Plutarco fu
sacerdote delfico per più di vent’anni. Gran Gerofante dei Misteri,
appassionato neoplatonico, spirito sinceramente religioso, poneva dei precisi
limiti alla credenza negli oracoli, criticando per primi quegli stessi che la
Pizia profetizzava a Delfi, affermando:
” …l’esalazione
profetica provocherà comunque con la sua presenza l’entusiasmo e disporrà al
vaticinio non solo l’anima della Pizia, ma anche quella della prima persona che
ne venga sfiorata. Da ciò ne consegue che è una sciocchezza impiegare per la
divinazione una sola donna, rendendole inoltre penosa la vita con la continua
sorveglianza della sua castità’
Ciò che Plutarco intendeva affermare è il concetto che il
rapporto dell’uomo e dell’umanità con il divino non è soggetto a regole, e che
il Nous, la mente divina, ispira quell’umana per naturale affinità e contatto.
Vi sono purtuttavia delle costanti universali nella
necessità umana dei vaticini e dei prodigi, perché “l’uomo ha necessità di
segni visibili… “
Il mondo antico proponeva l’eterno femminino faustiano
come entità legate alle grotte o alle caverne, alla presenza di acque
scorrenti. Le Ninfe, le Driadi, le Ondine, esseri inquietanti e sovrannaturali,
si presentano agli uomini come le fate del folklore, benefiche come la Ninfa Egira
di Numa o Melusina la bellissima, ma anche con un aspetto oscuro e terribile.
Quando si uniscono in unione coniugale con i prescelti pretendono una fedeltà
assoluta, come le Fate del Conte di Gabalis. Quando si presentano ai veggenti,
questi devono essere puri come alcuni preadolescenti. Il “Camillus”,
l’assistente fanciullo nei riti sacrificali romani, le Sibille, la Pitonessa
Delfica, le “Pupille” dei magnetizzatori del XVIII e XIX secolo,
devono essere vergini e caste, a garanzia di una corretta visione. I paradigmi
universali delle teofanie infantili o verginali annunciano in genere terribili
avvenimenti, a meno che…
Ed è in quella frase “a meno che” la chiave di
tutto. Ma prima di trovare la chiave, bisogna trovare la serratura…
Giovanni Paolo II era stato in Germania pochi mesi prima
del 13 maggio del 1981 (anniversario dell’apparizione di Fatima). Nella Rivista
tedesca “Stimme des Glaubens” n. 10/81, che afferma di conoscere
l’estensore dell’intervista e di possedere l’autenticazione del documento•, è
riportato che furono poste a Giovanni Paolo II varie domande, di fronte a
piccolo gruppo di persone. Il verbale stilato riportava queste domande e
risposte:
Alla domanda “Che n’è stato del terzo segreto di
Fatima? Non doveva essere pubblicato già nel 1960?”
Giovanni Paolo Il ha risposto:
“Data la gravità del
contenuto, per non incoraggiare la potenza mondiale del comunismo a compiere
certe mosse, i miei predecessori nell’ufficio di Pietro hanno diplomaticamente
preferito soprassedere alla pubblicazione. D’altra parte a tutti i cristiani
può essere sufficiente sapere questo: se vi è un messaggio in cui sta scritto
che gli oceani inonderanno parti della Terra, che da un momento all’altro
milioni d’uomini periranno, non è davvero più il caso di bramare tanto la
divulgazione di un tale messaggio segreto. Molti vogliono semplicemente sapere
per curiosità e gusto del sensazionalismo, ma dimenticano che sapere comporta
anche una responsabilità. Si cerca solo l’appagamento della propria curiosità e
ciò è pericoloso se si è convinti che nulla si può fare contro il male, se non
si è disposti in pari tempo a far qualcosa. ‘
Alla domanda – “Che cosa avverrà nella Chiesa?” – Giovanni
Paolo II risponde:
“Dobbiamo
prepararci a subirefra non molto grandi prove, le quali esigeranno da noi la
disposizione a fra getto persino della vita e una dedizione totale a Cristo e
per Cristo. Con la preghiera vostra e mia è possibile mitigare questa
tribolazione, ma non è possibile stornarla, perché solo così la Chiesa può
essere effettivamente rinnovata…
Quante volte nel sangue è spuntato il
rinnovamento della Chiesa! Anche questa volta non sarà diversamente. Dobbiamo
essere forti, prepararci, confidare in Cristo e nella Sua Madre Santissima. ‘
Su Fatima ed i suoi segreti si è scritto molto, propriamente o meno.
Chi ha un interesse reale ad approfondire la conoscenza dei fatti, può
consultare il testo più attendibile ed esauriente As apariçôes e a mensagen de
Fàtima conforme os manuscritos de Irmâ Lùcia, Editora Vera Cruz, Rua Dr.
Martinico Prado, 246, 00124 — Sio Paulo, SP Antonio A.Borelli Machado.
In questo testo sono riportate i manoscritti di Suor Lucia, con tutti
gli imprimatur possibili.
Prima di sintetizzare i castighi minacciati, esaminiamo quali sono le
colpe imputate all’umanità dall’Immacolata Concezione:
“Le guerre non sono altro che il castigo per i peccati del mondo.
Bisogna far penitenza. Se non si emendano verrà il castigo. Gesù è
profondamente indignato per i peccati ed i delitti che si commettono in
Portogallo. Per questo un terribile cataclisma d’ordine sociale minaccia il
nostro paese e specialmente la città di Lisbona. Si scatenerà, come pare, una
guerra civile di carattere anarchico e comunista, accompagnata da saccheggi,
uccisioni, incendi e distruzioni d’ogni specie. La capitale si convertirà in
un’immagine dell’inferno.”
“I sacerdoti devono occuparsi solo di cose di Chiesa! I sacerdoti
devono essere puri, molto puri! La disubbidienza dei sacerdoti e dei religiosi
ai loro superiori ed al S. Padre offende molto Gesù. Guai a quelli che
perseguitano la Religione di Gesù. Se il governo lasciasse in pace la Chiesa e
lasciasse libertà alla santa religione, sarebbe benedetto da Dio”
“I
peccati che portano più anime all’inferno sono i peccati della carne. Fuggire
le ricchezze, essere amici della santa povertà. Osservare i comandamenti. La
confessione è un sacramento di misericordia. La Madre di Dio vuole molte anime
vergini, che si leghino a lei con il voto di castità. Chi non adempie le
promesse che fa alla Madonna, non avrà più pace
La buona fede e la purezza di cuore dei tre pastorelli
non sono assolutamente discutibili e, proprio per questo, neanche
l’apparizione, che rientra negli schemi tradizionali ed universali.
La trasmissione di questi schemi è tuttavia legata al
contesto religioso, cultuale, culturale e storico in cui la teofania si
esprime. I “peccata mundi” che indignano Gesù e la Beata Vergine, e
le indicazioni generiche di buon comportamento sono quelle che qualsiasi buon
parroco di campagna potrebbe indicare ai suoi ragazzi. La penitenza personale e
comunitaria indicata sostituisce i sacrifici cruenti prescritti dalle antichi
Sibille. Vi è ancora la sessuofobia tipica del cristianesimo, ancora presente
nel nuovo catechismo, ma che sta scomparendo nei paradigmi comportamentali
della società cristiana, come del resto la pratica della confessione. Ancora
più tipica dei primi decenni del XX secolo è la paura ecclesiastica degli
sconvolgimenti politici e sociali che avrebbero minato nei decenni susseguenti
il controllo della società da parte della Chiesa. Ma la fase illuminate è
quella della Vergine che si dichiara Immacolata Concezione, dogma, a quei
tempi, da poco dichiarato e che impedisce qualsiasi ecumenismo nei confronti
delle Chiese riformate, così come quello dell’infallibilità papale quando i
Pontefici parlano ex cathedra.
Caratteristica delle veggenti è l’espressione di una
conoscenza superiore alla loro cultura o qualificazione, una conoscenza che
purtuttavia non si discosta da quella media della società in cui vivono.
Tradizionalmente una veggente è ispirata da ciò che gli esoteristi potrebbero
chiamare eggregore, cioè una sorta d’immaginario collettivo che trae l’energia
dagli archetipi eterni (la Virgo, la Diana, la Donna del Lago, la Sophia, la
Fata) e la forma dalle idee che turbano la coscienza dei popoli, idee molto
spesso più imposte che pensate.
Ma spesso, quando ha finito di parlare il Nume, chi è che
continua a parlare? Madre Godinho, la superiora del Convento in cui viveva
Giacinta, sorella di Suor Lucia e partecipe delle apparizioni, le domandò chi
gli insegnava tante cose. Giacinta rispose “La Madonna, ma alcune cose le
penso io. Mi piace tanto pensare. ‘
La missione di Suor Lucia è quella di instaurare la
devozione al Cuore Immacolato di Maria, secondo le stesse parole che la Vergine
le rivolse: ” Gesù vuole servirsi di te per farmi conoscere ed amare.
Vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato” Questa
missione ricorda quella di Suor Maria Alacoque, che profetizzava al suo re
grandi disgrazie se non si fosse instaurato il culto del Sacro Cuore di Gesù.
Il culto del cuore è spesso associato ai misteri femminili. Nelle estasi
dionisiache le Menadi e le Baccanti vagavano per i boschi alla ricerca di
cerbiatti, e nello stravolgimento e nella possessione del Dio, gli strappavano
il cuore, come una riparazione all’offesa fatta al cuore stesso del Dionisio
fanciullo, perseguitato e sacrificato. I testi Orfici affermano: “Dalle
membra del fanciullo fecero sette parti, ma solo il cuore, dotato
d’intelligenza, fu abbandonato” Neanche gli empi Titani osarono mangiare
il cuore del Dio. I Pitagorici imponevano “Non mangiare il cuore, non
mangiare il cervello” assieme al più noto tabù per
le fave. Il cervello ed il cuore sono, in effetti, nell’essere vivente, secondo
le concezioni antiche, il luogo della generazione: genèseôsarchè. Il cuore
è la fonte del calore e dell’energia divina che si spande in ogni cellula
dell’anatomia umana, il generatore del seme, scintilla del fuoco del Padre,
sorgente di vita.
Riproporre il culto del Cuore nell’ambito cristiano ha
valore di ritorno all’omphalos, al centro generativo della Resurrezione, nel
momento stesso che la crisi del concetto di Grazia stava per arrivare al suo
momento di acme, al punto di non ritorno. L’etica e la morale laica stava per
sostituirsi alla Grazia, indispensabile alla salvezza. La Chiesa, nella
sua tradizione, insegna che non è la morale che trae al salvamento, né le opere
che da lei derivano. L’umanità può solo mendicare la grazia della pietà divina,
il migliore degli uomini è solo un panno sporco di fronte allo sguardo
dell’Altissimo. Ma questo ritorno al culto del Cuore, secondo le richieste
della Vergine, doveva essere prima di tutto una testimonianza dell’unità di
tutti i Vescovi attorno al Papa. Chiede quindi al Papa e tutti i Vescovi la
consacrazione della Russia, simbolo geopolitico del comunismo ateo, al suo
Cuore Immacolato. Suor Lucia venne riconoscendo come valida la consacrazione
fatta da Giovanni Paolo II il 25 marzo 1984, ma con molti dubbi ed
interpretazioni contrastanti.
Purtuttavia la distruzione del mondo attraverso la guerra atomica è
ormai un incubo quasi finito. Gli avvenimenti dell’est europeo, anche se non si
può parlare di un’effettiva “conversione” della Russia, sembrano aver
placato la furia divina.
Ma gli uomini non sono affatto cambiati e gli “errori” ed i
“peccati” continuano e diventano anzi sempre più complessi, più
difficili ad inserirsi con chiarezza nei dieci comandamenti e nella legge dei
noachiti. La morale di un cattolico praticante di oggi farebbe arrossire
Voltaire.
Quindi, i segreti non finiscono mai, con la loro conseguente serie di
richieste perentorie e di castighi terribili se non verranno soddisfatte. È
stato diffusa una versione del terzo segreto molto generica, che indica come il
male ed il demonio siano ormai vicini anche al Soglio Pontificio, (ma Papa
Borgia è stato un santo?), come il Falso Messia ed il Falso Agnello, aspetti
dell’Anticristo, navighino ormai intrepidi su Internet ed impestino le
demenziali fiction televisive. Di recente è stato diffusa ufficialmente una
versione del terzo segreto come una semplice preveggenza dell’attentato al
Papa, nell’attesa di una “spiegazione” autorevole, che nega intanto
la preveggenza di una catastrofe universale. Ma alcune attività del Papa,
alquanto anomale nel consueto atteggiamento prudente del Vaticano, fanno congetturare altre possibili rivelazioni,
d’altro canto prevedibili.
Il Santo Padre ha chiesto a Dio perdono di alcune attività di antichi
Pastori, che un tempo erano considerate lodevoli, ma oggi evidentemente non
rientrano più nel “religiosamente corretto”. Perdono richiesto a Dio
però, non agli uomini nella loro innocenza. La volontà ecumenica di riconciliazione,
soprattutto nei confronti dell’islamismo e dell’ebraismo, con frequenti ed
importanti viaggi nei luoghi santi, non comporta un ordine mariano di
conversione delle religioni uscite dal seno d’Abramo, piuttosto difficile da
ottenere? E se questo non succederà, finirà finalmente questo mondo, suoneranno
le trombe del giudizio? E ammettendo che questo succeda, che cosa dovrebbero
temere i credenti, che saranno accolti come agnelli alla destra di Dio? Ma
nemmeno i reprobi, se ci credessero, dovrebbero temere, trovando il riposo e
l’oblio della seconda morte.
Nel Fatimismo, che è forse l’ennesimo divertimento mediatico, tipico
dei nostri tempi, o la concorrenza pessimista allo stupido ottimismo del New
Age, vi sono dei lati oscuri, incoerenti, forse strumentali.
Tutte le forme del Sacro, da quello più numinoso e sublime a quello
studiato e pubblicizzato dal marketing, stanno nuovamente e potentemente
influenzando i paradigmi della società attuale ed ancor più di quella futura.
Più che l’illuminismo, che ha visto morire i suoi figli più amati, il
positivismo ed il materialismo, le grandi religioni monoteiste temono la Gnosi,
che non è lo gnosticismo religioso, ma la ricerca libera dell’uomo di un piano
superiore cui tendere, senza dogmi e senza intermediari. L’occidente ha
concesso per duemila anni l’esclusiva religiosa al cristianesimo, ma sembra
oggi orientato ad un pluralismo spirituale in cui l’etica e la morale diventano
un fatto esclusivamente
laico e civile. L’occidente non crede più ad un dio
indignato e corrucciato che conta sul pallottoliere gli atti carnali di ognuno,
che minaccia morte e distruzioni se si adora, ad esempio, un fegato ed un
cervello piuttosto che un cuore, come diceva Tommaso Crudeli. Come si può amare
e credere in un dio che non ci conceda, con supremo amore, la libertà di non
amare, di non credere, di non dubitare. Che non guarda, con misericordia e con
rigore assieme, le nostre opere ed i nostri pensieri, che ci concede salvezza e
liberazione con gli ingiusti favori di un satrapo orientale, o con
l’intermediazione sacramentale di una casta d’uomini come noi, migliori o
peggiori che siano?
Spenti i roghi,
crollate le forche, chiuse le galere ai reati di pensiero, l’umanità intera ha
la libera possibilità di porsi questi interrogativi eterni, di fronte ad un dio
che è indefinibile, inimmaginabile, ineffabile, un’energia incomprensibile che
ha tutti i nomi e tutte le forme. Di fronte a questo scabro mistero
impenetrabile alla ragione, di fronte all’amore che in ogni modo l’umanità
prova per questo mistero, e che riesce a superare l’indescrivibilità
dell’indefinibile, dell’infinito, dell’eterno, cosa diventano i misteri di
Fatima? Ciò che Maria Rosa dos Santos, madre di Lucia, disse quando la bambina
raccontò di aver visto, assieme ai suoi fratelli, un angelo, l’angelo del Pace:
“Sciocchezze”.
Dall’insegnamento di Wirth si evince che l’uomo comune
lavora per vivere, mentre è privilegio dell’uomo saggio (e quindi anche del
massone) vivere per lavorare. Più i massoni cercano di costruire e non di
distruggere, di testimoniare e non di contendere, più risultano idonei al ruolo
di perfezionatori dell’umanità che li contraddistingue da secoli.
Tavola del fr.’. A.’. Z.’.
La vita nel mondo profano è spesso caotica, ingarbugliata
e perennemente accelerata… Le persone sono costrette a correre sempre più, a
forzare tutti i ritmi, a cercare di incorporare, nelle ore che hanno a
disposizione durante la giornata, il lavoro ordinario, spesso e volentieri
quello straordinario, quello che riguarda la professione e quello che riguarda
la famiglia.
Il lavoro, all’uomo, è sempre stato presentato come una
sorta di castigo divino, come un pegno che siamo obbligati a pagare per poter
raggiungere gli obiettivi minimi della nostra esistenza.
Basti pensare a Adamo ed Eva, cacciati dal Paradiso e
condannati ad una vita di lavoro e fatiche. Ma non c’è bisogno di scomodare i
nostri primi antenati per costatare che, anche al giorno d’oggi, la maggior
parte delle persone vive il loro lavoro come una sorta di schiavitù, di
condanna ai lavori forzati; si consumano quotidianamente drammi che vedono
protagonisti uomini e donne, ostaggi del sistema che non riescono a liberarsi
da questa terribile piaga: il lavoro.
Leggendo alcuni autorevoli scrittori massonici mi sono
trovato in completo accordo con la tesi di O. Wirth: “La vita consiste
nell‘azione: senza l’azione la vita non differisce in nulla dalla morte. Vivere
oziosi non è vivere, è vegetare…”. “. Da queste parole si evince che l’uomo
comune lavora per vivere, mentre è privilegio dell’uomo saggio (e quindi anche
del Massone) vivere per lavorare. Questa maniera di intendere la parola LAVORO
come un’attività assolutamente positiva, vitale, che riesce a nobilitare l’uomo
che la compie, è ciò che mi suggerisce maggiormente il concetto di “lavoro
massonico”.
Qual è dunque il “lavoro massonico” che i Liberi Muratori
sono desiderosi di compiere? Penso si tratti soprattutto di un lavoro di
costruzione e testimonianza di ciò che è stato edificato.
Più i Massoni cercano di costruire e non di distruggere,
di testimoniare e non di contendere, più risultano idonei al ruolo di
perfezionatori dell’umanità.
Forse è proprio questo desiderio di perfezionamento che
ci contraddistingue e ci caratterizza. Il Libero Muratore compie il suo lavoro
massonico soprattutto compiendo un perfezionamento su se stesso, cercando di
migliorarsi in maniera autocritica e propositiva; diciamo perfezionamento e non
progresso: progresso, oltre che essere un termine estremamente inflazionato.,
ha un senso più corale, mentre perfezionamento è prima di tutto degli
individui.
E’ il perfezionamento delle varie individualità che dà
senso compiuto alla crescita corale e innesca quell’”egregio”, quella
vibrazione che a questo stato più elevato, più perfezionato, attraversa il
cuore di tutti i fratelli seduti tra le Colonne.
Per riuscire a raggiungere questo particolare momento,
dobbiamo compiere un ulteriore lavoro su noi stessi: sostando in silenzio quei
pochi minuti nella Sala dei Passi Perduti, prima di entrare nel Tempio, la
nostra mente torna momentaneamente nel Gabinetto di Riflessione, “visitando interiora terrae” per poi
rigenerarsi e rinascere.
I pensieri profani sembrano così sbiadirsi, il nostro
corpo subisce una decelerazione e si creano quella concentrazione e quella
tranquillità interiore che ben dispongono l’animo e creano i presupposti al
nostro scopo principale, che è il perfezionamento dell’umanità.
Possiamo perseguirlo, non lanciando precetti o programmi,
ma edificando, all’interno del Tempio, l’Uomo Nuovo: l’INIZIATO!
I tre Mondi del
nostro pianeta sono attualmente il campo di evoluzione per un certo numero di
differenti regni di vita giunti a diversi stadi di sviluppo. Solo quattro di
questi ci riguardano ora, e cioè i regni minerale, vegetale, animale e umano.
