L ‘ AGAPE MASSONICA
L’agape massonica
All’espressione di analoghe riserve si sono prestati i
rituali non ufficiali per il riconoscimento del vincolo coniugale (il
cosiddetto matrimonio massonico) e per la commemorazione dei defunti.
Il tema dell’agape o banchetto massonico, che si
ripropone costantemente in termini di incertezza nella Massoneria italiana a
motivo della mancata adozione di un apposito rituale da parte del Grande
Oriente d’Italia, è curiosamente venuto alla ribalta di recente nel quadro
della querelle che ha portato al ritiro del riconoscimento da parte della Gran
Loggia Unita d’Inghilterra. Infatti, tra i “capi di accusa” contestati al
Grande Oriente d’Italia stesso dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra e che
hanno fornito pretesto per il suddetto ritiro del riconoscimento, ha figurato
quello a tenore del quale il Grande Oriente d’Italia consentirebbe a Logge alla
propria obbedienza l’effettuazione di banchetti od agapi secondo rituali
parodianti in modo blasfemo il sacramento eucaristico e comunque estranei alla
pura tradizione massonica.
Al fine di fare chiarezza sull’argomento, ancorando
tuttavia l’indagine ad elementi meno fumosi e meno opinabili di quelli che
spesso consistono nello sciorinamento incontinente ed incontenibile
dell’universo esoterico, converrà fare riferimento a precisi elementi
documentari.
Il Dictionnaire de la Franc-Maçonnerie diretto dal Ligou
1, alla voce Banquet, si esprime nel seguente modo: «Il banchetto è una tra le
più antiche e solide tradizioni massoniche. Già le Costituzioni di Anderson vi
fanno allusione, al pari dei “regolamenti” che fanno loro seguito. Fin da
quell’epoca, le riunioni e le assemblee di Gran Loggia si concludevano con un
banchetto ed Anderson raccomanda ai Fratelli di non trasformarli in orge,
precetto che sembra esser stato in generale seguito… La tradizione del
banchetto si è mantenuta. Ogni tornata è seguita – obbligatoriamente nell’Emulation
Ritual, facoltativamente altrove – da un banchetto o “agape fraterna”.
Nell’Emulation Ritual, il banchetto è rituale, vale a dire che la tavola è a
ferro di cavallo, presieduta dal Venerabile, mentre i due Sorveglianti stanno
alle due estremità. Si comincia con i “rendimenti di Grazie” recitati dal
cappellano ed il pasto è inframmezzato da una serie di toasts, i “toasts
ufficiali” al Presidente della Repubblica (in Inghilterra alla Regina), ai
sovrani e capi di Stato che proteggono la Massoneria, al Gran Maestro), i
“toasts tradizionali” (alla Gran Loggia, al Gran Maestro Provinciale, se del
caso al neo-iniziato di quella tornata il quale contraccambia, alle logge
sorelle ed ai visitatori), poi agli “assenti”, ed infine “a tutti i Massoni poveri
ed in difficoltà”. Nelle logge che lavorano secondo i Riti Francese e Scozzese,
l’“agape fraterna” che fa seguito alla tornata è spesso abbastanza rapida e
semplice, presieduta dal Venerabile che talvolta dice qualche parola al
dessert. Qualche volta vi sono ammesse le mogli dei Fratelli… Nei Riti
Francese e Scozzese viene praticato il “banchetto d’ordine” strettamente
riservato ai Fratelli. La tavola è del pari ad arco di cerchio, è proibito
parlare ad alta voce e fumare. Il servizio di tavola è effettuato dagli
Apprendisti. L’aspetto interessante di queste cerimonie deriva dal fatto che
esse hanno conservato un rituale abbastanza particolare che si ritiene derivato
dalle tradizioni delle logge militari durante l’Ancien Régime. In questi
“lavori di masticazione” o “lavori di tavola”… si fa anche uso di un lessico
speciale… Durante il “banchetto d’ordine” i Fratelli indossano la sciarpa o
il collare…».
A sua volta il Mellor, nel Dictionnaire de la
Franc-Maçonnerie et des Francs-Maçons 2, alla voce Banquet, riferendosi all’uso
inglese, scrive che la ricreazione (refreshment) o agape, che segue la tornata
di Loggia, «è… obbligatoria». I brindisi o toasts si dividono in facoltativi,
obbligatori (al Re o al Presidente della Repubblica, ai sovrani e capi di Stato
che proteggono la Libera Muratoria, al Gran Maestro) e tradizionali (alla Gran
Loggia nazionale, al Gran Maestro Provinciale ed alla Gran Loggia Provinciale,
all’eventuale neo-iniziato del giorno con quello di risposta dell’iniziato
stesso, alle Logge sorelle, ai visitatori); il penultimo toast è per i Fratelli
assenti e l’ultimo (quello del Tyler o Tegolatore) per «tutti i massoni poveri
ed in difficoltà, per mare, sul mare od in aria, augurando una rapida
consolazione alle loro sofferenze ed un pronto ritorno al Paese natio, se lo
desiderino». Il Mellor precisa che «l’uso, ad ogni toast, è quello di alzarsi
in piedi, dopo che il Venerabile abbia battuto un colpo di maglietto, ripetuto
dai due Sorveglianti, ognuno dei quali sta seduto all’estremità della tavola
(generalmente a ferro di cavallo)».
A quale epoca risale la consuetudine di consumare un
pasto tra i fratelli di Loggia, durante o dopo i lavori rituali propriamente
detti? Ed è possibile ricostruire le forme “originarie” di essa?
Prima di tentare di dare una risposta a questi
interrogativi, appare opportuno ricordare che abbiamo oggi un’idea molto
approssimativa dei rituali in uso prima del 1730 circa, posto che i primi
documenti scritti, a parte rare eccezioni su aspetti comunque non pertinenti
all’argomento in esame, cominciano ad apparire proprio da quel periodo.
Secondo il Jones 3, «è comunque certo che i brindisi
venissero usati agli inizi del ‘700 e probabilmente anche molto prima. Anderson
suggerisce che ne venne fatto uno alla festa del 1719. Nel 1757, una lettera
autorizzata dal Gran Maestro stabiliva che “il primo dei nostri brindisi in
loggia è quello della salute del Re e dell’Ordine, con 3.3”. Sia i “Moderni”
che gli “Antichi” erano d’accordo su questo punto».
Che un pasto in comune fosse abitualmente consumato al
termine dei lavori di Loggia, almeno a partire dal 1717 o comunque dalla
fondazione della Gran Loggia di Londra, è attestato – come ricordato dalla
sopra riportata voce del Dictionnaire de la Franc-Maçonnerie – dai Doveri di un
Libero Muratore allegati alle Costituzioni elaborate dall’Anderson nel 1723.
Infatti, all’art. 2 dei Doveri, sotto il significativo titolo di Comportamento
quando la Loggia è Chiusa ed i Fratelli non sono usciti che consente di situare
le relative prescrizioni dopo la chiusura dei lavori rituali, si legge: «Potete
divertirvi con innocente allegria, trattandovi l’un l’altro a vostro talento,
ma evitando ogni eccesso, o di spingere alcun Fratello a mangiare o bere oltre
la sua inclinazione…» 4. Gli stessi Regolamenti generali annessi alle
Costituzioni (artt. XXVIII-XXXII) dedicano alquanto spazio al tema del “pranzo”
che fa seguito ai lavori della Gran Loggia annuale.
È certo, comunque, che ancora per decenni dopo il 1717 le
Logge, sia in Inghilterra sia nell’Europa continentale ove si erano nel
frattempo rapidamente diffuse, continuarono a riunirsi presso taverne e
locande, dimostrandosi spesso assai più interessate ai “lavori di tavola” che
ad altri e più iniziatici lavori, in qualche modo legittimando la curiosa
etimologia data con tutta serietà dal Lessing alla parola Masonry, come
derivata da Mase, mensa o tavola 5. E se pure al riguardo non si disponesse di
abbondanti testimonianze d’epoca (diari, resoconti di gazzette, rapporti di
polizia, etc.), basterebbe a darne conferma la sollecita preoccupazione di un
Ramsey volta a nobilitare i banchetti massonici attraverso l’analogia con le
feste intrinseche ai Misteri pre-cristiani… 6
In ogni caso, già una delle prime pubblicazioni a stampa
in Italia sulla Libera Muratoria, la Relazione della Compagnia de’ Liberi
Muratori dell’Angiolieri Alticozzi 7, si diffondeva lungamente sulla «tavola
de’ Liberi Muratori», riportando tra l’altro queste interessanti notazioni: «Le
parole, che si usano a tavola, sono prese dall’Artiglieria; benché io ho poi
veduto, che questo costume non è così rigoroso, e in diversi paesi diversamente
si varia». Vi è poi la descrizione del lessico di tavola 8, del caricamento,
del brindisi, etc., esattamente come la si ritroverà alla fine del XVIII secolo
ed all’inizio del successivo attraverso i testi francesi ed italiani.
Non indegna di approfondimento ritenne questa tematica
Théodore-Henri de Tschoudy, che nell’Étoile flamboyante (1766) 9 le dedicò non
poche pagine, con accenti e con considerazioni che appare utile rievocare. «Le
assemblee dei Massoni sono quasi sempre concluse da pasti… Ma quando una
gioia savia presiede a questi quarti d’ora di rilassamento, quando le arguzie
dell’ingegno, stimolate ad un certo punto dall’uso moderato di una bevanda
ristoratrice, lasciano sfuggire quegli sprazzi d’immaginazione che inquadrano e
disegnano, per così dire, la soddisfazione ed il piacere, dove trovarne uno più
sensuale? ai canti di prammatica, che hanno qualcosa di rude e di monotono, si
mescolano talvolta canzoni ingegnose, la cui melodia ed i cui accordi sembrano
unire ancor più gli animi e far meglio scaturire l’armonia dell’insieme.
L’ordine dei brindisi, quello della cerimonia, malgrado il loro singolare
apparato, per quanto estraneo possa apparire alla maggior parte degli usi
massonici…, costituiscono nondimeno una visione, un concerto che ha qualcosa
di piacevole e di seducente fin nell’inizio. L’atmosfera di schiettezza che
pervade tutti i convenuti, il tono cordiale che viene assunto spontaneamente
per interpretare sentimenti autentici, pongono ognuno a proprio agio: le
distinzioni finiscono al di sotto della tavola, non si ode altro che il nome di
fratello, il quale risuona per ogni dove; tutto, infine, contribuisce a render
deliziosi questi festini nella loro semplicità… 10 Il nostro, cari Fratelli,
è il rifugio dell’innocenza; noi lasciamo il santuario per passare nel
vestibolo a banchetti deliziosi, nei quali la frugalità e la prudenza attenuano
quanto vi potrebbe essere di troppo impetuoso e di eccessivamente libero. Un
esercizio piacevole vi cadenza con metodo, le libagioni che facciamo ed il modo
di celebrare i brindisi cari all’ordine acquistano un merito in più per
l’armonia che vi regna e per il concerto di applausi con il quale esprimiamo i
nostri auspici e la nostra gioia. I nomi che impieghiamo per caratterizzare gli
arredi del festino attengono agli attributi militari, giacché nessun
ordinamento nella società civile è maggiormente sagomato per la precisione dei tempi
di quello di una milizia ben disciplinata e ben guidata; al monarca vanno i
nostri primi auguri, mentre il secondo posto spetta al capo dell’ordine in
Francia; i nostri maestri, i nostri fratelli, i nostri amici, le nostre
sorelle, ci farebbero prosciugare la cantina più fornita, qualora ardissimo
cimentare le nostre forze con la voglia che abbiamo di sottolineare l’affetto
più tenero; ma i Massoni hanno in orrore l’ebbrezza, conseguenza funesta degli
eccessi; la crapula non si asside mai accanto alla virtù, la sola decenza ha
diritto di riempire la sua coppa, le preoccupazioni sono bandite, i Massoni non
le paventano; adusi ad intrecciar ghirlande, le rose del piacere con i gigli
della sapienza, non degeneriamo mai; i nostri princìpi sono presenti sempre,
nei casi del lavoro, in seno alle feste, nel momento degli svaghi, il fuoco
dell’amicizia è il solo che ci riscaldi; vediamo la gioia; la afferriamo, ma ci
rendiam conto dei suoi limiti e sappiamo rispettarli: che non sia mai fine,
fratelli neo-iniziati, al vostro zelo per la nostra rispettabile associazione
e, quanto a noi, non dismetteremo mai i sentimenti che dovete aspettarvi da
noi, e che sono lusingato di garantirvi. Vivant, vivant, vivant» 11.
All’argomento del banchetto o agape dedica spazio anche
il Code Maçonique des Loges réunies et rectifiées de France (1779) 12,
approvato nel Convento di Lione del 1778 che fu all’origine del Regime o Rito
Scozzese Rettificato 13. Infatti il Cap. XV (Dei Banchetti e delle Feste)
esordisce nei seguenti termini: «Tanto i banchetti troppo sontuosi, troppo
chiassosi e troppo frequenti sono contrari allo spirito della Massoneria,
quanto quelli il cui costo è modico e regolato, in cui regnano la decenza e la
fraternità, sono atti a conservare ed a rinserrare i legami che uniscono i
Massoni. Pertanto il Maestro Venerabile radunerà a banchetto i Fratelli quanto
spesso le circostanze lo consentiranno… Le feste da celebrare nelle Logge
riunite e rettificate sono i due S. Giovanni, d’estate e d’inverno, e la festa
del rinnovamento dell’Ordine del sei novembre… Il giorno della festa di S.
Giovanni d’inverno sarà principalmente consacrato ad atti di beneficenza… Lo
stesso si deve osservare per la festa di S. Giovanni Battista… Ci sarà un
discorso come per la festa di S. Giovanni d’inverno, e si faranno al banchetto
tutti e sette i brindisi dell’Ordine…».
