I DODICI PUNTI Dl UN ANTICO RITO Dl INIZIAZIONE MASSONICA

1 DODICI PUNTI Dl UN ANTICO RITO Dl INIZIAZIONE MASSONICA

di Ronald Holder

(Primo Diacono della Leila Scott Lodge n.289 all’Or.: di Memphis-Tennesse)

In Massoneria, secondo gli antichi testi, esistono dodici punti originali che costituiscono le basi d ‘insieme e comprendono l’intera cerimonia dell’iniziazione. Senza l’esistenza di questi punti, nessun uomo mai era né può essere legalmente ed essenzialmente accolto nell’ordine. Ogni persona che sia fatta Massone deve attraversare tutti questi passaggi rituali, non solo nel primo grado ma anche nei seguenti. Considerando questi punti della più alta importanza nelle cerimonie dell ‘ ordine, la nostra antica Fratellanza esercitò grande ingegnosità nel dar loro simboliche spiegazioni e paragonò le dodici parti della cerimonia d’ iniziazione alle dodici tribù d’Israele. Nonostante il valore e l’importanza che la nostra antica Fratellanza assegnò a questi punti, la Gran Loggia d’Inghilterra pensò di depennarli dai suoi rituali e sostituire fre nuovi punti. Nessuno di questi sistemi è stato mai praticato in questo Paese; i quattro punti perfetti costituiscono un’ adeguata sostituzione per ognuno. Il simbolismo abbracciato nella spiegazione non può essere privo di interesse e non accetto al lettore.

  1. L’apertura della Loggia era simbolizzata dalla tribù di Reuben, perché questi era il primogenito di Giacobbe, che lo chiamò l’inizio della sua forza, la porta, come quella attraverso cui i bambini di Israele entrano nel mondo. Egli veniva, quindi, appropriatamente assunto come l’emblema di quella cerimonia che è essenzialmente l’inizio di ogni iniziazione.
  2. La preparazione del candidato veniva simbolizzata dalla tribù di Simeone perché questi preparò gli strumenti per la strage degli Scechemiti, che scatenò enorme sofferenza in suo padre, e quindi per perpetuare l’orrore della sua crudeltà, i candidati all’iniziazione erano privati di tutte le armi, sia quelle offensive che quelle difensive. Ricordato dalle scritture, Sechem violò la castità della sorella di Simeone, Dinah, per cui Simeone con suo fratello Levi, uccise gli Scecheniti durante il terzo giorno di convalescenza della loro circoncisione. Questo, infatti, è il periodo in cui l’organo maschile è maggiormente sensibile quando si viene circoncisi da adulto.
  • Il segno del Primo Diacono si riferisce alla tribù di Levi, in commemorazione del segno che Levi si ritenesse avesse fornito a suo fratello Simeone quando assalirono gli uomini di Sechem nel momento in cui erano incapaci di difendersi, passandoli tutti a fil di spada per l’affronto subito da Dinah, loro sorella, da Sechem, figlio di Hamor.
  • L’ ingresso del candidato nella loggia veniva simbolizzato dalla tribù di Giuda, poiché erano i primi ad attraversare il fiume Giordano e ad entrare nella terra promessa di latte e miele venendo dall’oscurità e dalla schiavitù, come pure dal deserto, attraverso pericolosi e faticosi tragitti, nella luce e nella libertà di Canaan.
  • L’ orazione era simbolizzata da Zebulum perché la benedizione e la preghiera di Giacobbe era diretta a Zebulum preferendolo a suo fratello Isachar.
  • La circumdeambulazione si riferiva alla tribù di Isachar perché, parsimoniosa ed indolente, invocava un leader per elevarla al pari delle altre tribù.
  • L’avanzamento all’ altare era simbolizzato dalla tribù di Dan, dal momento che il candidato potrebbe essere istruito dalle difficoltà ad avanzare nella via della verità e della santità, così come rapidamente questa tribù avanzò verso I’ idolatria. Perciò era tra la tribù di Dan che il serpente si innalzò per primo per essere adorato. 8) Il giuramento si riferiva alla tribù di Gad, in allusione al solenne giuramento che fu fatto da Japhtah, giudice di Israele, che era di quella tribù.
  • La rivelazione dei misteri al candidato era simbolizzata dalla tribù di Asher perché veniva messo in contatto con i ricchi frutti della conoscenza massonica così come Asher si diceva fosse l’erede della speranza e dei poteri regali.
  • L’ investitura del grembiule di pelle d’ agnello, attraverso cui il candidato è dichiarato libero muratore si riferiva ala tribù di Naphtali, che fu investito da Mosè di una peculiare libertà quando disse: ” O Naphtali, pienamente soddisfatto con la benedizione del Signore, possederai l’Occidente ed il Sud “.

11 ) La cerimonia dell ‘angolo nord-est della loggia si riferisce a Giuseppe, perché come questa cerimonia ci richiama la parte più superficiale della Massoneria, così le due metà tribù di Efrem e Manasse, di cui la tribù di Giuseppe era composta, erano considerate essere le più superficiali del resto, in quanto erano i discendenti solo dei nipoti di Giuda.

12) La chiusura della loggia era simbolizzata dalla tribù di Beniamino, che era il più giovane dei figli di Giacobbe e quindi circoscriveva la forza di suo padre.•                                                                                                                                                     

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CURIOSITA’ MASSONICHE

CURIOSITA’ MISTERIOSE ELIODORO – Nella piazza del Duomo di Catania vi è un elefante realizzato con pietra lavica, chiamato familiarmente dai catanesi “Liodru” perché, si dice servisse da cavalcatura al mago Eliodoro. Con i suoi sortilegi e giochi di prestigio, Eliodoro si inimicò Costantino al punto che quest’ultimo inviò un gruppo di soldati per arrestarlo, e tradurlo a Costantinopoli per giustiziarlo. Catturato, Eliodoro convinse i soldati, prima di imbarcarsi per Costantinopoli, di fare un bagno tutti insieme. Ad un suo gesto, i soldati si ritrovarono, in un battito di ciglia, nella piscina privata di Costantino. Venne nuovamente arrestato e condotto a Costantinopoli, condannato al patibolo. In procinto di subire la condanna a morte, giunto alla soglia della forca, chiese di bere da un recipiente colmo d’acqua. Immerse la testa e disparve in un baleno e fu rivisto a Catania, poco dopo. Di Eliodoro non se ne seppe più nulla dopo che San Leone lo costrinse a passare dentro una fornace da cui il santo uscì illeso. FERRO DI CAVALLO – E’ fra tutti gli amuleti portafortuna, uno tra i più diffusi. Perché abbia veramente un potere, inutile è comprarlo, deve essere trovato per caso. L’usanza di tenere il ferro di cavallo appeso dietro l’uscio ha radici molto remote. Il ritrovamento di un ferro di cavallo, nel 191 3, in una tomba nella necropoli di Locri ha seriamente messo in discussione l’attribuzione di questo amuleto, ad un giapponese del XVI secolo. IL SERPARO – A Foggia, e nella provincia in particolare, è estremamente interessante l’attenzione che viene dedicata al serparo, che, necessariamente, deve essere ultimo di sette fratelli. Appena in giovane età, viene condotto al santuario di S.Paolo presso Foggia, ricevendo l’invulnerabilità ed il potere di comandare i serpenti. Ciò avviene mediante la interposizione di un sacerdote presente al rito. Il giovanetto introduce il braccio in una cavità piena di rettili che lo azzannano a sangue; poi riceve dal sacerdote la pietra del veleno che ha potenti poteri taumaturgici per il morso dei serpenti e apprende, dallo stesso, le quattordici parole misteriose e magiche che accompagnano l’operazione di disintossicazione dal morso. Successivamente il serparo viene ceramato, in altri termini investito dei suoi poteri” Ritroviamo la coesistenza di religione e magia anche negli scongiuri e nelle preghiere che il popolo recita e canta, in determinate occasioni del giorno e della sera, che spesso si accompagnano a preghiere cristiane, nell’atto di fare il pane, nel fare gli scongiuri contro il malocchio, prima di andare a letto ovvero prima di addormentarsi. IL CALVARIO – Il rito del Calvario, si rifà a riti e tradizioni antichissime, della zona di Altamura, e si praticava durante la settimana di passione. Nelle piazza principale, veniva eretto con pietre, rami e terra, un monte Calvario sormontato da tre croci. Faceva da sfondo un grande panno nero sul quale si evidenziava, con caratteri argentati, la scritta: Passio Domini Nostri Jesus Christi. Ritto ai piedi del monte, un prete invitava gli astanti alla fustigazione, in segno di pentimento, producendo un tale coinvolgimento che sfociava in una partecipazione collettiva che oggi definiremmo molto simile alla possessione ovvero ad un rito voo-doo. CARONTE -Infernale battelliere che traghetta le anime dei trapassati. La sua leggenda ha origine nella città di Menfi. Nato dall’unione di Erebo e della Notte, adempie al suo compito di traghettatore sul fiumi Acheronte e Cocito. Il suo compito si limita a trasportare solo le anime che hanno ricevuto sepoltura e che sono nelle condizioni di pagargli il pedaggio. BELINUNZIA – Dal succo di questa erba i Galli estraevano il veleno per le punte delle loro frecce. A questa erba veniva attribuito il potere della pioggia e particolarmente suggestiva era la cerimonia che si effettuava, in periodi di siccità, per raccoglierla.

Le mogli dei druidi sceglievano una vergine tra le più belle e, dopo averla completamente denudata, la invitavano a guidare uno stuolo di compagne per cercare la magica erba. Trovatala, la sradicava con il mignolo della mano destra, e successivamente si recava al più vicino corso d’acqua, seguita dalle compagne che intanto avevano tagliato rami d’ albero che agitavano ritmicamente. Una volta giunti al ruscello, l’erba ed i rami venivano immersi nell’acqua e successivamente scossi sul volto e sul corpo della vergine creando così una piccola pioggia artificiale. Questo era, infatti, il simbolo propiziatorio che doveva rompere il sortilegio della siccità. Tutti poi facevano ritorno e la vergine doveva ripercorrere tutto il cammino marciando all’indietro al fine di mantenere intatto il filo propiziatorio dall’acqua al villaggio.

DRIFF – E’ il nome con cui veniva indicata la pietra di Buttler, pietra alla quale venivano attribuite qualità miracolose. Si diceva che fosse formata da un impasto magico di strani ingredienti tra cui muffa formatasi sulla testa di un morto, vetriolo ramato impastato con colla di pesce e sale marino. Lo straordinario potere che si attribuiva a questa pietra, oltre alla proprietà di neutralizzare qualsiasi veleno, garantiva la guarigione completa, da ogni terribile male, a chi la toccava con la punta della lingua.

ABRACADABRA – In Persia e Siria, con questa parola si costruiva una figura di magia alla quale si attribuivano qualità terapeutiche, fra le quali quella di guarire la febbre. Bastava appendersi al collo un amuleto fatto a triangolo e così composto:

A BRACA DA BRA

ABRACADABR

A BRACA DAB

A BRACA DA

A BRACA D

A BRACA

ABR AC

ABRA

ABR

AB

Sapersiforte e sembrare debole, tale è la base (della vita sociale); chi la possiede non devia mai dalla Virtù e tornerà… alla semplicità della fanciullezza. Sapersi illuminato o sembrare oscuro, tale è la base (della vita sociale); chi la possiede non decade mai dalla Virtù e tornerà… all’apice. Sapersi grande e mostrarsi piccolo, tale è la base (della vita sociale); chi la possiede progredisce sempre nella Virtù allo stato dell’ingenuità: l’ingenuità. è il velo della perfezione. Il Perfetto, a ciò conformandosi, diviene capo, diviene forte e dolce signore. Lao Tse
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ANALISI E SINTESI NELL’UOMO MODERNO

Pragmatismo-problema-soluzione

ANALISI E SINTESI NELL’UOMO MODERNO E

NELLA CIVILTÀ’ CONTEMPORANEA

di

Paolo Caradonna Moscatelli

Alle soglie del “terzo millennio ” e dell’età dell’Acquario, l’uomo moderno appare lacerato da contraddizioni individuali e collettive che lo rendono sul piano animico e spirituale una “.monade stanca ‘

Tutti i punti fermi della vita, capisaldi dell’ esistenza dell ‘ uomo antico e della sua visione del mondo “per ordini”, sono sconvolti.

E’ quindi venuta meno quella visione piramidale del mondo sensibile e sovrasensibile che aveva la sua pietra angolare nel “principio di autorità” che scendeva “per li rami” da un Essere Supremo, fino alla intima essenza di ogni materia e di ogni manifestazione della Forza.

La caduta di questo principio solare di autorità che dava una sanzione e un ordine agli eventi naturali e permetteva una profonda proiezione dell’uomo sul piano spirituale (anticamera della comprensione della legge di analogia), da un lato permette di vivere una materialità sempre più tesa ai bisogni di comodità a lungo repressi nei secoli, dall’ altro identifica l’uomo con i suoi bisogni, facendo obliare la citata legge di analogia, estraniando l’uomo da se stesso, dalla sua intima essenza.

Da ciò il rifugio della scienza, intesa come “summa analisi” per procacciarsi il bisogno materiale sempre più raffinato, a scapito talora del godimento pieno ed interiore del bene conquistato.

La parcallizzazione propria della scienza moderna può essere considerata come la esasperazione del la analisi che si approfonda nei vari campi del sapere, creando specialisti sempre più preparati e sempre più settoriali.

Ne deriva un tumultuoso divenire che espropria l’ uomo comune da una dimensione e da una comprensione globale del suo tempo; e questo accade proprio mentre i mezzi di comunicazione in real-time dilatano lo spazio a livelli planetari.

Ma il tempo dell’uomo moderno appare frazionato in tanti tempuscoli seguendo una serie infinita e randomizzata di rapporti causa-effetto che annulla il senso di unità personale, di unità naturale e cosmica, e, in definitiva, il senso del sacro.

L’ ascolto costante di una messe infinita di notizie, di nozioni, di fatti spiccioli, privi del necessario tempo di elaborazione (fase del silenzio) e della critica consapevole, ci rende simili a radio che propagano nell’ etere vibrazioni altrui senza ritenerne alcuna e, peggio, senza conoscere la natura sovrasensibile della parola e del pensiero come creazione.

Né va taciuto che la mancanza di una formazione critica e la diffusione di mode massificanti sempre più effimere, permette il facile dominio delle folle e il plagio di un orientamento collettivo.

L’ effetto amplificante della rivoluzione industriale prima, e della rivoluzione tecnologica poi, ha fuorviato l’uomo moderno da se stesso inteso come soggetto/oggetto di unità donandogli, in compenso, una presunta onnipotenza sul mondo del sensibile, inteso come riproducibile e misurabile.

La prima conseguenza è lo scotoma del non visibile, con la negazione del sacro vissuto come tessuto connettivo dell’esistenza dentro e fuori di sé.

In campo medico, per esempio, una miriade di specialisti, si affanna intorno ad uovo, studiandolo nei dettagli consentiti dalle possibilità tecnologiche, ma negandogli al contempo I ‘unità della mente e la dignità dell’uomo.

Con ciò non si vuole negare l’indagine diagnostica approfondita ma se ne contesta la freddezza disumanizzante.

La diffusione ormai epidemica delle malattie psicosomatiche conferma le mie parole.

