IL SIMBOLISMO MASSONICO

IL SIMBOLISMO MASSONICO

di Carlo Gentile

Il simbolismo della Libera Muratoria esprime, nella ricchezza, talvolta anche romantica (e quindi potenzialmente fantastica) delle sue prospettive, un punto focale. Esso è l’atto conclusivo della cerimonia della iniziazione, il momento in cui viene pronunciata la formula decisiva del maestro di loggia nei riguardi del neofita: «Ti inizio, ti costituisco, ti creo libero muratore apprendista».

II simbolismo massonico qui si stringe nella possibilità di una interpretazione critica: non enunciazione di idee, ma contenuto di un atto di coraggio dell’uomo dinanzi alla vita. Per due motivi:

  1. Se questa formula — o meglio questo momento di una più vasta formula rituale — evoca, attraverso la tradizione muratoria una innumerevole (o comunque non calcolabile) serie delle iniziazioni, coagulata nell’atto di potere del Maestro ed esercitata nella delicatissima sequenza cerimoniale, dall’altra parte, la triplice evocazione di forza si estende, per assoluta coerenza, alla continuità della vita massonica dell’individuo nell’avvenire. Allo stesso modo per cui insondabile è il mondo rimasto alle spalle del Venerabile che pronuncia quelle parole, è insondabile pure quanto si espande e procede dinanzi al suo sguardo, come dinanzi agli occhi di chiunque parli ed agisca ritualmente. Strano può sembrare, irriverente no, l’espressione del liberomuratore Guido Gozzano:

«vive tra il tutto e il niente questo coso vivente detto guido gozzano».

In definitiva si può dire che qui non vi è solo la esecuzione di un atto ove culmina la realizzazione massonica di base, ma si dà pure compimento al simbolo centrale della vita intera: l’uomo al centro geometrico della vita, qualunque età fisica egli rivesta nella carne, l’uomo dunque tra il passato e l’avvenire.

  • L’altro motivo è l’avere centrato la funzione del Maestro Venerabile mentre batte i tre colpi sulla testa del recipiendario, armato di

due strumenti simbolici: il martello e la spada. Non credo valga la pena parlare a lungo dell’uno e dell’altra, perché sui simboli massonici e sugli oggetti rituali, sono state scritte biblioteche. Inoltre, più dello studio dell’immagine vale la stessa rivissuta dal libero muratore, nel caso specifico, dal Maestro Venerabile che l’adopera e la pone in movimento, proprio come fa il capo-operaio con una macchina in un opificio. Si tratta infine di movimenti tanto personali•quanto irripetibili. Basta solo ricordare che, nella immediatezza almeno, dell’apparire, che il martello e la spada sono segni di potenza e pure di violenza e di morte. E chiaro che se non saremo stati tanto pazienti da passare dai ricordi di Thor fulminatore o di Pietro armato di spada nelle tradizionali iconografie, ad una linea di vitalità razionale, sarà inutile andare avanti, anche nella cerimonia. La tradizione comunque ci conforta, ricordandoci i non violenti che dissero «battete e v1 sarà aperto».

Il martello è evocatore di luce perché compie la meraviglia di fare sprizzare le scintille dall’incudine e di piegare, adattare, adornare, scolpire il metallo in fusione. Restando nell’area della sintesi cerimoniale, il metallo fonte di baleni e di suoni è la spada stessa. Essa serpeggia come fiamma ed assume la fisionomia di una lingua di fuoco. L’atto che si compie è dunque consono alla denominazione officina e significa che l’uomo si riconosce al centro della vita, dal passato all’avvenire, quando lavora per plasmare la materia, per dare forma e significato alla vita di cui egli stesso è parte.

Ancora è importante tenere presente che l’uomo viene a trovarsi — al momento della iniziazione — al centro della vita con i segni del lavoro o della potenza (per usare termini più plastici in opera), non da solo, ma in rapporto all’umanità. Vi è il collegamento dell’essere consapevole con il proprio simile, ed uno dei due partecipanti alla scena, passa all’altro qualcosa: la triplice parola d’ordine della vita stessa: Iniziare, costruire, creare.

Perché il protagonista dell’Assommoir «Gola d’oro», il fabbro, riempiva l’officina di canti, cioè travasava la fatica in una realtà corale? Perché in genere il lavoratore canta per alleviare il peso dell’opera? Perché i liberi muratori fanno echeggiare la musica nei momenti decisivi del rituale? Per ricordare che noi, i costruttori, non siamo soli;

siamo l’umanità la quale si riconosce negli aspetti di un’opera: la vita. Essa possiede ed espone un risvolto umano individualizzato ossia l’io ed il risvolto della storia, uno naturale (la costituzione dell’uomo come essere organico obbediente alla legge della natura, al finalismo dell’ atmosfera vivente in cui si riscopre inserito, parallelamente all’atomo opaco nello spazio), ed uno infine con il mondo extra-umano, non direi subumano, ma semplicemente della diversità perennemente possibile che la stessa dialettica naturale presuppone. Basta riflettere sullo sforzo d’identificare le origini, ma soprattutto il meccanismo interno dello Sfero, compiuto dai primi filosofi, per capire che la Natura si è presentata ab origine, agli occhi dell’uomo (e logicamente del filosofo) nei termini di rivelazione. Nessuno può impedirci di pensare ad esempio, che la Noosfera, ossia quell’involucro (parola inesattissima) di energia pensante che, secondo Teilhard de Chardin, avvolgerebbe la Terra, non sia l’immagine intuitiva dei mondi abitati nello spazio invece che l’eredità scolastica delle Intelligenze Angeliche direttrici dei Cieli.

A questo punto mi sembra sufficientemente chiarito il significato della formula d’iniziazione, nel riflesso che i tre suoni emessi dal Maestro Venerabile hanno all’interno dell’uomo cui sono stati rivolti: essere iniziato, essere costituito, essere creato. Diciamo subito comunque che il fermarsi ad una soluzione letteralista potrebbe essere fuorviante. La Massoneria non dà al neofita più di quanto egli stesso non sia capace di essere. Non ci spiegheremmo altrimenti, perché — proprio secondo alcune antiche usanze — il neofita era chiamato, proprio nell’incipiente presa di contatto con i misteri, Boaz, (la Forza). E evidente la contraddizione con il visibile stato d’inferiorità e comunque di soggezione che, oltre alla presenza della benda e della corda, si collega alla dichiarazione giustificativa di aver osato che il padrino o l’accompagnatore ripeta ad ogni tappa del viaggio simbolico tra le asprezze e i dubbi della esistenza quotidiana. L’uomo ancora bendato e scomposto nell’abito è ad ogni modo libero e di buoni costumi, diciamolo  francamente, non varebbero né la benda, né la corda, né la minaccia dell’arma puntata sul cuore. Afiche nel rituale inglese in cui egli è presentato come «un povero orfano» sperduto nella oscurità dell’errore e nelle incertezze della vita, quando sfila davanti ai Sorveglian

ti, è chiamato nel modo più onorevole ed alto: Boaz, ossia la forza segreta di tutti i liberi muratori sparsi sulla terra, personificato. Mentre siamo ancora inginocchiati e in attesa, vediamo ora dall’altra parte della barriera, cosa possono significare iniziazione, coStituzione, creazione. Si è già detto che non ci troviamo dinanzi ad un dono, alla trasmissione d’un potere, alla elargizione di un titolo. Ripetendo in parte le parole di Herbert Spencer, la cerimonia dell’iniziazione è il rapporto umano «portato al suo più alto grado di universalità e di generalizzazione». Ha sostituito la parola «sapere» o «conoscenza», «cultura» ecc. Ritengo lecito usare la definizione — positivista per giunta — della filosofia, perché la Massoneria è conqscenza resa operante, ma non potrà mai prescindere dal Delta luminoso dalla lettera G, dall’Occhio, dal Compasso, dal Libro, dalla Squadra; tutti indici vari della Conoscenza. In relazione dunque ai tre mondi già delineati e tradizionalmente noti, dell’Umano, del Naturale e del Divino (con la caratteristica capacità di esprimere la vita dal Nulla), l’iniziato incomincia a provare il vincolo, l’impegno, di un rapporto, anzi di un cammino, appena sarà stato rialzato e poi riceverà l’insegnamento dei «passi» rituali.

Vediamo in cosa potrà consistere l’ipotesi più o meno verosimile di tale cammino.

I doni simbolici stessi — i guanti in due paia, maschile e femminile, il grembiule insieme all’abbraccio, al triplice bacio, o alla dichiarazione solenne «Tu sei mio fratello», sanzionano la consacrazione di un’opera di armonia dalla quale l’iniziato assume coscienza e responsabilità. Ora, tradurre tale opera in esemplificazioni precettistiche è altrettanto sconsigliabile, per me almeno, quanto l’addentrarsi nella tematica della demiurgia esaltante o sulla strada variopinta delle molteplici tecniche e scuole che, in un senso o nell’altro, all’iniziazione si collegano. Mettendo per un momento da parte sia le sequenze fascinose, sia le diverse ipotesi storiche dello sviluppo culturale massonico, cercherò di tracciare, nel modo più semplice, un itinerario del simbolismo. Qualsiasi itinerario credo non potrà mai prescindere da alcune prese dirette dell’individuo che abbia assunto l’iniziazione e il suo carisma indelebile, con l’uomo, con il vivente, con il divino. Si tratta di vedere come l’imziato «può» (non dico certo «de46

siamo l’umanità la quale si riconosce negli aspetti di un’opera: la vita. Essa possiede ed espone un risvolto umano individualizzato ossia l’io ed il risvolto della storia, uno naturale (la costituzione dell’uomo come essere organico obbediente alla legge della natura, al finalismo dell’atmosfera vivente in cui si riscopre inserito, parallelamente all’atomo opaco nello spazio), ed uno infine con il mondo extra-umano, non direi subumano, ma semplicemente della diversità perennemente possibile che la stessa dialettica naturale presuppone. Basta riflettere sullo sforzo d’identificare le origini, ma soprattutto il meccanismo interno dello Sfero, compiuto dai primi filosofi, per capire che la Natura si è presentata ab origine, agli occhi dell’uomo (e logicamente del filosofo) nei termini di rivelazione. Nessuno può impedirci di pensare ad esempio, che la Noosfera, ossia quell’involucro (parola inesattissima) di energia pensante che, secondo Teilhard de Chardin, avvolgerebbe la Terra, non sia l’immagine intuitiva dei mondi abitati nello spazio invece che l’eredità scolastica delle Intelligenze Angeliche direttrici dei Cieli.

A questo punto mi sembra sufficientemente chiarito il significato della formula d’iniziazione, nel riflesso che i tre suoni emessi dal Maestro Venerabile hanno all’interno dell’uomo cul sono stati rivolti: essere iniziato, essere costituito, essere creato. Diciamo subito comunque che il fermarsi ad una soluzione letteralista potrebbe essere fuorviante. La Massoneria non dà al neofita più di quanto egli stesso non sia capace di essere. Non ci spiegheremmo altrimenti, perché — proprio secondo alcune antiche usanze — il neofita era chiamato, proprio nell’incipiente presa di contatto con i misteri, Boaz, (la Forza). E evidente la contraddizione con il visibile stato d’inferiorità e comunque di soggezione che, oltre alla presenza della benda e della corda, si collega alla dichiarazione giustificativa di aver osato che il padrino o l’accompagnatore ripeta ad ogni tappa del viaggio simbolico tra le asprezze e i dubbi della esistenza quotidiana. L’uomo ancora bendato e scomposto nell’abito è ad ogni modo libero e di buoni costumi, diciamolo francamente, non varebbero né la benda, né la corda, né la minaccia dell’arma puntata sul cuore. Afiche nel rituale inglese in cui egli è presentato come «un povero orfano» sperduto nella oscurità dell’errore e nelle incertezze della vita, quando sfila davanti ai Sorveglian

ve») sentire se stesso in qualità di uomo, di essere compresente alla realtà immediata di tutti, di soggetto idoneo ad avvertire la propria qualità divina.

Ora domandiamoci: è logico procedere fuori dagli schemi intellettuali di abitazione, tenuto conto che, dal momento in cui l’iniziazione ha avuto luogo, tutto è già da ritenersi cambiato per un colpo di bacchetta magica? Come è dato pervenire ad una reinterpretazione simbolica accettabile, se già lo studio dei simboli oscilla tra il labirinto e la tentazione? Vi è però un simbolismo più fluido e immediato che collega, con ricorrente evidenza, la poesia, l’arte, la letteratura, i campi generalmente meno oggettivati della produzione umana, alla presenza di quelle idee-forza che vivono nel subconscio della umanità e che ristabiliscono i contatti con la realtà in termini di vivente riscoperta e d’intimo fondamentale consenso. Il rapporto tra l’io e il reale (l’altro da sé comunque si voglia intendere) diviene allora più chiaramente cultura; ossia valore di sviluppo, coltivazione magari del seme calato appunto ne «la prova della terra».

Primo punto: l’io in relazione dell’altro sé. C’era una volta un re — narra una parabola tolstojana — che aveva potenza e ricchezza ineguagliabile, ma provava ardente il desiderio di sottomettere un altro sovrano, rimasto ancora a dargli ombra. La sua opera di perfezione, l’estensione del suo diritto — si fa per dire — a tutto il continente ove quella potenza sorgeva, sarebbe stata completa, una volta annesso il territorio del vicino, potenziale o reale competitore, o semplicemente un uomo che non intendeva piegarsi ad un altro. Il re allora predispose, con la massima precisione e riservatezza, i piani di guerra, discusse con i consiglieri e i generali, stabilì alla fine che il giorno dopo l’esercito si sarebbe mosso e andò a letto tranquillo, mentre la macchina dell’attacco stava pronta a scattare. Durante la notte, com’è facile prevedere, sognò la guerra, le battaglie, la conquista e la vittoria, il popolo da distruggere o soggiogare, gli armati da fare a pezzi, il rivale incatenato al proprio carro di trionfo e la sua famiglia venduta schiava. Ma qualcosa di orribile stravolgeva, capovolgeva nettamente quelle immagini di sicurezza, ed era una sicurezza di contrappunto. Le uniformi dei soldati vinti erano quelle del proprio eserci

destinato tutto quanto a cedere, a coloro che ne avevano bisogno, il sangue, il dolore e l’enigma delle sue viscere. Prima si confondeva con duecentoventidue dei quali si era utilizzata l’agonia per vivificare delle formule e nutrire delle teorie, e poi gettati gli avanzi. Adesso si era personificato. Era diventato lui. Si era costretti a vedere che viveva, lui, quanto gli altri viventi. Il nome lo aveva mostrato con tutto quello che esso conteneva: il suo potere di pensare vagamente, di desiderare tanto e di essere infelice, e anche l’umile tesoro dei suoi ricordi: i suoi amici, il suo passato divinamente segreto». Anche qui assistiamo ad una palingenesi, ad un ricominciare da caPO, ad una prova della predestinazione simbolica. Parlo dell’animale naturalmente e per carità cristiana non escludo neppure l’uomo con l’augurio che — malgrado avesse influenza di rango e alta posizione — non fosse iscritto alla Massoneria.

Terzo punto. Romain Rolland: Gian Cristoforo, la vita di un uomo. Gli entusiasmi del precocismo di Mozart rifusi con là giovinezza di Wagner. Un musicista che esce, vinto, dalle illusioni generose del 1848, che percorre le strade dell’esilio, che conosce la tentazione e l’abbandono, la ripresa della vita e la gloria, le oscillazioni della fortuna. Un giorno, ridotto alla disperazione dall’incubo di tradire, per amore di una donna, la fiducia riposta in lui da un amico, desidera annullarsi. E passato attraverso il desiderio, il rimorso, l’ossessione, la disperazione del suicidio. Ma improvvisamente, nel quieto giardino dove nervosamente camminava guardando le nubi sempre più nero, dentro e fuori se stesso, la tempesta si scatena, gli elementi si scontrano, la terra e il cielo sembrano toccarsi, ed all’uomo sconvolto, il quale immobile, quasi simbolicamente folgorato, sta attraversando la quadruplice prova, Dio parla come al patriarca da un nuovo roveto ardente: Io sono quello che sono. Sono la forza infinita, il Fuoco immortale che tutti gli esseri assorbe e rigenera, la Parola che parla per tutte le lingue, Io Spirito con la sua penetrazione inarrestabile. Se ti ho chiamato a dare testimonianza di me e tu rifiuti, sei libero di scomparire nel nulla. Altre voci si leveranno, suscitate dalla mia potenza; altre bocche, come squarci di vulcano, parleranno al mondo nel mio nome. Perché sono l’Eterno Destino che si leva perenne sopra la fra

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gilità dei tempi e l’impossibilità di attimi rivestiti dalle tempeste. Gian Cristoforo si leva, mentre intorno a lui gli elementi si placano. Il giorno dopo parte e riprende a lavorare e a vivere. Ha ricominciato da capo anche lui, è risorto a se stesso.

Joseph Fort-Newton si è posta la domanda, a conclusione di un suo libro: «Quando un uomo è Massone? Quando egli può guardare oltre gli alberi, le montagne e gli ostacoli che si frappongono alla vista di un uomo, i più vasti orizzonti, conservando l’intimo senso della propria infinitesima dimensione; L’uomo dunque è iniziato quando può andare incontro agli uccelli senza il fucile e sentire l’eco musicale di un’antica gioia dimenticata, quando ascolta il riso di un bambino; e tuttavia avere fede, speranza e coraggio, essenza di ogni virtù ».

L’ iniziazione coincide, attraverso il proprio triplice diapason, simbolo centrale, con una palingenesi che non ha nome. Perché oggi forse il nostro linguaggio moderno ha reso il nome personale qualcosa d’individualizzato e di schematico che finisce per servire solo all’anagrafe. Il Libro della Sacra Legge documenta, invece, l’innegabile dinamica del destino dell’uomo, attraverso il nome ch’egli porta e riporta, senza neppure restare legato a una formula fissa. Giacobbe che significa lo scaltro, si chiamerà Israele (colui che ha lottato con Dio). Dinanzi ad esempi come quelli del nome di Gesù — l’Eterno che salva — il quale è Emanuel ovvero dice al mondo: Dio è con noi, penso sia più agevole raffigurarci il valore — non carismatico, ma di risveglio della triplice formula di riconoscimento fraterno. Qui il no. me si fa, nasce, germoglia — il nome nuovo s’intende il distintivo dell’iniziato, attraverso il ristabilimento di un’umanità, di un limite; di una dimensione, non di un potere. Altrimenti resterebbe ignorata o scalfita (se ciò fosse possibile), l’impostazione assoluta destinata al fondamento della Bibbia su cui si pone la mano: il nome di Dio è l’ Eterno ossia Io sono ed il mio essere è il mio stesso agire. Validità paradigmatica, non precettistica di possibile imitazione. Validità 01tre tutto corale, perché l’iniziato non è mai solo. Egli potrà essere forse — ma il mistero permane — il cittadino di Gerusalemme, e della Città Isaia dice che avrà un nome nuovo un giorno. In attesa, ognuno — se libero e di buoni costumi — può chiedere alla umanità raffigurata nell’infinita apertura della loggia — che si prenda atto della pro50

pria decisione di camminare incontro alla Vita, all’Azione, alla Parola. Per questo è naturale che noi si parli di itinerario.