Questi quattro regni sono in rapporto con i tre Mondi in modi diversi, secondo
il progresso che questi gruppi di vita in evoluzione hanno fatto alla scuola
dell’esperienza. Per quello che si riferisce alla forma, i corpi densi di tutti
i regni sono composti delle medesime sostanze: solidi, liquidi e gas della
Regione Chimica.
Il corpo denso
di un uomo è veramente un composto chimico quanto lo è la pietra, sebbene
quest’ultima sia animata solo da vita minerale. Ma, anche parlando dal solo
punto di vista fisico, lasciando da parte per ora tutte le altre
considerazioni, molte e importanti sono le differenze fra il corpo denso
dell’essere umano e il minerale della terra. L’uomo si muove, cresce e propaga
la sua specie; il minerale al suo stato nativo non fa nessuna di queste cose.
Paragonando
l’uomo con le forme del regno vegetale, noi troviamo che, tanto la pianta
quanto l’uomo possiedono un corpo denso, capace di sviluppo e di propagazione.
Ma l’uomo possiede facoltà che il vegetale non ha. Egli sente, ha il potere di
muoversi, e la facoltà di percepire le cose al di fuori di sé.
Se noi
compariamo l’uomo con l’animale, vediamo che l’uno e l’altro hanno le facoltà
di sentire, di muoversi, di crescere, di propagarsi e la percezione dei sensi.
In più l’uomo possiede la facoltà di parlare, una struttura superiore del
cervello e infine le mani, che costituiscono un grandissimo vantaggio fisico.
Notiamo in modo particolare la conformazione del pollice, che rende la mano
molto più efficiente di quella degli antropoidi. L’uomo ha anche sviluppato un
determinato linguaggio mediante il quale esprime i suoi sentimenti e pensieri,
e tutto ciò pone il corpo denso dell’essere umano in una classe a sé al di
sopra dei tre regni inferiori.
Onde spiegare
tali differenze nei quattro regni, noi dobbiamo passare nei Mondi invisibili e
cercarvi le cause che danno ad un regno quello che è negato all’altro. Per
funzionare in qualunque Mondo ed esprimere le qualità che ad esso sono
peculiari, dobbiamo per prima cosa possedere un veicolo fatto dei suoi
materiali. Per funzionare nel Mondo Fisico denso, è necessario avere un corpo
denso, adatto al nostro ambiente. Altrimenti saremmo come fantasmi, e
invisibili alla maggior parte degli esseri fisici. Così dobbiamo possedere un corpo
vitale prima di poter manifestare la vita, crescere od esternare le altre
qualità inerenti alla Regione Eterica.
Per mostrare
sentimento ed emozione, è necessario avere un corpo formato della materia del
Mondo del Desiderio; ed una mente formata della sostanza della Regione del
Pensiero Concreto, è necessaria per poter pensare.
Se noi
esaminiamo i quattro regni in relazione con la Regione Eterica, troviamo che il
minerale non possiede un corpo vitale separato, e ci rendiamo subito conto del perché
non possa crescere, propagarsi e manifestare una vita cosciente.
Per spiegare
certi fatti riconosciuti la scienza materiale si serve dell’ipotesi che, sia
nel solido più denso come nel gas più rarefatto, non ci siano due atomi a
contatto fra loro; essa afferma che ciascun atomo è avvolto in un involucro di
etere e che gli atomi nell’universo fluttuano in un oceano di etere.
I cultori di
occultismo sanno che questo è vero per la Regione Chimica e che il minerale non
possiede un corpo vitale separato. E siccome il solo etere planetario avvolge
gli atomi del minerale, ne deriva la differenza descritta. E’ necessario, come
abbiamo mostrato possedere un corpo vitale, un corpo del desiderio ed un corpo
materiale separati, per esprimere le qualità inerenti a ciascun regno, perché
gli atomi del Mondo del Desiderio, del Mondo del Pensiero e anche quelli dei
Mondi superiori interpenetrano tanto i minerali quanto il corpo umano denso, e
se l’interpenetrazione dell’etere planetario il quale è l’etere che avvolge gli
atomi dei minerali, fosse sufficiente per renderli atti alla sensazione e alla
riproduzione, la stessa interpenetrazione a mezzo del Mondo del Pensiero
planetario sarebbe ugualmente sufficiente per farli pensare. Ma il minerale non
può far questo, appunto perché manca di veicoli separati composti della
sostanza di ciascun Mondo. Esso è penetrato soltanto dall’etere planetario e
quindi è incapace di sviluppo individuale. Solo il più denso dei quattro stati
dell’etere – l’etere chimico – è attivo nei minerali e ciò spiega le loro
proprietà chimiche.
Se noi
consideriamo i rapporti dei vegetali, degli animali e dell’uomo con la Regione
Eterica, notiamo che ciascuno ha un corpo vitale separato, oltre ad essere
penetrato dall’etere planetario, il quale forma questa Regione. Tuttavia esiste
una differenza fra il corpo vitale della pianta e il corpo vitale dell’animale
e dell’uomo. Nel corpo vitale della pianta sono completamente attivi soltanto
gli eteri chimico e vitale. Perciò la pianta può crescere per mezzo dell’azione
dell’etere chimico, e può propagare la sua specie per mezzo dell’attività
dell’etere vitale del corpo vitale separato che essa possiede. L’etere luminoso
è presente, ma è parzialmente latente o inattivo, e l’etere riflettore è mancante.
E’ quindi evidente che le facoltà della percezione sensibile e della memoria,
che costituiscono le qualità di questi due eteri, non possono essere espresse
dal regno vegetale.
Figura B: I
quattro Regni
Volgendo la
nostra attenzione al corpo vitale dell’animale, noi troviamo che in esso gli
eteri chimico vitale e luminoso sono dinamicamente attivi. Perciò l’animale
possiede le facoltà di assimilazione e di sviluppo, prodotte dalle attività
dell’etere chimico, e la facoltà di propagazione dovuta all’etere vitale; ciò
analogamente alle piante. Ma inoltre, in conseguenza dell’azione dell’etere
luminoso, l’animale ha la facoltà di produrre il calore interno ed ha la
percezione sensibile. Tuttavia il quarto etere è inattivo nell’animale e perciò
esso non possiede né pensiero né memoria. Vedremo in seguito come ciò che può
sembrare tale, sia di diversa natura.
Se analizziamo
l’essere umano troviamo che in lui tutti i quattro eteri sono dinamicamente
attivi nel suo corpo vitale altamente organizzato. Per mezzo delle attività
dell’etere chimico, l’uomo può assimilare il cibo e svilupparsi; le forze che
operano nell’etere vitale lo rendono atto alla propagazione della specie; le
forze dell’etere luminoso forniscono il corpo denso di calore, stimolano il
sistema nervoso ed i muscoli, aprendo così le porte di comunicazione col mondo
esterno per la via dei sensi, e l’etere riflettore permette allo Spirito di
controllare i suoi veicoli per mezzo del pensiero. Quest’etere accumula inoltre
le esperienze passate costituendo così la memoria.
Il corpo vitale
della pianta, dell’animale e dell’uomo si estende al di là della periferia del
corpo denso, come la regione eterica, che è il corpo vitale del nostro pianeta,
si estende al di là della sua parte densa, dimostrando ancora una volta la
verità dell’assioma ermetico: ” Come in alto così in basso “.
L’estensione del corpo vitale dell’uomo oltre il suo corpo fisico è di circa
quattro centimetri. La parte che eccede il corpo denso è molto luminosa ed ha
approssimativamente il colore dei fiori di pesco appena sbocciati. E’ sovente
visibile anche da persone che posseggono una lieve chiaroveggenza involontaria.
L’autore si è accorto, parlando con tali persone, che esse non avevano
coscienza di vedere qualcosa d’insolito, e non sapevano che cosa vedevano. Il
corpo fisico è costruito nella matrice di questo corpo vitale durante la vita
prenatale: e, con una sola eccezione, ne è la copia esatta, molecola per
molecola. Come le linee di forza dell’acqua che gela sono le vie di formazione
dei cristalli di ghiaccio, così le linee di forza del corpo vitale determinano
la forma del corpo denso. Durante tutto il corso della vita, il corpo vitale è
il costruttore e il restauratore della forma densa. Senza l’attività del cuore
eterico, il cuore denso si spezzerebbe rapidamente sotto lo sforzo costante cui
è sottoposto. Tutti gli abusi ai quali noi assoggettiamo il corpo fisico sono
neutralizzati, per quanto è in suo potere, dal corpo vitale, che combatte senza
posa contro la morte del corpo fisico.
La sola
eccezione menzionata sopra consiste nel fatto che il corpo vitale di un uomo è
femminile, o negativo, mentre quello di una donna è maschile, o positivo.
Troviamo in ciò la spiegazione a molti problemi imbarazzanti della vita. Che la
donna si abbandoni alle sue emozioni, è dovuto alla polarità cui si è
accennato, poiché il suo corpo vitale positivo produce un eccesso di sangue e
la costringe ad agire sotto l’effetto di un’enorme pressione interna, che
infrangerebbe la sua struttura fisica, ove non soccorresse una valvola di
sicurezza costituita dal flusso periodico, e un’altra fornita dalle lacrime che
attenuano quella pressione in determinate occasioni, perché le lacrime sono come
” un’emorragia bianca “.
L’uomo può
provare, e prova, emozioni tanto forti quanto quelle della donna, ma può, di
solito, superarle senza lacrime, perché il suo corpo vitale negativo non
produce più sangue di quanto egli ne possa facilmente controllare.
Contrariamente
a quanto fanno i veicoli superiori dell’uomo, il corpo vitale (meno in alcune
circostanze, che saranno illustrate quando tratteremo
dell’”Iniziazione”) non abbandona ordinariamente il corpo fisico fino
a che questo venga a morte. Le forze chimiche del corpo denso allora non sono
più tenute a freno dalla vita evolventesi. Esse provvedono a ricondurre la
materia alla sua condizione primordiale mediante la decomposizione, per
renderla idonea alla costituzione di altre forme, nell’economia della natura.
La decomposizione è perciò dovuta all’attività delle forze planetarie
nell’etere chimico.
Il tessuto del
corpo vitale può essere grosso modo paragonato a quelle cornici fatte di
centinaia di pezzetti di legno concatenati fra loro, che presentano
innumerevoli piccole asperità. Il corpo vitale presenta milioni di punti.
Questi punti penetrano dentro i centri cavi degli atomi fisici, li imbevono di
forza vitale che li spinge a vibrare ad un ritmo più alto di quello del
minerale della terra, che non è così accelerato ed animato .
Se una persona
sta per affogare o cade da una grande altezza, o è sul punto di morire per
congelamento, il corpo vitale lascia il corpo fisico e i suoi atomi divengono,
in conseguenza, temporaneamente inerti; ma non appena la persona rinviene, il
corpo vitale rientra nel corpo fisico e i ” punti ” tornano di nuovo
ad inserirsi negli atomi fisici. Lo stato di inerzia spinge questi ultimi a
resistere alla ripresa della vibrazione, e ciò è causa della pungente pena e
della sensazione di ronzio che si avverte in tali momenti, ma non abitualmente,
per la stessa ragione che noi diveniamo consci dell’inizio del moto di un
orologio o del suo arresto, mentre non ci accorgiamo del suo ticchettio quando
esso cammina.
Ci sono alcuni
casi nei quali il corpo vitale abbandona parzialmente il corpo fisico, come
quando una mano s’intorpidisce per aver assunto una cattiva posizione. Allora
la mano eterica del corpo vitale si può vedere pendente sotto il braccio fisico
come un guanto.
Quando la mano
ritorna in posizione normale e la circolazione non è impedita, la mano eterica
riprende il suo posto e i suoi ” punti ” producono una particolare
sensazione di formicolio. Talvolta, nell’ipnosi, la testa del corpo vitale si
divide in due parti e pende fuori dalla testa fisica, metà sopra ciascuna
spalla, o giace attorno al collo come il colletto di una maglia. L’assenza
della sensazione di formicolio al risveglio, in casi di questo genere, deriva
dal fatto che, durante l’ipnosi, una parte del corpo vitale dell’ipnotizzatore
ha sostituito quella dell’ipnotizzato.
Se vengono
somministrati anestetici, il corpo vitale è spinto fuori coi veicoli superiori,
e se la dose è troppo forte e l’etere vitale viene espulso, ne può seguire la
morte. Lo stesso fenomeno si può anche osservare nelle materializzazioni
prodotte dai medium. Infatti la differenza fra un medium materializzatore ed un
uomo o donna comuni è proprio questa: nell’uomo o donna comuni il corpo vitale
ed il corpo fisico sono, allo stadio attuale di evoluzione, saldamente uniti
insieme, mentre nel medium sono debolmente connessi. Non è sempre stato così, e
verrà il giorno in cui il corpo vitale potrà lasciare agevolmente il corpo
fisico, come era capace di fare una volta; ma ciò non si può di regola effettuare
attualmente. Quando un medium abbandona il suo corpo vitale per farlo usare da
entità del Mondo del Desiderio, che desiderano materializzarsi, il corpo vitale
defluisce in generale dolcemente dal lato sinistro, attraverso la milza, che è
la sua ” porta ” particolare. Allora le forze vitali non possono
circolare nel corpo come fanno normalmente; il medium diviene fortemente
esausto, e molti di essi ricorrono a stimolanti per combattere questo
indebolimento, divenendo col tempo bevitori incurabili.
La forza vitale
del Sole, che ci circonda allo stato di fluido incolore, è assorbita dal corpo
vitale mediante la parte eterica della milza, dove subisce una curiosa
modificazione di colore: essa diviene di un color rosa pallido e si espande poi
lungo i nervi attraverso tutto il corpo denso. La forza vitale è per il sistema
nervoso quello che l’elettricità è per un sistema telegrafico. Se anche ci sono
fili, apparecchi e telegrafisti completamente efficienti, quando manca la
corrente il messaggio non può essere trasmesso. L’Ego, il cervello ed il
sistema nervoso possono similmente essere in perfetto ordine; ma se la forza
vitale mancasse per trasmettere il messaggio dell’Ego ai muscoli attraverso i
nervi, il corpo denso rimarrebbe inerte. Accade proprio così quando una parte
del corpo è paralizzata. Il corpo vitale si è ammalato e la forza vitale solare
non può ulteriormente fluire. In questi casi, come nella maggior parte delle
malattie il guasto interessa i veicoli più sottili e invisibili. Riconoscendo
consciamente od inconsciamente questo fatto, i medici che hanno maggior
successo usano la suggestione, che agisce sui veicoli superiori, a sussidio
della medicina. Quanto più un medico può infondere nel suo paziente la fede e
la speranza, tanto più sollecitamente la malattia sparirà per dar luogo ad una
salute perfetta.
Finché dura la
salute il corpo vitale produce una quantità sovrabbondante di forza vitale, la
quale, dopo esser passata attraverso il corpo fisico, s’irradia in linee rette
in ogni direzione, a partire dalla sua periferia, come i raggi di un cerchio
dal suo centro; ma quando subentra lo stato di malattia, il corpo vitale
s’indebolisce e non può attrarre a sé la stessa quantità di energia e per di
più il corpo fisico vive a sue spese. Le linee del fluido vitale che
s’irradiano dal corpo sono allora contorte e ricurve, la qual cosa indica una
riduzione della forza di espansione. Nello stato di salute, la grande forza di
queste radiazioni trascina con sé i germi ed i microbi nocivi alla salute del
corpo fisico; ma nella malattia, essendo debole la forza vitale, queste
radiazioni non hanno la forza di eliminare tanto facilmente i germi del male.
Perciò, se le forze vitali sono depresse, il pericolo di contrarre una malattia
è molto maggiore di quando si è in buona salute.
Nei casi in cui
vengono amputate parti del corpo fisico, soltanto l’etere planetario accompagna
la parte separata. Il corpo vitale distinto ed il corpo fisico si disintegrano
sincronicamente dopo la morte. Così avviene con la controparte eterica del
membro amputato. Esso si disintegra gradatamente a misura che il membro denso
si decompone; ma poiché l’uomo possiede ancora il membro eterico, si spiega
facilmente come egli possa sentire secondo le sue asserzioni, l’arto mancante o
anche provarvi dolore. Tra il membro amputato e la parte eterica esiste cioè un
certo legame, indipendentemente dalla distanza. Si riferisce il caso di un uomo
che provava un forte dolore, come se un chiodo fosse stato conficcato nella
carne dell’arto che gli era stato amputato; tale dolore era così persistente
che l’arto venne dissotterrato e si trovò che nel chiuderlo nella cassa nella
quale era stato sotterrato, un chiodo si era realmente infisso in esso. Il
chiodo fu rimosso e il dolore cessò. Concorda con questo fatto, il dolersi che
qualcuno fa di sofferenze ad un arto amputato, perfino dopo due o tre anni
dall’avvenuta operazione. Trascorso un certo tempo il dolore cessa. Questo
avviene perché, anche dopo l’amputazione, la malattia persiste nell’arto
eterico non distaccato; ma appena la parte amputata si disintegra l’arto
eterico la segue ed il dolore ha fine.
Dopo avere
osservato le relazioni dei quattro regni con la Regione Eterica del Mondo
Fisico, volgiamo la nostra attenzione alla loro relazione col Mondo del
Desiderio.
Qui troviamo
che tanto i minerali come le piante mancano di un corpo del desiderio separato.
Essi sono permeati soltanto dal corpo del desiderio planetario. Mancando di un
veicolo separato, sono incapaci di sentimento, desiderio ed emozione, che sono
facoltà pertinenti al Mondo del Desiderio. Se una pietra è spezzata, essa non
soffre; ma sarebbe errato dedurne che nessun sentimento è connesso con siffatta
azione. Questo è il punto di vista materialistico, accettato dalla moltitudine
incomprensiva. Gli occultisti sanno che non c’è nessuna azione, grande o
piccola, che non sia avvertita in tutto l’universo, e sebbene la pietra, priva
com’è di un corpo del desiderio separato, non possa soffrire, lo Spirito della
Terra sente, poiché è appunto il corpo del desiderio della Terra che permea la
pietra. Se un uomo si taglia un dito, il dito, non avendo alcun corpo del
desiderio separato, non sente il dolore, ma lo sente l’uomo il cui corpo del
desiderio permea anche il dito. Se una pianta è strappata dalle radici, ciò è
avvertito dallo Spirito della Terra, come un uomo avverte se un capello gli
viene strappato dalla testa. La nostra Terra è un corpo vivente e sensibile e
tutte le forme sprovviste di corpi del desiderio individuali, per mezzo dei
quali gli Spiriti in evoluzione che le animano potrebbero sperimentare delle
sensazioni, sono comprese nel corpo del desiderio della Terra il quale è dotato
di sensibilità. Lo spezzare una pietra e il cogliere fiori producono piacere alla
Terra, mentre lo strappare le piante dalle radici produce pena. La ragione di
ciò verrà data in una parte successiva di quest’opera, perché a questo punto
del nostro studio la spiegazione sarebbe prematura e incomprensibile al comune
lettore.
Il Mondo
planetario del Desiderio pulsa nei corpi vitale e fisico dell’animale e
dell’uomo, allo stesso modo che nei minerali e nelle piante; i primi hanno
inoltre un corpo del desiderio separato, che permette loro di provare desideri,
emozioni e passioni. C’è tuttavia una differenza fra gli animali e l’uomo. Il
corpo del desiderio dell’animale è formato interamente col materiale delle
regioni più dense del Mondo del Desiderio, mentre, anche nel caso delle razze
umane più primitive una piccola quantità di materia delle regioni più elevate
entra nella composizione del loro corpo del desiderio. I sentimenti degli
animali e delle razze umane meno evolute sono quasi del tutto rivolti alla
soddisfazione dei desideri e delle passioni più basse, che trovano la loro espressione
nella materia delle regioni inferiori del Mondo del desiderio. Perciò, affinché
possano avere emozioni che li conducano ad un grado superiore di sviluppo, è
indispensabile che essi abbiano i materiali corrispondenti nei loro corpi del
desiderio. Via via che un uomo avanza nella scuola della vita, le sue
esperienze lo ammaestrano ed egli desidera di divenire più puro e migliore.
Così, gradatamente, nella materia del suo corpo del desiderio interviene un
cambiamento corrispondente. Il materiale più puro e più brillante delle regioni
superiori del Mondo del Desiderio sostituisce gli oscuri colori delle regioni
inferiori. Il corpo del desiderio cresce anche di dimensioni, così che in un
santo esso è veramente una cosa meravigliosa a vedersi la purezza dei suoi
colori e la sua luminosa trasparenza non trovano adeguata similitudine. Occorre
vederlo per apprezzarlo.