Un rituale a stampa della “Loggia di Tavola” è finalmente
contenuto nel Recueil précieux de la Maçonnerie adonhiramite 14, opera di Louis
Guillemain de Saint-Victor (1786). Si è nell’ambito proprio del Grand-Orient de
France e del Rito Francese o Moderno in questo praticato. Le prescrizioni
anticipano un paradigma pressoché costante nei successivi documenti similari.
«Poiché l’Istruzione della Loggia di Tavola fa parte dei misteri dell’Ordine,
si deve tenere questa Loggia in un luogo altrettanto ben coperto della Sala
delle Iniziazioni. Si allestirà una Tavola a forma di ferro di cavallo,
abbastanza grande, se il luogo lo consente, perché tutti i convitati possano sedere
lungo il lato esterno. Il Venerabile è sempre posto all’Oriente davanti al
centro della Tavola, avendo l’Oratore alla propria destra: i Sorveglianti sono
alle due estremità all’Occidente; i Maestri occupano il Mezzogiorno, avendo
cura di cedere i posti più prossimi all’Oriente a tutti i Visitatori che si
presentino; i nuovi Iniziati devono stare a Settentrione, di lato all’Oratore,
ed i Compagni riempiono i posti rimanenti da questa parte… Tutto ciò che
costituisce il servizio della Tavola deve formare tre linee parallele; vale a
dire che i piatti formano la prima, le bottiglie ed i bicchieri la seconda, ed
i vassoi di portata ed i lumi l’ultima». Seguono un glossario dei termini («i
bicchieri sono chiamati cannoni», etc.), il rituale di apertura dei lavori,
un’elencazione dei brindisi obbligatori ed i canti di chiusura, nonché il
rituale di chiusura dei lavori.
La elaborazione del suddetto rituale è pressoché
contemporanea a quella del rituale, ben più autorevole per provenienza, redatto
in forma manoscritta nel 1783 per uso delle Logge del Grand Orient de France 15
e pubblicato a stampa nel 1801 nel contesto del Régulateur du Maçon ou les
trois premiers grades et les quatre ordres supérieurs (A Hérédom. l’An de la
G.·.L.·. 5801), che – con pochi adattamenti per quanto concerne la dedica del
primo brindisi, imposti dalle circostanze politico-istituzionali 16 – sarebbe
stato preso a modello in tutta la massoneria francese o d’ispirazione francese
fino ad oggi.
Nell’ambito del primo Grande Oriente d’Italia (1805-1814)
si fece riferimento ai rituali del Grande Oriente di Francia, anche per i
banchetti o agapi. Ne è prova il volumetto delle Instructions pour les trois
premiers grades de la Franc-Maçonnerie catalogato nella Raccolta Bertarelli di
Milano e riprodotto integralmente in una pubblicazione riservata 17, che almeno
fino al 1808 dovette essere in uso benché in francese, posto che soltanto da
quell’anno è riferita l’esistenza di rituali a stampa in italiano 18.
Del volumetto fa parte anche una dettagliata Instruction
de la Loge de table, ou banquet, trascrizione pressoché integrale dal citato
Régulateur, della quale si riportano alcuni brani più significativi:
«Disposizione
della Loggia di tavola. La sala in cui si fa il banchetto deve esser situata in
modo che niente si possa vedere o sentire dal di fuori. La tavola, per quanto
possibile, sarà a ferro di cavallo. Il posto del venerabile è al vertice, e
quello dei sorveglianti alle estremità. Il fratello oratore si pone in testa
alla colonna di meridione 19, ed il fratello segretario alla testa di quella di
settentrione; l’oriente è occupato dai fratelli visitatori, o da ufficiali
della loggia, qualora non vi siano visitatori. Eccettuati i cinque ufficiali
appena menzionati, nessuno ha un posto distinto, tranne nel caso in cui vi
fossero visitatori decorati di gradi superiori, e che l’oriente fosse occupato
da essi 20. In tal caso gli altri visitatori verrebbero posti in testa alle
colonne. Il Pane si chiama Pietra grezza … 21. Allorché ognuno abbia preso
posto, sta alla volontà del venerabile di fare il primo brindisi prima di
masticare, o di aspettare che si sia masticata la minestra, od in altro momento
che egli ritenga opportuno. Quando vuole fare il primo brindisi, batte un colpo
di maglietto; immediatamente i fratelli serventi 22 escono dall’interno del
ferro di cavallo, e si ritirano all’occidente. (E’ la stessa cosa in tutti i
brindisi). Tutti smettono di masticare. Il fratello maestro delle cerimonie,
per solito, sta da solo all’interno del ferro di cavallo e di fronte al
venerabile 23, per essere meglio in grado di ricevere i suoi ordini e di farli
eseguire: talvolta trova posto in un tavolino tra i due sorveglianti ….
Ciascun sorvegliante si assicura della qualità massonica di tutti gli individui
che stanno sulle due colonne, scorrendo lo sguardo su di essi e riconoscendoli
per massoni …. Nel frattempo i fratelli si adornano delle proprie sciarpe;
non è necessario indossare il grembiule. Il fratello copritore va a togliere la
chiave della porta, che chiude; e da quel momento nessuno più entra od esce
…. PRIMO BRINDISI. Il venerabile dice: Fratelli primo e secondo sorvegliante,
invitate i fratelli dell’una e dell’altra colonna a prepararsi a caricare e ad
allineare per il primo brindisi obbligatorio. I fratelli sorveglianti ripetono
l’annuncio. Il venerabile dice: Carichiamo ed allineamo, fratelli miei. (Nota.
Soltanto da questo momento si deve metter mano ai barili, altrimenti nei lavori
s’insinuerebbe la confusione). Ognuno si versa da bere nel modo che gli
aggrada. Se qualcuno, per regime o per preferenza, volesse bere acqua, nulla lo
deve costringere a mutar d’abitudine). Man mano che ognuno si è versato da
bere, pone il proprio cannone (il bicchiere) un poco a destra della tegola
(piatto); in tal modo i cannoni si trovano allineati in un istante. Si
allineano anche i barili e le stelle su di una seconda linea. Quando tutto è
allineato sulla colonna del settentrione, il secondo sorvegliante ne dà
avvertenza al primo, che dice al venerabile: Tutto è allineato sulle due
colonne. Il venerabile dice: All’oriente è del pari. In piedi e all’ordine,
spada in mano. Ci si alza; la bandiera è sull’avambraccio; i fratelli, decorati
di alti gradi, la mettono sulla spalla; si tiene la spada (qualora se ne
disponga) o un coltello con la mano sinistra, e si sta all’ordine con la
destra. (Se la tavola è a forma di ferro di cavallo, i fratelli che si trovano
all’interno restano seduti). Il venerabile dice: Fratelli primo e secondo
sorvegliante, vogliate annunciare, sulle vostre colonne, che il primo brindisi
obbligatorio è quello per l’Imperatore e per la sua augusta famiglia;
aggiungeremo al brindisi auguri per la prosperità dei suoi eserciti. È ad un
brindisi così prezioso per noi che vi invito a fare il migliore fuoco
possibile. Mi riservo il comando delle armi. … Attenzione, fratelli miei. La
mano destra alle armi. In alto le armi. Puntate. Fuoco. Buon fuoco. Il più vivo
di tutti i fuochi. Uno, due, tre. Uno, due, tre. Uno, due, tre. In avanti. Uno,
due, tre. Poi si applaude con la triplice batteria ed il triplice vivat. …».
Il secondo brindisi è «per il Gran Maestro, per il
Rappresentante del Gran Maestro e per tutti gli ufficiali che compongono il
G.·. O.·. di Francia»; il terzo, per «il venerabilissimo che dirige i lavori di
questa rispettabile loggia»; il quarto, per «il primo ed il secondo
sorvegliante»; il quinto, per «i fratelli visitatori»; il sesto, per «i
fratelli ufficiali e membri della loggia»; il settimo ed ultimo, per «tutti i
massoni sparsi sulla superficie della terra, tanto nella prosperità quanto
nell’avversità». All’ultimo brindisi partecipano anche «i fratelli serventi che
devono portare con sé le loro bandiere ed i loro cannoni». Si fa una catena
d’unione: «tutti si alzano, ognuno dà un lembo della propria bandiera ai propri
vicini, a destra ed a sinistra, afferra del pari un lembo delle loro e le tiene
con la mano sinistra, il che non gli impedisce di tenere con la stessa mano la
spada. I fratelli serventi fanno, con i sorveglianti, la stessa catena, ed il
fratello maestro delle cerimonie sta in mezzo a loro».
Dopo il brindisi, il Venerabile «intona il cantico di
chiusura, di cui per solito si recitano soltanto le seguenti due strofe, e
tutti i presenti fanno coro:
Fratelli e
compagni
Della
massoneria;
Senza tristezza
godiamo
Dei piaceri
della vita.
Muniti di un
rosso orlo,
Che per tre
volte il segnale dei nostri bicchieri
Sia una prova
che, d’accordo,
Beviamo ai
nostri fratelli.
Uniamoci mano
nella mano,
Teniamoci saldi
insieme;
Ringraziamo il
destino
Per il nodo che
ci raccoglie;
Ed
assicuriamoci
Che non si
faccia, su entrambi gli emisferi,
Brindisi alcuno
più illustre
Di quello ai
nostri fratelli» 24.
Un rituale a stampa quasi identico, con traduzione
italiana a fronte, venne pubblicato nel 1810 dal Vignozzi 25. Un altro e più
succinto rituale di «banchetto» in lingua italiana è riportato nel voluminoso
manoscritto databile ai primi del XIX secolo ed opera di un anonimo “N.” 26,
che non diversifica in sostanza nemmen esso da quello ora esaminato, anche se
palesemente deriva anche da altre fonti 27.
Per lo stesso periodo è possibile rinvenire illuminanti
ed incontroversi elementi conoscitivi attraverso l’esame di due estesi testi
regolamentari: gli Statuti Generali della Franca-Massoneria in Italia (1806) 28
e gli Statuti Generali della Massoneria Scozzese (1821) 29. Giacché i due testi
sono quasi sovrapponibili 30, si farà riferimento prevalente al secondo di essi
a motivo della sua ben maggiore diffusione nei quasi due secoli trascorsi dalla
pubblicazione.
Gli Statuti Generali della Massoneria Scozzese, fonte di
straordinaria importanza tenuto conto della peculiare autorevolezza del testo e
della sua ricorrente influenza nei successivi assetti normativi della
massoneria in Italia, dedicano all’argomento un’intera sezione, e cioé gli
artt. 404-415 (pagg. 115-120 dell’edizione originale del 1821), con il
significativo titolo «Delle agapi, o banchetti», a testimonianza
dell’equivalenza delle due dizioni anche nel lessico muratorio italiano 31.
In considerazione dell’importanza e dell’autorevolezza
del testo conviene dare trascrizione integrale di quasi tutti gli articoli, ed
anzitutto dell’art. 404: «In tutte le officine massoniche, simboliche o
capitolari, di rito scozzese o francese, si tengono in alcuni giorni dell’anno
diverse agapi o banchetti di obbligazione. Nelle prime han luogo tre agapi ne’
giorni 24 del IV°. mese, 27 del X. mese, e nel giorno rispettivamente
anniversario della loro fondazione. Nelle altre il numero ed i giorni delle
agapi son fissati da’ correlativi rituali (cahiers). Tutti i membri presenti
nell’oriente sono obbligati di parteciparvi o assistendovi personalmente, o
soddisfacendone la quota stabilita» 32.
Le prescrizioni statutarie testé trascritte meritano
alcuni commenti, anche e soprattutto a scopo chiarificatore.
Stabilito che agape o banchetto sono termini sinonimici,
viene istituita una distinzione tra logge simboliche e logge capitolari, per le
prime intendendosi – nel linguaggio muratorio dell’epoca – quelle dei primi tre
gradi o gradi simbolici, indipendentemente dalla loro appartenenza al Rito Scozzese
Antico ed Accettato o al Rito Francese, detto anche Moderno o Riformato. Le
seconde sono, invece, da identificare con i capitoli dei gradi superiori al
terzo o “alti gradi”, anche qui indipendentemente dalla loro appartenenza
all’uno o all’altro Rito.
Per le prime (Logge simboliche) le agapi obbligatorie
sono tre, e precisamente alle seguenti date:
– 24 giugno (24 del IV mese dell’anno massonico, che ha
inizio il 1° marzo), festa di S. Giovanni Battista;
– 27 dicembre (27 del decimo mese dell’anno massonico),
festa di S. Giovanni Evangelista;
– nel giorno anniversario della fondazione della singola
Loggia.
Per le seconde (Logge Capitolari) l’agape d’obbligo si
tiene nel giorno stabilito dai rispettivi rituali o quaderni (cahiers): ora, da
fonti anteriori o coeve agli Statuti napoletani, quali il Thuileur del
Delaulnaye ed il Tuileur del Vuillaume, si apprende che il Rito Francese
prevedeva banchetti per il 4° grado (Eletto Segreto), per il 5° grado (Grande
Eletto Scozzese), per il 6° grado (Cavaliere d’Oriente o della Spada) e per il
7° grado (Sovrano Principe Rosa-Croce) 33.
In riferimento al Rito Scozzese Antico ed Accettato,
entrambi i Tuileurs citati accennano soltanto alla Cena Mistica del 18° grado,
ed unicamente per precisare che essa non va confusa con il banchetto
dell’omonimo 7° grado del Rito Francese 34. Per l’esattezza da altra fonte 35
si apprende che anche nel rituale del XIV grado del Rito di Perfezione (Grande
Eletto Perfetto e Sublime Maestro), poi divenuto il XIV grado del Rito Scozzese
Antico ed Accettato (con il titolo di Grande Eletto, Eletto Perfetto o Grande
Scozzese della Volta Sacra, detto di Giacomo VI, o Sublime Massone), vi era in
origine una Cena con il pane ed il vino in occasione del rito di iniziazione
36.