In campo militare, la possibilità di unTESI  NELL’UOMO ,ODERNOa distruzione a distanza del nemico, nega la necessità del coraggio del singolo, della solidarietà nella compagine e in definitiva la scoperta in sé di quei valori etico-esotericomilitari che avevano forgiato la Cavalleria, giunta a noi come galateo essoterico.

Emerge quindi prepotente la necessità della sintesi quale antidoto allo stato delle cose, perché la sintesi presuppone e tende all’unità (anche senza raggiungerla) e quindi necessita di ben precise direttive logiche attuabili dall ‘ iniziato con metodo analogico.

ORDO AB CHAO. E alla sintesi UNO si perviene attraverso una riappropriazione della unità fondamentale di tutto ciò che esiste, della Causa, della Forza e della Azione, per noi iniziati, e con la profonda consapevolezza fra uomo e macrocosmo.

La legge analogica di Ermete Trismegisto spiega tutto questo con dovizia.

Ma occorre anche modificare ” nella secreta camera dello core” la dimensione e la percezione dello spazio-tempo.

Si dovrebbe intuire che il tempo non è una dimensione verticale di eventi in successione ma una dimensione orizzontale di un presente eterno i cui limiti alla comprensione sono solo nella natura umana del lettore. Questo riporterebbe all’unità in quanto totale ed immanente compresenza del G.•.A .•.D .•.U

Lo spazio sarebbe invece una dimensione verticale, in una successione ordinata di piani più o meno sottili di cui riappropriarsi in ordine crescente.

Questo creerebbe comunque una tensione verso I ‘ alto, verso I ‘ ombelico di Brahama in termini di legge di analogia tra uomo e macrocosmo.

Per parlare in linguaggio junghiano, si avrebbe allora una compressione dell’Io individuale, oggi ipertrofico perché unica ancora e pesante limite dell’uomo moderno, e la riappropriazione del Sé inteso come percezione logica di una essenza comune a tutti gli esseri umani.

E dalla ambizione di questa conquista e dalla necessaria umiltà con cui accingersi a conseguirla che si può evincere l’intimo significato della LIBERTÀ ‘, della UGUAGLIANZA e della FRATELLANZA.•

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TORTURA E SUPPLIZI NELL’ANTICHITÀ

TORTURA E SUPPLIZI NELL’ANTICHITÀ

Pagine oscure nella storia dell’umanità?

di

Silvio Nascimben

Non esiste leggenda, nella lunga storia dell’uomo, che non includa atrocità e crimini, quasi sempre commessi tra consanguinei. Le leggendo, di Caino che uccide Abele, di Romolo e Remo, di Zeus che evira Cronos, il padre colpevole di aver divorato i propri figli, rappresentano il basamento di tutta la mitologia greca e, secondo la Bibbia, della storia della umanità. Caino, infatti, viene associato a Romolo perché, entrambi violenti, uccisero accecati dalla gelosia; in Zeus, invece, si rileva una certa premeditazione nell’attuare l’evirazione, non tanto per il sadico rituale adottato nel togliere di mezzo il proprio padre, ma per la tortura inflittagli con la menomazione.

Tantalo fu, quasi certamente, il primo noto torturato della storia, unitamente a Laoconte, stretto tra le enormi spire di due serpenti, assieme ai suoi giovani figli.

Tutto ciò, pur appartenendo al mondo delle leggende e dei miti poetici, evidenzia in maniera inequivocabile che la tortura veniva largamente praticata in Grecia, tanto da essere considerata da Demoslene e Aristotele decisamente insostituibile per estorcere confessioni.

Di riguardanti i supplizi a cui venivano sottoposti gli stranieri sospetti, e gli schiavi, questi ultimi spesso in sostituzione dei loro padroni. Anche Cicerone, nell’orazione Pro Sulla, parla di una tortura in usa a Roma che faceva parte di una consuetudine giuridica corrente: la botte contenente all’interno chiodi acuminati. A questo crudele supplizio venne sottoposto il Console romano, Attilio Regolo notevole interesse sono gli scritti di Aristofane, il grande commediografo satirico ateniese vissuto ben 2300 anni addietro,

Per quanto disumano fosse questo metodo di tortura, ben poca cosa era rispetto alle pratiche in uso nella Roma della Repubblica, epoca in cui ogni padrone poteva torturare a suo piacimento i propri schiavi.

Nel periodo imperiale, invece, le pratiche suppliziali venivano applicate anche ai cittadini liberi, con esclusione di alcune categorie: i nobili e i propri diretti discendenti, le donne in stato di gravidanza, e i fanciulli. Le torture più usate erano l’equuleus, le lamina, le plumbatae, la mala mansio, le ungulae.

Cicerone, nel descrivere il primo supplizio, evidenzia la particolare struttura dello strumento simile ad un cavallo di legno (equus), sulla cui groppa era infisso un corpo contundente, Al condannato, fatto sedere in groppa, venivano legati enormi pesi ai piedi per favorire una maggiore pressione del corpo e, di conseguenza, rendere più atroce l’impalamento. Le lamina erano oggetti arroventati che, a contatto del corpo, piagavano particolarmente le parti più delicate; le ungulae, invece, erano attrezzi con denti uncinati che venivano utilizzati dai carnefici per ridurre a brandelli le carni delle sfortunate vittime.

Meno impietosa, ma certamente non meno crudele, era la mala mansio, una tenebrosa grotta molto simile a quella del carcere Mamertino, sotto il colle Capitolino, dove i condannati venivano rinchiusi e lasciati morire di fame e sete fra indicibili atroci sofferenze.

La crocifissione poi, come pena alternativa, venne largamente applicata nelle terre straniere dominate da Roma, e in particolare nella Palestina.

Particolarmente inquietante e la storia dello scultore Perillo, a cui Falaride, tiranno di Agrigento vissuto nel VI secolo a.C., commissionò un nuovo e particolare strumento di tortura.

Perillo, infatti, realizzò un grande toro di bronzo dal ventre capiente, entro cui venivafatto entrare il condannato. Alla base dello strumento di tortura, l’accensione di un enorme braciere provocava la morte lenta del malcapitato, fra atroci sofferenze. Il crudele Falaride, pur ammirando la grande genialità dell’ideatore, lo condannò ad entrare per primo nell’ordigno infernale. “Le grida raccapriccianti dello scultore, arrostito vivo – racconta Dionigi d’Alicarnasso – si ripercossero nella mostruosa scultura tanto da sembrare il ruggito di un toro colpito a morte’.

Le atroci macchine di tortura, per amor di verità, non sono da addebitarsi al solo mondo greco-romano. Dalla germanica vergine di Norimberga alla ruota della tortura utilizzata spesso sotto il regno di Enrico VI, dalle pratiche orientali di impalamento alle raffinate tecniche di tortura in uso tra i giapponesi, stivaletto di ferro compreso, innumerevoli erano le diaboliche pratiche inflitte alle vittime, per l’ottenimento di confessioni estorte tra atroci sofferenze.

Nelle pagine del Talmud, il libro sacro dei “figli di Abramo”, viene spesso menzionata la pena della fustigazione: il numero delle frustate, non doveva essere superiore a trentanove. La non osservanza di questa regola sacra prevedeva la condanna a morte del fustigatore.

Gli strumenti di tortura, pur facendo parte di un passato certamente poco edificante per la stirpe umana, attualmente vengono esposti in bella mostra in musei e collezioni periodiche itineranti, sia come attrattiva storico-culturale, e per ricordarci quanto crudeli fossero a quel tempo i nostri progenitori.

Pur tuttavia, viene spontaneo chiedersi: alla luce delle recenti conquiste tecnologiche della chimica e della fisica, ma ancor più della propensione a migliorare le condizioni di vita e di benessere dell’umanità, i comportamenti l’uomo dei nostri giorni è veramente diverso da quello di ieri. Volgendo lo sguardo, però, a quel passato non molto lontano, in cui erano in uso raffinate torture e sui roghi venivano arsi vivi eretici e presunte streghe – in nome e per conto di un Dio implacabile e per nulla misericordioso – e confrontandolo con quanto oggi avviene, non possiamo che renderci conto, ahimè, che non vi è stato miglioramento alcuno. Anzi, in peggio. Nel modo contemporaneo d’oggi, le pratiche suppliziali che nella remota antichità erano praticate nei confronti dei singoli, si sono via via trasformate, raffinate direi, e sempre più protese all’annientamento delle masse. Lamina, ungulae, plumbatae, mala mansio, e tutte le diavolerie del passato non più in uso, sono state accantonate. Al loro posto, in virtù dell’incalzante progresso tecnologico, sono subentrate le camere a gas, bombe atomiche e al napalm, armi batteriologiche e chimiche, e tant’altri stramaledetti congegni di morte e distruzione di popoli interi.

La nostra epoca, ahimè, è contrassegnata da impietosi genocidi, da crudeli epurazioni etniche e, non da meno, da assurdi attentati perpetrati da fanatici gruppi religiosi di ispirazione integralista.

La crudeltà, forse, non cesserà mai di esistere. E’ da sempre compagna dell’uomo, fin dal tempo delle caverne, e lo accompagnerà fino alla fine dei suoi giorni perché ha eletto a dimora, l’animo umano.

E’ una triste, forse, pessimistica considerazione. Stranamente però, se raffrontati alle diaboliche tecniche di pulizia etnica e alle innumerevoli vicende di sangue e di morte che si abbattono sull’umanità contemporanea, i desueti strumenti di tortura del passato, malgrado le spietate regole d’applicazione, appaiono contornati da un alone meno impietoso e più vicini alla dimensione umana.•

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IL RITUALE MASSONICO IN CAMERA D’APPRENDISTA UNA PROPOSTA Dl LETTURA

IL [1]RITUALE MASSONICO IN CAMERA D’APPRENDISTA UNA PROPOSTA Dl LETTURA

di

Giuseppe Schiavone.

Il rituale che regola i lavori liberomuratori in grado d’Apprendista si divide significativamente in tre parti: apertura, svolgimento e chiusura dei lavori.

l) La prima parte comincia con l’ingresso nel Tempio l . Prosegue con l’arredo di esso secondo le modalità di Rito e il richiamo dei Fratelli alla presa di coscienza dei lavori che si stanno avviando.

Si conclude con la lettura ed approvazione della Tavola architettonica tracciata dal Segretario nella precedente tornata.

La marcia d’ingresso avviene in senso orario. I Liberi Muratori, membri di un’istituzione iniziatica solare, svolgendo i loro lavori sotto il supremo simbolo dell’astro di fuoco (di cui il Primo Sorvegliante è tenuto ad osservare scrupolosamente il corso), seguono il moto apparente del Sole; perciò passano da Nord (con partenza dalla parte più estrema e buia della Colonna di Settentrione, posta a sinistra del Primo Sorvegliante) ad Oriente, dalle tenebre della profanità alla luce della conoscenza, dalla notte dell’incoscienza all’alba della coscienza, poi vanno a Sud e ad Occidente, completando il ciclo.

L’iniziale rettangolazione del Tempio corrisponde alla delimitazione dello spazio sacro, che anticamente si compiva tracciando un’incisione circolare sul terreno in senso destro-centrico (ciò perché la destra indica il verso del bene, mentre la sinistra il verso del male). La marcia d’ingresso erige una barriera magica di protezione energetica, separando il sacro dal profano, l’interno dall’esterno; ed è tanto efficace quanto più i Fratelli sono liberi (da rumori e influenze esteriori) e coscienti (del lavoro che stanno svolgendo). La direzione destro-centrica, inoltre, indica il movimento di avvitamento centripeto verso l’interiorità (ovvero di introspezione) dell’adepto, che così può raggiungere il proprio centro esistenziale (o centro di coscienza), il proprio Tempio interiore, dov’è in potenza il Logos, la Luce, il Verbum; e da cui possono sprigionarsi le energie sottili che, entrando in circolo, arrecano benefici effettivi al soggetto che le attiva ed alla Catena di cui egli fa parte, alimentando così un forte Egregoro di Bene.

La marcia d’uscita (quando i lavori saranno completati) si effettua in senso antiorario (o di svitamento centrifugo), con un passo più veloce di quello d’ingresso, poiché si esce dall’interno del Tempio e di se stessi determinando l’abbattimento del cerchio magico precedentemente costruito. Attraverso questo movimento i Fratelli ritornano nel mondo profano e diffondono in esso l’energia sottile accumulata nel corso dei lavori. Si realizza così una delle finalità istituzionali più importanti del Grande Oriente d’Italia che, nel solco della secolare tradizione muratoria, opera per il bene dell’umanità e per la gloria del Grande Architetto dell’universo (G.A.D.U.).

L’ora di apertura e chiusura dei lavori corrisponde simbolicamente a Mezzogiorn0[2]e a Mezzanotte[3]. Mentre l’età dei presenti rappresenta il grado evolutivo minimo (il livello psicospirituale) richiesto a ciascun partecipante per poter aprire i lavori ed ottenere risultati validi.

Sull’ara, al centro del Tempio, v’è la Bibbia, aperta al Vangelo di Giovanni (che ha un evidente significato esoterico), con sovrapposti la Squadra ed il Compasso. Il senso di questi tre strumenti dev’essere sempre tenuto presente da chi intende lavorare alla costruzione del Tempio nei suoi diversi livelli. La seconda parte è quella centrale, durante la quale si svolge l’argomento posto all’ordine del giorno, secondo quanto stabilito dal Maestro Venerabile o dal Consiglio delle Luci, sì da procedere adeguatamente all’istruzione del grado. Il lavoro di cui si tratta serve, quindi, per com-prendere e per entrare nella propria coscienza, dove ognuno, incontrando il G.A.D.U., incontra se stesso e i suoi Fratelli; e contestualmente attiva le proprie energie interne migliori, procedendo dal «grosso» al «sottile». Si è come in un laboratorio sacro, dove si sperimenta un’arte demiurgica. Se tutto si compie correttamente, avviene una trasformazione sostanziale di dette energie, una loro sublimazione, evolvendo verso una sempre più pura spiritualizzazione. E’ un’operazione di trsformazione alchemica delle forze in atto. Un analogo di ciò lo si può riscontrare nella Messa cristiana, appunto nella parte centrale di essa, quando avviene la transustanziazione, una fase che ha pure valenze alchemiche.   