Attualmente i
materiali, sia delle regioni inferiori che di quelle superiori, entrano nella
composizione dei corpi del desiderio della grande maggioranza dell’umanità. Non
c’è nessuno che sia tanto cattivo, da non possedere qualche buona qualità.
Questa trova espressione nei materiali delle regioni superiori, che si trovano
nei loro corpi del desiderio. Ma, d’altra parte, pochi, pochissimi, sono tanto
buoni da non usare affatto i materiali delle regioni inferiori.
Allo stesso
modo che i corpi planetari vitale e del desiderio. interpenetrano la materia
densa della Terra come abbiamo visto nell’esempio della spugna, della sabbia e
dell’acqua così i corpi vitali e del desiderio interpenetrano il corpo denso
della pianta, dell’animale e dell’uomo. Ma durante la vita dell’uomo sulla
Terra il suo corpo del desiderio non ha la stessa forma dei corpi denso e
vitale. Assume quell’aspetto dopo la morte. Durante la vita ha l’apparenza di
un ovoide luminoso il quale, nelle ore di veglia, avvolge completamente il
corpo fisico, come l’albume avvolge il tuorlo di un uovo. Esso si estende da 30
a 40 centimetri al di là del corpo fisico. In questo corpo del desiderio ci
sono numerosi centri di percezione ma, nella maggioranza delle persone, essi
sono ancora allo stato latente. Il risveglio di questo centri corrisponde
all’acquisizione del senso della vista da parte del cieco del nostro primo
esempio. La materia del corpo del desiderio dell’uomo è in movimento
incessante, di una rapidità inconcepibile. Non esiste nessun posto fisso per
nessuna delle sue particelle, come è invece il caso per il corpo fisico denso.
La materia che ora è alla testa, un istante dopo può essere ai piedi, e così di
seguito. Nel corpo del desiderio, non esiste alcun organo di senso, come nel
corpo fisico o nel corpo vitale; ma ci sono dei centri di percezione i quali,
quando sono attivi, appaiono come vortici, che rimangono sempre nella stessa
posizione relativamente al corpo fisico. Nella maggioranza delle persone questi
centri sono dei semplici vortici, e non sono di alcuna utilità come centri di
percezione. Essi sono, tuttavia, suscettibili di essere risvegliati in
ciascuno; ma, a seconda dei diversi metodi usati per il loro risveglio, si
hanno risultati differenti.
Nel
chiaroveggente involontario, sviluppato con metodi negativi, questi vortici
girano da destra a sinistra ossia nella direzione opposta a quella delle
lancette di un orologio.
Nel corpo del
desiderio del chiaroveggente volontario sviluppato in modo corretto, i vortici
girano nella stessa direzione delle lancette di un orologio, rilucendo di
straordinario splendore, di gran lunga maggiore della luminosità scintillante
del corpo del desiderio ordinario. Questi centri lo provvedono dei mezzi adatti
alla percezione delle cose del Mondo del Desiderio, ed egli vede ed investiga a
volontà, mentre il medium i cui centri girano in senso inverso, somiglia ad uno
specchio che riflette solo ciò che passa davanti ad esso. Egli è incapace di
indagare per ottenere informazioni, poiché non può osservare quello che
desidera. La ragione di ciò sarà spiegata in un altro capitolo; ma quella
esposta è una delle differenze fondamentali fra un medium ed un chiaroveggente,
correttamente esercitato. La maggior parte della gente, non fa distinzione fra
i due; tuttavia c’è una regola infallibile, alla quale ognuno può attenersi:
Nessun veggente correttamente formato eserciterà la chiaroveggenza a scopo di
lucro, sia esso denaro od altra cosa; non la userà per soddisfacimento di
curiosità, ma unicamente per aiutare il genere umano.
Nessuno che sia
capace di insegnare il metodo adatto per lo sviluppo di questa facoltà, darà
una tale lezione a scopo di lucro. Coloro che chiedono denaro per esercitare la
chiaroveggenza o per impartire lezioni su queste cose, non posseggono
effettivamente nulla che meriti di esser pagato. La regola data è una guida
sicura che può esser seguita da tutti con piena fiducia.
In un futuro
molto lontano, il corpo del desiderio dell’uomo diverrà tanto completamente
organizzato quanto lo sono ora il corpo vitale e il corpo fisico. Quando quello
stadio sarà raggiunto, avremo il potere di funzionare nel corpo del desiderio
come facciamo ora con il corpo fisico, che è il più antico ed il meglio
organizzato dei nostri veicoli, mentre il corpo del desiderio è il più recente
(1). Il corpo del desiderio ha la sua sede nel fegato, come il corpo vitale
l’ha nella milza.
Le creature a
sangue caldo sono le più evolute nella scala degli esseri; esse provano
sentimenti, passioni ed emozioni che si esteriorizzano nel Mondo col desiderio;
creature delle quali si può dire vivano realmente nel più vasto senso della
parola, e non semplicemente vegetino; in esse le correnti del corpo del
desiderio fluiscono all’esterno del fegato. La materia del desiderio scaturisce
in ruscelli o correnti, che procedono per linee curve verso ogni punto della
periferia dell’ovoide e fanno poi ritorno al fegato attraverso una quantità di
vortici, pressappoco come fa l’acqua bollendo, che scaturisce continuamente
all’esterno dalla sorgente del calore e vi ritorna dopo aver compiuto il
proprio ciclo.
Le piante sono
prive di questo principio dinamico ed energetico e per questo esse non possono
esprimere la vita ed il movimento, come fanno gli organismi più altamente
sviluppati. Dove esiste vitalità e movimento, ma non sangue rosso, non esiste
un corpo del desiderio separato. La creatura si trova semplicemente in un
periodo di transizione dalla pianta all’animale e quindi si muove interamente
sotto il controllo dello Spirito-gruppo.
Negli animali a
sangue freddo, che hanno un fegato e sangue rosso, esiste un corpo del
desiderio separato, e lo Spirito-gruppo dirige le correnti verso l’interno
perché nel loro caso, lo Spirito individuale (del singolo pesce o del rettile,
per esempio) è del tutto al di fuori del veicolo fisico.
Quando
l’organismo si è sviluppato al punto che lo Spirito individuale possa
cominciare a penetrare nei suoi veicoli, comincia a dirigere le correnti verso
l’esterno, e noi vediamo allora l’inizio del periodo di esistenza
caratterizzato dalle passioni e la comparsa del sangue caldo. E’ dunque il
sangue rosso e caldo nel fegato dell’organismo sviluppato al punto da possedere
in sé uno Spirito individuale (2) – il quale dirige col suo dinamismo le
correnti della materia del desiderio verso l’esterno – che produce la
manifestazione del desiderio e della passione nell’animale e nell’uomo. Nel
caso dell’animale, lo Spirito non dimora ancora interamente in lui.
Figura C: Il corpo del desiderio nell’uomo ordinario
Figura D: Il corpo del desiderio nel chiaroveggente
involontario
Figura E: Il corpo del desiderio nel Chiaroveggente
Volontario
Ciò non avviene
finche i punti del corpo vitale e del corpo fisico non vengono in
corrispondenza fra loro, come vedremo nel capitolo XII. Per questa ragione
l’animale non vive tanto completamente quanto l’uomo, non essendo capace di
desideri ed emozioni così elevati, in quanto esso non è altrettanto cosciente.
I mammiferi odierni si trovano su di un gradino più elevato di quello raggiunto
dall’uomo quando si trovava nella fase animale della sua evoluzione, perché
essi posseggono sangue rosso e caldo, che l’uomo a quello stadio non possedeva.
Questa differenza di condizione è spiegata dal sentiero dell’evoluzione a
spirale; l’uomo attuale appartiene ad un più alto tipo di umanità che non gli
attuali Angeli, quando si trovavano allo stadio umano. I mammiferi che ai
nostri giorni attraversano la loro fase animale, hanno conseguito il possesso
del sangue rosso e caldo, e sono quindi atti a sperimentare in certa misura
desideri ed emozioni; essi saranno nel Periodo di Giove un tipo di umanità più
puro e migliore di quello che non siamo noi ora, mentre fra la nostra presente
umanità ci sarà qualcuno, anche nel Periodo di Giove, che sarà manifestamente
ed apertamente malvagio. Questi non potranno allora dissimulare la loro vera
natura, come fanno ora; ma non si vergogneranno affatto delle loro malvagità.
Alla luce di
questa esposizione circa il rapporto fra il fegato e la vita dell’organismo, è
curioso notare che in parecchie lingue europee (l’inglese, la tedesca e le
lingue scandinave) la parola che indica l’organo del corpo (liver = il fegato)
ha anche il significato di persona che vive, ” vivente “.
Se rivolgiamo
la nostra attenzione ai quattro Regni per quanto riguarda la loro relazione col
Mondo del Pensiero, troviamo che minerali, piante ed animali mancano di un
veicolo che li metta in relazione con quel Mondo. Tuttavia sappiamo che alcuni
animali pensano; ma questi sono gli animali domestici superiori, che sono stati
in stretto contatto con l’uomo per numerose generazioni ed hanno in tal modo
sviluppato una facoltà non posseduta dagli altri animali privi di siffatto
vantaggio. Ciò in base allo stesso principio per cui un filo percorso da una
carica elettrica ad alto potenziale “indurrà” una corrente più debole
in un filo portatovi vicino. Incontriamo un fenomeno simile nell’ordine morale:
un uomo di salda moralità farà sorgere un’uguale tendenza in una natura meno
nobile; mentre una natura moralmente debole sarà sopraffatta e trascinata
dall’influenza di caratteri malvagi. Tutto ciò che noi facciamo, diciamo o
siamo si riflette nel nostro ambiente. Ed è in tal senso e per tale motivo che
gli animali domestici superiori pensano. Essi sono i più elevati della loro
specie, quasi sul punto della individualizzazione, e le vibrazioni del pensiero
dell’uomo hanno ” indotto ” in loro un’analoga attività ad un livello
inferiore. A parte le eccezioni notate, il regno animale non ha acquistato la
facoltà del pensiero. Gli animali non sono individualizzati: questa è la grande
e cardinale differenza fra il regno umano e gli altri regni. L’uomo è un
individuo distinto; gli animali, le piante, i minerali sono divisi in specie.
Essi non sono individualizzati nello stesso senso in cui lo è l’uomo.
E’ vero che noi
dividiamo l’umanità in razze, tribù e nazioni; rileviamo la differenza fra il caucasico,
il negro, l’indiano, ecc.; ma non sta in ciò l’importanza della questione. Se
noi desideriamo studiare le caratteristiche del leone, dell’elefante o di altre
specie inferiori è sufficiente prendere in esame un solo membro di quella
specie. Conosciute le caratteristiche di un solo animale, conosciamo anche
quelle della specie a cui esso appartiene. Tutti i membri di una stessa tribù
animale sono simili: questo è il punto importante. Un leone, o suo padre, o suo
figlio appaiono tutti simili fra loro; non c’è nessuna differenza nel modo in
cui essi agiscono di fronte a circostanze analoghe. Tutti hanno le stesse
simpatie ed antipatie; uno è simile all’altro.
Non è così con
gli esseri umani. Se noi desideriamo conoscere le caratteristiche dei negri,
non ci servirebbe prendere in esame un singolo individuo. Sarebbe necessario
esaminare ciascun negro individualmente e anche con ciò non arriveremmo a
nessuna conoscenza intorno ai negri considerati come un tutto, semplicemente
perché ciò che era la caratteristica di un singolo individuo, non è applicabile
a tutta la razza collericamente.
Se noi
desideriamo di conoscere il carattere di Abramo Lincoln, non ci servirà affatto
studiare quello di suo padre, o di suo nonno o di suo figlio, perché essi differirebbero
fra loro completamente. Ciascuno avrà le sue particolarità del tutto distinte
da quelle di Abramo Lincoln.
Al contrario,
per descrivere minerali, piante ed animali, è sufficiente che noi dedichiamo la
nostra attenzione ad un solo esemplare di ciascuna specie. Ci sono invece, fra
gli esseri umani, tante specie quanti sono gli individui. Ogni persona è una
” specie “, una legge in sé, del tutto separata e appartata da ogni
altro individuo; essa è tanto diversa dai suoi simili quanto una specie dei
regni inferiori è diversa dall’altra. Possiamo scrivere la biografia di un
uomo, ma l’animale non ha nessuna biografia. E ciò perché in ciascun uomo
esiste uno Spirito individuale interiore, il quale dirige i pensieri e le
azioni di ogni singolo essere umano, mentre vi è uno Spirito-gruppo comune a
tutti i diversi animali o piante della medesima specie. Lo Spirito-gruppo
agisce in essi dall’esterno. La tigre che vaga nei deserti selvaggi della
giungla indiana e la tigre chiusa nella gabbia di un circo, sono entrambe
espressione del medesimo Spirito-gruppo. Esso influenza entrambe dal Mondo del
Desiderio in cui risiede e dove le distanze sono un fattore pressoché
insignificante.
Gli
Spiriti-gruppo dei tre regni inferiori sono variamente situati nei Mondi
superiori, come vedremo fra breve quando investigheremo la coscienza dei
diversi regni; ma per intendere correttamente la loro rispettiva posizione, è
necessario rammentare e chiaramente comprendere quello che è stato detto
intorno a tutte le forme che si trovano nel mondo visibile e che sono
cristallizzazioni dei modelli e delle idee esistenti nei Mondi superiori, come
è stato esemplificato con la casa dell’architetto e la macchina dell’inventore.
Come gli umori del molle corpo della chiocciola si cristallizzano nel duro
guscio che essa si porta dietro, così gli Spiriti dei Mondi superiori
cristallizzano all’esterno di se stessi i corpi materiali densi dei diversi
regni.
Così, i veicoli
che chiamiamo ” superiori “, benché tanto sottili e nebulosi da
essere invisibili, non sono affatto ” emanazioni ” del corpo denso;
ma i veicoli solidi di tutti i regni corrispondono per così dire al guscio
della chiocciola, che è cristallizzato dai suoi umori mentre la chiocciola
rappresenta lo Spirito; gli umori del suo corpo nel loro processo di
cristallizzazione, rappresentano la mente, il corpo del desiderio e il corpo
vitale. Questi diversi veicoli furono emanati dallo Spirito stesso allo scopo,
grazie ad essi, di acquisire esperienza. E’ lo Spirito che muove il corpo
fisico a suo piacimento, come la chiocciola muove la sua casa, e non è il corpo
che controlla i movimenti dello Spirito. Più strettamente entra lo Spirito in
contatto col suo veicolo, meglio può controllarlo ed esprimersi attraverso quel
veicolo e viceversa. Questa è la chiave per i diversi stati di coscienza nei
diversi regni. Lo studio delle Tavole schematiche n. 2 e n. 3 darà una chiara
idea dei veicoli di ciascun regno e del modo col quale essi sono in
correlazione coi diversi Mondi, e lo stato di coscienza che ne risulta.
Tavola Schematica B: Relazione tra i veicoli ed i Mondi
Tavola Schematica C: Stati di Coscienza di ciascun Regno
Dalla Tavola
schematica n. 2 impariamo che l’Ego separato è completamente racchiuso entro lo
Spirito Universale nella Regione del Pensiero Astratto. Questa Tavola mostra
che solo l’uomo possiede la completa catena dei veicoli che lo mettono in
relazione con tutte le divisioni dei tre Mondi. All’animale manca un anello
della catena: la mente; alla pianta ne mancano due, la mente e il corpo del
desiderio; ed al minerale mancano i tre anelli della catena di veicoli
necessari per funzionare in modo autocosciente nel Mondo Fisico: la mente, il
corpo del desiderio e il corpo vitale.
La ragione
delle varie differenze consiste nel fatto che il regno minerale è l’espressione
dell’onda di vita in evoluzione più recente, il regno vegetale è animato da
un’onda di vita che da più lungo tempo si trova sul sentiero dell’evoluzione;
l’onda di vita del regno animale ha un passato ancora più antico; mentre l’uomo
e cioè la vita che ora si esprime nella forma umana, ha dietro di sé il più
lungo viaggio di tutti i quattro regni, e quindi è in testa a tutti. Col tempo
le tre onde di vita che ora animano i tre regni inferiori, raggiungeranno la
condizione umana mentre noi avremo allora raggiunto un più alto grado di
sviluppo.
Per comprendere
il grado di coscienza risultante dal possesso dei veicoli che la vita evolvente
usa nei quattro regni, consideriamo la Tavola schematica n. 3, la quale mostra
che l’uomo pensante, l’Ego, è disceso nella Regione Chimica del Mondo Fisico.
Qui egli ha coordinato tutti i suoi veicoli pervenendo così allo stato di
risveglio della coscienza. Ora sta imparando a controllare i suoi veicoli. Gli
organi del corpo del desiderio e quelli della mente, non sono ancora evoluti.
Quest’ultima non è ancora neppure un corpo. Attualmente, è solo un involucro,
una guaina, usata dell’Ego come punto focale in cui concentrare le sue energie.
E’ l’ultimo veicolo costruito. Lo Spirito, lavorando, passa gradatamente dalla
sostanza più sottile alla più grossolana, ed i suoi veicoli sono prima formati
di sostanza sottile e poi di sostanza sempre più densa. Il corpo fisico fu
costruito per primo ed ha ora raggiunto il quarto grado di densità; il corpo
vitale è al terzo stadio; il corpo del desiderio al secondo, e perciò è ancora
nebuloso; infine la guaina della mente è ancora più sottile. Poiché questi
veicoli non hanno finora sviluppato alcun organo, è chiaro che, da soli, essi
non potrebbero servire come veicoli di coscienza. L’Ego, tuttavia, penetra
all’interno del corpo denso, collega questi veicoli privi di organi coi centri
dei sensi fisici e perviene così a risvegliare la coscienza allo stato di
veglia nel Mondo Fisico.
Lo studioso
dovrebbe osservare in modo particolare che è a causa del loro legame col
meccanismo meravigliosamente organizzato del corpo fisico, che questi veicoli
superiori acquistano valore. Egli eviterà un errore nel quale incorrono
frequentemente coloro che, giunti a conoscere l’esistenza dei corpi superiori,
cominciano a disprezzare il veicolo fisico, lo definiscono ” basso ”
e ” vile “, volgendo gli occhi al cielo desiderosi di presto lasciare
questa terrena massa di creta e prendere il volo nei loro ” veicoli
superiori “.
In generale,
queste persone non rilevano la differenza fra ” superiore ” e ”
perfetto “. Certamente il corpo fisico è il veicolo più basso, nel senso
che è il più pesante e che unisce l’uomo al mondo sensibile con tutte le
limitazioni che ne derivano. Come già detto, esso ha un lunghissimo periodo di
evoluzione dietro di sé ed ha ora raggiunto un grande e meraviglioso grado di
efficienza. Col tempo raggiungerà la perfezione, ma, anche ora, è il meglio
organizzato dei veicoli dell’uomo. Il corpo vitale è al suo terzo stadio di
evoluzione ed è organizzato meno completamente del corpo fisico. Il corpo del
desiderio e la mente sono, per ora, semplici nubi quasi del tutto
disorganizzate. Negli esseri umani meno evoluti, questi veicoli non sono ancora
ovoidi ben definiti, ma hanno forma più o meno indecisa.
Il corpo fisico
è uno strumento costruito meravigliosamente e degno dell’ammirazione di
chiunque sia in possesso di una qualche conoscenza della costituzione
dell’uomo. Osservate il femore, per esempio. Quest’osso sopporta l’intero peso
del corpo. All’esterno è formato da un delicato involucro di osso compatto,
rafforzato internamente da fibre ossee cellulari incrociate in modo così
meraviglioso che il ponte più perfetto e la migliore opera d’ingegneria non
potranno mai giungere a formare con tanto poco peso, un pilastro così forte. Lo
stesso dicasi per le ossa del cranio: sempre col minimo impiego di materiale si
ottiene il massimo di forza. Considerate la sapienza che si rivela nella
formazione del cuore e poi chiedetevi se questo superbo meccanismo meriti di
essere disprezzato. L’uomo saggio è grato per il suo corpo fisico e ne ha la
massima cura ben sapendo che esso è il più prezioso dei veicoli di cui per ora
dispone.