Quanto alla Cena Mistica del 18° grado (Principe
Rosa-Croce, altrimenti detto Cavaliere dell’Aquila, o Cavaliere del Pellicano,
etc.), in un rituale manoscritto del grado stesso, risalente al 1765 circa e
pubblicato dal Naudon 37, è contenuta la descrizione di una cena, prevista per
le tornate rituali della Loggia o Capitolo ed in particolare al termine del
rituale di iniziazione al grado e comunque da tenersi il giorno del giovedì
santo (festa del Capitolo), durante il periodo pasquale 38.
Le prescrizioni sono le seguenti:
«Quando le ultime acclamazioni sono terminate, il
Saggissimo si sposta in un luogo dove tutti i fratelli lo seguono a due per
volta… egli ordina al più recente iniziato di recarsi a preparare tutto per
il festino (non vi è altra loggia di tavola). … I fratelli si recano in un
appartamento in mezzo al quale allestiscono una tavola che ricoprono con una
tovaglia bianca… Sulla tavola viene collocato un pane bianco su un bacino
posto al centro, con tre candele gialle intorno… poi, vengono ad avvertire che
tutto è pronto. Allora il Saggissimo e tutti i fratelli si slacciano le
scarpe… l’ultimo iniziato dà ad ognuno di loro un bastone bianco e lungo
almeno 6 piedi… Tutti i fratelli si trasferiscono poi nella sala del festino
e si mettono tutti in piedi intorno alla tavola, tenendo il proprio bastone con
la mano destra. Il Saggissimo dice: “Sovrano creatore di tutto, che provvedi ai
bisogni di tutti, benedici il nutrimento materiale che stiamo per assumere,
affinché serva alla tua gloria ed alla nostra santificazione… così sia”. Il
Saggissimo prende il pane, ne stacca un pezzo e dà il pane a colui che sta alla
sua destra e così di seguito… allora si prende il bastone con la mano
sinistra e si mangia… poi l’ultimo iniziato va a cercare una coppa di vino,
la dà al Saggissimo, il quale beve e la passa poi alla sua destra… quando la
coppa ha fatto il giro, il Saggissimo getta il resto nel fuoco in forma di
olocausto… Il Saggissimo dice: “All’ordine”… Tutti i fratelli si pongono al
segno del buon pastore… fanno il segno celeste… il Saggissimo li abbraccia
tutti dicendo: “La pace sia con voi”… i fratelli rispondono: “Così sia”.
Tutti i fratelli ritornano nel primo appartamento, si separano e mantengono
durante la cerimonia il più profondo silenzio. Tutti i fratelli hanno il capo
scoperto e non può esserci alcun fratello servente… si può mangiare un
agnello arrosto, ma deve essere intero… se ne tagliano preventivamente la
testa e le zampe, che si gettano nel fuoco prima di mangiare, in forma di
olocausto».
Nessun accenno al suddetto cerimoniale si rinviene,
invece, nel rituale di Cavaliere Rosa Croce, Cavaliere dell’Aquila Bianca,
Cavaliere del Pellicano o anche Perfetto Massone contenuto nel Documento
Francken, ossia nella raccolta dei venticinque gradi del Rito di Perfezione
collazionati dal Morin, trasmessi al Francken e, quindi, al gruppo di
Charleston fondatore del Rito Scozzese Antico ed Accettato nel 1801 39.
Quanto ai rituali moderni, quello italiano del 18° grado
pubblicato dal Farina 40 contiene un accenno 41 alla Cena del giovedì santo,
presentandola come un «obbligo essenziale… degli undici Rosa Croce del VI
secolo sic!» e prevedendo, altresì, una “cena d’addio” da consumarsi
abitualmente alla chiusura dei lavori del Capitolo. La descrizione della “cena”
è pressoché conforme, nel recitativo e negli atti, a quella del manoscritto del
XVIII secolo sopra riportata; va osservato, però, che qui è questione soltanto
del pane e del vino, ma non già dell’agnello.
Una maggiore adesione alla tradizione del Rito Scozzese
Antico ed Accettato si rinviene, invece, nella descrizione dello stesso
rituale, come attualmente praticato in Francia, esposta dal Bayard 42.
Vi è in essa una distinzione tra la “cena” a conclusione
dei lavori ordinari del Capitolo e l’“agape” del giovedì santo.
La prima ricalca, con maggiore fedeltà rispetto al
rituale del Farina, il manoscritto del XVIII secolo, addirittura ampliando
alcuni particolari; si tratta, comunque, del pasto a base di pane e di vino.
Della seconda conviene dare integrale trascrizione:
«Il giorno della celebrazione della festa dei Cavalieri
Rosa-Croce, che ha luogo il Giovedì Santo, ogni Capitolo fa un banchetto che è
designato con il nome di Agape. Esso può aver luogo dopo la Cena, con la quale
non si deve confonderlo. La sala dell’Agape è decorata in modo vivace, la tinta
delle pareti è rossa con accessori bianchi e verdi. Il fondo è occupato dalla
Croce e dalla Rosa, sia in rilievo, sia sotto forma di dipinto. La decorazione
è completata dai diversi attributi del 18° grado. La tavola ha la forma di una
croce latina, il cui capo è ad Oriente. Un grande candelabro a sette braccia
occupa il centro della tavola… I bicchieri devono essere a gambo per
somigliare ai calici ed esser posti, come le bottiglie e le caraffe, lungo una
linea tracciata con due file di nastri rossi. Vi è un solo pane per ogni due
coperti, ma è posto su uno dei due e non tra i due. La tavola si chiama altare;
la tovaglia, panno; le salviette, sciarpe; i bicchieri, calici; le bottiglie e
le caraffe, anfore. Alla seconda portata, vengono portati un agnello arrosto ed
un fornello acceso; questa vittima è simbolo dei sacrifici materiali
dell’antica legge e dei sacrifici morali della nuova. Le parti impure in nota:
la testa e le zampe dell’agnello vengono tolte e gettate nelle fiamme. Invece
di fare un brindisi o di “fare fuoco”, è impiegata l’espressione: “Eseguire una
libagione”. Devono essere eseguite cinque libagioni:
1 – alla
Francia ed al Popolo Sovrano;
2 – al
Potentissimo Sovrano Gran Commendatore ed al Supremo Consiglio (di Francia);
3 – al
Saggissimo ed agli Ufficiali del Capitolo;
4 – ai Supremi
Consigli Scozzesi confederati ed alle Potenze massoniche regolari, nonché ai
Cavalieri visitatori, qualora ve ne siano;
5 – ai Massoni felici ed infelici sparsi
sulla superficie della terra
La prima, la
seconda e la quarta libagione sono comandate dal Saggissimo che presiede.
La terza
libagione è comandata dal Primo Guardiano.
La quinta
libagione dal Cavaliere d’Eloquenza.
Le libagioni possono essere eseguite tra le successive
portate dell’Agape. Dopo l’ultima libagione si procede alla cerimonia di
estinzione delle luci, poi a quella di rianimazione delle luci… Prima della
fine dell’Agape, il Saggissimo fa circolare di nuovo il sacco delle
proposizioni ed il tronco della beneficenza. Fa chiudere l’Agape con la
batteria e con l’acclamazione».
Ci si è soffermati sull’agape del 18° grado “scozzese” in
quanto, come si vedrà, il suo rituale costituisce una fonte primaria alla quale
si è attinto in Italia per la redazione dei “rituali alternativi” di banchetto
in grado di Apprendista cui si faceva cenno all’inizio. Ma ritornando al
banchetto o agape d’obbligo delle Logge simboliche, l’art. 405 degli Statuti
napoletani prevede: «Sospesi, o chiusi i lavori del tempio, si passa alla sala
delle agapi, ove le mense sono disposte in modo che formino un ferro di
cavallo. Nel rito scozzese il ven.·. si colloca all’est nel punto centrale
della parte convessa della mensa; i due soprav.·. 43 all’ovest di faccia al
ven.·. alla estremità del ferro di cavallo; i visitatori su’ fianchi del ven.·.
ciascuno a misura del proprio grado; l’oratore ed il segretario sulla
rispettiva colonna, ciascuno appresso a’ visitatori, come nel tempio; il
maestro di cerimonie, il maestro di casa ed il copritore seggono ad una mensa
separata posta all’ovest, dirimpetto al ven.·. fuori il ferro di cavallo; gli
esperti sul centro de’ lati dalla parte concava; il 1° diacono dirimpetto al
ven.·. anche dalla parte concava; il 2° sulla diritta del 1° soprav.·. e tutti
gli altri FF.·. occuperanno presso a poco la stessa ubicazione come in L.·.
così al di fuori come al di dentro del ferro di cavallo» 44.
Ne deriva che, avuto anche riguardo alle ulteriori prescrizioni
degli Statuti napoletani, la disposizione dei tavoli e dei posti è quella
ricostruita nello schema seguente:
1. Maestro Venerabile
8. Maestro delle Cerimonie
15. Maestro d’Armonia
2. Ex-Venerabile
9. Copritore Interno
16. 1° Diacono
3. 1° Sorvegliante
10. 1° Esperto
17. 2° Diacono
4. 2° Sorvegliante
11. 2° Esperto
18. Maestri
5. Oratore
12. Elemosiniere
19. Compagni
6. Segretario
13. Ospedaliere
20. Apprendisti
7. Tesoriere
14. Maestro di casa
21. Visitatori
L’ordine dei lavori è disciplinato dai successivi artt.
406-409:
Art. 406: «Se
le agapi sono una continuazione de’ lavori sospesi nel tempio, il ven.·.
incomincia dall’ordinare che ciascun segga e mastichi a suo piacimento e con
decenza. Ma se la L.·. di agapi si apre nella sala medesima ove son le mense,
il ven.·. dopo aver fatto mettere la officina al coperto anche da FF.·.
serventi, aprirà i lavori nel modo consueto» 45.
Quindi: o l’agape si svolge durante la sospensione di
lavori già ritualmente aperti, ed in questo caso non v’è ovviamente bisogno di
riaprirli; oppure i lavori di agape non sono stati preceduti da alcun lavoro
rituale, ed in questo caso si dovrà procedere alla consueta apertura rituale,
che altrettanto ovviamente dovrà esser seguita dalla chiusura rituale al
termine dell’agape.
Art. 407: «In
ciascun’agape di obbligazione si faranno i brindisi descritti ne’ rispettivi
rituali (cahiers) simbolici o capitolari. Il loro numero può però ridursi con
farsene, in termini ben precisati, due o tre in uno solo. All’ultimo brindisi
debbono indispensabilmente assistere e partecipare anche i FF.·. serventi, co’
quali si formerà la catena di unione» 46.
Un solo e
brevissimo commento: l’estensore degli Statuti napoletani del 1821, al pari di
quello degli Statuti milanesi del 1806, qui come in tutti gli altri articoli
(580 in tutto) 47, non entra mai nei dettagli dei rituali, ai quali rinvia
direttamente il lettore. Per conseguenza sarà necessario consultare altre fonti
(i rituali già esaminati, come pure i Tuileurs del Delaulnaye e del Vuillaume)
per appurare il numero e la formulazione augurale dei brindisi d’obbligo.
Art. 408:
«Nelle agapi d’obbligo l’oratore dee recitare un discorso analogo alla
ricorrenza. Ciascun brindisi può esser celebrato con cantici di allegrezza, e
con l’armonia 48. Anche fra un brindisi e l’altro può offrirsi qualche idonea
produzione d’ingegno 49. Giubilo, concordia e sobrietà, son queste le
caratteristiche de’ banchetti massonici» 50.
Art. 409: «È
sempre il ven.·. che per mezzo de’ soprav.·. ordina le cariche ed i fuochi in
tutti i brindisi di obbligo, tranne in quello ch’è portato a lui stesso dal 1°
soprav.·. per mezzo del 2°, sulla colonna del sud, e dell’oratore su quella del
nord, o viceversa nel rito francese 51. Se un F.·. vorrà portare un saluto di
suo genio, non potrà farlo senza il permesso del ven.·. ed ottenendolo, il
ven.·. comanderà la carica, ed egli l’esercizio ed i fuochi».
Art. 410: «È
permesso a più LL.·. stabilite in uno stesso oriente, e professanti lo stesso
rito, di riunirsi a comporre una sola L.·. di agapi, scegliendo di comune
assenso i dignitarj e l’oratore. Le disposizioni di questo articolo sono comuni
a’ capitoli» 52.
Art. 411: «I
brindisi possono essere alternati dalla libera masticazione, ovvero continuati
due o tre di seguito, secondo le circostanze. Quando la masticazione è
permessa, i serventi non men massoni che profani han libero l’accesso nella
sala per provvedere a ciò che occorre alle mense» 53.
Art. 412: «Volendosi
attivare i lavori di obbligo, il ven.·. incarica il suo diacono 54 (o nel rito
francese il maestro di cerimonie) di porre la sala al coperto. Indi, avvertito
della esecuzione, batte un colpo, ch’è replicato da’ soprav.·., fa verificare
se la sala sia al coperto, ordina che si carichi e si allinei per un brindisi
di cui si riserba il comando, e dopo l’avviso di essersi ciò fatto sulle due
colonne, chiama tutti i FF.·. in piedi e all’ordine. Tutti si alzano, tranne i
seduti nella parte concava 55. Gli allievi 56 ed i compagni accavallano il
mantile 57 sul braccio sinistro, e tutti gli altri 58 sulla spalla sinistra. Il
ven.·. annunzia a chi sia consacrato il brindisi proposto, e lo comanda ne’
modi conosciuti. Quegli, cui è diretto il brindisi, si tiene in piedi e
all’ordine, e poi ringrazia co’ fuochi, e con le batterie del grado 59. I
maestri di cerimonie rispondono nel modo medesimo pe’ salutati assenti» 60.
Art. 413: «I
soprav.·. e gli esperti sono particolarmente incaricati di mantener l’ordine e
la decenza nelle L.·. di agapi. Essi v’impiegheranno una moderata fraterna
austerità. I piccoli falli saran corretti sul momento, con pene soffribili 61,
dal ven.·. al quale si ubbidirà senza mostrare il minimo risentimento. Un F.·.
che mancasse alla società sarebbe severamente punito alla prima assemblea. Le
doglianze e le accuse debbon farsi in modo da non ferir la delicatezza di
alcuno»
Art. 414: «Dopo
l’ultimo brindisi, il ven.·. fa le dimande di rito 62, e chiude i lavori nel
modo consueto».
