LA MASSONERIA È PROPRIO UNIVERSALE?

LA MASSONERIA È PROPRIO UNIVERSALE?

di

Baldo Conti

Noi tutti abbiamo sempre sostenuto, supportati anche dalla enorme quantità di letteratura esistente in tal senso fin dalle origini, che la nostra Istituzione è “universale” e tutti noi abbiamo sempre accettato questa definizione senza mai pensare di discuterla, quasi fosse un dogma. Forse sarà la “moda” di questi ultimi anni che mette sempre in discussione tutto, forse una punta di polemica, forse il non voler dare mai tutto per ‘scontato”, che ci hanno indotto a fare alcune riflessioni in proposito, nell’intento, anche speculativo, di appurare se la Massoneria sia effettivamente “universale”, in toto, in parte o non lo sia affatto. Il consueto esame di coscienza anche se non richiesto non potrà farci che bene, almeno se abbiamo l’intenzione di prendere coscienza della nostra realtà massonica ed umana. In ogni caso, anche come succede in mare ai naviganti, fare ogni tanto il “punto” è sempre opportuno perché riassume il percorso da noi fatto e ci suggerisce il nuovo da percorrere. Per praticità possiamo dividere l’argomento in tre parti, cioè esaminare separatamente l’universalità dei nostri principi,  quella dei nostri rituali e  l’universalità della nostra funzione e realtà, cioè del nostro “sistema”. Cercheremo d’essere come sempre molto semplici e sintetici anche per non stancare  il lettore con astruse e complicate dissertazioni più o meno filosofiche.

L’universalità dei nostri principi

Potrebbe essere data senz’altro per scontata, ma solo se considerassimo come universale solo il nostro mondo ristretto ed in parte “occidentale”. Ma i nostri aneliti di democrazia, di libertà, di solidarietà, di fratellanza, di miglioramento individuale e quindi collettivo, siamo certi di ritrovarli identici in altre parti del globo dove esistono usi, costumi, morali e quindi religioni ed organizzazioni sociali notevolmente differenti dai nostri? Certo noi sappiamo che oggi tutto tende ad un “livellamento” uniforme e disarmante, in cui l’individuo, nonostante venga considerato privilegiato, è pur sempre una parte anonima del tutto, ma come è possibile conciliare queste differenze e divergenze in un concetto unico e sicuro di universalità? Ci è noto, per esempio, l’uso esquimese di concedere la propria moglie all’ospite anche di passaggio, la mutilazione di parte degli organi anche sessuali in alcune civiltà (che per noi cristiani non sono affatto ritenute “civiltà”) come segno anche di “iniziazione” all’ingresso a pieno titolo nella società alla quale si appartiene, l’uso di droghe utili alla sopravvivenza umana in ambito asiatico e più che altro sudamericano, e così via (l’elenco non avrebbe fine) : in quale maniera riteniamo di poter sostenere l’universalità di una qualsiasi morale, a meno che non si voglia arbitrariamente affermare che solo noi siamo nel giusto e gli altri nell’errore?

È evidente che buona parte dei nostri principi istituzionali sono in grado di collimare con quelli degli “altri”, ma non tutti, e sarebbe solo presunzione, come si è detto, ritenersi noi solo nel giusto: gli “altri” potrebbero a pieno titolo fare altrettanto. Alcuni fondamenti della filosofia massonica, se così si può dire, appartengono al mondo biologico e quindi dovrebbero essere comuni alla specie umana, ma non è proprio così. Per esempio l’uomo continua ad uccidere tranquillamente il  proprio simile, in pace ed in guerra (dove spesso riceve anche la “benedizione di Dio” per le sue azioni), ruba al prossimo e commette tante altre iniquità (sconosciute al mondo animale al quale appartiene) presumibilmente senza la “consapevolezza” di commettere peccato o comunque una cosa riprovevole, perché a certe latitudini la morale cambia, il clima ed il sistema di vita divengono differenti, i cosiddetti “valori” assumono significati divergenti dai nostri. Altri esempi? Sono infiniti. Possiamo quindi ritenere, in tutta coscienza, che i nostri princìpi, ai quali tuttavia noi crediamo, siano effettivamente ‘universali”? Non ci dimentichiamo che versale significa anche qualcosa oltre il legame che ci unisce alla nostra sfera terrestre.

L’universalità dei nostri rituali

E senz’altro una conseguenza dei concetti espressi in precedenza. Questi sono stati creati dal “massone” a proprio uso e consumo, ispirandosi alla propria morale, ai costumi, ad un tipo particolare di tradizione e di simbologia in uso nella propria società, e così via. Le differenze rimangono quindi come al punto precedente. Tutti coloro che hanno avuto l’opportunità di recarsi all’estero hanno potuto vedere come cambino, anche sostanzialmente, parole, gesti, funzioni, personaggi e quant’altro contribuisce a realizzare i nostri riti e le nostre cerimonie. Ma un’altra cosa molto più grave dovrebbe farci riflettere più profondamente. Senza voler essere blasfemi, com’è possibile affermare la nostra universalità quando apriamo i nostri lavori sulla Bibbia al Vangelo di Giovanni? Quale universalità riteniamo di manifestare nei confronti del musulmano, dell’israelita e di qualunque altro Fratello che professi una religione differente dalla cristiana? Non è forse questo un sopruso ed una violenza perpetuata, anche involontariamente, nei confronti del nostro prossimo?

L’universalità della nostra funzione e realtà, cioè del nostro “sistema”

Anche in questo terzo caso dobbiamo per forza fare riferimento a tutto ciò che riguarda i nostri principi, con tutta la nostra morale e filosofia di vita massonica. Le nostre strutture, la nostra realtà di uomini, la realizzazione del nostro “sistema” si confronta per forza con la nostra essenza di cittadini del mondo “occidentale e cristiano” il che, almeno per noi, non desta alcuna preoccupazione: è tutto ovvio, regolare e scontato. Ma ripeto, come possiamo ritenere i nostri esclusivi pensieri, il nostro modo di vedere e di pensare, le “giuste” finalità che noi riteniamo di avere individuato nella vita, conciliabili con il concetto di “universalità” che spazia oltre il nostro mondo piccolo e ristretto? Sarebbe forse più onesto, corretto e meno presuntuoso avere una visione meno “globale” ed “universale” riducendola al nostro ambito più piccolo che in qualche caso è anche più chiuso? E la nostra “polarità” lunare o complementare siamo poi certi di averla collocata in una degna posizione, oppure siamo ancora “schiavi” senza rendercene conto della nostra origine anglosassone densa certo di grande civiltà, anche se non proprio identificabile con la latina e quindi non completamente a noi congeniale, e comunque anch’essa lacunosa di “universalità”?

Conclusioni

Possiamo ritenere che tutte le nostre buone intenzioni tenderebbero verso una effettiva “universalità” anche se, per sbadataggine

, per distrazione, o per assenza di autocritica, possiamo in tutta coscienza ritenerci molto lontani da un pur minimo “sistema” che possa avere una qualche relazione con il concetto di un principio universale. Le vie di uscita, le alternative sono per noi tre, come del resto poi lo sono sempre.

La prima — se vogliamo mantenere la nostra dichiarazione di intenti comprensiva del concetto di universalità — dovrà essere quella di rivedere tutto il nostro ‘sistema”, dalle Costituzioni e Regolamenti, ai Rituali, alle nostre finalità proprio in senso “universale”, modificando, correggendo, migliorando tutto quanto è possibile senza avere alcun timore di rivoluzionare la nostra Istituzione. Certo questa operazione sarebbe profondamente traumatizzante per molti di noi, anzi forse per la maggioranza, ma darebbe sicuramente più dignità a ciò che predichiamo, a tutta la nostra lotta per il “bene” (inteso in senso “nostro’) dell’umanità, a tutte le fatiche che quotidianamente profondiamo per la realizzazione dei nostri principi. Operazione radicale che secondo alcuni non si sa dove potrebbe portarci: saremmo costretti a fare una sorta di “salto nel buio”, termine spesso assunto in ambito politico, con tante incognite e quindi per altri eccitante e denso di stimoli e di novità.

La seconda soluzione, molto più semplice ed elementare, sarebbe quella di eliminare il termine di “universalità” da tutti i nostri scritti, discorsi, principi e quant’altro, “riducendo” il nostro ambito a qualcosa di “regionale’ e locale (inteso, stando anche molto “larghi” in ambito occidentale, ma più che altro “parzialmente europeo”). La cosa, è ovvio, disturberebbe un’altra serie di Fratelli convinti, anche in buona fede, che tutto ciò che ci riguarda, è confortato dalla tradizione e da una vita spesa in tal senso, dalla universalità della Libera Muratoria e dai nostri intenti. Sarebbe anche in questo caso una grande delusione per questi nostri Fratelli, ma sicuramente anche per quelli della prima soluzione che vedrebbero cadere inesorabilmente quella forza e quella consapevolezza che solo chi crede nella universalità delle proprie azioni possiede.

Una terza soluzione, la più triste, forse scontenterebbe una sola persona: l’estensore di questo articolo, o forse qualche altro Fratello isolato, lasciando tutto com’è. Come si sa i cambiamenti e le innovazioni sono sempre uno shock per gli abitudinari e quindi l’immobilismo potrebbe essere apprezzato dalla maggioranza dei nostri Fratelli, o forse no? Vorremmo proprio sbagliarci. In ogni caso chi è arrivato in fondo a queste due pagine, sia che opti per una soluzione sia per un’altra è stato “costretto” a prendere coscienza del problema, a fare un breve esame della nosfra realtà, a considerare, anche se forse non lo condivide, il fatto che ciò che noi pensiamo non può mai essere “universale”, non è assoluto, non vale per tutti; non è vero che noi abbiamo “ragione” e gli alfri torto, perché gli “altri” sono nella identica nostra situazione.

Se vogliamo, lasciamo pure tutto così com’è, ma almeno prendiamo più coscienza di cosa sia il concetto di “tolleranza” per il pensiero altrui, di “diversità” e di “universalità” in ambito umano; lasciamo in disparte la presunzione di essere depositari della verità e cerchiamo di prendere coscienza di ciò che effettivamente siamo senza fare drammi: un granello di sabbia in una spiaggia immensa della quale non ne percepiamo né l’estensione né tanto meno la fine ed i confini. Forse il principio di “relatività” è già stato espresso e definito in maniera più precisa e comprensibile, anche se con qualche formula matematica, da qualcuno più attendibile di noi, ma che sicuramente ha aperto un mondo nuovo e la mente a tanti uomini di buona volontà, aperti al futuro ed alla ricerca interiore, fossero essi massoni o semplici uomini comuni, scienziati o impiegati del catasto, ma solo animati da tanta curiosità e motivati da una grande sete di sapere e di conoscenza.

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LE QUATTRO NAPPE

Le Quattro Nappe

di

Anthony J. Calderisi

Il paragrafo di chiusura della lettura in Grado di Apprendista comincia con: “Appese agli angoli della Loggia vi sono quattro nappe, a ricordarci le quattro virtù cardinali, TEMPERANZA, FORZA D’ANIMO, PRUDENZA e GIUSTIZIA, che, ci informa la tradizione, erano tutte costantemente praticate dai nostri antichi Fratelli”.

Prima di procedere con la discussione su queste virtù cardinali, bisogna capire perché è stato utilizzato un simbolo visivo invece di utilizzare semplicemente le prime lettere di ogni parola, come, per esempio, nel caso del-

la lettera “G” nel centro della Loggia, sull’altare.

Il Dizionario Inglese Collins dà del simbolo la seguente definizione: “qualcosa che rappresenta o significa qualche altra cosa, solitamente per convenzione, in particolare un oggetto materiale utilizzato per rappresentare un qualcosa di astratto”. Possiamo aggiungere inoltre che un simbolo può essere definito come un segno visibile al quale è connesso un sentimento spirituale, una emozione, una idea.

Era in questo senso che i primi Cristiani chiamarono simboli tutti i riti, cerimonie ed altre manifestazioni esteriori cariche di un significato religioso, ad esempio, la croce, i pesci ed altri dipinti e immagini.

In un periodo ancora più antico, gli Egizi comunicavano la conoscenza della loro filosofia esoterica attraverso simboli mistici. Infatti, l’uso di simboli è contemporaneo all’umanità. “11 primo sapere del mondo” afferma Stukely “consisteva essenzialmente di simboli. La saggezza che ci è pervenuta dai Fenici, dagli Egizi e dagli Ebrei, da Ciro, Pitagora, Socrate, Platone e tutti gli antichi, è simbolica.”

Così l’uso di simboli o emblemi (parole usate come sinonimi in Massoneria) deriva dalla stessa natura umana. Per la maggior parte degli esseri tmla_ni, i simboli sono un sussidio necessario per una maggiore profondità di pensiero. Rafforzano la nostra percezione intellettuale e sono un potente aiuto per la memoria.

Le magnifiche vetrate dipinte delle antiche cattedrali per esempio, erano utilizzate per imprimere nella mente del popolo illetterato la storia della vita di Gesù e degli Apostoli. Dagli inizi della storia scritta in poi, gli uomini hanno cercato i mezzi per esprimere all’esterno la loro fede. La religione dei primi Cristiani era conservata ed alimentata dai simboli che essi dipingevano nelle antiche catacombe di Roma, dove costituiscono, ancora oggi, una fonte di ispirazione.

In Massoneria, la maggior parte degli insegnamenti relativi ai suoi misteri e princìpi morali è tramandata sotto forma di simboli. Fondata, come scienza speculativa, su un’arte operativa, essa ha preso gli utensili di lavoro della professione che spiritualizza, i termini dell’architettura, il Tempio di Salomone e tutto ciò che è connesso con la sua storia tradizionale, e, adottandoli come simboli, insegna le sue grandi lezioni morali e filosofiche attraverso il simbolismo.

Consideriamo i vari utensili utilizzati dai nostri antenati Operativi e vediamo come ricordiamo velocemente i numerosi ed importanti insegnamenti morali

.

 insegnatici da questi simboli. Ci sono molti altri simboli che trasmettono messaggi senza tempo. Quanti di noi, molto tempo dopo essere stati destinatari delle letture dei tre gradi, possono velocemente evocare le parole a loro associate  
   

In ciascuno dei quattro angoli delle Logge. nella nostra Giurisdizione pende una frangia.

L’uso delle nappe o frange (la parola ebrea è la stessa per entrambi) come simboli per riportare alla mente di ciascuno le “sagge e serie verità”, è di antica origine, perchè nel quindicesimo capitolo dei Numeri. vv. 37 – 40, leggiarno:

“Ed il SIGNORE parlò a Mosè, dicendo,

Parla ai figliuoli di Israele, e dì loro che si facciano, di generazione in generazione, delle nappe agli angoli delle loro vesti, e che [nettano alla nappa di ogni angolo un cordone violetto;

Sarà questa una nappa, e quando la guarderete, ricorderete di tutti i comandamenti del SIGNORE, per metterli in pratica; e non andrete vagando dietro ai desideri del vostro cuore e dei vostri occhi, che vi trascinano all’infedeltà;

Così ricorderete di tutti i miei comandamenti. li metterete in pratica, e sarete santi al vostro Dio’ .

Al candidato viene detto che queste quattro nappe rappresentano le quattro virtù cardinali: Temperanza, Fortezza. Prudenza e Giustizia.

In molte Logge o nelle loro anticamere è incorniciato un motto tratto  da “La Dignità dell’Uomo scritto da Anthony Nixon nel 1612:

“Dio è la Fonte di tutte le Virtù e Doveri.

Da questa Fonte sgorgano quattro fiumi.

Prudenza, che conosce è utile per sè, per gli altri e per il benessere comune. temperanza, la padrona della modestia, della castità e della sobrietà.

Forza d’animo, che rende un uomo Tenace, Paziente e Coraggioso

Giustizia, che è il vincolo e la salvezza della società umana, per mezzo del dare a ciascuno ciò che gli appartiene, del mantenere le promesse, del prestare volentieri soccorso agli afflitti e dell’aiutare qualcuno al meglio delle propria capacità .

Non può sussistere il minimo dubbio che i compilatori della “Esortazione dopo l’iniziazione” nel Grado di Apprendista abbiano avuto in niente “La Dignità dell’Uomo’” quando hanno scritto: “Lascia che la Prudenza ti diriga: la ‘Temperanza ti moderi; la Forza d’animo ti sostenga e che la Giustizia sia la guida di ogni tua azione .

Ma per conoscere qualcosa di queste virtù cardinali, dovremmo  conoscere qualcosa delle loro origini. Da dove nascono allora? Certamente non con Anthony Nixon nel 1612, perchè già San Tommaso d’Aquino (1225 – 1274) nella sua eccellente opera, la Summa Theologiae, distingue tra queste quattro virtù cardinali, virtù naturali di cui l’umanità stessa è capace, e le virtù teologali della Fede, Speranza e Carità.

San Tommaso d’Aquino ha però perfezionato ciò che aveva affermato lo statista-studioso Sant’Ambrogio, Vescovo di l’Ailano, allorquando questi, quasi un millennio prima, aveva incorporato le quattro virtù cardinali nel suo grande manuale sulla filosofia morale, e queste diventarono tradizionali nel pensiero Cristiano.

Potrebbe comunque piacerci pensare che queste quattro virtù  cardinali non siano scaturite dal lavoro di Sant’Ambrogio di Milano. Infatti, alla fine del quarto secolo a. C., Zenone si recò da Cipro ad Atene e lì sotto il portico dipinto (chiamato Stoa) nel lato nord del mercato, enunciò i principi dello Stoicismo. virtù era il sommo bene ed era il vivere conformemente alle leggi della natura – una condotta di vita connaturata al proprio rango – e le quattro importanti virtù erano la Prudenza, la Temperanza, la Forza d’animo e la Giustizia.

Non ho alcun dubbio che ulteriori ricerche potrebbero scoprire origini più antiche di queste ed altre virtù. Probabilmente facevano già parte degli antichi Misteri Eleusini e di altri misteri e filosofie. Senza dubbio si sono evolute nel momento in cui l’uomo primitivo ha sviluppato il suo modo di vivere passando dalla famiglia alla tribù e, in definitiva, ai gruppi nazionali laddove c’era bisogno che l’individuo rispettasse la legge e l’ordine perchè la società sopravvivesse. Certamente, alcune delle virtù possono già essere rintracciate circa duemilaottocento anni fa quando Amos, un pastore potatore di alberi di sicomoro, dette al mondo (ed alla Massoneria), nei primissimi scritti riportati nel Volume della Irgge Sacra, il simbolo del filo a piombo rappresentante la Giustizia.

I ,’uso delle. nappe come simboli delle preminenti o principali virtù su cui sono imperniate e da cui dipendono tutte le altre è stato introdotto in Massoneria sin dal diciannovcsimo secolo. Oliver afferma, nel Capitolo 1 di “Rivelazioni di una Squadra”:

“che nel diciottesimo secolo i Massoni delinearono i simboli delle quattro virtù cardinali per mezzo di un angolo acuto variamente disposto. Quindi, supponiamo che tu sia rivolto ad est, l’angolo simboleggiante la temperanza punterà a sud. Esso era chiamato Gutturale. La Forza d’animo era denotata da una Croce di Sant’Andrea, X. Questo era il Pettorale. Il della prudenza era un angolo acuto che punta a sud-est, ed era denominata Manuale; la giustizia aveva il suo angolo rivolto a nord, ed era chiamato Piedistallo o Pedale”.

Nelle logge, nella prima parte del diciottesimo secolo, le letture in grado  di Apprendista prendevano la forma di Domande e Risposte e non di un discorso tenuto da uno o più membri, come si usa oggi. Ecco un estratto dalle Domande e Risposte in grado di Apprendista, tipiche di quel periodo, che si occupano delle Quattro Virtù Cardinali. (notare la conferma dell’allusione di Oliver riguardo all’associazione delle viltù col corpo umano)..

DOMANDA. Fratello Mio, tu mi hai riferito che io dovrei riconoscerti da certi segni, un toccamento, una parola, ed i punti perfetti della tua iniziazione. Tu hai dato i segni, il toccamento e la parola. Adesso ti chiedo di spiegarmi punti perfetti della tua iniziazione. Quanti e quali sono?

RISPOSTA Essi sono quattro, il Gutturale, che allude alla gola; il Pettorale, che allude al petto; il Manuale, che allude alle mani; e il Piedistallo, che allude ai piedi. Essi alludono alle quattro virtù cardinali, Temperanza, Forza d’animo, Prudenza e Giustizia.

La Temperanza è quel debito freno ai nostri affetti e alle nostre passioni che rende il corpo docile e governabile e libera la mente dalla seduzione del vizio. Questa virtù dovrebbe essere la pratica costante di ogni Massone, dal momento che egli è istruito a evitare gli eccessi, o a contrarre abitudini licenziose o l’indulgenza nei confronti delle quali potrebbe portarlo a svelare alcuni di quei preziosi segreti che lui ha promesso di celare e giammai rivelare e che conseguentemente lo assoggetterebbero al dispetto e allo sdegno di tutti i buoni Massoni, così come alla pena riveniente dall ‘impegno assunto (allude al Gutturale).

La Forza d’animo è quel nobile e saldo proposito mentale per mezzo del quale possiamo sopportare qualsiasi dolore, qualunque rischio o pericolo, qualora con prudenza valutato opportuno. Questa virtù è equidistante dalla avventatezza e dalla codardia; e, come la precedente, dovrebbe essere profondamente impressa nella mente di ogni Massone, come garanzia e sicurezza contro qualunque attacco indebito che possa essere portato, con la forza o in altro modo, per estorcelgli qualcuno di quei segreti che gli sono stati confidati; virtù emblematicamente rappresentata, durante il suo primo ingresso in loggia, quando fu ricevuto con la punta di uno strumento afflato posto sulla parte sinistra del suo petto nudo (allude al Pettorale).

Prudenza ci insegna a regolare in maniera gradevole le nostre vite e le nostre azioni ai dettami della ragione, ed è quell’abitudine per mezzo della quale giudichiamo saggiamente e prendiamo prudentemente delle decisioni su tutte le cose relative alla nostra felicità presente e futura. Questa virtù dovrebbe essere la caratteristica peculiare di ogni Libero Muratore, per regolare la sua condotta non solo in Loggia, ma anche nel mondo esteEssa dovrebbe essere praticata in particolare allorquando ci si trovi in compagnia di estranei, mai lasciarsi scappare il minimo segno, toccamento o parola attraverso cui i segreti della Massoneria possano essere indebitamente ottenuti; soprattutto ricordando il momento memorabile quando sul suo ginocchio sinistro piegato e nudo, il suo piede destro a squadra, la sua mano sinistra manteneva il Volume della Legge Sacra, la squadra e il compasso, e la sua mano destra a coprirli (allude al Manuale).

La Giustizia è quella norma o quel limite giuridico che ci permette di dare ad ogni uomo ciò che gli è esattamente dovuto senza distinzioni. Questa virtù non solo è conforme alle leggi definire ed umane, ma è il vero cemento ed il sostegno della società civile; e così come la Giustizia in larga misura costituisce l’uomo veramente buono, così dovrebbe essere pratica costante di ogni Libero Muratore il deviare giammai da essa, sempre ricordando il momento in cui fu collocato nell’angolo a nord-est della Loggia, con i piedi a formare un angolo retto (che allude al Piedistallo).

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LA DOTTRINA DEI CICLI COSMICI

LA DOTTRINA DEI CICLI COSMICI

di

Sigfrido Hobel

Abbiamo già detto che la Tradizione Primordiale, da cui de riva ogni forma di dottrina tradizionale, consiste nella Legge propria di questo Ciclo Cosmico. Conviene dunque sapere in primo luogo in che cosa consista la dottrina dei Cicli Cosmici, dal momento che essa rappresenta uno dei principi fondamentali della conoscenza tradizionale, ed un elemento-chiave per comprendere l’origine delle dottrine che andremo ad esaminare.

Nell’affrontare questo complesso tema, ci riferiremo soprattutto alla tradizione indiana, nella quale la dottrina dei Cicli Cosmici, già presente nell’antica cosmogonia vedica, ed ulteriormente sviluppata e definita nelle opere successive, ha trovato la sua più completa ed esauriente esposizione l , ma non mancheremo di evidenziare i numerosi collegamenti e le analogie che esistono fra dati trasmessi dalla tradizione indiana e quelli presenti in altre forme tradizionali.

KALPA, MANVANTARA E YUGA

Un primo elemento fondamentale della dottrina dei Cicli Cosmici è la distinzione di tre diversi tipi di ciclo temporale, generalmente definiti Yuga, Manvantara e Kalpa, che corrispondono a tre diversi livelli della misurazione del tempo in rapporto, rispettivamente, agli anni terrestri (o degli uomini), agli anni cosmici (o degli dei) ed agli Anni di Brahma, ovvero della Divinità suprema.