Si conclude con l’intervento sintetico dell’Oratore e del Maestro Venerabile, il quale, a questo punto, passa alla fase finale dei lavori, chiedendo ai Fratelli se hanno da aggiungere qualche proposta sulla base di quanto s’è positivamente compiuto, i cui effetti devono ora avere un’esplicazione diffusiva, passando dall’interno all’esterno. Nella terza parte, pertanto, non si può più prendere la parola per riaprire discorsi già conclusi altrimenti si dimostrerebbe di non aver compreso il senso di quanto s’è fatto sino a quel momento. Le proposte per il bene dell’Ordine in generale e della Loggia in particolare non devono diventare pretesto per prolungare argomenti già sviluppati e chiusi in precedenza; altrimenti s’inverte il senso dei lavori e si genera il caos. Esse, invece – premesso che devono gravitare sempre sul positivo – debbono vertere su istanze nuove, presentate in modo molto breve e stringato, in ordine all’estrinsecazione del seme aureo prodotto. Perciò devono essere realmente volte al bene di tutti. Devono quindi esclusivamente servire a rafforzare quanto di buono è stato ottenuto, poco o molto che sia stato, poco o molto che sia stato, per poterlo generosamente distribuire all’esterno.Nella realtà dei fatti, invece, i passaggi costitutivi la chiusura dei lavori sono soggetti a molti fraintendimenti e confusioni, perciò richiedono un’attenzione adeguata. Così come necessitano di una precisazione le espressioni «Figli della vedova», «Tronco delle proposte tacite», «Tronco della vedova». La prima espressione fa riferimento a Hiram che, com’è documentato nell’Antico Testamento, era «figlio di una vedova della tribù di Nèftali» (l Re, 7, 13-14). Pertanto, i massoni, che sono suoi fratelli ideali, si considerano analogamente figli della medesima madre vedova. Il Tronco delle proposte tacite, poi, serve per inviare al Maestro Venerabile messaggi riservati; che, perciò, devono essere raccolti in forma discreta da lui personalmente, non dall’Oratore[4]. Nel «Tronco della vedova», invece, si raccoglie, feconda e concretizza (in termini reali e non solo ideali) l’energia d’amore ch’è stata attivata durante lo svolgimento dei lavori, particolarmente nella parte centrale, come s’è visto. L’amore diventa un dono materiale (però sempre con implicanze spirituali) da assegnare ai profani particolarmente bisognosi d’aiuto. Consiste nella proiezione o diffusione di quel qualcosa di buono ch’è stato prodotto dai lavori iniziatici e che viene esternato e distribuito, in questa forma, alla società civile, per costruire il Tempio esterno, dopo aver edificato (in certa misura) il Tempio interno. In termini alchemici, il Tronco della vedova contiene la prima materia, la prima condensazione degli effluvi spirituali e d’amore emessi, con intensa vibrazione, dai Fratelli in Catena. Essa poi, data la sua specifica qualità, non deve servire scopi d’arricchimento personale, perciò la generosità dei Fratelli la devolve in opere di bene nella società civile. Pertanto, si configura anche come una prova di efficacia, coerenza e verifica di quanto s’è fatto precedentemente.  L’insieme di questo passaggio rituale è analogo al momento della «comunione» cristiana (che avviene pur esso verso la fine della cerimonia sacra, la Messa), quando il sacerdote offre al popolo dei fedeli il Frutto dell’Opus da lui compiuto. E’ un’operazione solenne di concreta offerta a tutti di partecipazione fraterna alla risurrezione di Cristo (alla ri-nascita di Hiram, nella simbologia massonica). Ciascuno, «inghiottendo» il simbolo della Rinascita («ricevendo dentro» il principio fecondatore, poiché qui il corpo funziona come vaso), ‘lo interiorizza facendosi fecondare; e s’impegna solennemente a cooperare all’unità dell’assemblea e al rafforzamento del suo Egregoro. Solo un energico Egregoro, infatti, può operare fattivamente, come già detto, per il bene dell’umanità e per la gloria del G.A.D.U.[5] La tradizione massonica àncora questo complesso e significativo simbolo anche ad un episodio della vita di Cristo raccontato nel Vangelo di Marco (12, 41-44). Il passo in questione, che ha come titolo «L’obolo della vedova», così recita:   Cristo, «sedutosi di fronte al tesoro [del Tempio], osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: “In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa, invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”».

La morale di questo brano evangelico, com’è evidente, è che agli occhi di Cristo non basta donare, ma è importante come si dona, assumendo rilievo un criterio di proporzionalità dell’obolo in rapporto ai beni di fortuna posseduti dal donatore.

In linea con ciò, sempre nella tradizione massonica, l’espressione «Tronco della vedova» è stata ufficialmente intesa come «borsa di beneficenza»; così, infatti, viene chiamata negli Statuti generali dei Liberi Muratori pubblicati in Napoli nel 1820 (attualmente ristampati dalla casa editrice Bastogi, Foggia, 1986): «Il fratello Elemosiniere è il depositario ed il distributore di tutti i fondi destinati al soccorso dei bisognosi» (art. 202). «In tutte le assemblee massoniche egli porta in giro la borsa di beneficenza […]» (art. 203).

Così anche nella tradizione dei Carbonari e nei Regolamenti e Statuti dell’Adelfia Grado di Sublime Maestro Perfetto (elaborati da Filippo Buonarroti nel 1818), dove si legge che verso la fine dei lavori rituali

«il Saggio [corrispondente al Maestro Venerabile] invita la C. [Cugina] a far percorrere ai meridiani l’urna delle proposizioni, nella quale i ff. [fratelli] possono mettervi i biglietti contenenti i nomi de’ ciechi [profani], che vogliono proporre, come pure le mozioni, che crederanno utili alla prosperità dell’O. [Oriente] e della [Vendita?l. In seguito la C. [Cugina] fa circolare la cassetta di beneficenza. II Segretario fa il transunto di quanto si operò nella seduta».

Un’altra tradizione fa risalire le espressioni «Figli della vedova» e «Tronco della vedova» alla leggenda di Iside, vedova di Osiride, uccis07 dal fratello Tifone (chiamato Seth dai greci) e poi dallo stesso dissezionato in 14 pezzi (in 26, secondo altri studiosi), sparpagliati poi in differenti località dell’Egitto. Iside li cerca con amore, ed ovunque li trovi lì edifica un tempio osirideo, riunificando le membra sparse in una tomba. Iside però non trovò tutte le parti del corpo del marito, ne mancò una, il fallo, ch’era stato inghiottito da un pesce. Iside, comunque – nel dolore della penosa ed amorevole ricerca -, donò agli uomini i riti dell’immortalità (il cui segreto ella custodisce in sé), finché si riunisce al suo caro sposo nella medesima tomba Il significato ermetico di questo racconto si riassume nella formula dei Filosofi: Solutio corporis est coagulatio spiritus 8

Tornando, ora, ai rituali massonici, dopo che si sono concluse le operazioni connesse ai due «Tronchi», il Maestro Venerabile procede alla chiusura definitiva dei lavori e chiede al Primo

Sorvegliante se «gli Operai sono contenti» di ciò che s’è compiuto. I Fratelli, a questo punto, devono esprimere il proprio stato d’animo con un cenno delle mani, in nessun altro mantenendo sempre la dovuta compostezza massonica. Il Primo Sorvegliante, dopo aver scri le Colonne, riferisce su quanto ha visto secondo la formula di Rito (senza, ovviamente, consentito ad alcuno di prendere la parola o altre iniziative, le quali non potrebbero che irrituali e turbative del sereno ordine dei lavori). Il Maestro Venerabile, allora, accertato giunta l’ora prescritta (cioè che tutte le fasi dell’Opera sono state progressivamente portate fine), udito dal Primo Sorvegliante che «tutto è giusto e perfetto».[6], dà atto ai presenti che peractum est!». Così come il sacerdote cristiano dice ai fedeli: «Ite, missa est!».

Sanziona il tutto, infine, con un colpo del suo maglietto e dichiara chiusa la riuni

Loggia secondo i previsti passaggi rituali e augurando a tutti la pace.•


[1] Solitamente, invece, si fa passare il «Tronco delle proposte tacite» unitamente al «Tronco della vedova. Ciò è sbagliato, perché le due operazioni devono essere eseguite in modo distinto e secondo quanto prescrive il rituale.

[2] Quando il Sole è allo Zenith, nel pieno del suo potere di luce e di calore: ciò allude simbolicamente alla maturità cognitiva e di amore (cioè sprituale) del massone.

[3] Quando il Sole è al Nadir e la notte indica che è il momento del riposo.

[4] Solitamente, invece, si fa passare il «Tronco delle proposte tacite» unitamente al «Tronco della vedova. Ciò è sbagliato, perché le due operazioni devono essere eseguite in modo distinto e secondo quanto prescrive il rituale.

IO

[5] L’unione di tutti i credenti in Cristo è pure dimostrata dalla colletta organizzata dall’apostolo Paolo nelle chiese dei pagano-cristiani, in favore dei fedeli di Gerusalemme. Per Paolo questa colletta non è un semplice gesto di liberalità, e non è neppure anzitutto una espressione vaga di carità fraterna. Essa pone in evidenza la comunione che unisce tutti i credenti e che ha la sua origine in questo fatto: sono tutti uniti al medesimo Signore e sono «uno» in Lui (2 Corinti, 8, 34). La colletta diventa un atto di comunione cristiana, un segno dell’unità della chiesa e della solidarietà dei pagani e dei giudei che la chiesa riunisce in un sol corpo.

Fu messo in un cofano e gettato nelle acque del Nilo. Il cofano rappresenta il vaso filosofico sigillato ermeticamente. 8 La divisione di Osiride in pezzi è la soluzione della materia. Tifone e i suoi complici sono gli agenti della disoluzione.

La dispersione delle membra è la volatilizzazione dell’oro filosofico: la riunificazione delle stesse indica la fissazione. Infine, la riunificazione di Iside col suo sposo nella medesima tomba vuol dire che la materia dissolta si coagula e si fissa nello stesso vaso.

[6] Il Primo Sorvegliante, ricevuta la Parola sacra, «Booz» o «Bogaz» (pronuncia «Bo’az»), attraverso i Diaconi, Maestro Venerabile, conferma al medesimo che, appunto, «tutto è giusto e perfetto».

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L’UOMO E LA GNOSI

L’UOMO E LA GNOSI

(L’esigenza di spiritualità tra miti, leggende e superstizioni)

di

Silvio Nascimben

Nel vasto panorama dei piccoli e grandi misteri, nell’antica Grecia, il mondo del magico rivestiva un molo certamente principale perché, a quel tempo. si tendeva all’accettazione ed alla codificazione di tutto ciò che appariva meraviglioso. Ogni possibilità di verifica approfondita era scartata e, com’era logico fosse, tutto il panorama del mondo dell ‘inspiegabile e del fenomenico, diede origine ad una miriade di credenze, di miti e d’ angosciose superstizioni.

Da Eraclito a Socrate, da Platone ad Aristotele, nel percorso evolutivo culturale dell’Ellade, la magia era tenuta in alta considerazione tanto da essere considerata appartenente al mondo della realtà, così come gli eventi, le leggende, gli incubi e le credenze ad essa riconducibili.

Le cronache dell’ insolito di quel tempo, raccontavano che Aristotele e Platone fossero soliti parlare della combustibilità di salamandre e grilli, allorquando venivano a contatto del fuoco, e che Socrate fosse invece costantemente in rapporto con un daimon, che spesso si rendeva visibile ai suoi discepoli.

Di Platone, era noto che parlasse spesso di una misteriosa sorgente di vita che alimentava tutti gli esseri viventi: I ‘Anima del Mondo, presente in ogni cosa del Creato e che gli alchimisti, attraverso lo studio del simbolismo, ricercarono freneticamente nei laboratori alchemici per risalire alla “materia prima’

La “creazione del mondo”, per la scuola pitagorica, era il risultato di una serie di formule numeriche, di misteriose e impenetrabili combinazioni di parole note solo a coloro che, dopo il superamento delle prove rituali dell’iniziazione, pervenissero alla personale conoscenza dell’effettivo valore numerico, e della verità in esso celata.

Lc conoscenze intrasmissibili della scuola pitagorica influenzarono, com’è noto, l’universo magico-esoterico occidentale, fino ai giorni nostri. I discepoli di Pitagora non solo studiavano e praticavano la magia ma l’attuavano anche pubblicamente, tant’è vero che Empedocle esorcizzava le calamità atmosferiche mediante pratiche arcane. riuscendo perfino a resuscitare i morti.

L’esoterismo orientale, in verità, influì notevolmente sulle religioni e la magia greca, tanto da poter affermare che proprio lo stadio esasperato di misteriose dottrine, spesso legate alla demonologia, a cui pervennero gli ultimi filosofi del decadentismo ellenico, abbia alimentato lo stesso Cristianesimo, trasmigando in esso anche l’enorme bagaglio di credenze, superstizioni, di miti e incubi.

Quanti simboli della tradizione magico-esoterica greca riaffiorano nell’ iconografia religiosa del Medioevo!       

L’ossessione dell’occulto e l’atteggiamento della Chiesa

L’ossessione dell’ occulto, alimentato dalla contrapposizione esasperata d’ impeti religiosi e credenze demonologiche di memoria antica, prese sempre più corpo: maghi, streghe ed ermetisti, si trasformarono in bersagli da contrastare, e lottare. Le riaffioranti credenze antiche divennero le testimonianze concrete dell’operato del Maligno. Persino Apuleio, suo malgrado, con I • Asino d’Oro e le Metamorfosi, contribuì ad alimentare la campagna demonizzatrice del “mondo del magico”. Nelle Metamorfosi, ad esempio, Aristomene, in viaggio con un amico. si fermò a dormire in un luogo equivoco. ln sogno. vide due streghe, entrare di soppiatto nella stanza. Le due megere, dopo aver accoltellato a morte il suo amico, recitando alcune formule magiche, strapparono dal petto del malcapitato il cuore che ancora pulsava. Terminato il crudele rito, raccolto il sangue che sgorgava copiosamente in un otre, ebbero cura di sostituire l’organo espiantato con una spugna. Il mattino seguente, Aristomene, che nulla ricordava del sogno vissuto, e l’ amico ripresero il cammino. Giunti in prossimità di un ruscello, l’ amico si fermò per bere la fresca acqua che scorreva. Non ebbe il tempo di chinarsi: dalla ferita, improvvisamente apertasi sul petto, fuoriuscì una spugna che venne trascinata via dalla corrente. E con essa, il corpo dell’uomo privo di vita.

 L’incubo vissuto da Aristomene, sebbene sfruttato per fini facilmente collegabili ai pericoli derivanti da pratiche di stregoneria, evidenzia, altresì, il culto del sogno che era diffusissimo in Grecia. Si riteneva, infatti, che gli dei si servissero dei sogni per inviare moniti e suggerimenti agli uomini.

Le interpretazioni dei sogni, codificate ed elencate per avvenimenti e circostanze, furono raccolte da Artemidoro in un libro che incontrò, a quel tempo, notevole successo. Non vi era condottiero o marinaio che non attendesse dai sogni l’indicazione divina per operare delle scelte. Anche allora, come oggi, gli interpreti dei sogni, e dell’insolito riconducibile al divino, erano tenuti in gran considerazione e, come i mercanti dell’ occulto contemporaneo, spesso ricompensati con ricchi doni e lauti compensi.

Il culto degli eroi

Un’altra pratica molto diffusa nell’antica Grecia, era il culto degli eroi. Essi erano venerati come semidei ed i resti mortali dei personaggi che si distinguevano in vita per ardite operazioni belliche. o per coraggio, non venivano arsi, com’era allora consuetudine, ma conservati quasi fossero preziose reliquie. A quel tempo. era convinzione comune, la sola presenza della reliquia di un eroe, bastava a calamitare le forze benefiche e positive dell’ astrale. che si diffondevano nell’ ambiente circostante.

Le reliquie degli eroi, nascoste in posti segreti per timore che qualcuno potesse sottrarle, erano oggetto di particolari cerimonie. secondo rituali segreti che venivano eseguiti nottetempo.

Chi praticava la magia, in Grecia, aveva due opportunità per officiarla: seguire quella benefica, per il bene del prossimo, oppure quella nera, per produrre malefici. A tale proposito, Platone racconta, la condanna a morte era la pena inflitta a colui che venisse sorpreso a tessere sortilegi nei confronti di qualcuno.