Art. 415 «Oltre
le agapi di obbligo, è in facoltà di tutte le L.·. e de’ capitoli il tener
banchetti sempre che lor piaccia; ma niun F.·. è obbligato di concorrervi, ed i
brindisi vi si fanno a volontà, comunque necessariamente massonici».
A completamento delle prescrizioni degli Statuti,
conviene prender visione di quanto riportato sull’argomento dal già citato
Thuileur del Delaulnaye e dal Tuileur del Vuillaume 63.
Nel primo testo è riportato anzitutto un glossario della
nomenclatura propria della Loggia di tavola, o banchetto, per i tre gradi
simbolici, che si trascrive debitamente tradotta.
Tavola = officina
sedia = stallo
tovaglia = velo
vivande = materiali
tovagliolo = bandiera
mangiare = masticare
vassoio = coppa
bere = sparare o tirare una cannonata
piatto = tegola
pane = pietra grezza
cucchiaio = cazzuola
vino = polvere forte, rossa o bianca
forchetta = zappa
acqua = polvere debole
coltello = spada
birra = polvere gialla
bottiglia = barile
liquori = polvere fulminante
bicchiere = cannone
sale = sabbia
lumi = stelle
pepe = cemento o sabbia gialla
È poi riportato l’Ordine per bere: «I Cannoni caricati ed
allineati, a destra ed avanti al piatto. Bandiera sull’avambraccio sinistro.
All’Ordine (di Apprendista) 64. Seguono i Comandi, pressoché identici a quelli
dettati dalla Instruction de la Loge de table, e finalmente l’elenco dei
brindisi obbligatori: «In ogni Banchetto Massonico, vi sono sette Brindisi
obbligatori, e cioé: 1°, quello del Sovrano 65; quello del Gran Maestro
dell’Ordine; 3°, quello del Venerabile della Loggia; 4°, quello dei due Sorveglianti;
5°, quello dei fratelli Visitatori; 6°, quello degli Ufficiali e dei Membri
della Loggia; 7°, infine quello di tutti i Massoni sparsi sulla terra».
Utili informazioni provengono anche dal secondo testo (il
Tuileur del Vuillaume), che confermano quanto già illustrato dal Delaulnaye,
aggiungendo però interessanti particolari. Si darà, pertanto, quasi integrale
trascrizione del testo 66:
«I banchetti si tengono quasi sempre in grado di
apprendista, affinché tutti i massoni possano esservi ammessi.
Deve esservi una sola tavola, disposta a ferro di
cavallo; i fratelli si pongono al di fuori, eccettuati il maestro delle
cerimonie ed i diaconi, che si pongono all’interno del ferro di cavallo, di
fronte al venerabile 67.
Il venerabile occupa il centro della tavola, avendo ai
propri lati gli ufficiali, secondo il loro rango in loggia 68. Alle due
estremità stanno i fratelli primo e secondo sorvegliante.
La loggia in banchetto assume in particolare il titolo di
officina, benché talvolta ci si serva pure di questa espressione per designare
tutt’altro tipo di riunione di loggia. Come in loggia, tutto, nell’officina, è
guidato e regolato dal venerabile, che fa pervenire gli ordini ai sorveglianti
mediante i diaconi; è lui a comandare e ad ordinare i brindisi, eccettuato il
suo che viene ordinato, previo permesso tuttavia, dal primo sorvegliante. Il
venerabile delega talvolta, in segno di onore, il comando delle armi, nei
brindisi, a qualche ufficiale o fratello.
Tutto ciò che viene posto sulla tavola, deve essere ordinato
su linee parallele; esistono officine in cui si spinge questo scrupolo fino a
collocare cordoni colorati per segnare gli allineamenti. La prima linea,
partendo dall’interno, è per i vassoi; la seconda è per le bottiglie; la terza
è quella dei bicchieri; ed infine la quarta è quella dei piatti.
Vi sono sette brindisi obbligatori… se ne omette
l’elencazione, essendo la stessa già fornita dal Delaulnaye.
Si intercalano, tra il sesto ed il settimo brindisi,
tutti quelli che si ritiene opportuno aggiungere, come quello per i nuovi
iniziati quando vi sia stata un’iniziazione lo stesso giorno, etc., atteso che
il brindisi per tutti i Massoni deve essere “sparato” per ultimo.
I fratelli serventi sono chiamati a partecipare a
quest’ultimo e formano la catena d’unione con tutti gli altri fratelli.
I tre primi brindisi, così come l’ultimo, “si sparano” in
piedi».
Segue poi la descrizione del modo di “sparare” i
brindisi, che si omette, non rilevandosi peraltro differenze rispetto alla
descrizione del Delaulnaye.
Val la pena, però, di riportare le successive avvertenze:
«È d’uso mettere l’officina in ricreazione durante
l’intervallo tra ogni brindisi, e di lasciare ai FF.·. la libertà di parlare;
ma al primo colpo di maglietto tutti devono fare il più assoluto silenzio,
mettersi all’ordine di tavola e prestare attenzione a ciò che sta per essere
ordinato.
L’ordine di tavola consiste nell’avere la mano destra nel
segno di apprendista, e la sinistra posata sul bordo della tavola, le dita
riunite e distese, il pollice divaricato e rasente il bordo della tavola per
formare la squadra».
È riportata, infine, la nomenclatura propria del
banchetto, che risulta del tutto conforme a quella del Delaulnaye dianzi
riprodotta69.
È noto che per la ripresa delle attività massoniche in
Italia, dopo la caduta di Napoleone Bonaparte ed il crollo delle compagini
statuali instaurate nella penisola durante il periodo napoleonico, eccettuate
sporadiche eccezioni di breve durata e di difficile ricostruzione storica, si
dovette attendere il 1859-1860, allorché il felice esito della II guerra
risorgimentale consentì un caotico rifiorire di Logge che, attraverso un
processo alquanto faticoso e complesso, portò alla costituzione di un Grande
Oriente d’Italia almeno idealmente erede di quello del 1805, al quale finirono
per aderire la totalità o quasi delle Logge nel frattempo costituitesi, almeno
fino alla scissione del 1908 da cui si originò la Gran Loggia detta di Piazza
del Gesù 70.
È noto, altresì, che, stante la quarantennale sospensione
della vita muratoria intercorsa tra la Restaurazione e la II guerra
d’indipendenza nazionale, la rinascita della Libera Muratoria in Italia avvenne
sotto il segno di una inevitabile improvvisazione e mediante il ricorso, il più
delle volte acritico, ai modelli rituali allora praticati in Francia nonché a
quella che in qualche modo è possibile chiamare “cultura massonica francese”.
I modelli rituali che effettivamente ebbero corso in
Italia furono, infatti, per ordine di importanza numerica delle Logge che vi si
conformarono, i seguenti: il Rito Scozzese Antico ed Accettato che, diviso
inizialmente tra diversi Supremi Consigli e soltanto durante il periodo
lemmiano pervenuto ad unità sotto un solo Supremo Consiglio 71, si ispirò
principalmente al “modello” dell’omonimo Rito allora sedente in Francia; il
Rito Simbolico, che si limitava alla pratica dei primi tre gradi avvalendosi,
almeno inizialmente, di rituali del Rito Francese o Moderno, ossia
conformandosi in parte al “modello” rituale del Grande Oriente di Francia.
Sotto un profilo più generale, poi, nei limiti consentiti
dalla specificità italiana e dalla peculiare collocazione della Libera
Muratoria italiana nella temperie allora vissuta dal Paese, si guardò molto
alla vita massonica francese come “esperienza esemplare” sotto i profili
rituale e culturale. Nei ricordati limiti della specificità italiana, trovarono
molto spazio le tematiche che allora preoccupavano ed agitavano i Liberi
Muratori francesi: dall’anticlericalismo, in Italia molto sentito sia per le
vicende relative alla “questione romana” sia in relazione all’accentuazione
della lotta alla Massoneria da parte della Chiesa romana nell’ultimo periodo
del pontificato di Pio IX e soprattutto durante il pontificato di Leone XIII (è
l’epoca del taxilismo e dell’Humanum Genus), all’ateismo che, partendo dalle
premesse del “libero pensiero” conflittuali con la tradizionale invocazione al
Grande Architetto Dell’Universo, si spingeva fino alla soppressione di ogni
riferimento alla sacralità nei rituali dei tre gradi simbolici e financo in
quelli del Rito Scozzese Antico ed Accettato 72.
I Massoni italiani vogliosi di approfondire la propria
conoscenza rituale – ed è da ritenere che si trattasse di una sparuta
minoranza, tenuto conto della generale propensione per le battaglie politiche e
sociali attestata dai documenti dell’epoca – trovavano da abbeverarsi alla
dottrina dell’auteur sacré allora in auge nella Massoneria francese, il celebre
Jean-Marie Ragon (Cours philosophique et interprétatif des initiations
anciennes et modernes, 1841; Orthodoxie maçonnique, 1853; Rituel de l’Apprenti
Maçon, 1859 73; Rituel du Grade de Compagnon, 1860; Rituel du Grade de Maître,
1860; Rituel d’une pompe funèbre, 1860; Rituel d’adoption de jeunes louvetons,
improprement appelé baptême maçonnique, 1860; Rituel de reconnaissances
conjugales, improprement nommées mariages maçonniques, 1860; Tuileur général de
la Franc-Maçonnerie, 1860 74, etc.).
Ed avvenne del tutto naturaliter che alle elucubrazioni
del Ragon in materia di banchetto massonico, intercalate al puro e semplice
plagio del Tuileur del Vuillaume, ebbe a rifarsi il Bacci, pressoché unico
autore – ufficioso se non ufficiale – del Grande Oriente d’Italia nel
cinquantennio 1870-1920, il quale nell’esposizione del banchetto massonico
all’interno dello zibaldonico Libro del Massone italiano 75, esplicitamente si
richiama al Cours philosophique ed alle notazioni ivi profuse 76. Di qui
“dotte” divagazioni sui pasti sacri nelle iniziazioni e nelle civiltà antiche,
con largo occhieggiamento a quella pretesa egizia 77, rivisitate come allegorie
della “filosofia naturale” e dei movimenti astronomici: per conseguenza le date
dei banchetti non sono quelle dei due San Giovanni, ma quelle dei solstizi
d’estate e d’inverno; i brindisi dovrebbero esser dedicati alle divinità
preposte ai sette giorni della settimana e non già alle figure tradizionali,
etc. 78
Sulla falsariga del Ragon, con o senza l’intermediazione
del Bacci, si colloca un quarantennio più tardi l’esposizione del Farina 79,
ove è dato leggere frasi di pura matrice ragoniana, come le seguenti: «Nelle
antiche iniziazioni Massoniche i pasti avevano un carattere mistico, perché
completavano le feste religiose istituite in onore dei sette pianeti,
componenti essi soli tutto il sistema planetario allora conosciuto. Lo scopo
apparente di tali festini era di onorare le sette divinità planetarie date
all’adorazione del volgo; ma lo scopo reale, svelato ai soli iniziati, era di
adorare il Dio unico, regolatore supremo dei diversi corpi celesti come dei
destini dell’uomo… La disposizione della L.·. di agape ci offre l’immagine
del cielo e delle principali fasi solari. Così il Ven.·., rappresentando il
sole, occupa nel banchetto solstiziale d’estate il punto più alto e nel
banchetto solstiziale d’inverno il punto più basso. I Sorveglianti, posti sulla
linea equatoriale, segnano i due punti equinoziali che sorvegliano, per così
dire, l’anno che finisce e quello che incomincia e gli altri Ufficiali sono
ripartiti su dei punti corrispondenti ai segni dello zodiaco…».
Giova ricordare che i rituali del Farina, dopo il
ventennio seguito allo scioglimento coatto della Libera Muratoria in Italia ad
opera del regime fascista (1925) ed alla ripresa delle attività massoniche tra
il 1943 ed il 1945, assai più caotica ed improvvisata di quella del 1859,
costituirono la principale fonte documentaria per i massoni italiani, compresi
quelli del Grande Oriente d’Italia, i cui rituali a stampa per i tre gradi
simbolici, anche dopo l’adozione (1969) del rituale unico auspicato fin dal
1896, non sono mai stati completati da quelli cosiddetti accessori (per il
banchetto, per l’installazione del Maestro Venerabile neo-eletto, per la
fondazione di Logge, per l’inaugurazione di templi, come pure per altre evenienze
di minor momento tra cui le onoranze funebri, l’adozione dei figli di massoni,
il riconoscimento coniugale, etc.).
E tuttavia, per quanto concerne in particolare il Grande
Oriente d’Italia, appare molto realistico accordare credito al quadro tracciato
in un Vade-mecum del L.·. M.·. apprendista per cura del Saggissimo della Valle
del Tevere del 1923 e pervenuto alla IV ed. nel 1948 80, secondo cui «in antico
erano obbligatorie tre agapi annuali…», nelle quali «il Venerabile sedeva al
centro della Loggia, generalmente a ferro di cavallo…» ed «erano obbligatori
sette brindisi…». Sembra, quindi, del tutto legittimo dedurne, con riguardo
al tempo verbale impiegato, che nel 1923 in Italia si fosse ormai perduta la
tradizione, all’epoca bicentenaria, del banchetto rituale.
Il disinteresse, o forse l’irresolutezza, del Grande
Oriente d’Italia per l’elaborazione e per l’adozione di rituali ufficiali
finalizzati alle suddette evenienze ha fatto sì che in materia fosse lasciato
campo aperto ad ogni sorta di iniziative, vuoi ad ispirazione “tradizionale” –
informate cioè al rispetto più o meno fedele di precedenti muratori italiani o
stranieri 81 – vuoi a carattere per così dire “sperimentale”, ovverosia
liberamente lasciati all’estro ed alle propensioni dei singoli o di Logge.
Proprio su questo genus di rituali han fatto perno le pretestuose accuse della
Gran Loggia Unita d’Inghilterra, cui si faceva cenno all’inizio.