  • Maha-Kalpa La suprema misura del tempo è data dalla durata della vita di Brahma, cui i testi brahmanici attribuiscono il ruolo di Dio-Creatore, e la cui vita dura 100 (0 108) Anni di Brahma, un arco di tempo  immenso, detto Para o Maha-Kalpa. che rappresenta il ciclo completo nel corso del quale si manifestano tutti i Mondi possibili, e al termine del quale sorgeranno altri Brahma ed altri cicli, all’infinito.
  • Kalpa Ogni Anno di Brahma è composto da 360 Giorni. detti Kalpa, ognuno dei quali segna il nascere di un nuovo Universo: all’alba di ogni Kalpa, Brahma si manifesta depositando nelle Acque primordiali il Germe d’Oro dell’Uovo Cosmico (Brahmanda o Hiranyagarbha) da cui trae origine un Univers02 destinato a scomparire e ad essere riassorbito nel Sonno della divinità col sopraggiungere della Notte di Brahlna. quando si verificherà la Pralya3 , la “Dissoluzione di ogni cosa” a opera dell’Acqua e del Fuoco; Ina al suo risveglio, Brahma creerà poi di nuovo se stesso Uovo Cosmico, ponendo in essere un nuovo Universo. Vita e morte si alternano dunque conie il giorno e la notte, la veglia e il sonno, e mentre ogni Giorno-Kalpa rappresenta la durata di un intero Universo, lo sviluppo  totale di un Mondo, ogni Notte rappresenta un periodo di quiete ed uno stato di assenza della manifestazione.

Manvantara A sua volta, ogrii Kalpa è composto  da 14 Manvantara, divisi in due serie settenarie: il A4anvantara, unità di misura cosmica e divina del tempo, comincia a riguardarci più da vicino, perché ad ogni Manvantara corrisponde un ciclo dell’umanità e delle sue civiltà, ciclo che è posto sotto la tutela di un Manu, ovvero di un mitico Antenato, dal quale promana la Legge propria di ognuno di questi cicli .

Il Manu del primo Manvantara del nostro Kalpa è detto Brahma Svayambhuva, “Colui che esiste di per se stesso”, dal quale sarebbero discesi i princìpi fondamentali della società indo-ariana contenuto nei Veda e nelle Leggi di Manu; gli fanno seguito altri cinque Manu: Svarochisha, Auttami, Tamasa, Raivata e Chakshusna. Il nostro Manvantara è il settimo della prima serie, è ed retto da Vaivasata, il Manu dell’attuale umanità, la cui figura è collegata al primo Avatara _(incarnazione) di Visnù. Alla fine dell’attuale Manvantara, altri sette Manreggeranno i Manvantara della Notte di Brahma: i loro nomi sono Savarna, Dakshasavarna, Brahmasavarna, Dharmasavarna, Rudrasavarna, Rauchya, Bhautya. Segnaliamo che al Manu Vaivasata corrisponde, nella mitologia babilonese, Sitnapistim, l’ultimo re antidiluviano e il primo uomo dell’attuale umanità.

Ogni Manvantara corrisponde dunque ad una particolare condizione  dell’umanità, ed è localizzato in uno dei sette Dwipa (Tl’erre, Regioni) del nostro pianeta, viene cioè collegato ad una particolare configurazione delle terre emerse, contraddistinta da un diverso Polo, e quindi da un suo particolare Centro Sacre principale. Queste sette Terre, che si succedono nel corso di un Kalpa (manifestandosi due volte, una volta durante il Giorno di Brahma, ed un’altra durante la Notte) sono designate, nel loro insieme, come Terra Santa o Terra dei Viventi, al cui centro si trova il Centro primordiale, simboleggiato dal Monte Meru, la Montagna Cosmica.

Se il Manvantara rappresenta la massima unità di misura del tempo di un’umanità, ed è contemporaneamente una misura cosmico-divina, per calcolare il tempo in termini terrestri, e a noi più accessibili, occorre far riferimento agli Yuga, le epoche o età che rappresentano la forma ciclica più ridotta, e che caratterizzano le principali fasi della storia di un ‘umanità. Gli Yuga sono quattro, la loro durata è ineguale, ed era messa in rapporto ai punti segnati sulle quattro facce di un dado

  • Krita-Yuga o Satya-Yuga (4800 anni) : corrisponde al numero 4, il punto vincente e rappresenta l’Età dell’Oro (letteralmente l’Età Cornpiuta o l’Età Reale), in cui la legge universale (I)harrna) si manifesta nella sua integrità e la vita si svolge in uno stato di totale equilibrio e armonia: in questa età esiste un’unica classe, denominata Hanzsa, come il Cigno di Brahma
  • Treta-Yuga (3600 anni) : corrisponde al nemero 3, e indica un’epoca ancora felice, in cui però cominciano ad apparire la cupidigia e la sofferenza
  • Dwapara-Yuga (‘2400 anni) : corrisponde al numero 2. ed è l’epoca in cui il  è ridotto alla sua metà, aumentano i vizi e le disgraziQ% mentre diminuisce la durata della vita Illuana
  • Kali-Yuga: l’ultima età. corrispondente al numero 1, è l’età de la privazione e della perdita, in cui resta solo un quarto del Dhar;na; il termine Kali, che indica concetti negati\i quali perdita, cattiveria e discordia può essere messo anche in relazione con la natura sanguinaria della dea Kalì. Nera (si tratta. infatti di un’età oscura) e con il termine che int,ica il tempo

Età, la cui durata è detta di 12.000 anni. sir-nile a quelìa del Grande Anno delle tradizioni mesopotamica e greca. Il Maha-Y’uga viene identificato da alcuni con lo stesso Manvantara, mentre altri affermano che occorrono 71 (0 72) IVIaha-Yuga per fonnare un Manuantara, e 1000 per fivmare un Kalpa, la cui durata cotnplessiva sarebbe quindi di 12 milioni di anni

Ma in realtà, avvertono alcuni testi, gli anni di cui si parla non sono anni umani. bensì Anni degli Dei (o anni cosmici). ognuno dei quali corrisponde

 a 360 anni terrestri, in quanto ogni nostro anno equivale ad un giorno cosmico. Pertanto, i 12.000 anni del Maha-Yuga (o Manvantara) dovrebbero essere moltiplicati per 360, e la sua durata complessiva sarebbe di 4-320.000 anni (12.000×360) ; quella del Kalpa, considerato pari a 1000 Maha-Yuga, assommerebbe allora a 4-320.000.000 anni, mentre la durata complessiva della Vita di Brahma sarebbe quantificabile in ben 311.040 miliardi di anni9.

GLI AVATARA Dl VISHNU

Abbiamo dunque visto che i quattro Yuga sono caratterizzati dalla progressione discendente 4-3-2-1 (l’inverso della Tetraktys pitagorica) che indica il progressivo allontanamento dalla pienezza del Dharma (l’ordine cosmico, la Conoscenza), e dà una somma pari a 10, numero che corrisponde allo sviluppo completo di un ciclo, definendo la relazione fra il suo inizio e la sua fine.

Alla divisione di un ciclo dell’umanità in quattro Yuga di durata ineguale, ma corrispondenti a dieci periodi di durata uguale, si collega un’altra dottrina induista relativa alla suddivisione interna dello stesso ciclo dell’umanità: si tratta della dottrina dei dieci Avatara (Desavatara) di Vishnu, ovvero delle dieci successive incarnazioni del Dio, considerate come discese dello Spirito divino, che si manifesta, assumendo un corpo, per salvare l’umanità o per ristabilire l’ordine nel mondo’0 . La serie degli Avatara, che va inquadrata nella successione dei quattro Yuga, consente di definire le fasi di una vera e propria storia segreta dell’umanità, narrata in chiave mitica dal punto di vista della tradizione indo-ariana, e costituisce pertanto un prezioso schema nel quale possono trovare una collocazione anche numerosi dati provenienti da altre tradizioni:

  • Matsya (Pesce) : Vishnu appare in forma di pesce a Manu per avvisarlo dell’imminente Diluvio, e poi porta in salvo la sua Arca sulla Montagna del Nord. Il Diluvio è quindi la catastrofe (Pralaya) con la quale inizia il primo periodo (Krita-Yuga) dell’attuale Manvantara; Manu, il progenitore della nuova umanità, salva dalle acque del Diluvio anche la Conoscenza, portando con sè i Rishi, gli antichi poeti-veggenti, autori dei Veda.
  • Kurma (Tartaruga) : in forma di Tartaruga, Vishnu aiuta gli dei (Deva) e i demoni (Asura) a “frullare” il Mare di Latte, ovvero il caotico Oceano degli Elementi, servendosi del Monte Mandara (l’Asse del Mondo) come mestolo e del serpente Vasuki (il Tempo) che lo circonda, come di una corda, per ottenere i 14 Tesori (Chaturdasa Ratnam, le cose più desiderabili di questo mondo) fra cui l’elisir dell’immortalità (AmritaSoma), che poi ha cura di far bere solo ai Deva.
  • Varaha (Cinghiale) : Vishnu-Cinghiale, sconfigge il demone Hiranyaksha, autore del Diluvio, e fa emergere la Terra (la dea Pritvi) dal fondo dell’Oceano.
  • Narasimha (Leone) : con l’aspetto di Uomo-Leone, Vishnu sbrana il malvagio re Hiranyakashipu che dubitava del suo potere.
  • Vamana (Nano) : apparso in forma di nano, Vishnu ottiene dal re Bali la promessa di regalargli tanta terra quanta ne potrà percorrere con tre passi; trasformatosi quindi in gigante, copre tutto il mondo, compresa la regione di Patala (gli Inferi), così come l’antico Vishnu-Trivikrama aveva creato il Mondo con tre passi; questa incarnazione di Vishnu viene collocata nel Treta-Yuga (mentre le quattro precedenti appartengono al KritaYuga) e si pensa che si riferisca al periodo in cui gli Arii lottano contro le popolazioni dravidiche per il possesso della penisola indiana.
  • Parasurama (Rama con l’ascia da guerra) : Vishnu, incarnatosi come Parasurama, figlio del saggio Brahmano Jamadagni, vendica l’uccisione del padre, distruggendo, con l’aiuto di Shiva, l’intera casta degli Kshatrya (Guerrieri) capeggiata dal malvagio re Kartavirya, nel corso di una sanguinosa guerra durata ventuno anni l3 . Il mito, narrato nel Mahabharata, si riferisce alla ribellione degli Kshatrya contro l’autorità dei Brahmani.
  • Rama: settima incarnazione di Vishnu, Rama è l’eroe per eccellenza, e rappresenta l’espressione più alta degli ideali della casta guerriera. Figlio del re di Kosala, Dasaratha, Rama viene istruito dal saggio RishiVisvamitra: in seguito a degli intrighi viene esiliato, e si ritira nella foresta con la sposa Sita e il fedele fratello Lakshmana; dopo 14 anni Ravana, re dei Demoni, rapisce Sita e con un carro volante la porta in un’isola (identificata con Ceylon) ; aiutato da un esercito di scimmie capeggiato da Hanuman, Rama raggiunge l’isola, uccide Ravana e libera la sua sposa. Le gesta di Rama, narrate nel Ramayana, si collocano nell’ultirno periodo del Treta-Yuga (fra il 5000 e il 4000 a. C). , e sembrano riferirsi all’affermazione del primo Impero indo-ariano.
  • rishna (lo Scuro) : Krishna è l’eroe divino più venerato di tutta l’India, la cui leggenda è narrata nella prima parte del Mahabharata; da bambino viene affidato a dei pastori per evitare che venga ucciso dal re Kansa, suo zio; divenuto poi un eroico guerriero, uccide Kansa e distrugge una città aerea, Saubha, che sorge sulle rive dell’Oceano; quindi fa da mediatore nella disputa fra i cugini Panduidi e Kuruidi, e la BhagavadGita narra di come aiuta e istruisce, in vesti di auriga, il suo amico Arjuna, i spingendolo alla battaglia contro i Kuruidi, e rivelandoglisi come dio. Infine, ritiratosi a meditare in una foresta, viene ucciso da un cacciatore, mentre la sua città, Dvaraka, i cui abitanti si sono dati ad ogni genere di vizio, sprofonda nell’Oceano. Con la morte di Krishna ha inizio il Kali-Yuga
  • Buddha: all’inizio del Kali-Yuga, Vishnu si incarna nel Buddha per predicare la rinuncia e il rifiuto del dogmatismo; il nono Avatara si collega alla diffusione del Buddhismo in India e al suo successivo riassorbimento nell’Induismo.

10 Kalkin: l’ultimo Avatara si manifesterà alla fine del Kali-Yuga, quando la confusione sarà giunta al culmine; sarà preceduto dall’apparizione di sette Soli, e da un grande calore distruttivo, e giungerà, come il Cavaliere dell’Apocalisse, cavalcando un cavallo bianco e con una spada fiammeggiante in pugno, per restaurare il Dharma, e dare inizio ad un nuovo ciclo.

LE QUATTRO ETÀ DEL MONDO

Alla dottrina orientale dei quattro Yuga, corrisponde, nella tradizione greco-romana, quella delle quattro (o cinque) Età del Mondo, la cui prima formulazione risale ad Esiodo ‘6 e che venne ripresa e sviluppata da numerosi altri scrittori e poeti dell’antichità, fra cui Virgilio e Orazio. La descrizione delle varie Ere, o meglio, dei cicli di civiltà che si sono succeduti nel nostro mondo è la seguente:

  • Età dell’Oro: quando in cielo regnava Cronos, il mondo era abitato da una razza di uomini simili agli dei, che vivevano felici e liberi da malattie e preoccupazioni e praticavano la giustizia senza bisogno di esservi costretti, né avevano bisogno di lavorare, perché la terra, su cui regnava una perenne primavera, dava i suoi frutti spontaneamente e in abbondanza; dopo una vita lunga e serena, questi uomini morivano tranquilli, come se si addormentassero. Alla loro scomparsa, divennero degli spiriti aerei. custodi e protettori degli uomini.
  • Età dell’Argento: Zeus, subentrato a Crono, ridusse la durata della primavera, determinando il succedersi delle stagioni, e gli uomini dovettero cominciare a coltivare la terra, a costruirsi dei rifugi e a sviluppare le arti; molto peggiore della precedente, la generazione argentea era contraddistinta da una prolungata fanciullezza, durante la quale (per cento

presso le madri; da adulti, gli uomini di questa Età erano però stolti e non veneravano gli dei, per cui Zeus, sdegnato, li fece sparire, ed essi sono diventati spiriti degli Inferi.

  • Età del Bronzo: la terza generazione era composta di uomini violenti e terribili, nati dai frassini e amanti della guerra, ma non empi; benché tremendi, la morte colse anche loro, e scesero nelle squallide dimore del gelido Ade.

 Età degli Eroi (compare in Esiodo, ma non in altri autori, e più che ad una Età a sé stante, potrebbe essere considerata come I ultima fase dell’Età del Bronzo o la prima della successiva Età del Ferro) : la Terra genera una stirpe celeste di eroi, ritenuti semidei, molti dei quali furono uccisi in combattimento, alcuni a Tebe, altri a Troia; ma altri furono posti da Zeus ai confini del mondo, nelle Isole dei Beati, dove hanno vissuto felici e sereni.

  • Età del Ferro: l’ultima generazione, caratterizzata dal nero ferro, è composta da uomini malvagi, violenti e senza timore degli dei; è una stirpe priva di giustizia, di lealtà, di pudore e di pietà, su cui regnano la frode, la guerra, la diffidenza, e il desiderio del possesso; l’uomo inizia a navigare, delimita le proprietà terriere, scava nelle viscere della terra alla ricerca di tesori; Zeus distruggerà anche questa ultima razza “quando i bambini nasceranno canuti”.

Alla suggestiva versione mito-poetica data dal mondo classico, fa riscontro la Visione descritta nel Libro di Daniele, in cui le quattro Età del Mondo sono simboleggiate da un ‘enorme statua, dall’aspetto terribile e straordinario, con la testa d’oro, il petto e le braccia d’argento, il ventre  e le cosce di bronzo, le gambe di ferro, e i piedi in parte di ferro e in parte di argilla: Daniele spiega che le parti della statua simboleggiano quattro Regni successivi, l’ultimo dei quali è caratterizzato dal duro ferro che tutto spezza e distrugge, mischiato però alla fragile argilla; pertanto, come il gigante viene distrutto da una pietra staccatasi da un monte, che ne colpisce i piedi, provocando la rovina dell’intera statua, allo stesso modo quest’ultimo Regno sarà distrutto e stritolato da un Nuovo Regno, indistruttibile ed eterno, che Dio farà sorgere dal cielo.

Anche i quattro “Animali” della Visione di Ezechiele o i quattro simboli animali degli Evangelistiche circondano l’immagine del Cristo in Gloria, oltre ad indicare le quattro modalità attraverso le quali si manifesta il Verbo divino, ed oltre al loro collegamento con i quattro Elementi, possono alludere, come nota Fulcanelli20 alle quattro fasi in cui si divide un grande periodo ciclico, e che corrispondono alle quattro Età dell’Umanità di Esiodo o ai quattro Regni di cui parla Daniele.

Il carattere “universale” di questa dottrina, lo si può dedurre dalla sua presenza anche in tradizioni molto distanti e diverse, e se non desterà meraviglia, per la prossimità delle aree culturali, ritrovare l’idea delle quattro ere dell’umanità nell’Avesta persiano, appare certo più sorprendente che la stessa visione si ritrovi anche in una realtà completamente diversa e priva di contatti con il mondo indo-europeo, come quella delle civiltà precolombiane: nei documenti e nei calendari mesoamericani, si rileva infatti sia la presenza di calcoli relativi a grandi cicli temporali, sia il riferimento a quattro Ere del Mondo

Secondo i Maya, infatti, gli Dei, dopo aver distrutto tre Mondi con un diluvio, col fango e col fuoco, hanno creato il Mondo attuale, sorretto da quattro divinità (i Bacab) che ne rappresentano i punti cardinali. Gli Aztechi, collegandosi alla tradizio.ne Maya, parlano parimenti di quattro Soli, che si sono succeduti a partire dalla creazione del genere umano, e ognuno dei quali è collegato ad una delle quattro direzioni dello spazio, ma aggiungono ancora un quinto Sole, quello attuale, che viene posto al centro di questo schema e rappresenta il compimento dell’intero Ciclo.

  • Primo Sole (MatlactliActl: Dieci Acqua), 4008 anni: la terra era abitala dai Giganti e questa prima umanità venne distrutta da un Diluvio, dal quale scampò solo una coppia (o sette) trovando rifugio su un albero o in una grotta. Sulla Pietra del Sole questa epoca è rappresentata dal Dio Giaguaro (Ocelot”Fonatiuh) ed è detto che i Giganti furono divorati dai giaguari.
  • di Vento (Quetzalcoatl) distrusse questo Sole, gli uomini furono trasformati in scimmie, ad eccezione di una coppia, che si salvò salendo su una roccia.
  • Terzo Sole (Tleyquiyahuillo), 4010 anni, distrutto da una pioggia di Fuoco e dalla lava; per sopravvivere, gli uomini furono trasformati in uccelli.
  • Quarto Sole (Tzontlilinc), durato 4081 anni, fu distrutto da piogge torrenziali e inondazioni, simboleggiate dalla Dea Chalchiuhtlicue (l’Acqua della Luna infausta) : il diluvio durò 52 anni, le montagne scomparvero sotto l’acqua e gli uomini furono trasformati in pesci
  • Quinto Sole: è simboleggiato dal volto di Tonatiuh, il Dio Sole, posto all’interno del segno Ollin, che indica il Movimento, perché sarà il movimento della Terra che farà perire l’attuale umanità.

Ricordiamo che le culture mesoamericane consideravano particolarmente pericolosi i punti conclusivi dei cicli temporali, in coincidenza dei quali avrebbero potuto verificarsi le più tremende catastrofi. I Maya possedevano un sistema calendariale molto complesso ed estremamente preciso, ereditato dagli Olmechi, nel quale il calcolo dei tempi era effettuato in rapporto a diversi cicli, ognuno dei quali aveva una propria “Ruota” calendariale:

  • Anno solare civile (Haab maya, Xihuit azteco) composto da 18 mesi di 20 giorni (divisi in 4 periodi di 5 giorni) per un totale di 360 giorni. L’Anno solare reale era calcolato con grande esattezza in 365, 2420 giorni, e tale risultato era ottenuto aggiungendo 5 giorni (detti Nemontemi) ad ogni anno, più uno ogni 4 anni, e sottraendo un giorno ogni 130 anni. Ogni anno portava il nome del suo giorno iniziale che poteva variare fra quattro diversi segni.
  • Calendario rituale (Tzolkin maya, Tonalpoualli azteco) : è ritenuto il più antico ed era considerato sacro e magico in quanto dai suoi giorni fasti o nefasti dipendevano i destini umani; si sviluppa in periodi di 260 giorni, ottenuti combinando i segni dei 20 giorni con quelli dei primi 13 numeri, formando delle serie di 13 giorni fino al ripetersi della stessa combinazione iniziale segno-numero (1-Cipactli)  .
  • Rivoluzione sinodica di Venere, calcolata con grande precisione in 584 giorni (dai calcoli moderni risulta di 583, 920 giorni).

I Maya possedevano inoltre un sistema particolare, detto Computo lungo (Quenta larga) per il calcolo dei cicli temporali di maggiore durata; questo sistema, che viene fatto iniziare dal 3113 a. C. ed al quale si riferiscono numerosi steli scolpite, è fondato sul numero Venti e presenta le seguenti unità temporali:

  • Kin, il giorno;
  • Uinal, il mese formato da venti giorni;
  • Tun, l’anno, formato da 400 giorni (20 mesi), che si sovrappone al ciclo annuale di 360 giorni, formato da 18 mesi) ;
  • Katùn: la misura-base del Computo Lungo (significa letteralmente

“Due Anni”) formata da 20 Anni-Tun, e corrispondente a un ciclo di 7.200 0 8.000 giorni;

  • Baktùn: formato da 20 Katùn (144.000 0 160.000 giorni),
  • Piktùn: formato da 20 Baktùn (3.200.000 giorni), e così via, fino all’Alautùn di 36 miliardi di giorni. steva da 12.000 anni.

da 13 mesi di 28 giorni, per un totale di 364 giorni, pari a 52 settimane (cfr. Morretta, op.cit. p.272).

La determinazione dei periodi ciclici derivava dalla combinazione dei computi delle diverse ruote calendariali: il Ciclo-base, detto Xihuitl o Xiuhmolpilli (it “Secolo” azteco), durava 52 anni (divisi in quattro periodi di 13 anni), al termine dei quali il ciclo sacro di 260 giorni coincideva con quello solare di 365 (18.980 giorni, pari a 260×73 0 365×52). Al termine di ogni ciclo di 52 anni, il Mondo andava rinnovato, e a tal fine si svolgeva, sulla montagna Uixachtecatl, una cerimonia detta la “Legatura degli anni”, nel corso della quale veniva acceso il “Nuovo Fuoco”, ed ogni famiglia poteva riaccendere il suo fuoco, dopo che il ricorrente pericolo della scomparsa del Mondo era stato scongiurato per altri 52 anni 26 Due Xihutl componevano inoltre un Ciclo di 104 anni, che terminava con la coincidenza dei due calendari di 260 e 365 giorni con quello di Venere di 584 giorni (i 37-960 giorni del Ciclo sono infatti pari a 260×156, 365×104, 584×65).

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MASSONERIA E SUFISMO OGGI: TRADIZIONI A CONFRONTO

MASSONERIA E SUFISMO OGGI:

TRADIZIONI A CONFRONTO

 Franco Rasi

E’ in corso nella Comunione Massonica italiana un dibattito, che si sta facendo vivace, sui rapporti fra Massoneria e Società. L’argomento, tema di punta della nuova Giunta, uscita dalle elezioni del marzo del ’99, è stato illustrato con dovizia dal Gran Maestro Raffi con interviste a quotidiani e periodici nazionali e ribadito ai fratelli della Comunione con l’ampio risalto dato alle allocuzioni ed agli interventi nei Convegni, nelle visite ai Collegi o alle singole Logge.

Questa singolare volontà “aperturista” merita di essere attentamente analizzata, considerato che nel Grande Oriente d’Italia convivono due anime ben distinte. Esse altro non sono che lo specchio nazionale dell’attuale situazione massonica europea. Un’anima, legata alla tradizione massonica francese, figlia delle idee rivoluzionarie del 1789, è più attenta all’evoluzione della società e più sensibile ad una presenza “esterna” della massoneria. L’altra, più vicina alla concezione massonica anglosassone, identifica nella pratica della ritualità tradizionale, rispettata in ogni sua forma con puntigliosa continuità, lo scopo finale della Libera Muratoria, nell’assunto che il Massone, così preparato in Loggia, porterà nel mondo degli uomini che lavorano, che producono, che soffrono e che combattono contro le difficoltà della vita i valori universali della Massoneria.