La divinazione del futuro. come le diverse arti divinatorie, era la pratica magica più seguita in Grecia tanto che vennero promulgate apposite leggi per disciplinarla.

Dalla lettura del fegato degli animali uccisi, consigliata da Platone, si passava a magie più potenti come il sacrificio umano. Apollonio di Tiana, un grande e potente mago che nei suoi tanti viaggi si era spinto perfino nelle Indie. lasciò traccia di terribili sortilegi rituali. Venne processato. secondo l’ accusa. per aver sacrificato un bambino con lo scopo di ottenere un importante oracolo.

L’ afte del la divinazione, coinvolgendo tutti, nessuno escluso, incuteva timore e rispetto nei confronti di coloro che, prescelti dagli dei, la potevano officiare. Socrate. sebbene condannato a morte, si offrì spontaneamente di leggere il futuro ai suoi nemici perché, era convinzione diffusa a quel tempo, che le capacità di veggenza si potenziassero nell ‘ imminenza del trapasso.

Il misterioso rito di Demetra ad Eleusi

Era il tempo in cui fiorirono culti segreti e pratiche iniziatiche riservate a pochi eletti, tassativamente interdette ai profani. Ad Eleusi. Demetra ritrovò la figlia perduta, dopo lunghe peregrinazioni in tanti paesi. Proprio ad Eleusi. la dea instaurò il suo credo iniziatico, ricco di misteri riconducibili. per buona parte. alle pratiche dionisiache ed orfiche, e così potente da inserirsi nella tradizione delle dottrine segrete, tanto da influenzare persino le religioni. Il rito d’iniziazione. poi, era spettacolare e ricco di coreografie allegoriche: dopo la purificazione, i bussanti venivano fatti immergere nelle acque del mare e, successivamente, mediante l’interpretazione di scene simboliche mimate, dovevano penetrare i primi aspetti della verità che cercavano. Tra queste, quella mitologica del rapimento della figlia di Demetra e il lungo peregrinare della dea. molto simile a quello di Orfeo. I neofiti, dopo aver bevuto particolari pozioni, pervenivano. durante i rituali segreti di Demetra, a stadi superiori di conoscenza che consentivano l’ accesso al regno delle ombre. Poco si conosce dei misteri di Eleusi. salvo gli ostacoli che dovevano essere superati in oscuri sotterranei, compiendo gesti simbolici come quello di tenere serrata sulla bocca una chiave d’oro. Chiaro ed inequivocabile invito al segreto. Quando i popoli vennero a più stretto contatto tra loro, sia per l’intensificarsi dei commerci che a causa di guerre e di relative conquiste. diverse religioni dovettero confrontarsi tra loro. Il concetto dell ‘ esistenza di una realtà unica, comune in ogni religione rivelata, avviò la nascita della Gnosi. che significa conoscenza, ovverosia la ricerca esoterica di questa verità che traeva origine da miti antichi, e dalla tradizione. Sorsero così numerose sette, e tutte. con un comune denominatore: la segretezza. Furono in tanti ad essere attratti dalla Gnosi. intere masse di adepti salutarono con un entusiasmo senza pari il movimento che si prefiggeva di penetrare i concetti più suggestivi e profondi della conoscenza suprema. Malgrado ciò, venne aspramente avversata perché giudicata nociva per la religione rivelata. Eppure, la Gnosi attingeva stimoli introspettivi dai misteri orfici, dal culto di Mithra, dalla tradizione mistica dell’ antica Caldea, dalle rivelazioni di Ermete Trismegisto, dal buddismo, dalla religione egizia c, non da meno, dallo stesso Cristianesimo. Sebbene San Paolo mettesse in guardia i credenti dalla Chiesa di Efeso, furono in tanti del Cristianesimo ad accogliere, e propagandare, i concetti gnostici.  Anche nell’ antica Roma [a magia. e tutto quanto ad essa si legava, venne avversata in quanto ritenuta malefica per l’ umanità. Nei libri dedicati all’imperatore Tito, Plinio il Vecchio, pur riconoscendo la potenza della magia, elenca una serie di sortilegi c pratiche magiche, tra cui i tentativi falliti di Nerone, evidenziando I ‘ottusità e la stupidità dei maghi di quel tempo.

La leggenda di Simon Mago

Il più celebre ed emblematico personaggio del mondo mitologico gnostico fu, senza ombra di dubbio, Simon Mago. I suoi insegnamenti giungevano sino all’ animo degli adepti. Egli predicava che Dio, il padre supremo di ogni essere vivente, avesse generato un principio femminile da cui ebbero origine gli angeli. Essi, peccando d’ orgoglio, crearono la terra, che successivamente generò i suoi abitanti, costringendola ad un serie di raccapriccianti reincarnazioni. Chi fosse questo prodigioso personaggio, nessuno non lo ha mai saputo. Certamente non fu l’essere malefico, il prototipo demoniaco di stregone nero che viene descritto negli Atti degli Apostoli. che tentò di appropriarsi, mentre Pietro e Giovanni battezzavano i fedeli, della facoltà di elargire lo Spirito Santo. Non, quindi. il rivale di Pietro, ma la personificazione del desiderio di conoscenza”. comune nella ricerca delle verità gnostiche, sempre nell ambito della verità e della fede.

La leggenda che Simon Mago riuscisse a librarsi nel cielo, creando un incontenibile stupore tra i presenti, venne rimaneggiata ad hoc, e spiegata in modo tale da screditarlo. Si diceva infatti che Pietro, sbalordito per il prodigio e temendo che le folle si lasciassero sedurre dal mago, si fosse rivolto a Dio, implorando il suo intervento. L’invocazione, si racconta. ottenne l’effetto voluto. I demoni invisibili che sorreggevano Simon Mago si allontanarono, ed egli, cadendo rovinosamente al suolo, si provocò la frattura delle gambe.

Lo stesso Nerone, pur osteggiando filosofi cd operatori dell’occulto di quel tempo, ossessionato com’ era dall ‘ incubo che trame e operazioni magiche lo spodestassero, era solito consultare veggenti e dotti di astrologia, per conoscere i nomi dei suoi nemici e degli eventuali cospiratori.

Anche allora. come ai giorni nostri. gli oracoli, dalla Pizia greca al Nostradamus del Medioevo, si prestavano, di sovente, ad una duplice interpretazione. Per ambiguità dei responsi abilmente guidati dai sacerdoti, l’intervento di un Iniziato a quei misteri consentiva la decodificazione delle ermetiche profezie che. quasi sempre. si adattavano ad opposte interpretazioni. Scrutare nel futuro per conoscere l ‘ arcano significato della vita in contrapposizione alla morte. come il pervenire a livelli di conoscenza superiore, sono state da sempre considerate pratiche che solo agli eletti, i prescelti dagli dei, era consentito penetrare. Gli antichi. ben sapevano che i segreti arcani del divenire ultraterreno dell’uomo erano strettamente collegati alle forze che la natura emanava. Rivolgersi al vate, per l’ interpretazione di eventi naturali come la pioggia, i tuoni, gli incendi, le calamità e i rumori inspiegabili, significava per gli antichi stabilire una forma di comunicazione con la divinità. L’uomo del Duemila è possibilista. Attribuisce credibilità a fonti diverse di conoscenza, e l’anelito religioso, seppur lo induca alla riscoperta di miti dell ‘antichità, rivolge la sua attenzione anche a movimenti pseudo scientifici, come Scientology, o alternativi come l’Olistica, il “The Gospel of Prosperity” e il ‘”Vangelo del Benessere” delle chiese fondamentaliste americane.

Il mondo, con Internet, è raggiungibile in tempo reale, premendo un semplice tasto. L’esigenza imperante della post-modernità, sembra essere, ahimè, la conquista del benessere. In altri termini una vita migliore, non contaminata da malattie. anche mediante l’utilizzo di mezzi poco ortodossi.

La nostra società. in verità, è tra l’altro caratterizzata da un disinteresse sempre più crescente nei confronti della cosa pubblica: le disillusioni riconducibili all’arrivismo politico e, non da meno, il dilagante malcostume che s’ insinua in ogni dove, spingono l’uomo. fatalmente, verso tensioni edonistiche esasperate. Il desiderio di conquista del “suo particolare” lo protende più ancora verso un eccesso di individualità.

Le ultime stime quantificano in 250 milioni i terrestri che sono atei, lontani da ogni credo che ammetta l’esistenza di una “entità superiore”; queste cifre, stando ai rapporti, sono decisamente in costante crescita.

Dire però che l’uomo del XX secolo non avverta più l’esigenza di dialogo con la parte più sottile che è in lui, da sempre, sarebbe come affermare la totale inesistenza delle emozioni. Egli, seppur integrato nel sistema consumistico del quotidiano, avverte la presenza di vuoti che non riesce a spiegarsi. Insegue, quasi stimolato da un bisogno sempre più crescente, l’esigenza di una non meglio identificata “spiritualità” senza però lasciarsi coinvolgere da impegni di studio, dedizione e sacrificio alcuno: rivolge la sua attenzione alla medicina sciamanica, agli oroscopi e, purtroppo, ai tanti mercanti dell’occulto.

L’aspetto di questo nuovo risveglio di gnosticismo, è sicuramente diverso da quello del passato. Le religioni istituzionalizzate, anche per i dispotici atteggiamenti politici ed economici di memoria antica, non vengono considerate più depositarie di verità assolute. La ricerca del sacro, assume oggi una connotazione decisamente individuale, molto vicina al desiderio di ascesa spirituale del singolo, e nello stesso tempo simile a quella dello gnosticismo dell’antichità.

L’esigenza di spiritualità dell’uomo moderno

Una verità incontrovertibile meriterebbe, a questo punto, una riflessione più approfondita.

L’uomo contemporaneo, vive una profonda situazione di disagio. L’esodo di popolazioni dal cosiddetto “terzo mondo”, l’acuirsi di competizioni tra le religioni consolidate  e quelle emergenti, ed ancor più il confronto costante tra filosofie e tradizioni culturali appartenenti ad etnie radicalmente diverse tra loro, per effetto della crescente facilità di migrazione, non possono sollecitare nella società che la fuga da stereotipi obsoleti. non più al passo coi tempi, verso orizzonti nuovi in grado di dare altre risposte, e più appaganti.

La linea di demarcazione tra I ‘ antico ed il nuovo, tra passato e futuro, è una sottilissima membrana che divide due periodi esistenziali della storia dell’ uomo. Malgrado egli si protenda verso l’ identificazione di nuovi totem più validi ed attuali, il suo sguardo si rivolge costantemente al passato per l’individuazione di uno “stargate”, ovvero una porta spazio-temporale, che gli permetta di riscoprire, ln un non meglio identificabile stato di animazione sospesa, le antiche verità perdute. E non s’ accorge. ahimè, che le verità eterne sono, da sempre. sotto i suoi occhi.

Gin erbis, in verbis e in lapidibus” – dirà nel 1700, il conte Cagliostro – “sono racchiusi gli arcani segreti della Conoscenza. Penetrare nel segreto santuario della Natura. vuol dire conquistare l’essenza umida dell ‘Universo: il Mercurio filosofale. indispensabile per la costruzione della Grande Opera”.

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ANNO 2000: APPUNTAMENTO CON L’ANTICRISTO

ANNO 2000: APPUNTAMENTO CON L’ANTICRISTO…?

di

Silvio Nascimben

“…l’Anticristo è già nato. Lo avrebbe partorito una ragazza madre, in una notte di tempesta. Caino ucciderà nuovamente Abele. Pietro Il concluderà la successione papale. L’Anticristo verrà crocefisso in piazza S. Pietro e l ‘ Umanità si avvierà verso la fine dei Tempi. Cristo ritornerà.

Dietro I’ apparente semplicità dei racconti dei profeti si nascondono, quasi sempre, messaggi occulti di eventi che riusciamo a cogliere dopo il loro verificarsi, col “senno del poi”.

Cosa si nasconde allora dietro I ‘ espressione ”fine del mondo”, al di là del significato letterario delle pamle?

Secondo i teosofi orientali, negli ultimi 25 anni di questo secolo gli uomini si sono avvalsi dell’ aiuto di Grandi Esseri Spirituali, i Superiori Sconosciuti, che da sempre seguono il processo evolutivo del mondo, e solo grazie al loro intervento l’ Umanità riuscirà a superare il più critico appuntamento della sua storia: quello con l ‘ Anticristo.

Il dilagante progressivo deterioramento dei vaIori  spirituali e morali ci vede oggigiorno fatalmente

stranamente accondiscendenti, malgrado la diffusa sensazione del progressivo avanzare del Male Assoluto: premessa di uno sconvolgimento generazionale, di portata epica, ahimè, che nessuno potrà più arrestare. La catastrofe rigeneratrice dovrebbe, secondo le profezie, porre definitivamente fine a tutte le tragedie che da sempre affliggono l’umanità, come le guerre fratricide, la violenza, la crudeltà e le prevaricazioni di ogni sorta.

L’ eterno e ciclopico scontro tra le forze del Bene e del Male — come si rileva dai profetici messaggi – non poteva non contrapporre al Cristo, riferimento spirituale di pace e amore dell’umanità, l’immagine speculare contraria, l’Anticristo, ovverosia il maligno dispensatore di inganni, di odio e morte: l’immonda bestia del Male. LI primo, venuto dalla casa di Davide, dalla terra dei figli di Abramo, mentre il secondo, come precisa il libro di Daniele, I ‘esatto opposto del Cristo: una bestia dalle forme mostruose e ripugnanti, proveniente da una misteriosa “casa gialla”, che alcuni studiosi delle scritture identificano col Sole. Nell’ Apocalisse di San Giovanni è spesso presente, infatti, quest’essere mostruoso e disumano, mentre risuona l’inquietante profetico sermone: “…falsi cristi e falsi profeti sorgeranno e faranno grandi segni e miracoli… “.

L’ Antimessia — dicono – è nato da una ragazza ingenua, violentata da un uomo di nobile e potente famiglia: è il figlio naturale di un padre violento e malvagio. Per le Profezie del Ragno Nero, la data di nascita di questo oscuro personaggio è l’ anno 1967 perché “la soglia dei tempi della grande mietitura” è il 2000 e l ‘ Anticristo concluderà il suo percorso terreno, come il Cristo, a trentatré anni.

Santa Ildegarda, nelle sue “Memorie”, scrive “…renderà a volontà gli uomini sani e malati, esorcizzerà i demoni e farà rivivere i morti. Egli comparirà… . Il Beato Beda, di contro, a proposito dell’Anticristo preannuncia. …apparirà con il manto del vero Cristo per ingannare le genti e alla soglia dei tempi (l’anno 2000) verrà bruciato nella sua perfidia mentre la chiesa brillerà di grande splendore ‘ .

Emblematico appare il collegamento dell’Anticristo al “sole”. Ubertino da Casale, in una ballata, dice. “…il disprezzo de la legge scenderà dal sole… e aggiunge, riferendosi agli ultimi papi, che dal sole pioverà una non specificata gialla “. Nelle profezie di Malachia, poi, il terzultimo papa viene definito “De Labore Solis ” (dal lavoro o, per alcuni, dal travaglio del sole). L’ Anticristo, sotto il pontificato di questo papa, inizierà a far parlare di sé. Le profezie, molto ermetiche in verità e spesso discordanti, sono tutte concordi nell’affermare che il Figlio del Male si macchierà del delitto dell ‘uccisione del padre adottivo: la lunga parentesi dedicata allo studio, terminerà al trentesimo anno, il 1997. Apparirà un gran segno nel cielo, una aurora boreale, o forse un segno di morte provocato dall’uomo: l’inquinamento atmosferico, potrebbe essere una plausibile interpretazione.