In tempi più recenti ha in effetti incontrato discreta
fortuna un genus di rituale per agape che, su un impianto più o meno corretto
per quanto concerne l’apertura e la chiusura dei lavori, la disposizione della
tavola e dei partecipanti, il numero e la dedica dei brindisi, ha però in
cospicua misura innovato per l’aggiunta di elementi simbolici totalmente
estranei alla tradizione rituale dei primi tre gradi praticati nell’ambito del
Grande Oriente d’Italia e, relativamente ad elementi aggiuntivi ma non secondari,
estranei anche ai diversi sistemi “ad Alti Gradi” conosciuti e praticati in
Italia.
Un primo punto di alterazione, rispetto alla tradizione,
è costituito dalla frequente collocazione del 2° Sorvegliante a metà circa
della parte di tavola corrispondente alla colonna del meridione. Siffatta
ubicazione, benché coincidente con quella attribuita al 2° Sorvegliante nel
Tempio 82, contrasta immotivatamente con la tradizione muratoria di qualunque
Rito in materia di “Loggia di tavola”, inclusa quella «scozzese» comprovata
dagli Statuti Generali napoletani del 1821 e dagli stessi Tuileurs del
Delaulnaye e del Vuillaume 83.
Un secondo e più importante punto di alterazione,
anch’esso immotivato, consiste nello scostamento dalla sequenza tradizionale
dei brindisi, di frequente variata per omissione di alcuno di essi ovvero per
introduzione di dediche diverse da quelle tradizionalmente seguite.
La maggiore alterazione delle forme e dei contenuti
tradizionali, però, concerne l’introduzione di un simbolismo a preteso sfondo
ermetico-alchemico poggiante soprattutto sulla dottrina degli elementi (terra –
acqua – aria – fuoco) in connessione con la natura degli alimenti (cibi e
bevande) consumati nel corso dell’agape. Agli alimenti, infatti, si vuole
attribuire in questa ottica una natura rigidamente analogica ai quattro
elementi, ed a questo scopo si è diffusa l’usanza di circoscrivere gli alimenti
stessi ad una ristretta elencazione (pane azzimo, olive, frutta secca, etc.) in
qualche modo rispondente al sistema simbolico siffattamente prescelto, nonché
all’uovo in relazione ai noti sviluppi simbolico-analogici. Particolare
pressoché ubiquitario in questo canovaccio rituale alternativo, non uniforme
perché spesso variabile da Loggia a Loggia, è la somministrazione del pane e
del vino, come pure dell’agnello arrosto.
Sulla base dell’esposizione fin qui condotta, è facile
riconoscere, quale comun denominatore delle illustrate “innovazioni”, la
sostanziale trasposizione al primo dei gradi simbolici, ossia al grado di
Apprendista nel quale l’agape rituale si svolge, di entrambe le “cene mistiche”
(quella ordinaria con il pane ed il vino, e l’altra del giovedì santo con
l’agnello arrosto) del 18° grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato, con le
ulteriori aggiunte ispirate alla simbolica degli elementi ed alla trasmutazione
del cibo “materiale” in cibo “spirituale” che trovano esplicazione anche
verbale in questa sorta di rituali “alternativi”.
Sedimentazione di siffatte “innovazioni” (o spunto per
esse?) è possibile rinvenire persino in una pubblicazione ciclostilata a
carattere semiufficiale 84, ove, assente ogni riferimento alle figure dei due
S. Giovanni ma per contro con valorizzazione dei due equinozi oltre che dei due
solstizi (siamo ben al di là del Ragon!), premesso che i «i Fratelli consumano
i cibi e le bevande rituali nel più assoluto silenzio mentre il Fr. Lettore ? e
il Fr. Organista ? 85 provvedono a fornire gli opportuni supporti auditivi che
nutrano, contemporaneamente al fisico, il piano animico e quello spirituale»,
viene affermato che «per i cibi e le bevande è la Tradizione ebraica, i cui
apporti sono stati cospicui fin dalla nascita storica della nostra Istituzione
nel 1717, a fornircene l’elenco affine a quello utilizzato nella “Pesach”, la
Pasqua, che segna per Israele (lo spirito) la fine della cattività in Egitto
(la materia)» 86. E di qui un’elencazione di alimenti con i relativi
significati simbolici: il pane azzimo («il seme di grano… è legato
all’Iniziazione solare»), il sale («il sale marino è un cristallo di forma
perfettamente cubica»), l’uovo sodo («ci richiama gli elementi Terra, Aria,
Acqua e Fuoco»), le olive («i frutti… che forniscono l’olio che alimenta il
“fuoco perenne” dei santuari»), l’agnello («legato all’Ariete … che è il
primo dei segni zodiacali»), le verdure («analogicamente legate al lavoro di
“Purgazione” e “Purificazione” indispensabili prima dell’operatività» 87), la
frutta fresca e secca («per simboleggiare la delizia del lavoro compiuto»), il
vino («rosso, come il sangue», «con il suo simbolismo legato alla “vigna” da
coltivare»), l’acqua («che, al pari della cazzuola del M. Ven. ? 88, serve ad
amalgamare il tutto»). Si versa, con tutta evidenza, nel puro solco ragoniano
del raffazzonamento di ogni e qualsivoglia simbolismo.
Varie obiezioni si possono muovere alle nuove costumanze
sopra esemplificate ed a quelle similari.
In primo luogo appare molto dubbio che nella pratica
della tradizione ermetico-alchemica, essenzialmente individuale ed aliena da
momenti associativi o comunque collettivi, abbiano mai trovato spazio cerimonie
o atti rituali come quelli propri di una Loggia muratoria, dovendosi rilevare
peraltro che nella pur vastissima ed eterogenea letteratura ermetico-alchemica
non sussiste alcun riferimento a pratiche analoghe.
In secondo luogo va debitamente rilevata la sostanziale
estraneità dei simbolismi così chiamati in causa a quello muratorio, la cui
simbolica è nella sostanza ancorata alla tematica della costruzione ed ai suoi
addentellati biblici, incentrati sulla edificazione del Tempio e sulla cornice
salomonico-hiramitica, peraltro introdotta nel terzo grado ma più ampiamente
ripresa e sviluppata nella Massoneria degli “Alti Gradi”, segnatamente – ma non
soltanto – in quella del Rito Scozzese Antico ed Accettato. È vero, altresì,
che nella simbolica del Gabinetto di Riflessione, e cioè con riferimento al
primo grado muratorio, vi è una notevole illustrazione di simboli
ermetico-alchemici, ma è altrettanto vero che codesta illustrazione, limitata
ad una piccola area della Massoneria universale 89, non trova ulteriori
sviluppi nell’ambito dei gradi di Apprendista, di Compagno d’Arte e di Maestro.
L’introduzione dei cennati ulteriori elementi nell’agape di primo grado
costituisce, quindi, una notevole ed impressionante commistione.
In terzo luogo, se da un lato va avvertita una indebita
forzatura nell’introduzione di elementi, in gran parte propri del 18° grado del
Rito Scozzese Antico ed Accettato, in un atto rituale che si svolge nel primo
dei gradi simbolici, dall’altro non si può fare a meno di constatare che alla
stessa forzatura soggiace, in negativo, lo stesso 18° grado del Rito Scozzese
Antico ed Accettato, la cui simbolica, che assume significato e senso ben
definiti nella cornice anch’essa ben definita ed elitaria del grado stesso,
viene ad essere inopportunamente ed immotivatamente svilita a seguito del
trasferimento in un ambito retto da coordinate simboliche e rituali diverse,
talché, riconsiderando la situazione nell’ottica propria del Rito Scozzese Antico
ed Accettato, non sembra fuori luogo evocare in termini espliciti la nozione di
profanazione.
In quarto luogo, risulta evidente che il fatto stesso del
travaso di elementi rituali da un “Alto Grado” al primo dei gradi simbolici
costituisce di per sé una patente violazione al principio di netta separazione
tra Ordine massonico e sistemi rituali “ad Alti Gradi” che, accettato e fatto
proprio dal Grande Oriente d’Italia molto tardivamente (1922) 90 e riaffermato
nel periodo post-fascista, ha stentato con tutta evidenza ad esser recepito da
taluno. Eppure si tratta di un principio strettamente connesso con quello di
“regolarità”, che esige l’autonomia assoluta dei tre gradi simbolici, governati
dalle Grandi Logge, rispetto a qualunque sistema ad “alti gradi”: autonomia non
soltanto formale, ma anche sostanziale, non potendo in ogni caso sussister
dubbi sul fatto che la materia dei rituali, nucleo essenziale della tradizione
muratoria, è al tempo stesso pertinente alla forma ed alla sostanza della
Libera Muratoria, talché contaminationes che vedano elementi rituali propri di
uno dei tre gradi simbolici essere accantonati od alterati da altri,
provenienti da un qualunque sistema “ad alti gradi”, violano in modo palese il
principio in discussione.
Ma, prima ancora che agli espressi rilievi, va accordata
una prevalente ed assorbente pregnanza ad un’altra osservazione, che attiene
alla esigenza, fondamentale e non suscettibile di mediazioni o di deroghe in un
ordine iniziatico tradizionale quale la Libera Muratoria intende essere o
tornare ad essere, di conservare o di ripristinare le forme ed i contenuti
tradizionali, preservandoli in modo intransigente da qualsivoglia
“innovazione”, per quanto “bene” ispirata o intenzionata, che invariabilmente
costituisce una sovrapposizione di forme e di contenuti “altri”, iniziatici o
para-iniziatici, comunque eterogenei rispetto alla via iniziatica muratoria e
destinati a stravolgerne e/o a snaturarne la fisionomia peculiare in un
divenire eclettico e mutevole, nel quale magari la Libera Muratoria potrebbe
assumere le sembianze di un caleidoscopio di molteplici vie iniziatiche, ma di
nessuna in particolare e, perciò, nemmeno di quella autenticamente ed
originalmente muratoria.
Il meccanismo che emerge in questo tipo di operazioni, volte
a mutare ed a reinterpretare i rituali muratori, è pur sempre quello della
“sostituzione” di materiali e di contenuti tradizionali con altri, prelevati da
diversa tradizione o peggio presi in prestito più o meno alla rinfusa da
disparati “esoterismi” o forme cultuali, portando all’inevitabile risultato di
una Libera Muratoria alterata, contraffatta, in ultima analisi trasformata in
altro da sé: una Massoneria così manipolata finisce per essere una “via
sostituita”.
Una prima obiezione a siffatte operazioni “sostitutive”
va colta nell’ovvia considerazione secondo la quale qui non si tratta di
conformare la consumazione di un pasto collettivo ad un qualunque paradigma
formale, purché rispondente a connotati iniziatici e costruito su elementi
significanti a contenuto simbolico.
Il conferimento di contenuti simbolici a sfondo sacrale e
talvolta schiettamente iniziatico, infatti, è fenomeno pressoché generalizzato
in tutte le epoche ed in tutte le civiltà, nelle quali il “pasto sacro” trova
frequentissima anche se estremamente varia collocazione. Per limitarsi all’area
mediterranea, si dispone di molteplici e persuasive testimonianze circa
l’esistenza di momenti ritualizzati e sacralizzati di pasti collettivi in
contesti a carattere iniziatico, quali quelli orfico, pitagorico e mithraico; a
livello delle stesse grandi religioni monoteistiche – la giudaica e la
cristiana – che hanno maggiormente ispirato l’attuale civiltà occidentale, non
mancano esempi di rilievo, come i banchetti pasquali e, sotto alcuni profili,
la stessa celebrazione della messa, provveduti di elevatissima ispirazione
simbolica ed indubbiamente coessenziali ad una rigorosa visione del sacro.
Il problema della ritualizzazione del pasto in comune tra
i Liberi Muratori non può, quindi, essere analizzato al di fuori di una precisa
ricostruzione delle coordinate storiche, simboliche e finalistiche proprie del
fenomeno in discussione, quali si sono andate precisando in una società
iniziatica legata, dapprima in forma cosiddetta operativa ed in seguito
meramente “speculativa”, alle caratteristiche di un preciso mestiere, quello
dello scalpellino o tagliapietre ovvero, più estensivamente, all’arte della
costruzione.
Orbene, un’abbondantissima documentazione, che risale
almeno al XVII secolo per quanto concerne l’Inghilterra e la Scozia, e via via
più ricca a partire dal XVIII secolo fino all’epoca attuale, alla quale si è
fatto sopra un molto riduttivo riferimento, dimostra l’antichità della
consuetudine di praticare il pasto collettivo quale momento abituale di ogni
riunione o tornata di Loggia, il più delle volte a conclusione dei lavori
rituali ma non di rado, almeno nel XVIII secolo, durante i lavori medesimi.
L’unico aspetto rituale o, per così dire, codificato non
riguardava e non ha mai riguardato gli alimenti solidi del pasto, bensì il
numero, la dedica e la forma dei brindisi. Si è visto, peraltro, che il numero
dei brindisi cosiddetti obbligatori fin dalla fine del XVIII secolo nella
Massoneria inglese ed in quella francese si è cristallizzato in sette e che le
dediche si sono anch’esse definite sia nella individuazione dei destinatari sia
nel loro ordine (al Capo dello Stato, al Gran Maestro, al Venerabile, ai
Sorveglianti, ai membri della Loggia, ai Visitatori, a tutti i Liberi
Muratori). Circa la forma del brindisi, almeno dal XVIII secolo si è
generalmente instaurata una pittoresca ma in verità abbastanza semplice
procedura che, facendo uso di una nomenclatura in parte muratoria ed in parte
castrense, abbina l’elevazione dei calici all’idea della materializzazione del
fuoco-luce, del calore, sullo sfondo dell’insistita reiterazione del numero
tre.