Nella sua
discesa lo Spirito dell’animale non ha raggiunto che il Mondo del Desiderio.
Questo Spirito non è ancora evoluto fino al punto di poter ” penetrare
” in un corpo fisico. Perciò, l’animale non possiede uno Spirito
individuale interiore ma uno Spirito-gruppo che lo guida dal di fuori.
L’animale possiede il corpo fisico, il corpo vitale, e il corpo del desiderio,
ma lo Spirito-gruppo che lo dirige è esterno. Il corpo vitale ed il corpo del
desiderio dell’animale non si trovano interamente dentro il corpo denso,
specialmente per quel che riguarda la testa. La testa eterica di un cavallo,
per esempio, si proietta assai al di là e al di sopra della testa fisica.
Quando, come avviene in rari casi, la testa eterica di un cavallo entra dentro
la testa fisica, il cavallo può imparare a leggere, a contare ed a fare
semplici operazioni di aritmetica. A questa peculiarità è anche dovuto il fatto
che cavalli, cani, gatti ed altri animali domestici, percepiscono il Mondo del
Desiderio sebbene non sempre si accorgano della differenza fra tale Mondo ed il
Mondo Fisico. Un cavallo si adombrerà alla vista di una forma invisibile al
conduttore; un gatto cercherà di strofinarsi contro gambe invisibili per noi:
non si accorge che non ci sono gambe dense utilizzabili per strofinarcisi
contro. Il cane, che è più intelligente e savio del cavallo e del gatto,
spessissimo sente che c’è qualcosa che egli non comprende quando vede che gli
si appressa l’ombra del defunto padrone alla quale non può lambire la mano in
segno di affetto. Allora esso mugolerà cupamente e si nasconderà in un
cantuccio con la coda fra le gambe. L’esempio che segue sarà forse utile per chiarire
la differenza fra l’uomo col suo Spirito interiore e l’animale diretto dal suo
Spirito-gruppo.
Immaginiamo una
stanza divisa per metà da una tenda, e che una parte della tenda rappresenti il
Mondo del Desiderio e l’altra il Mondo Fisico. Vi sono due uomini nella stanza,
uno da ciascun lato della tenda; essi non si possono vedere, né possono
riunirsi dalla stessa parte. Ci sono dieci buchi nella tenda, e l’uomo che si
trova dalla parte che rappresenta il Mondo del Desiderio può introdurre le sue
dieci dita attraverso questi buchi verso l’altra parte rappresentante il Mondo
Fisico. Egli ci fornisce ora un’eccellente rappresentazione dello
Spirito-gruppo che si trova nel Mondo del Desiderio. Le dita rappresentano gli
animali appartenenti alle singole specie. L’uomo può muoverle a volontà, ma non
può farne uso così liberamente e così intelligentemente come l’uomo che
passeggia nella parte che rappresenta il Mondo Fisico può usare il suo corpo
denso. Quest’ultimo vede le dita spinte attraverso la tenda e osserva che tutte
si muovono, ma non si accorge di alcun legame fra loro. A lui appaiono come se
fossero separate e distinte una dall’altra. Non può vedere che esse sono le
dita dell’uomo che si trova di là dalla tenda e che vengono governate nei loro
movimenti dalla sua intelligenza. Se egli ferisce una delle dita, non ferisce
soltanto quel dito, ma principalmente l’uomo invisibile che si trova dietro la
tenda. Se un animale è ferito, soffre, ma non quanto soffre lo Spirito-gruppo.
Il dito non possiede coscienza individuale, si muove come l’uomo comanda; così
l’animale si muove come comanda lo Spirito-gruppo. Parliamo di ” istinto
animale ” e di” istinto cieco “, ma non esiste una cosa così
vaga e indefinita come il ” cieco ” istinto. Non v’è nulla di ”
cieco ” nel modo col quale lo Spirito-gruppo guida i suoi membri; vi è la
SAPIENZA e scritta a lettere maiuscole. Il chiaroveggente addestrato, quando
agisce nel Mondo del Desiderio, può entrare in relazione con questi Spiriti
delle specie animali e li trova molto più intelligenti di una larga percentuale
di esseri umani. Egli può constatare il meraviglioso discernimento che essi
dimostrano nel dirigere gli animali che sono i loro corpi fisici.
E’ lo
Spirito-gruppo che in autunno raccoglie gli uccelli in stormi e li spinge a
migrare verso il sud, né troppo presto né troppo tardi, per sfuggire al vento
gelido dell’inverno; è lui che dirige il loro ritorno a primavera, spingendoli
a volare alla giusta altezza, diversa per le diverse specie.
Lo Spirito-gruppo
insegna al castoro come costruire con giusta angolatura la sua diga attraverso
la corrente del fiume con una notevole precisione. Esso considera la rapidità
del corso delle acque e tutte le circostanze, proprio come farebbe un esperto
ingegnere mostrandosi al corrente di ogni particolare dell’arte come un
professionista tecnicamente istruito in una scuola. E’ la sapienza dello
Spirito-gruppo che dirige la costruzione delle celle esagonali dell’ape con
tanta geometrica esattezza, che insegna alla chiocciola a modellare la sua casa
in una magnifica e precisa spirale e al mollusco dell’oceano l’arte di decorare
la sua iridescente conchiglia. Saggezza, saggezza ovunque! Così grande, così
sublime che chiunque osservi con occhio attento è riempito di meraviglia e di
venerazione.
A questo punto
sorgerà spontanea la domanda: se lo Spirito-gruppo dell’animale è tanto saggio,
considerando il breve periodo di evoluzione dell’animale rispetto a quello
dell’uomo, perché mai quest’ultimo non si mostra più sapiente e perché è
obbligato a studiare l’algebra e la geometria per poter costruire una diga o
altre opere, cose tutte che lo Spirito-gruppo dell’animale fa senza alcun
ammaestramento ?
Noi
risponderemo che la causa di ciò è dovuta alla discesa progressiva dello
Spirito Universale nella materia di sempre crescente densità. Nei Mondi
superiori, dove i suoi veicoli sono meno numerosi e più sottili, esso è in più
stretto contatto con la sapienza cosmica che rifulge in modo ineffabile nel
Mondo Fisico denso; ma, via via che lo Spirito discende, la luce della sapienza
si offusca temporaneamente sempre di più finché, nel più denso dei Mondi, essa
è quasi del tutto spenta.
Un esempio
varrà a rendere questo più chiaro. La mano è lo strumento più prezioso
dell’uomo e la sua destrezza le permette di rispondere al minimo comando di
lui. In alcune professioni, come quella di cassiere, il delicato tocco della
mano diviene così sensibile, da distinguere una moneta falsa da una buona in
modo tale da far quasi pensare che essa sia dotata di intelligenza individuale.
E’
nell’esecuzione di un pezzo musicale che la mano può forse meglio mostrare la
sua abilità. Essa è capace di produrre le melodie più belle e commoventi. Il
tocco delicato e gentile della mano fa scaturire dallo strumento i più teneri
accenti del linguaggio dell’anima che esprimono angosce, gioie, speranze,
timori, desideri, come solo la musica può fare. E’ il linguaggio del Mondo
celeste, la vera dimora dello Spirito, e giunge alla divina scintilla
imprigionata nella carne come un messaggio dalla sua terra natale. La musica
parla a tutti qualunque sia la loro razza, la loro religione o la loro
posizione sociale. Più elevato e più spirituale è l’individuo, più chiaro
diventa per lui quel linguaggio, che tuttavia giunge anche al cuore di un’anima
primitiva.
Immaginiamo ora
un celebre violinista che si metta i guanti e poi cerchi di suonare il violino.
Noteremo subito che il tocco è meno delicato, che l’anima della musica è
svanita. Se egli calza sui primi un altro paio di guanti, la mano resta
intralciata in misura tale da produrre solo delle stonature. Se, infine,
aggiungesse alle due paia di guanti che già lo imbarazzano un altro paio di
guanti, il violinista sarebbe assolutamente incapace di suonare, cosa che
farebbe dubitare, a chi non l’avesse mai sentito suonare in condizioni normali,
della sua abilità.
Così accade per
lo Spirito: ogni passo in giù, ogni discesa verso la materia più densa
costituisce per esso ciò che il calzare un paio di guanti costituirebbe per il
musicista del nostro esempio. Ogni passo verso l’involuzione limita il suo
potere di espressione fino a che poi si abitua alle limitazioni, e vi si
adatta, così come l’occhio deve adattarsi alle variazioni d’intensità della
luce. La pupilla si contrae al massimo nella luce abbagliante del sole, se noi
entriamo allora in casa tutto sembra oscuro; ma via via che la pupilla si
dilata e lascia passare la luce si finisce per veder così bene nella penombra
della casa come in pieno sole.
Scopo
dell’evoluzione dell’uomo quaggiù è di metterlo in grado di trovare il suo
centro nel Mondo Fisico dove, ora, la luce della saggezza sembra oscurata. Ma
quando, a tempo debito, avremo ” trovato la luce “, la saggezza
dell’uomo rifulgerà nelle sue azioni sorpassando di gran lunga quella espressa
dallo Spirito-gruppo dell’animale.
Inoltre bisogna
distinguere fra lo Spirito-gruppo e gli Spiriti Vergini dell’onda di vita che
ora sta esprimendosi negli animali. Lo Spirito-gruppo appartiene ad
un’evoluzione diversa ed è il guardiano degli Spiriti animali.
Il corpo
fisico, per mezzo del quale noi agiamo, è composto di numerose cellule aventi
ciascuna una coscienza propria pur se di ordine molto basso. Mentre queste
cellule fanno parte del nostro corpo, esse sono soggette alla nostra coscienza
e da essa dominate. Uno Spirito-gruppo animale funziona in un corpo spirituale
che è il suo più basso veicolo. Questo veicolo consiste di un numero variabile
di Spiriti Vergini attualmente immersi nella coscienza dello Spirito-gruppo.
Quest’ultimo dirige i veicoli costruiti dagli Spiriti Vergini in sua balìa,
prendendone cura, ed aiutandoli a sviluppare i loro veicoli. Mentre gli Spiriti
Vergini si evolvono, si evolve anche lo Spirito-gruppo passando per una serie
di trasformazioni in modo analogo a quello col quale noi cresciamo ed
acquistiamo esperienza assimilando nel nostro corpo le cellule nutritive che
ingeriamo, suscitando la loro coscienza coll’arricchirle per un certo tempo
della nostra.
Così, mentre un
Ego separato autocosciente si trova in ogni corpo umano e domina le azioni del
suo veicolo particolare, lo Spirito del singolo animale non è ancora individualizzato
né autocosciente ma fa parte del veicolo di una entità autocosciente
appartenente ad una diversa evoluzione: lo Spirito-gruppo.
Questo
Spirito-gruppo domina le azioni degli animali in armonia con la legge cosmica,
finché gli Spiriti Vergini in sua balìa non abbiano raggiunto l’autocoscienza e
siano individualizzati allo stato umano. Allora essi manifesteranno
gradatamente una volontà personale, emancipandosi sempre più dallo
Spirito-gruppo e divenendo responsabili delle loro azioni. Lo Spirito-gruppo le
influenzerà tuttavia (sebbene in misura decrescente) come Spirito di razza,
tribù comunità, o famiglia, sino a che ogni individuo non acquisti la capacità
di agire in piena armonia con la legge cosmica. Finché non sia giunto un tal
momento l’Ego non sarà completamente libero ed indipendente dallo
Spirito-gruppo e quando ciò avverrà s’inizierà una fase superiore della
evoluzione.
Il fatto che lo
Spirito-gruppo si trovi nel Mondo del Desiderio conferisce all’animale una
coscienza diversa da quella dell’uomo, il quale possiede una coscienza di
veglia chiara e precisa. L’uomo vede le cose esteriori con contorni ben netti e
distinti. In virtù del sentiero dell’evoluzione che si svolge a spirale, gli
animali domestici superiori, specialmente il cane, il cavallo, il gatto e
l’elefante, vedono gli oggetti quasi allo stesso modo benché, forse, non
proprio distintamente.
Tutti gli altri
animali posseggono una ” coscienza rappresentativa ” interiore simile
a quella dell’uomo quando sogna. In presenza di un oggetto, essi percepiscono
interiormente un’immagine accompagnata da una forte impressione che inquadra
l’oggetto come favorevole o contrario al loro benessere. Se il sentimento che
suscita è di paura, esso si associa ad una suggestione proveniente dallo
Spirito-gruppo che gl’indica come sfuggire al minacciato pericolo. Questo stato
negativo di coscienza facilita allo Spirito-gruppo la guida dei corpi fisici
degli animali mediante la suggestione, perché gli animali non posseggono
volontà individuale.
L’uomo non è
facilmente guidato dall’esterno con o senza il suo consenso. Via via che
l’evoluzione avanza e la volontà dell’uomo si sviluppa sempre di più, egli si
affrancherà dalle suggestioni esteriori e sarà libero di agire secondo il
proprio volere, indipendentemente dalle influenze altrui. Questa è la
principale differenza fra l’uomo e gli altri regni. Questi agiscono secondo la
legge e gl’imperiosi ordini dello Spirito-gruppo (che noi chiamiamo istinto),
mentre l’uomo diviene sempre più legge a se stesso. Noi non chiediamo al
minerale se si vuol cristallizzare o no, né al fiore se vuole o non vuole
sbocciare, né al leone se vuole o non vuole cessare di predare. Essi sono
tutti, nelle cose piccole come nelle grandi, sotto il dominio assoluto dello
Spirito-gruppo, in quanto privi di libero arbitrio e di iniziativa, qualità
possedute invece, in diverso grado, da ogni essere umano. Tutti gli animali
della stessa specie appaiono approssimativamente uguali, perché essi sono
l’emanazione dello stesso Spirito-gruppo, mentre fra il miliardo e mezzo di
esseri umani che popolano la terra (3), non due soli esseri umani appaiono
esattamente simili neppure i gemelli nell’adolescenza, perché il segno posto su
ciascuno dall’Ego individuale, produce la differenza nell’aspetto come nel
carattere.
Che tutti i
buoi si nutrano d’erba e tutti i leoni mangino carne, mentre ciò che
costituisce un buon nutrimento per un uomo, non sempre conviene ad un altro
uomo, è ancora una prova dell’universale influenza dello Spirito-gruppo sugli
animali, in contrasto con l’Ego, il quale fa sì che ogni essere umano richieda
una proporzione di cibo specialmente adatta al proprio organismo. I medici
notano perplessi la stessa particolarità negli effetti delle loro medicine.
Queste agiscono in modo differente nei vari individui, mentre la stessa
medicina produrrà identici effetti in due animali della stessa specie, in virtù
del fatto che tutti gli animali seguono gli ordini dello Spirito-gruppo e della
Legge Cosmica, ed agiscono sempre in modo simile nelle identiche circostanze.
Soltanto l’uomo è, in qualche misura, capace di seguire, entro certi limiti, i
suoi propri desideri. Che i suoi errori siano molti e gravi, si concede, ed a
molti potrebbe sembrare preferibile che egli fosse obbligato a seguire la retta
via; ma, se così fosse, egli non imparerebbe mai ad agire correttamente. Le
lezioni per discernere il bene dal male, non possono essere imparate se non a
condizione che egli sia libero di scegliere il proprio genere di vita, ed abbia
appreso ad evitare il male come una vera ” fonte di dolore “. Se egli
agisse correttamente solo perché non ha altra scelta, e non avesse alternativa
di agire in modo diverso, sarebbe un automa e non un Dio in evoluzione. Come il
costruttore impara dai suoi errori a correggersi nelle future costruzioni, così
l’uomo, mediante i suoi errori ed il dolore che ne deriva, consegue (perché
autocosciente) una sapienza superiore a quella dell’animale, il quale agisce
saggiamente perché forzato dallo Spirito-gruppo. Col tempo l’animale giungerà
allo stadio umano, avrà libertà di scelta e, attraverso gli errori, imparerà
come noi facciamo adesso.
La Tavola
schematica n. 3 mostra che lo Spirito-gruppo del regno vegetale ha il suo più
basso veicolo nella Regione del Pensiero Concreto. Esso si trova a due gradini
di distanza dal suo veicolo denso e, in conseguenza, le piante hanno coscienza
corrispondente a quella del sonno senza sogni. Lo Spirito-gruppo del minerale
ha il suo più basso veicolo nella Regione del Pensiero Astratto e dista quindi
di tre gradini dal suo veicolo denso; perciò il minerale è in uno stato di
profonda incoscienza simile alla condizione di trance.
Vediamo così,
dunque, come l’uomo sia uno Spirito individuale, un Ego separato da tutte le
altre entità, che dirige ed opera in una serie di veicoli dall’interno e come
le piante e gli animali sono guidati dall’esterno per opera di uno
Spirito-gruppo avente giurisdizione su un certo numero di animali e di piante
nel nostro Mondo Fisico. Essi sono separati solo in apparenza.
Le relazioni
della pianta, dell’animale e dell’uomo con le correnti vitali che circolano
nell’atmosfera della Terra sono simbolicamente rappresentate dalla croce. Il
Regno Minerale non è compreso in questo simbolo perché, come abbiamo veduto,
non possiede un corpo vitale individuale e perciò non può essere il veicolo per
le correnti dei regni superiori. Platone, che era un iniziato, enunciò spesso
verità occulte. Egli disse: ” L’Anima del Mondo è crocifissa “.
Il braccio
inferiore della croce indica la pianta con le sue radici che affondano nel
terreno chimico minerale. Gli Spiriti-gruppo delle piante si trovano al centro
della Terra. Essi dimorano, ricordiamolo, nella Regione del Pensiero Concreto
che interpenetra la Terra così come fanno tutti gli altri Mondi. Da questi
Spiriti-gruppo fluiscono correnti in tutte le direzioni verso la periferia
della Terra passando all’esterno attraverso il fusto della pianta o
dell’albero.
L’uomo è
rappresentato dal braccio superiore; egli è la pianta rovesciata. La pianta
assorbe il suo nutrimento attraverso la radice; l’uomo prende il cibo dalla
testa. La pianta spinge i suoi organi della generazione verso il sole; l’uomo,
pianta rovesciata, volge i suoi verso il centro della terra. La pianta riceve
le correnti spirituali dello Spirito-gruppo proveniente dal centro della terra,
che penetrano in essa attraverso la radice; vedremo in seguito che la più alta
influenza spirituale giunge all’uomo dal sole i cui raggi penetrano in lui
attraverso la testa. La pianta inala il velenoso biossido di carbonio esalato
dall’uomo ed esala l’ossigeno, datore di vita, inalato da lui.
Gli animali, simbolizzati
dal braccio orizzontale della croce, stanno fra la pianta e l’uomo. La loro
spina dorsale è in posizione orizzontale ed attraverso di essa vibrano le
correnti dello Spirito-gruppo, correnti che circolano intorno alla Terra.
Nessun animale
può rimanere costantemente in posizione eretta, perché in questo caso le
correnti dello Spirito-gruppo non potrebbero guidarlo, e non essendo abbastanza
individualizzato da sopportare le correnti spirituali che attraversano la spina
dorsale verticale dell’uomo, morirebbe.
E’ necessario
che un veicolo, affinché possa servire per l’espressione di un Ego individuale,
soddisfi a tre condizioni:
un’andatura
eretta che gli permetta di mettersi in contatto con le correnti ora menzionate;
una laringe
verticale, perché solo questa rende possibile il parlare (ai pappagalli, alle
gazze e agli stornelli, che hanno una laringe verticale, si può insegnare a
parlare);
un sangue
caldo, capace di ricevere le correnti solari.
Quest’ultima condizione
è della massima importanza per l’Ego, come in seguito razionalmente spiegheremo
e illustreremo. Per il momento ci limitiamo alla menzione degli elementi
necessari all’Ego, terminando questo studio sui rapporti dei Quattro Regni, fra
loro e con i differenti Mondi.
(1) Poiché
” (la mente) non è ancora neppure un corpo. Attualmente è solo un
involucro “.
Joseph “Rudyard” Kipling, nacque a Bombay, in
India, il 30 Dicem bre 1865, da genitori inglesi ivi trasferitisi per motivi
professionali. Nacque in quel momento uno dei personaggi più significativi
nell’ambito della letteratura inglese, grande iniziato e punto fermo della
Massoneria moderna. A 5 anni fu mandato in Inghilterra, per ricevere
un’istruzione adeguata; studiò a Londra e, successivamente, in un college del
North Devon; questo fu per lui un periodo terribilmente triste in quanto, ragazzo molto sensibile,
soffriva della mancanza dei genitori, ancora molto impegnati in India.
