Alcuni anni addietro la nostra Officina si era occupata di
studi particolareggiati volti a rettificare alcuni punti del Rituale che
apparivano incongruenti. I risultati di tali ricerche, ampiamente dibattuti
nella camera opportuna, avevano condotto la nostra Loggia ad operare alcune
scelte fondamentali, tuttora in uso, che in sintesi sono state le seguenti:
. Circumambulazione (o deambulazione) in Tempio
Si ritiene debba essere sempre oraria per i
seguenti motivi fondamentali:
– la Muratoria è
una iniziazione di tipo solare-equinoziale e pertanto, come avviene in tutte le
tradizioni di questo tipo, nelle circumabulazioni l’uomo imita il moto
apparente del sole che è orario (nelle tradizioni di tipo “polare”
avviene il contrario, cioè si imita il moto antiorario della terra intorno al
polo).
-a conferma di
ciò il passo iniziale delle marce rituali nei gradi è sempre effettuato
partendo con il piede sinistro, il che implica che la destra viene data al
centro (i passi iniziali sono sempre esterni al centro di riferimento).
. Forza e Bellezza
conformemente a quanto previsto
da tutti i Rituali anteriori a quello presentemente in uso, la Forza deve
corrispondere al Primo Sorvegliante e la Bellezza al Secondo Sorvegliante.
. Sole e Luna
il Sole deve situarsi al lato diurno e luminoso del Tempio
(Sud) e la Luna (crescente) deve comparire al lato notturno e oscuro (Nord),
pertanto rispettivamente alla sinistra ed alla destra del Maestro Venerabile.
Lo stesso dicasi dei dignitari che corrispondono ai due luminari e cioè
l’Oratore, che corrisponde al Sole e quindi deve stare al Sud, ed il
Segretario, che corrisponde alla Luna e quindi deve stare al Nord.
. Pietra di Nord-Est
il neofita, corrispondendo simbolicamente alla pietra
dell’angolo di Nord-Est (pietra iniziale della costruzione di un edificio
secondo la Tradizione), deve ascoltare il discorso a lui diretto da parte
dell’Oratore stando alla testa della colonna degli Apprendisti e non di quella
dei Compagni (questa posizione alquanto strana è probabilmente una conseguenza
dell’errore di posizionare l’Oratore al Nord invece che al Sud). La posizione
in testa alla colonna degli Apprendisti corrisponde appunto all’angolo di
Nord-Est (Vedasi anche il “Rito dell’Angolo di Nord-Est” dei rituali
inglesi).
Quadro di Loggia
deve essere disegnato con un gesso
sulla lavagna essendo tale operazione importantissima per dare efficacia
rituale ai lavori in Tempio.
I punti di cui sopra, frutto di attenta ricerca e
studio collettivo di tutti i Fratelli Maestri, sono considerati dalla nostra
Loggia come irrinunciabili e vengono pertanto segnalati alla Commissione
Rituali affinché si faccia eventualmente di essi un fatto istituzionale (in
caso di incertezza su alcuni, riteniamo preferibile, piuttosto di imporre una
soluzione non corretta, di consentire a ciascuna Loggia di operare la scelta
sulla base delle proprie convinzioni).
Premesso quanto sopra, facciamo alcune osservazioni in merito
alle varianti/aggiunte proposte, da noi esaminate in tornata rituale:
Procedura di ingresso e di uscita dal Tempio
a prescindere dalla circumambulazione
che (come detto sopra) per noi deve essere orario, si annota:
l’ordine
di ingresso dovrebbe essere: Maestro delle Cerimonie, Apprendisti, Compagni,
Maestri e Dignitari (chiude il Copritore interno che serra la porta del
Tempio).
Questo ordine, a nostro avviso, dovrebbe
osservarsi anche all’uscita.
l’obiezione,
più grave per noi, alla proposta consiste nel fatto inammissibile che i soli
Dignitari squadrino il Tempio e che tale operazione rituale escluda gli altri
Fratelli.
