pretesto della quarantena furono rinchiusi prima nel lazzaretto, poi il 13 maggio furono trasferiti al castello, sotto la custodia di Cataldantonio Mignogna, capo truppa della guarnigione civica, come disposto dai cav. Giambattista Terolli, comandante militare della regia fortezza, su ordine del generale. De Cesare, “comandante la quinta e la sesta divisione delle truppe cristiane del Regno di Napoli”16. In quella circostanza furono tutti perquisiti ed identificati, tra cui “Deodato Dolomieu, membro di quasi tutte le accademie d ‘Europa e professore di storia naturale a Parigi
Il 16 maggio gli imbarcati francesi, tranne i generali Dumas e Manscourt, furono trasferiti a Messina 18 . Vi fu immediatamente una mobilitazione massonica per la liberazione del fratello Dolomieu.
Uno dei più grandi massoni del tempo, il teologo luterano tedesco Friedrich Munter, sollecitò il principe Carlo d’Assia, Gran Maestro della massoneria tedesca, a rivolgersi a Diego Naselli dei principi d’Aragona, all ‘epoca governatore di Roma, già Gran Maestro della massoneria napoletana, ed ora persecutore di giacobini, ad intervenire per la liberazione di Dolomieu 19 .
Ma I ‘ intervento fu vano, per la liberazione del fratello scienziato, ma efficace per evitare che venisse consegnato dal governo napoletano allo zar Paolo I.
Dolomieu trascorse circa venti mesi di carcere duro su istigazione dello zar, il quale, nuovo Gran Maestro dell ‘Ordine di Malta ricostituito in Russia, mirava ad impossessarsi dell ‘ex confratello in occasione dell’occupazione francese di Malta20 . Per quanto fosse ristretto in prigionia, Dolomieu non aveva perduto il vigore mentale, tanto che riuscì a stendere, con pezzi di carbon bruciato, in margine ad una bibbia, e su un frammento di carta, un manoscritto che intitolò “Filosofia della Mineralogia”, considerata una delle prime opere di teoria geologica21 . Anche il massone Generale Gioacchino Murat si spese molto per tentare di liberare i fratelli francesi e gli altri prigionieri22
Nella metà di novembre 1800, tramite il generale Dupont, in Firenze minacciò nuovamente I ‘invasione del Regno di Napoli se il governo non avesse restituito subito i generali francesi, lo scienziato Dolomieu e gli altri prigionieri. Ma anche in questa circostanza la corte borbonica oppose un rifiuto.
In seguito, per timore dell’invasione francese, il 17 febbraio 1801 , re Ferdinando concesse I’indulto proprio un giomo prima dell ‘armistizio di Foligno, che doveva poi formalizzarsi nella pace di Firenze del 31.03.1801 23

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LA GRECA: UN SIMBOLISMO TUTTO ITALIANO ANDATO IN DISUSO

LA GRECA: un simbolismo tutto italiano andato in disuso
di
Luigi Sessa
In Palazzo Giustiniani, che fu per tanti anni sede, oltre che del Grande Oriente d’Italia, anche delle Logge romane, c’era un Tempio intitolato a Pitagora.
Esso era situato al quarto piano dell’antico palazzo e la fatiscenza dei suoi arredi denunciava il lungo uso che i Fratelli romani ne avevano fatto.
Della sua decadente decorazione ricordo un particolare che lo rendeva unico tra gli altri Templi che venivano utilizzati sulla fine degli anni ’60 a Roma. Si trattava di una particolare linea, disegnata bordeggiando le pareti, seguendo tutto il perimetro superiore del Tempio, proprio sotto il limite del soffitto.
Notai, visitando altri Templi di Palazzo Giustiniani e diversi altri in altri Orienti, che quella decorazione non si riscontrava altrove. Questo tipo di decorazione, per altro, sparì del tutto allorché, nei primi anni ’70, il Tempio Pitagora e gli altri di Palazzo Giustiniani furono restaurati e l’intera sede del Grande Oriente fu opportunamente rammodernata.
Intanto, avevo chiesto informazioni presso i Fratelli più anziani circa quella particolare linea, ma non avevo avuto soddisfacenti risposte. Molti ne ignoravano sia la denominazione che il simbolismo.
Approfondii le mie ricerche e venni a sapere che quella decorazione si denominava “la Greca”.
Devo dire che non mi fu facile saperne di più.
Nel corso di ulteriori approfondimenti, appresi che questa decorazione risaliva ad antica, ma non meglio specificata, usanza per cui, quantunque oggi essa appaia del tutto dimenticata, ritengo cosa degna ed utile, col riportarne alla memoria I ‘esistenza, delucidarne, per quanto possibile anche il significato.
La “Greca” è un motivo ornamentale, costituito da una serie ininterrotta di segmenti alternativamente disposti in linee perpendicolari e parallele l . Nell ‘ambito decorativo profano è di uso comune e noto.
Nell’ambito massonico essa è, attualmente, come si può riscontrare, se non del tutto, alquanto desueta. Per quanto sono riuscito a saperne, oltre che “Greca”, essa veniva definita anche “Nastro” o “Fregio a dentelli o a frastagli”2 e correva, un tempo, al di sopra e parallelamente a quel Cordone che, partendo da una delle Colonne, gira intorno al Tempio, quasi lungo il limite del soffitto, formando simmetricamente un certo numero di Nodi d ‘Amore e ritorna all’altra Colonna.
Questa terminologia non va confusa con quelle di “Nappa o Fiocco a dentelli o afrastagli”‘, comunemente usate per indicare il tratto terminale del Cordone che forma i Nodi o Lacci d ‘Amore3 .
Bisogna, tuttavia, avvertire e tenere ben presente, che, nella gran parte delle Comunioni massoniche si impiega la terminologia “Nastro a dentelli”, proprio ed esclusivamente, per indicare il Cordone e di ciò rendono testimonianza vari autori e Rituali4 .