Queste due posizioni così diverse devono necessariamente confrontarsi con una realtà in rapida evoluzione e che impone un adeguamento dei principi andersoniani all’oggi. Entrambe, non solo in Italia, ma in tutta Europa, cercano di dare risposte alla domanda che tanti massoni, e non solo massoni, si pongono: “dove va la Massoneria?

La soluzione alla domanda posta non è vicina. Ed è auspicabile un dibattito il più coinvolgente possibile, con convegni, momenti di studio e confronto, non solo nella Comunione italiana, ma anche in tutte le Comunioni europee.

Per portare un contributo all’attuale dibattito, proviamo a fare un confronto con una tradizione culturale diversa dalla nostra. Potremmo ricavarne utili insegnamenti. Nel mondo islamico, pur con la prudenza necessaria quando si affronta questo argomento, esiste qualcosa che possiamo generalmente assimilare alla tradizione esoterica occidentale Sono le scuole sufiche che – come scrive Sevvd Hossein Nasr – “essendo corporazioni ben organizzate entro la più ampia mastrice della società islamica, esercitarono influsso durevole e profondo su tutta la struttura sociale, anche se la loro funzione di base era quella di custodire attraverso i tempi i valori dello spirito Massoneria e Sufismo hanno molti punti di contatto. Le iniziazioni sufiche per esempio prevedono che l’iniziando venga introdotto in una stanzetta tanto piccola da non poter neppure sdraiarsi, per meglio favorirne la meditazione. Successivamente viene condotto in loggia, ove il maestro gli comunica le parole segrete. La formula del giuramento prevede la congiunzione della mano del maestro sufi con la mano dell’iniziando, la gamba destra contro la gamba destra, il ginocchio contro il ginocchio. che nell’iniziazione sufica è previsto il rito della bevanda dolce che poi diventa salata, a monito della fedeltà. All’iniziato viene donata una fascia o un grembiale, oltra al mantello di lana grezza bianca, e gli viene ingiunto di conservare il segreto sui lavori di loggia. Altre analogie sono riscontrabili nel concetto esaltatore della Luce, evidenziato nel rituale massonico dalla catartica affermazione del Maestro Venerabile ‘ …e la Luce sia…”. Tavole sono quelle lette dai fratelli in loggia e tavole si chiamano gli scritti dei Sufi. Le analogie continuano, la (love il pavimento a scacchi bianchi e neri si confonde nelle logge sufiche con “drappi bianchi e neri che simbolizzano la Luce e l’Ombra, la Sapienza e l’Ignoranza”. Comune ad entrambe le comunioni la presenza della corda intrecciata con i nodi d’amore. Come fondamentale per entrambe è il concetto della morte nella rinascita dello spirito. Questi sono solamente alcuni e i più evidenti punti di collegamento fra Massoneria e Sufismo. L’interpretazione sufico-esoterica dell’Islam è stata compiutamente analizzata, per la prima volta con taglio moderno, dallo storico francese Renè Guénon nel suo libro Apercus sur l’lnitiation.

Egli suggerisce che l’esperienza secolare sufica, con l’amore per la ricerca diretta al perfezionamento dell’uomo, indica la via maestra per un ordine iniziatico qual è la Massoneria. Essa è la fedeltà alla Tradizione. Attraverso questa scelta, ai Sufi è stato possibile custodire nel tempo i valori dello spirito, trasmettendoli da una generazione all’altra. Questo metodo, fondamentale nel sufismo, sembra invitare il massone d’oggi, confuso e frastornato, a ritornare a studiare le Antiche Costituzioni (Old Charges, meglio conosciute collie Antichi Doveri), tutte – giova rimarcarlo – di matrice inglese. Esse, legate ad un periodo di circa quattro secoli di storia europea, hanno inizio col famoso Poema Regius. Attraverso i Manoscritti Cooke, Beswicke-Royds, Roberts giungono via via ai rifacimenti costituzionali Andersoniani della prima metà del Settecento. Lo studio della tradizione, dei testi sacri, delle regole tramandate nei secoli, consentono al massone quella libertà di visione atta ad aiutarlo nei momenti di svolta come quelli che oggi la massoneria sta attraversando. Il metodo sufico insegna inoltre la tolleranza e I ‘approfondimento conoscitivo di tutto ciò che è diverso come punto di partenza per una reciproca comprensione. Ammonisce che tutto riconduce al dominio dell’Essere Supremo e suggerisce alla Massoneria la via della continuità, quando si occupa soprattutto della costruzione dell’Uomo Vero. Solo lavorando con gli attrezzi dell’Arte Reale all’interno del Tempio si realizza compiutamente la missione della Libera Muratoria. Così preparato e formato, il massone, uti singuli, contribuirà alla costruzione del Tempio Universale.

E’ questa la soluzione alle tante problematiche che la Massoneria, europea e non, oggi deve affrontare? Od è più vantaggioso che la Massoneria si apra alla Società, usando gli strumenti propri del mondo della comunicazione, giudicati da molti massoni strumenti profani? Massoneria protesa all’interno della Loggia a formare l’Uomo, così come le altre scuole iniziatiche sembrano insegnarci o Massoneria allo scoperto per incidere sulla società, quasi partito o movimento d’opinione? O una terza Sia che medi fra le due posizioni’? Magari proposta dalla Comunione Massonica Italiana?

Domande che intrigano, ma che appaiono in tutta la loro drammatica attualità. per un Massone, uomo libero

cd individualista.

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INCONSCE NOSTALGIE

INCONSCE NOSTALGIE

Dl SANTA INQUISIZIONE

di

Pico del Contado

Da più parti, e spesso in termini apocalittici, viene invocata l’emanazione di uno specifico codice di comportamento, che stabilisca i limiti del lecito, nel campo della ricerca e della pratica biologica.

te motivata da antichi pregiudizi, da ancestrali paure e dalla presunzione che non esistano barriere naturali all’applicazione perversa e scriteriata della riproduzione per clonazione, dell’ingegneria genetica e della fecondazione in vitro.

La Libera Muratoria, corale espressione dello spirito laico e libertario che definisce ogni libero muratore, ha il dovere di giudicare tale richiesta alla luce dei principi che la ispirano e dei valori che si è deputata di trasmettere.

Né può esimersi dall’agire efficacemente, affinché il suo giudizio sia fatto proprio dalla pubblica opinione.

La naturale propensione al totalitarismo di chi detiene il Potere, e il conformismo delle masse popolari, mai iniziate ai valori della libertà, impone che la Libera Muratoria si mobiliti per difendere l’uomo da un ritorno alta condizione dei secoli bui.

Dato per pacificamente acquisito, che i codici sono sistemi etici costruiti su assiomi non necessariamente intuitivi, purché compatibili fra loro, non dovrebbero esserci difficoltà a convenire che vanno considerati da cultura avanzata tutti i codici i cui postulati siano compatibili con la massima libertà  intesa sia come massimo numero di possibilità assolute, connotanti le potestà, che come massima possibilità delle possibilità relative, connotanti le libertà.

Ne consegue che nessun codice può essere considerato civile, se annovera fra i suoi assiomi di partenza una qualsiasi violazione delle due potestà che connotano la dignità della persona umana: quella di disporre del proprio corpo e della propria anima, e quella di perseguire la conoscenza a mezzo della propria razionalità. E, poiché anche il più liberale dei codici bioetici violerebbe entrambe queste due potestà, la Libera Muratoria non può che combatterne l’Istituzione.

A valle di queste considerazioni, è il nostro schierarsi all’unisono, da sempre, veementemente e senza condizioni, dalla parte di Bruno e di Galilei, che ebbero la gloria del rogo e l’onta dell’abiura per aver avuto sia l’ardire di rivendicare la libertà di pensiero, che di svelare la supremazia

della ragione su dogmi e pregiudizi.

La libertà di pensiero, che non sempre è citata a proposito, significa che le verità non devono essere imposte con altra forza che non sia quella della ragione, o, il che è lo stesso, che ogni e ciascun uomo ha il diritto di esplicitare e propagandare le proprie verità.

Ne discende che ai portatori di false verità vanno riconosciute le stesse libertà di cui godono i portatori di verità inoppugnabili, ma non potrà mai discernerne che le false verità non possano e non debbano essere combattute.

Ogni verità è la proposizione di un pensiero, che partendo da determinati postulati, porta a determinate conclusioni. E’ perciò ineluttabile che, se si deduce correttamente, simili o differenti postulati di partenza portino a simili o differenti conclusioni.

La libera Muratoria, pertanto, non è una Torre di Babele in cui albergano diverse verità, ma il luogo in cui, per la comunanza dei postulati di partenza, il pensiero di ogni e ciascun libero muratore approda necessariamente alle stesse, i anche se non identiche, conclusioni.

Ciò non significa che esiste un pensiero massonico, che non esiste, ma che esiste un linguaggio massonico, che determina, condiziona e omologa il pensiero dei liberi muratori, i quali però non possono pensare identicamente, perché le loro diversità genetiche e culturali lo impediscono. Ma, se rendono impossibile che sia identico, queste diversità non possono impedire al pensiero di ogni libero muratore di approdare a conclusioni di uguale segno, senso e direzione.

Per ciò che diciamo di essere e di volere, non possiamo neanche segretamente pensare di entrare nel merito di un codice bioetico.

Su questo non ci piove, non perché lo proclami un qualche magistero, o lo sancisca una qualche legge muratoria, ma perché l’essere liberi muratori comporta il non riuscire a far partire i propri discorsi da postulati che non siano adamantinamente laici e libertari. Pertanto, nessuno di noi

può avere ombra di dubbio che la nostra posizione, nei confronti dell’emanazione di un codice bioetico, sia esattamente inquadrata ed esaustivamente significata dal nostro antico gridare chiaro e forte, che non consideriamo lecita nessuna norma che possa anche soltanto scalfire potestà umane fondamentali, quali sono quelle che un tal codice inevitabilmente violerebbe.

Perciò, per decidere il nostro atteggiamento, non ci occorrono convegni e conferenze, tavole rotonde e pareri più o meno paludati.

Il nostro atteggiamento lo abbiamo deciso, al di là della prudenza e della convenienza, quando abbiamo sposato i postulati del linguaggio muratorio, che, ponendoci fuori dal gregge, ci espongono alla rappresaglia di pastori e pastorelli.

Di convegni, di conferenze e di ogni altro mezzo di comunicazione abbiamo invece bisogno, per denunciare e sventare il pericolo rappresentato da forse inconsce, ma evidenti, nostalgia di santa Inquisizione.

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SPIGOLATURE SU MOZART

XIR19189 Pierre Joseph Proudhon (1809-65) and his children in 1853, 1865 (oil on canvas) (see 99577 for detail) by Courbet, Gustave (1819-77); 147×198 cm; Musee de la Ville de Paris, Musee du Petit-Palais, France; French, out of copyright

SPIGOLATURE SU MOZART

di

Franco Di Bartolomeo

PREMESSA

Un atto di umiltà mi suggerisce di rivolgermi ai Fratelli con queste considerazioni che sottoporrei in forma “concertante”, ossia con l’invito al dialogo della domanda e della risposta, non necessariamente subitanea ma, anzi, a u s p i c a b i l m e n t e interiorizzata, al fine di far fluire al cuore rinnovati impulsi destinati all ‘arricchimento del nostro patrimonio spirituale.

L’interrogativo si pone a seguito della ponderatezza con la quale mi sono soffermato sul significato della “Iniziazione”. Non già per il cerimoniale che non sottovaluto affatto per l’importanza che il primo atto di adesione alla “intrada” in un cammino aspro e difficile – per quanto gratificante, se non addirittura esaltante – comporta per chi lo sceglie in assoluta libertà, bensì per il valore comparato tra l’inizio di un percorso di un singolo in un gruppo verso mete di verità e di luce, da un lato, e quello di una presenza delle più singolari forme di vita che costituiscono il corpus universale nel quale ci confrontiamo concretamente, giorno dopo giorno, dall’altro.

La comparazione non vuole avere una valenza di spazio/ tempo: non tedierò alcuno del non quantizzabile abisso tra i quindici miliardi di anni dal Big Bang, convenzionato inizio della formazione dell’universo, ed una purchessia genesi di un clan primordiale, di una tribù o di un’altra comunità.

E invece mio intendimento stabilire – con il Vostro contributo – un punto fermo del pensiero umano, pur nel fluire dinamico del nostro tempo.

Ho accennato al Big Bang di quindici miliardi di anni orsono. La nostra scienza ha appena rivelato conoscenze prima inimmaginabili sulla formazione dell’universo, delle galassie, del sistema solare. L’approccio olistico alla Conoscenza fa però sì che alle tecniche sempre più sofisticate ed avanzate siano parimenti necessarie le speculazioni filosofiche, per le quali non è essenziale. a mio giudizio, sapere di Aristotele, di Kant e di Hegel, quanto avvertire nel cuore e nella mente lo spirito analitico che indaghi la realtà che ci circonda, affinché alla nostra convinzione di “Sapienza” si possono aggiungere quelle di “Libertà, Eguaglianza, Fratellanza .

Mi chiedo e Vi chiedo quale non misurabile, se non in astratto, cammino abbia percorso il genere umano, prima che si arrivasse a questo nostro presente dinamico, esaltante e sofferto.

Sicuramente filosofia e scienza hanno            magna pars, ma talune verità, come noi sappiamo, si raggiungono per intuizione. L’arte ne è testimonianza. Tra le varie forme di espressione artistica ho scelto la musica, soffermandomi in particolare su quella di Wolfgang Amadeus Mozart.

La musica-rito massonica di questo nostro insigne Fratello non ha bisogno di ulteriori escursioni nei diversi livelli, formale, armonico, ritmico e tonale: le lascio volentieri ai critici musicali, agli addetti ai lavori. Ciò che invece mi preme suggerire ai Fratelli è la rilettura dei testi della Cantate Massoniche di Mozart. ln esse i Fratelli troveranno un ulteriore stimolo per comprendere il messaggio di questo nostro Fratello anche nel suo convincimento ideale, oltre in quello, universalmente riconosciuto, del conseguimento del più alto livello artistico, e non solo musicale.

WOLFGANG AMADEUS MOZART:

ISPIRATO ED ISPIRATORE

DELL’IDEALE MASSONICO

L’arco della vita di Mozart può essere immaginato, e non in un senso strumentalmente riduttivo, tra il Lied K 53/A7e, An die Freude, composto durante l’inverno del 1767, e la Cantata Massonica in do maggiore K 623 Laut verkünde unsere Freude, composta nella Illetà del mese di novembre del 1791, venti giorni prima della scomparsa fisica del Nostro.

ln questo segmento di vita, peraltro così ricco per tutti quei lavori portati a termine dal genio di Salisburgo e che costituiscono il patrimonio sempre più approfondito ed amato da oltre due secoli e mezzo circa dalla sua nascita, sono concentrate le composizioni che il Fr. Mozart dedicò alla Libera Muratoria militante, dopo averla condivisa con piena scelta autonoma ragionata, senza secondi fini e per l’entusiasmo che la nascente Massoneria ispirava nell’animo dell’uomo della musica, allineato con gli ideali illuminati dalla luce, scaturita dall’ordine cosmico e dall’armonia.

Ordine cosmico ed armonia, basi stesse del pensiero massonico espresso musicalmente e qui lo intendo da un punto di vista umano, quale integrazione politica del compiuto uomo Wolfgang Amadeus Mozart, che spontaneamente definisco con il termine latino vir per tradurre l’uomo compiuto, che ha saputo avvolgere il mondo intero col suo manto pentagrammato affinché l’umanità, almeno quella dotata di sensibilità interiore, possa trovare nuovi e variegati stimoli al conseguimento delle qualità esistenziali.

A mò d’esempio, Vi suggerisco l’ascolto del brano An die Freude.

Non ho indugiato a frapporre uno stacco netto all’esposizione del mio pensiero, perché volevo entrare immediatamente nella centralità dell’argomento che mi sta a cuore: la prima parola del testo poetico di Johann Peter Uz è Gioia. Questa parola, con la riflessione sull’intimo significato che la gioia mozartiana conferirà, poi, a quasi tutte le composizioni rituali, è la gioia per il ritrovato valore della vita umana inserita – con la mediazione dell’essenza della Libera Muratoria – nel più vasto ed articolato contesto della Saggezza, della Fratellanza e della Virtù. Nel cuore del poco meno dodicenne fanciullo, il Lied appena ascoltato prelude allo svolgersi dei contenuti delle composizioni che dettaglio come segue: Laut verkünde unsere Freude K 623 (Gioia, Fraternità Saggezza); O heiliges Band K 148 (Fratellanza, Virtù, Gioia) ; Dir, Seele des Weltalls K 429 (Gioia) • ZerflieBet heut’geliebte Brüder K 483 (Fratellanza, Gaudio); Sehen, Wie dem starren Forscherauge K 471 (Gioia, Saggezza, Fratellanza); Die ihr des unermeBlichen Weltalls Schôpfer ehrt K 619 (Fratellanza, Saggezza, Gioia). Le propongo alla Vostra attenzione.

Evidenzio pure le sottoelencate composizioni che non contengono il termine gioia: Die ihr einem neuen Grade K 468 (Saggezza Fratellanza) ; Ihr, unsere neuen Leiter K 484 (Saggezza Virtù) ; ove Fratellanza, Virtù e Saggezza chiudono il cerchio nel

quale si salda in un unicum la linea del pensiero mozartiano. Ascoltiamole.

Wolfgang fu anche del suo tempo. Con tutte le vicende contraddittorie alle quali la vita pratica fatalmente sottopone a tutti coloro che la devono affrontare e, comunque, risolvere: denaro, rapporti con la società, umori amorosi. Solo questi tre aspetti costituiscono un bel mazzetto di problemi a cui non aggiungo quelli dei rapporti con la famiglia e della salute, in perenne precarietà, per non infierire né sulla figura che amo né sull’auditorio che mi ascolta con benevolenza.

Eppure è qui la grandezza del Nostro – non solo musicale, già in archivio sull’altare della somma arte di Euterpe – ma, soprattutto, quella del Fratello che, in simbiotica creatività coi poeti autori dei testi musicati, ha sottolineato la presenza della Natura (le arie per tenore nel K 429 e K 471), l’etica massonica (K 623), l’avveniristica internazionalità delle genti (K 148, III capoverso), interiorizzando e rendendo palesi, nella sublimazione artistica, i concetti basilari della Libera Muratoria.

Ciò che ritengo fondamentale per comprendere in toto l’importanza di Mozart è il fatto che il genio-uomo ha penetrato il nucleo spirituale dell’assunto massonico. Non è rimasto ai bordi della periferia di questo o di quell’altro aspetto delle enunciazioni, ma ha saputo fonderle nel cuore e nella mente, prima ancora che nel pentagramma, e alfine consegnare una indicazione, un percorso a chi lo avrebbe seguito. Qualche accenno: egli stesso, col Flauto Magico, preceduto dal Thamos Re d’Egitto e da Zaide; La Creazione e le Stagioni di Franz Joseph Haydn; Armonia per un tempio della notte di Antonio Salieri; la consacrazione della casa di Ludwig van Beethoven, anche se attribuita alla inaugurazione di un teatro viennese; il Requiem in do minore e quello in re minore di Luigi Cherubini, che si risolvono entrambi nella Luce; Sibelius.

So di essere stato ingeneroso per aver trascurato Christian Bach, Hector Berlioz, Arrigo Boito, Franz Listz, Nicolò Paganini, Franz Schubert ed altri valentissimi Fratelli in armoniosa consonanza musicale ed ideale con Mozart. Chiedo loro scusa.

Vado, ora, con l’emozione che non mi abbandona mai e che si rinnova puntualmente là dove e quando Wolfgang mi è vicino o, meglio, quando io sono vicino a lui, alla conclusione che vorrei fosse assolutoria di tante carenze, proponendo al Vostro ascolto l’Inno nazionale della Repubblica austriaca che Mozart compose nel 1791 (K 623a) in previsione del riconoscimento postumo da parte dei suoi connazionali, ormai repubblicani, avvenuto nel 1946.

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NUOVI MUTAMENTI

NUOVI MUTAMENTI

di

Alfredo Di Prinìo

alle spalle, finalmente. i travagli e le sofferte tensioni addebitabili all’era dei Pesci.

l.’uomo, non è riuscito, ad oggi, a darsi una risposta eloquente in merito alle tre domande di base: “Ci siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Forse, è proprio la volontà degli stessi “creatori” ad impedire all’uomo di pervenire a questo stadio di co nocenza: ciò gli consentirebbe la conquista di quel livello di potere che essi stessi.

L’uomo attraverso errori innumerevoli, si è visto costretto a vivere, pagando di persona, tutte le fasi della sua crescita interiore, cercando, tra l’altro, di attenersi a quelle regole del vivere la sua realtà individuale in un contesto sociale in continua evoluzione.

Così, attraverso un cammino ricco di ostacoli, di secolo in secolo, è pervenuto al terzo grado della propria scala evolutiva: la Maestria! Ciò, non significa che sia già un maestro, 111a virtualmente questo grado è il giusto premio dei tanti sacrifici vissuti.

In aiuto. però. interviene il segno zodiacale dell’Acquario. con le sue emanazioni, e con le effu sioni alchemiche trasnu.lt-atorie.

 Il “caos”. e con esso i rumori che si accompagnano ai problemi che attingono l’immunità, presto scompariranno come nebbia al sole.

L’uomo, tino ad ora, mancandogli le opportune informazioni, ha dovuto formulare atti di fede per colmare le lacune della sua memoria genetica. Oggi, però, qualcosa si è risvegliato in lui. Non si accontenta più di accomodanti spiegazioni dogmatiche, anzi, si trasforma in un indagatore alla ricerca di appaganti risposte. Si rende conto, ad un • certo punto, di aver recuperato la vista e di poter camminare da solo, senza grucce, e da uomo libero. Volgendo lo sguardo al suo passato, s’accorge degli innumerevoli inganni, delle tante bugie, degli errori commessi per ascoltare chi, alimentando un assurdo sogno di salvezza – un miraggio irreale che non ha Inai salvato nessuno – aveva come scopo l’affermazione del proprio potere terreno.

Per fortuna sta nascendo un uomo nuovo, che parla d’Amore, di Giustizia, di Pace, non solo, ma anche di ecologia. di benessere sociale e che non vuole sentire parlare di guerre, di violenza, di morte, di malattie e di tutte le negatività che sono l’alimento principale dei mass-media. Quest’uomo nuovo, conscio di essere di passaggio su questo pianeta, avverte la nostalgia della Luce e dell’Armonia del suo luogo d’origine e incomincia a rendersi conto che la sua vera missione, all ‘insegna della Pace e dell’Amore, è di abbellire e migliorare il mondo di quaggiù, per renderlo simile a quello di lassù (Tavola di Shneraldo di Errnete Trismegisto).

Tre energie si attiveranno su questo pianeta, lo inonderanno di Luce, e sarà la fine definitiva del “buio”. Queste eneroie corrispondono a tre colori: blu-violelto, giallo e rosso.

Il primo, attivando i centri della testa, corrisponde come Ente Spirituale a Metraton e al fuoco di Philo, il Padre.

Il secondo colore, il rosso. attiverà le forze sessuali e corrisponde conie Ente Spirituale a Michael e alle forze dell’Eros, essendo il Figlio, la manifestazione.

Il terzo colore, il giallo, attiverà il plesso solare e corrisponde a Melchisedeq. Questo Ente, riunisce in sé le altre due manifestazioni formando una triade di forze dorate chiamata Agape o Spirito Santo.

Il giorno iniziale di questo evento unico ed assoluto, fissato sin dall’inizio dei tempi, è il 9-9.1999: data del Jubileum di Luce e Amore per tutta l’umanità.

Sul nostro pianeta esistono tre “centri di potere spirituale” che corrispondono a luoghi reali e concreti che si trovano nel nuovo mondo, nel cono sud dell’America Latina, precisamente nel bel mezzo delle pre-Ande, e le loro emanazioni di Luce corrispondono ai tre Enti già menzionati.

I loro noi sono: Erks, nella provincia di Cordoba (nel centro dell’Argentina), L’Aurora nella provincia di Salto in Uruguay e Miz-tli-tlan, in un luogo segreto del Perù, al limite della giungla. Questi tre luoghi, unitamente ad altri minori, si attiveranno come fari di Luce. Tutti i cuori s’infiammeranno, e per le coscienze, ormai risvegliate, inizierà il viaggio verso la Terra Promessa.