Le linee più scheletriche delle tradizioni simboliche potrebbero anche fermarsi al rituale del primo Grado, che in effetti contiene tutti gli elementi di fatto e di diritto per dare sanzione eterna all’atto della iniziazione compiuta. Ma se la formulazione pragmatica del simbolismo s’inserisce nella storia occidentale così come si è venuta a configurare con l’imposizione cristiana non ecclesiastica semplicemente, ma di divulgazione di determinati contenuti misterici in mezzo al popolo, ci si accorge di una considerazione inevitabile: lo svolgimento dialettico. L’iniziazione di mestiere era semplice e si fondava sulla qualità di operaio da una parte e di maestro d’arte dall’altra. L’iniziazione speculativa ha dato al succedersi delle sequenze o articolazioni dell’unità operativa organizzata, il volto di un ciclo individuale per il visibile, cosmico nella comunicazione con la pluralità delle forze della vita. Il mondo dei simboli continua ad aprirsi, con la sua complessa ricchezza, in altre linee e luci, con la glorificazione del lavoro ed il dramma finale della morte e della resurrezione, ove il libero muratore sarà ricevuto, costituito e consacrato Maestro, lo Hiram eterno.

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LìESOTERISMO MASSONICO

L’esoterismo massonico

8. n simbolismo della Camera (o Gabinetto) di riflessione del Neofita.

La suddetta meta si scorge già nella Camera (o Gabinetto) di riflessione (o di meditazione) nella quale è posto il neofita prima della sua introduzione nel Tempio, per compiere, secondo la ritualità massonica, da solo il primo viaggio che è raffigurato nelle viscere della Terra, negli inferi, per dare inizio da lì alla sua rinascita verso la Luce che richiede entrando in Massoneria. Il pavimento, le pareti ed il soffitto sono dipinti in nero opaco.

Nella parete Nord è dipinto il segno zodiacale del cancro ed uno scheletro umano, la scritta V.I.T.R.I.O.L. ed i simboli alchemici dello zolfo e del Sole, una lucerna e la frase: «Se la tua anima ha provato spavento: non andare più oltre». Sotto è posto un Triangolo con 1a punta verso il basso, simbolo dell’elemento acqua.

Nella parete Ovest è dipinto il segno zodiacale della bilancia una porta con spioncino, un Triangolo con la punta in alto tagliata da una barra orizzontale, simbolo dell’elemento aria ed è posta la scritta: «Se la curiosità ti ha condotto qui: Esci».

Nella parete Sud vi è il segno zodiacale del capricorno, una falce, e la clessidra, una finestrella con uno specchio, un triangolo con la punta in basso tagliata da una barra orizzontale, simbolo dell’elemento terra, ed è posta la scritta: «Se tieni alle distinzioni umane: Vattene». Nella parete Est è disegnato il segno zodiacale dell’ariete, la figura di un gallo che canta, un Triangolo con la punta verso l’alto, simbolo dell’elemento fuoco, la scritta «vigilanza e perseveranza» e la scritta: «Se tu perseveri sarai purificato dagli elementi, verrai fuori dall’abisso delle tenebre: Vedrai la Luce».

* La prima parte è comparsa su Delta n. 19, pp. 61-75, la seconda su Delta n. 20,

PP. 51-64.

Sul tavolino è posto un calamaio con la penna d’oca, una candela, tre ciotole con sale, zolfo, sabbia, un pane secco, una brocca d’acqua, un teschio umano. Simbologicamente nel Gabinetto di riflessione il candidato muore per rinascere al canto del gallo.(10 viaggio). Cerchiamo, ai fini della nostra indagine, di seguire nell’interpretazione del messaggio esoterico questo viaggio ideale del profano invitato a riflettere sui simboli e sulle parole che vede apposte lungo il cammino che va dalla parete Nord a quella Ovest, a quella Sud, per terminare a quella Est (Oriente).

Sulla parete Nord legge la scritta V.I.T.R.I.O.L. (Visita Interiora Terrae Ratificandoque Invenies Occultum Lapidem = Visita le viscere della terra e rettificando «correggendo» il cammino troverai la pietra occulta). Già tale scritta indica il suddetto processo di liberazione mentale e spirituale, perché per trovare la pietra occulta (o pietra filosofale, o pietra cubica, o verità) l’uomo deve sapere rettificare più volte il cammino e superare gli ostacoli rappresentati dalle sue cecità, dai pregiudizi, dalle passioni, dalle sofferenze, dalle disperazioni, dalle apatie, dalle sue paure e per farlo deve sapersi spogliare di tutto ciò, come simbolicamente (dopo la consegna dei metalli) indica lo scheletro in piedi. E «la diritta via nella selva oscura» di Dante, il cammino della rinascita (la lucerna)

Ma in ciò l’uomo è solo nella riflessione, ed è questo già un messaggio gnostico; la «pietra occulta» non può essergli donata da altri — neppure da Dio — lui solo deve compiere il cammino della propria realizzazione. Per questo nella parete Nord è stato scritto l’avvertimento: «Se la tua anima ha provato spavento» (a proseguire in questo solitario cammino verso una tale meta di realizzazione interiore, senza l’affidamento dogmatico) «Non andare più oltre» (la strada dell’iniziazione massonica non è per te).

Proseguendo il viaggio di riflessione sulla parete Ovest, la porta — simbolo alchemico — sta a significare che non può essere aperta se non si sa trasformare la materia (spirituale) (già simboleggiata nella parete Nord dallo zolfo e dal sale) con il giusto fuoco (dei sentimenti e dell’intelletto) e se non si sa guardare verso l’alto come è indicato dal simbolo del Triangolo con la punta in alto sbarrata orizzontalmente, che raffigura l’elemento aria.

La scritta d’avvertimento è conseguente: «Se la curiosità ti ha condotto qui: Esci»; cioè l’impegno con te stesso deve essere appropriato, costante, ispirato, non dettato da una fugace curiosità; là porta resta ermeticamente chiusa se non si attua la trasformazione interiore. Passando alla parete Sud campeggia la scritta: «Se tieni alle distinzioni umane: Vattene», ed i simboli che l’attorniano chiariscono l’ammonlmento. Se guardi alle cose della terra solo pensando ai vantaggi personali, senza «ordinare» la tua vita terrena (simbolo della clessidra e della falce, emblemi di Saturno) ad una sollecitazione dello spirito rivolta a conoscere te stesso (simbolo dell’apertura dello spioncino o finestrella per vedere la propria Immagine riprodotta dallo specChio) non puoi saperti identificare con la legge universale ed essere partecipe dell’umanità.

Questo è il significato del Triangolo con la punta rivolta in basso tagliata orizzontalmente (terra): la proiezione dell’iniziato verso l’umanità. Soltanto se nella riflessione il profano comprende che può affrontare l’esperienza massonica compiendo il «cammino iniziatico» raffigurato nelle pareti nord-ovest-sud, cioè se si sente «uomo libero» dai pregiudizi, dalle superstizioni, dalle passioni e dagli egoismi e se si sente di «buoni costumi» — cioè «specchiato», nella sua coscienza ed in una benefica proiezione verso i propri simili con i quali s’identifica — allora può aspirare a proseguire il cammino verso l’iniziazione.

Nella parete Est (Oriente), infatti riceve l’ultima indicazione: «Se persevererai» con «vigilanza e perseveranza» — nel cammino iniziatico, sempre «rettificandolo» — «sarai purificato dagli elementi» (abbiamo visto i significati esoterici dell’acqua, aria, fuoco) «verrai fuori dall’abisso delle tenebre: vedrai la Luce». Il Triangolo, non più sbarrato, ha la punta verso l’alto; simbolo del fuoco. Il Gallo canta nella luce dell’alba.

Ecco dunque, che nel «primo viaggio» simbolico, che precede la cerimonia d’iniziazione vera e propria, al neofita che realmente «rifletta» è già stato detto tutto l’essenziale sull’esoterismo massonico e su cosa significhi — se diviene massone — la sua duplice ricerca iniziatica, sempre rivolta verso il cielo e verso la terra; verso l’indizione, riconoscendo in se stesso la propria «deità» e verso «l’umanizzazione », riconoscendosi partecipe attivo dell’umanità. Deve già essere un

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potenziale «Maestro di vita», «libero» da ogni schiavitù spirituale — e di «buoni costumi» — cioè benevolmente verso i suoi simili nel rispetto di una legge morale. In sostanza, gli si prospetta di iniziare il proprio processo di liberazione mentale e spirituale.

Se non aspira a ciò gli si dice tre volte: «Non andare più oltre», «Esci», «Vattene», ma anche, se positiva è la sua volontà, gli si dice che nella «vigilanza e perseveranza»: «Vedrai la luce».

9. Nell’iniziazione al P grado (apprendista libero muratore).

Nell’iniziazione al 1 0 grado il neofita — dopo aver sostato nella Camera (o Gabinetto) di riflessione, già ricca di ammonimenti e di simboli, e dopo aver reso «testamento» (risposta a domande), è introdotto bendato nel tempio per la cerimonia d’iniziazione. Al neofita si precisa che la cecità della benda sta ad indicare la cecità spirituale in cui si trova l’uomo quando è dominato dalle passioni ed è vittima della ignoranza e delle superstizioni. Gli si fanno compiere tre giri del Tempio — «viaggi» — (ed il primo, solitario, s’intende compiuto nella «camera delle riflessioni» prima della sua introduzione nel Tempio) ed il Maestro Venerabile ogni volta spiega il significato simbolico del viaggio, al termine del quale il neofita è simbolicamente purificato via via dall’acqua, dall’aria, dal fuoco. I rumori, intensi, uditi nel primo viaggio nel Tempio (simbologicamente considerato secondo e così via) stanno ad indicare le passioni che agitano l’uomo e la difficoltà che incontra nella vita e che per vincere le une e le altre occorrerà che egli abbia acquisito la necessaria energia morale (e il cammino nel «labirinto»).

Il secondo viaggio, meno rumoroso, sta ad indicare che con la perseveranza è possibile all’uomo liberarsi delle passioni e porsi sul binario della virtù.

Nel terzo viaggio, senza rumori, si simboleggia la conquistata purezza ed il raggiunto equilibrio ed il Maestro Venerabile gli indica il precetto: «Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te», che per il massone va integrato con: «Fai agli altri tutto il bene che vorresti che gli altri facessero a te».

Abbiamo citato solo qualche brano della ricca simbologia e del dialogo della cerimonia di iniziazione libero-muratoria, rendendoci conto che la lettura di essa e la descrizione dell’apparato scenico in cui si svolge non possa certo rendere l’idea del contenuto emotivo-spirituale che può suscitare sui partecipanti ed in particolare sull’iniziando. Quello che ci premeva evidenziare era come già in essa si delineino nettamente quali siano i principi o le idee-guida della Massoneria e del suo esoterismo. Indicativo al riguardo ci appare il «dialogo» con il quale il Venerabile precisa i concetti di libertà, morale, virtf, vizio e le finalità della Massoneria.

«Libertà è il dovere di compiere o non compiere atti secondo la determinazione della propria volontà. E il diritto di fare tutto ciò che non è contrario alla legge, alla morale ed alla libertà altrui. E il diritto di approfittare dei vantaggi garantiti dalla legge a tutti i cittadini di partecipare col proprio voto alla promulgazione della legge che deve essere rispettata ed obbedita da tutti».

«La morale è una scienza che riposa sulla ragione umana. E la legge naturale universale ed eterna che regge tutti gli esseri intelligenti e liberi. La coscienza, scientificamente spiegata, scientificamente ammissibile, che ci insegna i nostri doveri e l’uso ragionato dei nostri diritti. Essa si indirizza ai puri sentimenti del cuore per assicurare il trionfo della ragione e della virtù».

«La virtù. La parola virtù secondo la sua etimologia vuol dire forza; forza di fare il bene assoluto e di compiere i propri doveri (…)» (e poi precisa i termini della virtù pubblica, privata, domestica). «Il vizio è oani concessione fatta all’interesse ed alla passione a spese del dovere. E la soddisfazione delle cattive tendenze dell’uomo (…) pericolo contro il quale bisogna armarsi di tutte le forze della ragione, con tutte le energie del carattere (…)».

Spiegando cos’è la Massoneria il Maestro Venerabile precisa: «è un

Ordine che ha il suo principio nella ragione ed è perciò universale; essa ha una origine propria non confondibile con quella di nessuna religione, perché lasciando a ciascuno la libertà di fede, essa è libera da qualsiasi dogma religioso. Quantunque ferma nei suoi principi fondamentali è innanzi tutto progressiva e non impone alcun limite alla ricerca del vero».

IO. Nell’iniziazione al 20 grado (compagno d’arte).

Nell’iniziazione al 20 grado (compagno) il Venerabile, dopo i viaggi simbolici (che vengono fatti senza benda), indica il significato esoterico che gli antichi davano ai quattro elementi, allora ritenuti semplici, della natura: Terra, Acqua, Aria, Fuoco (simbologicamente, nell’ordine).

Successivamente il Venerabile indica il significato simbolico ed allegorico dato agli oggetti dall’arte muratoria, precisando che anzitutto il massone «deve conoscere se stesso», e ci sembra indicativo al riguardo di tale concetto gnostico che prima all’iniziando al 20 grado siano stati fatti leggere i nomi di Solone, Socrate, Licurgo, Pitagora. Il Venerabile precisa poi il significato simbolico dei cinque sensi che «non vanno intesi in senso fisico quanto quali facoltà dell’anima». «L’occhio evoca l’idea dell’immaginazione, dell’ideale, dell’universale» (e si connette con il ricorrente simbolo della luce, che sta per verità). «Il tatto conferisce moralmente all’ anima l’idea del mio e del non mio, cioè la conoscenza e la certezza dei mondi interno ed esterno». «Il gusto simboleggia la sensibilità più vicina al mondo fisico». «L’odorato ha qualche cosa di più sottile e penetrante. Tutti i nobili sentimenti che spingono l’uomo alle più virtuose azioni non sono essi come profumi dell’anima?». Il Venerabile conclude: «I cinque organi del corpo, simbolo dei cinque sensi dell’anima, possono divenire per il massone studioso e intelligente altrettanti simboli delle nostre facoltà spirituali

In base alla tradizione ieratica, l’uomo ha una triplice costituzione energetica:

— Fisica: legata al corpo, alla forza vitale, alla razionalità, alla capacità di sperimentare e padroneggiare il proprio essere e la realtà circostante;

— Animica: legata ai cinque sensi, ai sentimenti, alle emozioni, alla psiche, alla fantasia, all’immaginazione;

 Spirituale: legata all’intelletto, alla capacità mentale di astrazione e di sintesi, all’intuizione.

«Piani» tra loro inscindibili. Simbolicamente il grado di apprendista

necessario farne uso senza nuocere ai vostri simili». «Sappiate che lo scopo costante della Massoneria è la civilizzazione della società, sviluppando e diffondendo le scienze; ed è il miglioramento della specie umana insegnando e praticando la morale che deriva dall’influenza di ognuna delle scienze».

E una concezione scientifica ed evoluzionistica, ma che non conduce ad una concezione materialistica o razionalistico-materialista, in quanto ci ricorda quella illuministica saldamente ancorata però ad una concezlone umanistico-razionale, come ci sembra dimostrare il precedente richiamo a Socrate e Pitagora in quanto posero a base del loro insegnamento «l’immortalità dell’anima», la «credenza di un Ente Creatore», la «morale del dovere». Il richiamo «scientifico» ed «evoluzionistico» non ripudia quindi, nel pensiero massonico, una visione metafisica ed immanentistica, anzi la traduce in «scienza» per la ricerca speculativo-spirituale dell’uomo. E, riteniamo, una ulteriore conferma dell’indirizzo esoterico, gnostico umanistico che permea la Massoneria, da ogni angolo di visuale la si esamini.

II. Nell’iniziazione al 30 grado (Maestro).

Nell’iniziazione al 3 0 grado (Maestro) il rituale evoca la leggenda di Hiram architetto del tempio di Salomone. Si descrive la sua uccisione ad opera di tre «Compagni» dopo che Hiram aveva rifiutato la loro pretesa di ricevere il grado e la mercede di Maestro prima che fosse terminato il tempo d’istruzione e che fosse votata da tutti i Maestri la loro cooptazione. Successivamente si descrive il ritrovamento della salma di Hiram sotto l’acacia (simbolo della scienza e della vita che ritorna) e si evoca la sua resurrezione. La cerimonia che si legge sul Farina è complessa, piena di simboli e di allegorie. Da essa si può trarre il significato esoterico che l’uomo non può realizzarsi con la violenza e la sopraffazione, né con l’impazienza e l’ingiustizia, ma con la paziente o graduale maturazione interiore. Inoltre si esalta con Hiram l’uomo saggio, giusto, fedele al dovere morale fino al sacrificio. L’altro messaggio esoterico che ci sembra si possa trarre dal rituale del 30 grado su Hiram è rappresentato dalle tristezze e dalle aridità

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che in certi momenti avvolgono il mondo, e ciò è simbolicamente indicato dal luogo triste e deserto nel quale giace la salma di Hiram, ed inoltre si avverte il senso di sconforto che se ne può trarre, e ciò è significato dalla frase «il mondo resta nelle fitte tenebre, tutti i lavori sono sospesi», ma a far ritrovare la speranza è la certezza che la scienza ed il sapere, simboleggiate dall’acacia che rivela il punto dove è sepolto Hiram, possono Indicare e far ritrovare, anche nei momenti bui, la via della giustizia e della verità, rappresentate dalla salma di Hiram ritrovata e dalla resurrezione del maestro, e quindi rende possibile la ripresa dei lavori sospesi. E simbologicamente, la resurrezione spirituale con il riacquisto della «luce» dopo la fuga dalle tenebre. E, ci sembra, la strada di una umanità progrediente, pur nell’alternanza di tenebre e di luce, sconforto e di speranza, nella immagine della morte e della resurrezione spirituali, che consente la ripresa della costruzione del Tempio, inteso in pluralistiche dimensioni e proiezioni come micro-cosmi e macro-cosmo.