È verosimile che il gergo castrense costituisca una
sovrapposizione intesa a conferire un carattere cavalleresco all’organizzazione
libero-muratoria, coerentemente con il movimento che, preso avvio con il ben
noto Discours del Ramsay, avrebbe portato alla fioritura degli innumerevoli
riti “ad alti gradi” nel corso della seconda metà del XVIII secolo. Nondimeno
esso appare suggestivamente allusivo all’idea del “tuono” e del suo simbolismo,
connesso in modo diretto alla figura di San Giovanni Evangelista 91, come pure
al simbolo della “folgore” nel quadro dell’esperienza iniziatica.
Sotto il profilo simbolico, si può ancora far rilevare
che la disposizione della Loggia di Tavola, quale risulta da tutte le fonti
esaminate, riproduce approssimativamente una semicirconferenza prolungata alle
due estremità da rette parallele 92, da ricollegare al fatto che i due Solstizi
dividono il ciclo dell’anno in due parti eguali, mentre la Loggia dei lavori
muratori ha la forma di un quadrato doppio: la prima (Loggia di Tavola) sarebbe
una rappresentazione del Paradiso Terrestre e la seconda (Loggia di Lavoro)
costituirebbe un’anticipazione della Gerusalemme Celeste 93.
Questo pasto è pervaso, nella massima spontaneità e
schiettezza, dei sentimenti di amicizia e di solidarietà che, attraverso ben
noti collegamenti simbolici e semantici, evocano i concetti di Amore e di
Fraternità, mattoni elementari ed essenziali dell’edificio iniziatico
dell’Ordine, cardini e fili conduttori, intrecciati in una significativa
catena, della sua stessa esistenza. Lo stesso nome di Agape (dall’identica
parola greca, che vuol dire amore), in italiano sta a significare convito
fraterno, convito intimo tra amici, affetto od amore. Voler complicare questi
significati, mediante aggiunte o modifiche per quanto suggestive e “profonde”,
comporterebbe il rischio di snaturarli e di far perdere loro l’immediatezza e
la genuinità della originaria espressione 94.
Ed ancora, il pasto in comune è un completamento dei
lavori rituali propriamente detti, che son quelli fissati e scanditi dal
rituale del primo grado muratorio. In nessun caso esso può divenire un “lavoro”
a se stante, svincolato dalla subordinazione logica, cronologica e simbolica ai
lavori rituali in grado di Apprendista.
La tradizione muratoria, in definitiva e se è concesso
l’impiego di un pizzico di ironia, non è una nozione completamente elastica ed
opinabile, e cioé suscettibile di interpretazioni infinite e pretesto od
occasione per infinite invenzioni, giacché è attestata da documenti scritti
autorevoli e molteplici, ai quali occorre fare ricorso quando se ne ignorino,
per difetto di tradizione orale, le caratteristiche e la fisionomia. Quel che
desta notevoli perplessità, a meno di non perseguire lo scopo (o di consentire
passivamente a che tale scopo venga conseguito) di trasformare la Libera
Muratoria in “altro” ed in “diverso”, è la continua improvvisazione o
reinvenzione 95 dell’Ordine massonico secondo i gusti e le predilezioni
individuali, per quanto elevatissimi questi siano e magari corrispondenti al
nec plus ultra della scienza esoterica.
NOTE
e li getta nel fuoco come vittime ed offerte. Possono
esserci un solo coltello ed una sola coppa; non sono ammesse bottiglie».1 Ligou
D. (sous la direction de), Dictionnaire de la Franc-Maçonnerie, P.U.F., Paris,
1991.
2 Mellor A., Dictionnaire de la Franc-Maçonnerie et des
Francs-Maçons, Belfond, Paris, 1989.
3 Jones B. E., Guida e compendio per i Liberi Muratori,
Atanòr, Roma, 1987, pag. 489.
4 Anderson J., The Constitutions of the Free-Masons
containing the History, Regulations, & c. of that most Ancient and Right
Worshipful Fraternity For the Use of the Lodges, London, 1723 (trad. it.: Le
Costituzioni dei Liberi Muratori – 1723, Bastogi, Foggia, 1991, pag. 92).
5 Lessing G. E., Ernst und Falk. (tr. it.: Colloqui per
Massoni, Sapere, Milano, 1975, pagg. 137-138).
6 Ramsey A.-M., Discours, in La Tierce, Histoire,
obligations et statuts de la très vénérable confraternité des Francs-Maçons,
chez François Warrentrap, Francfort-sur-le Mein, 1742, pagg. 127-142 («Nos
festins ne sont pas ce que le monde profane et l’ignorant Vulgaire
s’imaginent… Nos repas ressemblent à ces virtuex soupers d’Horace, où l’on
s’entretenait de tout ce qui pouvait éclairer l’esprit, régler le coeur, et
inspirer le goût du vrai, du bon et du beau… Oui, Messieurs, les fameuses
fêtes de Cérès à Eleusis, d’Isis en Egypte, de Minerve à Athènes, d’Uranie chez
les Phéniciens, et de Diane en Scithie avaient du rapport aux nôtres… Elles
finissaient par des repas et des libations et on n’y connaissait ni
l’intemperance, ni les excès où les Payens tombèrent peu à peu». Si vedano
anche, sul punto, le acute notazioni di Marcy H.-F., L’origine de la
Franc-Maçonnerie et l’histoire du Grand Orient de France, Edimaf, Paris, 1986,
pagg. 144-145.
7 Angiolieri Alticozzi V., Relazione della Compagnia de’
Liberi Muratori, Napoli, 1746 (ried. Bastogi, Foggia, 1992); all’esame
comparativo questo testo appare in alcuni punti una parafrasi di analoga
pubblicazione francese del 1745, Le Sceau rompu ou la Loge ouverte aux profanes
par un Franc-Maçon.
8 L’Angiolieri Alticozzi prosegue: «Il fiasco dunque da
loro si chiama Barile; il vino Polvere rossa; l’acqua Polvere bianca. Non usano
bicchieri, ma tazze, e le chiamano Cannoni. Quando si beve in cirimonia
Muratoriana si dice: Date della polvere. Allora ognuno si rizza, e il
Venerabile dice: Caricate; e allora ciascuno mette del vino nella sua giara.
Dipoi si dice: Portate le mani alle vostre armi… in atto di operare… fuoco,
gran fuoco. Questi sono i tre tempi, che bisogna osservare nel bevere; nel
primo si porta la mano alla sua tazza, nel secondo si mette dinanzi a sé, come
in atto di presentare l’armi, e nell’ultimo ciascheduno beve. Nel bevere
tengono gli occhi diretti al Venerabile a fine di fare tutti insieme il
medesimo esercizio. Nel levarsi dalla bocca la tazza, si mette un poco dinanzi
a sé, si porta dipoi alla mammella sinistra, e poi alla destra, e questo si fa
tre volte. Quindi si rimette la tazza sulla tavola in tre tempi, si batte nelle
mani tre volte, e ciascheduno grida parimenti tre volte: Vivat.». Segue la
descrizione del caricamento, dei brindisi, etc.
9 Tschoudy Th.-H., L’Étoile flamboyante, ou la société
des Francs-Maçons considerée sous tous les aspects, voll. 2, à l’Orient chez le
silence 1766.
10 Ibidem, vol. I, pagg. 115-118.
11 Ibidem, vol. II (Discours pour une loge de table,
prononcé par le F. T., à la Saint Jean d’hiver 1764), pagg. 134-144.
12 Code Maçonique des Loges Réunies et rectifiées de
France, tel qu’il a été approuvé par les Députés des Directoires de France au
Convent National de Lyon en 5778, 5779 (ried. anast. con trad. it. a fronte
Bastogi, Livorno, 1975).
13 Chevallier P., Histoire de la Franc-Maçonnerie
française, Fayard, Paris, 1974, vol. I, pag. 247; Ursin J., Création et
histoire du Rite Écossais Rectifié, Dervy, Paris, 1993, pagg. 108-112. Più in
dettaglio cfr. Le Forestier R., La Franc-Maçonnerie templière et occultiste aux
XVIIIe et XIXe siècles, La Table d’Émeraude, Paris, 1987, vol. I, pagg.
476-497.
14 Recueil précieux de la maçonnerie adonhiramite,
contenant les Cathéchismes des quatre premiers Grades, l’Ouverture &
Clôture des différentes Loges, l’Instruction de la Table, les Santés générales
& particulieres, ainsi que les devoirs des premiers Officiers en Charge;
… dédié aux maçons instruits par un Chevalier de tous les Ordres Maçonniques.
A Philadelphie, chez Philarethe, rue de l’Equerre, à l’A-plomb, 1786 (le
Istruzioni in questione sono alle pagg. 27-49).
15 Il Grand Orient de France venne costituito tra il 1771
ed il 1773 sotto la Gran Maestranza nominale del duca di Chartres (il futuro
Philippe-Égalité) ma sotto la direzione effettiva del duca di
Montmorency-Luxembourg, il quale dette mano ad un’opera di completa
riorganizzazione della massoneria francese, caratterizzata tra l’altro dalla
adozione di rituali uniformi per i primi tre gradi cosiddetti simbolici e per
ulteriori quattro gradi, selezionati tra i numerosissimi fioriti in modo
caotico ed incontrollato a partire dal 1730-1740, costituenti un sistema
organico denominato Rito Francese o Moderno (in Italia noto anche come
Riformato). Dopo la quasi completa cessazione delle attività massoniche nel
periodo più torbido della rivoluzione (1793-1795), il Grand Orient de France fu
risvegliato a partire dal 1796 per iniziativa di Roëttiers de Montaleau, il
quale assunse il titolo di Gran Venerabile.
16 Il primo brindisi, dedicato al capo dello Stato,
durante l’ancien régime era indirizzato al re; nel 1801, durante il Consolato
(1800-1804), fu indirizzato «alla Repubblica francese ed al suo Governo»; sotto
l’Impero, si levarono i calici «in onore di Sua Maestà Imperiale e della sua
augusta famiglia» (Collaveri F., Napoléon, empereur Franc-Maçon, Payot, Paris,
1986; tr. it. a cura di A. A. Mola, Napoleone imperatore e massone, Nardini,
Firenze, 1986, pag.128).
17 Grande Oriente d’Italia-Collegio dei MM.·. VV.·. della
Lombardia, Atti del Primo Convegno nazionale di studio sui rituali massonici –
Istruzioni per i primi tre gradi della Massoneria italiana – 1808 (Milano, 5-8
dicembre 1986).
18 Cfr. gli Atti del Primo Convegno nazionale di studio
sui rituali massonici, cit., pagg. 11-13.
19 Disposizione di Loggia tipica della Massoneria
francese e presente tuttora sia nel Rito Francese sia nel Rito Scozzese ed
Accettato di Francia; essa comporta, ovviamente, che il Segretario sieda alla
testa della Colonna di Settentrione.
20 I “gradi superiori” ai quali si allude nel testo sono
quelli dei Riti ad “alti gradi” (Rito Francese, Rito Scozzese Antico ed
Accettato, Rito Scozzese Filosofico, Rito Scozzese Rettificato, per citare
quelli allora più diffusi), rispetto ai quali nella Massoneria francese dei
primi tre gradi si poneva una distinzione abbastanza fluida, ad essi riconoscendosi
in generale il diritto a particolari prerogative e ad “onori”.
21 Si omette qui di trascrivere l’elencazione dello
speciale lessico della Loggia di tavola, in quanto identica a quella riportata
nei Tuileurs coevi che verranno presi in esame più avanti.
22 I fratelli serventi sono oggi praticamente scomparsi.
Secondo gli Statuti Generali della Massoneria Scozzese (Napoli, 1821), art.
236, «i serventi si scelgon principalmente nella classe degli artigiani, ma
deggion saper leggere e scrivere, ed esser di tali costumi e di tal prudenza
che non abbiasi a temerne alcuna indiscrezione». Erano esonerati da qualunque
capitazione o contribuzione, e soltanto il principale tra loro doveva essere
«necessariamente ammesso a’ misteri massonici», mentre gli altri «vengon
semplicemente instruiti de’ segni del 1° grado scozzese, ed anche della parola
di passo del grado medesimo nel rito riformato, e di quanto concerne la
preparazione delle diverse camere, ed il servigio, cui sono addetti, sotto
giuramento di fedeltà e di silenzio» (art. 237); «aperti i lavori della L.·. i
serventi non possono dipartirsi dalla via smarrita, né entrare in tempio se non
chiamati». Secondo l’art. 243, «in mancanza di serventi, i più giovani massoni
dovranno alternarne tra essi le funzioni».
23 Anche qui la disposizione è quella propria, all’epoca,
del Rito Francese, che non prevedeva tra gli Ufficiali di Loggia la presenza
dei Diaconi; come si vedrà, attraverso le disposizioni degli Statuti Generali
della Massoneria Scozzese (Napoli, 1821), secondo il Rito Scozzese Antico ed
Accettato è il 1° Diacono a sedere di fronte al Venerabile.
24 È il testo della famosa Chanson des Apprentifs,
traduzione (1735) di Thomas Lance dell’Enter’d Prentice’s Song di Matthews
Birkhead, pubblicato in appendice alle Constitutions of the Free-Masons
dell’Anderson (cfr. Basso A., L’invenzione della gioia. Musica e Massoneria
nell’età dei Lumi, Garzanti, Milano, 1994, pagg. 40-43 e 97). Nella stessa vena
poetica, ispirata all’atmosfera del banchetto massonico o da questo
occasionata, si collocano gran parte delle composizioni del calabrese Antonio
Jerocades raccolte nella Lira Focense (per esempio il brindisi: «La mano
all’armi mistiche./È questo il mio cannon»), pubblicata la prima volta nel 1783
ma ristampata a Milano – dal 1805 sede del Grande Oriente d’Italia – nel 1809.
25 Vignozzi A., Vocabolario dei Liberi Muratori italiano
e francese corredato dei loro Regolamenti basati sulle Costituzioni Generali e
del catechismo massonico addetto ai primi gradi…, Dalla Tipografia Vignozzi,
Livorno, 1810 (rist. anast. Forni, 1987); il rituale, sotto il titolo Loge de
table – Loggia da tavola, è alle pagg. 36-60. Il testo francese risulta tratto
da Bazot E. F., Vocabulaire des Francs Maçons, suivi des règlements basés sur
les constitutions générales de l’Ordre de la Franche maçonnerie…, Caillot,
Paris, 18103.