Questi luoghi, sostituiranno a quelli d’Oricnte, momentaneamente assopiti, dopo l’invasione cinese del Tibet.


Tra le catene montuose di questi “centri di potere spirituale”, paragonabili ai chacras del corpo umano, sono popolose città i cui abitanti lavorano da tempo per aiutarci a superare questo difficile passaggio esistenziale. Sebbene possa sembrare assurdo, questi esseri, maschili e femminili, sotto la guida di Melchisedeq, lavorano incessantemente alla realizzazione del Nuovo Mondo affinché la Luce Dorata dell’Energia Iniziatrice libererà l’uomo per inserirlo nuovamente dei cicli della Natura per poi proiettarlo verso la Grande Unità.

Sacerdoti e Sacerdotesse della novella Luce. saranno i demiurghi dell’Età dell’Oro di una nuova Terra. E nuovo sarà il cielo del Nuovo Mondo del rrerzo Millennio.

Coloro che hanno avvertito geneticamente questo richiamo, e sono tanti, fanno parte di questo progetto e si sono da tempo attivati.

Il Padre Melchisedeq, guiderà con amore i missionari di questa Era di Pace e di Giustizia e finalmente la terra si collocherà nell’Universo, insieme alle gerarchie galattiche, e l’Armonia regnerà

sovrana.

Questo scritto, che per taluni potrà sembrare assurdo, se non utopico, è l’anticipazione di quel che in un prossimo immediato futuro sarà realtà. Del resto, la storia degli uomini e ricca di profezie ignorate dalla maggior parte di essi.

Coloro che faranno parte di questa Aurora di Gioventù, saranno i benvenuti!

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IL XVIII SECOLO E LE PRIME LOGGE

IL  XVIII SECOLO E LE PRIME LOGGE

Sigillo della Loggia Perfetta Unione, fondata a Napoli nel 1728

Francesco d’Aquino

Tommaso Crudeli

Raimondo di Sangro

Mario Pagano

Johann Josef von Wilczek

La prima loggia massonica, nota col nome di Fidelitas, si ritiene possa essere stata fondata sul territorio italico a Girifalco, in Calabria, nel 1723.[3][4][5][6][7].

Nel 1728 fu fondata, a Napoli, la Perfetta Unione, prima loggia regolare in Italia ad avere autorizzazione della Gran Loggia d’Inghilterra[8][9][10]. Dopo l’editto di Ferdinando IV di Borbone del 12 settembre 1775, che metteva fuori legge le logge massoniche, Francesco d’Aquino, principe di Caramanico, fu Maestro Venerabile della “Well Chosen Lodge”, n. 444 della Gran Loggia d’Inghilterra[11]. A Firenze la prima loggia fu fondata nel 1731. Intorno al nucleo iniziale, costituito da inglesi, si aggiunsero gradualmente numerosi nobili e intellettuali fiorentini. Su questa loggia si esercitarono gli effetti persecutori della bolla pontificia In eminenti, pubblicata il 28 aprile 1738, che inaugurava una lunga serie di scomuniche e di condanne. Della Loggia fiorentina, detta degli “Inglesi”, fecero parte gli italiani Antonio Cocchi e Tommaso Crudeli; quest’ultimo fu per questo incarcerato, torturato dal Sant’Uffizio di Firenze, morì per i postumi del carcere a Poppi nel 1745. È considerato il primo martire della massoneria universale.[12]

Sempre nel granducato di Toscana, a Livorno, nacquero addirittura quattro logge: due negli anni 1763 e 1765 (ottennero una patente di fondazione dalla Gran Loggia d’Inghilterra degli Antients) e altre due nel 1771 (con patente rilasciata dalla Gran Loggia d’Inghilterra dei Moderns). Il fenomeno massonico arrivò poi a Roma, con alterne vicende: nel 1735 alcuni gentiluomini inglesi diedero vita a una loggia giacobita, rimasta attiva fino al 1737, quando si dovette sciogliere per ordine del governo pontificio. Ma, rispettivamente nel 1776 e nel 1787, vi vennero fondate due logge, entrambe di rito scozzese. Il 27 maggio 1789 il conte di Cagliostro tentò di organizzare una loggia basata sul proprio “sistema egiziano”, ma venne arrestato e processato dal Sant’Uffizio che, nell’aprile 1791, lo condannò a morte come “eretico formale, mago e libero muratore”, pena commutata poi nel carcere perpetuo.

Nel 1749 a Chambéry (Savoia, parte integrante del Regno di Sardegna) fu fondata la loggia “Saint Jean des Trois Mortiers”, sulla base di una patente di gran maestro provinciale per la Savoia e il Piemonte rilasciata dalla Gran Loggia di Londra nel 1739 al marchese Joseph François Noyel de Bellegarde; nel 1752, la stessa loggia assunse il nome di Gran Loggia Madre, con facoltà di creare altre logge in tutti i territori del regno di Sardegna e, di fatto, nel 1765 -anno in cui era in corrispondenza con la loggia di “Saint Jean d’Ecosse du Secret et de l’Harmonie” di Malta e con quella di “San Giovanni di Scozia” di Palermo[13]- ne vennero create tre, tra cui “La Mystérieuse” a Torino. Quest’ultima assunse una tale importanza da far ottenere nel 1773 il conferimento al conte di Bernezzo del titolo di gran maestro provinciale per il Piemonte, con la conseguente completa autonomia dalla Gran Loggia Madre di Chambéry. In Piemonte una loggia era presente anche a Novi Ligure. Nel 1746 fu fondata una loggia a Venezia, alla quale sono da ricollegare le figure di Giacomo Casanova, di Carlo Goldoni e di Francesco Griselini, che rimase in attività fino al 1755, quando l’intervento degli Inquisitori di Stato portò all’arresto del Casanova e ne determinò la chiusura. Ma una nuova loggia sorse nel 1772, con patente della Gran Loggia d’Inghilterra, per iniziativa del segretario del Senato, Pietro Gratarol, e rimase attiva fino al 1777, mentre nasceva un’altra loggia a Venezia, una a Vicenza e un’altra a Padova.

Dalla “Perfetta Unione” a Napoli,[14] nel 1747 Raimondo di Sangro, Principe di San Severo, diede vita a un cerchio interno ove si generò il Rito Egizio Tradizionale, la più antica comunione massonica italiana ancora operante.[8] A seguire nel 1749 fu fondata su iniziativa di un mercante di seta francese, un’altra loggia di più modesta fisionomia sociale. Dopo la pubblicazione, avvenuta il 28 maggio 1751, della Bolla Providas Romanorum Pontificum emanata da papa Benedetto XIV per ribadire la condanna pontificia del 1738, Carlo VII di Borbone (che divenne poi il re Carlo III di Spagna) promulgò un editto (10 luglio 1751) che proibiva la Libera Muratorìa nel Regno di Napoli, tuttavia il provvedimento non stroncò la Massoneria: una risorta loggia locale ottenne una patente dalla Gran Loggia Nazionale di Olanda (10 marzo 1764) che la promuoveva al rango di Gran Loggia Provinciale per il Regno di Napoli, mentre una seconda loggia, con patente della Gran Loggia d’Inghilterra (Moderns), il 7 marzo 1769 fu parimenti investita del rango di Gran Loggia Provinciale. Raimondo di Sangro, VII principe di Sansevero (1710-1771) divenne massone nel 1744 e gran maestro di tutte le logge napoletane fino al 1751[15]. Sul finire del Settecento sorse a Napoli “La Philantropia”, loggia di rito inglese in cui militarono alcune personalità dell’Illuminismo meridionale come Mario Pagano (che verrà eletto maestro venerabile), Pasquale Baffi, Gaetano Filangieri, Giuseppe Albanese, Donato Tommasi e Domenico Cirillo[16]. Baffi, Pagano, Albanese e Cirillo furono esponenti della Repubblica Partenopea e vennero condannati a morte dopo la restaurazione borbonica.

In Liguria tra il 1745 e il 1749 risultano una loggia a Bordighera e almeno due a Genova, da collegare alla presenza delle truppe francesi in difesa della Repubblica. Verso la fine del secolo nacquero altre due logge nel capoluogo, una (1780) aderente al Regime Scozzese Rettificato e un’altra (1782) che ottenne una patente dalla Gran Loggia d’Inghilterra con il titolo di Old British and Ligurian Lodge. Nel 1756 fu fondata una loggia a Milano, subito scoperta dalle autorità austriache; il fatto determinò un editto (6 maggio 1757) con il quale il governatore, Francesco III d’Este, duca di Modena, vietava le riunioni massoniche in tutto il territorio dello Stato Lombardo. Ma la loggia continuò a esistere e nel 1783 aderì alla Gran Loggia di Vienna. Lo stesso anno il conte Wilczeck, ministro plenipotenziario imperiale a Milano, fondò a Milano, con patente degli Illuminati di Baviera, la Loggia “La Concordia”, che aderisce alla Gran Loggia Nazionale di Vienna, e nel 1784 assunse la carica di gran maestro provinciale per la Lombardia austriaca. Nel 1776 sorse una loggia anche a Cremona.

Fondazione del Grande Oriente e scissione di Piazza del Gesù

Eugenio di Beauharnais

Il 16 marzo 1805 venne fondato a Milano il Supremo Consiglio d’Italia del Rito scozzese antico e accettato[17], per opera del conte francese Alexandre François Auguste de Grasse Tilly. Egli agì in virtù dei poteri conferitigli dal Supremo Consiglio di Charleston (il primo Supremo Consiglio del Rito scozzese antico e accettato); con lui vi erano altri confratelli francesi e italiani.[17] Nell’atto di costituzione del Supremo Consiglio d’Italia vi era espressamente riportato[17]: «Il Supremo Consiglio d’Italia crea e costituisce di sua sovrana autorità una Gran loggia generale in Italia sotto la denominazione di Grande Oriente del rito scozzese antico ed accettato». Era questa la nascita dell’attuale Grande Oriente d’Italia [17], il quale venne istituito ritualmente il 20 giugno 1805 per opera degli stessi fondatori del Supremo Consiglio. In quell’occasione venne eletto come Sovrano gran commendatore il viceré d’Italia Eugenio di Beauharnais e come Gran cancelliere il principe Gioacchino Murat[17][18]. Grande Esperto all’atto della fondazione fu il giurista e filosofo Gian Domenico Romagnosi[19]. Il 20 giugno 1805 è tutt’oggi la data considerata dal Grande Oriente d’Italia come il momento in cui ebbe inizio la storia dell’Ordine[20].

Dopo la caduta del Regno d’Italia una serie di iniziative, assunte quasi contemporaneamente dai governanti dei vari Stati italiani, inaugurò un nuovo periodo di repressioni del fenomeno massonico. Nel Regno di Sardegna, il 10 giugno 1814 Vittorio Emanuele I emanò un editto con il quale ribadì “la proibizione delle congreghe ed adunanze segrete, qualunque ne sia la denominazione loro, e massime quelle de’ così detti Liberi Muratori già proibita col R.E. delli 20 maggio 1794”. Analogo decreto del 26 agosto 1814 emanato nel Lombardo Veneto vietò “gli ordini segreti, le adunanze, corporazioni e fratellanze segrete, come sarebbero le Logge de’ così detti Franchi Muratori ed altre consimili società”, mentre papa Pio VII il 15 agosto 1814 emanava un editto che, rifacendosi alle encicliche di papa Clemente XII e di papa Benedetto XIV, proibiva le “aggregazioni dei suddetti Liberi Muratori, e altre consimili” e a Napoli, Ferdinando I delle Due Sicilie l’8 agosto 1816 vietava “le associazioni segrete che costituiscono qualsivoglia specie di setta, qualunque sia la loro denominazione l’oggetto ed il numero dei loro componenti”. Tuttavia, i massoni italiani resistettero e anzi andarono sempre più a rafforzare e organizzare la propria attività, fino a riemergere in modo significativo nella seconda metà dell’Ottocento. Nel 1820, la Società dei Liberi Muratori del Rito Scozzese Antico ed Accettato pubblicò a Napoli la prima edizione dei propri statuti ufficiali.[21]

Costantino Nigra

Filippo Cordova

Giuseppe Garibaldi

Adriano Lemmi

Ernesto Nathan

Ettore Ferrari

Domizio Torrigiani

L’8 ottobre 1859, a Torino, sette confratelli costituirono una nuova loggia, chiamata “Ausonia” dall’antico nome poetico dell’Italia. Da questo seme, il 20 dicembre 1859, sempre a Torino, nacque un’organizzazione che esplicitamente aspirava a diventare una Gran Loggia nazionale e assunse la denominazione di Grande Oriente Italiano. Costantino Nigra fu nominato gran maestro del Grande Oriente torinese il 3 ottobre 1861, ma già nell’anno successivo rinunciò all’incarico. Tale intento si concretizzò con la I assemblea costituente del Grande Oriente Italiano, che si tenne a Torino dal 26 dicembre 1861 al 1º gennaio 1862 sotto la presidenza di Felice Govean, facente funzioni di gran maestro, e con la presenza dei rappresentanti di ventotto logge. In quella occasione, Giuseppe Garibaldi, che era favorevole all’ingresso della donna in massoneria tanto da iniziare sua figlia Teresita[22] e redigere un documento[23] in cui propone di dare vita alla massoneria mista, fu salutato come “primo libero muratore italiano”, ricevendo il 33º grado del Rito scozzese antico ed accettato: il Grande Oriente di Palermo gli conferì tutti i gradi scozzesi dal 4º al 33º; a condurre il rito fu un altro massone – Francesco Crispi – accompagnato da altri cinque[24]. Successivamente (nel 1881) si aggiunse la suprema carica di Gran Hyerophante del Rito di Memphis e Misraim.

Ad assumerne la carica di gran maestro, il 1º marzo 1862, venne chiamato Filippo Cordova, eminente figura di giurista e di statista; la III assemblea costituente, convocata a Firenze dal 21 al 24 maggio 1864, elesse gran maestro Giuseppe Garibaldi (con il voto, tra gli altri, di Mikhail Bakunin); la sua carica durò pochissimo a seguito di disaccordi con gli altri membri. Diede le dimissioni dalla carica, e rimase gran maestro onorario a vita. A Garibaldi succedette nuovamente Filippo Cordova e poi Lodovico Frapolli, durante il cui ministero di Gran Maestro, nel 1870, la Gran Loggia spostò la propria sede da Firenze a Roma.

Giuseppe Garibaldi con sua lettera chiese al Mazzini di sostituirlo nella carica di Gran Maestro onorario, ma quest’ultimo rifiutò, non avendo mai condiviso i metodi dell’organizzazione massonica lungo tutto il suo impegno risorgimentale[25]. Il Grande Oriente d’Italia afferma l’impossibilità di provare l’appartenenza di Mazzini, che pure ebbe influenza nella società, anche se non partecipò mai alla vita dell’associazione, occupato com’era nella causa della “sua” società segreta, la Giovine Italia. In effetti Mazzini fu carbonaro, ma la carboneria fu presto distinta dalla massoneria. È dubbio che Giuseppe Mazzini, al contrario del suo discepolo Aurelio Saffi, abbia aderito alla nuova massoneria del Regno d’Italia.[26][27]

Nel 1884 fu pubblicata l’enciclica Humanum Genus di papa Leone XIII, che segnò probabilmente il momento più alto di scontro tra la Chiesa cattolica e la massoneria. Il documento pontificio, oltre ad addebitare alla massoneria “atroci vendette […] su chi sia creduto reo di aver tradito il segreto e disubbidito al comando, e ciò con tanta audacia e destrezza, che spesso il sicario sfugge alle ricerche ed ai colpi della giustizia”, sosteneva che l’obiettivo dei massoni era quello di “distruggere da cima a fondo tutta la disciplina religiosa e sociale che è nata dalle istituzioni cristiane, e sostituirla con una nuova, modellata sulle loro idee, e i cui princìpi fondamentali e le leggi sono attinte dal naturalismo”.

In questo clima, venne eletto gran maestro Adriano Lemmi il 17 gennaio 1885, che fu sovrano gran commendatore del Rito scozzese antico ed accettato fino alla morte[28]. Lemmi si impegnò particolarmente nel chiamare a raccolta figure rappresentative del mondo politico e culturale, tra cui Giovanni Bovio, Giosuè Carducci, Agostino Bertani, Giuseppe Zanardelli e riuscì dove i suoi predecessori avevano fallito, ovvero a riunificare, sotto il labaro del Grande Oriente d’Italia, tutte le obbedienze massoniche italiane che, per varie vicissitudini, erano rimaste sino ad allora autonome.

Il 6 giugno 1889 in Campo de’ Fiori a Roma avveniva l’inaugurazione del monumento a Giordano Bruno, opera dello scultore e futuro gran maestro Ettore Ferrari. L’oratore ufficiale fu il filosofo Giovanni Bovio; nel 1895 divenne gran Maestro Ernesto Nathan, poi sindaco di Roma. Adriano Lemmi, alla fine dell’Ottocento riteneva che la scomparsa del potere temporale dei papi fosse il “più memorabile avvenimento della storia del mondo”.

Il 21 aprile 1901 il Grande Oriente inaugurò la sua nuova sede di Palazzo Giustiniani, mentre iniziava un fermento scissionistico che portò, da prima nel 1908 alla fuoriuscita del Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico e Accettato, e poi nel 21 marzo 1910, alla fondazione di una Gran Loggia, che ebbe come gran maestro Saverio Fera, sotto la denominazione di Serenissima Gran Loggia d’Italia, che dall’indirizzo della sua sede divenne nota anche come Gran Loggia di Piazza del Gesù, motivo principale della scissione fu la mozione Bissolati per il divieto dell’insegnamento religioso nella scuola primaria, o meglio le indicazioni di voto favorevole date dall’allora Gran Maestro, e non accettate da parte di tutti i parlamentari massoni.

Nel 1914, durante il XIV congresso del partito socialista tenutosi ad Ancona, un ordine del giorno firmato da Mussolini e da Giovanni Zibordi, che sancisce l’incompatibilità tra il socialismo e l’appartenenza alla massoneria, è approvato dai delegati (Mussolini è delegato della sezione del partito socialista di Milano)[29]. In conseguenza, nel mese di maggio dello stesso anno, l’assemblea generale del Grande Oriente d’Italia vota l’espulsione dei fratelli che hanno partecipato al congresso di Ancona e votato in favore dell’ordine del giorno Mussolini-Zibordi[30].

Il ventennio fascista e la repressione

Eugenio Chiesa

Nella seduta del 13 febbraio 1923 presieduta da Benito Mussolini, il Gran Consiglio del fascismo dichiarava l’incompatibilità tra militanza fascista e appartenenza alla massoneria[31]. La Gran Loggia di Piazza del Gesù tentò di ammorbidire gli effetti della deliberazione del Gran Consiglio fascista con una dichiarazione rilasciata alla stampa, per affermare che i massoni aderenti “obbediscono devotamente alla gerarchia fascista, superiore a tutte le contingenze e quindi possono continuare a servire la Patria e l’organizzazione fascista, fedeli e disciplinati al supremo duce Benito Mussolini e al suo governo” e rendendo obbligatoria una dichiarazione di fedeltà al fascismo da parte dei propri affiliati[32].

Tuttavia, il 19 maggio 1925 la Camera dei deputati approvò[33] con 289 voti favorevoli e solo 4 contrari (11 persone lasciarono l’aula)[34] il progetto di legge sulla disciplina delle associazioni, presentato da Mussolini e mirante soprattutto allo scioglimento della massoneria. Nell’ottobre dello stesso anno, subito prima della approvazione della legge anche al Senato del Regno, numerose logge furono devastate dai fascisti: Mola cita quelle di “Bari, Genova, Forlì, Modena”[35]. Mussolini riteneva che la moderna democrazia di origine illuminista non fosse altro che una subdola dittatura massonica[36].

Il 22 novembre 1925 il Gran maestro Domizio Torrigiani firmò l’ordine di scioglimento di tutte le logge massoniche, ma non del Grande Oriente d’Italia; il 26 novembre il re promulgò la legge, che entrò in vigore quindici giorni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.

Il 28 maggio 1930 gli esuli fondarono una nuova loggia, l'”Italia Nuova” numero 609, dalla quale provenne un notevole contributo alla causa repubblicana nella guerra civile spagnola, cui parteciparono nove membri della loggia, tra i quali Randolfo Pacciardi e Francesco Fausto Nitti.

Il 12 gennaio 1930, Eugenio Chiesa fu eletto gran maestro aggiunto del Grande Oriente d’Italia in esilio, nel quale si riconobbero le logge italiane costituite all’estero (Egitto, Tunisia, Argentina, ecc.) e già all’obbedienza del Grande Oriente.

In quel periodo il Grande Oriente d’Italia era in rapporti di amicizia con la Gran Loggia di Francia; a Parigi nel 1913 era stata fondata da italiani la Loggia “Italia” numero 450.

Il secondo dopoguerra

Il 10 luglio 1944, il Comitato della Grande Maestranza formato da Umberto Cipollone, Guido Laj e Gaetano Varcasia emanò la circolare numero 1 ai “Carissimi Fratelli Venerabili, Fratelli tutti d’Italia”, in cui il comitato si considerava erede diretto di Domizio Torrigiani ed Ettore Ferrari e alla vigilia del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 il Grande Oriente così si espresse:

«Noi non possiamo né vogliamo fare altro che ricordare ai Fratelli la necessità di tener fede ai principi che avemmo in retaggio da Mazzini, senza nulla imporre: nel tempio del libero pensiero non sono ammesse coercizioni. Giudichino i fratelli, riandando la storia d’Italia, particolarmente quella degli ultimi venti anni, quale delle forme istituzionali sia meglio adatta a conservare in piedi precisamente quel tempio della Libera Massoneria di cui noi siamo gli operai e da tale esame traggano ispirazione.»

Dopo la caduta del fascismo la massoneria italiana risorse sia sotto i vessilli del Grande Oriente di Palazzo Giustiniani sia nella versione di Piazza del Gesù, con iniziativa di Raoul Palermi.

Il 19 marzo 1949 il Grande Oriente d’Italia approvò il testo di una costituzione dell’Ordine. Cardine del nuovo ordinamento era la netta separazione dei Riti dall’Ordine, secondo la riforma già impostata nel 1922 da Torrigiani ma non condotta in porto per gli eventi che si succedettero. In conseguenza di ciò, non vi sarebbero più state logge dell’uno o dell’altro rito, ma ognuna avrebbe lavorato solo secondo i rituali tre gradi universali di apprendista, compagno e maestro; solamente raggiunta quest’ultima dignità i confratelli, volendo, avrebbero potuto accedere ai Riti quali scuole di perfezionamento. La costituzione, che recepisce i landmark e quindi collega fortemente il Grande Oriente alla tradizione universale massonica, fu depositata dinanzi all’autorità civile.

Lino Salvini

Il 13 settembre 1958 fu istituita a Vicenza la George Washington Lodge n. 585, prima loggia massonica militare statunitense riconosciuta dal GOI.[37][38] Il 13 settembre 1972 “l’aspirazione del popolo massonico italiano alla universalità” (Lino Salvini) fu realizzata con il riconoscimento della regolarità del Grande Oriente d’Italia da parte della Gran Loggia Unita d’Inghilterra (riconoscimento che nel 1993 passerà alla Gran Loggia Regolare d’Italia); fu proprio il gran maestro Salvini ad annunciare lo storico evento ai suoi confratelli. Sulla scia di tale avvenimento si rinnovarono da più parti i tentativi di fusione con la Gran Loggia di Piazza del Gesù, ma invano; sebbene le prime logge femminili risalissero già alla Napoli di fine XVIII secolo[39], l’ostacolo principale fu rappresentato dal fatto che quest’ultima fin dal 1956 avesse accettato il principio dell’iniziazione femminile, dando vita e riconoscendo logge costituite anche da donne. Successivamente, il 18 settembre 1973 avvenne una fusione tra il Grande Oriente e circa 200 logge già appartenenti a Piazza del Gesù, ma il generale Giovanni Ghinazzi, Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia, la sconfessò, proseguendo per la sua strada.

Il 12 settembre 1978 l’ Osservatore Politico di Pecorelli pubblicò un articolo intitolato La Gran Loggia Vaticana contenente i nominativi di 113 alti prelati e 8 influenti cattolici massoni, con le date di iniziazione, i numeri di tessera[40] e la sigla massonica.[41]

Lo scandalo della P2 e l’inchiesta Cordova del 1992

Lo stesso argomento in dettaglio: Licio Gelli e P2.