Il dialogo finale del Maestro Venerabile ci pare indicativo di tale significato esoterico della leggenda di Hiram: «Leggete la storia dei secoli passati, gettate gli occhi intorno a voi» (ed abbiamo visto un possibile significato dell’occhio nel Delta, come «occhio della coscienza», ed abbiamo letto nel 20 grado la simbologia dell’organo dell’ocChio: l’idea dell’immaginazione, dell’ideale, dell’universale). «Dappertutto vedrete il talento discontinuo, la virtù perseguitata, l’ignoranza ed il fanatismo governare il mondo Intero». «Distruggete questo impero del male per fare regnare al suo posto la carità, l’amore, la verità, la scienza e la virtù». Tutto ciò è evocato prima come lotta in se stessi, nel simbolo del sollevamento dell’iniziando dalla bara e la sua comparazione con il maestro Hiram risorto, è poi indicato nel dovere «di lavorare anche per il bene ed il progresso della vostra Patria e dell’umanità intera».

È riteniamo, ancora un’ altra indicazione del duplice piano prospettato dall’esoterismo massonico: la ricerca introspettiva e la dazione verso l’umanità (di cui la Patria è una proiezione più piccola) che d ‘altra parte si ripropongono nella più volte prospettata diarchia della ricerca del Vero e del Giusto. Ancora una volta, ed ancor più nel grado perfetto di Maestro, si ripropone dunque la diarchia fra i due orien- 39

tamenti: l’uno pratico-operativo (ricerca del giusto), l’altro speculativospirituale (ricerca del vero), soltanto che qui ci appaiono posposti; mentre nel grado di apprendista ed in quello di compagno all’inverso si dava precedenza, e quindi si deve supporre preminenza, allo studio, al sapere e alla ricerca del giusto, qui si dà preminenza all’introspezione, al conosci te stesso, all’indizione, con la resurrezione spirituale e l’identificazione con l’Hiram. Ma è ormai una disposizione in parallelo delle due ricerche (lavorare anche). D’altra parte ciò ci sembra nella logica della sequela additata all’adepto: «chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo?». Il Maestro è ormai nella pienezza inimatica, secondo la simbologia massonica, dei suoi poteri-doveri (anche nei riflessi dell’istituzione massonica) per cui gli spetta l’azione meditata nell’ambito dell’Obbedienza massonica e nella sua proiezione profana, ma per questo non viene a cessare la sua mai finita ricerca spirituale, di ascesi.

La possibile cooptazione del Maestro negli Organismi Massonici dei Riti ha anche il suddetto significato di possibile ulteriore ricerca ed esperienza massonica e nei Riti, sostanzialmente, viene svolta la stessa tematica della Massoneria Azzurra (con il richiamo a molteplici tradizioni religiose, storiche, filosofiche); quello che può variare, caso mai, è l’angolo di visuale con il quale la si affronta e con una maggiore «velocità del convoglio» perché si presume una maggiore preparazione massonica degli adepti.

12. Considerazioni di sintesi.

La ricerca della massima liberazione mentale e spirituale dell’uomo — pur nella duplicità della parallela proiezione verso il giusto ed il vero — ci sembra, giungendo al termlne del nostro excursus, la possibile sintesi, l’essenza concettuale che permea da tutto l’esoterismo massonico, perché ci pare avvertibile in tutta la simbologia, nei rituali, nei «dialoghi», perfino nelle strutture istituzionali che la Massoneria si è data negli Organismi massonici che via via abbiamo cercato di anafizzare. Quello che ci ha più colpito in questa analisi ed al termine di questo tentativo di sintesi — che ovviamente prospet40        

tiamo al lettore soltanto come una introspezione personale, dato l’esoterismo della istituzione massonica che lascia liberi in ogni interpretazione — è che tale essenza concettuale non è in realtà celata all’adepto fino al termine della sua iniziazione gradualistica — così come si legge in molta letteratura anche di parte massonica — ma può apparire sostanzialmente avvertibile o recepibile anche all’iniziando fin dal momento in cui è lasciato solo nella Camera di riflessione e, comunque, quando l’iniziato apprendista, al termine della cerimonia di iniziazione, toltagli la benda e ricevuta la Luce, vede il Tempio. Perché tali essenze concettuali, tali sintesi, ci sembrano intuibili dai simboli che adornano il Tempio.

L’essenza dell’esoterismo massonico ci sembra, quindi, già racchiusa nell’invito alla intima e libera meditazione dei simboli — nel coattivo dei lavori di Loggia — nonché nella domanda che il massone è, a nostro avviso, sempre chiamato a porsi: «chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo?» e nella costante esortazione: «conosci te stesso» che adorna il frontone del Tempio. Non sono — né la domanda, né l’esortazione — rivolte soltanto a «chi bussa alla porta del Tempio» per farsi massone, ma ci sembrano rivolte al massone — uomo di desiderio — in ogni momento della sua vita massonica o profana, perché «ogni concezione dell’uomo è progressiva e di conseguenza relativa e nessuna concezione può darsi come definitiva».

Tutto ciò ci induce a rammentare il massone Fichte che ebbe a definire come dovrebbe essere il massone realmente «iniziato»: «La sua mente è talmente limpida e libera da pregiudizi di sorta. Egli domina nel regno delle idee ed abbraccia il campo della verità umana fin dove è possibile (…). Tale fase ci induce a pensare che esista un problema di fondo per la Massoneria (forse da sempre): basta una buona persona per fare un buon massone? Sul piano «corale» forse sì, sul piano individuale forse no.

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IL MASSONE E L’UOMO RELIGIOSO

IL MASSONE E L’UOMO RELIGIOSO

Divorzio. Incompatibilità di carattere o divergenza radicale? Cosa divide il Massone dall'<< uomo religioso »? Più precisamente cosa divide il Massone dall’« uomo di Chiesa »? Si potrebbe rispondere con una parola: la Chiesa.

Tuttavia per percepire bene la distinzione, bisogna viverla. Non al livello delle menti colte, ma sul piano quotidiano, nelle situazioni comuni.

In quanto al fondo stesso del problema, si può avere l’impressione che il Massone sia l’uomo religioso per eccellenza, vale a dire un uomo che vive in relazione con l’Universo nella sua complessità e nella sua unità apparente e profonda. In questo senso egli non differisce molto dall uomo di Chiesa che abbia percorso la distanza che lo separa dal suo Dio.

Però la religiosità del Massone fa a meno della nozione più o meno storica di Dio.

ln ogni modo ciò che colpisce è di dover ammettere una convergenza delle vie che avvicinano gli uomini giunti al punto estremo del proprio impegno.

Cerchiamo quindi di farci un’idea di ciò che distingue il comporta- mento del Massone da quello dell’uomo religioso legato alla sua Chiesa.

Sul piano storico per quanto riguarda le Chiese è necessario considerare due elementi.

L’elemento originale o considerato come tale: la rivelazione. E l’elemento permanente, la risposta ai bisogni affettivi e gregari: l’istituzione.

Come sapete, una Chiesa è fondata su una rivelazione.

Una rivelazione fatta una volta o rinnovata. Mosè sul monte Sinai, Gesù e i Vangeli, per esempio.

Questa rivelazione, unica — per quanto riguarda Gesù — o molteplice se si tiene conto dei Profeti — impegna l’avvenire e si inserisce ovviamente in un messaggio.

Ciò che caratterizza anche l’atteggiamento religioso dal punto di vista storico è l’impatto che ha sulla vita sociale individuale e cosmica del quale intende assumere la globalità in funzione del messaggio ricevuto.

La sola posizione coerente, in verità, è che tutto appartiene a Dio. Del resto il carattere totalitario della Religione non lascia alcun dubbio.

Ovunque una Chiesa s’installa, che sia in uno Stato, in un cuore o in una coscienza, essa intende regnare in modo assoluto. Regolare pensieri, atti, amori e odii, e controllare inoltre la propria evoluzione e il proprio divenire.

Una Chiesa intende installare la Religione al centro di tutte le relazioni e definire rapporti tra il mondo e il messaggio rivelato in maniera tale che il messaggio e la vita costituiscano una testimonianza reciproca e concordante.

Dal punto di vista religioso la storia è il complemento della rivelazione primitiva e il compimento di ciò che annuncia il messaggio. Esaminata al livello della sua funzione, nel quadro della vita quotidiana, il rapporto tra la Chiesa e il fedele è, nel suo complesso, un rapporto al livello affettivo. Sono il sentimento e, talvolta, la sentimentalità, che costituiscono il legame.

La ragion d’essere della Chiesa, per il fedele, non è una visione spirituale, ma un rapporto assunto e vissuto al livello della sensibilità.

Si possono distinguere tre livelli di religiosità:

— un livello elementare: gregarismo e miti;

— un livello affettivo: Chiesa e Fede;

— infine un livello spirituale: comunione e conoscenza, libertà e illuminazione.

Nelle società primitive l’lniziazione precede ciò che si potrebbe definire la Religione. Questa Iniziazione è uno degli elementi di costrizione e di coesione sociale: è la costrizione del Segreto, del

Grande Segreto, che viene trasmesso di generazione in generazione e che fonda l’ordine comunitario.

Costrizione cieca, o più precisamente, costrizione sulla quale non viene esercitata nessuna riflessione, nessun lavoro critico, nessuna esigenza di superamento.

Una società primitiva, fondata sull’iniziazione, è una società i cui membri non si pongono interrogativi sulla sua legittimità, né sul patrimonio culturale e mitico che le è proprio.

Possiamo considerare la società tipo: la società cosiddetta tradizionale, la società modello, che vive su se stessa e che si riproduce, senza chiedersi se le sue ragioni d’essere bastano al suo perdurare. In questo stadio si tratta ancora di « gregarismo » una associazione organica — « si fa quello che si è sempre fatto ».

La società religiosa si colloca ad un livello diverso.

Questa esprime una situazione nella quale il rapporto organico è concepito come tale, e la sua espressione mitica è recepita non sotto forma di una costrizione o per effetto di un condizionamento senza alternative, ma attraverso il movimento di un’adesione affettiva e sentimentale.

Se si accetta una tale formulazione, si può dire che le relazioni organiche possono essere qualificate razziali — questa parola è stata presa nel senso positivo — mentre le relazioni religiose possono essere qualificate affettive nel senso di scelta sentimentale, di adesione profonda, di amore.

Adesione, amore, tutto ciò che fonda una comunità popolare. Il popolo di Dio: non è la nascita, la terra d’origine, il modo di coltivare, di cacciare o di pescare: è una fede e una volontà di vivere comuni.

Questa esigenza di superamento, che costituisce il fatto della religiosità, rispetto all’organico e al condizionamento dell’ambiente, implica ovviamente una universalità potenziale. « A far parte del popolo di Dio, tutti sono chiamati ».

Ma è constatare che inizialmente tutti gli uomini non fanno parte del popolo di Dio — 1’« altro » è ancora una realtà, che bisogna ridimensionare, raccogliere, ma la cui esistenza rivela un dualismo fondamentale.

Sul piano del sentimento ci sono prove da dare, vie da percorrere, segni da interpretare. Ad esempio nel cristianesimo l’amore di Cristo, del Dio Uomo, che è la pietra di paragone.

Le barriere cadono, la comunione si realizza al livello del sentimento nell’amore di Cristo.

Si intuisce quindi tutto il problema religioso, del battesimo, della grazia, dell’interpretazione individuale che ne deriva. Infatti i simboli sfociano nella formulazione dogmatica necessaria, ma difficilmente accettabile dalla ragion pura.

Per quel che concerne l’Ordine Massonico, sul piano della Storia non esiste Rivelazione. In verità, per quanto concerne l’ Iniziazione, non esiste né origine, né principio, né assolutamente alcun legame che possa apparire come un legame di carattere gregario o di carattere affettivo, trasposto in un modo o nell’altro sul piano privilegiato della rappresentazione simbolica.

La comunità Massonica è una comunità fondata sulla volontà: volontà di costruire la casa dell’Uomo. In altre parole il dovere, per l’uomo, di organizzare il suo spazio, cioè l’universo — secondo la Giustizia e la Verità. È un concetto fondamentale e ci si può domandare se i massoni ne sono sempre consci.

Il simbolismo massonico è la via di un ordine spirituale che rifiuta, al livello dell’oggetto e dei segni, il gregarismo e il rapporto sentimentale. Il piano massonico è quello della conoscenza nel quadro di una spiritualità, cioè di un universalismo fondamentale.

Si tratta di una società che non è fondata sulla storia tantomeno  sulla genesi (mito delle origini). È una società umana che considera l’avvenimento storico sotto l’aspetto dell’eternità. Non ha per vocazione lo scopo di far raggiungere ai suoi membri l’una o l’altra forma di vita futura terrena o ultraterrena.

Non ha formule da far trionfare definitivamente. Intende perpetuare la libera ricerca, i pensieri conquistati sempre rimessi in discussione, che collocano gli uomini al livello dell’universale e dell’eterno.

La società massonica si pone sul piano simbolico ed è l’espressione di una realtà che non è di immediata comprensione.

Non si possono definire le verità in relazione ad un testo, perché queste verità il Massone le cerca. Non se ne possono contare gli affiliati perché non si dichiara universale: lo è collocandosi al livello della rappresentazione simbolica.

E l’eguaglianza che essa postula tra gli uomini è precisamente quella della partecipazione all’opera, alla creazione.

Da quest’ultima considerazione scaturisce una divergenza radicale tra l’atteggiamento religioso e l’atteggiamento massonico.

Dichiarandosi universale la Chiesa intende convertire, raccogliere, trascinare. La Massoneria simbolica testimonia. Ogni vocazione è singola e, come tale, simbolica. una specie di modello, di processo esemplare di cui offre se non la realtà, almeno la sicurezza. Per ritornare al facile riferimento del cristianesimo, diciamo allora che Cristo è morto per tutti e per espiare i peccati del mondo, Hiram è morto perché gli uomini non hanno capito che sono tutti uguali di fronte alla loro operosità nella vita.

La Massoneria è simbolicamente l’espressione della volontà costruttrice dell’umanità.

E bisogna vedere in questa prospettiva, l’obiettivo del giusto e del bene, che non cessa di sollecitare i Massoni, ognuno al proprio posto, tutti uguali nell’impresa, ma non tutti simili. Possiamo anche dire che ciò che è prettamente massonico, è il fatto che ciascuno deve operare secondo le proprie attitudini e che le varie funzioni devono essere assunte da quelli che sono stati per queste preparati o da quelli che hanno le attitudini per assumerle. La via iniziatica del costruttore non è aperta a tutti.

Eccoci dunque davanti all’evidenza: non basta la volontà per percorrere le vie dell’iniziazione.

Infatti la nozione di iniziazione è legata a quella di qualificazione. In un certo qual senso sul piano spirituale è qualcosa di analogo alla grazia, che salva, che può bastare o non bastare, ma della quale nessuno può determinare né comprendere l’intervento. Sul piano massonico la qualificazione è un elemento simbolico.

A priori nessuno ne é escluso, ma essa impegna a molta prudenza. Ne deriva che la Massoneria è caratterizzata dall’instaurarsi di fatto di una gerarchizzazione sul piano della progressione iniziatica. Questa gerarchia non è quella delle funzioni né tantomeno quella profana dei titoli: ma è una gerarchia che riguarda l’iter iniziatico e il progresso compiuto nei confronti delle prospettive aperte per chi è iniziabile.

Possiamo trovare un’analogia con l’istituzione ecclesiale? Forse nella Chiesa Cattolica; la gerarchia delle funzioni sacerdotali è a carattere iniziatico.

Da un certo punto di vista possiamo quindi ammettere che ci sia una distinzione tra l’adesione religiosa e l’impegno massonico.

Entrare in Massoneria è il risultato di una selezione, mentre l’abbracciare una religione può risultare l’effetto di un proselitismo, di una volontà personale, di una convinzione intima subitamente compresa. Se il candidato al battesimo ha ricevuto gli insegnamenti, ha accettato il Credo, se si è sottomesso alla Chiesa, non esiste nessuna ragione perché possa essere rifiutato. E non sarà respinto dalla comunità.

Certo, dalla semplice adesione alla Salvezza ci sono abissi diŒcili da superare. Lo stesso accade tra l’lniziazione formale e l’Iniziazione interiore.

Possiamo chiederci se in verità la Massoneria non traduce simboli, camente ciò che la religione intuisce. Non tutti i chiamati saranno eletti. E lo stesso, tra gli uomini, non tutti saranno chiamati. Su questo si potrebbe riflettere a lungo. Può darsi che si possa concepire l’idea, talvolta sostenuta, che la Massoneria, in un certo modo, non è altro che la manifestazione esoterica dell’attività religiosa. Se vogliamo, scontati gli apporti ebraici, le reminiscenze precristiane, le possibilità d’integrazione di certi valori pagani, da una parte, e islamici dall’altra, diciamo che la Massoneria può forse essere intesa come una forma di esoterismo religioso.

Ma perché non riconoscere semplicemente che la Massoneria elabora una spiritualità intesa nello stesso tempo come ispiratrice e compimento di ricerche umane nel campo delle relazioni spirituali, psicologiche, sociali e metafisiche, che le religioni moderne non possono soddisfare?

In un certo senso il Battesimo può quindi apparire come la conseguenza di un intervento esterno.

L’ Iniziazione massonica è un cammino interiore e nessuno può dichiararsi Massone se non colui che è riconosciuto come tale dagli altri, vale a dire l’uomo nel quale è percepito il progresso verso la perfezione iniziatica. In realtà sono nozioni estremamente complesse e spesso soggette a confusione. Inoltre a quanto sembra, bisognerebbe anche distinguere l’unzione dall’lniziazione. In conclusione, la qualità di Massone è conferita non dal Sacramento, ma dal progresso interiore effettivo e percepibile agli occhi degli uomini che lo riconoscono.

Mettiamo ancora in evidenza una differenza di formulazione: il religioso cerca l’altro (con o senza A maiuscola), il Massone cerca se stesso.

Il proselitismo, la conversione del prossimo, fanno parte, ad esempio, del dovere di ogni cristiano. Diversamente il Massone ha un unico dovere; quello di realizzare il suo perfezionamento fino al punto in cui è liberato da tutte le sue catene.

Possiamo distinguere la religione dall’atteggiamento massonico al livello dell’espressione dottrinale? Innanzi tutto: che cosa è una dottrina? Vi propongo la seguente definizione: una dottrina è l’interpretazione razionalizzata e intellettualizzata delle relazioni tra idea e fatto, tra fine e mezzi. Una dottrina è la spiegazione di un’esperienza vissuta.

Sul piano religioso la dottrina riguarda i teologi. Ma si sa che la teologia è soltanto accessoria. È una scienza marginale, che ha rapporti con la Fede e la Rivelazione soltanto perché si prefigge di comprenderle e di esprimerle. Diciamo che la teologia è l’intelligenza che segue la Fede e non quella che la precede.