Da eloquente oratore, l’ Anticristo impronterà la sua dottrina parlando di fratellanza e di amore, ed ogni sua parola conterrà veleno e seminerà violenza e morte. Il figlio colpirà a morte il proprio padre, la violenza si abbatterà sugli innocenti e sulle terre incolte, macchiate di sangue, crescerà solo la gramigna. Il malefico Maestro, dice Santa Ildegarda, farà tanti miracoli  “…sembrerà muoversi nell’aria, farà venire giù fuoco dal cielo, produrrà lampi, tuoni e grandine. Toglierà il verde degli alberi e poi lo ridarà… Ventuno apostoli si raccoglieranno intorno al Figlio del Male ed uno di questi sarà un prelato cattolico che abbandonerà la legge di Cristo.

Per le profezie del Ragno Nero, questo emblematico personaggio di nome Tipore – anagramma di Pietro – sarà l’ombra, il consigliere fidato dell’ Anticristo e, nello stesso tempo, il Giuda. L’ Anticristo verrà crocifisso “sulla piazza della pietra millenaria, dove vigila il Faraone “. La piazza potrebbe essere San Pietro, al cui centro è collocato I ‘obelisco egiziano.

Con la morte di questo oscuro ed inquietante personaggio, non morirà il suo messaggio malefico, di veleno e di morte, che qualcuno continuerà a divulgare, infiltrandosi, in ogni strato sociale dell ‘Umanità.

Solo allora “i cieli crolleranno e lingue di fuoco “, dicono tutte le profezie e Nostradamus aggiunge: “e spazzeranno la terra fino a ridurla in frammenti”.

Avvicinare questa angosciante profezia alla devastante potenza disintegratrice dell ‘ energia atomica non è cosa difficile, anche perché il termine “disintegram” altro non vuol dire che “spezzare l’integrità di un corpo”. Il segnale della “fine dei tempi” verrà da Oriente e tutto l’Occidente lo vedrà chiaramente.

“La grande morte verrà da Oriente ” – annuncia santa Ildegarda – “preceduta da un lampo e la terra diventerà una sterminata pianura di cenere e di morte. L’umanità non finirà”.

Potrebbe darsi, chissà, che quell ‘ enorme cimitero di cenere – a duemila anni di distanza dalla venuta del Cristo — induca finalmente gli uomini, i pochi scampati alla morte, a riscoprirsi fratelli. Solo allora, stretti in un abbraccio disperato, s’impegneranno al vicendevole rispetto di quella universale ed eterna massima, sempre disattesa: “non fare agli altri ciò che non vorresti fatto a te…

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RELIGIONE E MASSONERIA

RELIGIONE E MASSONERIA

SPIRITUALITÀ NEI CONCETTI Dl

EGUAGLIANZA E Dl FRATERNITÀ

TRA GLI UOMINI NELLA RELIGIONE CRISTIANA E NELLA MASSONERIA

di

Giuseppe Schiavone

1. Origini semantiche

l termine Massoneria o Libera muratoria è di origine francese e deriva da frère maçon (fratello massone) e franc-maçon (franco muratore, libero muratore) e franc-maçonnerie (libera muratoria). Franc: Franco, dal nome del popolo germanico che abitava sulle rive del Reno, che invase le Gallie fondandovi una monarchia. “Franco”, però, ha in sé anche il significato di “libero”, e ciò mostrerebbe che i massoni erano uniti per amore della libertà.

In francese, maçon (corrispondente al provenzale màsso) proviene dal latino medievale machio, machionis (màcio), muratore, tagliatore di pietra, che risponde all’antico alto tedesco mezzo, mëizzo, poi nel moderno alto tedesco metz (tagliatore, taglia-pietre), da meizan (intagliare), affine al gotico maitan (tagliare, mozzare), moderno tedesco meisseln, tagliare con lo scalpello, scalpellare, squadrare la pietra.

L’etimologo Klein ha fatto l’ipotesi che la parola sia stata portata in Inghilterra dai Normanni ( 1066), ma nella traduzione inglese frère sia stato confuso con free, di qui freemason. Successivamente i francesi avrebbero tradotto l’espressione free-mason con franc-maçon.

In Inghilterra, il termine mason senza il prefisso free appare già nel 1292 in uno scritto sulla costruzione di una cappella nel palazzo di Westminster. L’espressione “Libera Muratoria” appare per la prima volta nel 1375 in un’ annotazione riguardante una riunione di rappresentanti di corporazioni cittadine a Londra. La medesima espressione si trova nel 1396 in una lista di lavoratori nella costruzione della cattedrale di Exeter.

La parola Massoneria (nella scrittura inglese masonry) la troviamo con assoluta chiarezza nel Poema regio (1390), ai vv. 20, 24, 54 Si tratta di una ricostruzione in versi, in inglese medioevale, sulle origini della Massoneria o Muratoria. Incomincia narrando la fondazione della Massoneria operativa in Egitto ad opera di Euclide (vv. 1-57) e la diffusione successiva dell’ Arte sino alla sua introduzione in Inghilterra nel X secolo, ai tempi del re Atelstano, che ne sanziona solennemente le Costituzioni (vv. 58-86). La seconda trattazione è normativa (vv. 87-496), divisa a sua volta in 15 articoli (vv. 87-260), in 15 punti (vv. 261-470) e in un decreto a sé stante, relativo all’assemblea generale dei massoni con la presenza dei più eminenti signori del luogo (vv. 471-496). Prosegue con la leggenda dei Quattro Coronati (vv. 497-534), la leggenda della Torre di Babele (vv. 535-550), l’istituzione delle arti liberali da parte di Euclide (vv. 551-576), i doveri verso la Chiesa (vv. 577-692), le buone maniere nella vita in comunione e nelle varie evenienze della convivenza sociale (vv. 693-794).

In Italia, l’espressione mazzone (muratore) si trova alla fine del sec. XIII; e mazzoneria, nel senso proprio di “arte muratoria”, era già entrata nel Quattrocento (cfr. M. Cortellazzo – P. Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Bologna, Zanichelli, 1983, III, p. 729).

2. Origini storiche

Attualmente la Massoneria è un Ordine universale iniziatico che intende al perfezionamento e alla elevazione dell’uomo, senza distinzioni di lingua, cultura, religione, stirpi o ideologia politica. Il suo scopo è la costruzione di strutture sociali di bene, sulla base della fraternità universale, della saggezza, della forza dell’amore e della ragione, della bellezza, della pratica della tolleranza (in tutti i campi), della lotta contro ogni fanatismo e dell ‘esercizio della libertà. Una volta era segreta; oggi non più, ma semplicemente riservata. Ha per divisa gli strumenti dell’architetto e del muratore, come simbolo di costruzione effettiva del progresso universale.  

E portatrice, nella storia, di una cultura ch’è sintesi della spiritualità mediterranea antica (egiziana, ebraica, ellenica, romana). Si tratta di una cultura che stimola nell ‘uomo una palingenesi consapevole e razionale (rinnovamento radicale dell’io), praticata fin dal passato attraverso l’iniziazione. La formazione dell’iniziato procede maturando progressivamente tre momenti della vita interiore: la volontà, l’intuizione, l’autocoscienza, che corrispondono ai tre gradi massonici di Apprendista, Compagno, Maestro.

Le sue matrici culturali risalgono alla sapienza egizia (ermetismo), all ‘esoterismo ebraico e cristiano (Antico Testamento, kabbalah; Nuovo Testamento), all’esoterismo greco misteri eleusini, orfismo, pitagorismo, platonismo), all’esoterismo romano (religione di Mithra, ecc. ).

Dal punto di vista della storia della civiltà del lavoro, ha come precedenti, nella romanità, i Collegia Artificum (per le arti edili, soprattutto per gli scalpellini e i tagliatori di pietra, i Collegia Fabrorum, prima e dopo la Lex Julia del 62 a.C: ); nel Medioevo, le Associazioni di mestiere; nell’età moderna, le Accademie (per lo più d’ispirazione neopitagorica e neoplatonica).

Le radici dell’organizzazione massonica, così come noi oggi la conosciamo, risalgono alle Corporazioni di mestiere medievali, in particolare  alla Società dei muratori (scalpellini, scultori, pittori, ecc.), che fu una delle più famose (basterà ricordare i Maestri Comacini e i Costruttori di cattedrali) 4

A tal proposito è da tener presente la cosiddetta «Carta di Bologna del 1248» (Statuta et ordinamenta societatis magistrorum muri et lignamiis)5

Vale ancora la pena di ricordare che, dall’insieme di queste soietates populi, nacque una struttura politico-istituzionale democratica straordinaria: il Comune medievale; e s’ avviò lo sviluppo della cultura laica, cioè la cultura popolare. Una protagonista di questo vasto movimento di rinascenza cittadina fu appunto la societas dei Liberi Muratori. Questa era divisa in tre gradi: manovale (o apprendista), muratore, maestro. Sede della corporazione era la capanna o loggia, situata presso l’ edificio da costruire (pieve, basilica, convento), nella quale si apprendeva e si perfezionava l’ arte. Gli insegnamenti erano impartiti in tempi diversi (iniziazione gradualistica), secondo determinati riti e giuramenti, sotto il suggello della segretezza. Gli istituti della corporazione contemplavano non solo le regole tecniche dell’arte, ma anche le norme etiche e religiose, secondo riti esoterici riservati ai soli iniziati, con esclusione rigorosa dei profani.

Questo modello passò dalla “Muratoria” alla Massoneria, con l’ utilizzo dei noti strumenti: Compasso, Squadra, Livella, Filo a piombo, Cazzuola, Grambiule (simbolo d’accettazione fattiva dell’ altissimo valore del lavoro, considerato dai massoni un valore sacro).

A motivo delle sue finalità pratiche e della sua composizione sociale, fatta, come già detto, di costruttori, fu poi chiamata “Massoneria operativa”

In età moderna, dalla Carta di Colonia in poi (1535), le Logge accolsero nelle loro file uomini anche non strutturati nelle arti muratorie, purché di elevata moralità, cultura e laboriosità. Erano i cosiddetti “muratori accettati”: uomini, cioè, eminenti in campi diversi e, probabilmente, liberi pensatori perseguitati dal potere ufficiale per le loro idee eterodosse.

Sotto l ‘ influenza degli “accettati” si andò affermando la trasformazione in senso etico-psicologico degli antichi simboli del mestiere muratorio e, inoltre, s’ andò elaborando la chiarificazione dell’umanesimo massonico, con la fondazione del Tempio interiore nel segreto della coscienza, principio e modello del Tempio esterno, con cui comunque il primo doveva interloquire dialetticamente. Perciò la conseguente affermazione del rapporto diretto tra coscienza e storia.

Su queste basi l’istituzione dei Liberi Muratori si riorganizzò trasformandosi in “Massoneria speculativa”. L’ atto fondativo si ebbe a Londra, il 24 giugno 1717, giorno dedicato alla natività di San Giovanni Battista 6

In Italia la prima loggia comparve a Firenze nel 1733-38. La chiesa cattolica la avversò irriducibilmente: Clemente XII nel 1738, Leone XIII nel 1884 espressero in due distinte encicliche la loro condanna.

La costituzione del primo Grande Oriente d’Italia (G.O.I.) avvenne il 20 giugno 1805, con una generale riorganizzazione delle sedi locali . Dopo, si registrò una certa diradazione delle Logge; mentre, viceversa, s’aprì il periodo fiorente della proliferazione delle vendite carbonare e di altre società iniziatiche gemmate dalla Libera Muratoria.

Un successivo rilancio della Massoneria si ebbe tra il 1859 e il 1861, anche se si mostrava divisa in tre rami: il cavouriano Grande Oriente d’Italia con sede a Torino (1859); il garibaldino Grande Oriente di Palermo (1860); il Grande Oriente di Napoli (1861 ). L’opera di fusione delle tre correnti fu realizzata nel 1887 ad opera di Adriano Lemmi, Gran Maestro nel decennio 1885-95.

Nel 1908 si divise in due rami: da una parte, il Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani; dall’altra, la Gran Loggia di Piazza del Gesù. Così, da allora, si designarono i due Ordini massonici.

Nel 1923, il fascismo al potere dichiarò incompatibile l’appartenenza dei suoi membri ad ogni tipo di Loggia. Dopo il delitto Matteotti (10 giugno 1924), l’attacco del regime alla Massoneria fu portato a fondo e fu contrassegnato dalle devastazioni di molte Officine, concludendosi infine coi decreti (giugno 1925) che imponevano l’illegittimità e lo scioglimento di entrambi gli Ordini massonici.

Al pari la Massoneria venne condannata, nel 1935, dal nazismo; nel 1939, dal franchismo e dal regime sovietico (dopo ch’era stata duramente avversata sotto gli zar). In questo periodo, benché perseguitati o arrestati molti suoi membri, la Massoneria svolse attività clandestina antifascista. Dopo il 25 luglio 1943 essa si ricostituì a Napoli; quindi a Roma (il 3-4 giugno 1944, nuovamente a Palazzo Giustiniani, sotto la guida di un Comitato di Gran Maestranza formato da Umberto Cipollone, Guido Laj, Gaetano Varcasia) 8 . Nel 1973 la scissione dei due Ordini venne ricomposta, per riproporsi tuttavia nel 1977. In tempi recenti ha fatto scandalo la Loggia P2 (una loggia contro-iniziatica e deviata), in ogni caso condannata e sciolta, se pur tardivamente, da Palazzo Giustiniani. Nel 1993 è stata turbata da una mini-scissione (più che altro una defezione di pochi, che hanno poi dato origine alla cosiddetta Gran Loggia Regolare d’Italia). Oggi, con il nuovo Gran Maestro Virgilio Gaito, e con la Giunta di governo che lo affianca, è in atto un’ampia azione di recupero dell’antico prestigio e di elaborazione d’un programma teso a proiettare la Libera Muratoria nel Terzo millennio come istituzione portatrice d’un rinnovato progetto di civiltà, eticità e fraternità universale; come movimento spirituale forte nell’alveo della tradizione laica moderna.

3. Origini leggendarie. Il senso della Massoneria

I massoni fanno risalire le loro ascendenze all’architetto del tempio di Salomone, Hiram 9, il quale fu ucciso a tradimento da tre malvagi operai che volevano carpirgli la Parola (i segreti dell ‘ Arte). In conseguenza di ciò, gli altri lavoranti si unirono per proteggersi e soccorrersi a vicenda.

Altri studiosi, però, senza rinnegare questa tradizione, il cui valore iniziatico-pedagogico caratterizza soprattutto la leggenda del terzo grado (il rito della Camera di Maestro), sostengono addirittura che la Massoneria abbia avuto un inizio più antico, perché sarebbe nata con l’uomo.