26 Integralmente riprodotto a stampa con il titolo di
Rituali e società segrete, Convivio/Nardini, Firenze, 1991 (il rituale in
questione è alle pagg. 82-83); l’editore non fornisce alcun elemento
identificativo sulla persona dell’autore. Il volume è elencato nella
Bibliografia della Massoneria in Italia del Simoni (Bastogi, Foggia, 1992, vol.
I, pag. 249, con il n. 2795), ma anche qui senza alcuna indicazione circa
l’identità dell’autore, che è tuttavia da individuare nel Giuseppe Valtancoli
di cui in Ciuffoletti Z., Per la storia della Massoneria in Toscana (in Le
origini della Massoneria in Toscana. 1730-1890, a cura di Z. Ciuffoletti,
Bastogi, Foggia, 1989, pagg. 33-34 e 42 in nota) ed in Id., Introduzione a
Cristelli F., Storia della loggia massonica “Napoleone” di Firenze, attraverso
i suoi verbali (1807-1814), Centro Editoriale Toscano, Firenze, 1992, pagg.
12-13.
27 Val la pena di segnalare che lo scritto intitolato Sviluppo
della Dottrina Massonica o Sistema della generazione universale degli esseri,
alle pagg. 249-256 dell’ed. a stampa citata, costituisce la mera traduzione di
identico scritto, con il titolo Système de la génération universelle des êtres,
suivant la doctrine symbolique des Anciens, riportato alle pagg. 317-349 del
Thuileur des trente-trois degrés de l’Écossisme del Delaulnaye (Paris, 1821),
la cui prima ed. è però del 1813; dallo stesso testo deriva la tav. I del
manoscritto italiano.
28 Degli Statuti Generali della Franca-Massoneria in
Italia, Dalla Stamperia del G.·. O.·. d’Italia, Milano, 5806, si conoscono
soltanto due ulteriori edizioni (1812 e 1826). Si tratta tuttavia di opera
pregevolissima per la completezza espositiva e per la cura impiegata nella sua
elaborazione, certamente non inferiori a quelle di analoghe pubblicazioni
coeve, dalle quali concettualmente deriva, come il Régulateur du Maçon edito
nel 1801 dal Grand Orient de France (rituale a stampa obbligatorio per tutte le
Logge) e soprattutto gli Statuts et Règlements généraux de l’Ordre Maçonnique
en France (1805), che possono considerarsi la fonte immediata e diretta dalla
quale gli Statuti milanesi sono derivati (Ligou D., La postérité d’Hiram.
Histoire et devenir de la Franc-Maçonnerie, Dervy, Paris, 1993, pag. 205).
29 La redazione degli Statuti Generali della Massoneria
Scozzese (Napoli, datati il 23 del 12° mese dell’anno di V.. L.·. 5820 e cioé
23 febbraio 1821) è attribuita da una lunga e sicura tradizione ad uno solo dei
tre firmatari, il marchese Orazio De Attellis, allora Grande Oratore del Grande
Oriente di Napoli; le numerosissime riedizioni non sono purtroppo molto fedeli
e generalmente omettono la pur importante prefazione alla I ed., anonima ma
certamente del De Attellis, sostituendola con altra, pur essa anonima ma
attribuita a Domenico Angherà (Reghini A., I numeri sacri nella tradizione
pitagorica massonica, Ignis, Roma, 1947, pag. 25).
30 Giudizio che si ricava non soltanto dal sistematico
confronto dei due testi, ma anche da esplicita dichiarazione del De Attellis
nella citata prefazione alla I edizione del 1821.
31 La materia è trattata nelle pagg. 106-110 degli
Statuti Generali della Franca-Massoneria in Italia, sotto il Titolo XXVII Delle
Agapi, o Banchetti, artt. 1-21.
32 Statuti Generali della Franca-Massoneria in Italia,
cit.. «1. Due Agapi di obbligazione relative all’ORDINE vi sono in ciascun anno
per ogni Loggia, cioé nei giorni 24 Giugno, e 27 Dicembre, alle quali tutti i
Fratelli presenti all’Oriente sono tenuti di partecipare, sia assistendovi
personalmente, sia soddisfacendone la quota stabilita. … 4. Ogni Loggia ha un
suo proprio Banchetto di obbligazione, che celebra nel giorno anniversario
della di lei installazione, o intitolazione».
33 Sull’origine e sull’assetto degli “Alti Gradi” del
Rito Francese, provenienti dallo stesso materiale utilizzato per molti dei
“gradi scozzesi”, cfr. Jouaust, Histoire du Grand Orient de France, Teissier,
Paris, 1865, pag. 235; Findel J. G., Histoire de la Franc-Maçonnerie depuis son
origine, jusqu’à nos jours, Librairie Internationale, Paris, 1866, vol. I,
pagg. 282-283; Daruty J.-E., Recherches sur le Rite Écossais Ancien Accepté,
General Steam Printing-Panisset, Ile Maurice-Paris, 1879, pagg. 278-279; Marcy
H.-F., L’origine de la Franc-Maçonnerie et l’histoire du Grand Orient de
France, cit., pagg. 318-319; Guérillot C., La genèse du Rite Écossais Ancien et
Accepté, Trédaniel, Paris, 1993, pagg. 305-310.
34 Il cui rituale, peraltro, relativamente alla Cena è
pressoché sovrapponibile a quello del 18° grado del R.S.A.A.
35 I rituali del Rito di Perfezione collazionati in
manoscritto dal Morin, trasmessi al Francken e successivamente pervenuti ai
fondatori del Rito Scozzese Antico ed Accettato, ora integralmente pubblicati
in Guérillot C., Le rite de Perfection (Restitution des rituels traduits en
anglais et copiés en 1783 par Henry Andrew Francken accompagnée de la
traduction des textes statutaires), Trédaniel, Paris, 1993; sul Manoscritto
Franken vedi pure Sessa L., La Massoneria. L’evoluzione dagli alti gradi al
Rito Scozzese Antico ed Accettato, Il Ventaglio, Roma, 1993, pag. 117 e sgg.
36 «Il Tre Volte Potente rialza allora il candidato e gli
presenta il Pane ed il Vino, in una coppa d’oro, dicendo: “Mangiate con me di
questo Pane e bevete con me il Vino di questa coppa, affinché impariamo a
soccorrerci reciprocamente nella misericordia!”. Il Tre Volte Potente mangia e
beve. Poi il Tre Volte Potente presenta l’anello al candidato… Dopo che tutto
ciò sia stato compiuto, tutti i Fratelli condividono il Pane e bevono il Vino,
quindi fanno una libagione…» (dal Rituale del XIV grado, in Guérillot G., op.
cit., pag. 185). Il Rituale in questione risale a circa il 1760-1762 (ibidem,
pagg. 217-220): erroneamente, pertanto, il Naudon ritiene questa Cena una
«innovazione interessante» dei rituali francesi moderni (Naudon P., Histoire,
Rituels et Tuileur des Hauts Grades Maçonniques. Le Rite Écossais Ancien et Accepté,
Dervy, Paris, 1984, pag. 314). Una Cena abbastanza simile è, peraltro, presente
nel rituale di iniziazione al corrispondente 5° grado, o Grande Eletto
Scozzese, del Rito Francese, dove il candidato ed i due “Purificatori” bevono
vino dalla stessa coppa e mangiano lo stesso pane (Le Régulateur des Chevaliers
Maçons ou le quatre Ordres supérieurs suivant le Régime du Gran Orient de
France, A Héredom, l’an de la G.·.L.·. 1801, d’après le Manuscrit de 1783).
37 Naudon P.: Histoire, Rituels et Tuileur des Hauts
Grades Maçonniques. Le Rite Écossais Ancien et Accepté, cit., pagg. 377-391.
Dallo stesso manoscritto o comunque dalla stessa “famiglia” di manoscritti
deriva con tutta verosimiglianza un altro rituale, appartenuto a Devaux
d’Hugueville, Venerabile nel 1780 della Loggia de l’Aménité all’Oriente di
Parigi, datato 1779 (e riprodotto in parte da Bord G., La Franc-Maçonnerie en
France des origines à 1815, Librairie Nationale, Paris, s.d. ma 1908, pagg.
512-527), nel quale si legge: «Art. XXVII. Cerimonie ed emblemi del banchetto.
I Rosa-Croce tra loro non hanno altre cerimonie di tavola oltre quella che si
trova nelle istruzioni e che è in commemorazione del pasto che Gesù Cristo fece
ad Emmaus quando si fece riconoscere dai propri discepoli dopo la sua risurrezione.
Essa è indispensabile da parte di ogni Cavaliere nel giorno del Giovedi Santo
ed in tutti i Capitoli alle assemblee delle feste obbligatorie ed alle
iniziazioni. Art. XXVIII. Dei Capitoli in cui si mangia un agnello. Vi sono
Capitoli nei quali si può mangiare un agnello in alcune feste, ma occorre che
vi siano la testa e le zampe. Il Maestro li taglia prima che alcuno vi ponga
mano
38 L’antico rituale ne prevede l’obbligatorietà per tutti
i membri del Capitolo, anche se assenti («Qualora un fratello si trovasse da
solo in viaggio, deve farla in quel giorno e ricordare i suoi fratelli, che
nello stesso istante ricorderanno lui»).
39 Crf. Guérillot C., Le Rite de Perfection, cit. Con
l’occasione si rileva che lo stesso René Le Forestier (L’occultisme et la
Franc-Maçonnerie écossaise, Archè, Milano, 1987, pagg. 294-300), esaminando il
rituale del grado di Rosa-Croce nel XVIII secolo, dà conto della sola Cena
Mistica a base di pane e di vino, che a suo avviso «sembra essersi ispirata
direttamente alla descrizione data da Giustino (Apologia, LXV) della comunione
eucaristica nelle comunità cristiane nel II secolo della nostra era: “Terminate
le preghiere, ci scambiamo il bacio della pace. Poi a colui che presiede
l’assemblea vengono recati un pane ed una coppa d’acqua e di vino annacquato.
Li prende, loda Dio in nome del Figlio e dello Spirito Santo; poi fa una lunga
eucarestia per tutti i beni ricevuti da Lui. Poi tutti esclamano: ‘Amen’.
Quindi i diaconi distribuiscono il pane ed il vino con l’acqua consacrati”»
(pag. 300, in nota); il brano cit. dal Le Forestier è tratto da Giustino, Prima
apologia a favore dei cristiani, cap. 65 (in Giustino, Apologie, Rusconi,
Milano, 1995, pag. 167), e viene letto nell’Ufficio delle Letture della terza
domenica di Pasqua (vedi pure Brunelli R., Dal tempo all’eternità. La liturgia
della Chiesa cattolica, Mondadori, Milano, 1989, pagg. 42-43). Per la pratica
eucaristica protocristiana vedasi pure Didaché, IX, 1-5 (in I Padri Apostolici,
Città Nuova Editrice, Roma, 1976, pagg. 34-35).
40 Farina S.: Il libro dei rituali del Rito Scozzese
Antico e Accettato, Piccinelli, Roma, 1946, pagg. 303-335.
41 Nel discorso tenuto dal Saggissimo del Capitolo, a
pag. 333. Nessuna menzione della Cena del giovedì santo, invece, nel commento
al XVIII grado del R.S.A.A. del Porciatti (Porciatti U. G., Simbologia
massonica. Gradi scozzesi, Atanòr, Roma, 1948, dove, a pag. 179, si dà conto
soltanto della Cena che fa seguito abitualmente ai lavori del Capitolo);
analogamente in Poli U.: Massoneria iniziatica. La via scozzese, Atanòr, Roma,
1981, pagg. 83-84, ed in Bonvicini E., Massoneria di rito scozzese, Atanòr,
Roma, 1988, pagg. 171 e 175 n.
42 Bayard J.-P., Symbolisme maçonnique traditionnel, vol.
II (Hauts Grades et Rites anglo-saxons), Edimaf, Paris, 1987, pagg. 73-100.
43 1° e 2° Sopravigilante corrispondono agli odierni 1° e
2° Sorvegliante.
44 Gli Statuti napoletani precisano che «nel Rito
francese non vi è altra differenza se non quella delle colonne, e la non
assistenza de’ due diaconi», giacché «al posto di costoro siede un maestro di
cerimonie». Per quanto concerne le colonne, si allude qui al fatto che nel Rito
Francese è invertita la posizione rispettiva delle colonne J e B. Quanto agli
Statuti Generali della Franca-Massoneria in Italia, cit., la previsione è la
seguente: «6. Le mense per il Banchetto devon essere collocate a ferro di
cavallo. … 9. Il posto del Ven.·. è all’Oriente nel punto centrale della
parte convessa delle mense. I Sorveglianti dominano ciascuno dalle rispettive estremità
la loro colonna. I Visitatori fiancheggiano dall’uno e dall’altro lato il
Ven.·., a misura de’ loro gradi, e gli altri Fratelli occupano presso a poco la
stessa ubicazione, che hanno nel Tempio».
45 Statuti Generali della Franca-Massoneria in Italia,
cit.: «7. Se la Loggia di Banchetto è una continuazione de’ lavori trasportati
dal Tempio alla Sala, nessun siede sino a che il Ven.·. non l’abbia ordinato,
aggiungendo che la masticazione può aver principio. 8. Se i lavori
cominciassero nella Sala del Banchetto, il Ven.·., fatta coprire l’Officina
anche dai Serventi, li apre ne’ modi soliti».
46 Statuti Generali della Franca-Massoneria in Italia,
cit.: «15. La serie de’ brindisi d’obbligazione è stabilita dai Rituali. …
18. È in facoltà del Ven.·., de’ Visitatori, e degli altri Fratelli, di
proporre alcuni altri brindisi particolari non menzionati ne’ Rituali e di
ridurre il numero de’ brindisi di obbligazione, unendone due o tre in uno solo,
in termini bene precisati e chiari. 19. I brindisi possono essere alternati
dalla libera masticazione, ovvero continuati due o tre di seguito, secondo le
circostanze».