Finito il college, Joseph ritornò finalmente in India, a
Lhaore, dove pur essendo giovanissimo, diventò vicedirettore della “Civil
and Military Gazette”, importante notiziario informativo in lingua
inglese. Egli rimase profondamente colpito ed estasiato dalla tipicità di quel
paese, trovò nelle piccole cose comuni della strada e nelle persone di tutti i
giorni, le più frequenti basi per le sue storie e i suoi poemi. Il suo ingresso
nell’istituzione massonica avvenne nel 1886 quando egli, ancora ventenne, non
aveva conseguito la maggiore età. Ciò avvenne però ugualmente in quanto fu
presentato da due colonnelli dell ‘esercito inglese che gli fecero da garanti.
La scelta di essere iniziato Libero Muratore fu per lui
forte e decisa poiché anche suo padre era massone. L’iniziazione avvenne
nell’Aprile del 1886 nella “Hope and Perseverance” n. 782 all’oriente
di Lhaore, loggia di cui fu subito segretario.
Negli anni successivi, molti spostamenti per motivi di
lavoro portarono Kipling a frequentare assiduamente diverse logge in tutta
l’India, paese allora molto eterogeneo, e ciò diede sicuramente al Kipling
massone un’impronta che egli manterrà per tutta la vita. L’anno 1889 vide il
suo definitivo ritorno in Inghilterra, paese in cui rimase fino al suo matrimonio
e in cui intrattenne fitti rapporti con altri importanti letterati del tempo,
primo fra tutti A. C. Doyle, anch’egli massone e famosissimo creatore di S.
Holmes.
Nel 1892 si sposò con Caroline Balestier e si trasferì
nel Vermount negli Stati Uniti, ove rimase quattro anni, fino al 1896 anno
durante il quale ritornò in Inghilterra. Cominciò in seguito a viaggiare come
inviato di guerra in numerose nazioni tra cui il Sudafrica, l’Italia e la
Francia, continuando però nel frattempo a frequentare con devozione ed
assiduità l’Istituzione
alla quale era così attaccato. Nel 1900 entrò nella
Società dei Rosacroce e nel 1910 fu tra i fondatori di una loggia, la
“Authors” n.3456. Avendo ricevuto, primo tra gli scrittori inglesi,
nel 1907 il premio Nobel per la Letteratura, venne invitato a presenziare ai
lavori di numerose logge di cui diverrà poi socio onorario (tra tutte
ricordiamo la famosa Loggia “Motherland” n.3861 all’Or. di Londra).
Lo sconforto per la ravvicinata perdita dei due figli lo
fece fortemente tentennare ma, anche in questo caso, i Fratelli di Loggia
furono con lui per sostenerlo dopo questo dolore immenso, aiutandolo a
ritrovare la forza morale per continuare la professione e rinsaldare la sua
profonda vocazione di Framassone. Joseph “Rudyard” Kipling, muore nel
1936, dopo una lunga malattia che strapperà al mondo letterario e soprattutto
alla Fratellanza Universale uno dei suoi più grandi esponenti in senso
assoluto.
Kipling: La Massoneria. Come anticipato in precedenza,
l’iniziazione di Kipling avvenne nell’aprile del 1886, tra le colonne della
Loggia “Hope and Perseverance” di Lhaore, officina estremamente
eterogenea, composta da Fratelli di almeno cinque confessioni diverse e con
differenti caratteristiche sociali, si trovavano, infatti, in essa componenti
di religione Mussulmana, Ebraica, Cattolica, Induista e Shik ed altresì vi
erano Fratelli militari, agricoltori, popolani e di alto censo.
Questa loggia rappresentò quindi per lui, uomo di grande
tolleranza e di buona indole, la perfetta sintesi di ciò che in buona sostanza
definisce ancora oggi l’essenza Massonica: Tolleranza, Fratellanza e
Uguaglianza. A Lhaore, la gente credeva che nella Loggia ci fosse qualcosa di
magico; infatti si pensava che solo in questo modo persone di così differenti
caste e di diversa religione potessero convivere in grande fraternità e
armonia, diventando addirittura un esempio per il mondo profano. Dopo un solo
mese, nel maggio dello stesso anno, si ebbe il suo passaggio al superiore grado
di Compagno d’Arte e, sette mesi più tardi, quello ulteriore a Maestro.
Segretario e M.D.C. nel febbraio del 1887, dovette però lasciare la sua amata
Officina in quanto pressanti impegni di lavoro lo portarono a trasferirsi ad
Allahbad, lì entrò nella loggia “Indipendence with Fidelity” n.391,
ove restò fino al suo definitivo ritorno in Inghilterra nel 1889. Tristissimo
fu il suo addio all’amata terra orientale. Appena giunse a Londra, venne
chiamato tra le colonne della più antica e famosa Loggia del mondo, la “Cannongate
Kilvsânning” n. 02, di cui divenne membro onorario. Il lavoro lo portò
inviato di guerra in Sudafrica e lì, insieme a Sir Arthur Conan Doyle, dottore
in un ospedale da campo, fondò nel 1900 un’officina cui fu dato nome di
“Emergency Lodge”.
Nel 1900, rientrato in Inghilterra, entrò a far parte
della Società dei Rosacroce, momento questo che gli permise di ampliare
notevolmente le sue conoscenze esoteriche e di conseguenza migliorarsi anche
sotto il profilo massonico. Il suo assiduo lavoro di grande iniziato, lo portò
a fondare nel 1910 un’altra loggia di ispirazione culturale, che prese il nome
di “Authors” e il numero distintivo di 3456. Nel 1918 anche la
“Motherland Lodge” in Londra lo volle come membro onorario e la sua
presenza nelle più grandi ed importanti logge europee diventò molto ambita. Nel
1922, per conto della G.’.L.’ di Francia fondò un’ulteriore officina chiamata
“The Builder of the Silent Cities”.
Ulteriori esperienze Massoniche minori dell’autore
inglese non sono state riportate in quanto, volendo essere concisi, si sono
narrate solo le fasi salienti del suo lungo ed intenso impegno
nell’Istituzione, impegno che lo pone innanzi a noi “Massoni
Posteri”, come uno dei più grandi letterati iniziati, non solo del
diciannovesimo secolo, ma dell’intera storia Massonico-letteraria mondiale.
Kipling: un vero Maestro
Immaginiamo per un momento di non avere letto i primi due
punti di questo breve lavoro, pur non
essendo a conoscenza dell’appartenenza di Kipling alla Libera Muratoria
potremmo capire ciò semplicemente leggendo alcune delle sue opere in cui i
concetti basilari dell’essenza iniziatica vengono posti in evidenza, talvolta
in modo quasi lapalissiano, talvolta più velatamente ma comunque sempre con un
vigore e una profondità spirituale e morale raramente riscontrata in altri
autori. Comodo sarebbe a questo punto, avendo una fornita bibliografia sotto
gli occhi, fare una sorta di resoconto e di elenco delle sue “Opere
Massoniche” ma scrivendone una lunga lista, oltre ad annoiare il lettore e
a rischiare di risultare prolissi, non si renderebbe giustizia ad un autore che
fu “Universale” e che in tale maniera deve essere conosciuto e
considerato. Kipling può dunque essere considerato un “Maestro
Globale”, i cui insegnamenti Massonici, basati fortemente sui principi del
Compagnonaggio inglese, vertono sui tre famosi principi di Tolleranza,
Uguaglianza e Fratellanza.
I principi classici della Liberomuratoria nell’opera
Kiplingiana sono espressi limpidamente in un’opera come “ln the Interest
of Brethern” (1926), breve storia narrante i lavori svolti in una Loggia
d’Istruzione inglese all’epoca della guerra, lavori descritti con una
profondità ed al tempo stesso una semplicità degni proprio di un maestro.
Durante i Lavori di Loggia in quell’epoca, si dava priorità all’aspetto
comunitario, inteso come il ritrovarsi tra fratelli, uniti dall’ideale comune
di una società migliore. Nel caso delle Logge di Istruzione, le facce
cambiavano quasi continuamente essendo Londra una metropoli di grande passaggio
e, all’epoca, di un continuo ricambio di visitatori molti dei quali, essendo
militari, ed appartenente spesso alla
Massoneria, passavano di Loggia in Loggia spostandosi per i loro compiti militari di città in città.
Ricordiamo che in Inghilterra, fino a
qualche decennio fa, l’esercito era un fonte molto forte
da di buoni Massoni, che cambiando spesso città per servizio, portavano le loro
personali esperienze nelle varie Logge ove lavoravano. Ciò andava quindi visto
in maniera assolutamente positiva, in quanto era proprio in casi come questi,
ove molti dei fratelli partecipanti ai lavori non si erano mai ne visti ne
conosciuti, che la fraternità e la comunione di intenti, evidenziati
dall’identico percorso iniziatico da essi compiuto, legavano fortemente le
persone e davano a queste riunioni una profondità ed un serietà riscontrabili
solo in un ambito come appunto quello Massonico.
A
questo punto mi sembra doveroso ricordare, tra le tante, l’opera che più esalta
lo spirito massonico dell’autore, la splendida poesia dedicata alla Loggia in
cui egli fu iniziato, poesia che racchiude pur nella sua brevità, l’essenza
principale e portante di tutto il Kipling grande iniziato e che a mio modo di
vedere, può permetterci di vivere intensamente e con profondità anche le ulteriori
opere a carattere iniziatico da lui elaborate. Nella “Mother Lodge”,
poesia del 1896, un intero mondo con tutte le sue varie caratteristiche viene
ritrovato nello stesso luogo, nello stesso
istante, con le stesse finalità e lo stesso sentimento; nel Tempio Massonico di
Lhaore, infatti, uomini provenienti da luoghi diversi, con differenti percorsi,
religioni dissimili e talvolta anche diversi linguaggi, sono insieme come
fratelli, in un’unità totale di intenti morali e spirituali. Questa importante universalità
viene ricordata dall’autore con estrema emozione e grande nostalgia, a voler
spiegare all’attento lettore, la magia immensa ed incredibile che la Massoneria
portava, ed ancora porta con se, in un mondo dove gli uomini per diverse idee
politiche o credo religiosi differenti arrivano a combattere guerre assurde,
che potrebbero essere evitate applicando i semplici ma profondi principi della
Tolleranza e della Fraternità. Della Loggia Madre, Kipling ricorda la pace
interiore provata lavorando coi Fratelli, le estreme diversità riscontrabili
tra i suoi vari appartenenti all’esterno della Loggia, la totale uguaglianza
che per contro vi era all’interno di essa, l’estrema tolleranza dimostrata per
esempio nel non celebrare agapi per non offendere le varie caste o i vari credo
religiosi e il profondo spirito di fratellanza mostrato da ognuno nei confronti
dell’altro. Pare a tutti chiaro l’aspetto fortemente universalistico e
fraternalistico da lui fortemente espresso.
Vi
sono però altri aspetti iniziatici da non trascurare altresì presenti nella sua
opera in maniera profonda: il simbolismo e l’uso di segni e comportamenti a
forte carattere iniziatico e rituale che si trovano ne “L’uomo che volle
farsi Re” e ne “La Gran Guardia”, opere in cui si fa esplicito riferimento
a segni e parole tipiche dell’Arte Reale; la definizione sintomatica di come
dovrebbe essere l’iniziato viene invece chiaramente espressa in un’opera che
Kipling stesso ha dedicato e letto al figlio durante la sua iniziazione, poesia
intitolata “I F” (se), considerata a pieno titolo una delle opere
Massoniche per eccellenza, ove egli traccia una sorta di profilo interiore
ideale del “Massone Illuminato”. Menzione a parte per “La Notte
del Banchetto”, poesia in cui l’autore descrivendo un’agape, non esprime
opinioni o traccia linee guida, ma sprona semplicemente il Fratello a
dimenticare tutti i problemi che l’assillano nel mondo profano ed a godere
appieno della compagnia che lo circonda beandosi di quella, quindi in questo
caso esaltando la fratellanza non in senso prettamente esoterico, ma
cogliendone maggiormente l’aspetto compagnonistico, inteso in senso quasi
cameratesco.
“La
Notte del Banchetto”, può comunque essere avvicinata nello spirito alla
“Loggia Madre”, in quanto dispensatrice di sentimenti di fraternità e
di tolleranza, ed è questo, a mio modestissimo parere, il vero cuore della
“Maestria Massonica” di Rudyard Kipling, scrittore e Fratello
illuminato che ancora oggi ci traccia una strada, insegnandoci cosa significhi
non solo chiamarsi Fratelli, cosa che tra noi generalmente accade, ma anche a
sentirsi tali ed a viverlo intensamente, sia nella quotidiana vita profana, che
lungo il nostro percorso iniziatico nei momenti passati insieme nelle
rispettive officine.
Dobbiamo
comportarci anche e soprattutto tra noi con correttezza e fraternità, seguendo
quell’insegnamento di virtù che ci ha lasciato questo illuminato Fratello, che
ha dedicato tutta la sua vita alla nostra Istituzione facendo nascere nuove
Logge, scrivendo opere di estremo spessore ed acutezza, iniziando tanti nuovi
Fratelli e soprattutto amando ciò in cui credeva visceralmente.
Ringraziamolo
infinitamente per ciò che ci ha lasciato, una grande eredità fatta di bontà, di
rettitudine morale e di amore per la Massoneria. Tanto e altro ancora si
potrebbe scrivere di lui, non basterebbe un libro intero, ma in questo mio
piccolo lavoro ho provato ad esternarvi e, spero, a farvi capire, non tanto i
più profondi e complessi concetti dell’esoterismo Kiplinghiano bensì, dal
profondo del mio cuore, la visione del carissimo Joseph “Rudyard”
Kipling riguardo il senso del termine Fratello, che è simile a ciò che io,
modesto Compagno d’Arte e giovane Libero Muratore, ritengo sia alla base di
quello che dovrà essere il mio percorso iniziatico: segni, simboli, esoterismo,
ritualità e soprattutto tanto amore per gli altri, siano essi sconosciuti
profani oppure amati e stimati Fratelli di Loggia. •
Ndell’affermarsi dell’idea spengleriana di
tramonto dell’Occidente è implicita a
una concezione estetizzante d’origine pseudo-romantica, che rimanda
quest’allegoria all’immagine di un qualcosa che si spegne lentamente, ma
dolcemente.
Proprio i romantici, tuttavia, – in particolare Blake,
Shelley, Keats, Byron, e, in ambito germanico Hôderlin — prediligevano (e,
comunque, questo sarebbe stato l’ineluttabile destino di molti di loro) vivere
le loro esistenze in modo estremo ed esaustivo, bruciando prematuramente le
loro vite in morti tragiche, o finendo per sprofondare le loro visioni nelle
tenebre della follia.
L’idea, mutuata dalla tragedia greca, dell’eroe che
finisce per soccombere, anzitempo, ad un fato avverso; evidentemente
racchiudeva una dimensione implicita di grandezza, che solo agli eletti era
riservata, e non ai comuni mortali. Alla vecchiaia arrivavano solo i mediocri.
E quindi erroneo attribuire una valenza romantica all’idea di tramonto. Si può
quindi riportare questa chiarificazione concettuale a quella sulle sorti
dell’occidente, al suo tramontare, e all’inevitabile decadenza che questo lento
agonizzare comporta.
Se si prescinde
dal prediligere unilateralmente la Weltaunschung del materialismo storico che
identifica, arbitrariamente e grossolanamente, la civiltà con il progresso
sociale legato al miglioramento delle condizioni lavorative delle masse operaie
di questo secolo, non si può — fermo restando che alcune conquiste salariali
sono state importanti — non avvertire, per dirla con Heidegger, il senso di una
carenza.
La società capitalistica contemporanea
sembra cominciare solo recentemente ad avvertire gli
effetti di quest’eclisse del sacro, di questa perdita del Centro, che produce
disperazione ed un’affannosa e frustrante vivere solo per rincorrere
ossessivamente i “feticci” del consumismo mondiale.
L’economia — ed in questo aveva veramente ragione Marx — è
divenuto il nostro destino, ma nel suo carattere totalitario e panteistico è
racchiusa
anche la cifra di una maledizione. In quest’epoca in
cui gli Dei sono fuggiti, essendosi dissolta anche qualunque vaga idea di una
realtà metafisica trascendente Al piano sensibile, domina incontrastato l’uomo
massa. I principi etici non sono più dedotti da assiomi metafisici, a loro
volta determinati da un ‘intuizione trascendente. L’esempio più tipico di
questo procedimento metafisico, ormai obliato, è dato dall’assiologia
cristiana: la carità d’animo è la caratteristica del credente, e lo è perché vi
è un Dio misericordioso, la cui esistenza è provata, a sua volta, dalla
validità dell’argomentazione aristotelica della causa prima, dal motore
immobile. Senza questa superiore riconduzione dell’ethos ad un piano
metafisico, si arriva a quella che la filosofia contemporanea chiamata
condizione postmoderna, avvero all’assenza di un fondamento che fondi la
conoscenza.
La condizione necessaria del postmoderno è l’assenza di un
fondamento trascendente rispetto alle varie conoscenze, che ne determini anche
la gerarchia: è la mancanza di una causa sui che strutturi una qualsiasi
assiologia. L’esempio più classico per dimostrare l’assenza di fondamento della
scienza moderna è quello platonico sulla matematica: quest’ultima si preoccupa
soltanto di trarne conseguenze dai suoi postulati, che assume peraltro come
principi, senza preoccuparsi di indagarne preventivamente la validità.
Se quindi sia assente un qualsiasi fondamento su cui si basi
il conoscere, e se, soprattutto, questa base sia necessariamente la metafisica
come conoscenza dei principi primi rispetto alla scienza applicata, il
risultato non può essere che di relativismo
culturale. In questo caso perverso ogni
disciplina essendo priva di un principio primo trascendente e universale che ne
determini la gerarchia e l’importanza — è assolutamente uguale rispetto alle
altre. La sua importanza risiede solo nel particolare contesto storico e
secondo l’utilità del momento.
Negli anni settanta sembrava che la ricerca astronautica
dovesse dispiegare la conquista di nuovi orizzonti per l’umanità, invece n’è
seguito un’impasse di quasi vent’anni e l’interesse sociale contemporaneo si è
ora spostato, secondo gl’interessi dell’industria culturale, sull’ingegneria
genetica.
Finché anche quest’ultima non cadrà in oblio, perché ritenuta
non più proficua all’industria, ma pronta a ritornare in auge qualora il
sistema trovi una qualsiasi applicazione commerciale anche per essa. La scienza
non ricerca più per incrementare la conoscenza, ma unicamente per soddisfare
gli interessi industriali: essa, infatti, si manifesta essenzialmente come
tecnica.
Tutto diventa ciclico ed effimero come le mode che vanno e
vengono. La psicoanalisi ha conosciuto fortune alterne nel corso di questi
anni, ed oggi sembra un ritorno d’interesse per la neurofisiologia. Ogni cosa è
provvisoria e relativa. Questo relativismo si riflette anche e soprattutto sul
piano del sapere: non esiste più una cultura nel senso classico del termine.
Nel suo libro Apocalittici ed integrati, Umberto Eco tenta, addirittura, di
conferire una dignità avveniristica Ai fumetti ed alla cultura di massa,
contrapponendola alla cultura classica: si vede la ripartizione di questa nei
tre livelli: Low — Middle — High.
I Talk-show delle nostre reti fanno a gara nel cercare di
abbinare assieme sui palchi televisivi letterati e massaie: come se la
“verità” di queste ultime fosse equiparabile al sapere dei primi.
Il nichilismo epocale finisce non solo per obliare la
metafisica, e la ricerca di una manifestazione trascendentale all’interno della
dimensione esistentiva. Il nichilismo, di cui il postmoderno è l’espressione
compiuta, finisce per obliare anche la stessa cultura “profana”, a
condizione che non si tratti della cultura di massa.