. Rituale di insediamento delle cariche
Vale anche qui, ovviamente,
l’obiezione circa la circumambulazione, inoltre riteniamo che un rituale del
tipo di quello redatto dalla Commissione si adatti molto meglio a lavori
condotti secondo le regole inglesi (come l’Emulation) che non per quelli di
origine “scozzese” (come il nostro).
A parte questa considerazione non vediamo, quanto ai
contenuti del testo, nulla di particolare da segnalare.
Nella speranza di aver fornito adeguata risposta (pur
nella sintesi di questa breve esposizione) a quanto richiestoci, porgiamo un
triplice fraterno abbraccio e ci rendiamo disponibili per qualsiasi ulteriore
approfondimento congiunto.
Cenni sul passaggio da corporazione (muratoria) a Massoneria
Maestro Venerabile, Fratelli tutti
carissimi,
Questa sera vorrei affrontare
insieme a voi una questione molto importante, nel tentativo di comprendere
quello che è, è stata e sarà la nostra Istituzione.
Come sappiamo, la data di
nascita ufficiale della Libera Muratoria moderna è fissata nel 24 giugno 1717.
Quel giorno, quattro Logge (ovviamente preesistenti) si riunirono alla Taverna
dell ‘Oca bianca (che era il nome di una Loggia) e si accordarono per
istituzionalizzare la Corporazione, stabilendo alcuni reciproci rapporti
duraturi.
Com’è facile intuire, in quel
tempo Ic Logge ‘erano costituite da muratori ‘operativi”, nel senso che
erano persone che “fisicamente” lavoravano all’edificazione di chiese
o di altri importanti edifici. Un’eccezione era la consuetudine per cui le
Logge avessero tra i propri membri, sia un cappellano, che un medico.
Ogni Loggia, è facilmente intuibile, fino ad allora si auto
governava, basando i propri comportamenti su quelle che noi definiamo
Costituzioni Gotiche, o di York. Troviamo il termine Gotich Constitutions nelle
Costituzione redatte da Anderson nel 1738. Con questo termine si indicavano le
raccolte scritte di usi e costumi tramandati fino ad allora oralmente, o come
diciamo noi oggi “da bocca ad orecchio”, e risalenti agli anni tra il
1150 ed il 1550.
Tutti questi antichi documenti
avevano all’incirca la medesima struttura: una prima parte
“invocatoria”, una seconda narrativa intorno alle origini della
Muratoria, una terza relativa ai vari Charges, ossia all’elencazione di tutti i
vari doveri, morali e non, ed una quarta ed ultima parte con tutte le varie
regole che potremmo definire ‘amministrative”.
Le invocazioni, che chiaramente non possono avere valore
normativo, hanno una chiara matrice Cristiana Trinitaria e riflettevano la
dottrina della Chiesa Romana. Eccezioni di buon rilievo a questa visione sono
il Poema Regius e quello di Cooke, risalenti entrambi al 1390 circa.
Le parti “descrittive”, molto diverse tra loro,
sono zeppe di imprecisioni, di errori anche grossolani e di anacronismi.
Tuttavia concordano nell’identificare la Libera Muratoria con le scienze
dell’architettura e della geometria.
Anche per quanto concerne i Charges ritroviamo diverse
versioni, sia nel numero, che nei contenuti di quelli che dovevano essere i
doveri cui attenersi: comunque va rilevato che in nessun articolo esiste un
divieto al mutamento delle regole.
Nel manoscritto Haliwetl, più noto come Poema Regius
(tradotto in italiano da un Fratello già di questa Loggia, Gaetano Fmtn)
troviamo 15 articoli per Maestri (titolo che a quella epoca e fino al 1725 era
riservato ai soli dirigenti della Loggia) e 15 pcr i Craftmen. Il manoscritto
Cooke ne riporta 9 del primo tipo e 9 del secondo. Ancora il manoscritto Grande
Lodge del 1583 riporta 9 obblighi generali e 18 speciali, diretti sia ai compagni,
che ai maestri.