Le origini leggendarie della Massoneria, comunque, queste come altre, vanno prese non alla lettera, ma per il significato simbolico ed esoterico che contengono. La presunzione che la Massoneria sia esistita fin dalla genesi dell’uomo e che si sia sviluppata con lui, va interpretata nel senso che essa ha sempre capito, raccolto e rappresentato un bisogno proprio dell ‘ essere d’ uomo, un bisogno davvero primigenio e profondo: il bisogno di trascendenza. Cioè il bisogno di superare la condizione contingente, la condizione di finitudine, per avviare un processo di crescita del sé d’uomo; il quale, pur partendo dal finito, si sporge da esso e tende ad orientarsi continuamente verso l’infinito. Il permanente trascendere è il processo che l’uomo compie auto-perfezionandosi: a livello biologico, intellettivo, culturale, morale, sociale, spirituale. Il trascendere è una facoltà ontica, cioè una facoltà peculiare dell ‘essere d’uomo.

La comprensione della dinamica di questo trascendimento e delle leggi che la regolano per la Massoneria diventa una sapienza iniziatica (la sofia muratoria: scienza+intelligenza+virtù, contenuta in un patrimonio di simboli raccolti nel corso della storia, come «riflesso della luce perenne [ … ] e attraverso le età, entrando nelle anime sante , forma amici di Dio e profeti» 10 , da cui la deduzione di un quadro assiologico (quadro di valori individuali e sociali) e di un metodo che guida l’adepto sulla via del suo affinamento mentale, etico e spirituale. E ciò che, in linguaggio muratorio, si chiama  operazione di levigatura della pietra grezza”.

Secondo questa impostazione concettuale, pertanto, tutta l’ attenzione va sul trascendente (cioè su colui che effettivamente trascende), senza pensare alla trascendenza in modo astratto e separato dalla concretezza del soggetto che sta trascendendo. La trascendenza è intrinseca all’uomo. La Massoneria ha compreso questo dinamismo di autopoiesi (auto-creatività, autocostruzione creativo-spirituale dell’ uomo), ne ha raccolto e conservato i significati in un ricco “catalogo” di simboli maturati nel tempo e ne ha reso cosciente l’iniziato attraverso un metodo: il metodo liberomuratorio, che consente al soggetto di non subire passivamente questo naturale sviluppo come qualcosa di meccanicistico e deterministico, ma di essere, viceversa, protagonista attivo e guida del medesimo processo evolutivo, orientandolo ed accelerandolo verso obiettivi di crescita spirituale sempre più alti.

Questa crescita, così, s’esprime primariamente come una crescita coscienziale, per poi determinare effetti sull’intero essere d’uomo, tanto nella sua dimensione naturale quanto in quella storica. E la divinizzazione dell’uomo e della natura attraverso un processo, che si sviluppa, appunto, in un divenire storico, per gradi: gli stadi storici dell’emancipazione umana, le varie epoche della civiltà. Evoluzione della coscienza ed evoluzione della storia, pertanto, coincidono; nel senso che l’evoluzione della coscienza è la misura dell’evoluzione della storia.

Infatti, il bisogno di trascendenza innesca una dinamica storica della trascendenza: è ciò che si chiama il progresso, che s’ avvia, appunto, con il primo storico illuminarsi della coscienza, quando comparve l’ Homo Sapiens (preceduto dall ‘Aoustralopiteco e dall ‘ Homo Habilis), che segnò il passaggio dall’animalità all’umanità in senso proprio, dal regno dell’istintualità e della necessità a quello della libertà e della cultura, al disvelamento dello spirito.

Il massone ri-percorre questo processo nel “Gabinetto di ri-flessione”, dove simbolicamente muore come profano e ri-nasce come Iniziato, con l’ illuminarsi, appunto, della sua coscienza in modo nuovo, dando origine a quella che l’ iniziato Dante Alighieri chiamò la “vita nova”

4. Riscontri biblici

Il manifestarsi del bisogno di trascendenza — di cui abbiamo finora parlato — postula l’esistenza       nell’uomo di un principio di trascendenza (cioè di una causa che lo determina): un principio di infinitudine e di perfezione che è innato nell’uomo e che spinge l’uomo medesimo verso l’autotrascendimento. E la scintilla divina nell’uomo, il soffio di Dio immesso nell’uomo, la Sua presenza nell’umanità (tale, infatti, è il senso dell’ incarnazione di Cristo), com’è chiaramente detto nel Vecchio e nel Nuovo Testamento.

«Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente» (Genesi, 2, 7).

V’è nell’ uomo, quindi, un innato principio spirituale di vita, un principio spirituale di perfezione che dà luogo al processo di perfettibilità umana. O, quanto meno, si tratta di un principio che originariamente ha visto l’infinito e la perfezione, cioè Dio; oppure che —stando a contatto con Lui, com’è chiaramente detto nel racconto biblico del Giardino dell’Eden— ne è stato impressionato, illuminato, ne ha ricevuto l’ impronta (cfr. J. Bôhme). La qual cosa ha destato il desiderio, il bisogno profondo (ancestrale) nell’uomo di raggiungere, meglio dire di ricongiungersi col Principio originario, cioè con Dio. In linguaggio esoterico, ciò è quanto i massoni chiamano la Reintegratio ad Deum.

E qui che si colloca la consapevolezza che alla base dell’essere d’uomo v’è un principio di spiritualità, che è il seme ovvero il nucleo in cui consiste la sostanza ontica del soggetto e da cui procede il suo farsi storico.

In tale prospettiva essere massone significa aderire ad un processo iniziatico di perfezionamento che ha come principio regolatore e come finalità l’ Essere supremo. Cioè assumere Dio come metodo e come fine della propria esistenza. Il processo, però, per i massoni, a differenza di altre scuole, è compiuto coscientemente, per via razionale e per gradi, non per salto mistico.

Il perfezionamento si raggiunge non attraverso la “grazia ” — che secondo i cattolici, rispettabilmente, è il solo strumento di salvezza—, ma attraverso la conoscenza e coscienza del senso della vita individuale e cosmica; e nel mettersi iniziaticamente sulla strada deificante che porta (o riporta) al Principio.

E qui che si colloca la comprensione razionale della religio.

5. La Stella fiammeggiante: lo Spirito incarnato nell’uomo

Nel Tempio dei Liberi Muratori c’è un simbolo (tra i tanti in cui è racchiusa la sapienza massonica) che campeggia in alto, ad Oriente, sulla cattedra del Maestro Venerabile: è la Stella fiammeggiante o Pentalpha: cinque Alpha, cioè cinque principi, perché ai tradizionali quattro (Terra, Acqua, Aria, Fuoco) si aggiunge l’Intelligenza11 . Ha la lettera «G» al centro, che indica Dio, la sua Luce: Geova (in lingua ebraica Jeova, Jahveh, Jeve), God (in l. inglese), Gott (in l. tedesca), Gud (in l. svedese); oppure può essere l’iniziale di Geometria, intesa come la scienza divina che regola l’armonia del cosmo; o di Gnosi: la perfetta conoscenza delle supreme verità filosofiche e religiose, attingibile solo attraverso il cammino iniziatico.

La Stella fiammeggiante, in Massoneria, rappresenta il Fuoco centrale vivificante, il centro interiore dell ‘uomo da cui s’irradia la vera Luce, I ‘Illuminazione e la Scienza divina, l’Intelligenza. E, dunque, il Fuoco sacro dello Spirito divino incarnato, che vivifica l’uomo dal di dentro, dal suo centro appunto, perché —come già detto— è il suo centro12  Perciò la Stella s’identifica con l’illuminazione interiore (l’intuizione) che guida l’iniziato che ha coscienza d’essere un microcosmo e, come tale, portatore d’un principio intrinseco di ordine, armonia, perfezione.

Dagli alchimisti la Stella fiammeggiante, espressiva della Quinta essenza celeste, viene chiamata «Fanciullo filosofico», immagine, anche qui, della divinità incarnata, il principio di coscienza. Coerentemente a questi sensi, viene considerata pure come l’emblema del Cristo. Significativamente, infatti, chi guidò i Re Magi verso Gesù bambino a Betlemme fu una stella fiammeggiante (la «Stella dei Magi»), che indicò la “via” (non solo in senso geografico, ma soprattutto in senso allegorico) di come può avvenire una nascita divina, cioè una ri-nascita iniziatica. Nel caso di Cristo fu la nascita di un uomo (detto anche da Paolo il «secondo Adamo» o «l’ultimo Adamo» 13 che rilanciò nella storia il messaggio già affidato da Dio al primo Adamo (quello edenico).

Il messaggio, contenuto nel Libro della Genesi (l, 26), così recita:

«E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza”»,

inculcandogli dentro lo pneuma, il «principio di vita», il principio vitale cosciente, lo Spirito.

Dunque, il primo Adamo, il capostipite del genere umano era un essere che somigliava a Dio, ne era l’immagine; aveva incarnato in sé il principio divino; il soffio dello Spirito era organicamente in lui; com’è detto nella rappresentazione iniziatica della Stella fiammeggiante.

Il secondo Adamo (il Cristo) riconferma e riannuncia (su un piano diverso, il piano dell’amore e dell’universalità) l’incarnazione dello Spirito nell’uomo: «Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis» (nel testo greco originale è, infatti, en emin, tradotto correttamente nella Vulgata da San Girolamo  con l’espressione latina «in nobis»14).

Dal primo al secondoAdamo viene affermata costantemente una verità secondo cui ogni uomo, avendo in sé, geneticamente, la spiritualità divina, può ascendere al Padre, reintegrarsi con Lui, divenendo simile a Lui.

L’«immagine» e la «somiglianza» divine, da principio potenziale, possono diventare attualità storica alla portata di tutti gli uomini di buona volontà, cioè raggiungibili attraverso un metodo di cui la Massoneria è depositaria: questa è la conoscenza esoterica conquistata dagli iniziati.

5. L’antropologia massonica. Il principio d’uomo, il suo valore

Nell’uomo quindi, secondo l’antropologia massonica, alberga lo Spirito (come s’è gia visto), il Logos, il Verbum, che è strutturato nella mente (il meum ens, seguendo l’interpretazione esoterica) 15. che invece non si ritrova in nessuna delle altre forme di vita nell’universo. L’uomo è l’unico essere visibile che ha coscienza di se stesso, coscienza della vita e della morte, del bene e del male; che ha facoltà di libero arbitrio.

Su queste premesse si fonda il principio d’uomo, cioè il principio secondo cui ogni uomo è dotato di spirito, ragione, autoconsapevolezza, volontà, autonomia, libertà (che è la prima parola del motto massonico «Libertà-Uguaglianza-Fraternità», scritto a caratteri cubitali in ogni loggia. La specie umana, in termini universali, è composta da individui siffatti; è una grande catena che ha questi anelli. Da ciò consegue il principio di eguaglianza (la seconda parola del motto): tutti gli uomini sono eguali perché tutti sono portatori del medesimo patrimonio spirituale.

Appartenere alla medesima specie, vivificata dal soffio divino, determina ipsofacto un vincolo di specie, ovvero una solidarietà naturale tra gli uomini sotto il segno dello Spirito. Questa solidarietà poi, attraverso la cultura e la coscienza del fatto, evolve in fratellanza universale (il terzo fattore del motto). La presa di coscienza dei fondamenti ontici dell’essere d’uomo matura la solidarietà di specie in universale fratellanza umana. Di qui, per il Massone, l’impegno e, perciò, il vincolo etico a ricercare —attraverso il cammino iniziatico— la piena consapevolezza di sé, cioè del proprio essere originario; quindi il vincolo etico a vivere secondo natura, ovvero come fratelli, perché così siamo stati fatti dal medesimo Padre, il Grande Architetto dell ‘Universo (G.A.D.U.)

l principio d’ uomo, allora, è la divinità essenziale incarnata nell ‘uomo medesimo: è una realtà vibrante che dev’essere sperimentata da ciascuno per proprio conto, una rivelazione interiore, un’illuminazione, il risveglio di una facoltà specifica (facultas facultatum) che possediamo sin dalla nascita, ma che s’attiva solo quando la coscienza è pura. Poi, quand’è vergine (come in Maria), dà luogo ad un salto metafisico pur rimanendo nel fisico (nella physis), cioè partorisce il Cristo: una possibilità ch’è stata data ad ogni uomo, perché a tutti è stato «dato potere di diventare figli di Dio» 1 6

II soggetto, trovando Dio (il G.A.D.U.) nella propria interiorità, trova dunque il principio di se stesso, la pura potenzialità di sé, la spiritualità, che è libertà-intelligenza-creatività-amore: l’essenza della specificità umana, da cui parte l’autentica autocostruzione dell’iniziato, per divenire un uomo integrale, onnilaterale. In questo processo l’espansione della dimensione coscienziale coincide con l’espansione dello spirito, perciò con la crescita dell’humanitas che è in ognuno. Di qui l’imperativo etico: Uomo, sii uomo! Un imperativo che per il massone suona nell’accezione «Fratello, sii Fratello al tuo simile!».

Rivelazione divina (intesa come progressiva liberazione del divino dall ‘ incoscienza della materia), pertanto, e crescita umana coincidono. Indiarsi è uguale a umanizzarsi, e viceversa. Dio e uomo reciprocamente si danno senso. In ciò consiste l’autocostruzione di sé e dell’umanità, del singolo e della specie; perciò il lavoro muratorio, com’è scritto nei relativi rituali, è fatto dal massone «per il bene dell’umanità e per la gloria del G.A.D.U.».

Da ciò consegue anche l’alto valore morale dell’essere d’uomo, la sua elevata dignità. Ogni corpo d’uomo dev’essere considerato come un Graal (a cui si lega l’esoterismo cavalleresco dei Templari), cioè portatore dello Spirito divino (qui stat in nobis, semper). Siffatta strutturazione dell’essere d’uomo determina un’altissima qualità onto-antropologica, che rende chiaro come recare un offesa all’uomo è come recare un’offesa a Dio direttamente. Ne discende la proibizione d’ogni forma di sfruttamento e di dominio dell’uomo sull’uomo; quindi l’obbligo morale a demolire le strutture di male, tutte; e a costruire le strutture socio-politiche del bene.

Per questo alto obiettivo siamo tutti impegnati in quanto uomini. Perciò uniamoci in nome del Grande Architel’Universo e dell’Uomo e, abbracciandoci, operiamo per il bene comune!

NOTE

1)Dio solare dell’amicizia e dell’ordine cosmico. Fu divinità del pantheon vedico, presente anche nella tradizione iranica. Poi, dalla Persia si diffuse a Roma, divenendo religione ufficiale sotto l’imperatoreAureliano (270-275 d.C).

2) Furono corporazioni di mestiere che si svilupparono, durante la repubblica e l’impero, nella Roma antica.  Protette dallo stato si interessavano anche di attività segrete e di cerimonie mistiche che venivano svolte in  ambienti segreti, con rituali simbolici.

3) Con la Lex Julia (62 a.C.) furono riordinati i Collegia e i Solidalitia e, contestualmente, fu disposta la soppressione delle associazioni che s’occupavano dell’organizzazione di feste, giochi, convitti, competizioni  elettorali. Tali provvedimenti, comunque, non coinvolsero le associazioni di lavoro in generale, né in particolare i Collegia artigiani, che però furono sottoposti all’autorizzazione delle autorità competenti, ad una precisa regolamentazione e ad un controllo amministrativo rigoroso.