L’obiettivo
dichiarato della società dei consumi (del resto, già pensatori di sinistra come
Adorno, Marcuse, Horkeimer, avevano riconosciuto ciò) è di livellare e
massificare in maniera assoluta lo sviluppo intellettuale e spirituale dei suoi
membri, che essa considera essenzialmente come suoi” consumatori. Il suo
intento è di classificare gli individui secondo una tipologia e di creare i
bisogni corrispettivi per ciascun campione di essa. La metodologia consiste nel
creare prima il prodotto e poi, attraverso l’induzione dei media, crearne un
bisogno fasullo nelle folle, che non devono più pensare, ma solo lasciarsi
controllare attraverso la pubblicità.
Noi riteniamo utopico pensare di cambiare questo stato
di cose a livello sociale. Altri nel passato hanno tentato di farlo con le
cosiddette contro-culture degli anni sessanta, senza raggiungere alcun
risultato apprezzabile, e finendo poi emarginati come outsider da questo sistema,
che non uccide e imprigiona più – come nel passato più recente — i dissidenti,
ma li isola completamente.
L’unica via di scampo consiste nella forza interiore di
chi la vorrà (e potrà) averla, ed avendo preso conoscenza della situazione
generale, dovrà continuare, per dirla con Nietzsche — ad attraversare il
deserto che cresce del nichilismo.
facendo affidamento unicamente alle loro risorse
intellettuali, nella testimonianza dello spirito e della libertà, preparandosi
per l’ora in cui questa nostra era oscura finirà, lavorando per la propria e
quindi per l’altrui Grande Opera. È questo il compito cui attendono gli
iniziati alle soglie del nuovo millennio. •
Massoneria
operativa significa, in senso lato, un insieme di
tecniche professionali e di ierofanìe della pietra, della geometria
e del lavoro. Così intesa la Massoneria operativa abbraccia, in anticipo
sull’universalità della Massoneria speculativa, un intero universo di
esperienze di cui il tempo ha conservato splendide tracce ovunque. Così, anche
recentemente, c’è stato chi ha creduto di trovare suggestive memorie ancestrali
della Massoneria speculativa nella struttura megalitica di Stonehenge,
verosimilmente un tempio druidico, o, più indietro, nella piramide di Cheope in
Egitto.
Ci si avvicina maggiormente ai ricorsi storici della
Massoneria operativa
quando si fa riferimento alle Corporazioni muratorie d’età
romana (Collegium fabrorum). I “Collegia” ebbero alterna fortuna
durante le successive epoche repubblicana
e imperiale ma, al di là della loro collocazione sociale o delle pratiche
cultuali che si celebravano, ciò che può essere legato all’origine di una
“vetero Massoneria” sono i gradi di sacralità che venivano attribuiti
ai vari membri dell’attività muratoria e la simbologia rituale adottata, legata
agli strumenti pertinenti la realizzazione dell’Opera.
La Massoneria cosiddetta “operativa” sorge
all’interno delle Corporazioni dei muratori e degli scalpellini che iniziano,
dopo l’anno mille, la costruzione delle cattedrali della Cristianità,
realizzate prima in forme romaniche e, successivamente, in forme gotiche.
Adiacente al cantiere sorgeva la “loggia”,
struttura aperta e schermata sui lati ove, all’interno, venivano tagliate e
levigate le pietre da costruzione. Sono i componenti di queste
“gilde” i primi “franc-maçon” o ” liberi
muratori” della storia. Per secoli e secoli i costruttori di cattedrali si
sono tramandati, di generazione in generazione, i segreti e le tecniche
costruttive secondo una prassi operativa che affonda leggendariamente le sue
radici, come già menzionato, nel mondo antico.
Da quel momento divenne necessario un linguaggio
architettonico comune, che fosse riconoscibile dappertutto da ogni libero
muratore e ci si ispirò, principalmente, agli elementi del Tempio di Salomone
e, in via subordinata, alle tipologie egizie e a particolari ornamenti delle
cattedrali medievali. La cattedrale era un cantiere perenne. Gli architetti
erano insieme appaltatori, urbanisti e ingegneri e non mancavano personalità
eroizzate e paragonate al mitico Deda
lo. Un esempio per tutti: il maestro Anton Pilgrim.
Gli scalpellini e i muratori erano organizzati in
“gilde”, basate su codici se
greti e su almeno tre gradi di iniziazione: apprendista,
compagno e maestro. I liberi muratori si riunivano nella “loggia”
costituita, come già detto, da un laboratorio al coperto dove si poteva
“levigare” e “scolpire” la pietra grezza e, talvolta,
elaborare un dibattito sociale e morale oltre a quello professionale.
Vi si insegnava il significato spirituale della
Congregazione leggendo brani dell’Ecclesiaste di Salomone — Ecclesiaste
significa “Congregatore”
cercavano le analogie
delle Corporazioni dei muratori con le Comunità religiose ebraiche prima della
nascita di Cristo e con le prime Congregazioni cristiane nate nel primo secolo
della nostra era, oltre all’interpretazione simbolica degli strumenti legati
all’arte muratoria: il compasso, la squadra, la livella, il filo a piombo e lo
scalpello. Questi ‘misteri” erano considerati determinanti per la perfetta
realizzazione della costruzione e ogni libero muratore possedeva un proprio
simbolo che lasciava scolpito su una pietra appositamente deputata.
Sono noti gli strumenti che. venivano adoperati nonché i segni che le
Corporazioni e gli artefici lasciavano impressi. Meno note tutte quante le
tecniche progettuali, gelosamente però tutelate dal segreto le tecniche
costruttive. Eredi dei “francmaçon” sono, come ancora oggi in
Francia, le tante corporazioni dei “compagnons’ .
La “loggia” era anche il luogo ove si
celebravano i riti di iniziazione dei nuovi operai, ammessi solo se considerati
uomini “liberi e di buoni costumi”. Insieme alle tecniche costruttive
si imparavano le buone usanze, un modo di parlare appropriato, i simboli — che
poi intagliati o scolpiti nella pietra avrebbero testimoniato l’origine della realizzazione
— e infine certi graffiti o segni individuali che costituivano le vere firme
personali di coloro che avevano prestato la loro fatica per il compimento
dell’opera finita. Nella corporazione l’operaio era qualcosa di più di un
semplice “manovale”. Attraverso il proprio lavoro imparava una forma
nuova di vita. La costruzione di un tempio era una impresa materiale ma anche
spirituale. Vi era la convinzione che la stessa pianta dell’edificio fosse
tracciata dalla mano di Dio. Tutti i componenti della Congregazione si
consideravano fratelli, non vi era distinzione fra artisti, artigiani, scultori
e tra architetti e muratori. L’unica distinzione era al grado di iniziazione.
La loro scienza si nutriva anche di viaggi. Come gli antichi pellegrini, il libero
muratore camminava, seguendo gli antichi sentieri, da un cantiere all’altro
cercando la via di unione con Dio nella perfezione del proprio mestiere. II
simbolismo consentiva di riconoscersi tra di loro nonostante la diversità di
idiomi. Dalla Francia all’Inghilterra, dalla Galizia al Gargano, dall’Irlanda
alla Germania esiste ancora oggi una catena esoterica fatta di incisioni,
bassorilievi, sculture che agli occhi profani sono semplici ornamenti, ma che
invece manifestano una regola ove, seguendo una spirale come nel popolare
“gioco dell’oca” , ogni cantiere era una prova in più da sostenere e
da superare prima di arrivare al “centro” ove dimora l’Essere
Supremo.
“Là dove costiuirete grandi edifici fate i segni di
riconoscimento”. Era una delle regole dei Templari che erano diventati i
custodi dei luoghi sacri e protettori dei “liberi muratori”, quella
mano d’opera fluttuante che percorreva una Cristianità senza frontiere
costruendo opere di carattere religioso, e in seguito anche di carattere laico,
ispirandosi anche a una architettura orientale, come quella della “Cupola
della Roccia” che gli arabi avevano
costruito nello stesso
luogo dove era esistito il Tempio di Salomone. Quel tempio costruito da
Hiram-Abif, il primo “libero muratore” della storia e dal quale,
secondo la leggenda, discendono tutti gli altri.
Sorgono contemporaneamente codici e statuti corporativi.
Nella seconda metà del dodicesimo secolo Ugo di S.Vittore divide l’architettura
in due rami: la Massoneria o Cementaria a cui appartenevano i tagliatori di
pietre (latomus) e i muratori (massoni o cementarios) e la Carpentaria a cui
appartenevano il falegname e l’ebanista. (carpentarius e tignarus).
Nel “Poema Regius” redatto in Inghilterra
nell’anno 1390 dalla “gilda”, ovvero maestranza, dei costruttori
appaiono diversi articoli che disciplinavano sia la pratica professionale sia
lo sviluppo della filosofia simbolica. Tra l’altro si raccomanda ai
“maestri” di accogliere solo uomini di “nobile stato” e di
insegnare loro la “buona geometria” così che possano guadagnarsi il
cielo.
Nello statuto dei
tagliatori di pietre tedeschi, emanato a Coblenza nel 1419, troviamo codificati
certi obblighi con le norme per l’iniziazione dei nuovi membri e la loro
suddivisione in Apprendisti, Compagni d’Arte e Maestri.
Ma già dal 1248, a Bologna, era stato redatto e trascritto
in un rotolo di pergamena, lo “Statuta
et ordinamenta societatis magistrorurn muri et lignaminis“. In data 8
agosto 1248 il Podestà di Bologna, Bonifazio De Caro, ne ordinò la conservazione
nell’Archivio del Comune ove tuttora trovasi depositato.
Questo codice, per semplicità chiamato “la Carta di
Bologna”, precede di ben centoquarantadue anni il “Poenza
Regius”inglese del 1390, di duecentodiciannove anni lo
“Statuto di Strasburgo ” e di centonovantadue il
“Manoscritto di Cooke”.
Tanto per l’aspetto giuridico, quanto per quello
simbologico, “la Carta di Bologna” ci appare importante perché in
essa troviamo la conferma su quanto asserito nel libro delle Costituzioni di
Anderson, ove si precisa che il medesimo fu redatto dopo aver esaminato copie
di Codici e Statuti provenienti dall’Italia, dalla Svezia, dalla Germania e da
diverse parti dell ‘Inghilterra.
Successive integrazioni de “la Carta di
Bologna” modificarono l’ordinamento iniziale. Nel 1257 si determinò la
separazione
dei “Maestri del muro” dai “Maestri del
legno”, sino allora riuniti in una unica Corporazione. Nel 1271 fu
compilata una ” matricola ” — oggi si chiamerebbe piedilista
—contenente ben trecentosettantuno nomi di maestri muratori. Anche questo
documento è oggi conservato nell’Archivio Comunale di Bologna.
Tutte le Corporazioni
medievali dei costruttori del dodicesimo e del tredicesimo secolo della nostra era,
erano improntate a una sentita religiosità cristiana e a una scrupolosa
osservanza dei precetti della Chiesa. Si ritiene che l’osservanza del culto
cristiano sia stato rigorosamente osservato durante le ‘Tornate”
associative e nelle cerimonie di “iniziazione”. Il rito, il rituale,
il simbolismo e le allegorie furono, in gran parte, di matrice cristiana.
La religione cristiana aveva fatto propri, adattandoli ad
essa, culti di altre religioni monoteistiche o pagane assimilando allegorie,
miti, leggende e simboli sopravvissuti nella memoria dei popoli e nelle usanze
locali. La trasfusione di questi simboli nelle statue, nelle pitture e nelle
allegorie delle chiese cristiane, divennero così il bagaglio culturale
dell’arte muratoria e oggetto di meditazione per i maestri muratori. Inoltre il
disordine morale religioso e i fermenti culturali ed etici di alcuni Ordini
monastici, che
divennero centri di misticismo e di rinnovamento, condussero ad una
“identità” tra questi Ordini e le Corporazioni dei mestieri,
sviluppando quel fenomeno associativo tardo medievale, favorito anche dalla
generale espansione economica, demografica e urbanistica della città.
Molte eresie dell’epoca erano il prodotto di istanze
riformatrici, ma il compito di condizionare queste innovazioni in senso
evolutivo fu assunto da movimenti religiosi legati a ordini monastici che si
rendevano partecipi ad attività artigianali e operative in un regime purtroppo,
era di servitù del lavoro. Gli Ordini
Benedettini, Cluniacensi, Cistercensi ed in particolare il laico Ordine Templare,
erano aperti per molti aspetti alle nuove speculazioni filosofiche che si
ricollegavano alla cultura classica ma anche a quella araba e ebraica. È facile
pertanto comprendere come una tacita intesa di mutuo rispetto e forse di
collaborazione, si creasse tra gli Ordini monastici riformatori e le
Corporazioni muratorie anche se il legame principale fu quello che intercorre
tra il committente e il costruttore. Gli Ordini monastici volevano innalzare
cattedrali, chiese e conventi, i liberi muratori li costruivano! Una notevole
affinità emerse anche nella conduzione e nella vita delle Corporazioni e dei
monasteri. Esemplare è il caso del monaco cistercense Gioacchino da Fiore,
fondatore dell’Ordine Florense che, di ritorno dalla Terrasanta e rigettando lo
spirito della Crociata armata, si ritirò in una località montana della Sila, il
monte Fiore, creando una Comunità monastica dedita al lavoro oltre che alla
preghiera. Gioacchino rivolse sì i suoi interessi ai problemi dello spirito, ma
avvertì anche la concretezza della quotidianità dell’esistenza e mostrò di
conoscere la dinamica della vita civile compilando un libro di
“Figure” ove assegna a ciascuno il proprio posto di lavoro, compreso
anche quello per coloro che si dedicano integralmente alla preghiera.
Negli scritti di
Gioacchino non è solo presente il lavoro dei campi ma si sente anche l’eco
delle varie attività artigianali e principalmente quelle legate
all’edificazione di monasteri. In base alle tendenze e capacità umane dei
componenti la
Comunità, venivano assegnati i diversi compiti
e le diverse mansioni.
Nella Comunità era organizzata la divisione del lavoro,
il tempo dedicato allo studio, alla preghiera e all’elaborazione di un
“Quadro” simbolico che sintetizzava, con un linguaggio visivo immediato,
i motivi fondamentali della dottrina gioachimita, e che veniva sostituito ogni
volta che si modificava il tema posto all’esame della “Tornata”.
Evidente analogia con il “Quadro di Loggia” che veniva tracciato sul
pavimento del cantiere dagli antichi liberi muratori durante le
“Tornate” rituali e che noi massoni moderni abbiamo mantenuto nel
nostro Rituale. Molti di questi disegni sono conservati nella raccolta
denominata “liber figurarum”.
Il “liber figurarum” è uno splendido albo di
figure e di grafici, con ampie didascalie illustrative, che riassume in grandi
quadri simbolici i principi fondamentali del “sistema” di Gioacchino.
L’azione di Gioacchino destò grande interesse anche nel
mondo profano, già aperto anche a concetti esoterici ed iniziatici. Persino
Dante Alighieri lo ricorda nel dodicesimo canto del Paradiso con questa
terzina.
lucemi
da lato
il
calavrese abate Giovacchino
di
spirito prefetico dotato. (Paradiso 12, 138—140)
A partire dal
quattordicesimo secolo si impose in Inghilterra la parola
“freestone-mason” interpretabile come “muratore che lavora la
pietra libera”. Questa parola, esemplificata in seguito in
“free-mason”, si diffuse in tutta Europa quando, nel diciassettesimo
secolo, la utilizzò per denominare i propri adepti la Massoneria speculativa o
filosofica che aveva sostituito quella operativa.
Abbiamo visto che il simbolismo operativo in Massoneria
deriva da antiche sorgenti professionali, e allo stesso tempo spirituali, di
gran lunga precedenti la svolta speculativa del diciottesimo secolo. Intendiamo
con ciò affermare che la possibilità di leggere la strumentazione muratoria e
l’operatività in termini di realizzazione spirituale, fu intravista da uomini
di fede ancor prima che tale possibilità fosse esplorata e codificata dai
“liberi muratori”. Allo stesso tempo il simbolismo operativo,
trasportato all’interno della “loggia”, consente ai massoni moderni
di giungere alla compressione del cammino iniziatico che si sono prefissi di
percorrere. I simboli più noti dell’operatività massonica sono la squadra e il
compasso. Essi discendono in linea diretta dalla Massoneria operativa
medievale.
Una squadra è scolpita
sulla tomba dell’architetto Hues liberger che fu sepolto a Reims nel 1263 e che
lavorò alla costruzione di quella cattedrale gotica.
Sulla tomba dello “squire” William Warmington
nell’Abbazia di Croyland, ove fu sepolto nel 1423, troviamo effigiate squadra e
compasso.
Un compasso è raffigurato in un manoscritto anglosassone
databile intorno all’anno mille e conservato al British Museum. Ad impugnarlo è
il Creatore e il richiamo è evidente: Antico Testamento, Libro dei Proverbi,
Capitolo 8,27 “… tracciava un cerchio sulla faccia dell’Abisso”.
La squadra è preminentemente legata al grado di
Apprendista. Il compasso al grado di Maestro. Nella squadra si può identificare
la morale, nel compasso la spiritualità. La squadra è uno strumento fisso, il
compasso è uno strumento mobile. Quindi il lavoro dell’Apprendista è passivo,
mentre quello del Maestro è attivo. Altri simboli che derivano dalla Massoneria
operativa sono:
Il filo a piombo. Simbolo verticale che indica l’idea dell’ascesa stabile e lineare.
Serve infatti ad irmalzare le colonne del Tempio e costituisce una linea
verticale idealmente indefinita perché conducente alla massima perfezione.
La Perpendicolare e livella. Danno rispettivamente la verticale e
l’orizzontale. Troviamo ancora in essi l’Attivo e il Passivo. (Perpendicolare è
lo stesso filo a piombo). La livella,
che indica l’orizzontale, è munita anche della verticale. È formata da una
squadra con l’angolo alla sommità di novanta gradi e i due bracci di uguale
lunghezza. La perpendicolare
abbassata dalla intersezione dei due bracci è anche l’asse del segmento. La
livella simboleggia l’eguaglianza sociale, base del diritto civile. È anche il
simbolo del potere eguagliante della Morte.
Maglietto e scalpello. Il maglietto rappresenta la forza della volontà. Lo
scalpello la forza del discernimento. 1 due utensili servono allo sgrossamento
della pietra grezza. Essi si riferiscono principalmente al grado di Apprendista
e rappresentano, come la squadra e il compasso, l’Attivo e il Passivo. Il
maglietto è anche l’insegna del Maestro Venerabile e del Primo e del Secondo
Sorvegliante.
Regolo da 24
pollici. Strumento di misurazione del lavoro diventa, nel simbolismo
massonico, la rappresentazione emblematica delle “24 ore del giorno”
parte delle quali deve essere dedicata alla preghiera, parte al lavoro e al
riposo e parte al servizio del prossimo in stato di bisogno.
La cazzuola.
Questo strumento, che serve per impastare la calce e a
cementare le pietre della costruzione, è il simbolo
dell’amore fraterno che deve unire tutti i massoni. L’amore che rappresenta
l’unico cemento che i massoni possono adoperare per costruire il simbolico
Tempio della Virtù.
La tavola da
tracciare. Simbolo della possibilità creativa della Maestria, appartiene al
grado di Maestro così come la matita e il sisaro.
Appartiene alla Massoneria
operativa anche il simbolismo dei cinque Ordini architettonici: Toscano,
Dorico, Ionico, Corinzio e Composito. Essi simboleggiano la crescita e
l’affinamento della Muratoria che procede “mano nella mano”.
Anche i tre gradi della
Massoneria speculativa derivano dalla Massoneria operativa. Nella Muratoria
medievale l’Apprendista era ristretto in una figura “servile” e non
rappresentava un elemento stabile nella struttura della Corporazione. L’accesso
vero e proprio all’Arte Reale coincideva con il grado di Compagno d’Arte.
Nella Massoneria speculativa l’Apprendista, seppur privo
di alcuni diritti e tenuto a rispettare il silenzio all’interno della
“loggia” è considerato membro della stessa a tutti gli effetti.
Il grado di Compagno d’Arte è mediano nel percorso
dell’Ordine. Sul
piano storico esso deriva dalla Massoneria operativa medievale
e i temi fondamentali del Compagno sono la perseveranza nella ricerca e ‘lo
sviluppo creativo nel lavoro massonico.
La Maestria costituisce invece l’approdo, prima esteriore
e poi interiore,
della ricerca muratoria. “Maestro” deriva dal latino
“Magister”, il più grande, il più forte, colui che conosce l’arte di
dare forma alla vita, creando nuove strutture e tramutando alcune possibilità
in altre. I “magister” delle Corporazioni medievali erano figure
monocratiche preposte tanto alla progettazione quanto alla
supervisione del
lavoro, nonché al controllo della mano d’opera subalterna.