Licio Gelli

Propaganda due era stata una loggia aderente al Grande Oriente d’Italia, fondata nel 1877 col nome di “Propaganda massonica”. La sua caratteristica principale era quella di garantire un’adeguata copertura e segretezza agli iniziati di maggior importanza, sia all’interno sia al di fuori dell’organizzazione. Per tale motivo la loggia, ribattezzata “Propaganda due” nel secondo dopoguerra (da qui: “P2”), fu sempre alle dipendenze dirette del Gran maestro del GOI sino all’avvento di Licio Gelli. Quest’ultimo venne prima delegato dal Gran maestro Lino Salvini a rappresentarlo in tutte le funzioni all’interno della loggia (1970)[42], poi ne fu nominato Maestro venerabile (1975)[43]. La circostanza che, nel periodo della maestranza, Gelli fosse riuscito a riunire in segreto almeno un migliaio di personalità di primo piano, principalmente della politica e dell’Amministrazione dello Stato, e la pubblicazione del suo programma sovversivo dell’assetto socio-politico-istituzionale, suscitò uno dei più gravi scandali politici nella storia della Repubblica Italiana.

Armando Corona

Il 31 ottobre 1981, sette mesi dopo il rinvenimento delle liste degli affiliati alla P2, la corte centrale del Grande Oriente d’Italia, presieduta dal nuovo gran maestro Armando Corona, per evitare ulteriori scandali, espulse Licio Gelli dal consesso massonico, pur asserendo che già nel 1976 la P2 aveva sospeso ufficialmente la propria attività all’interno dello stesso Grande Oriente d’Italia, e da allora non avrebbe più agito all’interno del consesso massonico ufficiale. La Commissione parlamentare d’inchiesta, presieduta dall’on. Tina Anselmi, concluse che la loggia era una vera e propria “organizzazione criminale”[44] ed “eversiva”; la loggia venne sciolta con la legge 25 gennaio 1982, n. 17. Lo “scandalo della P2” ha determinato un notevole appannamento dell’immagine della massoneria in Italia, costituendo un danno per tutto il variegato movimento massonico italiano e non solo per il Grande Oriente d’Italia, di cui la P2 era parte. Il 18 novembre 1984 fu promulgata la nuova costituzione dell’Ordine, in cui si afferma che il Grande Oriente d’Italia rappresenta la sola fonte legittima di autorità massonica nel territorio italiano e nei confronti delle Comunioni massoniche estere. Si stabilisce che il GOI, nei rapporti giuridici con la società civile, si colloca tra le associazioni non riconosciute. Vengono inoltre introdotte importanti novità in ordine alla trasparenza interna dell’organizzazione.

Tuttavia il Grande Oriente d’Italia rimase segnato dalla vicenda della P2. Nel 1992, all’indomani di un’ulteriore inchiesta giudiziaria, l’inchiesta Cordova, così detta da Agostino Cordova, il magistrato italiano titolare dell’indagine, inchiesta che venne archiviata con sentenza del tribunale ordinario di Roma del 3 luglio 2000.[45]. L’allora Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Giuliano Di Bernardo preferì prendere con forza le distanze dall’obbedienza che presiedeva, fondando la Gran Loggia Regolare d’Italia, che immediatamente ottenne il riconoscimento della Gran Loggia Unita d’Inghilterra. L’8 marzo 2023 la Gran Loggia Unita d’Inghilterra (UGLE) ha riconosciuto nuovamente il Grande Oriente d’Italia (GOI) in quanto soddisfa i Principi fondamentali per il riconoscimento delle Grandi Logge inglesi.

In seguito all’inchiesta Cordova, dopo numerose pubblicazioni di liste su quotidiani nazionali e locali, nel 1993 il quotidiano L’Unità pubblicò in un libretto allegato (La Toscana delle Logge) i nomi di tutti i membri di tutte le logge toscane (di tutte le Obbedienze), morti compresi. Molti dei membri così rivelati ancora in vita subirono attacchi e patirono discriminazioni di ogni sorta perché massoni[46]. Allora era direttore de l’Unità Walter Veltroni, figlio del già massone Vittorio Veltroni[47].

Struttura amministrativa

A livello strettamente amministrativo la massoneria in Italia ha un organigramma che può differire in parte in base alle diverse obbedienze. La struttura di questa società è organizzata in logge; ogni loggia è composta da un numero variabile di persone, solitamente il numero minimo è 7, ed è retta dal Maestro Venerabile, che la presiede; questi è eletto tra i fratelli della loggia che abbiano raggiunto almeno il 3º grado iniziatico (maestro massone). Una o più logge formano un Oriente, uno o più Orienti formano una provincia massonica, che solitamente, ma non necessariamente, coincide con la provincia amministrativa. Tutte le logge formano un’obbedienza.

A presiedere l’obbedienza è il Gran Maestro, che viene eletto tradizionalmente dai maestri venerabili di tutte le logge, anche se ogni obbedienza può avere regole di elezione sue proprie: ad es. nel Grande Oriente d’Italia l’elettorato compete a tutti i maestri massoni, mentre nella Gran Loggia d’Italia oltre ai maestri venerabili votano anche i presidenti delle camere del Rito scozzese in quanto le figure del gran maestro e quella del sovrano gran commendatore coincidono. Esistono poi, con modalità diverse da un’obbedienza all’altra, altri delegati su base provinciale e regionale, e altri funzionari che fanno da collegamento tra le logge e il Gran Maestro. In questo senso, la massoneria non si differenzia da altre associazioni.

Aspetti giuridici

L’articolo 18 della Costituzione della Repubblica Italiana, al primo comma riconosce e tutela la libertà d’associazione, e prevede che i cittadini abbiano il diritto di associarsi, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalle leggi; il medesimo articolo, tuttavia, al comma secondo, vieta le associazioni segrete.

In occasione dello scioglimento d’autorità della Loggia P2, fu emanata la legge numero 17 del 25 gennaio 1982, la cosiddetta legge Spadolini-Anselmi: in base a tale legge, si “considerano associazioni segrete e come tali vietate dall’articolo 18 della Costituzione quelle che, anche all’interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali, ovvero rendendo sconosciuti, in tutto o in parte e anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici, anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale”[48].

I responsabili delle maggiori associazioni massoniche italiane hanno spesso affermato che tali caratteristiche non sono rintracciabili nella massoneria in quanto tale, e in effetti la legge Spadolini-Anselmi dal punto di vista puramente operativo non è mai stata applicata a tali associazioni, ma nel 1993 la sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura ha dichiarato incompatibile l’appartenenza alla magistratura con l’affiliazione alla Massoneria, ipotizzando l’imputabilità di un illecito disciplinare nei confronti dei magistrati massoni[49]. Nel 1995 le Sezioni Unite civili della Cassazione hanno confermato la posizione del CSM.

La Procura di Roma iniziò un procedimento contro Licio Gelli e una ventina di altre persone, accusate di cospirazione politica, associazione per delinquere e altri reati. Dopo un’inchiesta durata quasi dieci anni, nell’ottobre 1991, il giudice istruttore presso il Tribunale penale di Roma chiese il rinvio a giudizio. Il processo durò un anno e mezzo e con sentenza in data 16 aprile 1994, depositata il successivo 26 luglio, la Corte pronunciò una sentenza d’assoluzione di tutti gli imputati dal reato di attentato alla Costituzione mediante cospirazione politica perché il fatto non sussiste. L’appello, proposto, fu rigettato, e il 27 marzo 1996 la Corte d’appello confermò la sentenza assolutoria[50][51].

Il 3 luglio 2000 il tribunale ordinario di Roma emise una sentenza di archiviazione per l’inchiesta promossa nel 1992 dal giudice Agostino Cordova, il magistrato titolare dell’indagine, contro il Grande Oriente d’Italia.

Con una sentenza definitiva del 12 dicembre 2001 la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha condannato l’Italia nel caso “Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani contro Italia” (Richiesta n. 35972/97). Il Grande Oriente d’Italia contestava la legge regionale delle Marche n. 34 del 5 agosto 1996, pubblicata nel Giornale ufficiale del 14 agosto dello stesso anno, che rendeva obbligatoria una dichiarazione di non-appartenenza a una loggia massonica per tutti i candidati a una nomina di un organismo pubblico della regione. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che garantisce il diritto alla libertà d’associazione[52], e ha condannato l’Italia a versare al Grande Oriente d’Italia 10 milioni di lire per il rimborso delle spese[53]. Tuttavia la Regione Marche non si adeguò alla sentenza[54].

Con una sentenza del 12 dicembre 2001 la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha condannato l’Italia nel caso “N. F. contro Italia” (Richiesta n. 37119/97). Magistrato, nato nel 1942, il richiedente domandò dopo l’estate 1990 la sua affiliazione al Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani. Il 5 marzo 1991, divenne membro della loggia «Adriano Lemmi» di Milano. Durante l’estate 1992, lesse sulla stampa nazionale che alcune procure –in particolare quella di Palmi (RC)– avevano aperto delle inchieste su delle logge associate al Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani. Nell’ottobre del 1992 fece domanda di lasciare l’associazione e il 5 novembre dello stesso anno fu messo «in sonno». La procura di Palmi trasmise la lista dei magistrati iscritti alla massoneria in suo possesso al Consiglio superiore della magistratura, che a sua volta la trasmise al ministro della Giustizia e al procuratore generale della Corte di cassazione. In questo contesto la lista in questione fu pubblicata, almeno in parte, sulla stampa nazionale. Nel luglio del 1993, il richiedente fu interrogato da un ispettore dell’Ispezione generale del Ministero della giustizia. Nel febbraio 1994 fu di nuovo interrogato dal Procuratore generale della Corte di cassazione. Nel giugno del 1994, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura gli inflisse una censura per aver violato l’articolo 18 del regio decreto legislativo n. 511 del 31 maggio 1946. Il 13 giugno 1993 il richiedente ricorse in cassazione, che il 10 dicembre 1996 rigettò il ricorso. Il 17 maggio 2000, la quarta commissione del Consiglio superiore della magistratura diede di nuovo (aveva già reso una decisione simile precedentemente, in data non precisata) un parere negativo concernente la promozione del richiedente — per la quale le condizioni richieste erano riunite già dal 17 ottobre 1997 —, e ciò a causa della sanzione disciplinare subita dal richiedente. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che garantisce il diritto alla libertà d’associazione, e ha condannato l’Italia a versare al richiedente 20 milioni di lire per il torto subito e più di altri 27 milioni di lire per il rimborso delle spese[55].

Con una sentenza del 17 febbraio 2004 la stessa Corte europea ha condannato l’Italia nel caso “Maestri contro Italia” (Richiesta n. 39748/98). Nato nel 1944 e residente a Viareggio, il richiedente era un magistrato che esercitava la funzione di presidente ad interim del tribunale di La Spezia. Il 23 novembre 1993, in seguito a un’inchiesta dell’ispezione generale del ministero, il ministro della Giustizia intraprese contro di lui una procedura disciplinare in quanto era stato affiliato a una loggia massonica del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani. Il ministro gli rimproverava di essere stato membro della massoneria dal 1981 a marzo 1993, e sosteneva che aveva perciò violato l’articolo 18 del regio decreto legislativo n. 511 del 31 maggio 1946 e per questo, con una decisione in data 10 ottobre 1995, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura gli inflisse una censura, e in seguito fu mutato d’ufficio in Sicilia. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha di nuovo condannato l’Italia per violazione dell’art. 11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che garantisce il diritto alla libertà d’associazione, e ha condannato l’Italia a versare al richiedente 10.000 euro per il torto subito e altri 14.000 euro per il rimborso delle spese[56].

Con una risoluzione in data 8 dicembre 2004, constatando che tre anni dopo l’Italia non ha ancora applicato la sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell’uomo del 12 dicembre 2001 (Richiesta n. 35972/97), concernente la legge regionale delle Marche n. 34 del 5 agosto 1996, il Consiglio dei ministri dell’Unione europea ha adottato una risoluzione relativa a questa sentenza, ricordando che tutti gli Stati sono obbligati di conformarsi alle decisioni della corte[57], e l’Italia è tra i paesi che meno rispettano le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo[58].

Con una sentenza in data 31 maggio 2007, e definitiva il 31 agosto 2007, la stessa Corte europea ha nuovamente condannato l’Italia nel caso “Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani contro Italia (n. 2)” (Richiesta n. 26740/02) a proposito della legge regionale n. 1 del 15 febbraio 2000 della regione autonoma del Friuli-Venezia Giulia, la quale prevede che i candidati a una nomina nei Consigli di amministrazione delle Società a partecipazione regionale, in quelli degli enti regionali e nei Comitati di nomina regionale, “devono dichiarare alla Presidenza della Giunta regionale e alla Giunta delle nomine del Consiglio regionale la loro eventuale appartenenza a società massoniche o comunque a carattere segreto.” La Corte europea dei diritti dell’uomo ricorda che ha già condannato l’Italia in un caso simile in data 12 dicembre 2001 (Richiesta n. 35972/97) concernente la legge regionale delle Marche n. 34 del 5 agosto 1996, e ha anche in questo caso condannato l’Italia per violazione degli artt. 11 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che garantisce il diritto alla libertà d’associazione, e ha condannato l’Italia a versare al richiedente 5.000 euro per il rimborso delle spese[59].

Il 7 aprile 2017 è stato riconsegnato al Grande Oriente d’Italia il primo dei circa 800 faldoni che nel 1992 il capo della Procura di Palmi (RC) Agostino Cordova fece sequestrare, in seguito al dissequestro degli elenchi degli iscritti al Grande Oriente d’Italia e alle altre obbedienze, ordinato il 3 ottobre 2016 dal giudice per le indagini preliminari Bernadette Nicotra[60][61].

Nel gennaio 2018 sono state pubblicate le conclusioni (Relazione) di una indagine della Commissione parlamentare antimafia riguardante le “Infiltrazioni di Cosa Nostra e della ‘Ndrangheta nella Massoneria in Sicilia e Calabria”. La Commissione ha audito a testimonianza, ai sensi dell’art. 4 della legge istitutiva, in data 24 gennaio 2017, i rappresentanti legali del Grande Oriente d’Italia, della Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori e della Gran Loggia Regolare d’Italia. Le indagini della Commissione sono dedicate, in particolare, ad approfondire i profili di esposizione al rischio di infiltrazione e condizionamento di tali associazioni da parte della criminalità organizzata, in particolare nelle regioni Calabria e Sicilia. Il Presidente della Commissione di nuova nomina, l’on.Nicola Morra, ha dichiarato, pregiudizialmente, nella prima intervista resa alla stampa, che i lavori della Commissione si concentreranno sulla (cosiddetta) Trattativa Stato–Mafia e sulla pretesa contiguità tra massoneria e organizzazioni criminali, e così testualmente: “…si cercherà di capire come la massoneria venga ad essere spesso un fronte in cui le criminalità di stampo mafioso si insediano … il legame tra alcuni pezzi della massoneria e della criminalità mafiosa deve essere ulteriormente analizzato…” (dall’intervista resa al FattoQuotidiano.it in data 14 novembre 2018). Le risultanze circostanziate delle indagini, rese note nella relazione, hanno accertato la presenza di circa 17.000 persone iscritte nel periodo dal 1990 al 2017 (alla data delle audizioni) nelle logge calabresi e siciliane, appartenenti alle quattro Obbedienze esaminate dalla Commissione, delle quali 193 casi aventi evidenza giudiziaria per fatti di mafia, rispetto a cui “è emerso che, per la gran parte dei predetti, i rispettivi procedimenti, per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p. o altri delitti aggravati dall’art. 7 del citato decreto legge 152/91, si sono conclusi con decreto di archiviazione per i più svariati motivi, sentenza di assoluzione o sentenza di proscioglimento”. La relazione, inoltre, non ha mancato di precisare che, di queste 193 persone (su 17.000, sempre nel periodo dei 27 anni prescelti, dal 1990 al 2017), “sei (sono stati, ndr.) destinatari di sentenze definitive per 416 bis c.p., vi sono ulteriori 25 posizioni per cui vi sono ancora processi pendenti”. Quindi, delle quasi 17.000 persone esaminate, 6 sono state condannate in via definitiva per l’art. 416 bis c.p. (nei 27 anni di riferimento, rispetto alle 4 associazioni esaminate) e 25 persone sono tuttora sotto processo alla data della relazione. Di queste 31 persone, tuttavia, non è precisata, nella relazione, l’associazione di appartenenza.[62][63].

Nel novembre del 2018, dopo sei anni di processi, la prima sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ex procuratore di Palmi Agostino Cordova nel processo per diffamazione a mezzo stampa contro Antonio Giancarlo Perfetti, Gran Maestro Onorario del Grande Oriente d’Italia, condannando Cordova alle spese di giudizio[64][65].

Nel mese di aprile 2019 i deputati regionali Antonio Catalfamo ed Eleonora Lo Curto, col patrocinio dei loro avvocati, hanno depositato al Tar di Palermo un ricorso contro la comunicazione con cui il Presidente dell’Ars Gianfranco Micciché ha reso noto che i due parlamentari si erano sottratti all’obbligo, introdotto dalla L.R. n.18/2018, di dichiarare la loro appartenenza, o meno, alla massoneria o ad associazioni similari[66].

Nel mese di luglio 2019 le indagini dei carabinieri del ROS, coordinate dalla procura distrettuale antimafia di Palermo, svelano una rete di affari e relazioni segrete: il clan mafioso di Licata poteva contare su un insospettabile funzionario regionale, Lucio Lutri, che era stato maestro venerabile della loggia “Pensiero e azione” del Grande Oriente d’Italia. E pure il figlio dell’ultimo capomafia dell’Agrigentino, Vito Lauria, era maestro venerabile della loggia “Arnaldo da Brescia”, anche questa appartenente al Grande Oriente d’Italia[67] e Laura Jr., succeduto a Vito nella direzione della loggia.[68] I carabinieri sono entrati nelle sedi delle logge per acquisire gli elenchi degli iscritti[69].

Nel mese di novembre 2019, a proposito di un comunicato della Commissione parlamentare antimafia, il suo presidente, senatore Nicola Morra, ha tenuto a chiarire che “il presidente Nicola Morra non ha inteso affermare che la Commissione Antimafia da lui presieduta ha accertato rapporti tra ‘ndrangheta e Grande Oriente d’Italia (GOI)”[70].

Nel mese di ottobre 2020 la Commissione per le petizioni dell’Unione europea pubblica le sue conclusioni sulla richiesta di abrogazione della legge n. 18 della Regione Siciliana, del 12 ottobre 2018, sull’obbligo dichiarativo dei deputati dell’Ars, componenti della giunta regionale e degli amministratori locali, in tema di affiliazione a logge massoniche, e annuncia che chiederà alle autorità italiane le informazioni necessarie per valutare la compatibilità delle disposizioni della legge con il diritto dell’Unione europea, compresi quelli fondamentali riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e che informerà il Parlamento europeo sulle sue conclusioni[71][72].

Con una sentenza pubblicata il 27 ottobre 2021, la Seconda Sezione Civile del Tribunale di Reggio Calabria, nella causa per diffamazione aggravata promossa da Agostino Cordova contro il Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani, ha respinto la richiesta avanzata dall’ex Procuratore di Palmi condannandolo al pagamento delle spese processuali in favore del Grande Oriente d’Italia[73][74][75].

Massoneria e partiti politici

Nel XX secolo il Partito Comunista[76], il Partito Socialista Italiano[77], il Partito Nazionale Fascista[78] e la Democrazia Cristiana[79] hanno in varie occasioni sancito l’incompatibilità tra l’appartenenza alla Massoneria e al partito.

Nella circolare n. 84 del primo gennaio 1906 il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Ettore Ferrari, in prossimità delle elezioni amministrative, pur non dando nessuna indicazione tassativa di voto, indicava con quali forze i massoni dovevano collaborare e ricordava ai fratelli che “sono compatibili con la Massoneria tutti i partiti progressisti, incompatibili tutti i retrivi” e che “è loro vietato, anche nelle forme più indirette, qualsivoglia compromesso con i clericali.”[80]. In conseguenza Adolfo Bona, Giacinto Cibrario, Edoardo Daneo, Achille Durio, Cesare Frescot, Angelo Rossi e Tommaso Villa furono espulsi dal GOI per essersi alleati con i clericali nelle elezioni amministrative a Torino[81].

Il 15 febbraio 1907 il segretario generale del Grande Oriente d’Italia informò la giunta “che alcuni fatti, ai quali accenna, dimostrano come il ministero della Guerra si adoperi a conoscere quali ufficiali dell’esercito appartengano alla Massoneria allo scopo evidente di tenerli d’occhio.”[82].

Il 13 febbraio del 1923 il Gran Consiglio del Fascismo approvò quasi all’unanimità l’Ordine del giorno che obbligava a scegliere tra l’appartenenza al Fascismo o alla Massoneria (ci furono soltanto quattro astensioni: Acerbo, Balbo, Rossi, che appartenevano alla Gran Loggia d’Italia, e Dudan), quasi tutti i fascisti massoni rimasero nel partito senza lasciare la Massoneria, abbandonò invece il partito il generale Capello[83]; Dudan, che apparteneva al Grande Oriente d’Italia, ne venne espulso[84].

Durante le elezioni politiche italiane del 1924 i massoni del Grande Oriente d’Italia che accettarono la candidatura nella Lista Nazionale, guidata da Mussolini e formata anche da fascisti, furono espulsi (tra gli altri Gino Olivetti), mentre la Gran Loggia d’Italia le diede il suo appoggio[85]

Il 3 gennaio 1925 Mussolini presentava un ‘Disegno di legge’ sulla “disciplina di associazioni, enti, istituti e sull’appartenenza ai medesimi del personale dipendente dallo Stato e degli enti locali”, approvato successivamente il 19 maggio e divenuto legge il 22 novembre dopo il passaggio in Senato. Il testo della Legge nº 2029 del 26 novembre 1925 obbligava i dipendenti dello Stato, i pubblici impiegati di ogni ordine e grado (inclusi i militari), “a dichiarare su appositi moduli a quali associazioni fossero iscritti e, in specie, se fossero o fossero stati affiliati a logge massoniche, per l’applicazione di sanzioni amministrative per il momento non enunciate ma implicite nella orchestrazione della legge”[86].

L’11 aprile 1925 il Partito socialista indusse un referendum tra i suoi membri per sapere se la qualifica di massone fosse “per un socialista uno di quei casi di indegnità morale e politica che, secondo lo statuto (art. 4) portano all’esclusione dal partito”.[87].

Lo Statuto della Democrazia Cristiana specificava che “sono esclusi dal partito coloro i quali appartengono ad associazioni massoniche” e nel 1984 il Collegio Nazionale dei Probiviri della Democrazia Cristiana dichiarò nulla l’iscrizione al partito del consigliere regionale toscano Filippo Luchi, massone. Nel 1993 il Partito Comunista Italiano ha costretto Ettore Loizzo, suo esponente di spicco a Cosenza, a scegliere tra il partito e la Massoneria, nella quale era stato nominato reggente del Grande Oriente d’Italia[88], e nella quale scelse di restare lasciando il partito[89]. Nel XXI secolo il Movimento 5 Stelle ha ripreso a suo conto quest’interdizione di doppia appartenenza, estendendola anche agli ex membri della Massoneria[90][91][92], uno dei quali (Catello Vitiello) è poi stato eletto[93].

Anche la Lega sancisce nel suo Statuto l’incompatibilità con l’iscrizione alla Massoneria (art. 33): «La qualifica di Associato Ordinario Militante è incompatibile con l’iscrizione o l’adesione a qualsiasi altro Partito o Movimento Politico, associazione segreta, occulta o massonica, a liste civiche non autorizzate dall’organo competente. Il verificarsi di tale incompatibilità è motivo di espulsione dalla Lega Nord»[94]. Anche nello statuto della nuova “Lega per Salvini premier” resta il divieto di iscrizione ad associazioni segrete “occulte o massoniche”[95].

Queste prese di posizione politiche anti-massoniche, unite ad altre simili del segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi[96] (il PD ha abolito l’incompatibilità solo nel 2010[97]) e gli attacchi alla Massoneria di Rosy Bindi e della Commissione Parlamentare Antimafia[98], hanno suscitato delle reazioni risentite da parte del Grande Oriente d’Italia[99][100][101][102] e dell’U.M.S.O.I.[103].

La Lega e il Movimento 5 Stelle hanno introdotto una clausola discriminante antimassonica (non possono entrare a far parte del governo soggetti che appartengono alla massoneria[104]) nel contratto tra loro stipulato in vista della formazione di un nuovo governo[105]. L’Alleanza massonica europea (che riunisce 34 Obbedienze di 14 paesi europei) e il CLIPSAS (che riunisce le Obbedienze liberali) hanno emesso dei comunicati stampa per ricordare che una discriminazione simile non è accettabile in una democrazia e che la costituzione italiana la proibisce[106][107].