Interessante è considerare quello che prescriveva il
manoscritto Harleian (del 1670 circa) composto di 25 articoli (Charges) per
apprendisti e di 6 new articles. Qucsti ultimi hanno un contenuto finora
inedito, e nella loro sostanza prescrivevano:
che la Loggia deve avere almeno 5 membri;
che il muratore viaggiante avesse con sé un
documento con la data della sua accettazione;
che i nomi di tutti i muratori fossero
registrati su di una pergarnena;
che un giuramento, con la formula riportata,
fosse scmpre prestato dal viaggiante. Queste regole indicano con chiarezza che
loro compito era regolare un fenomeno che aveva cominciato ad assumere
dimensioni rilcvanti: l’ingresso nelle Logge di persone che venivano
qualificati come “Liberi ed Accettati Muratori”. Essi, ovviamente,
non erano in grado di dimostrare in modo certo la loro appartenenza alla
muratoria, come era invece possibile agli operativi. Si creò così la neceSsità
di dimostrare in modo certo la loro effettiva appartenenza alla corporazione
che, non dimentichiamolo, in quell’epoca era potente e poteva offrire ai suoi
membri vantaggi reali e tangibili.
Tutto questo lungo prearnbolo per dire che non essendo
codificato nulla di preciso, ma ogni Loggia avendo proprie costituzioni,
esisteva la più ampia possibilità al cambiamento e la possibilità ad accettare
novità nei regolamenti. Insomma, a fronte di cambiamenti sociali ed economici,
vi è stato da parte della Muratoria il consenso a mutare, e anche
profondamente, regole ed usi.
Riassumendo, se è vero che le Costituzioni Gotiche sono
servite da base per la redazione della Costituzione del 1723, è anche vero che
esse erano tutt’altro che univoche. Insomma, fino ad allora, ogni Loggia era
veramente e completamente indipendente e sovrana ed aveva quel numero e quel
tipo di usi, costumi e regole sufficienti ed idonee al buon andamento della
Loggia stessa.
Ma quello che mi preme qui osservare e sottolineare è
la non universalità ed immutabilità che sovente sentiamo attribuire ai nostri
doveri,
1 LANDMARKS
Troviamo per la prima volta la parola LANDMARK in
Massoneria nella 39A Regola delle General Regulations, pubblicate
insieme alla History, ai Charges ed al Master’s song: il tutto forma le
cosiddette Costituzioni di Anderson che vennero stampate il 17 gennaio 1723.
Questa 39A regola recita: “Ogni Gran Loggia annuale è rivestita
del potere e dell ‘autorità di fare nuovi Regolamenti o di modificare questi
stessi se ciò giova alla Fraternità, alla condizione che gli antichi Landmarks
siano sempre accuratamente conservati .
Ma già nel 1720 George Payne compilò le “General
Laws and Regulations for the Governement of the Craft”. Queste regole
furono approvate dalla Gran Loggia del 24 giugno 1721 e riportate integralmente
dall’Anderson nelle Costituzioni del 1723.
La regola numero 4 di Payne stabiliva
che:
tutte
le leggi promanano dalla Gran Loggia;
avendo
essa sola il diritto di decretare può, di conseguenza, modificare, abrogare e
revocare regole;
così
facendo essa deve sempre aver cura che gli “Antichi Landmarks dell
‘Ordine” siano preservati (vedasi G. Gamberini in “Attualità della
Massoneria”).
Il Fratello Anderson, in proposito, spiega che
“dopo aver dedotto dagli antichi archivi c dai costumi della fratellanza
questi regolamenti, li ha redatti in forma nuova ad uso delle Logge che sono a
Londra, nel Westminster e nei dintorni”, ed ha aggiunto ad essi varie ed
utili spiegazioni.