4) Il termine “comacino” deriverebbe, secondo alcuni, da “comacineus”, cioè “compagno di officina”; secondo altri da “cum machinis” (da cui la pronuncia “comàcini”) cioè coloro i quali lavorano con strumenti di mestiere. Rupi Comacine erano dette le montagne intorno a Como; e, ancora oggi, a Milano, è detta Porta Comacina, quella rivolta verso Como. I Comacini, operanti fra il VI e I ‘XI secolo, uniti in fratellanza, tramandarono  l’arte antica di edificare (muratoria) ed anche il vincolo di fraternità che univa i primi muratori, i quali sono  conosciuti anche come “Maestri e Fratelli Comacini”. Dall ‘ Alta Lombardia, dove svolsero la loro prima attività,  si andarono diffondendo, poi, in Francia, Svizzera e nella valle del Reno. Già prima del Mille, a Lucca, operava  una “Massoneria di Maestri Comacini”. Le strutture delle fratellanze dei Maestri Comacini — secondo Eugenio

5) Cfr. E. Bonvicini, Massoneria antica. Dalla «Carta di Bologna» del 1248 agli «Antichi doveri» del 1723, Roma, Atanòr, 1989.

6) Agli inizi del XVIII secolo, esistevano a Londra quattro Logge che —com’era nel costume di tutte le società popolari dell’ epoca— si riunivano in locande: rispettivamente, in quella denominata “All’oca e alla graticola”  “Alla corona”, “Al melo”, “Al bicchiere e all’uva”. Da esse, da un’assemblea generale dei loro membri, nacque la “Gran Loggia di Londra”, che diede il via alla Massoneria moderna.

7)  Nel 1804, su iniziativa di soldati dell’esercito cisalpino, guidati dal generale Lechi, fu istituita anche a Lecce una Loggia. Ebbe sede nel palazzo Giaconia (poi passato in proprie.t.à, nell’ordine, del vescovo Daniele Varcardo, dell’umanista Vittorio de’ Prioli, dei duchi Carignani, dei duchi Lopez y Royo, dell’Istituto dei non vedenti). Nel 1811 fu installata la «Japigia Illuminata», operante sino al 1815. Nel 1864 fu insediata la «Mario Pagano». Nel 1904 nacque la «Liberi e Coscienti», tuttora attiva. Da questa sono gemmate tutte le altre.

8) Anche a Lecce, nel 1944, dopo la clandestinità del periodo fascista, la Massoneria si riorganizzò prontamente, riaprendo il Tempio della Loggia « Liberi e Coscienti».

9) 1 Re, 7, 13-14.

I0) Sapienza, 7, 26-27.

          11)  Il simbolo, visibile nella massonica Camera di Compagno d’ Arte, è di origine pitagorica, ma si diffuse anc Ihe nella speculazione ebraica. Il suo significato, come meglio si vedrà in seguito, è alquanto complesso: include i numeri 3, 2 e 5. Al suo centro, come già detto, c’è un pentagono: simbolo dell’unione feconda del 3, principio maschile, con il 2, principio femminile (perciò rappresenta anche l’Androgino, l’uomo perfetto). Inoltre, il 3, nella concezione pitagorica, indica l’unità che s’è scissa nella dualità e si è ricomposta nella trinità. Il 5, inoltre, indica la legge del Quinario.

12) Nel vecchio rituale utilizzato per l’iniziazione del profano in Camera d’ Apprendista (edizione G.O.I. 1982) è scritto che il «fuoco» è la «sacra materia ignea [ … ] racchiusa nell ‘essere» d’uomo; e che essa è «l’essenza che [ …l anima» l’individuo.

13) 1 Corinti, 15, 45.

14) Giovanni, l, 14.

15) Mens, mentis: dalla radice indo-germanica màn, che si trova variamente vocalizzata in men, mein, min, mun, ecc., «pensare», «conoscere», «intendere»; designa il «principio pensante», It«attività del pensiero», lo “spirito”, l’ “intelligenza” (A. Ernout – A. Meillet, Dictionnaire étymologique de la langue latine, Paris, 1985, p. 396, alla voce «mens»).

16) Giovanni, l, 12

operazione di levigatura della pietra grezza”.

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EXPLAINING CHAOS

EXPLAINING CHAOS

Nino D’Asti

“No, é impossibile descrivere cose di questo genere. Ma a voi, miei fratelli nel genere umano, posso dire una cosa: che perfino quella notte con due lune, nonostante il suo immenso splendore, non era più bella di quanto potrebbe esserlo una notte sotto una sola luna, su questa nostra antica e conosciuta Terra, solo che si immagini ogni malizia umana spazzata via dalla sua faccia e l’uomo finalmente avviato verso la più grande di tutte le sue esplorazioni: se stesso

(Edgar Pangborn)

Il Continuum Kabbalistico

Stephen Hawking prese parte, nell’ ormai lontano 1981, a un convegno sullo spazio-tempo organizzato dai gesuiti nelle cattedratiche aule vaticane. “La Chiesa cattolica – scriverà in seguito il celebre scienziato – aveva compiuto un grave errore nella vicenda di Galileo, tentando di dettar legge su una questione scientifica e dichiarando che era il Sole a orbitare attorno alla Terra e non viceversa: ora, a qualche secolo di distanza, aveva deciso di invitare alcuni esperti per farsi dare consigli sulla cosmologia. Al termine del convegno il Santo Padre ci disse che era giustissimo studiare revoluzione dell’universo dopo il big bang. ma che non dovevamo cercare di penetrare i segreti del big bang stesso, perché quello era il momento della Creazione e quindi l’opera stessa di Dio”:.

Ebbene, molto tempo prima che la Chiesa di Roma emettesse il suo primo vagito, la tradizione orale ebraica – riportata in seguito nel Beresit Rabbâ – così si esprimeva sul Punto: “Come la Beth é chiusa dai lati e aperta sul davanti, così tu non hai il diritto di indagare

[quello]

che sta sotto, che sta davanti e che sta dietro. se non dal giorno in cui l’universo é stato creato in poi” (1,10)

La Beth è la seconda lettera dell’ alfabeto ebraico, ha una forma che ricorda una bocca spalancata ed è la prima lettera della prima parola (la scrittura ebraica è orientata al maschile. da destra a sinistra) con la quale inizia la Genesi: BeRAShITh, cioè “Nel Principio”. Nonostante la somiglianza delle due posizioni, peraltro, l’avvertimento del midra’ lasciava all’ indagine molto più spazio di quanto non avesse fatto poi Papa – per ragioni a lui note – oltre duemila anni più tardi.

Vediamo perché.

“La fisica classica – scrive il ricercatore americano Fritjof Capra – era basata sull’idea sia di uno spazio assoluto, tridimensionale, indipendente dagli oggetti materiali in esso contenuti e regolato dalle leggi della geometria euclidea, sia di un tempo, anch’esso assoluto e inteso come dimensione separata, che scorre uniformemente e indipendentemente dal mondo fisico. Nella fisica relativistica si presenta una situazione nuova, perché alle tre coordinate spaziali si aggiunge il tempo come quarta dimensione e, inoltre, ogni variazione del sistema di coordinate ricombina spazio e tempo in un modo matematicamente ben definito. La teoria della Relatività ha dimostrato che lo spazio non è tridimensionale e il tempo non è una entità separata. Entrambi sono invece connessi profondamente e inseparabilmente e formano un continuo quadridimensionale chiamato spazio.tempo” .

A tute oggi. la Scienza continua a ritenere che lo spazio-tempo abbia avuto inizio con il C.d. Big Bang: un processo di espansione esplosiva iniziato a partire da un oggetto puntiforme. venuto fuori dal nulla e dotato di dimensioni nulle e di densità infinita. Non potendolo definire una impossibilità per il fatto stesso di ammetterne l’esistenza reale, i fisici parlano di questo primissimo evento come di una singolarità; e poiché, nel contesto della relatività generale, non ha molto senso parlare di un prima “anteriore” alla nascita dell’universo, tendono implicitamente ad ammettere, in pieno accordo con le parole del Pontefice. l’assoluta impossibilità di conoscere eventi non compresi nei limiti del continuum spazio-temporale. Ma era proprio questo, che intendeva la tradizione ebraica?

La conoscenza tradizionale, il sapere saputo degli Antichi andava ben oltre i limiti della scienza moderna, ingabbiata fra le pareti di cartongesso del suo rigido materialismo. La genesi dell’Universo a partire da un inesprimibile Punto al centro di una circonferenza, simbolo “eterno” della Creazione: I ipotizzata fusione nucleare degli at01ni di Elio (He) e Idrogeno ( H) all’Inizio. prefigurata dalla neve infuocata (HeH ) dello Zohar, i meccanismi sistolici del Big Crunch che ricordano troppo da vicino l’Ouroboros, il serpente inanellato che divora la propria coda: le ipotesi cosmologiche antropiche  e le affermazioni di Isaia: “Dio non ha creato la Terra invano, ma perché fosse abitata” (IS, XLV, 18); le derniére nouvelles che usano la teoria quantistica della gravità per riaffermare, col Bere#it, che lo spazio-tempo è, insieme, finito e infinito: nulla si conosce oggi che non fosse già noto ieri, perchè “tutto ciò che è già avvenuto accadrà ancora; tutto ciò che è successo in passato accadrà anche in futuro e non c’è niente di nuovo sotto il sole’ . ln qualunque modo questo possa accadere.

Il rapporto fra spazio e tempo può essere rappresentato matematicamente con un sistema di assi, detto cronotopo, che, per una di quelle strane e significative coincidenze di cui è disseminata la storia, ricorda uno strumento analogico usato proprio per misurare il tempo: la clessidra. Gli assi del cronotopo, Incrociano trasversalmente formando una grande X che divide il Piano degli Eventi in quattro zone, delle quali quella a Nord rappresenta il Futuro e quella a Sud il Passato. Tutto il resto. compreso il punto centrale della X, è il Presente: una impossibilità matematica, in senso stretto. giacchè nel nostro universo tutto scorre. Panta Rei, come diceva Eraclito, e nulla rimane uguale a se stesso. neppure per un solo istante. Tuttavia, per chi sa coglierne i} segreto, il Centro della Clessidra, il Luogo del Passaggio del Quanto di materia dal futuro al passato. diviene anche il luogo di formazione della Cosa che, celiando sul noto sinonimo della parola “presente”. gli alchimisti chiamano Il Dono di Dio. Proviamo ora a sostituire nel cronotopo le parole “Futuro” e “Passato” con le espressioni “Stato incorporeo” e “Stato corporeo della Manifestazione” e, verosimilmente.  il mistero del Big Bang potrebbe iniziare a chiarirsi.

In effetti, tutte le tradizioni delle quali si ha notizia contengono, nelle rispettive cosmogonie, il concetto di questo doppio stato della Manifestazione, in cui la modalità  visibile, detta Terra, viene considerata come il prodotto e il riflesso speculare della modalità invisibile, detta Cielo.

“Tutto nel mondo – dice lo Zohar – è diviso in due  parti, di cui l’una è visibile e l’altra invisibile. Ciò che é visibile non é che il riflesso di ciò che é invisibile: il Cielo ha prodotto la Terra, che ne è la parte visibile. Tale è il senso delle parole della Scrittura”BERESCHIT BARA ELOHIM”: Bereschit [Nel Principio] ha dato nascita ad Elohim [la-le Divinità], poiché Bereschil è in alto. . .  ed Elohim è la sua immagine in basso.

Per questo Scrittura dice:   HASCHAMAIM VE-ETH il Cielo ha prodotto la Terra, che ne è la parte visibile”  La Sfinx, passaggio stretto che tutto comprende, vera singolarità che segna il Luogo e il Tempo del passaggio da una modalità all’altra, ha le caratteristiche di uno specchio d’acqua, senza del quale nè la Terra potrebbe essere l’ immagine del Cielo, nè gli Ultimi potrebbero mai diventare i Primi.

Come ho già avuto modo di riferire sommariamente altrove una delle disposizioni classiche dei 64 esagrammi dell’I-CHING (detta non a caso Specchio del Mondo) forma un quadrato con otto esagrammi per lato. Il simbolismo di questa figura emerge totalmente – e in modo così straordinario che sembra impossibile non sc ne trovino tracce bibliografiche – dividendola per il Mezzo in due Universi, ciascuno formato da 32 glifi che. per la loro stessa natura simbolica e sacrale. possiamo senza dubbio definire geroglifici. Nessuno di essi è uguale a un altro, ma tutti sono collegati fra loro da rapporti ferrei che ne stabiliscono la posizione e il significato nelle righe, nelle colonne e nelle diagonali. come purc nelle coppie, nelle sestine, negli ottetti e nei carré angolari. L’esagramma Ch’ien, che simboleggia il Cielo o il Principio Creativo, occupa difatti l’ angolo di Nord-Ovest e si riflette specularmente, rispetto alla Linea di Mezzo, nell’esagramma K ‘un, la Terra o il Principio Ricettivo. che occupa l’angolo di Sud-Est. Osservando l’immagine  a lato. inoltre. si vede chiaramente che ciascuno dei 32 esagrammi della parte in alto muta. nel riflettersi in basso, nella propria modalità complementare: ogni linea intera, cioè. si scinde in una linea duale e ogni tratto scisso, il sectus o scXus, si ri-unisce nell’unità intera L’ esagramma Celeste I, ad esempio, detto Nutrimento, ha quattro linee duali racchiuse fra due intere; il suo alter ego Terrestre Ta Kuo detto Eccesso. viceversa. ha quattro linee intere racchiuse fra due duali. La coppia sembra voler avvertire gli studiosi di verificare qualità e quantità del nutrimento, calcolando sempre le opportune pause per la digestione, al fine di evitare imba costipazioni viscerali (le linee pesanti di Ta Kuo).

La dualità della manifestazione e la bisecazione dell’intero ci porta anche solo a sfiorare il tema della concordanza degli esagramrni dell’ 1-CHING con la numerazione binaria: un sistema. cioè. che tiene conto solo di due elementi: attivo-passivo, on-off, 1-0. Letti di seguito da Ch”ien a K ‘un come “numeri” in notazione binaria, infatti, i 64 esagrammi formano una serie, discendente dal 63 (Ch’ien = 1111111 ) all’ I (Fu, Il Ritorno 0000001= ), che termina con lo Zero (K ‘un): il cerchio vuoto di un ITIondo rare.fàtto, senza più valori e sempre più lontano da Dio. azzerato da un progresso senza Discernimento nè Conoscenza.

Da ultimo. va detto che ciascun esagramrna è l’orrnato da una coppia di trigrammi, con nolni e significati propri, separata da un piano di riflessione secondario. Nel nostro esempio. lo jeroglifo  I (Nutrimento. letteralmente “mandibole“) che ha come riferimento attivo la Parola (IN VERBIS). è formato dalla coppia di trigralnmi Kên (Invnobilità). correlato ai Minerali (IN LAPIDIBUS), e Chên (Energia), relato ai Vegetali (IN ERBIS). Chi ha letto di Cagliostro sa che il celebre Adepto dava proprio questa risposta: “In erbis, in verbis, in lapidibus” a chi gli chiedeva donde avesse tratto la sua Conoscenza. eXplicando, in tal modo, di aver assunto la Sapientia portando a compimento la Triplice Opera. Nel suo Sigillo – dicono i libri – si vede il Selpente Astralc, la Forza creatrice e distruttrice insieme, trafitto dalla freccia che simboleggia la ferrea volontà dell ‘Iniziato. Un’ esegesi simbolica un po’ più accurata aggiunge che il Serpente che termina la Mela forma, con il Dardo che lo attraversa, la doppia O, l’ Otto volante. dei due Mondi o modi della Manifestazione, e una X, dal cui esatto Centro stillano le tre preziosissime gocce che, come i Doni recati dai Magi, celebrano [a nascita della Luce e della Sagesse Triomphant.