Inoltre, nel linguaggio massonico angloamericano, tale Cordone è detto Indented Tassel o Tassellated Border, ecc., anche quando orna il Quadro di Loggia di App.•.5 .
L’impiego di queste terminologie, oggettivamente improprie, ma universalmente diffuse e praticate per denominare il Cordone, ha, evidentemente, sopraffatto il timido incipiente uso della terminologia “la Greca” e, probabilmente, ha determinato anche la scomparsa del motivo ornamentale detto “Greca” nell’allestimento dei Templi e deve aver concorso anche a mandare in desuetudine il suo simbolismo, facendolo definitivamente assimilare a quello del Cordone con i Nodi d’ Amore.
Infatti, l’ornamento della “Greca” è oggi talmente misconosciuto che non se ne trova quasi più traccia nella corrente letteratura. Mentre, nella letteratura di principio secolo, quel poco che si riscontra, testimonia alquanto della confusione già allora in att06.
La scarsezza di notizie intorno alla “Greca” non autorizza ulteriori considerazioni circa la sua origine che, pertanto, permane necessariamente nel vago.
Tuttavia, il semplice fatto che I ‘esistenza di questo motivo ornamentale sia stato riscontrato solo in Italia, consente, non di meno, di formulare una congettura, in base alla quale, la “Greca” possa essere considerata una applicazione simbologica esclusivamente italiana.
Tenendo presente I ‘espressione inglese “Tassellated Border” e considerando la possibilità di tradurre la parola “Border” in “Bordo” o “Margine”7, è possibile che ritualisti italiani abbiano tradotto l’espressione intendendo che “l ‘ornamento a tasselli” dovesse essere posto al “bordo” o al “margine” delle pareti del Tempio. Una siffatta interpretazione spiegherebbe la collocazione del motivo ornamentale in questione tutt’intorno al margine superiore del Tempio e la conseguente denominazione dello stesso in “Greca”.
Questa interpretazione, mentre avrebbe consentito I ‘introduzione della “Greca”, non avrebbe, tuttavia, fatto mettere in discussione né l’esistenza, né l’autonomia del fin troppo noto “Cordone con i Nodi d ‘Amore”, che, naturalmente, avrebbe continuato a mantenere i suoi peculiari significati e, comunque, nell ‘allestimento della ornamentazione del Tempio delle Logge italiane, avrebbe continuato a correre lungo la sommità delle pareti, sebbene al di sotto della “Greca”.
La “Greca” veniva a costituire, così, un ulteriore ed autonomo simbolo, significante la solidarietà e l’armonia tra i Fratelli di Loggia8, mentre il Cordone con i Nodi d ‘Amore restava una proiezione rappresentativa della Catena d ‘Unione, che è un rito ed è allusiva ai legami di fratellanza e unione che pervadono tutti i Liberi Muratori, sparsi per il mond09.
Queste brevi considerazioni sui significati attribuiti alla “Greca” ci fanno comprendere come questo simbolo deve aver goduto, nel tempo in cui fu accolto ed impiegato nell’architettura del Tempio, di grande considerazione ed autonomia simbologica.

.