La dottrina, per quanto concerne una Chiesa, in maniera generale, pare dover essere ricondotta ad un credo. Insomma un certo numero di formule che definiscono l’essenziale. Ma questa nozione di credo implica l’obbligo di credere. Il credo esclude ogni critica, ogni contestazione, ogni verifica. È un assoluto e l’adesione della fede deve essere intera. Del resto in tutte le religioni un certo numero di credenze deve essere accettato: l’avvento del Regno, o la fine dei tempi, oppure la Venuta del Messia.

Perciò tra il Massone e il religioso s’innalza una barriera che sembra invalicabile: quella costituita dall’obbligo di credere.

Ma questa barriera è assoluta?

Probabilmente certe Massonerie esigono che il candidato all’Iniziazione riconosca la propria fede in un Dio vivente. È un atteggiamento conservatore ed abbastanza incoerente. Bisogna ammettere che ogni formulazione simbolica può ricevere un’interpretazione. Presto o tardi ci si trova davanti a questa evidenza: l’interpretazione apre le porte alla libertà dello spirito. Infatti in Massoneria non troviamo niente che possa essere paragonato ad una formulazione dogmatica. Ed è una necessità perché il carattere progressivo dell’lniziazione implica il superamento di ogni formulazione. Può darsi, d’altronde, che questo superamento avvenga nell’ambito della religione codificata. Ma ci troviamo allora non più nell’ambito dell’istituzione, ma nello spazio aperto alla libertà mistica.

Si può ammettere che per alcuni Massoni l’assenza di dottrina appaia come un’insuffcienza, e che questi provino difficoltà a non aver nulla in cui credere; soprattutto quelli che vorrebbero servire nobili cause. Il Massone non riceve alcun messaggio né intellettuale né affettivo. I segni ed i simboli parlano solo a quelli che possono intenderli. Spetta ad ognuno di cercare le proprie verità e di elaborare interiormente il proprio ordine di vita.

Se si considera il fondamento stesso della spiritualità massonica, ci si accorge che in definitiva la Massoneria impone soltanto una esigenza irriducibile, cioè quella della Virtù dello spirito, quella della libertà di giudizio, in definitiva la ricerca eterna del VERO.

L’uomo di Chiesa appartiene ad un « corpus » al quale è legato: ha un mandato, una missione; fino a un certo livello dipende da una comunità definita da un certo numero di credenze.

Il Massone è un uomo: vuole affermare la sua libertà; l’ Iniziazione che può talvolta spiritualmente raggiungere, gli conferisce la maturità e il perfezionamento della propria personalità.

Il fatto di essere stato educato in una fede o nell’altra, non gli importa più se non per misurare il cammino percorso verso la libertà. Ha accettato di assumere le conseguenze del proprio « iter ».

L’avventura massonica è una liberazione. Il Massone ha per dovere di « costruire se stesso ». La vita massonica è una prova permanente, è una lotta a mani nude. A differenza dell’uomo religioso il Massone non può essere tiepido, perché cerca la propria via al di là dei sentieri battuti: vuole andare più lontano, sempre più lontano. Quindi è naturale che quelli il cui equilibrio si fonda sul sentimento, abbiano ricorso alla religione piuttosto che all’ascesi massonica. Tali affermazioni possono far sorridere, ma ci sono meno santi e meno eroi di quanto si creda, e più santità e più eroismo in ciascuno di noi di quanto generalmente si supponga,

La vita religiosa è spesso una « routine » e l’attività massonica una mera proclamazione d’intenti. Poco calore, poco o nessuno scambio, poca o nessuna speranza. Da qui i movimenti spontanei che possiamo constatare oggigiorno e che traducono la sete di un ordine, sia sentimentale che spirituale. La vita è un impegno, ma molti si impegnano il meno possibile; non ci sono più motivazioni trainanti collettive: ognuno segue come può vie già tracciate.

Sia l’uomo religioso che il Massone sembrano aver oggi la vocazione di far parte di una minoranza. Vogliono e credono di essere, a torto o a ragione, « il sale della terra ». vero che in qualità di uomo religioso o in qualità di Massone, l’uno e l’altro hanno esigenze che non sono comuni alla maggioranza. Si sentono più o meno divisi tra la loro appartenenza ad una comunità profana e il loro impegno personale. In verità l’uno e l’altro affrontano delle prove. L’uomo religioso ha la sua Chiesa.

Il Massone si troverebbe piuttosto nella situazione dell’uomo solo, smarrito, senza risorse tranne quelle che può trovare in se stesso. Tuttavia ci sono degli uomini religiosi che vivono queste prove, come esistono dei Massoni che vorrebbero che l’Ordine fosse la nuova Chiesa.

Ma in realtà il Massone non è solo. Potrebbe esserlo senza la Loggia che raggruppa gli operai di uno stesso cantiere, garantisce l’ordine e la sicurezza e il mezzo di trovare la propria collocazione tra gli altri e se stesso.

La Loggia in effetti, e i membri della Loggia, a seconda delle loro funzioni, sono la testimonianza di un’ipotesi di società, delle sue virtù e dei suoi limiti. Giusta, equilibrata, illuminata, essa è la rappresentazione simbolica di una società perfetta. Ordine dell’Autorità: Venerabile e Sorveglianti.

Ordine delle vie e dei mezzi: Venerabile, Segretario e Oratore. Ordine delle necessità: Venerabile, Tesoriere e Ospedaliere. Questa organizzazione della Loggia, sostenuta dalla pratica del rituale, richiede solo un po’ di consapevolezza.

I diversi riti possono evidenziare delle sfumature nel progredire, ma l’unione realizzata nella Loggia è la salvaguardia del Massone. L’organizzazione della Loggia gli consente di vivere, di affrontare la propria solitudine, di superare le prove, e di assumere la propria responsabilità di Uomo senza che si senta completamente abbandonato. Tuttavia non si tratta di una sicurezza immaginaria, nutrita di sentimenti e di illusioni, perché la comunicazione non avviene né sul piano strutturale né sul piano affettivo. Si attua sul piano spirituale che è la loro sintesi nello sforzo perseguito per raggiungere la libertà interiore.

Quale può essere la giustificazione della posizione massonica?

Non è certamente un rifiuto della metafisica religiosa. Non è un rifiuto « a priori ». Si fonda sulla convinzione che l’ordine del mondo riceve dall’uomo un certo numero di concezioni che non sono né assolute né prive di significato e che bastano a giustificare ognuno di noi nel proprio dovere di costruttore.

Il Massone partecipa (il che vuol dire che il suo impegno è una testimonianza simbolica della sua partecipazione) alla creazione del mondo. Egli si riferisce, nell’assolvere il proprio compito, ad un certo numero di principi, incontestabili ed incontestati, scoperti empiricamente, e che da sempre ispirano il comportamento degli uomini saggi.

Questi principi non costituiscono affatto una dottrina.

Non si sviluppano in una formulazione sistematizzata. Esprimono soltanto un certo numero di relazioni, fondano una rappresentazione dell’uomo nel cosmos e la esprimono simbolicamente. Il Massone è l’uomo che sa che il giorno succede alla notte, e la notte al giorno; è l’uomo che sa di essere tra il cielo e la terra, che sa che le apparenze sono complementari.

Come pretendete che questi princìpi siano estranei alla tradizione religiosa? È scontato. Ma quello che caratterizza la posizione massonica è la volontà di ricerca e l’impegno nell’azione fondata su questi princìpi.

Prendiamo l’esempio del triangolo. Ecco un simbolo. Cosa ci indica? Qualsiasi cosa, dicono certi! L’immagine della Trinità diCQno altri. Per il Massone il triangolo è un metodo figurato dell’analisi del reale. La concezione del mondo che possiamo elaborare, ciò che possiamo comprendere e pensare, nel momento in cui viviamo la nostra esperienza, tutto ciò riceve da questo schema analitico una illuminazione che rende la comprensione più facile. Il tempo e la comprensione delle cose della natura, con l’attività dello spirito, ci permetteranno di formulare altre concezioni. Ma è evidente che non confonderemo mai esperienza e rappresentazione simbolica. Nessuna interpretazione potrà essere ritenuta definitiva.

Può darsi che la vostra Chiesa non Vi conceda questa prospettiva conturbante e stimolante insieme. Può darsi che non vogliate vivere senza certezze. La religione vi darà una risposta. Una risposta a tutte le domande che potrete porre perché se non capite vi basterà credere. In questo senso la religione è soprattutto metafisica. Giustifica il visibile con l’invisibile.

Invece, la Massoneria non risponde. Vi impegna a cercare la vostra propria risposta. Infine si può pensare che la risposta è precisamente la necessità di cercare continuamente.

L’uomo è tra cielo e terra. Tra due serie di certezze possibili ma tutte e due accessibili, che lo condizionano e contemporaneamente gli sfuggono. È tra ciò che lo supera e lo attrae, tra ciò che lo sostiene e lo paralizza. Gli tocca costruirsi il proprio posto e il proprio ruolo. Gli spetta anche scoprire il significato della propria azione nella misura in cui nessuno può, al suo posto, assumere il suo rapporto con la vita (gli altri, il mondo, gli Dei).

Il Massone è un costruttore. Intende edificare l’Uomo, intende edificargli un Tempio. Senza pretendere di conoscere i fini più reconditi, ma certo che al suo livello e sulla sua persona il lavoro può recare una progressione utile. Possiamo amare un paesaggio, un essere, un’idea. Possiamo andare al di là e cercare di comprendere le ragioni della bellezza, le giustificazioni dei sentimenti che proviamo, le relazioni che esistono tra esseri, idee e cose. Ma possiamo andare ancora più lontano, nel cuore stesso delle cose e degli esseri, partecipando alla loro esistenza. Ed è proprio questo che intende dire e fare l’uomo di buona volontà.

Comprensione attraverso all’azione, comprensione che ci porta ad una conoscenza. Certo, questa conoscenza non è sempre eccezionale o persino utilizzabile. Non è sempre esplicita, ma implic•î che nel più profondo dell’essere sono avvenute una comunicazione e una identificazione tra l’uomo, gli altri e l’universo.

Dal momento in cui siamo consapevoli, siamo convinti che dei princìpi permanenti, costanti, universali e semplici, possono essere scoperti nel cuore stesso delle cose, dal momento in cui tentiamo di vivere secondo questi princìpi, diventiamo una pietra dell’edificio, una pietra vivente.

L’uomo può allora manifestarsi come un Maestro, o come un profeta. Può anche passare per un Messia, cioè per un rivelatore di verità nascoste. Una volta ogni mille anni.

Può, ed è il caso dei migliori di noi, rivelarsi un brav’uomo ed aspettare con buona fede e buona volontà la paga delle sue fatiche. Perlomeno si trova là, dove deve essere, secondo la sua natura e quella dell ‘universo.

Siamo lieti di pubblicare l’allocuzione tenuta il giorno 8-10-1983 dal Fr. R.A. del G.O. di Francia all’Or. di Vercelli, ospite della R.L. Prealpina di Biella. Traduzione dal francese di C. B.

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IL SIGNIFICAT DI UNA FESTA

           IL SIGNIFICATO DI UNA FESTA

Il Solstizio d’inverno della R. L. Nigra, Oriente di Torino

Sappiamo che sin da tempi antichissimi tutte le genti, pur con diversità di manifestazioni e di riti, hanno sempre elevato inni di gioia e di riconoscenza per celebrare la festa del sole, entità universalmente riconosciuta rigeneratrice e fonte di vita. Gli Egiziani, ai quali la Massoneria è debitrice della maggior parte dei suoi misteri, celebravano la vittoria di Osiride, cioè, allegoricamente, la vittoria della luce sul Dio delle tenebre.


E facile, quindi, dedurre che queste feste erano per antonomasia, e sono ancor oggi, le feste dei figli della Vera Luce per i loro contenuti allegorici e filosofici.

Due volte l’anno, infatti, ‘noi ci riuniamo nei nostri templi per celebrare le due feste dell’Ordine conosciute col nome di San Giovanni d’estate e di San Giovanni d’inverno, oppure con quello, forse più appropriato, di «feste solstiziali».

Secondo un’antica tradizione, i Massoni, al tempo delle Crociate, si unirono ai Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme e si posero sotto la protezione del santo, dedicando a lui le loro Logge.

Fu allora che i Massoni adottarono come feste dell’Ordine quelle dei due San Giovanni.

Tuttavia, l’interpretazione secondo la quale si sarebbe sancito un segno d’unione tra la Massoneria e il Cristianesimo non ha un valido fondamento.

E forse meglio accettare il dato storico e conservarne la tradizione grazie al fatto che i due Giovanni rappresentano un’immagine di correttezza morale che ben si sposa ai nostri intenti.

Sappiamo infatti che San Giovanni Battista, precursore ed annun ciatore di Cristo, e San Giovanni Evangelista, fervente apostolo e discepolo prediletto di Cristo, offrirono durante la loro vita un esempio altissimo di carità e ricordiamo San Giovanni Evangelista che diceva: «Amatevi l’un l’altro. Questo la legge comanda!».

Questo stesso precetto, per i Massoni, è posto a fondamento della nostra Istituzione, valido in tutti i tempi ed in tutti i luoghi.

Senza addentrarci in un discorso puramente religioso dai toni agiografici, consideriamo i due Giovanni come uomini, spogliandoli degli attributo di santità, ma attribuiamo al loro nome il significato di una allegoria sulla quale è caduta la scelta della festività dell’Ordine. Vi è una affinità etimologica tra la parola «Giovanni» e «Giano»; esse hanno in comune la radice ebraica «Jom» che significa giorno. Ci pare opportuno richiamare alla mente che da Ianus, nome sotto il quale i Romani adoravano il sole, ha avuto origine il termine Janua che significa «apertura», apertura attraverso la quale filtra la luce del giorno.

Janus era chiamato anche Janitor perché apriva le porte del giorno e quelle dell’anno (Januarius era il nome del primo mese dell’anno). Ricorderemo anche che Giano era raffigurato con due facce, una delle quali volta al passato, l’altra all’avvenire ed aveva due chiavi, una destinata ad aprire e l’altra a chiudere l’anno.

Dobbiamo però dire che, in un’epoca in cui il Cristianesimo era fede dominante e dominatrice, ma non generalmente accettata, non è da escludere che gli adoratori del sole abbiano cercato di mimetizzarsi nascondendo il nome del loro Dio sotto quello di San Giovanni per poter così celebrare impunemente le feste solstiziali che coincidono appunto con quelle dei due San Giovanni.

La più importante di queste era quella celebrata in inverno e precisamente al solstizio invernale quando il sole, disceso al suo punto più basso, sembra morire quasi sommerso dalle tenebre che ne attenuano il colore e ne spengono la luce.

Ma il momento della sua morte apparente coincide con quello stesso della sua rinascita perché l’astro riprende la corsa apparentemente interrotta e torna ad illuminare la terra.

Sotto il profilo filosofico noi identifichiamo nel sole (e quindi nella luce) la nostra stessa istituzione perché esso illuminandoci con la luce della verità dissipa le dense tenebre dell’ignoranza, dell’ipocrisia, dell’ambizione e dell’egoismo e riscalda i nostri cuori col fuoco di sentimenti che, arricchendo la nostra personalità, creano le premesse per una feconda esistenza e ci sono di guida nell’arduo camrmno imziatico.

I Massoni di tutto il mondo non vivono dunque le feste dedicate ai due santi in comunione d’ intenti specificatamente religiosi con il Cristianesimo, tuttavia anche sotto il profilo di una più generica religio- sità la coincidenza delle date sembra corrispondere pienamente agli intenti massonici.

Noi offriamo al  un solenne ringraziamento al solstizio d’estate per i benefici arrecati alla Terra col suo calore e per la messe raccolta; al solstizio d’inverno eleviamo una preghiera perché il A:. D . • . U . • . consenta all’astro di ricominciare il suo ciclo inondando il mondo con la sua luce vivificatrice, promessa di altra abbondante messe futura.

Non guasterà quindi uno studio comparato fra la nostra tradizione e quella cristiana.

San Giovanni Evangelista, figlio di Zebedeo e di Salomè e fratello di San Giacomo, secondo la tradizione nacque a Betsaida in Galilea. Era un pescatore e poco dopo la morte di Gesù cominciò a predicare la nuova fede nell’Asia Minore. Egli fu il primo vescovo di Efeso. Morì nel 99.

Il suo vangelo può essere considerato come un valido breviario di iniziazione. Infatti esso è il vangelo della Luce: questa è la ragione per la quale i nostri templi si chiamano Logge di San Giovanni, appunto perché in esse noi veniamo a cercare la Luce.

Mettiamo ora in evidenza qualche analogia tra il Vangelo di San Giovanni ed il nostro rituale d’iniziazione.

Nel primo capitolo del Vangelo di San Giovanni vengono date indicazioni sul cammino da seguire, cosa che richiede il rispetto più assoluto della morale: il nostro primo comandamento recita che si deve essere e conservarsi «liberi e di buoni costumi».

Nel secondo capitolo evangelico sono citate le parole di Gesù che, cacciando i mercanti dal Tempio, dice: «Non fate della casa del Padre una casa di affari».

Queste parole trovano il parallelo con quelle del nostro rituale quando diciamo all’iniziando che «deve lasciar fuori dal Tempio i metalli». La guarigione del malato (capitolo quarto) corrisponde al passaggio del profano, all’atto della sua iniziazione, da uno «stato» o «condizione» ad un’altra.

Anche i momenti più tristi vedono alcune coincidenze fra le due tradizioni.

Nel quinto capitolo si parla dell’allontanamento di qualche discepolo, cosa che capita anche nel nostro Ordine soprattutto per mancanza di un reale convincimento.

Gesù dice nel sesto capitolo: «Se qualcuno ha sete, venga da me e sarà dissetato». Anche il nostro Ordine disseta coloro che hanno sete, sempre che il loro spirito sia ben disposto ad abbeverarsi alla nostra fonte.

Nel settimo capitolo Gesù dice: «Voi conoscerete la Verità e la Verità vi renderà liberi»; poi, più avanti: «Chiunque si abbandoni al peccato, diventa schiavo del peccato».

Questa citazione si può assimilare a quella del nostro rituale che domanda: «Che cosa venite a cercare in Loggia?» ed alla quale l’iniziato risponde: «Vincere i miei vizi e le mie passioni, sottomettere la mia volontà e fare progressi nella Libera Muratoria».

Proseguendo, nel decimo capitolo, Gesù dice: «Vi sono altre pecore che non sono di questo gregge; bisogna che io le conduca al gregge, così vi sarà un solo gregge ed un solo pastore».