Il quadrato dello Speculum Mundi si trova spesso inscritto in un Anello formato dagli stessi 64 esagrammi. ordinati, però, in una sequenza diversa. Un ‘ immagine simile si trova facilmente nei Miti dell ‘Inizio: Omero, ad esempio, narra che ‘”tutti gli dei e tutte le creature viventi nacquero dal fiume Oceano che scorre attorno al mondo”; ma nel caso dell ‘1-CHING il simbolo è leggibile in modo più tecnico ed immediato: “Una creazione immutabile e perfetta – il Cerchio semiotico senza inizio ne fine – sovrasta una creazione imperfetta c mutevole fissata nel quaternario della materia nei suoi due stati fòrmali e interscambiabili di spesso e di sottile“.

E d’obbligo precisare, a questo punto, che nessuno dei Mondi descritti in ambito tradizionale può considerarsi un universo “chiuso”, autosufficiente e auto-generatosi: abbiamo già visto per simboli. a tale proposito, che la lettera Beth è aperta da un lato. Ora è essenziale ricordare che essa esiste solo come seconda lettera, dopo l’Aleph, e che altre venti lettere (e non solo) la seguono nella creazione operata dal Verbo; né va taciuto che molti di questi simbolismi contengono contraddizioni talmente evidenti da far naufragare sugli scogli dell’Assurdo qualsiasi approccio di tipo razionale.

Questo significa che, per poter affrontare lo studio delle secrete cose, la mente deve essere prima forzata a rompere l’inerzia dei suoi sopravvenuti meccanismi storico-logico-seriali; a demolire, cioè, tutti i ponti machiavellici costruiti al fine di garantire la tranquilla soggettività dell’ apparenza reale, edificando, in loro vece, quello che l’ India tradizionale chiama Antahkarana, il Ponte di Arcobaleno che collega la mente – perfettamente integrata – con gli stati superiori dell ‘Essere.

Come si può fare? Ritrovando intanto la propria androginia mentale dell’ infanzia, liberando dai ceppi scolastici l’ intuito e l’immaginazione e incominciando a parlare alla Mente con il linguaggio originario suo proprio, sviluppando e fissando le immagini – come in un laboratorio fotografico – e ridiventando creativi. E un primo passo, e sia che queste capacità si possiedano naturalmente o che occorra invece risvegliarle allenandosi, la meditazione sui simboli resta comunque di grande aiuto.

“Per molti versi – insegna il dottor Douglas Baker – meditare è come imparare una nuova lingua e una nuova scienza . e per interpretare in modo corretto il significato dei simboli è necessario far ricorso a tutte le proprie capacità intuitive. E’ come se – improvvisamente – ci si trovasse in un’isola sconosciuta, e la propria sopravvivenza (spirituale) dipendesse dall’ apprendimento della lingua dei suoi abitanti”

Lo stesso linguaggio, del resto, può essere elevato a Simbolo, fino a graficicare  le idee in modo tale che lo scritto conservi intatta la propria utilità a tutti i possibili livelli di lettura. “Sappiamo che prima del 1290 – scrive Scholem – Mosè de Leon aveva scritto un libro (perduto) intitolato Pardès, che letteralmente significa “Paradiso”. Questo titolo poggia su un gioco di parole . . che utilizza la famosa storia del Talmud che racconta dei quattro grandi maestri che nel II secolo si occuparono di studi esoterici e per cui, a questo proposito, è usata l’espressione secondo la quale sarebbero entrati in paradiso. I quattro si chiamavano rabbi Akiba, Ben Zoma, Ben Azzai e Aher: “Uno vide e morì. il secondo vide e perse il senno, il terzo isterilì le giovani piantagioni [e cioè divenne un rinnegato e traviò i giovani]. Solo rabbi Akiba entrò sano e uscì sano”. [. . . ] Quello che ci interessa qui è il fatto che questo concetto fu inteso da Mosè de Leon come abbreviazione dei quattro strati di senso della Torah. Ogni consonante della parola Pardes si riferisce a uno di questi strati: P sta per Peshat, il senso letterale, R per Remez., il senso allegorico, D per Derasha. l’esegesi talmudica c haggadica, e infine S per Sod. il senso mistico”.

Ritroviamo questi quattro sensi della scrittura ogni volta che vi sia necessità di tramandare un Sistema iniziatico che deve rimanere totalmente oscuro per i profani ed essere invece gradualmente rivelato agli iniziati: “Aprirò la mia bocca in parabole. dichiarerò cose nascoste fin dal Principio’.   Diventa chiaro. a questo punto, il motivo tecnico per cui venivano formulate maledizioni terrificanti contro chi avesse osato modificare “anche solo uno Jod’ di un testo classificalo colme sacro: “sacer” era innanzitutto inviolabilità. Per nostra disgrazia. purtroppo. gli empi non ternono le maledizioni,

       Forse non tutti sanno che quando la Torah fu tradotta in greco (Versione dei Settanta). il mondo ebraico ne fu così scosso da coniare l’espressione “MEGILLAT TA’ ANIT”, che vuol dire “giorno di tenebre per l’universo”, “Giorno nefasto per Israele, al pari di quello in cui si fece il vitello , ma un danno incommensurabile era già stato fatto, sottilmente, con l’evoluzione-involuzione della lingua ebraica e il conseguente indurimento fonetico delle vocali. La Vulgata in latino non peggiorò la costruzione babelica più di quanto non lo abbiano poi fatto le moderne versioni concordate (sic). Tuttavia i semi delle antiche dottrine sopravvivono testardamente in tutte le scritture sacre. perché, grazie al Cielo. chi fa le pentole non è in grado di fare anche i coperchi. Ma procediamo con ordine.

“In Principio Iddio creò il cielo e la terra. E la terra era deserta e vuota (tohu wa-bohu); e tenebre (hoshekh) erano sopra la faccia dell’abisso (tehom); e lo Spirito di Dio si muoveva sulla faccia delle acque” (Gen. I, 1-2).

Lo stesso processo logico che ha portato la fisica moderna a teorizzare un’assurdità puntiforme di massa infinita portò gli esegeti della Genesi a teorizzare questa terra prima come una presenza reale e caotica di tutto quel che sarebbe stato poi ri-ordinato nel corso della Creazione. Tutto, peraltro, è collegato alla Beth – come iniziale primaria di Bereshit (in Principio) e come iniziale secondaria di Bara (creò) – e alla sua particolarissima forza di bocca spalancata che è da sempre, evidentemente a insaputa dell’ esegetica “religiosa”, il geroglifico del Chaos.

Un bimbo di tre anni non potrebbe mai leggere, nel testo biblico, la straordinaria identità radicale che lega la vacuità che identifica il Chaos con la Chose detta Abisso; né potrebbe mai sospettare che l’antica parola greca Xaos indicava proprio un abisso, una voragine, un’ immensa apertura, più che un mélange primordiale. Verosimilmente, peraltro. la “sua” immagine del Principio potrebbe essere quella di una specie di cilindro magico da cui la Potenza degli Elohim avrebbe tratto tutte le cose create. E non sbaglierebbe di molto…

“Mosè descrive nel Bereshit – scrive Fabre d’ Olivet – quello stato di una cosa che non è solo in potenza contingente d’essere, ma è anche racchiusa ancora in un’ altra potenza d’essere, che è senza figura. in germe dentro a un germe”. In effetti, l’ Uomo era stato già creato in Genesi 1-26, eppure non esiste ancora in Genesi 11-6 e sarà ri-creato in Genesi 11-7, sicchè la prima creazione ha avuto luogo solo “In principio”: “La concezione della natura era stata creata prima della stessa natura; la vegetazione prima del vegetale. Adam [la razza umana] non era, ma Elohim aveva detto semplicemente “Noi faremo Adam” e Adam, l’ Uomo universale, era stato fatto in potenza. In breve egli apparirà in atto, ed è in lui che la creazione effettiva ha inizio”

Prendiamo a prestito dalla Qabbalah, cum grano salis, l’immagine del Piccolo Volto o Mikroprésopos (ZOIR ANPIN): è un viso di adulto, visto di fronte, con la barba nera e gli occhi che si aprono e si chiudono nel lento ritmo del destino universale. Il Big Bang degli astrofisici, il Punto al Centro del Cerchio di cui parla la Tradizione, l’inizio dell’Universo, insomma, come noi lo conosciamo, coincide con l’ inizio della trans-formazione dallo stato sottile allo stato corporeo e può essere messo in relazione con la fase di apertura degli Occhi del Piccolo Volto; ma “sopra” allo ZOIR ANPIN, sempre secondo la Qabbalah, È il Grande Volto o Makroprésopos (ARIK ANPIN): il profilo destro del viso di un vegliardo dalla barba bianca, il cui unico Occhio visibile è sempre aperto perché privo della palpebra.

Qualsiasi cosa si possa congetturare, allora, del Big Bang e del Big Crunch, rimane il fatto che l’ Universo E’. Ed è ETERNO, nel suo eterno ricominciare “Nel Principio

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MESSAGGIO PER L’EQUINOZIO Dl PRIMAVERA

MESSAGGIO PER L’EQUINOZIO Dl PRIMAVERA

Carissimi fratelli,

Si approssima la Pasqua che, quest’anno, segue l’Equinozio di Primavera, ricorrenza per noi Iniziati particolarmente significativa perché rappresenta un punto di equilibrio nella eterna tenzone tra Tenebre e Luce ancorché questa sia, ormai, avviata a trionfare nel Solstizio d’Estate.

Ai primi di maggio ci incontreremo in Gran Loggia e ci auguriamo che il voto responsabile degli italiani ci consegni una seconda Repubblica tutrice delle fondamentali libertà dell ‘uomo conscio dei propri doveri prima che dei propri diritti.

Quale che sia per essere tale situazione del mondo profano, abbiamo il dovere, come veri Massoni, di offrire a qualunque osservatore un’immagine di granitica compattezza perché la battaglia per la nostra sopravvivenza contro l’intolleranza, l’incultura, la stupidità non è ancora vinta e vi sono parecchie sacche di diffidenza, di pregiudizio, di odio da eliminare.

profana ed esaltare il lavoro formativo delle Logge, insostituibile crogiuolo di veri Uomini, allontanando coloro che siano incapaci di cogliere l’importanza del nostro ruolo di insostituibile forza morale nella moderna società.

La Gran Loggia di Montecatini, articolata quest’ anno su tre giorni, dovrà perciò rappresentare un prezioso momento di confronto di idee e di proposte costruttive sia sulle linee di azione della nostra Istituzione sia sul migliore sistema normativo che essa deve darsi per essere in armonia con le altre Massonerie regolari del mondo ed offrire alle Officine gli strumenti più agevoli e chiari per il loro funzionamento.

Dall ‘ ordine del giorno avrete notato che Vi abbiamo sottoposto alcune proposte di modifica o integrazione di vari articoli del Regolamento che è destinato ad essere applicato fintantoché una nuova Costituzione, frutto di attenta meditazione, non verrà approvata. Tali proposte provengono dall ‘ esperienza applicativa che ciascuno di noi ha maturato ed hanno trovato il conforto del consenso della Commissione Costituzione e Regolamento che le ha attentamente vagliate. Ovviamente saremo ben lieti di recepire e riportare in Gran Loggia tutte le proposte e gli emendamenti che vorrete suggerire anche in relazione al progetto di nuova Costituzione elaborato dalla Commissione Temporanea sulla base del materiale già acquisito nella Gran Loggia straordinaria del novembre 1994 ed a Voi trasmesso diligentemente per le Vostre valutazioni che saranno esaminate e riferite in Gran Loggia dalla Commissione Costituzione e Regolamento per ogni opportuna delibera.

Ad evitare malintesi sulle proposte concernenti il Regolamento, va chiarito che, dove si è adoperata per brevità la parola “Giunta” in riferimento ai Collegi Circoscrizionali, non si è inteso creare un nuovo organo ma semplicemente indicare sinteticamente il Presidente, il Vice Presidente e l’ Oratore, le uniche funzioni elettive e decisionali previste dall’art. 52 Cost. .

E, poiché siamo in termini di chiarimenti, da alcune osservazioni pervenute da qualche Officina, abbiamo con rincrescimento notato che il testo delle proposte di nuova Costituzione ricalcato pedissequamente, per le parti non modificate, su quello contenuto nel volume ristampato dopo le modifiche approvate nella Gran Loggia del marzo 1994 e fornito alla Commissione Temporanea, non ha riportato all’art. 5 le parole – si ispira al trinomio LI BERTA’ UGUAGLIANZA FRATELLANZA”.

Come potrete rilevare dal chiarissimo testo della circolare del Gran Segretario n. 9/GMS del 24 febbraio 1994 a tutti Voi ed ai Car.•.mi Fratelli aventi diritto, si faceva menzione dell’ art. 5 nel nuovo testo proposto per la modica alla Gran Loggia del marzo 1994 che lo approvò in tale formulazione.

E’ accaduto che, dopo la Gran Loggia, al tipografo fu trasmessa, con le modifiche apportate secondo i deliberati della Gran Loggia, tale circolare che conteneva a pag. 2 la maggior parte del testo dell’art. 5 ed a pag. 3 le parole di cui si è oggi lamentata l’omissione. Per evidente errore di impaginazione tali parole sono scomparse nel testo stampato della edizione del 19-20 marzo 1994 e l’errore è sfuggito alla Commissione.

Ma, evidentemente, quest’ ultima non ha inteso affatto eliminare lo storico e glorioso nostro trinomio e provvederemo, nelle copie da distribuire dell’edizione del marzo 1994, ad inserire una errata-corrige che ristabilisca la realtà. Altrettanto farete Voi nei volumi in Vostro possesso editi dopo il marzo 1994.

Giriamo a Voi le scuse del tipografo.

E vogliamo cogliere lo spunto che ci viene da questo errore umano per esortare i Fratelli, che hanno ipotizzato chissà quale disegno prevaricatorio e si preparano a solenni dichiarazioni in Gran Loggia nei confronti della Giunta e della Gran Maestranza, a ricordare che, nella nostra Istituzione, la lealtà e la buona fede debbono essere sempre presenti e che la tolleranza deve insegnarci a considerare anche l’assenza di malizia in eventuali errori.

Sicché siamo convinti che la Gran Loggia del maggio 1996 segnerà una tappa fondamentale nella costruzione di un Grande Oriente d’Italia rigenerato nello spirito e nella forma, pronto come deve essere ad affrontare le sfide del Terzo Millennio proponendosi al mondo come la più alta e indiscutibile forza morale.

Dovremo stringerci in una catena d’ Unione che non si scioglierà nel momento in cui torneremo ai nostri posti ma durerà in eterno come patto indissolubile di Amore e collaborazione reciproca leale e costruttiva.

Con auspicio di ritrovata vera Fraternità, concludiamo questo nostro messaggio augurando a tutti Voi, alle Vostre Logge ed alle famiglie di ciascun Fratello una Pasqua di pace e prosperità che si estenda al nostro amato Paese governato da cittadini che abbiano ben presente il senso dello Stato.

Col triplice fraterno abbraccio

IL GRAN MAESTRO

                                              (Virgilio Gaito)

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