Nel 2017 sono stati depositati in Parlamento due disegni di legge per escludere i massoni dai pubblici impieghi: “il primo di essi (24 febbraio 2017, numero 2328, firmatari Davide Mattiello e altri, tutti esponenti all’epoca del Partito Democratico, principale partito di governo), propone la condanna da tre a sette anni di carcere per chi organizza, dirige o promuove una “società segreta” e l’interdizione dei suoi affiliati dai pubblici uffici per cinque anni. Sono considerate società segrete le “associazioni che comportino un vincolo di obbedienza assunto in forme solenni come richiesto dalle logge massoniche o da associazioni similari” […] “Il secondo disegno di legge (11 aprile 2017, numero 4422, “incardinato” a metà giugno del 2017, firmatari Claudio Fava e altri deputati del Movimento democratico progressista, all’epoca parte della maggioranza di governo e poi conflitto in Liberi e Uguali) propone il divieto per magistrati, forze di polizia, forze armate, dipendenti pubblici e quanti ricoprano incarichi pubblici (anche elettivi, dai consiglieri comunali ai parlamentari, dunque) di far parte di “associazioni massoniche o similari che creano vincoli gerarchici, solidaristici e di obbedienza”[108].

Il primo agosto 2018 la Commissione affari costituzionali dell’Assemblea regionale siciliana approva il disegno di legge (relatore Claudio Fava) che intima ai deputati regionali di depositare entro 45 giorni “dichiarazione anche se negativa di appartenenza a qualunque titolo ad associazioni massoniche o similari” la cosiddetta “Legge Fava”, che viene approvata il 4 ottobre 2018[109]. Il Grande Oriente d’Italia annuncia un ricorso legale contro questa legge[110] e due deputati siciliani impugnano la legge regionale davanti alla Corte costituzionale per illegittimità costituzionale[111][112][113].

La XVI Conferenza Mondiale delle Grandi Logge regolari, svoltasi a Panama dal 14 a 17 novembre 2018, ha espresso la sua solidarietà al Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Stefano Bisi, che vi ha denunciato il clima massofobico italiano[114][115].

Il 9 gennaio 2019 il Grande Oriente d’Italia ha organizzato il convegno “Liberi di associarsi” a Palazzo dei Normanni di Palermo, contro la legge sulla massoneria votata dall’Assemblea regionale siciliana[116][117].

Nel febbraio 2023 il presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha ribadito in un post che è ‘incompatibile l’iscrizione a logge massoniche con quella al movimento Cinquestelle'[118], il Gran Maestro Stefano Bisi gli risponde sul sito ufficiale del Grande Oriente d’Italia[119].

Massoneria e Chiesa cattolica

La questione se la Massoneria sia anticlericale è oggetto di dibattito. La Chiesa cattolica ha sempre osteggiato apertamente la Massoneria e vari storici e studiosi cattolici[120] l’hanno spesso indicata come storicamente anticlericale. I massoni odierni esprimono solitamente una visione diametralmente opposta, affermando che non vi sia nulla nella massoneria di contrario al cattolicesimo o ad altre fedi religiose. Se la Massoneria sia anticlericale dipende spesso da come si definisce l’anticlericalismo e da quale ramo della Massoneria si sta esaminando.

Sede della Congregazione per la dottrina della fede, fino al 1908 Santa Inquisizione e poi Sant’Uffizio.

La Chiesa cattolica ha sempre condannato la Massoneria: il testo di condanna più antico è la lettera apostolica di papa Clemente XII In eminenti apostolatus specula del 28 aprile 1738, i più recenti la Dichiarazione circa l’appartenenza dei cattolici ad associazioni massoniche del 17 febbraio 1981[121] e la dichiarazione Quesitum est del 26 novembre 1983[122], entrambe a firma della Congregazione per la dottrina della fede, seguite dall’articolo Inconciliabilità tra fede cristiana e massoneria. Riflessioni ad un anno dalla Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede[123], pubblicato su L’Osservatore Romano del 23 febbraio 1985[124], e dall’editoriale de La Civiltà Cattolica del 1991[125]. Il Papa che maggiormente condannò la Massoneria fu Leone XIII, con quattro encicliche[126], un’esortazione apostolica[127] e un breve apostolico[128].

Il Gran Maestro del GOI Giordano Gamberini fu tra i principali estensori della cosiddetta Bibbia concordata nell’ambito della quale tradusse il Vangelo secondo Giovanni. Tentò di far rimuovere la scomunica che pesava sui massoni sin dal 1738. Conclusosi il Concilio Vaticano II, il 15 giugno 1969[129] presenziò a Savona al primo dibattito pubblico ufficiale tenutosi in Italia fra un esponente del GOI ed un rappresentante della Chiesa cattolica[130], lo storico ecclesiastico e della massoneria don Francesco Rosario Esposito. Se il sacerdote sostenne la sostanziale compatibilità e concordanza fra i due corpi[131], Gamberini lo corresse dicendo: «mi spiace dover ricordare che i massoni […] hanno combattuto la Chiesa incolpandola di intolleranza nei campi della filosofia, dell’etica e dell’educazione»[130].

Il Gran Maestro del GOI Stefano Bisi ha ribadito in un libro del 2006 le posizioni della Massoneria[132][133][134] e il Gran Maestro della Gran Loggia Regolare d’Italia Fabio Venzi ha esaminato I Documenti del Vaticano contro la Liberamuratoria[135], ha pubblicato un libro sull’argomento[136] e nel 2016 ha tenuto una conferenza su Massoneria e Chiesa Cattolica all’Università di Cambridge. Altri libri più o meno recenti hanno trattato l’argomento delle relazioni tra la Chiesa cattolica e la Massoneria[137].

Nell’aprile 2010 il vescovo emerito di Grosseto Giacomo Babini accusa i massoni e gli ebrei, “nemici di sempre del cattolicesimo”, di essere gli artefici di una manovra per discreditare la Chiesa cattolica in relazione alle accuse di pedofilia che le sono state rivolte[138][139] e il Sovrano Gran Commendatore Renzo Canova gli risponde[140].

Il 14 febbraio 2016 il cardinale Gianfranco Ravasi pubblica su Il Sole 24 ore un articolo sui rapporti tra Chiesa e Massoneria[141] e il Gran Maestro Stefano Bisi gli risponde[142].

In un’intervista a Famiglia Cristiana del 15 marzo 2018, Monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), ribadisce il giudizio negativo sulla Massoneria, per la ragione che “contiene princìpi inconciliabili con la dottrina della Chiesa”[143].

Il 19 ottobre 2018 ha luogo a Gubbio un incontro di studio intitolato Chiesa e Massoneria: un dialogo possibile?[144].

Sul primo numero del 2019 della rivista del GOI Nuovo Hiram un articolo di Fabio Amici sostiene che l’inconciliabilità tra la fede cattolica e la Massoneria è solo apparente[145], ma è subito contestato da parte cattolica[146].

Lo storico Aldo Alessandro Mola scrive che “l’attuale pontefice Francesco (Jorge Bergoglio S. J.), dal suo insediamento si è pronunciato tre sole volte sulla massoneria: poche parole di dileggio (l’ha definita una lobby) e di scostante condanna. […] Trentacinque anni dopo la pubblicazione del nuovo Codice di diritto Canonico (Corpus Iuris Canonici, CIC), papa Francesco tornò alla radice della condanna e ne enunciò gli scopi ultimi.[…] Dopo decenni di schermaglie elusive, nella primavera del 2018 il Sacro Soglio enunciò i motivi “di fede” della condanna della massoneria, profonda, totale e immutabile, senza possibilità di remissione da parte delle autorità ecclesiastiche locali e di singoli sacerdoti.” Nel mese di ottobre 2017 Papa Francesco rifiuta l’accreditazione all’ambasciatore libanese perché massone[147]. Il 24 gennaio 2018 la Congregazione per la dottrina della fede, con la Lettera apostolica Placuit Deo[148], e papa Francesco, con l’esortazione apostolica Gaudete et exsultate[149] condannano lo gnosticismo e il pelagianesimo attuali, “due concezioni con le quali non sono possibili né dialogo né confronti” e che, secondo la Chiesa cattolica, caratterizzerebbero la Massoneria[150]. Lo stesso Papa Francesco, in un discorso pronunciato a Torino davanti ad un’assemblea di giovani cattolici il 21 giugno 2015[151], attaccò direttamente la massoneria con le seguenti parole: “alla fine dell’Ottocento c’erano le condizioni più cattive per la crescita della gioventù: c’era la massoneria in pieno, anche la Chiesa non poteva fare nulla, c’erano i mangiapreti, c’erano anche i satanisti… Era uno dei momenti più brutti e dei posti più brutti della storia d’Italia.”[152].

Nel suo discorso alla Catholic Identity Conference del 24 ottobre 2020[153] l’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha definito l’enciclica papale Fratelli tutti come un “Manifesto massonico” e ha citato come prova l’accoglienza che le è stata fatta dalla Gran Loggia di Spagna e dal Grande Oriente d’Italia[154][155][156][157].

In un’intervista alla Gazzetta del Sud del 4 aprile 2021 l’arcivescovo di Messina Giovanni Accolla qualifica la Massoneria come “setta”[158], il Gran maestro del GOI gli risponde: “non siamo una setta ma una libera associazione[159].

Il 17 dicembre 2022 la Fondazione Grande Oriente d’Italia organizza a Matera un incontro intitolato “Per un’ecologia della Pace. Dialogo tra Massoneria e Religioni per la tutela della Casa Comune”, promosso dalla loggia cittadina Orazio Flacco[160]. La partecipazione di un ecclesiastico cattolico, professore di teologia, è criticata da parte cattolica[161], con un esplicito richiamo alla Dichiarazione sulla Massoneria della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1983[162].

Il 13 novembre 2023 il Dicastero per la Dottrina della Fede, in una risposta approvata dal Papa, ribadisce la condanna della Chiesa alla Massoneria[163], richiamando ancora una volta la Dichiarazione sulla massoneria del 1983[164].

Il 20 settembre di ogni anno, data della breccia di Porta Pia[165][166][167], si celebra la festa della Massoneria italiana[168].

Panorama delle principali comunioni

Palazzo Giustiniani, sede del Grande Oriente d’Italia (GOI), dal 1901 al 1985

La Comunione massonica più numerosa in Italia è rappresentata dal Grande Oriente d’Italia (GOI) (detta di Palazzo Giustiniani, sede storica dal 1901 al 1926 allorquando Mussolini lo requisì e poi in parte sino al 1985 quando il GOI trasferì la sua sede alla villa del Vascello sul Gianicolo) che consta oltre 23.000 iscritti distribuiti in più di 860 logge. È una grande famiglia – risalente alla fondazione del 1805 – che accoglie i Massoni che operano nelle varie declinazioni.

È la comunione massonica riconosciuta come regolare dalle Grandi Logge numericamente più importanti del mondo, quelle degli Stati Uniti d’America. È riconosciuta anche dalla United Grand Lodge of England, la “Gran loggia Madre del Mondo”, dalla quale sono gemmate, direttamente o indirettamente, tutte le logge della massoneria mondiale. Invero, la United Grand Lodge of England, ha nel 1972 riconosciuto il Grande Oriente d’Italia. Tale riconoscimento è stato ritirato nel 1993 ed è stato restituito nel 2023.[169]

Nel 1993 il dimissionario Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Giuliano Di Bernardo, fuoriuscito ed espulso dal GOI, con il supporto di un piccolo numero di logge del Grande Oriente d’Italia che lo hanno seguito ha fondato la Gran Loggia Regolare d’Italia (GLRI)[170]. Che dopo qualche mese ha ottenuto il riconoscimento della United Grand Lodge of England. La GLRI è stata pensata come Società Iniziatica/Esoterica che fa meticolosamente capo all’antica e tradizionale libera muratoria Inglese del XVIII secolo e non come un associazionismo massonico di stampo illuminista, che mira a operare come istituzione all’interno del tessuto sociale. Oggi la Gran Loggia Regolare d’Italia (GLRI) conta un numero esiguo di iscritti di circa 2.400. Nel 2001 Di Bernardo viene espulso dalla GLRI e avvia un nuovo progetto di un ordine paramassonico, denominato Dignity Order[171].

Quasi tutte le comunioni attualmente operanti in Italia o di lingua italiana nascono da divisioni e scissioni dalle principali comunioni, o comunque per iniziativa di persone appartenenti precedentemente a una di esse, con l’eccezione dell’Ordine Le Droit Humain, come vedremo più avanti. Anche se non è semplice determinare con esattezza il reale numero degli iscritti, da fonti delle comunioni stesse e dall’Eurispes, Rapporto Italia 2008, si evince che l’istituzione con il maggiore numero di aderenti risulta il Grande Oriente d’Italia (cosiddetta obbedienza “di Palazzo Giustiniani”, dalla sua sede storica), che accetta solo uomini.

Sigillo della Gran Loggia d’Italia degli Alam

Poi vi è Gran Loggia d’Italia degli Alam (detta anche obbedienza “di piazza del Gesù”, dalla sua sede storica, o “di Palazzo Vitelleschi” dalla sua sede attuale), che è un’obbedienza mista, in quanto accetta uomini e donne. Dal 2016, dopo la fuoriuscita da quest’ultima dell’Ex G.M. Luigi Pruneti è stato costituito l’Ordine Massonico Tradizionale Italiano (che attualmente conta già la presenza di oltre 1000 fra fratelli e sorelle nel territorio italiano). Segue come quarta (numericamente) la solo maschile Gran Loggia Regolare d’Italia. Meritano di essere menzionate anche l’obbedienza mista del Supremo Consiglio d’Italia e San Marino, e la Federazione italiana dell’Ordine Massonico Misto “Le Droit Humain”, organizzata in Federazioni nazionali. È la più antica delle Obbedienze miste, nata in Francia e la prima a costituirsi internazionale. Tra quelle solo femminili la Gran Loggia Femminile d’Italia (GLFI, 1975), l’unica che nei cinquant’anni della sua esistenza ha mantenuto inalterata l’identità massonica italiana ed è rimasta attiva sul territorio nazionale, e la Gran loggia massonica femminile d’Italia, che è l’unica riconosciuta a livello internazionale. La più antica Comunione Massonica in Italia è il Rito Egizio Tradizionale, nato a Napoli e attivo ininterrottamente dal 1728.[172] Vi sono poi molte altre obbedienze numericamente minori, spesso derivanti da scissioni delle maggiori.[173]

La partecipazione femminile

Maria Deraismes, cofondatrice dell’Ordine Massonico Misto e Internazionale “Le Droit Humain”

La prima struttura organizzata ad accogliere la donna con parità di diritti e dignità iniziatica è stata l’Ordine Massonico Misto e Internazionale di Rito Scozzese Antico e Accettato Le Droit Humain (“Il Diritto Umano”) che nasce internazionale da subito, a Parigi, nel 1893 per impulso di Maria Deraismes e Georges Martin. A oggi è il più vasto sul piano geografico, essendo presente in tutti i continenti. Al pari di altri paesi europei anche l’Italia è stata interessata dall’espansione delle logge miste de Le Droit Humain. La prima loggia dell’Ordine fondata in Italia, distinta dal numero di matricola 16, nacque a Roma nel 1904[174]. Le successive si organizzano in Federazione nel 1916.

La massoneria esclusivamente femminile italiana formatasi negli anni settanta dopo varie esperienze precedenti interrotte, diviene Gran Loggia Femminile d’Italia (GLFI) nel 1975, con la prima Gran Maestra: Marisa Bettoia. Nei 50 anni della sua esistenza a oggi, la GLFI ha mantenuto inalterata l’identità massonica italiana con Costituzione, Regolamenti e Rituali propri, allineati con quelli del Grande Oriente d’Italia (GOI). È tutt’oggi attiva con logge presenti sul territorio nazionale, con l’Ordine e il Rito Scozzese Antico ed Accettato (RSAA), che gestisce in due corpi separati. Quest’ultima si distingue pertanto dalla GLMFI (Gran Loggia Massonica Femminile d’Italia) che, sorta nel 1990, riconosciuta e regolarizzata dalla Gran Loggia Femminile di Francia (GLFF), non è quindi l’unica operativa su suolo italiano (Isastia 2010).

La Gran Loggia Massonica Femminile d’Italia (GLMFI) è attualmente l’unica obbedienza femminile operante in Italia, con statuto e regolamenti riconosciuti a livello internazionale; è retta da un Consiglio Federale democraticamente eletto, al cui vertice è la Gran Maestra; le elezioni delle cariche sono effettuate annualmente, ciascuna di esse non può essere attribuita per più di tre volte consecutive alla stessa sorella. Dall’ottobre 1995 la GLMFI è membro effettivo del CLIPSAS (Centro di cultura e di Informazione delle Potenze Massoniche firmatarie del trattato di Strasburgo del 22 gennaio 1961), e dal marzo 1996 del CLIMAF (Centro di Cultura Internazionale della massoneria Femminile). Nel novembre 2000 ha partecipato alla fondazione dell’Unione delle Obbedienze Massoniche del Mediterraneo. Ha rapporti di amicizia e scambi culturali con le obbedienze che riconoscono l’iniziazione femminile mettendo in pratica il concetto di uguaglianza nella diversità.

Da ricordare per importanza storica[175] la linea femminile (c.d. Massoneria Femminile) delle logge di adozione del Rito Egizio Tradizionale la più antica comunione massonica italiana ancora operante.[8]

Note

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^ In Calabria la prima Loggia Massonica d’Italia, su nuovomonitorenapoletano.it.

^ Ruggiero Di Castiglione, La Massoneria nelle due Sicilie: E i fratelli meridionali del ‘700 – Le Province, Volume 4.

Enciclopedia Treccani, su treccani.it.

^ Domenico Vittorio Ripa Montesano, “Raimondo di Sangro Principe di San Severo primo Gran Maestro del Rito Egizio Tradizionale” Napoli 2011 ISBN 9788894296402

^ Al musicista Francesco Xaverio Geminiani primo italiano ad aderire ad una Loggia Massonica speculativa, che già aveva vissuto e svolto la sua attività artistica a Napoli, fu affidata dal Gran Maestro della Gran Loggia d’Inghilterra Lord Henry Hare, terzo Barone di Coleraine (1693-1749), unitamente al Fratello George Olivaros, la Deputation per costituire nella Capitale del Regno di Napoli una Loggia Massonica Regolare. Il documento fu siglato d’Ordine del Gran Maestro ad opera del Segretario della Grand Lodge of England Fratello William Reid l’11 Maggio 1728 e conferito ai due Fratelli Italiani il 22 maggio 1728, data ufficiale della Nascita della Loggia Perfetta Unione – Ruggero di Castiglione, La Massoneria delle Due Sicilie; I Fratelli Meridionali del ‘700, Gangemi Editore, Roma, p.15-16.

^ Carlo Francovich, Storia della Massoneria in Italia, i Liberi Muratori italiani dalle origini alla Rivoluzione francese, Milano, Ed. Ghibli, 2013, p. 189.

^ Proposta di biografia di Tommaso Crudeli (a cura del Prof. Renzo Rabboni) presentata al Prof. Fabio Roversi Monaco il 9 maggio 2003 a Bologna, per inserirla nel Dizionario Biografico degli Italiani dell’Enciclopedia Treccani (PDF), su crudeli.org. URL consultato il 14 luglio 2009 (archiviato dall’url originale l’8 dicembre 2015).

^ Carlo Francovich, Storia della Massoneria in Italia, i Liberi Muratori italiani dalle origini alla Rivoluzione francese, Milano, Ed. Ghibli, 2013, p. 176, n.8.

^ Ruggero di Castiglione – Alle sorgenti della Massoneria Atanor Roma 1988 pag. 63 ISBN 9788851086350

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^ Il Tribunale di Reggio Calabria dà ragione al GOI e condanna l’ex Procuratore Cordova al pagamento delle spese processuali, su grandeoriente.it. URL consultato il 15 novembre 2021.

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^ Il biennio nero 1992-1993: la cronistoria di 30 anni di caccia alle streghe. Intervista al Gran Maestro Stefano Bisi, su grandeoriente.it. URL consultato il 10 luglio 2022.

^ Nel novembre 1922 il IV Congresso moscovita dell’Internazionale Comunista, nella sua ventiduesima risoluzione, proibiva ai militanti dei partiti comunisti l’appartenenza alla massoneria.

^ Accettazione dell’ordine del giorno Zibordi-Mussolini al congresso di Ancona del Partito Socialista (26-29 aprile 1914), che con quasi i tre quarti dei voti sancì l’incompatibilità tra socialismo e massoneria.

^ Il 13 febbraio 1923 il Gran Consiglio del Fascismo sancì l’incompatibilità tra l’adesione alla Massoneria e l’iscrizione al Partito Nazionale Fascista, vedi Aldo Alessandro Mola, Storia della Massoneria in Italia dal 1717 al 2018, Bompiani/Giunti, Firenze-Milano, 2018, p. 550.

^ Il suo Statuto specificava che “sono esclusi dal partito coloro i quali appartengono ad associazioni massoniche”.

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Bibliografia

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BRICIOLE DI SIMBOLI E SIMBOLOGIA

Briciole di Simboli & Simbolismi

di Stefano Cappelletti

                Il termine simbolo derivante dal greco “simbolon”, ovvero segno di riconoscimento, indica prevalentemente un concetto che viene reso fruibile attraverso una rappresentazione analogica che esclude in maniera quasi totale il ricorso alla parola scritta o parlata, che rende sensazioni e concetti che baypassando la ragione giungono direttamente alla parte centrale del nostro animo.

Ma è evidente che, nel nostro viaggio attraverso la realtà tangibile, siamo costantemente circondati da simboli dei quali non siamo sempre consapevoli e da altri di cui non è agevole trovare la chiave di lettura.

Il più semplice e noto simbolo massonico è la squadra: un semplice utensile da sempre usato dai muratori per verificare l’esattezza degli angoli retti. Ma oltre a questo cosa altro può essere, cosa può rappresentare?

Ebbene il simbolo-concetto squadra ha in ambito massonico un valore fondamentale, anche se non di immediata comprensione per il neofita che deve sviscerarlo all’inizio del suo cammino iniziatico.

Rappresenta la capacità di giudicare (e conseguentemente agire) correttamente, la volontà ferma di rispettare quell’insieme di valori morali insiti sin dall’antichità nel concetto di “angolo giusto” ovvero retto.

Nell’antico Egitto il geroglifico kan, che esprimeva il concetto di rettitudine interiore ed esteriore, era rappresentato, appunto, da una squadra.

Ponendo noi stessi come “strumenti di misura” di ciò che ci circonda è evidente che dobbbiamo dapprima tarare la nostra personale scala di valori di riferimento nella maniera corretta, una scala di misurazione che sia il più possibile stabile. Un modo di porsi davanti agli eventi che ha più affinità con l’imparzialità (riguardo agli eventi, ma anche verso se stessi) che con la virtù cardinale della giustizia.

Questo è all’apparenza un concetto abbastanza facile da comprendere, ma altra cosa è il traslarlo sul piano pratico, come ogni sincero Massone può testimoniare.

Provare a metterlo costantemente in pratica nella vita quotidiana…. in ogni contatto con gli altri domandarsi se stiamo agendo nella maniera corretta, se siamo “giusti ” o meno.

Le infinite possibilità e varianti che la vita ci propone avranno bisogno di altrettante risposte e non è nemmeno detto che a parità di situazioni i comportamenti “retti” siano sempre gli stessi, il variare di un fattore – fosse anche il solo tempo – impone un cambiamento.

E’ evidente come una “battaglia” combattuta in inverno necessita di una diversa strategia rispetto alla stessa combattuta in estate.

Ma la squadra è rigida…. segna sempre e costantemente un angolo di novanta gradi, e mal si adatta alle misure differenti.

Per questo per completarsi ha necessità del compasso.

Anch’esso, benchè più complesso, è uno strumento piuttosto usuale, tutti lo abbiamo maneggiato e sappiamo a cosa serve: a tracciare cerchi ed archi di raggio costante.

Ma il simbolo a cosa si riferisce? Alle capacità immaginative e creative dell’uomo. Proprio per la sua insita ecletticità attraverso il suo uso si possono tracciare non solo infiniti cerchi, ma risolvere problemi grafici di una certa complessità.

Ma fino ad un certo e determinato punto dato dalle estensione massima dei suoi bracci, oltre anche il compasso diviene inutile al suo scopo principale, potendo tracciare solo delle linee rette.

Quale migliore metafora per rappresentare l’intelletto umano, capace di mirabili opere entro il suo ambito terreno, ma incapace di superare i limiti imposti dalla sua condizione terrena; oltre la massima estensione del compasso esiste l’intangibile , il non conoscibile per esperienza diretta, il G.·. A.·. D.·. U.·..