Questo si deve intendere come un richiamo ai doveri del Massone il cui lavoro non si deve mai arrestare e deve sempre essere rivolto a spandere nei mondo quella luce che egli ha trovato nella Loggia ed a cercare nel mondo profano nuove persone atte ad essere condotte nei nostri templi per ricevere la Luce Massonica.

Inoltre, nelle Logge, il giuramento si presta sulla Bibbia aperta nella pagina del prologo del Vangelo di San Giovanni nel quale si legge: «Al principio era il Verbo ed il Verbo era presso Dio ed il Verbo era Dio…»

Una possibile esegesi di questa parola suggerisce che il Verbo (o «Logos»), creatore del nostro sistema solare, non sia il Dio onnipotente, ma il demiurgo intermedio tra l’uomo e Dio e fa una distinzione tra il Dio supremo designato come «il» Dio ed il «Logos», che è «un» Dio. E opportuno cercare di comprendere l’idea del Logos che si può considerare come simbolo della Luce e del fuoco-principio che non è la causa Prima, ma la sua manifestazione ed emanazione che ha prodotto il nostro universo.

La figura di San Giovanni coincide col simbolo del fuoco e della luce con la particolarità che se la festa del Battista è caratterizzata dall’accensione dei fuochi (i falò di San Giovanni) quella dell’Evangelista coincide con quella dell’abete: l’albero sempre verde.

Il fuoco di San Giovanni Battista brucia nel seno della natura ed è una manifestazione esteriore della Luce che si diffonde radiosa nel momento in cui il sole ha raggiunto il suo apogeo.

Al contrario, d’inverno, l’albero brucia nell’interno del focolare: esso è il fuoco che brilla nelle tenebre perché, nel momento solstiziale, vince le tenebre stesse allorché il sole inizia il suo cammino ascendente. Spendiamo ora qualche parola per illustrare le affinità tra i nostri simboli e quelli attribuiti a San Giovanni Evangelista.

Il primo attributo è l’Aquila, uno dei simboli più arcaici. Essa è il simbolo di un uccello che fissa la luce del sole e vi vede l’ombra del passato, il presente e l’avvenire.

Secondo la Kabbalâ, l’aquila raffigura l’Oriente ed è l’immagine di Uriel, l’angelo del fuoco purificatore.

San Giovanni parla di questo uccello, intermediario tra il piano umano ed il piano divino, dicendo: «L’Aquila è l’uccello che vola più alto e che contempla fissamente il sole; tuttavia, la sua stessa natura impone che esso debba ridiscendere per poi spiccare ancora un altissi mo volo».

Parimenti, il coraggio umano può risorgere e rinvigorirsi se ci sono in noi forze sufficienti e rinnovare lo spento ardore. Anche per l’Evangelista, come per il Battista, ritroviamo il simbolismo dell’Agnello: la lettera simbolica attribuita a San Giovanni è la lettera «G» o meglio la lettera gamma minuscola che rappresenta graficamente in astrologia la testa dell’ariete.

San Giovanni è spesso rappresentato con in mano un vaso dal quale esce un serpente, simbolo della luce e della conoscenza, della risurrezione e dell’immortalità, o un dragone. Questo vaso sacro si ricollega all’esoterismo della coppa simbolica che si trova in molte leggende mitologiche.

E il vaso simbolico il cui magico liquore procura la santità e la conoscenza. E il vaso di Ganimede che versava l’ambrosia, il nettare degli Dei; è il vaso delle leggende celtiche del ciclo di Artù, è anche il Graal che servì a Cristo quando celebrò l’ultima cena e nel quale Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue che colava dalle sue ferite. Si sa che il Graal era fatto di un enorme smeraldo il cui colore verde simboleggia la luce e, per estensione, l’iniziazione.

Il verde è il colore attribuito all’Evangelista (raffigurato nelle vetrate gotiche con una veste di questo colore)

Il colore verde era quello stesso di Hator in Egitto, di Venere, dea delle arti magiche, di Giano, che aveva conoscenza del passato e dell’avvenire, di Gamesa, dea della saggezza in India e di Freya, dea della luce presso gli Scandinavi e i Vikinghi.

Nel Corano il mantello del Profeta era di color verde, così come dello stesso colore erano immaginati vestiti i beati nel paradiso di Allah. San Giovanni nell’ Apocalisse ci dà una spiegazione di questo simbolismo: «All’improvviso ebbi un’estasi e vidi un trono nel cielo e qualcuno assiso su quel trono. Colui che era assiso pareva simile ad una pietra di diaspro ed il trono era circondato da un alone e sembrava uno smeraldo»

San Giovanni in questo brano ha voluto dire che il color verde, che è anche simbolo del limite tra la terra e il cielo, ci facilita la comprensione del divino che deve essere ricercato nel mondo fisico e nella metafisica. Il messaggio di San Giovanni opportunamente interpretato ci consente di valutare il grandissimo ruolo che la Massoneria può svolgere seguendo rettamente i principi posti a base della sua missione.

La Massoneria, infatti, può soddisfare nel contempo il bisogno di religiosità che è sempre nel cuore dell’uomo, anche se qualche volta latente e l’inquietudine metafisica che è nel suo spirito.

Ma le religioni particolaristiche con tutto il corredo teologico che le accompagna non vi corrispondono che imperfettamente perché ognuna di esse presuppone una fede che poggia su dogmi che bisogna accettare così come essi sono formulati.

La Massoneria che è priva di dogmi può invece essere considerata la piattaforma ideale di tutti gli uomini, quale che sia la loro fede, perché essa postula come fondamentali ed intangibili, permanenti ed universali, questi tre principî:

— il valore assoluto della persona umana;

— la preminenza della missione spirituale dell’uomo la cui vita non può e non deve essere considerata un semplice passaggio sulla scena del mondo senza che in esso vi lasci traccia;

— la illimitata perfettibilità dell’uomo attraverso la via della conoscenza che è guida alla verità e l’amore mediante il quale egli si stringe con un vincolo di solidarietà a tutti gli altri uomini.


ln un antichissimo rituale si legge: «Il Sole, simbolo visibile dello spirito, si è ritirato nelle caverne del Settentrione. Le giornate si sono accorciate ed allungate le notti. Il dolore è nelle nostre anime, perché il Sole è calore, vita, luce. Noi, Fratelli carissimi, ravvisiamo in questa rituale morte del Signore una fase dell’eterna lotta del Bene contro il Male. Ma il nostro dolore è temperato dalla certezza che il sole, dopo la sua annuale discesa agli Inferi, risalirà allo Zenith della nostra coscienza. Così lo spirito dell’uomo, dopo aver dormito nella misteriosa tomba di Saturno, vegliato dai neri corvi della morte, risorgerà a nuova vita in un volo di bianche colombe. E proprio in questa fase di solitudine e di tristezza che l’uomo deve riaffermare la propria indipendenza. Fratelli siate dunque vigili! ln tal modo contrastando il vostro stato di veglia con il fecondo silenzio della Natura, giungerete a conoscere voi stessi».

Il solstizio d’inverno, al primo posto tra le solennità dell’anno massonico, simboleggia la porta di accesso alla caverna, la transizione dal buio alla luce, dalla morte alla nascita; il solstizio estivo rappresenta l’uscita dalla caverna cosmica.

L’anno, che costituisce la misura corrente della lunghezza della vita, è quindi segnato da due punti estremi, da un ciclo di espansione e di concentrazione, un grande respiro, un ciclo con il quale l’uomo è in grado di rappresentarsi, di intuire l’eternità.

Attraverso l’alternarsi di splendore e di ombra, lo spirito dell’uomo è così in grado di afferrare il mistero della vita.

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PREMESSA DI ADELE MENZIO

PREMESSA DI ADELE MENZIO

La nostra è un’epoca di rivoluzionarie trasformazioni.

E non mi riferisco alla tecnologia e nemmeno alle trasformazioni del pianeta terra, che pure sono elementi di grande importanza. Voglio invece accennare ad un mutamento di filosofia in atto.

Le religioni, ad esempio, stanno perdendo ciascuna il proprio dio; l’uomo perde se stesso; le complicate burocrazie mondiali sembra siano destinate a vivere per se stesse, mangiandosi la coda in un lento, quanto farraginoso e sterile meccanismo.

Lo stesso ingigantirsi del terziario è destinato ad assumere propor-. zioni tali da creare alla fine uno squilibrio non si sa quanto utile e, proporzionato alle esigenze della umanità.

Non parliamo poi del nostro Paese dove le diatribe politiche, giocate su un sempre più instabile equilibrio delle molte forze, correnti, controcorrenti e faide, sembrano esaurire le forze e la disponibilità dei. protagonisti, tanto occupati nelle beghe interne da non trovare tempo da dedicare al popolo che pure li ha eletti ed ha il sacrosanto diritto di veder realizzate le opere necessarie al buon andamento della cosa pubblica.

Di qui una reazione che non tarderà a farsi tragicamente sentire. In questo contesto una novità.

Un modo nuovo di concepire la Massoneria degli anni duemila in Italia. Uscire allo scoperto e manifestare apertamente la nostra filosofia e il nostro modo di agire.

Alludo alla intervista che il Gran Maestro Renzo Canova ha concesso, nel dicembre scorso, ad un giornalista bolognese e che, abbastanza esaurientemente, ha riportato il «Resto del Carlino» nel numero di mercoledì 28 dicembre 1988.

Tra l’altro il Gran Maestro afferma: «La nostra comunione è identificata come Massoneria universale di rito scozzese antico ed accettato, Comunione Italiana, Obbedienza di Piazza del Gesù, con sede in Roma in via San Nicola dei Cesarini 3, Palazzo Vitelleschi.

E costituita da due corpi facenti capo, per il Rito, al Supremo Consiglio d’Italia e, per l’Ordine, alla Gran Loggia d’Italia. Vi operano

Camere rituali e Logge in numero complessivo di 360, estese in tutto il territorio nazionale, isole comprese, divise in 60 province nelle varie Regioni.

Apparteniamo allo schema liberale e democratico ammettendo le donne con pari diritti rispetto agli uomini. Non esistono distinzioni di sesso, razza e religione.

Siamo in relazione con 112 Supremi Consigli ed Obbedienze di tutto il mondo, che appartengono al nostro stesso schema e che ci riconoscono. Ci distinguiamo dall’altro schema, cosiddetto ” dogmatico ‘ nel quale non sono ammesse le donne ed al quale appartengono i ” Giustinianei

Aderiamo al Clipsas, costituito da 34 Obbedienze liberali presenti in tutti i continenti e del cui consiglio faccio parte. Aderiamo inoltre a CATENA che è costituito da 9 Obbedienze europee liberali e di cui sono Vice-Presidente».

A precise domande dell’intervistatore Canova risponde: «La regolarità della nostra Obbedienza deriva dal riconoscimento da parte delle Obbedienze di cui parlavo prima ed anche dalla ortodossia praticata che consiste nel seguire fedelmente la tradizione e nel conservare i simboli e la ritualità che esprimono la tradizione stessa. Non facciamo politica e non facciamo distinzioni religiose. Politica e religione, tra di noi, sono vietate.

Le ” Camere tecniche ” sono strutture di ausilio alle attività liberali e sono previste dai nostri regolamenti così come ogni altra Commissione di studio e di lavoro».

Ed ancora.

«Di recente sono apparse notizie confuse e tendenziose. Non esistono, al nostro interno, Logge od altri organismi coperti e si opera sempre nel pieno rispetto delle norme vigenti.

Siamo inseriti nella ” Guida Monaci ” e negli annuari parlamentari. Le nostre sedi si trovano negli elenchi telefonici ed hanno targhe esposte al pubblico. Svolgiamo Congressi su tematiche tecniche ed umanistiche i cui atti vengono pubblicati». Una totale, come si dice oggi, «trasparenza».

Nell’ambito di questo «nuovo corso» una serie di iniziative dettate dalla esigenza di portare a conoscenza del pubblico profano alcuni

aspetti dei nostri studi ma anche di aprirci al confronto, allo scambio, al consenso ed alle critiche.

Si inserisce in questo quadro la manifestazione internazionale della’ fine di febbraio che a Firenze vedrà impegnata la nostra Obbedienza in un convegno dedicato al «Retaggio di Lorenzo il Magnifico, umanista integrale».

Lo scopo principale è quello di presentare la Massoneria di Piazza del Gesù come Ordine iniziatico che trova la sua identità nel passato e ne ripropone la continuità nel presente per l’avvenire.

E certo che la manifestazione, sia per la preparazione dei relatori che per la partecipazione di profani illustri, arricchirà tanto gli esoterici quanto gli storici e la collaborazione, gli apporti di quanti vi parteciperanno dimostrerà come il dialogo sia sempre foriero di arricchimento culturale.

Così come aperti alla collaborazione di profani saranno i convegni che le camere tecniche vanno istruendo e che vedranno protagonisti non solo fratelli massoni ma specialisti nelle varie discipline. II primo di questi convegni si terrà a Torino ed è stato organizzato dalla camera tecnica delle arti sanitarie.

Direi che proprio perché è in atto una rivoluzione di valori è necessaria la nostra presenza che, in tanto può essere sommessa in quanto si viva una fase di stasi o di consolidamento di filosofie stabili, ma che deve emergere e squillare quando si sta costruendo un mondo nuovo.

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INCOMPATIBILITÀ DELL’APPARTENENZA ALLA MASSONERIA PER GLI IMPIEGATI DELLO STATO

INCOMPATIBILITÀ DELL’APPARTENENZA ALLA MASSONERIA PER GLI IMPIEGATI DELLO STATO

Il tema che sto per trattare è già stato oggetto a suo tempo di un esame e di una relazione ai fini di avere chiarezza su di un argomento di attualità e assai delicato. Ritengo utile, per conoscenza in generale di tutti noi e per tranquillità di coloro che sono direttamente coinvolti in una certa situazione di fatto, chiarire la situazione del Massone dipendente dello Stato di fronte alla legge italiana. Per prima cosa esaminiamo l’art. 18 della Costituzione Italiana che testualmente recita:

« I cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente senza autorizzazione per fini che non siano vietati ai singoli dalla legge ».

Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono anche indirettamente scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. È evidente che, se la nostra associazione fosse considerata segreta, il problema non si porrebbe solo per i dipendenti statali, ma per tutti, e per conseguenza il discorso finirebbe qui, poiché tutti i massoni sarebbero fuori legge.

Cos) non è.

In riferimento al 10 comma dell’art. 18 è pacifico che la nostra associazione non ha finalità illecite dal punto di vista penale (vedi Statuto) e pertanto sotto questo profilo non può considerarsi « contro legge » (fini che non siano vietati ai singoli dalla legge).

Il 2 0 comma (sono proibite le associazioni segrete) richiede qualche riflessione in più, nonché decisioni dell’autorità giudiziaria. Attingendo da richiami possiamo riportare alcune affermazioni degli interventi, in occasione dei lavori della commissione per la Costituzione, dell’Assemblea Costituente, in merito al concetto di segretezza.

TOGLIATTI :

… il concetto di segretezza deve essere globale per le associazioni, con esclusione della segretezza e riservatezza concernente i particolari relativi al loro funzionamento… (Seduta del 10 dicembre 1946).

L’on. De Vita, l’on. Moro e l’on. Mancini sono concordi nel ritenere segrete quelle associazioni che tendono a non fare conoscere la loro esistenza… Il carattere di segretezza deve essere essenziale alla natura dell’associazione e non deve riguardare i particolari del suo funzionamento.

In seguito quasi tutti i membri della Commissione si dichiàrarono d’accordo su questi concetti per la redazione del 20 comma art. 18. In seguito anche la dottrina si è conformata nel senso su esposto. Citiamo per tutte nel commentario alla Costituzione Italiana diretto da Piero Calamandrei e Alessandro Levi:

« Si deve ritenere che il carattere della segretezza deve essere essenziale alla natura dell’associazione e che per società segreta non si deve intendere quella di cui si ignorano o la lista dei soci o i particolari del funzionamento o le sedi, ma quella che mira a mantenere segreta la propria esistenza.

La giurisprudenza già con sentenza della Corte di Appello di Genova il 22 giugno 1960 affermava non essere l’Associazione Massonica in contrasto con l’art. 18 della nostra Costituzione ».

né può dirsi che la Massoneria può considerarsi inesistente come soggetto di diritto ai sensi dell’art. 18 della nostra Costituzione che proibisce le società segrete.

Se per il 1 0 comma dell’art. 18:

« I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale, debbono reputarsi proibite solo quelle associazioni segrete che, svolgendo istituzionalmente attività specifiche in violazione delle leggi penali e dovendo evitare le prove, le sanzioni e temerne i rigori, devono considerare l’assoluta segretezza come una condizione imprescindibile della loro stessa esistenza ».

In tale situazione non pare trovarsi la Massoneria.

Essa è antichissima e nota associazione di persone che professano princìpi di Patria e Libertà e Fratellanza umana in opposizione ideologica a forze sociali negative e oppressive, la cui esistenza ha d’altronde manifestazioni anche pubbliche, mediante proprie rappresentanze, manifesti, libri e riviste, bollettini ecc.

La relativa riservatezza non copre scopi inconfessabili e contra legem, bensì è un tradizionale residuo delle misure di prudenza intese a evitare le persecuzioni di governi illiberali, reazionari e dispotici »… (Corte d’Appello – Genova).

Inoltre, e ciò chiude ogni questione, recentemente la Corte Costituzionale si è espressa in maniera inequivocabile negando il concetto di segretezza, così come inteso dal 2 0 comma dell’art. 18 della Costituzione Italiana, alle associazioni massoniche, sostanzialmente riprendendo le motivazioni della Corte d’Appello di Genova.

Superato questo primo problema, rimane da esaminare la posizione dei cittadini italiani che si trovano in particolari rapporti con lo Stato, cioè i suoi dipendenti.

Orbene, il punto di riferimento è l’art. 212 del T. U. delle leggi di P. S. del 1931 secondo cui i funzionari e impiegati dello Stato di ogni ordine e grado che appartengono ad associazioni « Operanti anche solo in parte, in modo clandestino ed occulto o i cui soci sono comunque vincolati al segreto, sono destituiti o rimossi dal grado e dall’impiego e comunque licenziati ».

Secondo l’opinione dei più, ed anche secondo il mio punto di vista (vedasi ad esempio C. Galante Garrone in Codice della Pubblica Sicurezza), detto articolo deve intendersi abrogato in quanto incompatibile ed in chiaro contrasto con l’art. 18 della nostra Costituzione. È il caso di evidenziare che il T. U. di P. S. del 1931 ha le sue radici in una ispirazione antitetica rispetto a quella che sta alla base della nostra Costituzione.