Quando, nel diciottesimo
secolo, in Inghilterra, la Massoneria operativa si trasformò in speculativa e
cioè in una Comunione universale iniziatica, di carattere e simbolico che tende
al perfezionamento e alla elevazione dell’Uomo e dell’Umanità, non fu creato il
grado di Maestro. Solo nel decennio 1720-1730 prese corpo il grado in parola
che, tuttavia, incamerò poche valenze operative specifiche, assumendo piuttosto
i connotati di un “mistero” di morte-rinascita.
Ma il significato originale di “Magister” si
ritrova oggi nella disciplina mas
sonica. Sedendo nella “loggia” all’Oriente il
Maestro Venerabile, analogica
mente al sole, illumina i Fratelli con la propria scienza
muratoria. Illuminare significa anche trarre dalla oscurità indistinta alla
chiarezza formale.
A loro volta tutti i Maestri della “loggia”
hanno il dovere di formare gli
Apprendisti loro affidati e di portarli al grado di Compagno
d’Arte che configura la piena acquisizione della disciplina massonica. Il
Maestro è dunque colui che amministra la rinascita simbolica dell’Apprendista e
del Compagno d’Arte.
simbolismo speculativo è integralmente derivato
dal simbolismo operativo senza nessuna eccezione di livello inserendovi anche
un insegnamento morale: gli strumenti sacri del lavoro che servono per creare e
animare la materia possono diventare strumenti di morte se in possesso di mani
malvagie. Per questa ragione le mani di un “libero muratore” devono
sempre essere “candide”.
Ma anche altre simbologie
derivate dalla Massoneria operativa arricchiscono il patrimonio della Libera
Muratoria. Grande importanza rivestono rispettivamente:
Il simbolismo
geometrico. Il punto, il cerchio, il triangolo, la spirale-labirinto, il
pentalfa, l’esagramma, la sfera, la piramide, ecc.
Il simbolismo
numerico. L’uno, il tre, il quattro, il cinque, il sette, il dieci, il
dodici, il trentatré, la tetractys pitagorica, ecc.
Inoltre altri simbolismi
quali, per esempio, il cromatico, il minerale, l’astronomico, il vegetale,
l’animale, l’alfabetico e il crittografico, il biblico e il cultuale. Qualunque
indagine sul simbolismo e l’antropologia massonica ha accostato l’universo di
simboli della Libera Muratoria all’opera delle maestranze delle Corporazioni
edili medievali. Basti pensare all’Essere Supremo che per i massoni è il
Grande Architetto dell’Universo, oppure alle tre Grandi Luci massoniche che
sono: il Libro della Legge Sacra (per esempio la Bibbia per i cristiani e il
Corano per i musulmani), la Squadra e il Compasso. In ultimo rammentiamo che i
raggruppamenti dei massoni moderni si chiamano “logge” come quelle
dove si riunivano i “liberi muratori” medievali. I massoni, che
possono definirsi giustamente “architetti costruttori di uomini” si
avvalgono, per questo arduo compito, di attrezzi simbolici che sono stati nel
passato gli strumenti operativi dei mitici costruttori delle Cattedrali.
La Libera Muratoria
speculativa moderna deve oggi rispondere a questa domanda: esiste un senso per
aderire ad una Comunione iniziatica? Cosa è rimasto nel mondo di oggi del
messaggio esoterico trasmesso dalle grandi Associazioni iniziatiche del
passato? E mai possibile oggi conciliare il bagaglio culturale e esoterico
tradizionale delle “gilde” medievali con le istame di una società
fondata sulla tecnologia?
Si può senz’altro rispondere in modo affermativo. La Massoneria deve
essere un punto sicuro di riferimento e un modello per una società nella quale
alle periodiche crisi di valori tradizionali non si sono saputi offrire valori
alternativi. L’ansia di modernità e di innovazione, il desiderio di edonismo,
l’indifferenza verso il dolore altrui e la fuga dalle proprie responsabilità
verso il prossimo e verso sé stessi portano gli uomini a mitizzare il superfluo
e a trascurare l’essenziale. Essi si pongono traguardi sempre più ambiziosi e
chiedono alla natura di aprire il proprio libro per carpirne i segreti da
trasformare in ritmi di vita sempre più accelerata e in affermazioni di
supremazia e di potere.
La Massoneria deve riproporre con tutta la forza della
sua tradizione l’unico strumento di pace che è la Fratellanza tra gli uomini.
All’egoismo deve essere contrapposta la Solidarietà, come dimostrò l’operato
del Fratello Schweitzer, alla ricerca sfrenata del benessere deve essere
contrapposto l’insegnamento che viene dato al neofita massone con l’iniziatico
abbandono dei “metalli” al momento del suo ingresso nella Comunione.
La Massoneria può contribuire alla espressione di una alternativa opponendo,
alle fantasie e ai giochi di potere che tanto allietano la vita delle classi
politiche dirigenti, il silenzio dell’Apprendista che sgrossa la “pietra
grezza” e la leggenda di Hiram.
Al materialismo e alla sfrenata corsa alla ricchezza la
Libera Muratoria deve confrontarsi con l’umile e soave poesia del “Tronco
della Vedova
La vedova che rappresenta la stessa Massoneria ma che si
riferisce anche alla parabola del Vangelo, Luca 21,2:
. Quindi vide una vedova
bisognosa gettarvi due monetine di minimc valore, e disse: veramente vi dico
che questa vedova, benché povera, ha gettato più di tutti. Poiché questi hanno
gettato doni del loro avanzo, ma questa donna nella sua indigenza ha gettato
tutti i suoi mezzi di sostentamento”.
Il prossimo autunno, quando vedrai le oche dirigersi
verso il Sud per passare l’inverno, osserva che volano formando una
“V”. Forse ti interesserà sapere quello che la scienza ha scoperto e
del perché volano in questa forma?
Si è verificato che, quando un pennuto batte le ali,
produce nell’aria un movimento aiutando l’uccello che vola dietro. Volando in
formazione di “V”, lo stormo completo aumenta il suo potere del 71%
in più, che se volasse da solo.
Le persone che condividono un indirizzo comune e
hanno senso della comunità, possono arrivare dove desiderano più facilmente e
più rapidamente, perchè si aiutano mutuamente.
Ogni volta che
un’oca esce dalla formazione, sente immediatamente la resistenza dell’aria. Si
rende conto della difficoltà di farlo da sola, e così velocemente ritorna nella
formazione, per beneficiare se stessa del potere del compagno che vola avanti.
Se noi uomini avessimo l’intelligenza di un’oca,
seguiremmo coloro che vanno nella nostra stessa direzione.
Quando il leader delle oche si stanca, e passa ad
occupare uno degli ultimi posti, un’altra oca prende il suo posto alla testa
della formazione.
Anche noi riusciamo ad ottenere migliori risultati
allorquando, impegnati in lavori difficili, rispettiamo le turnazioni.
Le oche che volano dietro starnazzano. Così facendo,
incitano con i suoni emessi quelle che volano davanti a mantenere la stessa
velocità.
Una parola di sostegno produce
grandi benefici.
Quando un’oca si ammala, o cade ferita da un
cacciatore, altre due oche escono immediatamente dalla formazione per
proteggerla, facendole compagnia fino al recupero delle forze, oppure fino alla
morte. E, solo allora, i due volatili rientrano nel gruppo o si uniscono ad un altro.
Se noi avessimo l’intelligenza di un’oca, ci sosterremmo l’uno con l’altro,
facendoci compagnia supportandoci fraternamente.
Leggendo questo scritto di autore anonimo, avverto
la necessità’ di parafrasare le parole del Maestro: “Osservate le oche.
Non vanno all’Università, né tantomeno pretendono di essere cristiane. Neanche
Salomone, nonostante la sua immensa sapienza, si è comportato come una di
loro!”
Queste frasi verranno distribuite
come note evidenziatrici
Nel 1979 un biologo tedesco di chiara
fama, il dottor Gottèif Hempel, si esprimeva nei confronti della situazione
biologica dei mari, con queste parole: “Dieci anni or sono avrei risposto
ne gativamente alla domanda, se
l’uomo potesse inquinare irrimediabilmente il mare. Oggi direi che è
possibile.”
Da anni moltissimi ecologi
sostengono il pericolo incombente di una lenta morte del mare, a causa
dell’inquinamento provocato dall’azione umana.
La “morte” del mare sarebbe l’inizio di un irreversibile
processo, che a sua volta condurrebbe alla “morte” del nostro
pianeta.
L’uomo, per millenni, ha considerato il
mare con una certa ir responsabile fiducia. Per lui
il mare è stato sempre un’immensa e meravigliosa distesa di acqua, dalle
misteriose e suggestive profondità che, nei suoi abissi, ospita una
inesauribile riserva di cibo; una utile e preziosa via di comunicazione; una
fonte di ispirazioni poetiche e di leg gende. Ma l’uomo non ha mai
sospettato – o, forse, nel suo torbido egoismo, non ha mai voluto sospettare –
per l’ottusa ceci tà di non voler guardare oltre
il prossimo futuro, che questo vitale, essenziale elemento del nostro globo,
potesse un giorno ri-
di
schiare
di perdere le sue
caratteristiche
per dive-
nire
un amorfo, tragico
cadavere liquido.
L’umanità
lo ha sempre
considerato
una enorme
pattumiera
senza fondo,
nella
quale si poteva sca-
ricare
impunemente
tutto
l’ecosistema marino.
Sergio Conti
qualunque scoria, rifiuti e lordure,
fidando nelle sue facoltà di assorbimento e di rigenerazione, da sempre
ritenute inesauribili. In verità, l’uomo non ha mai preso in seria
considerazione il fatto che questa preziosa ed enorme riserva di risorse per la
soprawivenza umana, è strettamente legata ad una catena di trasferimento di
energia vitale, che giunge fino all’uomo partendo dai protozoi: turbandone
l’equilibrio ecologico, si possono fatalmente provocare fratture irrimediabili,
creando soluzioni di continuità che potrebbero portare fatalmente alla sua
distruzione.
Tutti gli ambienti in cui si sviluppa l’attività biologica,
sono organizzati in un sistema di scambi di energia e di materia, tantoché
anche tra gli organismi che vivono in uno stesso ambiente naturale intercorrono
rapporti che si determinano essenzialmente in funzione delle caratteristiche
dell’elemento fisico (acqua, aria, suolo), del complesso dei problemi che esso
presenta, e dalle sostanze chimiche da cui è costituito.
neaAgorà aprile – giugno 2000 31
Questi complessi rapporti che permettono la vita sono detti
ecosistemi. Ognuno di essi è organizzato internamente da un proprio ritmo di
vita ed è altresì strettamente legato all’equilibrio generale degli altri
ambienti. E’ pertanto fondamentale che k) sfruttamento delle ricchezze naturali
sia condotto senza causare sfasamenti o rotture dell’equilibrio ecologico.
Se vent’anni or sono, uno scienziato si faceva portavoce dei
risultati della ricerca scientifica ecologica, gettando questo grido di
allarme, oggi le cose non sono cambiate. Anzi, nonostante qualche modesto
tentativo, la violenza e la quantità degli intewenti distruttivi sulle risorse
naturali si sono moltiplicate e forse siamo sull’orlo di un abisso, che si sta
spalancando sotto i nostri piedi, pronto a distruggerci e a distruggere
l’habitat terrestre.
II mare sta morendo
L’ecosistema marino è ovviamente formato dall’insieme degli
organismi viventi e dai fattori fisici e chimici, che costituiscono il suo
ambiente. Nel caso specifico esse sono: la luce, l’acqua, la temperatura, la
salinità, le sostanze minerali e tutta la gamma delle espressioni biologiche.
Se è pur vero che esiste una forma di autodifesa delle acque
marine, le quali tendono a mantenere inalterate la loro composizione producendo
una catena di reazioni chimiche, non bisogna, tuttavia, adagiarsi sull’idea che
tale autodepurazione sia illimitata. Il tipo di inquinamento cui sono
attualmente soggette ha le caratteristiche più adatte a interrompere la catena
di trasferimento energetico, tendendo così a diminuire gradualmente le facoltà
di rigenerazione. Infatti, ogni ambiente dove si svolge l’attività biologica
attinge la propria sopravvivenza dall ‘organizzazione del sistema di scambi di
energia e di materia, e di conseguenza anche gli organismi che vivono in tale
ambiente, ne fanno parte attiva interagendo nel rapporto dell’ecosistema. Se
nel passato gli scarichi che il mare assorbiva nel suo seno, oltre che essere
in quantità assai minore, erano per lo più formati da materiali di sostanze
organiche e, pertanto, facilmente e naturalmente reintegrabili e fagocitabili,
tanto da potersi reinserire nella struttura ecologica marina, oggi (e da vari
anni) gli scarichi, che in maniera macroscopica finiscono giornalmente nelle
acque, sono formati in gran parte da• prodotti altamente inquinanti e velenosi
e, per lo più, non biodegradabili.
Nel mare finiscono sempre maggiori scorie di materiali
tossici e inorganici, non solubili. 1 fiumi vi riversano le loro acque
(inquinate a tal punto da essere vietato fanâ il bagno) sature di tutte le
scorie industriali, spesse volte radioattive che, unitamen- te agli scarti e residui dei
materiali plastici, vanno a sedimentare i fondali, con possibilità assai minime
di essere assorbite e sostanzialmente distrutte.
Uno dei maggiori fattori, che costituiscono
costantemente un mortale pericolo per il mare, è il petrolio. Ve ne è una
continua massiccia immissione. Le oltre duemila petroliere che vi fanno
“toilette” liberandosi di tutti i residui dei loro serbatoi; le
piattaforme per la trivellazione in mare aperto (oltre tremila); l’affondamento
delle petroliere stesse, riversano migliaia e migliaia di tonnellate di
petrolio nelleacque. Molti anni fà fu calcolato che finivano in mare circa
dieci milioni di tonnellate all’anno. Negli ultimi anni, la quantità è
notevolmente e pericolosamente aumentata. Questa immissione nelle acque crea un
velo oleoso e persistente sulla superficie del mare, che in maniera sempre più
dilagante ostacola la evaporazione, producendo un’azione coibente nell’ambiente
acqueo con il conseguente perdurare della stasi delle sostanze venefiche. Col
ritardo del riassorbimento, si creano irregolarità di distribuzione delle
piogge nei continenti, con gravi ripercussioni sulla vita e sugli ecosistemi
dei continenti stessi. Anche l’equilibrio interno dei mari viene minato, e le
interruzioni nella catena energetica di trasferimento ostacolano fatalmente la
riproduzione del fitoplancton l .
In effetti, l’uomo sembra non vedere lo sfacelo che va
provocando e sembra non udire le voci d’allarme che, se pur fioche e sparute,
si levano da molte parti. Il medico teologo alsaziano Albert Schweitzer
scrisse: “Forse l’uomo ha perso (se mai l’ha posseduta) l’attitudine a
prevedere e così sta per distruggere la Terra.’
L’inquinamento, prodotto dall’uomo, non è forzato solo
dalle cause testè accennate, e la cui portata è evidente anche per chi non vuol
vedere, ma nella diuturna normale attività di ciascun individuo vi è un
costante contributo alla demolizione degli ecosistemi.
l)
Filoplancton: (dal greco phytòn pianta e plancton vagante, errabondo, perciò:
vegetali vaganti). Complesso dei microrganismi vegetali( diatomee ecc.), che
vivono sospesi nella massa delle acque marine o dolci, in balia delle
correnti. Esso forma unitamente allo zooplancton (dal greco zòion = animale e
plankton, perciò: animali vaganti), complesso dei microrganismi animali
(protozoi ecc.), che vivono nelle acque marine e dolci, come il fisoplancton,
e che, unito a questa forma il
complesso di quella massa organica, che rappresenta l’alimento fondamentale
di moltissimi pesci e di alcuni grandi mammiferi marini come, per esempio, le
balene.
Cominciando dall’inquinamento adducibile a
sostanze organiche, come i rifiuti
urbani, scaricate nelle acque che, seppur potenzialmente reinseribili in quanto
atte a subire il processo di degradazione, in grandi concentrazioni sottraggono
l’ossigeno necessario alle vitali funzioni degli abitanti marini. A questo tipo
di inquinamento sono spesso soggette le zone costiere, i golfi e i mari chiusi.
L’inquinamento chimico, poi, che è in massima parte causato dai rifiuti
industriali, proviene anche dai centri urbani e dalle terre coltivate, sotto
forma di residui di detersivi, insetticidi, diserbanti ecc. A tutto ciò si
aggiunge l’azione deleteria dell’inquinamento radioattivo e termico, che
interessa i corsi d’acqua in cui vengono scaricate le acque di raffreddamento
delle centrali nucleari e termoelettriche.
Gli effetti più immediati del
degrado dei mari, e di evidente realtà per tutti, sono le decimazioni subite
dai pesci e dagli uccelli marini, che di questi si nutrono. Da anni vengono
notate forti alterazioni biologiche e di comportamento in alcune specie della
fauna marina, e notevoli quantità di pesci presentano evidenti formazioni
cancerose. Oltre a questo è impressionante la rapidità con la quale la
balena azzurra (balenottera), la più grande tra le specie di questo cetaceo, va
incontro all’estinzione, nonostante sia un animale protetto.
Il comportamento delle balene desta
veramente impressione. Molti anni or sono fu scoperta
una spiaggia, dove molti di questi animali andavano a ‘suicidarsi”. La balena, come è
noto, è un animale notoriamente solitario. Questo strano e insolito
aggrupparsi, unitamente al lasciarsi morire su spiagge deserte, ove giungono
come strani naufraghi a esalare l’ultimo respiro, denotano un cambiamento
sostanziale di quelle che sono le caratteristi che comportamentali di una
determinata specie e ciò non può che essere riconducibile alle profonde alterazioni subite
dal loro “habitat’ naturale. Le balene si nutrono di plancton. Di
conseguenza, lo squilibrio e l’alterazione di tale sostanza vitale, provocati
dall’inquinamento, possono averne
stravolto la natura, trasformandolo in un nutrimento insufficiente e
contaminato, tanto da influire sul sistema neurovegetativo dell’animale, con le
conseguenti instabilità e mutabilità di comportamento.
Questa situazione, che va sempre più aggravandosi, sconvolge
lentamente tutto il sistema ecologico, con la grave conseguenza che un mare
inquinato perde progressivamente la sua funzione di produttore di ossigeno e di
riserva di alimenti, fino a trasformarsi in un “mare morto”, con il
conseguente ed inevitabile inizio dell’agonia di tutto il pianeta.
Possono sembrare dichiarazioni eccessivamente esagerate e
riguardanti giorni lontani a venire. Ma non c’è molto da illudersi.
Lo scienziato francese Jacques Yves Cousteau, un trentina
d’anni or sono, affermò che nel 1985 i mari sarebbero arrivati allo “stato
di morte”. Ciò non si è verificato, ma non c’è da rassenerarsi troppo.
Il cammino verso la distruzione, seppur più lento di quello
che aveva previsto Cousteau, è un cammino inesorabile ed impietoso, che avanza
fra l’indifferenza della gente e, soprattutto, fra inadeguate strutture di
difesa e la scarsa preoccupazione dei Governi e dei Centri di potere, che si
perdono, come sempre avviene, in pompose dichiarazioni polemiche e incostruttive.
E’ da chiedersi veramente, se si
volge uno sguardo al panorama desolante dello sconvolgimento ecologico, i cui
aspetti tangibili giungono fino alle nostre case e ai nostri giardini, se
l’umanità si sia veramente resa conto del tragico orrore verso il quale il
nostro pianeta sta scivoIando, come condanun lento irreversibile e inesorabile
destino. L’uomo sembra non darsi pensiero di tutto ciò . . .
Dunque si può uccidere il mare ?
E’ evidente che l’uomo con il suo comportamento ci stia riuscendo
LE INIZIATIVE DELLA LOGGIA
LEONESSA-ARNALDO N.951:
Tra passato e presente alla ricerca dell’uomo
Nel mese di giugno 2000 la Loggia Leonessa-Arnaldo n.951
ha organizzato due giornate di studio presso il Parco Archeologico di Naquane
in Valcamonica sul tema I Camuni e i loro riti.