E’ quindi dall’unione di questi due oggetti (che sono Massonicamente concetti o insiemi di concetti) che si viene a realizzare l’armonizzazione tra due forze apparentementi opposte, la rigidità della squadra e la mobilità del compasso.

Rettitudine e fantasia, difficile trovare fra di essi un equilibrio duraturo; in genere l’essere umano tende ad essere, a seconda delle situazioni, sopraffatto dall’uno o dall’altro e ciò dà origine a comportamenti opposti ed all’apparenza inconciliabili da cui nascono sin troppi attriti personali e sociali. Basti pensare al mai soluto scontro fra generazioni, tra padri e figli, tra ordine costituito ed anarchia, tra uomini e donne, tra ordine e caos.

Si nota abbastanza agevolmente che ogniqualvolta un elemento diviene eccessivamente preponderante viene inevitabilmente controbilanciato dalla necessità del suo opposto essendo entrambi aspetti caratteriali presenti nell’animo umano.

Ovvero, all’apparenza, queste due tendenze, quando sbilanciate tendono, sul principio dei vasi comunicanti, ad equilibrarsi.

L’unione tra due oggetti è generalmente realizzata con il compasso in posizione corretta (noce in alto e punte in basso) e la squadra con i bracci in alto ed il vertice in asse con la noce posto poco sopra le punte del compasso.

Subito si può notare come essi formino due frecce che indicano, contrapposte, il cielo e la terra, il sopra ed il sotto, il divino ed il terrestre e che quindi sono, anche qui, caratterizzazione e unione di concetti opposti. Ma un altro aspetto fondamentale è che la loro sovrapposizione si può realizzare in tre fondamentali modi, che rappresentano poi anche, ma non solo, il percorso seguito dai singoli all’interno del cantiere-Loggia-officina.

Nella prima la squadra è completamente sovrapposta al compasso, stando a significare che in una prima fase (apprendistato appunto) è la forza di volontà ad essere preminente sulla fantasia e che il bisogno di imporsi, di rispettare delle regole (anche se per il momento non compiutamente comprese) deve essere il primo impegno di chi entra a far parte della M.·..

Nella seconda i bracci dei due elementi si trovano incrociati e quindi, dopo un periodo di apprendimento e maturazione, non si può e non si deve reprimere del tutto la fantasia, ma dargli modo di esprimersi pur se all’interno di regole ancora ben determinate.

Nella terza il compasso è completamente sovrapposto alla squadra; allora la fantasia ben esercitata ed addestrata è libera di esprimersi certa che non darà origini ad incongruenze, perchè conosce i limiti e le leggi fondamentali entro le quali può muoversi. E’ cosciente dell’esistenza del cielo, ma anche della terra.

E’ un Artista pronto a realizzare le propria e personale Opera.

Queste tre fasi sono – o dovrebbero essere – quelle della corretta crescita, educazione e maturità di una persona, di un artigiano, di un artista, ma anche di una società umana.

Volendo continuare si potrebbero ricercare svariati significati attribuili ai simboli trattati, ma questa esposizione (pur se riduttiva nel suo schematismo) è importante per dimostrare quale può essere la forza insita nel linguaggio dei simboli.

Non solo per i concetti in se stessi, ma perchè dimostra, a mio avviso, come attraverso il linguaggio simbolico determinati concetti divengono (una volta assimilati correttamente) immediatamente fruibili acquistando al contempo una forza ed una potenza per lo più sconosciuta alle parole, chiunque guardando un simbolo può sentire (non pensare) ad un concetto e via di seguito a quelli ad esso collegati attraverso delle sensazioni che giungono direttamente al nostro intimo a prescindere dall’idioma, dalla razza, dall’età e dalla cultura di provenienza.

Sono i simboli il solo ed unico linguaggio universale che permette di realizzare appieno e concretamente una vera fratellanza di sentimenti.

Ed il concetto arriva diretto, senza intermediazioni assumendo varie sfaccettature soggettive che completano il messaggio principale.

Ci si soffermi solo un attimo a riflettere su quello che nel corso della storia ha significato a livello sia profano che iniziatico il simbolo della croce.

Attraverso il simbolo e la meditazione su di esso l’adepto riesce a rendere attiva la sua iniziazione, attraverso il simbolo esso può conoscere l’essenza delle cose che è simile per tutte e quindi può raggiungere quella conoscenza intuitiva che gli permetterà di avvicinarsi alla saggezza.

Una volta tolto il velo delle apparenze esso si renderà conto di come e quanto ogni cosa si assomigli (nel suo originale aspetto) alle altre e sia permeata dalla stessa energia e di come i simboli siano distillato di questo.

Quello sopradescritto è un linguaggio che racchiude enormi potenzialità, come ben sanno i moderni pubblicari impegnati a creare e promuovere simboli consumistici dove il continuo accostamento di un prodotto e di un marchio con dei concetti piacevoli ed appaganti tende a creare nella coscienza collettiva un automatismo per cui il solo fatto di “possedere” un certo marchio appaga un bisogno prima mentale che fisico.

E’ certamente questo un uso non corretto del potere del simbolismo, ma comunque indicativo della potenza del mezzo.

La sola condizione necessaria è che il simbolo sia sempre presente ed adeguatamente studiato, deve essere vissuto per rimanere in contatto con noi, e purtroppo la società occidentale ha perso contatto con quelli realmente importanti sostituiti da quelli mass-mediatici.

Il simbolo Tradizionale invece adempie ad una funzione insostuibile: conduce l’uomo verso l’Essenza e gli trasmette un insegnamento iniziatico ed esoterico, è un ponte tra l’uomo ed il sacro.

Maestro Eckhart diceva del simbolo che “la sua forma è rivelazione dell’essenza”.

I nostri predecessori, i massoni costruttori delle cattedrali medievali, costruivano non per sè stessi, ma in nome del creatore cercando di avvicinare la terra al il cielo e le loro opere, veri libri di pietra dove la forma diveniva indissolubilmente sostanza, parlavano il linguaggio dei simboli e nel cantiere il personaggio più importante dopo il Maestro dell’ Opera era lo scultore dei capitelli che modellava le immagini simboliche.

La stessa regola che scandiva la vita di questi artigani che realmente si scorticavano la mente e le mani sulla pietra grezza era una grande lezione di vita tanto che il passagggio dalle regole delle gilde muratorie operative alle costituzioni e “old charges” della massoneria speculativa di Anderson non fu certamente traumatica o distruttiva. In altre parole le leggi, nate dalla pratica e divenute simboliche, che possiamo ritrovare in antichi manoscritti propriamente operativi (come il Poema Regius o il manoscritto di Cooke ) non sono affatto dissimili nello spirito da quelli che tuttora regolano le basi della moderna L.·.  M.·..

E questo perchè provenienti da una comunità che viveva ed era essa stessa un simbolo, così come lo era la propria occupazione… costruire.

E che quindi si poneva al suo interno, similmente ad una attuale Loggia Massonica, in uno spazio a-temporale così come ciò che produceva.

In ultima analisi se è vero che siamo costantemente circondati da manifestazioni simboliche uno dei compiti dell’iniziato è quello di esserne cosciente al punto da acquistare la consapevolezza che lui stesso lo è (o può diventarlo) e da questo ricavarne le conseguenti responsabilità, morali e pratiche, verso sè stessi e verso il proprio prossimo.

Responsabilita che derivano dal fatto che le nostre azioni, le nostre parole, anche i nostri pensieri sono simboli e possono modificare la realtà che ci circonda, influire sulla nostra ed altrui vita e quindi devono essere trattate con estrema attenzione, preparazione e prudenza.

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GLI ALBORI DELLA COSCIENZA UMANA

    GLI ALBORI DELLA COSCIENZA UMANA

    Sin da quando l’uomo è apparso sulla terra, si è sempre trovato di fronte al mistero della propria natura e del proprio ambiente. Per migliaia di anni la sua esistenza si è praticamente limitata alla conservazione del benessere fisico. All’alba dell’umanità, viveva continuamente nel timore di essere sbranato dalle belve, sopraffatto dagli elementi naturali, ucciso dai propri simili. Incapace di riflettere sul passato per essere in grado di progettare il futuro, la sua memoria e immaginazione erano prigioniere di un eterno presente. Lo spazio, che fungeva da cornice alla sua attività cosciente, era quello che le facoltà sensorie gli permettevano di percepire: l’orizzonte segnava i confini del mondo terreno e la volta stellata i limiti dell’universo celeste. Ma il tempo domina l’evoluzione e, dopo molte generazioni, l’uomo giunse a esercitare una certa forma di dominio sul proprio ambiente e ad accedere definitivamente a una condizione di vita superiore a quella animale.

    La scoperta del fuoco fu probabilmente l’evento che più rivoluzionò la vita dell’uomo preistorico poiché gli portò un benessere inestimabile sia sul piano fisico che emozionale. Poté vincere le tenebre, scaldarsi, cuocere il cibo, difendersi dalle fiere e prolungare le ore di veglia. Progressivamente il timore nel quale viveva lasciò il posto a un sentimento di sicurezza. Incominciò allora a riflettere sul posto che occupava nell’universo, sul senso della nascita, della vita e della morte. Si risvegliò alla coscienza di sé e, senza rendersene conto, incominciò a percorrere il sentiero del “Conosci te stesso”. In altre parole, si iniziò alla propria anima e pose in essa le basi della propria evoluzione spirituale.

    Molti secoli sono trascorsi da quando l’uomo ha capito di essere ben più di una semplice creatura vivente. Tuttavia, i quesiti che continua a porsi sul perché e il come della propria esistenza non sempre trovano risposte soddisfacenti. La scienza può oggi spiegarci la maggior parte dei processi fisiologici che permettono la vita organica di un essere umano, dal concepimento alla morte. Ma non è sempre in grado di dire con precisione ciò che avviene dopo l’ultimo soffio. Nessuno può negare che la dipartita verso l’aldilà costituisce uno dei più grandi enigmi che si siano mai presentati alla coscienza umana.

    Possiamo quindi affermare che la morte è veramente il mistero dei misteri.

Dalla nascita alla morte

    Per i nostri antenati, la nascita di un bambino era indubbiamente un avvenimento miracoloso che suscitava al tempo stesso ammirazione e paura. Non potendola comprendere né spiegare, l’attribuivano a uno spirito invisibile che aveva preso possesso del corpo della madre e lo lasciava a un dato momento sotto forma di neonato. L’evento della morte li rendeva ancor più sgomenti poiché, contrariamente alla nascita, è caratterizzato da un’inerzia totale e definitiva. Immaginate ciò che l’uomo primitivo ha potuto sentire quando si è trovato, per la prima volta, di fronte alla nascita di un bimbo o alla morte di una persona cara! In entrambi i casi si trattò di un’esperienza interiore molto importante. Mai più, in seguito, poté dimenticare quanto aveva visto e provato in queste circostanze.

    Durante la sua evoluzione, l’uomo giunse a capire che lui stesso aveva dovuto nascere così come aveva visto fare. Capì anche che lui stesso sarebbe morto un giorno sprofondando nello stato di totale inerzia che aveva osservato negli altri. Il fatto di essere nato non lo toccò, forse, quanto il presentimento che sarebbe morto, poiché aveva potuto vedere personalmente ciò che faceva seguito alla nascita, mentre non aveva idea di quanto accadeva dopo la morte. La fine dell’esistenza terrena divenne così uno dei più grandi misteri per l’uomo e lo è ancora ai giorni nostri. Questo perché essa porta verso l’ignoto e contiene la risposta alla domanda fondamentale che inevitabilmente ci poniamo: “Perché siamo su questa Terra?”.

I vincoli del materialismo

    Coloro che hanno una visione materialista dell’esistenza, considerano la morte in maniera negativa poiché non vedono alcuna ragione di concepirla diversamente. Ritenendo l’uomo solo una massa di carne tenuta in vita da determinate funzioni fisico-chimiche, controllata da una coscienza essenzialmente cerebrale, limitano la vita umana a un processo meccanico che viene ad arrestarsi con l’interruzione di queste funzioni e l’annichilimento di questa forma di coscienza. In altre parole, la morte porta soltanto al nulla. Sentono che il destino di ognuno è determinato dal caso e che l’umanità evolve unicamente sotto l’effetto di un istinto collettivo di sopravvivenza.

    Per colui che nega la dimensione spirituale nell’essere umano, tutto sulla scena dell’esistenza è teatro dell’ingiustizia e dell’incoerenza. È così perché vive nel mondo degli effetti e ignora il regno delle cause. Non comprende che il mondo di illusioni e apparenze nel quale si dibatte, procede da una Realtà Cosmica ove regnano ordine e armonia. Per tale ragione è incapace di cogliere che il visibile è in effetti un’emanazione dell’invisibile e il finito un’estensione dell’infinito. Prigioniero della ragione, costruisce la propria vita su basi giudicate razionali ma, ahimè, fragili come gli ideali che persegue. Vede i giorni scorrere inesorabilmente e si incammina con angoscia verso la morte, scadenza ultima che ha portato come una croce per tutta la vita.

La dualità dell’uomo

    Da secoli i mistici affermano che il destino dell’uomo oltrepassa ampiamente l’interludio cosciente che scorre dalla nascita alla transizione, impropriamente chiamata “morte”. Per loro l’essere umano è duplice. Possiede un’anima che si incarna nel momento in cui il neonato inspira per la prima volta, facendo di lui un’entità vivente e cosciente. Nell’istante in cui l’uomo esala l’ultimo respiro, essa si dissocia dal corpo al quale ha dato vita terrena e si fonde di nuovo con la Grande Anima Universale. La morte è solo il passaggio da un piano di coscienza a un altro, il ritorno a una condizione preesistente all’incarnazione in questo mondo materiale. In altre parole, corrisponde a una rinascita nel mondo invisibile. Per questo i Rosacrociani pensano che la morte sia soltanto una transizione dell’anima e costituisca uno dei due aspetti della Vita Universale.

Raffigurazione egizia della dualità (Per gli antichi Egizi la dualità dell’uomo era un dato di fatto. L’anima, chiamata “bà”, era rappresentata da un uccello: pensavano si elevasse verso il regno di Osiride dopo la morte. Il corpo, chiamato “khàt”, era simboleggiato da una statuina)

    Quando lascia il corpo fisico al momento della morte, l’anima resta cosciente della sua identità e si eleva gradualmente verso la nuova dimora, guidata da entità spirituali che hanno questo ruolo e dagli esseri cari che l’hanno preceduta nell’aldilà. Raggiunto il piano di coscienza corrispondente al suo livello di evoluzione, prosegue nell’invisibile un’esistenza basata sulle grandi lezioni che deve trarre dalla vita terrena appena terminata. A partire da questo bilancio e dai decreti karmici che ne derivano, si stabiliscono non solo le condizioni del suo soggiorno nel mondo spirituale, ma anche la trama dell’incarnazione successiva. Teniamo a precisare “incarnazione successiva”, poiché non si può vedere la morte dal punto di vista mistico senza essere al tempo stesso convinti che sarà seguita da altre vite sulla Terra.

Il dominio della vita

    Basta osservare l’atteggiamento dei nostri contemporanei di fronte alla morte, per capire che l’idea che se ne fanno influenza considerevolmente il loro modo di vivere. Ciò che la rende così angosciante, per molte persone, è l’ignoranza nella quale si mantengono o sono mantenute nei suoi confronti. Perciò è importante rompere i tabù che circondano questo grande avvenimento della vita umana. La scienza materialista non può arrivare a spiegarlo perché, nella sua preoccupazione di voler interpretare tutto razionalmente, pensa che la morte corrisponda alla cessazione di un processo biologico e alla sparizione definitiva dell’entità cosciente che beneficiava di questo processo. La religione, dal canto suo, pur predicando l’esistenza dell’anima e del dopo-vita, si perde in congetture contraddittorie sul perché e come della dimensione spirituale dell’uomo.

    Nell’interludio cosciente che trascorre tra la nascita e la morte, l’uomo vive il suo destino cercando di sopportare come meglio può le vicissitudini dell’esistenza. Egli aspira profondamente alla felicità, però non sa come né dove trovarla. La ricerca spesso nei piaceri dell’esistenza materiale, ma la realtà quotidiana gli dimostra che tali piaceri sono effimeri e lasciano sempre un vuoto da colmare. Questo vuoto rappresenta appunto l’abisso che esiste, per molti di noi, tra l’anima e il corpo. Allo scopo di riconciliare l’uomo con se stesso e permettergli di meglio padroneggiare la sua vita, un’Organizzazione come l’Antico e Mistico Ordine della Rosa-Croce perpetua da secoli l’insegnamento che gli Iniziati si sono tramandati nei tempi.

    La Sfinge di Giza

    (Le origini tradizionali dell’A.M.O.R.C. risalgono alle scuole di misteri dell’antico Egitto. I candidati all’iniziazione dovevano prestare giuramento davanti alla Sfinge)

    STORIA DELL’ANTICO E MISTICO ORDINE

    DELLA ROSA-CROCE

    L’Antico e Mistico Ordine della Rosa-Croce, conosciuto nel mondo con la sigla A.M.O.R.C., non è un movimento filosofico di recente creazione. La Tradizione ne ascrive le origini alle scuole di misteri dell’antico Egitto. In queste scuole, mistici illuminati si riunivano regolarmente per studiare i misteri dell’esistenza da cui il nome “Scuole di misteri”. Raggruppavano tutti coloro che ricercavano una migliore comprensione delle leggi naturali, universali e spirituali. La parola “mistero”, ai tempi antichi, cioè all’epoca delle grandi civiltà egizia, greca e romana, non aveva l’odierno significato di “insolito” o “strano”, bensì si riferiva a una gnosi o saggezza segreta.

Le scuole di misteri

    In Egitto, una delle prime scuole di misteri fu la Scuola Osiriaca. Gli insegnamenti trattavano della vita, la morte e la risurrezione del dio Osiride. Erano presentati sotto forma di lavori teatrali o più precisamente dì drammi rituali. Solo coloro che avevano dimostrato il proprio sincero desiderio di conoscenza potevano assistervi. Nel corso dei secoli queste scuole aggiunsero una dimensione ancora più iniziatica al sapere che trasmettevano. I loro lavori mistici assunsero un carattere più chiuso e si tennero esclusivamente in templi costruiti allo scopo. Secondo l’insegnamento rosacrociano, i templi più sacri per gli iniziati erano le grandi piramidi di Giza. Contrariamente a quanto affermano alcuni storici, queste piramidi non sono state costruite per la sepoltura di qualche faraone: erano luoghi di studio e di iniziazioni mistiche.

    Le iniziazioni ai misteri egizi comprendevano una fase finale durante la quale il candidato faceva l’esperienza di una morte simbolica. Disteso in un sarcofago, mantenuto mediante apposite tecniche mistiche in uno stato intermedio, veniva indotto a sdoppiarsi, cioè conoscere una separazione momentanea tra corpo e anima. Ciò doveva dimostrargli che era un essere duplice. Così non poteva più dubitare che l’uomo possedesse una natura spirituale e fosse destinato a ritornare al Regno Divino. Dopo aver fatto la promessa di non rivelare nulla dell’iniziazione ed essersi impegnato a seguire il sentiero del misticismo, era gradualmente istruito sugli insegnamenti più esoterici che un mortale potesse ricevere.

    Gli Iniziati dell’antico Egitto lasciarono una parte della loro saggezza sui muri dei templi e su numerosi papiri. Un’altra parte, non meno importante, fu segretamente trasmessa in modo orale. Il celebre egittologo E. A. Wallis Budge, in una delle sue pubblicazioni, cita con rispetto le scuole di misteri. “Uno sviluppo progressivo – egli scrive -, deve aver avuto luogo nelle scuole di misteri e sembrerebbe che alcune fossero totalmente sconosciute sotto l’Antico Regno. Senza dubbio i “misteri” erano parte integrante dei riti egizi. Si può quindi affermare che l’Ordine costituito dei Kheri-Hebs (sacerdoti) possedeva un sapere esoterico e segreto gelosamente custodito dai suoi Maestri. Avevano acquisito una gnosi, una conoscenza superiore che non fu mai posta per iscritto, ed erano anche in grado di accrescere o ridurre il suo campo di azione secondo le circostanze. È quindi assurdo cercare nei papiri i molteplici segreti che formavano la gnosi esoterica dei Kheri-Hebs”.

Sigillo del Faraone Tutmosi III(Sigillo del Faraone Tutmosi III, fondatore dell’Ordine)

I faraoni mistici

    La Tradizione rosacrociana riporta che il faraone Tutmosi III (1504-1447 a.C.), considerato dagli storici uno dei più grandi della 18° dinastia, faceva parte degli iniziati che frequentavano le scuole di misteri dell’Egitto.

Alla sua epoca funzionavano in modo totalmente indipendente e adottavano regolamenti propri. Designato dai Kheri-Hebs a succedere al padre sul trono, Tutmosi III decise di raggruppare tutte queste scuole in un solo Ordine retto dalle stesse regole, al fine di farne una Fraternità Unica. Per la sua intelligenza e saggezza fu scelto come Gran Maestro, funzione che mantenne fino alla morte. Fu il primo sovrano a portare il titolo di “faraone”, cosa molto significativa sul piano mistico.

    Circa settant’anni più tardi, il faraone Amenhotep IV nacque nel palazzo reale di Tebe. Ammesso giovanissimo nell’Ordine fondato da Tutmosi III, ne divenne Gran Maestro e ne ristrutturò gli insegnamenti e i rituali. In un’epoca in cui il politeismo era diffuso su tutta la Terra, instaurò ufficialmente il monoteismo. Cambiò il proprio nome e si fece chiamare “Akhenaton” che significa “devoto di Aton”. Fu il promotore di una rivoluzione nel campo dell’arte e della cultura. Profondamente umanista, consacrò tutta la sua esistenza alla lotta contro le tenebre dell’ignoranza e alla propagazione degli ideali più elevati. Poco dopo la sua morte che avvenne nel 1350 a.C., il potente clero di Tebe ristabilì il culto di Amon, ma la sua opera apparteneva già alla storia.

Museo di Luxor: testa di Akhenaton(Akhenaton, assieme alla sua sposa Nefertiti, fondò la prima religione monoteista della storia. Scelse il disco solare per simbolizzare il Dio unico della sua comprensione)

L’estensione dell’Ordine in Occidente

    Dall’Egitto, l’Ordine si diffuse in Grecia grazie soprattutto a Pitagora (572-492 a.C.), poi nell’antica Roma sotto l’impulso di Plotino (203-270). All’epoca di Carlo Magno (742-814) fu introdotto, per merito del filosofo Arnaldo da Tolosa, in Francia, Germania, Inghilterra e Paesi Bassi. Nei secoli successivi gli Alchimisti e i Templari contribuirono alla sua estensione in Occidente e in Oriente. Poiché la libertà di coscienza era limitata, l’Ordine dovette nascondersi sotto nomi diversi e svolgere le sue attività nel segreto. Tuttavia non le interruppe mai perpetuando ideali e insegnamenti, partecipando in maniera diretta o indiretta all’avanzamento delle arti, delle scienze e della civiltà in genere, dichiarando sempre l’uguaglianza dei sessi e una vera fraternità tra gli uomini.

Una rinascita ciclica

    In alcune opere letterarie che trattano dell’Ordine Rosa-Croce, si fa riferimento a un personaggio chiamato “Christian Rosenkreutz” (1378-1484) come al fondatore della Fraternità dei Rosa-Croce. È errato. In realtà l’Ordine esisteva già da secoli, ma funzionava per cicli di attività di 108 anni, seguiti ogni volta da un uguale periodo di sonno. Quando era giunto il momento di procedere alla sua rinascita, venivano prese delle disposizioni per annunciare l’apertura di una “tomba” nella quale si ritrovava il “corpo” di un “Gran Maestro C.R.C.” con gioielli rari e manoscritti che autorizzavano gli autori della scoperta a procedere al suo risveglio per un nuovo ciclo di attività. Questo proclama era allegorico e le iniziali “C.R.C.” non si riferivano a una persona realmente esistita. Bisogna quindi considerare il leggendario Christian Rosenkreutz e la sua storia alla luce di queste spiegazioni.

    Nel XVII secolo l’Ordine raggiunse la sua fama più considerevole in seguito alla pubblicazione di tre Manifesti stampati in Germania e attribuiti erroneamente a Valentin Andreae (1586-1654). Si tratta della “Fama Fraternitatis”, della “Confessio Fraternitatis” e delle “Nozze chimiche di Christian Rosenkreutz”, risalenti rispettivamente al 1614, 1615 e 1616. In realtà questi tre manifesti, che uniscono racconti storici e allegorici, furono redatti da un Collegio di Rosacrociani e segnarono l’inizio di un nuovo ciclo di attività per l’Ordine che si fece conoscere allora pubblicamente con il nome di “Ordine della Rosa-Croce”.