La legislazione fascista per sua natura era negatrice di ogni libertà di associazione ed infatti l’art. 212 ha una estensione molto più ampia del divieto previsto dall’art. 18 della Costituzione. Quest’ultimo proibisce, come abbiamo visto, le associazioni che abbiano natura intrinseca di segretezza, mentre l’art. 212, conforme allo spirito totalitario, tende ad escludere ogni associazione non gradita al potere.

Da quanto suddetto emerge chiaramente che il T. U. della legge di P. S. non è in chiave con l’art. 18 e si tratta di una normativa che va oltre il divieto costituzionale, pertanto l’art. 212 deve considerarsi tacitamente abrogato (anche se non vi è stata una esplicita

decisione della Corte). Ma se quanto detto da alcuni non bastasse e vi fossero dei dubbi, si può andare più oltre per togliere ogni equivoco.

L’art. 212 del citato T. U., all’ultimo comma prevede: « Per l’applicazione prevista in questo articolo, si osservano le leggi dello stato giuridico dei funzionari, degli impiegati e degli agenti ».

Ora l’art. 84 del decreto ro gennaio 1957, n. 3 sullo Statuto degli impiegati civili dello Stato, dispone che la destituzione è inflitta per:

  1. atti che siano in grave contrasto con i doveri di fedeltà;
  2. atti che rivelano mancanza di senso dell’onore e senso morale;
  3. grave abuso di autorità e fiducia;
  4. dolose violazioni dei doveri di ufficio che abbiano portato grave pregiudizio allo Stato, o a enti pubblici o a privati; 5) illecito uso o detrazione di somme amministrate o tenute in deposito;
  5. richiesta, accettazione di benefici in relazione ad affari trattati per ragioni di ufficio;
  6. gravi atti di insubordinazione commessi pubblicamente o incitamento all’insubordinazione;
  7. istigazione all’interruzione o turbamento di servizio o abbandono del lavoro.

L’elencazione di cui sopra non comprende l’iscrizione alla Massoneria che neppure in forma indiretta fa parte dei « reati » previsti in detta elencazione, atteso che, nei propri Statuti la Massoneria impone fedeltà alle istituzioni dello Stato, e quindi l’art. 212 deve ritenersi abrogato da questa norma atteso che l’art. 385 del detto decreto del 1957 dispone che « tutte le altre norme incompatibili con il presente decreto sono abrogate ».

 evidente che la sostanza di quanto detto più sopra non può essere invocata da quei gruppi che dietro lo schermo della Massoneria si organizzano per commettere delitti comuni o politici. In tal caso per il concetto di responsabilità personale della legge penale devono di persona rispondere di fronte alla legge.

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DALLA MASSONERIA NELLA STORIA …alla storia della Massoneria

Dalla Massoneria nella storia alla storia della Massoneria

di Aldo A. Mola Tracciati e mezzi Tentazioni e deviazioni

Dal 2 al 5 luglio 1985 si è svolto a Salamanca il 20 Convegno sulla storia della Massoneria in Spagna *. L’ha promosso un Centro studi sorto per iniziativa del gesuita J. A. Ferrer Benimeli a conclusione del 1 0 Convegno, celebrato in Saragozza due anni orsono, in occasione del IV Centenario dell’Università dell’antica capitale aragonese. Nelle edizioni dell’lnstituto Nacional de Investigaçiâo Cienti-

AI Convegno hanno partecipato quarantaquattro relatori, quasi tutti docenti universitari, e assistito circa cento uditori quotizzanti. Patrocinato dal Ministero dell’Educazione e della Scienza e da quello della Cultura, il Convegno era posto sotto l’egida delle Università di Salamanca e di Saragozza e figurava tra i « corsi estivi » del celebre Ateneo della « piccola Roma ». Nell’impossibilità di render conto, in questa sede, dei lavori, ci limitiamo a ricordare che tra gli studiosi aderenti al Centro de Estudios hist6ricos de la Masoneria espafiola taluni hanno già tradotto in opere di alto livello scientifico le proprie ricerche, condotte secondo moduli che vanno rapidamente delineando l’atlante storico•geografico della Massoneria in Spagna. Menzioniamo, per esempio, l’Historia de la Francmasoneria en Canarias (1739-1936) di Manuel de Paz Sânchez; la Masoneria en Asturias en el siglo XIX di Victoria Hidalgo Nieto; la Masoneria en Cordoba di Francisco Moreno Gémez c Juan Ortiz Villalba; Un exemple de Masoneria catalana, 1869-1939 di Pere S{nchez Ferré e La Masoneria y la Corufia: introducci6n a la historia de la Masoneria gallega di Alberto Valin Fernandez (questi volumi possono essere richiesti all’indirizzo del Centro, presso J. A. Ferrer Benimeli, Università di Saragozza). Fra gli studi più densi e promettenti in corso da parte di specialisti aderenti al Centro meritano poi d’essere annunziati quelli di Pedro Alvârez Lazaro su « Massoneria e insegnamento » e quelli, invero poderosi, di Enrique Menendez Urefia su Krause, uno dei massimi pensatori massoni di tutti i tempi, coevo al Fichtc della Filosofia della Massoneria (un testo, quest’ultimo, che meriterebbe d’essere ristampato nell’accurata versione a suo tempo fornita da Santino Caramella). IL Simposio di Salamanca si concluse con una tavola rotonda su Il complotto massonico, cui presero parte il generale Ramon Salas Larrazabal, la prof. Maria Dolores G6mez Molleda, direttrice del Centro Unamuno, Victoria Hidalgo Nieto. J. A. Ferrer Benimeli e l’Autore della presente nota.

fica di Coimbra, Graça e J. S. da Silva Dias hanno pubblicato Os Primordios da Maçonaria em Portugal: quattro volumi per quasi duemila pagine. A Rio de Janeiro l’Academia Brasileira Maç6nica de Letras prosegue nella stampa dei sei volumi di Atti del TO Congresso internazionale di storia e geografia della Massoneria. La Caisse Générale d’Epargne et de Retraite di Bruxelles ha da poco presentato il catalogo della riuscita Mostra Un siècle de Franc-Maçonnerie dans nos Régions, 1740-1840; ed è viva l’eco della rigorosa rassegna documentaria Freimaurer, allestita nel 1983-84 allo Schweizerischen Museum für Vôlkerkunde di Basilea, a sua volta accompagnata da un catalogo di eccellente livello. Infine, numerose tesi di dottorato in storia della Massoneria sono state e vengono discusse in prestigiose Università di Francia, Germania, Spagna, per limitarci ai Paesi propinqui: in molti casi esse sono rapidamente pubblicate in spesso poderosi volumi.

Quel fervore di studi è animato da un preciso intento scientifico: ricostruire, documenti alla mano, la fisionomia della Massoneria, Paese per Paese, Obbedienza per Obbedienza, epoca per epoca, al di là delle definizioni spacciatene in passato da apologeti e polemisti. Si tratta di passare dal mito alla storia, dalla leggenda alla realtà, dalla propaganda alla verità. Come ogni altro transito, anche questo riesce bene se sono giusti i tracciati ch’esso segue e perfetti i mezzi utilizzati nel percorso. La riflessione su tracciati e mezzi mi sembra particolarmente urgente in un Paese, quale l’Italia, la cui massonologia ristagna in grave ritardo non solo rispetto alla Gran Bretagna della « Quatuor Coronati » o alla Francia, la cui Loge Nationale de recherche « Villard de Honnecourt » documenta la profondità delle indagini in corso e nella quale il recente Catalogo Musée du Grand Orient de France et de la Franc-Maçoanerie européenne illustra l’interesse delle fonti disponibili, ma anche nei confronti di terre (Spagna e Portogallo, per esempio) ove l’Ordine liberomuratorio fu bersaglio di sanguinose persecuzioni, culminate addirittura nello sterminio dei « Fratelli Di tanto e per molti aspetti deprecabile ritardo vi sarebbe però maggiormente da lamentarsi se si fosse certi che, ove nell’ultimo ventennio fosse stata più studiata da certa storiografia militante e predominante, la Massoneria non sarebbe rimasta sacrificata sugli altari di pregiudizi extrastoriografici e di deformazioni di metodo tali che ne avrebbero poi reso anche meno recuperabile l’identità. Tuttavia occorre fissare alcuni termini cardinali per l’auspicata futura navigazione di quanti vorranno occuparsi di storia della Massoneria nel nostro Paese. Qui ci limiteremo a mettere in guardia da alcuni scogli.

Una premessa fondamentale riguarda i termini di riferimento critici e metodologici cui potran guardare i ricercatori nostrali. L’arretratezza della massonologia in Italia non trarrà certo giovamento dall’eventuale selezione degli apporti sulla base della distinzione degli studiosi secondo la « regolarità » o meno della loro eventuale ascrizione all’Ordine, in Italia e all’estero. V’è altro cui badare: ed è la qualità dei lavori. Valga il caso della storiografia massonica francese. Colà I’IDERM (istituto di studi e ricerche massoniche) s’avvale di specialisti provenienti dal Grande Oriente come dalla Gran Loggia e di « profani » apprezzati per la qualità del metodo e dei risultati. È la scelta giusta, come provano i lavori di un Francois Collaveri (se ne veda l’eccellente saggio La Franc-Maçonaerie des Bonapartes, Paris, Payot, insignito d’un prestigioso premio accademico) e quelli personalmente realizzati o ispirati da André Combes: fra i cui ultimi ricorderemo almeno l’Histoire de la R. • . L. • . « Les Zélés Philanthropes » à l’Or. • . de Paris-Vaugirard ( 1834-1984) e La Franc-Maçonnerie en province sous la III”W République (Histoire de la Loge « La Concorde » à l’Orient de Bordeaux, 1884-1946) di Charles Porset, opere fondate su documentazione di prima mano e arricchite dalla riproduzione fototipica di copiose carte d’archivio, che fanno uscire la massonologia dalla minorità in cui altrove ristagna. Ma è appunto sull’istituzione di un centro studi obbediente alla disciplina storiografica anziché a poteri extrascientifici che imprese di tal fatta possono nascere e condurre a esiti confortanti. Basti constatare, a conferma, che I’IDERM ospita in talune stagioni riunioni pressoché settimanali di studiosi, con aggiornamento continuo degli interessati, scambi bibliografici, cooperazione nella promozione di convegni, fra i quali merita d’essere ricordato almeno quello su Massoneria e Lumi, tenuto a Parigi a fine aprile 1984 col concorso dei maggiori storici della rivoluzione

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francese, in vista della prevedibile fioritura di studi per l’imminente centenario (occasione preziosa per scindere definitivamente l’Ordine dall’immagine posticcia del « complotto rivoluzionario » , addebitatogli da Barruel e discepoli). Ma veniamo ai criteri essenziali dai quali potrebbero trarre maggior profitto gli studi di storia della Massoneria in Italia.

In primo luogo, anziché ridurre la Massoneria a un eccipiente generico della storia generale (politica, religiosa, culturale, artistica…), bisogna sforzarsi di ricostruire la sua specifica vicenda. ln altre parole, occorre giungere a una corretta storia della Massoneria per evitare che l’altra possibile ottica — la Massoneria nella storia: nella quale, cioè, la Libera Muratoria non compare quale soggetto, bensì come termine di una dialettica generale — assuma a terreno di riferimento una Massoneria niente affatto esistita, sostituendo la Libera Muratoria storicamente vissuta con l’immagne interessatamente deforme prospettatane da suoi antichi e nuovi detrattori e nemici.

Chiunque scorra, per esempio, una storia dei rapporti fra Chiesa e Stato in Italia s’imbatte inevitabilmente nel luogo comune ricorrente, secondo il quale dalla metà dell’Ottocento il governo italiano fu incalzato ad assumere attitudini conflittuali nei confronti del Vaticano sull’impulso d’un Grande Oriente d’Italia imbevuto di spiriti satanici o, quanto meno, impregnato di positivismo a sfondo ateistico, onde — come scrivono Philippe Levillain e François-Charles Uginet — « la Santa Sede e di conseguenza il Sommo Pontefice come sovrano che disponeva di Stati e principalmente di Roma furono posti in una situazione ossidionale prima ancora che l’Italia unificata fosse portala ad assumere di fronte alla Storia un comportamento liberale fino all’isterismo » t . Ora, non occorre essere

1 II Vaticano o le frontiere della grazia, Milano, Rizzoli, 1985, p. 12. I noti libelli antimassonici del Crétineau-JoIy (nei quali Norman Cohn ha individuato l’antecedente tematico e metodologico per la redazione degl’infami Protocolli dei Savi anziani di Sion: su cui v. anche J. A. Ferrer Benimeli, EI contubernio judéo-mas6nico-comunista, Madrid, Istmo, 1982), benché citati da Levillain e Uginet nel corso del testo, non sono poi menzionati nella peraltro assai sommaria bibliografia in appendice a un volume nel quale a

specialisti di storia per comprendere che l’unificazione italiana non fu una semplice subordinata della peraltro complessa equazione Massoneria-questione nazionale, mentre un approccio meno frettoloso alla storia della Massoneria italiana (ma non attraverso le chiacchiere demonizzanti di Crétineau-Joly e dei suoi emuli: Parascandolo, Taxil, Copin-Albancelli) costringe a prender atto che in nessun momento della sua secolare vicenda il Grande Oriente d’Itàlia s’identificò con una qualsivoglia militanza scristianizzante o antireligiosa.

In secondo luogo, non fa compiere alcun passo innanzi nella comprensione della specificità dell’Ordine ridurne la personalità — anche quella storica, non solo il suo patrimonio tradizionale —

computo dell’ascrizione sociologica dei suoi affiliati: criterio, codesto, che risulta sempre meno fecondo persino per far luce sulla storia dei partiti e che è comunque destinato a esiti quanto meno fuorvianti se applicato a un’ Istituzione che sarebbe sommamente approssimativo definire aristocratica solo perché nel Settecento alcune Logge erano prevalentemente composte di nobili, borghese perché in seguito sembraron dominarvi affati di quell’estrazione o poi ancora proletaria giacché non mancarono OŒcine formate (per esempio in Toscana, e persino a Milano) esclusivamente da tagliapietra, scalpellini, operai… Eppure, accade di veder giustapporre una Massoneria schierata in tetragona difesa d’interessi agrari a un’altra tutta animata da spiriti democratici e progressisti: e sì che tal balzo sarebbe stato compiuto, secondo siffatta meccanica riduzione dell’Ordine a taluni risvolti della storia politica (del resto tanto più complessa e articolata), nel volgere d’un paio d’anni e col solo mutamento di Gran Maestro al vertice dell’Istituzione [1]. È

p. 13 si legge « La questione romana nacque con l’ingresso delle truppe italiane a Roma, il 20 settembre 1870 » e a p. 64 « Bloccata a partire dal 1864 [ …l la questione temporale diveniva la Questione Romana » !

appena il caso di rilevare, all’opposto, che una corretta lettura della storia della Massoneria non può esser compiuta con la sovrapposizione della dialettica partitica, delle lotte per il potere politico e dei mutamenti dell’assetto economico-sociale alla trama della Massoneria, intessuta di principî e motivi di tanto più ampio respiro e in ogni momento più debitrice nei confronti delle Comunioni d’Oltralpe e della « Tradizione » che nei rispetti della peculiarità profana dei suoi affiliati.

ln terzo luogo, per non sospingere la storia della Massoneria nelle stesse secche sulle quali s’arenò in Italia la ricerca su partiti e sindacati (impoverita da storia di uomini e d’idee ad arcaica storia diplomatica, metodologicamente non diversa dall’antica storiografia curiale, cortigiana o dall’histoire-bataille) occorre ampliare i termini della ricerca, facendole superare gli steccati fissati da una rigida identificazione della Massoneria con la somma dei suoi affiati in un certo anno. È certo importante ricostruire « piedilista », disegnare un attendibile atlante delle OŒcine via via sorte, demolite, riedificate nella penisola nel corso dei secoli. Ed è altresì di grande rilievo giungere ad accertare quale fosse, di volta in volta, la concezione che della Massoneria avevano, regione per regione, epoca per epoca, i suoi affiliati. Allo scopo — ripetiamo — bisogna però partire da fonti più ampie di quelle offerte dalla polemistica antimassonica, così come oggi sarebbe davvero ingenuo proporsi di comprendere la Massoneria italiana degli Anni Settanta-Ottanta sfogliando le pagine di certi rotocalchi o quotidiani di partito professanti un antimassonismo tanto preconcetto quanto documentariamente calvo.

Ma bisogna avere il coraggio di ammettere che una seria analisi, a tal riguardo, sta solo ora albeggiando e potrà divenire aurora e luce meridiana solo se si moltiplicheranno i repertori di testi come quelli che siamo andati recentemente proponendo agli studiosi [2].

schiacciata da un regime speculare al partito a nome del quale il comunista sardo svolse quel suo unico intervento alla Camera dei Deputati.

È però ancor più importante compiere un ulteriore passo innanzi: interrogarsi sulle premesse maturate nella richiesta d’iniziazione e, alla stessa stregua, sul carisma indelebile lasciato dalla frequentazione dei Templi anche in quanti finirono per allontanarsene (persino per propugnarne la distruzione, talora) [3]. Da una meccanica identificazione tra la Massoneria e una sequenza di suoi iniziati occorre cioè risalire a ciò che l’Ordine è (per sua buona sorte, in taluni momenti) al di là della serie storica dei Liberi Muratori. Imboccare questa via significa anche restituire alla loro giusta dimensione i conflitti interobbedienziali, ricomporre il groviglio di scissioni, fusioni, nuove lacerazioni, ulteriori accorpamenti (travaglio secolare, vissuto dall’Ordine in ciascuno dei Paesi nei quali ebbe vita) e passare dallo studio di un apparato (Fratelli, « dirigenti » , alti dignitari, ufici centrali — e loro funzionari —

quello d’un’lstituzione Tradizionale, la cui peculiarità sta altrove. Con buona pace di quanti ritengano che la Massoneria possa risultare dall’addizione delle biografie degli afiliati, v’è altro cammino da compiere: porsi sulla traccia di chi, iniziato in Loggia o sotto la volta del Cielo, intese e distillò gl’ideali liberomuratori nelle lettere, nelle arti, nella vita sociale.