La spiegazione, così presunta, della sua genesi, mentre da una parte mette in evidenza, tutto sommato, l’erroneo presupposto del nuovo simbolo, dall’altra parte, attese le effettive incongruenze rilevabili nell ‘uso delle terminologie, sia francesi che inglesi, mette in evidenza un apprezzabile tentativo dei ritualisti italiani di razionalizzare la materia, alquanto confusionaria, concernente il “Cordone con i Nodi d’Amore” nella sua duplice allocazione, sia intorno al Tempio, sia sul bordo del Quadro di Loggia.
La soluzione adottata dai ritualisti italiani, ancorché difforme dalle indicazioni comunemente seguite nei Rituali esteri, appare in sé stessa degna di positivo apprezzamento, sia per la razionale impostazione, sia per i valori che la sottendono.
E, pertanto, con nostalgia che penso al simbolo della “Greca” che, a dispetto della mancata conformità alle usanze ritualistiche estere, col suo più che espressivo riferimento alla solidarietà ed alla armonia tra i Fratelli, aveva, a suo tempo, con grande immediatezza alimentato nella mia concezione massonica di apprendista dei valori di fondamentale portata e rilevanza massonica. •

NOTE

I Cfr. Devoto G. e Oli G.C., Vocabolario Illustrato della Lingua Italiana, Casa Editrice Felice Le Monnier e Selezione dal Reader’s Digest, Milano, 1972, Vol. l, p. 1210, v. Greca.
2 Cfr. Saggissimo della Valle del Tevere, Vade-Mecum del LM Apprendista, 1948, OrRoma, Arti Grafiche Romane, pp.32, 34.
3 Nel linguaggio massonico tedesco, per l’appunto, è il Cordone, detto Schnur, con i Nodi d’Amore, che termina con delle Nappe o Fiocchi, dette Quaste o Troddeln, che sono a dentelli o a frastagli. Cfr. Lennhoff E. e Posner 0., Internationales Freimaurer Lexikon, (1932), Amalthea, Wien-München, 1980, col. 1268, v. Quaste; col. 1555, vv. Tassel, Quaste, Schnur; col. 1595, v. Troddeln.
4 Cfr. Reghini A. , Considerazioni sul Rituale dell ‘Apprendista Libero Muratore, s.ed., s.d. (1946), p. 16. A tal proposito questo Autore riporta anche l’espressione allora corrente in francese “houppe dentellée” che, però, letteralmente significa “Fiocco o Nappa dentellata o a dentelli” e non “Nastro o Cordone dentellato”. Cfr. Dizionario Garzanti (Francese Italiano), Garzanti Editore, 1981, p. 444, v. Houppe. Del resto, ancora al giorno d’oggi, “Houppe dentellée” si dice essere la “Corda terminante con dei fiocchi riprodotta intorno alla Loggia e significante la Catena d ‘Unione “. Cfr. Mellor, A., Dictionaire de la Franc-Maçonnerie et des Francs-Maçons, P.Belfond, Paris , 1979, p. 140, v. Houppe dentellée. Alla stessa maniera, nella Massoneria Spagnola si impiega l’espressione “Borda dentellada” che definisce il “gran cordone che circonda l’interno dei templi e che termina
NOT in due grandi borlas (nappe o fiocchi)”. Cfr. Frau Abrines L. e Arus Arderiu R. Diccionario Enciclopédico de la Masonerìa, (1891), Editorial Kier, Buenos Aires, Argentina, 1946, Tomo I, p. 174, v. Borla. Cfr. Carbonell, S., Dizionario Fraseologico Completo, Italiano-Spagnolo e Spagnolo- Italiano, (parte Spagnola-ltaliana), Editore U.Hoepli, Milano, p. 242, v. Borla.
5 Cfr. Mackey, A. G., Encyclopedia ofFreemasonry, Macoy Publishing and Masonic Supply Co. Inc. Richmond, USA, 1966, vol.l p. 479 e vol.2, pp. 1012, 1030 e ss. Cfr. Reghini A., Op. cit., p. 19.
6 Cfr. Bacci U., Il Massone Italiano, Forni Editore, Bologna, (1911) 1976, Vol. l, pp. 229, 233 in cui si possono rilevare tracce di confusione per quanto riguarda il simbolismo del Cordone, riferito allo Zodiaco (p.229). Ma la maggiore confusione si riscontra a p. 233, laddove si dice che il Cordone, definito anche Catena, “circonda, informa di greca, tutto il Tempio”. Per altro, echi della confusione in questo ambito, specialmente nelle usanze angloamericane, si riscontrano ancora oggi e sono sottolineati da qualificati autori che cercano alla meglio di mettere ordine tra le diverse terminologie rilevate nel tempo, tutte, presumibilmente, finalizzate a definire il famoso “Cordone con i Lacci d’Amore”, le cui denominazioni, tutt’altro che pacifiche, oscillano tra: “Intended Tassel, o Tessel o Tarsel’, o “Tassellated Border”, o ” Tesselated Border”, e “Tasserated Border”. Cfr. Coil, H.W., Coil Masonic Encyclopedia, Macoy Publishing and Masonic Supply Co. Inc. New York, USA, 1961, p. 658, v. Trestle-board.
7 Cfr. Cassell’s, English-ltalian Dictionary, Cassell & Company Ltd; London, 1970, p. 617, v.Border.
8, Cfr. Saggissimo della Valle del Tevere, Op. cit., pp. 32, 34.
9 Cfr. Reghini A., Op. cit., p. 16E

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