    Nel 1693, sotto la guida del Gran Maestro Johannes Kelpius (1673-1708), Rosacrociani provenienti da vari paesi d’Europa si imbarcarono per il Nuovo Mondo a bordo della “Sarah Maria”. All’inizio del 1694 sbarcarono a Filadelfia, dove si stabilirono. Qualche anno più tardi alcuni di loro si recarono nell’ovest della Pennsylvania dove fondarono una nuova colonia. Dopo aver istituito una propria stamperia, pubblicarono parecchi capolavori della letteratura esoterica e introdussero in America gli insegnamenti Rosa-Croce. Sotto il loro impulso, numerose istituzioni americane vennero alla luce e il mondo delle arti e delle scienze conobbe negli Stati Uniti uno sviluppo senza precedenti. Personaggi eminenti come Benjamin Franklin (1706-1790) e Thomas Jefferson (1743-1826) furono in stretto contatto con l’opera rosacrociana di questo paese.

Il ciclo attuale dell’A.M.O.R.C.

    Nel 1801, secondo le regole stabilite, l’Ordine negli Stati Uniti entrò in un periodo di sonno. Restava però attivo in Francia, Germania, Inghilterra, Svizzera, Spagna, Russia e in Oriente. Nel 1909 Harvey Spencer Lewis (1883-1939), che da anni studiava l’esoterismo interessandosi in particolare alla filosofia rosacrociana, si recò in Francia per incontrare i responsabili dell’Ordine. Dopo aver affrontato numerosi esami e diverse prove, fu iniziato a Tolosa e ufficialmente incaricato di preparare la rinascita dell’Ordine in America.

    Quando tutto fu pronto per la rinascita, negli Stati Uniti venne pubblicato un Manifesto per annunciare il nuovo ciclo di attività dell’Ordine che venne allora chiamato “Antico e Mistico Ordine della Rosa-Croce” (A.M.O.R.C.). Nominato Imperator, Harvey Spencer Lewis sviluppò le attività dell’Ordine in America e incominciò a mettere per iscritto l’insegnamento rosacrociano utilizzando gli archivi affidatigli dai Rosa-Croce francesi. Dopo la seconda guerra mondiale questo metodo di insegnamento fu esteso al mondo intero. Così l’A.M.O.R.C. divenne il depositario dell’autentica Tradizione Rosa-Croce in tutti i paesi dove poteva esercitare liberamente le sue attività.

    Attualmente il francese Christian Bernard, eletto all’unanimità dai membri del Consiglio Supremo alla funzione di Imperator, ha la più alta responsabilità dell’A.M.O.R.C. A questo titolo è il garante delle attività rosacrociane per tutti i paesi del mondo, assistito in questo dai Gran Maestri.

Ritratto di Sir Francis Bacon(Francesco Bacone – Sir Francis Bacon – filosofo e uomo di stato inglese del XVII secolo, fu Imperator dell’Ordine della Rosa-Croce. Autore della “Nuova Atlantide”, a lui i Rosacrociani attribuiscono le opere di Shakespeare)

L’INSEGNAMENTO DELL’A.M.O.R.C.

    L’insegnamento non è opera di una persona, ma di un gran numero di Iniziati che si sono succeduti attraverso i secoli. Risulta dal lavoro che i mistici hanno sempre svolto per penetrare i misteri dell’universo, della natura e dell’uomo, fin dalla più remota Antichità. Come abbiamo affermato precedentemente, ha la sua fonte nell’eredità sacra che l’A.M.O.R.C. ha ricevuto dalle scuole di misteri dell’antico Egitto, soprattutto durante la 18° dinastia.

    Ai nostri giorni l’esistenza di queste scuole è riconosciuta dalla maggior parte degli storici e degli egittologi.

    Alle conoscenze perpetuate dai saggi dell’antico Egitto, si sono aggiunti i concetti filosofici dei grandi pensatori dell’antica Grecia e, alcuni secoli più tardi, di quelli del neoplatonismo. Poi la gnosi segreta fu arricchita dai precetti degli alchimisti rosacrociani del Medioevo. Eminenti personaggi vissuti in epoche meno lontane hanno precisato e sviluppato alcuni aspetti dell’antico retaggio. Per citare solo alcuni nomi, personalità come Dante Alighieri, Pico della Mirandola, Leonardo da Vinci, Cornelio Agrippa, Paracelso, Francesco Rabelais, Giordano Bruno, Francesco Bacone, Jakob Bòhme, Cartesio, Isacco Newton, Goffredo Leibniz, Beniamino Franklin, il conte di Saint-Germain, Cagliostro, Louis-Claude de Saint-Martin, Michael Faraday, Giulio Verne, Giuseppe Mazzini, Claude Debussy, Eric Satie, sono stati membri dell’Ordine o in diretto contatto con esso.

    Dal 1909, inizio del ciclo attuale dell’A.M.O.R.C., altri Rosacrociani, eminenti autorità in vari campi del sapere, hanno dato il loro contributo all’insegnamento dell’Ordine. Tra essi troviamo quelli che hanno svolto o svolgono ancora delle funzioni in seno all’A.M.O.R.C. e membri che come fisici, chimici, biologi, medici o filosofi, lavorano costantemente per l’arricchimento culturale della Conoscenza rosacrociana. Precisiamo “culturale” perché la dimensione spirituale della Tradizione iniziatica dell’A.M.O.R.C. è ciò che è sempre stata e sempre resterà.

    Ai nostri giorni l’insegnamento rosacrociano è diviso in dodici gradi e si presenta sotto forma di monografie inviate mensilmente ai membri dell’A.M.O.R.C. Ogni invio ne comprende quattro. Per quanto possibile devono essere studiate una alla settimana. Una monografia contiene da cinque a dieci pagine circa. L’elenco dettagliato dei soggetti studiati nell’Ordine sarebbe veramente troppo lungo per essere riportato in questa sede. Quindi diamo soltanto un breve excursus dei soggetti trattati nei primi nove gradi.

Il contenuto dell’insegnamento rosacrociano

– Il primo grado è un’esposizione delle leggi fondamentali che reggono il macrocosmo e il microcosmo. Costituisce una sintesi di ciò che i mistici del passato, in particolare i filosofi dell’antica Grecia, hanno insegnato riguardo alle vibrazioni dell’Etere e la struttura atomica della materia. Tale sintesi include i dati scientifici più recenti in questo campo.

– Il secondo grado è dedicato alle leggi della coscienza. Le sue fasi oggettiva, soggettiva e subcosciente vengono studiate in modo approfondito permettendo così una comprensione chiara di quanto gli psicologi insegnano riguardo alle facoltà mentali. Le nozioni sono trattate dal punto di vista della filosofia rosacrociana e, di conseguenza, danno luogo a spiegazioni che trascendono il campo della psicologia.

– Il terzo grado tratta le leggi della vita. Viene dimostrato che queste leggi manifestate sulla Terra traggono origine da un’energia cosmica chiamata Forza Vitale. Viene anche spiegato che i regni minerale, vegetale, animale e umano, costituiscono una catena naturale che l’Intelligenza Divina utilizza per raggiungere lo scopo che si è prefissata, ossia l’evoluzione della coscienza. Dopo aver definito i criteri comuni a tutte le creature viventi si giunge allo studio della vita umana.

– Il quarto grado è interamente basato su un antichissimo manoscritto tratto dagli archivi dell’A.M.O.R.C. Riferendosi ai concetti in esso espressi, costituisce una sintesi dei tre gradi precedenti e tratta soggetti filosofici particolarmente ispiranti. In questo grado sono esposte le leggi principali dell’Ontologia rosacrociana e i principi mistici che uniscono in un tutto coerente materia, coscienza e vita.

– Il quinto grado consiste in un’esposizione unica sulla vita e l’opera dei maggiori filosofi dell’antica Grecia come Talete, Pitagora, Platone, … Il suo scopo è familiarizzare lo studente Rosacrociano con l’insegnamento dei Saggi dell’Antichità greca e i precetti filosofici e scientifici che hanno trasmesso all’umanità. Precisiamo che tutte le monografie di questo grado sono tratte dagli archivi dell’Ordine e si riferiscono a fatti sconosciuti agli storici.

– Il sesto grado è dedicato alla terapeutica rosacrociana. Presenta in modo semplice ma esauriente le principali funzioni del corpo umano, includendo in questo studio un gran numero di regole da seguire per mantenersi in buona salute. La grande originalità di questo grado consiste nello studio dei principi mistici usati da secoli dai Rosacrociani per alleviare e guarire numerose affezioni. Tali principi fanno parte del retaggio trasmessoci dagli Esseni i quali erano esperti guaritori.

– Il settimo grado si riferisce al corpo psichico dell’uomo e alle funzioni che gli sono proprie, tra le quali la proiezione psichica (viaggio astrale). Questo grado comprende anche uno studio approfondito dell’aura umana e dei centri psichici, la maggior parte dei quali corrisponde ai “chakra” delle tradizioni orientali. Segue un esame approfondito dei suoni vocali tradizionali (i mantra) e dell’influenza fisica, psichica e spirituale che esercitano sull’uomo.

– L’ottavo grado è filosofico poiché tratta essenzialmente delle origini dell’uomo e del suo destino. Vi si studiano, di conseguenza, soggetti che riguardano direttamente la sua evoluzione spirituale. Tra questi: il concetto di Dio, l’Anima Universale, l’anima umana e il suoi attributi, il pre-vita, il mistero della nascita, l’applicazione del libero arbitrio, il karma e il modo di padroneggiarlo, il mistero della morte, il dopo-vita, la reincarnazione, l’assistenza ai morenti, il potere della preghiera…

– Il nono grado è consacrato allo studio del simbolismo tradizionale e dei relativi principi mistici. Inoltre i Rosacrociani vengono iniziati a facoltà legate all’anima e che permettono all’uomo di trarre profitto dalla sua natura divina. Precisiamo che queste facoltà non hanno alcun legame con la magia, la teurgia o la taumaturgia, ma fanno appello a leggi spirituali che i Rosa-Croce hanno sempre messo al servizio del Bene. Rientrano piuttosto nell’ambito dell’attuale “parapsicologia”.

    In virtù di una regola tradizionale, non sveleremo il contenuto del decimo, undicesimo e dodicesimo grado. Precisiamo che fin dall’inizio degli studi, l’insegnamento rosacrociano, oltre ai temi citati, comporta delle esperienze consacrate all’apprendimento di tecniche mistiche fondamentali quali la concentrazione, la visualizzazione, la meditazione, l’alchimia spirituale.

    Un Tempio Rosa-Croce

    (Nelle Logge dell’A.M.O.R.C., che sono in genere di stile egizio per tramandare le origini tradizionali dell’Ordine, vengono conferite le iniziazioni rosacrociane)

    L’INIZIAZIONE ROSACROCIANA

    Ogni grado dell’insegnamento rosacrociano è preceduto da una monografia speciale consacrata a un’iniziazione che il membro è invitato a effettuare a casa propria. Oltre a questa iniziazione individuale può recarsi in una Loggia dell’A.M.O.R.C. e partecipare a una cerimonia collettiva che costituisce una preparazione simbolica al grado da studiare. Tale cerimonia, che riunisce vari candidati, si svolge in tutta la sua purezza tradizionale e si ispira a riti effettuati nelle scuole di misteri dell’Antichità. Benché facoltativa, presenta un grande interesse sul piano interiore.

    Senza entrare in considerazioni mistiche che non possiamo sviluppare nel quadro di questo scritto informativo, diremo semplicemente che lo scopo di tutte le iniziazioni rosacrociane è rivelare ai membri un nuovo aspetto della Tradizione Rosa-Croce permettendo loro di prendere maggiormente coscienza della loro anima. Precisiamo che non hanno nulla a che vedere con le pratiche occulte poiché l’A.M.O.R.C. non le ha mai insegnate né approvate. In genere consistono in rituali di grande profondità filosofica e simbolica.

    L’iniziazione rosacrociana non si limita alle cerimonie puntuali che precedono ogni grado. Si tratta in realtà di un processo che continua interiormente per tutta la durata dell’affiliazione all’Ordine. Il suo impatto spirituale è proporzionale all’impegno che ogni Rosacrociano mette nello studio e nell’applicazione dell’insegnamento che gli viene trasmesso. Nell’assoluto permette di raggiungere lo stato di Rosa-Croce, chiamato “stato cristico” nella tradizione cristiana, ma che si può anche chiamare “stato buddhico”. Il Rosacrociano che abbia raggiunto questo stato può essere considerato un vero Iniziato.

Manifesto della F.U.D.O.S.I.

    (Questo manifesto fu firmato a Bruxelles nel 1934 dai più alti responsabili della F.U.D.O.S.I., Federazione Universale degli Ordini e Società Iniziatiche. Stabiliva che l’A.M.O.R.C. è la sola Organizzazione tradizionale e iniziatica  a perpetuare l’eredità dell’autentica Tradizione Rosa-Croce)

    L’ATTUALE ORGANIZZAZIONE

    DELL’ A.M.O.R.C.

    L’Antico e Mistico Ordine della Rosa-Croce è attualmente presente in tutto il mondo e costituisce di conseguenza una Fraternità internazionale. Comprende parecchie giurisdizioni ciascuna delle quali riunisce tutti i paesi della stessa lingua al di là delle frontiere. Esiste così una giurisdizione per i paesi di lingua francese, giapponese, greca, inglese, italiana, nordica, olandese, spagnola, tedesca, ecc. La sede di ogni giurisdizione, tradizionalmente chiamata “Grande Loggia”, è diretta da un Gran Maestro eletto con un mandato di cinque anni.

    Nel suo insieme l’A.M.O.R.C. è diretto da un Consiglio Supremo composto dai Gran Maestri di tutte le giurisdizioni. Questo Consiglio è posto sotto l’autorità e la presidenza dell’Imperator, titolo tradizionale e simbolico che designa il più alto responsabile dell’Ordine. In quanto tale è il garante della Tradizione rosacrociana e sovrintende alle attività amministrative e mistiche di tutte le Grandi Logge. Come ogni Gran Maestro, viene eletto a questa funzione per una durata di cinque anni.

    L’A.M.O.R.C. è dunque mondiale e i suoi dirigenti, di qualunque nazionalità siano, svolgono le attività rosacrociane non come cittadini di questo o quel paese, ma come responsabili di un’Organizzazione mistica le cui attività si estendono al mondo intero. In altre parole, tutte le giurisdizioni riunite formano l’Ordine nel suo insieme e operano in una unità perfetta al servizio di uno stesso ideale, quello della Rosa-Croce. Ne risulta che non vi è obbedienza in seno all’A.M.O.R.C., poiché tutti i Rosacrociani del mondo possiedono le stesse prerogative e ricevono lo stesso insegnamento.

    In ogni giurisdizione i Rosacrociani che lo desiderano possono riunirsi negli Organismi locali che, secondo le attività svolte, hanno il nome di “Loggia”, “Capitolo” o “Pronaos”. Questi organismi operano sotto la responsabilità e l’impulso della Grande Loggia alla quale fanno capo. In generale servono da cornice a incontri fraterni e a lavori che completano lo studio individuale dell’insegnamento scritto dell’Ordine. In questo perpetuano l’aspetto orale della Tradizione Rosa-Croce. Precisiamo inoltre che nelle Logge vengono conferite le iniziazioni rosacrociane.

    Per consentire ai membri che lo desiderano di incontrarsi, l’Ordine organizza dei Convegni mondiali, nazionali o regionali. Secondo il caso, riuniscono Rosacrociani venuti dal mondo intero o residenti in un determinato paese. Comunque sia, danno luogo ad attività culturali e spirituali durante le quali vengono presentati ai partecipanti degli esposti scientifici e filosofici. Non sono naturalmente obbligatori, essendo ogni membro libero di parteciparvi o meno.

    Parallelamente all’insegnamento mistico che mette a disposizione dei membri, l’Ordine possiede una Università interna conosciuta con il nome di “Università Rosa-Croce Internazionale” (U.R.C.I.). Formata essenzialmente da Rosacrociani, effettua ricerche in campi diversi come l’astronomia, l’egittologia, la medicina, la musica, la psicologia, le scienze fisiche e le tradizioni esoteriche. In genere il risultato di queste ricerche viene comunicato solo ai membri dell’Ordine. L’ U.R.C.I. organizza comunque anche conferenze e seminari aperti al pubblico.

    LO STATUTO DELL’ A.M.O.R.C.

    Per definizione, l’A.M.O.R.C. è un’Organizzazione filosofica, iniziatica e tradizionale che perpetua nel mondo moderno l’insegnamento che gli Iniziati si sono trasmessi attraverso i secoli fin dalla più remota Antichità. Non essendo una religione, riunisce membri appartenenti a tutte le confessioni religiose e lascia a ciascuno la possibilità di seguire liberamente il credo di sua scelta. È totalmente apolitico e ciò spiega perché i Rosacrociani provengono da tutti gli ambienti socio-culturali. Naturalmente non è una setta e non è mai stato classificato tale nei rapporti ufficiali pubblicati al riguardo. È privo infatti di ogni settarismo e ha sempre fatto della libertà di coscienza il fondamento della sua filosofia.

    In tutti i paesi del mondo, l’A.M.O.R.C. è riconosciuto come un’Organizzazione senza scopo di lucro. Non ha infatti carattere commerciale. In virtù di questo principio l’insegnamento rosacrociano non viene venduto sotto forma di libro e non può essere in alcun modo acquistato. Come ogni Organizzazione fraterna e culturale, l’Ordine deve sopperire ai propri bisogni e lo fa grazie alla quota annuale versata dai membri. Nonostante le spese considerevoli per l’insegnamento individuale loro dispensato (segreteria, informatica, invii postali, stampa, ecc.), questa quota annuale è molto ragionevole. È tra le più modiche fissate per un movimento filosofico e tradizionale di questo tipo. Inoltre può essere versata semestralmente.

    IL MOTTO DELL’A.M.O.R.C.

    “La più ampia tolleranza nella più rigorosa indipendenza” è il motto dell’A.M.O.R.C. Infatti non è legato a nessuna Organizzazione, eccetto l’Ordine Martinista Tradizionale, movimento filosofico con sede presso la Grande Loggia di Milano, che perpetua l’insegnamento di Louis-Claude de Saint Martin, grande filosofo del 18° secolo. L’Ordine della Rosa-Croce, attento a preservare la propria indipendenza, si mostra tollerante verso tutti gli altri movimenti, poiché il suo ruolo non è giudicarli o criticarli, ma trasmettere il suo insegnamento a coloro che cercano la Conoscenza.

    Il motto che l’A.M.O.R.C. applica nei confronti degli altri movimenti, si ritrova nella natura stessa del suo insegnamento. In altre parole, è spoglio di ogni dogma e non comporta alcun credo settario. Così il rosacrociano, fin dall’inizio della sua affiliazione, è invitato a rimanere un punto interrogativo vivente in rapporto alla conoscenza che gli viene trasmessa. È libero di rifiutare i principi contrari alla propria comprensione personale e quelli che non incontrano la sua approvazione. Scopo del rosacrocianesimo è infatti indurre i membri a porsi delle domande piuttosto che fornire delle risposte categoriche sui vari argomenti. Questo approccio coltiva uno spirito tollerante e pone le basi di una personalità indipendente nella scelta delle proprie convinzioni filosofiche.

    In accordo con il motto, uomini e donne godono di una condizione di totale uguaglianza all’interno dell’Ordine. Come nei cicli anteriori, anche oggi non esiste nell’A.M.O.R.C. segregazione o discriminazione in materia di sesso, razza, nazionalità o religione.

    L’AMMISSIONE ALL’A.M.O.R.C.

    Le qualità richieste per essere ammessi nell’A.M.O.R.C. sono molto semplici: essere interessati al misticismo e aver raggiunto la maggior età. I minori, che abbiano compiuto almeno 15 anni, possono essere accettati con l’autorizzazione dei genitori.

La candidatura individuale

    Qualora dopo aver letto questa pubblicazione, sentiste il desiderio di diventare membri dell’Antico e Mistico Ordine della Rosa-Croce e condividere il suo insegnamento filosofico, iniziatico e tradizionale, vi invitiamo a scrivere alla sede di Milano per ricevere una domanda di affiliazione all’A.M.O.R.C. Dopo averla compilata, sarà sufficiente rinviarla accompagnata dal diritto d’entrata e dalla quota.

I membri associati

    Se un vostro congiunto, membro della vostra famiglia o amico, domiciliato al vostro stesso indirizzo, desidera diventare Rosacrociano, avete la possibilità di affiliarvi come membri associati. In tal caso sarete entrambi considerati membri dell’Ordine a pieno titolo, ma riceverete un solo invio di monografie e generalmente una sola copia di tutto ciò che viene inviato nell’ambito dell’affiliazione all’A.M.O.R.C.

    Il vantaggio di un’affiliazione associata sta nell’ammontare della quota che è molto meno elevata di quella di due membri individuali. È frequente però che amici, membri di una stessa famiglia o congiunti, preferiscano affiliarsi individualmente per disporre con maggiore libertà dei documenti inviati e poterli studiare nelle migliori condizioni.

    Nel caso desideraste affiliarvi con un’altra persona come membri associati, compilate una domanda di affiliazione ciascuno e inviatela insieme a Milano, allegando una lettera che spieghi il vostro desiderio di essere membri associati. In essa precisate a chi dovranno essere inviate le monografie, perché nell’eventualità di una separazione, al destinatario ne spetterà la custodia. Inoltre, non dimenticate di accludere il versamento dei due diritti di entrata e la quota di membri associati.

    Se, dopo essere stata esaminata, la vostra domanda viene accettata, riceverete la tessera di membro e poco dopo il primo invio di monografie. Così comincerà per voi uno studio che, secondo la vostra motivazione e perseveranza, potrà durare tutta la vita. Nel caso la vostra candidatura fosse rifiutata, il versamento del diritto d’entrata e della quota vi sarà restituito.

Una totale libertà

    Ci sembra importante insistere sul fatto che un Rosacrociano può, in ogni momento e senza alcuna riserva, porre fine alla propria affiliazione. In tal caso gli viene semplicemente richiesto di restituire alla sede della sua giurisdizione tutte le monografie ricevute in quanto proprietà legale e morale dell’Ordine. È il solo obbligo cui si deve sottostare in caso di dimissioni. Tuttavia di rado viene presa tale decisione dopo aver studiato soltanto per qualche mese l’insegnamento rosacrociano. L’esperienza prova infatti che esso costituisce una fonte di benessere inestimabile e permette di comprendere meglio il senso del destino umano.

    Nei secoli passati, l’Ordine della Rosa-Croce era considerato, giustamente, una società segreta. Se esce dalla sua discrezione, lo fa perché il contesto mondiale lo necessita. I suoi dirigenti e membri, infatti, sono convinti che l’epoca attuale è determinante per il genere umano. Come dice André Malraux in una frase divenuta celebre, “Il ventunesimo secolo sarà spirituale o non lo sarà affatto”, nel senso che l’umanità sopravviverà solo se si libera del materialismo eccessivo nel quale si è immersa e dà una direzione spirituale al suo avvenire. Per questo l’A.M.O.R.C. compie degli sforzi per sensibilizzare il mondo al misticismo e presentare l’insegnamento tradizionale e iniziatico, che mette a disposizione di tutti coloro che sono alla ricerca di maggior Luce.

    Prima di concludere e lasciarvi meditare sul seguito che conviene dare a questa pubblicazione, insistiamo sul fatto che il misticismo rosacrociano non è una via facile e si rivolge unicamente ai ricercatori sinceri. La Rosa, infatti, non è senza spine e la Croce è talvolta difficile da portare. In altri termini, non pensate che un’affiliazione all’A.M.O.R.C. farà di voi un Maestro in pochi mesi o vi preserverà dalle prove dell’esistenza umana. Il sentiero che porta alla Conoscenza è sempre stato arduo, tortuoso e pieno di ostacoli. Tuttavia esiste e può essere intrapreso da chiunque aspiri a elevarsi verso una migliore comprensione delle leggi che reggono il proprio destino. Si tratta, innanzitutto, di una questione di motivazione interiore fondata sul desiderio sincero di vivere in armonia con se stessi e con l’ambiente.

Simbolo ufficiale dell’Ordine

    L’Antico e Mistico Ordine della Rosa-Croce viene chiamato anche “Ordine della Rosa-Croce A.M.O.R.C.”. Denominazione usata per associare con uno stesso vocabolo il nome tradizionale dell’Ordine e la sigla con la quale è conosciuto nel mondo dal 1909, inizio del suo ciclo attuale di attività. Entrambi gli appellativi designano dunque la stessa Organizzazione.

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