Dalla storia della Massoneria occorre insomma trascorrere a quella del Massonismo: terreno sul quale v’è da attendersi la convergenza degli studiosi, quali ne siano le personali propensioni ideologiche, le esperienze di partecipazione alla vita istituzionale e l’intendimento esoterico. Quest’ultimo criterio non conduce affatto a diluire la storia positiva dell’Ordine nelle nebbie di un indistinto iniziatismo vocazionale; muove bensì dalla convinzione che sia oggi più urgente comprendere perché il massonismo abbia ispirato tanta parte della cultura degli ultimi due secoli e mezzo anche al di là dei Templi. Accertare le radici propriamente liberomuratorie dell’ispirazione beethoveniana, d’un Tolstoj o d’un Victor Hugo (la cui iniziazione protocollare è dubbia o addirittura mai storicamente avvenuta) ci sembra molto più importante che gingillarsi con quelle statistiche sulla composizione sociologica delle Logge che ha già fatto fallimento quale criterio esplicativo della vicenda d’altre organizzazioni (partiti, sindacati…) pur più immediatamente esposte alla risonanza della qualità dei loro membri.

A ultimo — ma è la difcoltà maggiore — bisogna riscattare la massonografia dalla persistente sua svalutazione nella storiografia come nelle altre discipline affni, ed elevarla ai livelli raggiunti dalla cultura tradizionale nella Francia di Corbin e Dumézil: operazione, codesta, tanto più ardua perché destinata a cozzare col cumulo di pregiudizi non solo avversi a una corretta storiografia della Massoneria ma, più sbrigativamente (e radicatamente), antimassonici e alberganti anche in àmbiti intellettuali apparentemente aperti, tolIeranti, disponibili, ma drasticamente settari quando si venga a parlare di storia dell ‘Ordine, settarismo, infine, malamente mascherato col solito stolido addebito alla Libera Muratoria d’essere una « società segreta » : « satanica nell’origine, nello sviluppo, nello scopo; figlia primogenita di Satana e futura madre dell’Anticristo », comc asseriva il conte Desbassyns de Richemont nel 1861, o, in termini non meno drammatici, filo rosso (o nero) di tutte le cospirazioni, rivoluzioni e reazioni, in un avvitamento convulsivo inarrestabile, come vien ripetendo l’ultimo emulo del massonofobo Florido Giantulli SJ, Gianni Vannoni, in Le società segrete dal Seicento al Novecento (Firenze, Sansoni, 1985),

Il cammino verso la verità della storia massonica è dunque ancora lungo; e sarà anche impervio.


[1] È la tesi serpeggiante in F. CORDOVA, Massoneria e politica in Italia, 18921908, Bari, Laterza, 1985, saggio concluso con la definizione gramsciana della Massoneria quale partito della borghesia: giudizio che nel maggio di sessant’anni or sono fece da sudario funebre per la Massoneria, proprio allora

[2] Ci sia consentito rinviare al nostro Adriano Lemmi, Gran Maestro della nuova Italia, pref. di Armando Corona, Roma, Erasmo, 1985.

[3] Si vedano, per es., le penetranti pagine di LUCIANO CANFORA, La Sentenza, Palermo, Sellerio, 1985, a proposito dell’esoterismo della formula impiegata da Concetto Marchesi per decretare la « morte » di un grande intellettuale trascorso, con ogni evidenza, …in partibus infidelium: Giovanni Gentile.

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L’ESOTERISMO MASSONICAMENTE

ESOTERISMO MASSONICAMENTE di Adele Menzio

Che cosa significa lavorare « massonicamente » in Loggia e nell’Ordine?

Significa tutti insieme aiutarci a ritrovare la vera natura dell’uomo nell’alveo della tradizione esoterica.

Siamo entrati in Massoneria per scoprire chi siamo veramente, qual è il nostro personale ruolo individuale e sociale, per far emergere dal profondo di noi stessi la parte migliore o, se volete, la nostra scintilla divina. Che c’è, esiste, ma spesso è ottenebrata e soffocata dalle preoccupazioni profane.

Mi direte che in Loggia si fanno discorsi sempre rivolti al passato, alla storia antica, mentre fuori nel mondo premono problemi importanti, drammatici, che non si possono rimandare ed alle volte nemmeno risolvere. ln altri termini, che siamo anacronistici.

Ebbene sono costretta a dire che la Massoneria come ente non può proprio far nulla nel mondo esterno e che non è suo compito agire in tal senso, anche se storicamente ciò è avvenuto, ma sempre a scapito del suo carattere iniziatico. Dirò di più. Proprio nelle epoche profanamente più violente, caotiche quando sembra che tutti gli eterni princìpi etici siano sconvolti e l’umanità destinata alla distruzione o comunque ad un rivolgimento totale (e noi viviamo una di queste epoche di mutamenti radicali), proprio allora è indispensabile che un drappello di iniziati salvi i princìpi base, i pilastri su cui poggia la vita.

Depositari dei fondamenti dello spirito, assolutamente refrattari ad ogni dogmatismo, ad ogni parziale e fanatica visione della realtà, gli iniziati (e quindi noi massoni) hanno il compito non solo di portare avanti la ricerca, ma anche di conservare, evolvendoli, gli eterni principi che sono nascosti in ogni uomo e che devono essere risvegliati e compresi.

Questo è il compito della Massoneria e questo l’indirizzo fondamentale dei lavori di loggia.

E ovvio che la Massoneria ha una sua filosofia che trae le proprie

origini dai primordi ma che, nel corso dei millenni, ha sempre dimostrato la sua validità, Un esempio fra tutti.

Umanesimo e Rinascimento, questi movimenti che hanno riportato l’uomo, con tutte le sue meravigliose capacità, alla intelligenza delle cose, che hanno dato (e voglio citare solo un nome) un Leonardo, in tanto hanno potuto fiorire in quanto proprio in quel periodo esoterismo, Kabbala e Tradizione furono alla base degli studi e della ricerca degli intellettuali.

A coloro che rifiutano l’esame della storia del pensiero e che si annoiano nello studiare quali siano le costanti universali della storia dell’uomo, vorrei dire prima di tutto che sono sempre state le idee a governare il mondo e gli individui.

Verne, tra le molte altre cose, descrisse la T. V. molto prima che la tecnologia la realizzasse. Verne ebbe l’idea.

Il nostro secolo è caratterizzato da uno sviluppo tecnologico straordinario e da un avanzamento scientifico quasi da capogiro. Tali da stravolgere il ritmo e le abitudini della vita di tutti, I futurologi prospettano un mondo ove la biogenetica applicata all’uomo (che pare potrà costruirsi persino un gemello di ricambio) condurrà ad una limitatissima attività lavorativa.

Che cosa farà l’uomo? Allungata la vita sino ai limiti di quella dei patriarchi biblici (e mi domando… ma allora dov’è la novità?) con la possibilità di viaggiare da un pianeta ad un altro, senza più il problema della fame e del freddo, con cuore, reni, stomaco, arterie e polmoni di ricambio, come passerà il tempo? Comunque decida o possa trascorrerlo, alla fine morirà.

Quanto, mi domando, gli saranno servite le conquiste della scienza e della tecnologia, sfruttate massimamente per il progresso materiale, ad affrontare consapevolmente l’ultimo traguardo che tutte le macchine di questo mondo non saranno mai riuscite a spiegargli? E come vivrà, lui che ci tiene tanto a vivere, quando avrà ogni giorno 10 ore da trascorrere? Si drogherà di più, si darà ad atti di violenza più rafratamente crudeli o penserà maggiormente al suo spirito?

Come lo guideranno i mass-media? Di quali occulte potenze pros fane sarà la preda? Sarà forte o fragilissimo?

L’esperienza mi dice — e me ne dispiace — che il benessere produce uomini fragili. Gli psicanalisti sono proporzionali al reddito. Allora, forse più di oggi, sarà necessario che gli iniziati anch’essi abbiano raggiunto una evoluzione spirituale superiore per soccorrere i de. boli. I massoni saranno più che mai necessari. Veniamo ora al nostro lavorare.

Ho parlato prima di filosofia della Massoneria.

Essa è fondamentalmente di marca platonica ed ha recepito i fondamenti dello gnosticismo.

Ma quanti tra di noi conoscono o ricordano queste correnti di pensiero?

Proporrei quindi di dedicare qualche tavola proprio ad un esame di certi princìpi.

Fondamenti dello gnosticismo, ed argomenti di altrettante possibili tavole, sono:

— il mondo è il male ma nello gnostico vive un elemento divino che anela di tornare al Padre;

— stretto e soffocato nel corpo l’elemento umano ha perduto la nozione della sua origine divina. È come serrato ln una tomba. É oro, ma nascosto nel fango. Di qui la necessità del risveglio, della purificazione;

— il risveglio è una operazione terribilmente difficile,  forse superiore alle singole forze dell’uomo. quindi necessario un aiuto, una chiamata;  il percorso dello gnostico è questo: natura divina incarnata, oblio del divino, schiavitù nel corpo, chiamata, risveglio, presa di coscienza del suo vero essere;

— tradotte massonicamente queste tappe si possono esprimere così: attitudine ad apprendere da sé, con l’aiuto dei fratelli, le scienze che la massoneria offre. Morte nella profanità. Rinascita iniziatica. Cooptazione. Elevazione alla maestranza.

Altri punti gnostici che sono stati recepiti dalla Massoneria sono: — la conoscenza è contrapposta alla fede. Tutte e due hanno il medesimo obiettivo: la ricerca della verità, ma le vie sono diverse;

— la ricerca soggettiva, con mezzi a misura d’uomo, della verità;

— il rigetto d’ogni dogmatismo;

— il tentativo di dare una spiegazione razionale ai fatti che le religioni pongono sotto l’aspetto fideistico, ‘trascurando il significato simbolico della tradizione;

— lo gnostico iniziato massonicamente è un individuo non certo avulso ma immerso nella umanità per la quale opera.

Libertà di pensiero assoluta, tenuto conto del fatto che la problematica delle origini e degli scopi dell’umanità è stata oggetto di intuizioni sorprendenti, ma sempre è stata violentata dalle varie ortodossie;  la filosofia della conoscenza deve essere intesa come conquista dell’intelligenza che si alimenta ed approfondisce in se stessa; — la liberazione dalla materia è un fatto elitario;

— il rapporto con Dio non è una questione di gruppo, ma un affare squisitamente privato;

— nessuno detiene la verità, alcuni detengono varie loro verità; — non è la fede, ma la ragione il mezzo per l’identificazione dell’uomo.

Ho voluto, brevemente, proporre e suggerire alcuni temi su cui lavorare e meditare col duplice fine di non abbandonare la nostra linea di pensiero tradizionale e di informare i neofiti e gli apprendisti su alcuni princìpi che, a mio parere, costituiscono i pilastri del pensiero massonico che — come ognuno di noi sa bene — deve continuamente evolversi ed aggiornarsi e che, pur innestandosi nel passato ha sempre — come finalità ultima — il progredire ed il migliorare dell’uomo. Tanto dal punto di vista materiale-sociale quanto e soprattutto da quello spirituale.

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LAVORARE MASSONICAMENTE

LAVORARE MASSONICAMENTE di Adele Menzio

Che cosa significa lavorare « massonicamente » in Loggia e nell’Ordine?

Significa tutti insieme aiutarci a ritrovare la vera natura dell’uomo nell’alveo della tradizione esoterica.

Siamo entrati in Massoneria per scoprire chi siamo veramente, qual è il nostro personale ruolo individuale e sociale, per far emergere dal profondo di noi stessi la parte migliore o, se volete, la nostra scintilla divina. Che c’è, esiste, ma spesso è ottenebrata e soffocata dalle preoccupazioni profane.

Mi direte che in Loggia si fanno discorsi sempre rivolti al passato, alla storia antica, mentre fuori nel mondo premono problemi importanti, drammatici, che non si possono rimandare ed alle volte nemmeno risolvere. ln altri termini, che siamo anacronistici.

Ebbene sono costretta a dire che la Massoneria come ente non può proprio far nulla nel mondo esterno e che non è suo compito agire in tal senso, anche se storicamente ciò è avvenuto, ma sempre a scapito del suo carattere iniziatico. Dirò di più. Proprio nelle epoche profanamente più violente, caotiche quando sembra che tutti gli eterni princìpi etici siano sconvolti e l’umanità destinata alla distruzione o comunque ad un rivolgimento totale (e noi viviamo una di queste epoche di mutamenti radicali), proprio allora è indispensabile che un drappello di iniziati salvi i princìpi base, i pilastri su cui poggia la vita.

Depositari dei fondamenti dello spirito, assolutamente refrattari ad ogni dogmatismo, ad ogni parziale e fanatica visione della realtà, gli iniziati (e quindi noi massoni) hanno il compito non solo di portare avanti la ricerca, ma anche di conservare, evolvendoli, gli eterni principi che sono nascosti in ogni uomo e che devono essere risvegliati e compresi.

Questo è il compito della Massoneria e questo l’indirizzo fondamentale dei lavori di loggia.

E ovvio che la Massoneria ha una sua filosofia che trae le proprie

origini dai primordi ma che, nel corso dei millenni, ha sempre dimostrato la sua validità, Un esempio fra tutti.

Umanesimo e Rinascimento, questi movimenti che hanno riportato l’uomo, con tutte le sue meravigliose capacità, alla intelligenza delle cose, che hanno dato (e voglio citare solo un nome) un Leonardo, in tanto hanno potuto fiorire in quanto proprio in quel periodo esoterismo, Kabbala e Tradizione furono alla base degli studi e della ricerca degli intellettuali.

A coloro che rifiutano l’esame della storia del pensiero e che si annoiano nello studiare quali siano le costanti universali della storia dell’uomo, vorrei dire prima di tutto che sono sempre state le idee a governare il mondo e gli individui.

Verne, tra le molte altre cose, descrisse la T. V. molto prima che la tecnologia la realizzasse. Verne ebbe l’idea.

Il nostro secolo è caratterizzato da uno sviluppo tecnologico straordinario e da un avanzamento scientifico quasi da capogiro. Tali da stravolgere il ritmo e le abitudini della vita di tutti, I futurologi prospettano un mondo ove la biogenetica applicata all’uomo (che pare potrà costruirsi persino un gemello di ricambio) condurrà ad una limitatissima attività lavorativa.

Che cosa farà l’uomo? Allungata la vita sino ai limiti di quella dei patriarchi biblici (e mi domando… ma allora dov’è la novità?) con la possibilità di viaggiare da un pianeta ad un altro, senza più il problema della fame e del freddo, con cuore, reni, stomaco, arterie e polmoni di ricambio, come passerà il tempo? Comunque decida o possa trascorrerlo, alla fine morirà.

Quanto, mi domando, gli saranno servite le conquiste della scienza e della tecnologia, sfruttate massimamente per il progresso materiale, ad affrontare consapevolmente l’ultimo traguardo che tutte le macchine di questo mondo non saranno mai riuscite a spiegargli? E come vivrà, lui che ci tiene tanto a vivere, quando avrà ogni giorno 10 ore da trascorrere? Si drogherà di più, si darà ad atti di violenza più rafratamente crudeli o penserà maggiormente al suo spirito?

Come lo guideranno i mass-media? Di quali occulte potenze pros fane sarà la preda? Sarà forte o fragilissimo?

L’esperienza mi dice — e me ne dispiace — che il benessere produce uomini fragili. Gli psicanalisti sono proporzionali al reddito. Allora, forse più di oggi, sarà necessario che gli iniziati anch’essi abbiano raggiunto una evoluzione spirituale superiore per soccorrere i de. boli. I massoni saranno più che mai necessari. Veniamo ora al nostro lavorare.

Ho parlato prima di filosofia della Massoneria.

Essa è fondamentalmente di marca platonica ed ha recepito i fondamenti dello gnosticismo.

Ma quanti tra di noi conoscono o ricordano queste correnti di pensiero?

Proporrei quindi di dedicare qualche tavola proprio ad un esame di certi princìpi.

Fondamenti dello gnosticismo, ed argomenti di altrettante possibili tavole, sono:

— il mondo è il male ma nello gnostico vive un elemento divino che anela di tornare al Padre;

— stretto e soffocato nel corpo l’elemento umano ha perduto la nozione della sua origine divina. È come serrato ln una tomba. É oro, ma nascosto nel fango. Di qui la necessità del risveglio, della purificazione;

— il risveglio è una operazione terribilmente difficile,  forse superiore alle singole forze dell’uomo. quindi necessario un aiuto, una chiamata;  il percorso dello gnostico è questo: natura divina incarnata, oblio del divino, schiavitù nel corpo, chiamata, risveglio, presa di coscienza del suo vero essere;

— tradotte massonicamente queste tappe si possono esprimere così: attitudine ad apprendere da sé, con l’aiuto dei fratelli, le scienze che la massoneria offre. Morte nella profanità. Rinascita iniziatica. Cooptazione. Elevazione alla maestranza.

Altri punti gnostici che sono stati recepiti dalla Massoneria sono: — la conoscenza è contrapposta alla fede. Tutte e due hanno il medesimo obiettivo: la ricerca della verità, ma le vie sono diverse;

— la ricerca soggettiva, con mezzi a misura d’uomo, della verità;

— il rigetto d’ogni dogmatismo;

— il tentativo di dare una spiegazione razionale ai fatti che le religioni pongono sotto l’aspetto fideistico, ‘trascurando il significato simbolico della tradizione;

— lo gnostico iniziato massonicamente è un individuo non certo avulso ma immerso nella umanità per la quale opera.

Libertà di pensiero assoluta, tenuto conto del fatto che la problematica delle origini e degli scopi dell’umanità è stata oggetto di intuizioni sorprendenti, ma sempre è stata violentata dalle varie ortodossie;  la filosofia della conoscenza deve essere intesa come conquista dell’intelligenza che si alimenta ed approfondisce in se stessa; — la liberazione dalla materia è un fatto elitario;

— il rapporto con Dio non è una questione di gruppo, ma un affare squisitamente privato;

— nessuno detiene la verità, alcuni detengono varie loro verità; — non è la fede, ma la ragione il mezzo per l’identificazione dell’uomo.

Ho voluto, brevemente, proporre e suggerire alcuni temi su cui lavorare e meditare col duplice fine di non abbandonare la nostra linea di pensiero tradizionale e di informare i neofiti e gli apprendisti su alcuni princìpi che, a mio parere, costituiscono i pilastri del pensiero massonico che — come ognuno di noi sa bene — deve continuamente evolversi ed aggiornarsi e che, pur innestandosi nel passato ha sempre — come finalità ultima — il progredire ed il migliorare dell’uomo. Tanto dal punto di vista materiale-sociale quanto e soprattutto da quello spirituale.

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LE UTOPIE: DALLA FILOSOFIA ALLA ESPERIMENTAZIONE SOCIALE

LE UTOPIE: DALLA FILOSOFIA ALLA ESPERIMENTAZIONE SOCIALE

  1. il sogno di una società perfetta che da Platone, secondo.un itinerario filosofico privo di soluzioni di continuità, via via sino agli ideali del Rinascimento, passando per il travaglio della Riforma prima e della Controriforma poi, porta il pensiero dell’uomo ad uno sforzo, più spesso poetico che scientifico e razionale, teso ad idealizzare le forme di governo migliore, sino ad un Rousseau che concretizza, forse definitivamente, una prospettiva d’azione per La prima volta attualizzata in determinati concetti applicati poi nella Rivoluzione Francese.