47 Nelle numerose riedizioni, più o meno largamente
rimaneggiate, si rinvengono quasi sempre 579 articoli.
48 Per armonia si intende la musica.
49 Per produzione d’ingegno, nel linguaggio dell’epoca,
si intendevano tavole architettoniche, poesie, etc.
50 Statuti Generali della Franca-Massoneria in Italia,
cit.: «2. In occasione di questi Banchetti, l’Oratore è incaricato di recitare
un discorso analogo alla festa che si celebra. … 20. Fra un brindisi e
l’altro si offre, se è possibile, qualche pezzo di architettura, o di musica,
per ottenere il quale giova che il Venerabile ne inviti preventivamente i
Fratelli. … 21. Una modesta allegria deve regnar nella Sala, insieme alla più
sincera concordia ed amicizia. La decente economia, la temperanza, e la
sobrietà non devono dimenticarvisi, come pregi non ultimi dei veri Liberi
Muratori».
51 Le posizioni dell’Oratore e del Segretario prescritte
dagli Statuti (art. 108: «Il posto dell’oratore in rito scozzese è alla testa
della colonna del 1° sopr.·. cioé della colonna del nord, a poca distanza del
trono. Nel rito moderno è nel luogo opposto…»; art. 131: «In tutti i riti il
segretario siede dirimpetto all’oratore…») sono state mantenute anche negli
attuali rituali del Grande Oriente d’Italia (rituale cosiddetto unico del 1969)
e costituiscono un’eccezione rispetto agli attuali rituali del Rito Scozzese
Antico ed Accettato dell’area latina, soprattutto francese, dove ha prevalso
l’uso del Rito Francese (segretario alla testa della colonna di settentrione,
oratore alla testa della colonna di meridione). È appena il caso di rilevare
che anche nell’Emulation Ritual il segretario siede alla colonna di meridione.
52 Statuti Generali della Franca-Massoneria in Italia,
cit.: «3. Dove trovinsi più Logge in uno stesso Oriente, possono riunirsi in
tali occasioni, e comporre una sola Loggia di Banchetto, scegliendo di comune
accordo l’Oratore».
53 Statuti Generali della Franca-Massoneria in Italia,
cit.: «10. Quando la masticazione è libera, i Fratelli Serventi, ed altri anche
profani, che hanno l’incarico di distribuire i materiali, cambiar le tegole, e
simili, hanno libero l’accesso, sino a tanto che il Venerabile avvisi col mezzo
del suo Diacono, o Maestro di Cerimonie, che la Sala sia coperta».
54 È il 1° Diacono, il quale opportunamente siede di
fronte al Maestro Venerabile per svolgere le proprie mansioni.
55 Restano seduti, cioé, coloro che siedono all’interno del
ferro di cavallo.
56 Leggi: apprendisti.
57 Si tratta dell’odierno tovagliolo.
58 Per altri si intendono i Maestri.
59 È implicito che debba chiederne preventivamente il
permesso al Maestro Venerabile.
60 Statuti Generali della Franca-Massoneria in Italia,
cit.: «11. Allora il Venerabile avvertito dell’esecuzione batte un colpo, che è
replicato dai Sorveglianti, fa verificare se la Sala sia al coperto, ordina che
si carichi e si allinei per un saluto, o Brindisi, di cui si riserva il
comando, e avvertito della esecuzione, chiama in piedi ed all’ordine tutti i
Fratelli. 12. Ognuno si alza, eccetto quelli seduti dalla parte concava: gli
Apprendenti ed i Compagni si tengono il mantile sul braccio sinistro: tutti gli
altri lo accavallano sulla spalla sinistra. La mano destra è posta all’ordine.
13. Il Venerabile annuncia a chi sia consecrato il saluto che sta per
comandare: indi lo comanda ne’ modi conosciuti, ovvero lo fa comandare dalla
musica vocale, o accompagnare dalla istromentale, se vi è, e se è fornita
dell’occorrente. … 16. Quelli, cui è diretto il brindisi, e che sono
presenti, si tengono sempre in piedi e all’ordine, indi ringraziano facendo i
tre fuochi con tutte le cerimonie analoghe, e il loro ringraziamento è coperto.
17. I Maestri di Cerimonie rispondono per gli assenti nel medesimo modo, e si
uniscono ai presenti nei loro ringraziamenti».
61 La più frequente di queste pene consisteva nel far
bere subito al Fratello colto in fallo un bicchiere d’acqua!
62 Le dimande di rito son quelle, previste nel rituale di
chiusura, che il Maestro Venerabile rivolge al 1° ed al 2° Sorvegliante; nulla
vieta, però, che prima ancora di passare al rituale di chiusura il Maestro
Venerabile proceda alle Istruzioni del grado (il cosiddetto Catechismo), che
per l’appunto è articolato in domande e risposte.
63 Vuillaume C.-A., Manuel maçonnique ou Tuileur des
divers rites de Maçonnerie pratiqués en France, Sétier & Brun, Paris,
1830².
64 In nota il Delaulnaye spiega: «La prudenza esige che
la Loggia di Tavola si tenga in Grado di Apprendista».
65 Non si tratta del Sovrano Gran Commendatore del Rito
Scozzese Antico ed Accettato, come pure si potrebbe pensare, bensì – con
riferimento all’epoca (1821) – del monarca o capo di Stato.
66 Pagg. 65-70 del Tuileur.
67 Va sottolineata la variante rispetto alle prescrizioni
degli Statuti Generali della Massoneria Scozzese.
68 Si tratta di un’ulteriore variante rispetto agli
Statuti Generali.
69 Con l’aggiunta di un’ultima voce: Tagliare è
sgrossare.
70 Stolper Ed. E., Argomento Massoneria, Brenner,
Cosenza, 1986², pagg. 81-82.
71 Unità che durò fino al 1908, come già ricordato.
72 Mola A. A., Storia della Massoneria italiana dalle
origini ai nostri giorni, Bompiani, Milano, 1992, pag. 102 e sgg.
73 Ragon J.-M., Rituel de l’Apprenti Maçon, Teissier,
Paris, 1859, pagg. 72-75 (Loge de table).
74 Ragon J.-M., Tuileur général ou manuel de l’initié,
Teissier, Paris, 1860, pagg. 15-19 (Des banquets et des usages de table).
75 Bacci U., Il libro del Massone italiano, Roma, 1908,
voll. 2 (il Rituale dei banchetti massonici si trova nel volume I, pagg.
383-402); da alcuni particolari (per esempio dal numero dei brindisi, ridotto a
cinque) si ricava l’impressione che fonte immediata del rituale ivi riprodotto
sia stato il Tuileur del Teissier (Teissier A., Manuel Général de Maçonnerie,
Teissier, Paris, 1883, III ed.). Il Farina (Il libro dei rituali del Rito
Scozzese Antico e Accettato, cit., pag. 100) incorre in un vistoso granchio,
traducendo plats come “piatti” invece che “vassoi”, con il curioso risultato di
prescrivere la collocazione dei piatti a notevole distanza dai malcapitati
commensali.
76 Seguito ampiamente in questo, e forse in linea
diretta, dal Farina nell’opera citata.
77 È bene ricordare che il fantasioso Ragon, oltre che
membro del Grand Orient de France, lo fu pure del Rito di Misraim, pretesa
versione “egizia” della Massoneria, ove (lui, sedicente nemico degli “Alti
Gradi”) ebbe a scontrarsi con i fratelli Bédarride per la direzione del Rito
stesso.
78 Le stesse divagazioni di fonte ragoniana si rinvengono
già nel rituale Dei banchetti o agapi in appendice ad un Rituale del primo
grado simbolico ossia Apprendista L.·. M.·. pubblicato a Torino nel 1862 dalla
«R.·. L.·. Campidoglio di R.·.S.·.A.·.A.·. sotto l’obbedienza del G.·. O.·.
d’Italia».
79 Op. cit., pagg. 97-108.
80 Riprodotto in ed. anast. da Brenner, Cosenza, 1994. Il
Simoni (Bibliografia della Massoneria in Italia, Bastogi, Foggia, 1992, vol. I,
pag. 282) ne identifica l’autore, nel testo indicato con le iniziali G. C., con
Gaspare Carli.
81 In questo quadro desolante va tuttavia segnalata la
succinta ma nel complesso corretta esposizione in Troisi L., La Massoneria (I
gradi azzurri), vol. I (L’apprendista libero muratore), Erasmo, Roma, 1992,
pagg. 108-110.
82 Ubicazione che, propria del Rito Scozzese Antico ed
Accettato e dello stesso Emulation Ritual, è stata adottata dal rituale unico
dei tre gradi simbolici approvato dal Grande Oriente d’Italia nel 1969;
diversamente nel Rito Francese, ove il 2° Sorvegliante siede a sinistra della
colonna J, cioé ad occidente e nella metà del Tempio che guarda a settentrione.
83 L’ubicazione del 2° Sorvegliante a metà della colonna
di meridione anche nella Loggia di tavola costituisce una relativamente recente
innovazione del Rito Scozzese Antico ed Accettato di Francia (cfr., tra gli
altri, Bayard J.-P., Symbolisme maçonnique traditionnel, Edimaf, Paris, 1982,
vol. I., pag. 316); tra le altre “innovazioni” francesi, vi è la ricordata
collocazione del Maestro delle Cerimonie davanti al Venerabile, nel posto
tradizionalmente riservato al 1° Diacono, figura di Ufficiale di Loggia
scomparsa nel Rito Scozzese di Francia dalla seconda metà del XIX secolo, nel quadro
di un allineamento ai rituali del Rito Francese seguiti dal Grande Oriente di
Francia che ha coinvolto anche i primi tre gradi del R.S.A.A.
84 Con il titolo Quaderni di simbologia muratoria, con la
dicitura «a cura del Grande Oriente d’Italia» e con prefazione dell’allora Gran
Segretario Spartaco Mennini, nella quale sono raccolti i risultati di un ciclo
di seminari iniziati nel 1976.
85 L’una e l’altra figura sono ignote alla pur lunga
lista dei Dignitari ed Ufficiali di Loggia di cui alla tradizione italiana
(Statuti Generali della Franca Massoneria in Italia del 1806 e Statuti Generali
della Massoneria Scozzese del 1821) ed alle Costituzioni e Regolamenti del
G.O.I. nelle redazioni del 1968-1969 e del 1984. L’Organista è, invece, un
Ufficiale della Loggia Emulation.
86 Con una sola frase vengono accantonati duemila anni di
tradizione cristiana e duecentocinquanta di tradizione muratoria!
87 Ma in che cosa consista l’“operatività”, cui fan da
preludio e sono propedeutiche la “purgazione” e la “purificazione”, è argomento
sul quale prudenza suggerisce che tacere è bello.
88 Non risulta che la cazzuola sia strumento specifico
del Maestro Venerabile, il cui simbolo o gioiello è la squadra.
89 Il Gabinetto di Riflessione, come caratterizzato dai
menzionati elementi ermetico-alchemici, è presente soltanto nei rituali del
Rito Scozzese Antico ed Accettato e del Rito Francese, ma è sconosciuto ai
diversi rituali della massoneria anglo-sassone ed allo stesso Rito Scozzese
Rettificato, benché originato anch’esso dal “crogiuolo” della massoneria
«scozzese» del XVIII secolo.
90 Con Decreto n. 227 emanato il 18 dicembre 1922 dal
Gran Maestro Domizio Torrigiani. Anteriormente il Supremo Consiglio del
R.S.A.A. e la Gran Loggia del Rito Simbolico Italiano godevano di completa
autonomia sulle questioni rituali relative alle Logge appartenenti all’uno o
all’altro Rito, comprese la prescrizione dei rituali nei primi tre gradi e la
potestà ispettiva presso le Logge (art. 99 delle Costituzioni del G.O.I.
approvate nel 1906), nonché di autonomia giurisdizionale nei “processi
massonici” promossi contro Fratelli insigniti di grado superiore al terzo (art.
111 delle stesse Costituzioni).
91 Cfr. Naudon P., Les loges de Saint-Jean et la
philosophie ésotérique de la Connaissance, Dervy, Paris, 1990 (tr. it.: Le
logge di San Giovanni, Atanòr, Roma, 1997).
92 Si veda la voce Table Lodge in Mackey A. G., Hughan W.
H., Hawkins E. L., Encyclopaedia of Freemasonry, The Masonic History Company,
Chicago, 1929, pag. 1008, nonché lo schema ivi riprodotto.
93 Roman D., Le Symbolisme de la Loge de Table, in
Réflexions d’un chrétien sur la Franc-Maçonnerie, Éditions Traditionnelles,
Paris, 1995.
94 L’esposizione dei rapporti tra l’eros greco e l’agape
cristiana comporterebbe ben più che un’ampia digressione. Si rinvia pertanto,
ai fini degli opportuni approfondimenti, a Robin L., La théorie platonicienne
de l’Amour, P.U.F., Paris, 1964 (tr. it.: La teoria platonica dell’amore,
Celuc, Milano, 1973); Reale G., Introduzione ad Agostino, Amore assoluto e
“terza navigazione”, Rusconi, Milano, 1994 (in particolare alle pp. 10-19 e
40-55); Id., Eros dèmone mediatore e il gioco delle maschere nel Simposio di
Platone, Rizzoli, Milano, 1997.
95 Tra questi parti di fantasia, estranei alla tradizione
muratoria e nel migliore dei casi espressione di ridondanza barocca, si possono
altresì citare: l’“orientazione” del Gabinetto di Riflessione e l’immissione in
esso di simboli astrologici; l’addizione, nei verbali delle tornate rituali, di
un “punto geografico” e di un “punto geodetico” al bisecolare “punto geometrico
noto ai soli Figli della Vedova”; le variazioni nell’effettuazione della
“catena fraterna” in grado di Maestro; l’introduzione di inesistenti dualismi
cromatici nelle Colonne del Tempio e nei bastoni dei Diaconi, e via via
inventando…