Il consenso alla manifestazione è stato notevole ed anche
la stampa locale si è voluta occupare dell’avvenimento.
Numerosi ed interessanti sono stati gli argomenti
trattati durante i lavori congressuali, dei quali presentiamo qui una sintesi.
“Istintivo è nell’uomo il desiderio di fissare i
suoi pensieri, i suoi sentimenti, l’immagine degli oggetti che più hanno
colpito la sua fantasia in una forma che risulti concreta, che possa essere
vista e che possa essere compresa dai suoi simili”.
Nell’anno 738 dell’era romana, 16 prima dell’era volgare,
il console Pubblio Silio conquistando Vannia, l’odierna Cividate Camuno,
trasmetteva inconsapevolmente alla storia il ricordo degli antichi abitanti di
questa vallata.
Roma, infatti, denominati gli stessi come
“Kemuni” ossia adoratori della divinità celtica del dio dei boschi
(roccia 70 di Naquane), li annetteva all’impero e concedeva agli stessi la
cittadinanza.
Molti furono i culti che vennero introdotti dai
“conquistatori” romani: nella Civitas camunnorum fu innalzato il
tempio a Giunone, in Esine si adorò Ercole, a Breno si adorò il Dio Sole, a
Bienno si adorò la Dea Luna, come si tramanda in un medaglione argenteo
ritrovato in loco, rappresentata seduta sopra un cocchio volante tirato dai
cervi (l’animale sacro dei camuni).
Ancora oggi rimane vivo nella dizione toponomastica
locale il ricordo di questi eventi, basti pensare che il manufatto della
vecchia strada statale che supera, a meridione di Breno, il corso del fiume
Oglio è denominato come “ponte della Minerva” stante la presenza di
un sacello dedicato a questa divinità ora inglobato nella struttura della
vecchia chiesa della “Madonna”. Dove non arrivò l’attività
edificatoria cristiana a distruggere o a trasformare preesistenti luoghi di
culto fu la tradizione popolare a conservarne la sacralità identificando molte
alture o “Koren” (termine celtico che indica un luogo roccioso sopraelevato)
come “dei Pagà”, ossia rocce dei pagani.
Questi luoghi furono per molto tempo circondati da un
aurea diabolica tenacemente messa in opera dal clero cattolico che inibì al
popolo di conoscere queste rocce istoriate con misteriose rappresentazioni
animali, simboliche ed antropomorfe.
L’inquisizione fece ardere in valle molti roghi per
punire coloro che celebravano strane credenze o solo si avventuravano per i
“Koren dei pagà”.
Così infatti ci ricorda Padre Gregorio di Vallecamonica
nel suo libro “Curiosj trattenimenti continenti ragguagli sacri e profani
de’ popoli Camuni” edito in Venezia nel 1698: “Furono nell’anno di
grazia 1518 abbruciate molte infelici donne che fatto han morir homini infiniti
con polvere avuta dal demonio e sparsa in aria a provocar procelle”.
Nei luoghi impossibili da bandire al popolo della valle e
dove si scorgevano incisioni antiche sulle rocce furono aggiunte, in epoca
medioevale, croci, immagini del Cristo o di santi per velarne il primordiale
contenuto e sviare il pensiero degli osservatori verso la nuova religione.
Così queste manifestazioni incisorie dei nostri
progenitori rimasero mute testimonianze di un mondo scomparso fino agli inizi
del 1900 quando il Prof. Marro, egittologo torinese, Senatore del Regno, iniziò
ad occuparsene in occasione delle sue vacanze estive in Valle. Ma questa oramai
è storia dei nostri giorni e, per utilità, vorremmo lasciarla alla voce dei
profani che ci condurranno, svolgendo un ampia analisi stilistica e cronologica
dell’arte rupestre, nella visita di domani alle incisioni di Naquane.
E’ tempo dunque di lavorare massonicamente su alcune
tematiche care alla nostra Comunione.
Lasciamo il compito di introdurci nella tematica alle
parole della Prof. Cristina Citroni del Dipartimento di Scienze dell’Educazione
dell’Universita degli Studi di Bologna:
“In questa analisi – afferma la stessa in un suo
scritto – si vogliono leggere alcune incisioni rupestri della Val Camonica alla
luce del loro significato simbolico, cioè si tenta di vedere nelle immagini rappresentate
concetti e pensieri, più che semplici disegni – «fotografie» della realtà
quotidiana”. Si ipotizza cioè che le figure rappresentate: cervi, oggetti,
armi, ecc., alludano anche a qualcosa d’altro, a un significato metaforico,
forse ad un sapere segreto – ma non irraggiungibile (a che scopo, infatti, fare
tanta fatica per incidere sulla roccia?) – celato nel simbolo evocato
dall’immagine. In quest’ottica si ritiene che parte delle incisioni camune
rappresentino simboli di iniziazione sciamanica verso la conoscenza e
l’autorealizzazione.
Le incisioni neolitiche, ossia le più antiche che si
possano incontrare a Capo di Ponte, parlando decisamente un linguaggio
archetipale, inteso nell’accezione di universale, ci forniscono una visione
“trascendentale” del mondo e dell’uomo molto diffusa nelle culture
preistoriche.
Sulla roccia 50 del parco nazionale di Naquane si trovano
rappresentati vari simboli perfettamente orientati, ossia posti verso est:
– il disco solare rappresentato sulla sommità della roccia;
– una serie di oranti, ossia di figure antropomorfe
rappresentate con le braccia alzate nell’atto dell’invocazione e le gambe
divaricate nell’atto della danza propiziatoria;
– una serie di oranti con struttura corporea incompleta,
cioè mancati di testa e di organo sessuale;
– una serie di coppelle, ossia di cavita semisferiche
ricavate nella roccia, poste accanto al simbolo solare per raccogliere
“simbolicaniente” offerte alla divinità.
Sulla stessa roccia, qualche migliaio di anni più tardi,
verrà rappresentata una scena di culto solare totalmente diversa per la tecnica
incisoria utilizzata e per la tipologia delle figure: due guerrieri armati
ritualmente che circondano un sacerdote che sorregge un disco solare.
Unitamente ad una figura di labirinto “a tria”,
ossia a quadrati concentrici, simile a quello in uso come gioco presso
l’esercito romano e rappresentato inciso sui piani stradali nelle vicinanze dei
concentramenti legionari.
Abbiamo volutamente richiamato alla vostra attenzione
questo esempio anticipandovi, immaginariamente, la visione della roccia 50 per
trovare noi stessi un ideale “quadro di loggia” sul quale leggere i
simboli e sul quale lavorare.
[ ritorno all’indice ]
Torniamo dunque al nostro “quadro di loggia”
ossia alla roccia 50.
Su di essa individuiamo innanzitutto il simbolo solare,
rappresentato con una circonferenza con due diagonali, posto verso oriente, ai
piedi del quale e verso il quale si rivolgono tutti gli oranti.
E’ la rappresentazione plastica del culto più diffuso nell’antichità,
e del quale anche nella nostra ritualità si trova traccia, con l’abbinamento
della figura dell’orante vivente e dell’orante incompleto, simboleggiante o la
parte spirituale dello stesso uomo in preghiera oppure una presenza di
un’entità spirituale estranea allo stesso.
Da notare che il simbolo solare rappresentato in questa
forma su questa roccia è il frutto di un’evoluzione già successiva al
primordiale simbolo costituito da un semplice disco con una coppella, semisfera
scavata al centro del disco stesso e quasi originata dall’azione della punta
stessa del compasso, strumento utilizzato correntemente dai sacerdoti-incisori
(paragonabili ai nostri maestri d’arte) per tracciare la presenza della
divinità.
Successivamente il simbolo solare si evolverà in forma di
svastica fino ad assumere la forma di una particolare svastica, contenente
sempre più coppelle o semisfere adatte a contenere oggetti sacrificali,
denominata anche “rosa camuna”, simbolo utilizzato per stemma dalla
regione Lombardia.
Il simbolo solare spesso viene sostituito, come nel caso
delle rappresentazioni divine sui capitelli o sui menhir, ossia sulle tavole di
pietra levigata delle rocce a superficie verticale, con le corna del cervo
ovvero dell’animale sacro dei boschi per i celti.
Non a caso sulla roccia 70, a pochi passi dalla roccia
50, venne eseguita l’incisione del dio Kernunos rappresentato con corpo da
orante e sulla testa le corna di cervo e con un serpente avvinghiato al braccio
e con ai piedi un piccolo orante in adorazione: lo stesso schematismo cultuale
utilizzato qualche millennio prima nel neolitico.
Sulla sommità delle costruzioni lignee utilizzate per
luoghi di culto o per abitazioni verranno poste le corna del cervo o il disco
solare, uso seguito fino a pochi decenni fa anche dai contadini o dagli
allevatori locali che erano soliti porre sulla facciata o sulla porta
principale della loro “baita” corna di bovide o di capride.
Nella località “Koren del Valento” roccia o
“Brik”, termine celtico che indica una località rocciosa
particolarmente scoscesa, il culto solare rappresentato da un disco con raggi
esterni e con coppella interna, viene affiancato ad una scena di aratura per
simboleggiare l’intima interconnessione tra la fecondità naturale del sole che
illumina e che riscalda e la dea madre terra che viene fecondata dall’azione
dell’aratura umana perché possa donare nuovi frutti.
In alcuni casi all’azione di aratura viene abbinata la
rappresentazione del rapporto sessuale tra gli zappatori che seguono l’aratro,
trainato da bovidi, quasi a simboleggiare o a comparare la fecondità della dea
madre terra con la fecondità femminile.
Non a caso può essere citato il rito invaso tra alcune
tribù autoctone di aborigeni australiani che, agli antipodi, celebravano i riti
propiziatori dell’agricoltura simulando un rapporto sessuale con il terreno da
coltivare.
Né a caso può essere tentato l’abbinamento tra le scene
di iniziazione femminile rappresentate su varie rocce del parco nelle quali si
vedono gruppi di oranti femminili, caratterizzati da una coppella posta fra la
divaricazione delle gambe – simbolo forse della fecondità alla pari dei
pendagli circolari concentrici dei menhir camuni che, simili nella forma al
disco solare, rappresentavano la fecondità maschile – danzanti attorno ad un
orante femminile steso per terra.
In valle a Sonico esiste ancora la roccia della
fertilità, interamente coperta da coppelle, ove fino a qualche decennio fa le
giovani spose o le sterili erano aduse , segretamente, recarsi per propiziarsi
una prole.
La presenza o la frequentazione del popolo alle rocce
sacre era testimoniata in due forme: l’incisione sulle stesse delle orme dei
piedi (anche il passo è fondamentale per i camuni dato che per salire sui
“Brik” ove vi sono le “Marmitte dei Giganti” – ovvero delle
enormi coppelle – vi erano gradini scavati nella roccia o pietre nel numero
rituale del tre – numero che nel suo multiplo di sei o di nove rappresenta i
terreni coltivati e fecondi nell’unica grande mappa topografica della
preistoria che si trova sul contrafforte opposto al parco nella località di
“Bedolina”) o l’incisione delle orme delle mani sugli altari
megalitici (come avvenne presso la chiesa delle Sante ai piedi del Parco che
ingloba un altare preistorico ove le mani incise sono state volgarmente
contrabbandate per le mani di tre santi che, secondo una leggenda cristiana,
avrebbero dovuto fermare un masso che rotolando a valle stava per travolgere
l’abside della chiesa.
La civiltà dei camuni con la sua arte incisoria, non
unica né univoca nell’arco alpino (vedasi le incisioni delle alpi marittime del
monte Bego, le incisioni della Val Pellice, le incisioni della Valtellina, le
incisioni di Lagundo nel Tirolo del Sud …) sono un valido tratto d’unione
(quasi come le scene di oranti uniti in danza – molto simili alle nostre catene
d’unione) tra realtà culturali e cultuali delle popolazioni celtiche
centro-europee e quelle mediterranee ove è pur presente l’arte rupestre (vedasi
le incisioni del deserto sinaitico ai piedi dell’Har Karkom oppure quelle
dell’altopiano dei Tassili nel Sahara settentrionale, o nella penisola iberica
o per arrivare addirittura sulla costa atlantica con le incisioni della valle
del Tago nei pressi di Lisbona).
Esse rappresentano realmente verità concettuali non semplici
e non immediatamente comprensibili, essendo le stesse velate dalla simbologia o
dall’allegoria, che riportano l’uomo alle origini ancestrali uniche e prive di
divisioni culturali, religiose o razziali.
Esse parlano allo spirito dell’uomo perché si liberi da
tutti quelle incrostazioni culturali che lo dividono dalla natura, grande madre
e massima opera del Grande Architetto dell’Universo.
Esse indicano ai Massoni la strada della ricerca continua
delle verità umane velate o rappresentate dai simboli.
LA MORTE CEREBRALE COINCIDE CON LA CESSAZIONE DELLE
FUNZIONI VITALI?
“Bereshit
barà elohim et hashamaim veet haaret: ln principio Dio creò, il cielo e la
terra… e poi, creò l’uomo.
Nell’uomo, come del resto in ogni essere vivente, con il
primo vagito inizia la convivenza di due opposti principi terreni: vita e
morte, uniti in un indissolubile binomio destinato a ritmare la costante
L’esasperante monotonia del ripetersi del dramma della
“morti, sebbene sorretto, si fa per dire, dalla speranza di una vita
postuma, è l’incubo che accompagna ogni essere umano, fin dalla sua comparsa su
questo pianeta.
Dallo studio comparato delle religioni si può dedurre che
la “sopravvivenza è un postulato di
fede legato sempre all’esperienza di vita terrena, sia come Karma reicarnativo,
per quelle orientali, che accesso a piani esistenziali superiori e inferiori
come il Paradiso e l’Inferno dei cristiani, molto simili alle praterie celesti
e agli abissi oscuri e senza fine degli indiani d’America.
Per la “scienza”, quell’ufficiale s’intende, la mode
coincide con la cessazione dei fenomeni vitali e degli impulsi non più
trasmessi dal cervello. Con l’arresto de battito cardiaco, cessa la
circolazione del sangue che ristagna nei vasi, segnando l’avvio del processo
putrefattivo.
Tutto finisce con la cessazione degli impulsi cerebrali?
Proprio tutto?
Notevole inquietudine hanno destato alcune dichiarazioni
del dottor David W. Evans, dimessosi nel 1988 dal Papworth Hospital di
Cambridge • uno dei più famosi centri mondiali di trapianti – tra i favorevoli
all’espianto d’organi e coloro che sostengono che la morte dell’individuo non
coincida assolutamente con la cessazione delle funzioni dell’encefalo.
Sebbene il primo articolo della legge 578/93 sui
trapianti d’organo identifichi la morte con la cessazione irreversibile
dell’encefalo, ovverossia “la mode cerebrale” che l’Harvard Medical School
teorizzò nel 1968 segnando l’avvio su scala mondiale dell’era dei trapianti
d’organo, il “fronte dei contrari agli espianti’ si è notevolmente
ingigantito anche, e soprattutto, a seguito delle dichiarazioni avallate da più
fonti circa le reazioni dei cosiddetti “morti cerebrali’ nella fase
dell’espianto,
Il cadavere,
allorché è inciso dal bisturi nella fase dell’espianto, reagisce al punto tale
che il battito cardiaco aumenta e, mentre la pressione sanguigna sale, il corpo
si agita. Se il cervello del donatore fosse veramente morto – sostiene il
dottor Evans – non dovrebbero assolutamente verificarsi reazioni al dolore
tant’è vero che in molti casi viene aumentata la dose di anestetico.
Lapidaria, quindi, la motivazione resa pubblica di David
Evans, che apertamente contesta la normativa vigente in materia di espianti:
“Noi non ne sappiamo abbastanza sul modo in cui funziona il cervello. Non
v’è alcun dubbio che nel momento in cui gli organi vengono prelevati, il cuore
del donatore e parte del suo cervello continuano a funzionare. Quindi è
possibile che il donatore sia tutt’altro che morto e si trovi in uno stato di
incubo in cui si può provare dolore. Mi sono rifiutato di collaborare al
trapianto cardiaco perché esso rende necessaria la rimozione di un cuore
battente da una persona prima che questa sia indiscutibilmente morta. I criteri
della cosiddetta morte cerebrale non garantiscono che tutto il cervello sia
morto, e le reazioni a/ dolore lo confermano.
Anche il primario del Norf e N0Mich Hospital, Philiph
Keep, condividendo la tesi del dottor David Evans, ha precisato che a causa
della lesione celebrale, la temperatura corporea, notevolmente inferi& re
alla norma, deprime i messi rendendo alcuni test di morte cerebrale non
attendibili.
Sono dichiarazioni che hanno sollevato, negli ambienti
degli addetti ai lavori di tutto il mondo, un ginepraio di polemiche e di prese
di posi
zione tra le più disparate.
Alla luce di quanto sta avvenendo negli ambienti
scientifici internazionali, circa il concetto di morte cerebrale, è stato reso
noto il documento “Revisione della morte cerebrale di cui s’ignorava il
contenuto, redatto addirittura nel 1992
dalla stessa università di Harvard, ad opera di
un’équipe di docenti
anestesisti, coordinati dai professori Robert Truog e James Fackler. Nella
stesura del documento, si evidenzia tra l’altro che
la stessa Università di
Harvard, riesaminando il ma- concetto di morte cerebrale espresso nel 1968,
effettuava un’eclatante retromarcia con la motivazione: . la
definizione di morte cerebrale e
quella operativa sono incompatibili tra loro e
che perché è
impossibile pretendere la condizione di irreversibilità, a meno che non sia
manifesta la putrefazione.
Dichiarazioni del genere non certo favoriscono i
sostenitori dei trapianti di organi, soprattutto per le rivelazioni di Truog e
Fackler, a corredo del documento, da cui si evidenzia a la palesemente che
dall’esame di diverse centinaia di centelli appartenenti a morti cerebrali,
dopo il sezionamento,
più del settanta per cento non presentavano lesioni talmente gravi da
giustificare una tale prognosi.
“La morte cerebrale non è
che una conveniente finzione. Con questa frase sconcertante, il presidente della Società Internazionale di
Bioetica, Peter Singer, terminò il suo del-intervento al secondo Convegno
Internazionale sulla morte cerebrale tenutosi a Cuba net 1 996, aggiungendo che
dovremmo anzi ritornare al concetto tradizionale di mode che coincide con la
cessazione irreversibile della circolazione sanguigna.
Per la scienza
ufficiale, la morte coincide con ‘a cessazione dei fenomeni vitali e degli
impulsi non più trasmessi dal cervello. Torniamo a chiederci:
la morte dell’essere coincide veramente con la cessazione degli impulsi
cerebrali?
L’eterno interrogativo che
tormenta l’essere umano da sempre: “Cosa c’è oltre la morte?’, si
riaffaccia, inquietante più che mai, evidenziando l’indissolubile trinomio
“spirito, anima e corpo fisico’ di questa creazione divina chiamata Uomo.
Certo, il cammino della scienza non incontrerà giammai i
percorsi del mondo dell’inspiegabile, né tantomeno quel che asseriscono le
religioni circa la sopravvivenza dopo la morte.
Un fatto incontrovertibile ritengo debba essere
evidenziato. La scienza, malgrado abbia in questi ultimi tempi conquistati
notevolissimi traguardi, a tutt’oggi non riesce a fornire adeguate spiegazioni
scientifiche su fenomeni inspiegabili come l’improvviso risveglio da un coma
irreversibile, per non parlare delle guarigioni miracolose, delle manifestazioni
paranormali e dei fenomeni ESPI d’accertata dimostrazione.
Il sottilissimo filo che separa la vita dalla morte, si
sottrae, ahimè, alle normative ufficiali in materia che, seppur necessarie
secondo l’aspetto legale, investono una sfera di coinvolgimenti di varia natura
non certo estranei a quelli emozionali ed affettivi.
Il complesso trauma che accompagna solitamente la morte,
dovrebbe indurci a riflettere sia con più attenzione sull’esperienza ultima cui
nessuno può sottrarsi: l’ultima prova che conclude il ciclo esistenziale
dell’Uomo.
Forse, e solo con l’umiltà di chi è sempre disponibile a
rivedere le apparenti verità conquistate nel corso della propria esistenza,
potremo un giorno ammettere finalmente che della vita sappiamo poco, o quasi
niente.