Consideriamo dunque per un attimo la storia della filosofia della politica come contmuum, un unico pensiero evolutosi nei millenni, divaricatosi curiosamente in mille rivoli che hanno portato, nel corso della storia, ad adattare l’indicazione del filosofo politico alla situazione storica contingente: diviene dunque interessante una correlazione tra il fenomeno platonico e la lunga serie di Utopie che, forma poetica non del tutto desueta ancora oggi e ravvisabile forse anche in certi modelli econometrici in uso nei manuali di politica economica, utopie, dicevamo, che diversi studiosi hanno descritto per concretizzare il loro ideale di modello perfetto di forma di governo.

Platone ci interessa per il suo pragmatismo, per la sua caratterizzazione di pessimista storico; egli non individua la migliore forma di governo tra nessuna delle forme conosciute: la storia come regresso indefinito, come degenerazione continua, ne fa uno storico della decadenza degli starti.

Timocrazia (governo basato più sull’esaltazione dell’onore che della sapienza; il guerriero-re piuttosto che il filosofo-re, l’esempio è Sparta), e via in ordine decrescente e secondo un processo degradante automatico basato sugli avvicendamenti generazionali, oligarchia, democrazia e tirannia.

La comunità umana è condannata alla forma più deteriore di governo: la tirannia che, per opposizione, è la più lontana dalla forma perfetta in quanto ne è negazione e corruzione; il re-filosofo o, comunque gli oligarchi filosofi (per Platone non v’è differenza nel numero dei sapienti che devono governare), appartengono al mondo degli ideali irraggiungibili, sono, secondo l’accezione moderna della parola 1’« utopia antica », e, per il Nostro, erano la forma di governo dei padri, la prima da cui, per corruzione, si sono generate tutte le altre, secondo una sequenza scandita drammaticamente dai mutamenti generazionali e mossa dall’indole corrotta degli uomini, dalle passioni che prevalgono sulla savietà.

Sembra, e lo vedremo più avanti nel nostro breve excursus sulle Utopie, che l’uomo non sia capace di costruire una griglia di progetti di forme di governo senza porsene una ideale ed irraggiungibile quale modello da imitare. È una limitazione che l’uomo si dà? Ë la necessità di un ideale guida? È il bisogno di affidarsi comunque ad un principio quasi religioso superiore ed immanente? Perché anche l’illuminismo non riesce a svincolarsi da questo concetto profondamente pessimista? Ecco dunque il concetto reale di Utopia: oU TOPOS, posto che non esiste ma che è anche irraggiungibile. Avremmo discusso di banalità se non cercassimo di leggere in chiave critica tutto ciò. Platone è coerente con se stesso? È realmente convinto che la sua utopia sia una forma ideale esistita, forse, presso gli antichi, ed ormai perduta per sempre a causa del corrompersi dell’umano genere?

Nella Repubblica e nel Politico, sia dunque nella descrizione delle forme di governo e sia nella descrizione del miglior governante, Platone lo afferma convinto: « la migliore forma di governo è un ideale filosofico

Nella realtà sono possibili solo forme imperfette tra le quali si deve optare per le meno lontane dalla monarchia del Re-filosofo. Eppure Platone — uomo del suo tempo, e grande del pensiero umano, contraddicendo se stesso — (è questo che lo fa amare come campione del nostro genere), non si arrende alla logica del suo pensiero e disperatamente, contro ogni osservazione storica e consequenziale, cerca di ribaltare la corsa pazza dell’umanità verso la tragedia della tirannide; ecco il punto centrale da sottolineare: egli, nonostante l’apparente ineluttabilità del suo pensiero tenta un « esperimento ». Cerca

di costruire la forma idealizzata di governo; cerca di trasformare una tirannide, la peggiore delle forme di governo individuate, l’ultima nella scala delle degradazioni politiche, nella migliore, cioè nel gœ verno del re-filosofo. fatto storico quello dei Platonici a Siracusa, ed è un peccato non avere fonti dirette sugli sforzi del filosofo per trasformare il tiranno; ma sappiamo del suo fallimento. Il perché del non rassegnarsi di Platone alla tirannide trova risposta nella sua modernità, nel suo spirito illuministico profondo, nella sua non confessata fiducia nel genere umano.

Ma tralasciamo la filosofia platonica e concentriamoci sul tentativo di realizzare una Utopia: siamo tre secoli prima della nascita di Cristo e 1’« esperimento sociale » non è già più una novità. Scientemente un filosofo tenta la trasformazione di materiale umano, avendo come fine qualcosa che non esiste se non sotto forma di idealizzazione teoretica.

L’esperimento fallisce, ma la prova effettuata garantisce che il risulta’to è raggiungibile: non nelle condizioni in cui Platone si trovava, né attraverso il metodo da lui attivato, ma con altri strumenti e su un altro scenario, l’Utopia doveva e poteva essere attuabile: ecco il senso positivo del tentativo platonico!

Attuare l’Utopia poteva sembrare ai filosofi della politica quasi toccare il cielo, era il raggiungere la perfezione!

Tommaso Moro, grande del pensiero, uomo vicinissimo allo spirito ed al pensiero massonico moderno, ha costruito la più famosa delle utopie, basandola sul concetto platonico della filosofia al potere e temperandone l’assolutismo attraverso una democrazia elettiva che premia solamente i migliori. L’accento, nella « Utopia o la migliore forma di repubblica », scritto nel 1515, non è però posto dal Moro tanto sul sistema politico di governo, quanto sulla organizzazione sociale e religiosa dell’isola ideale.

Moro, Visconte di Londra, speaker del parlamento e poi cancelliere di Enrico VIII, è uomo politico di massimo rilievo del suo tempo. Acceso parlamentarista, moderato, tollerante, antibellicista e antiformalista, testomonia col sangue la coerenza al proprio pensiero, rifiutando di appoggiare l’Atto di Supremazia con cui il Re d’Inghilterra si assumeva la direzione della Chiesa nazionale.

La sua Utopia è e resta tale: Moro pare non accingersi ad esperimenti di alcun genere, ma non rinuncia per questo al pragmatismo politico. Egli attualizza l’utopia attraverso dei suggerimenti che fanno del famoso componimento un vero e proprio programma socio-economico: la condizionalità delle pene, l’eutanasia, il lavoro obbligatorio, le sei ore lavorative sono alcuni dei grandi temi proposti.

Ma il nodo centrale della costruzione filosofica del Moro è la abolizione della proprietà privata. Ignorato il problema dagli antichi, la proprietà privata diviene il monstrum da cui derivano tutti i mali per le utopie che dal Moro in poi verranno elaborate dai filosofi. È un socialismo etico, ben inteso, che è alla base di tutti i meccanismi di funzionamento delle utopie moderne; l’economia è sempre spinta comunque da un interesse privato, secondo la elementare interpretazione capitalistica, ma esso si concretizza nella felicità piuttosto che sull’arricchimento: è il proprio piacere che spinge l’utopiano a produrre, in quanto lavora sei ore al giorno, non fa lavori degradanti, compie un’opera per cui è naturalmente portato, e non vuole essere da meno dei suoi perfetti, allegri, piacevoli concittadini.

Tutto in Utopia è in comune, case, cibi, abitazioni, tutto è uniforme, ed uguale: vesti, monili, le stesse abitazioni; non esiste il desiderio di ciò che un altro ha in quanto tutti possono avere le medeSime cose. Questo meccanismo etico, che non ha nulla di religioso, ma pecca certamente di edonismo, è il motore economico e sociale di Utopia. La descrizione dell’isola di Moro è interessantissima e pregna di contenuti filosofici pratici, politici ed esoterici; sarà interessante farne oggetto di ulteriori studi.

Ora verifichiamo, in parallelo con Platone, quale sia il contenuto sperimentale concreto dell ‘utopia del Moro: è il socialismo etico l’identificazione più profonda del pensiero del filosofo. Certamente egli non intendeva tentare la via del socialismo nell’Europa del XVI secolo, ma dare una indicazione precisa sulla improrogabile esigenza di egualitarismo che una società come quella inglese del ‘500 prepotentemente richiedeva.

Egualitarismo, giustizia sociale, abolizione dei privilegi e delle classi sfruttatrici del lavoro degli strati sociali sottomessi: questo è dunque quanto il Moro, in modo estremamente empirico, semina nel delicato momento storico che vive. Non si tratta di anticipazioni filosofiche assurde per il mondo contemporaneo d’allora, ma di indicazioni programmatiche. La prova è certamente in quanto avvenne in seguito, nemmeno due secoli dopo.

Ma procediamo ordinatamente sospendendo per un attimo l’analisi delle prove del reale contenuto « sperimentale » del pensiero del Moro, per esaminarne una famosissima trasformazione, o meglio una traduzione in termini ancora più chiaramente empirici: non ce ne vorrà l’autore, Tommaso Campanella, una personalità che ha dell’incredibile, e che affascina per l’impetuosità del pensiero e l’enciclopedica produzione letteraria.

Scienziato eclettico, animista, domenicano, passa con estrema facilità dall’astrologia alla medicina, dall’alchimia alla magia, dalle scienze naturali alla politica e alla meccanica. Sono proprio le sue fantasie circa il risollevamento economico e politico delle natìe Calabrie a costargli più di 30 anni della sua vita: nelle mani del Santo Uffzio, dal 1600 scampa alla morte fingendosi pazzo, ma è costretto al carcere più duro (passa 7 anni nella cella del coccodrillo del Castello di S. Elmo a Napoli, coi ferri a mani e piedi!). Campanella passerà trenta anni murato vivo, ma il suo pensiero è oggi una affermazione disperata della personalità, di un uomo nuovo che protesta la sua umanità.

Ma veniamo a noi. Abbiamo parlato di una traduzione in termini empirici dell’Utopia del Moro. Campanella infatti redige, nel suo volgare popolare ed erudito allo stesso tempo, « La Città del Sole — cioè dialogo di repubblica, nel quale si disegna l’idea di riforma della repubblica cristiana, conforme alla promessa da Dio fatta alle Sante Caterina e Brigida ». A capo di ques’altra isola immaginaria il Nostro pone, secondo l’ideale itinerario del pensiero platonico, il filosofo onnisciente, che è capo temporale, ma anche spirituale, sommo sacerdote, tramite con Dio. L’estrema interrelazione che esiste nella Città del Sole tra spirituale e terreno è probabilmente un atto di deferenza del Campanella nei confronti dei carcerieri: il paese è governato da una monarchia elettiva, che privilegia i più intelligenti ed i più colti, ma che dà a tutti le medesime possibilità. Andiamo ora al nodo centrale del Sistema campanelliano: anche nella Città del Sole, come in Utopia, non esiste la proprietà privata: « Tutte le cose son Communi… ».

Il Comunismo del Campanella è, come per il Moro, di ordine etico; ma meno lucidamente articolato, tale che inevitabilmente l’autore è costretto ad introdurre una serie di severi controllori della moralità pubblica: non riuscendo troppo bene a spiegare il meccanismo economico secondo cui l’individuo lavorerebbe pur non ottenendo la proprietà del lavorato, né percependo un salario (ed in questo il Campanella è molto meno moderno del Moro, che pure gli è cronologicamente antecedente). L’autore deve organizzare uno strato sociale superiore a quello dei cittadini, con funzione di controllo. Questi controllori sono, ovviamente, eletti dal popolo stesso. Il sistema di Campanella è decisamente meno credibile e più fragile di quello del Moro; Sole è una città ove il passo verso la Tirannia è troppo breve da farsi, perché possa essere uno stato realmente felice.

Ed ecco che la sequenza platonica in ordine qualitativamente e storicamente decrescente: Monarchia del Re-filosofo – Timocrazia Oligarchia – Democrazia e Tirannia, torna attuale: Moro descrive e prescrive una indicazione sociale: abolire la proprietà privata per restituire all’eguaglianza e alla giustizia sociale il ruolo centrale nei compiti del Governo; Campanella, più praticamente schematizza un concetto meno perfetto ma attuabile subito: un vero e proprio programma politico che esprime un partito nei termini moderni della parola: per tornare allo schema platonico, un qualcosa a sé stante, non individuato dal filosofo greco, ma equidistante tra democrazia e tirannia. Campanella aveva realmente creduto di poter attuare il suo progetto politico: il tentativo, ingenuo, insurrezionale nelle Calabrie, aveva in Lui il teorizzatore. Egli sognava realmente qualcosa di nuovo. Il carattere estremamente programmatico della « Città del Sole » è provato anche dalla incredibile serie di suggerimenti pratici scientifici che l’autore inserisce nel testo (dai galeoni che vanno senza vento, spinti da gigantesche eliche mosse a mano, a sistemi per cavalcare senza le redini).

Ma vediamo che, sulle orme di Platone anche il Campanella fallisce la sua opera: il tentativo di porla in essere gli costa la tortura e trenta anni di vita. Con lui fallisce anche Moro, il teorizzatore della perfezione, che vede la traduzione della sua Utopia, in termini più consoni alla realtà oggettiva, non concretizzarsi, ma anzi trasformarsi in tragedia personale, e comunque corrompersi nel suo tracciato filosofico ideale.

Ma l’Utopia prosegue poiché pare instrumentum indispensabile al tentativo tutto umano di raggiungere la perfezione. straordinario come oggi si sia praticamente persa ogni traccia degli incredibili sviluppi del pensiero utopico di origine platonica: il filo conduttore non si esaurisce col Campanella o con altri utopisti minori, ma si esalta nella realizzazione materiale e consapevole di progetti di governo! Veri e propri esperimenti sociali, a cui il materiale umano è stato sottoposto, hanno dato spesso discordanti risultati, ma comunque sempre risultati di enorme portata dal punto di vista dello scienziato sociale e dello storico.

Siamo alla fine del 1600. Platone, Moro, Campanella, fanno parte del patrimonio filosofico e scientifico di tutto il mondo colto.

L’occasione si presenta quando potenti organismi religiosi economico-politici o militari ottengono la straordinaria ed irripetibile possibilità di organizzare il mondo nuovo: le Americhe. La Compagnia di Gesù, che per certi versi pare aver ripercorso, con miglior sorte, la storia e le vicende dei cavalieri dell’Ordine del Tempio, ha sempre operato in funzione di un netto radicalismo politico, tendente a dimostrare la supremazia della Chiesa sullo Stato.

I Gesuiti però ebbero per primi la concezione, rivoluzionaria se la si confronta al pensiero tanto Medioevale quanto a quello Riformista, dello Stato come « fondazione di diritto naturale ». Non più una forma idealizzata di governo, doveva essere ricercata come optimum, ma lo « stato di natura » , poetica condizione di felicità di un socialismo etico, rigorosamente permeato di religiosità, in cui il dovere sociale è il dovere religioso. Una Utopia apparentemente irrealizzabile, ma mezzo secolo dopo le teorizzazioni del Campanella, una vera e propria « Città del Sole », di circa 150 mila anime, dotata di piccole industrie, un esercito, strade, ponti acquedotti, 30 cittadine e regolari rapporti diplomatici col resto del mondo, era sorta nelle foreste dell’America meridionale. Ideali della Controriforma ed ideali Rinascimentali convivevano regolarmente nello Stato Cristiano Sociale del Paraguay, fondato alla fine del XVII secolo dai Gesuiti. Circa 300 confratelli tenevano sotto rigido controllo i centocinquantamila Guaranì, nativi docili mànsueti e cattolicissimi, che popolavano le piccole città-comunità del nascente Paraguay.

L’artifizio campanelliano era stato attuato fin nei particolari: le città erano tutte uguali, la proprietà era abolita. La domanda necessaria, a questo punto è: il meccanismo etico descritto dal Moro e modificato con l’introduzione dei « controllori » dal Campanella, si adattava alla realtà paraguaiana?

Parzialmente la risposta può essere positiva; l’Utopia realizzata concretamente dai Gesuiti, si reggeva non tanto per l’azione represSiva dei controllori, quanto sulla leva religiosa: il governo civile dello Stato era il Governo religioso.

Le stesse sanzioni per colpe civili in Paraguay erano sanzioni religiose. I docili e sottomessi Guarany, fedelissimi ai padri gesuiti, vivevano tra un ingenuo e artificiale mondo permeato di sincero stimolo religioso e una paurosa sfera di superstizione profonda.

Tutto il sistema era perfettamente isolato dall’esterno: tutte le Utopie infatti erano state descritte come isolate dal mare. Il Paraguay era a più di un mese di viaggio, tra le foreste inestricabili del Sud America, dall ‘ultimo avamposto spagnolo. Il sistema economico era rigidamente autarchico e l’isolamento comunitario, esperimento sociale finalmente riuscito, durò per circa 80 anni, sino a che gli Spagnoli decisero di sostituirsi ai padri Gesuiti, facendo in breve crollare l’incredibile edificio sociale.

 dunque il socialismo etico la leva che i Gesuiti usarono per abolire ogni egoismo personale: piantagioni, fabbriche, magazzini, i beni materiali, erano di proprietà comune, ed i beni di sussistenza erano ripartiti sempre in parti uguali. L’egoismo era debellato. Il sentimento religioso suppliva agli stimoli normali venuti a mancare, ed il tutto era governato non da una disciplina civile, ma da una rigorosa disciplina ecclesiastico-morale.

 curioso notare come i nativi avessero il diritto di possedere solamente l’abito che indossavano: tutto il resto era « Cosa di Dio »  Tupambac —; per cui ne godevano esclusivamente per diritto d’uso. La casa stessa, per il vero costruite tutte in modo identico, non era abitata stabilmente dallo stesso nucleo familiare. Tutto ciò che era attribuito ad un individuo, dopo la morte, tornava alla comunità.

Per concludere, una riflessione. È indubbio la buona fede degli utopisti; il loro tentativo di indicare realmente la via da seguire alla ricerca della miglior forma di governo è sincero. Ma la ricerca del miglior governante, che sempre ha indicato nel filosofo e nel sapiente il despota più logico ed adatto all’ottimo governo, ha sempre prodotto edifici, immaginari o reali, dalle fragili fondamenta. Proprio mentre la costituzione debole dello Stato cristiano sociale dei Gesuiti in Paraguay crollava sotto la corruttrice influenza della monarchia spagnola, si evolveva nel Nord America lo spirito nuovo che genererà in breve ana delle costruzioni sociali più salde mai evolutesi. Questo spirito nuovo è sconosciuto alla sfortunata corrente utopica: è la libertà dell’individuo.

La libertà dell’individuo può essere considerata una utopia.

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