Come prima considerazione possiamo dire che con la
convocazione della prima Gran Loggia, nel 1717, e con fa definitiva
approvazione, nel 1723, delle Costituzioni con tutte le novità e le aggiunte
effettuate, molte cose subirono una sostanziale modificazione nella Muratoria,
e già troviamo tutte le premesse che porteranno la Libera Muratoria da
operativa a speculativa.
Il semplice fatto che una Costituzione fosse stata
redatta cd approvata perché servisse da norma generale pcr tutti, Massoni, Logge
e la stessa Gran Loggia, comportò automaticamente la trasformazione e
l’abolizione di norme, precetti, costumi e credenze che, istituiti in luoghi e
tempi diversi, pur essendo diversi tra loro, coesistevano pacificamente e
indipendenti ai tempi delle Costituzioni Gotiche.
ln poche parole, è questo il
momento in cui la Libera Muratoria da policentrica divenne monocentrica.
Vediamo di comprendere meglio i mutamenti suddetti
analizzandoli e raggruppandoli in punti:
l) la prima Gran Loggia si riunisce con il preciso
intento di uniformare, sia le regole preesistenti (ed indipendenti), che le
pratiche rituali con una norma generale (General Regulations);
le assemblee si dividono in annuali e trimestrali. Alla Gran
Loggia (annuale) partecipavano tutti i Massoni, mentre le seconde, dette di
quartiere, erano riservate ai soli Ufficiali di Gran Loggia, ai Maestri (che
erano i soli Venerabili) ed ai Sorveglianti;
l’autorità di costituire Logge è abolita, salvo la
dispensa del Gran Maestro;
te antiche leggende che permeavano la Muratoria sono
modificate e probabilmente sviluppate; gli antichi Charges vengono adattati per
poter servire da guida, sia alla singola Loggia, che alla Gran Loggia;
le regole del mestiere operativo sono abbandonate in
toto, mentre i doveri, gli strumenti, le regole e i costumi sono adottati, in
forma alterata, per fini “speculativi” o iniziatici;
il rituale esistente è sviluppato in due gradi, il
terzo verrà aggiunto tra il 1725 ed
poco per volta, dapprima la carica del Gran Maestro,
poi quella di Maestro Venerabile ed infine quella dei Sorvegliati saranno
assegnate solo più ai Fratelli “Accettati”, in modo speciale ai
nobili e non più agli “operativi”, intesi correttamente come uomini
di mestiere;
l’antica adesione alla visione cristiano-trinitaria
viene abbandonata per un silenzio in materia religiosa. Si inizia qui a parlare
di uomo “nato libero”, di buoni costumi, sincero, d’onore cd obbediente
alla Legge Morale.
Tali fatti, come possiamo logicamente concludere,
portarono grossi cambiamenti nell ‘essenza stessa della Muratoria.
Il cambiamento che, tuttavia, è più rilevante, anche
per il suo contenuto, è quello dell ‘introduzione del grado di Maestro,
avvenuto, come ho già detto, successivamente al 1725. Fino ad allora, il
termine Maestro era riservato esclusivamente a colui che
dirigeva la
Loggia non rappresentando, in sé, un grado, ma designando il Compagno (Craft)
cui era demandato il compito di sovrintendere i lavori.
Strano anche come avvenne questa innovazione. Il 12
maggio del 1725, a Londra, la Philo-Musicae et Architecturae Societas Apolloni,
società non massonica di musica che reclutava i suoi membri esclusivamente tra
i Massoni, di cui ebbi già modo di parlare nella mia tavola sulla musica
massonica, aveva di sua iniziativa elevato al grado di Maestro alcuni
“Accettati”. Questo fatto comportò vibrate proteste nell’ambiente
massonico, che però fini per accettare il fatto compiuto, provvedendo ad
emendare conseguentemente le Costituzioni, appena promulgate, con
l’introduzione del “nuovo”
Il 25 novembre dello stesso anno infatti le
Costituzioni dichiarano che: “il Maestro di una Loggia, con l’approvazione
dei due Sorveglianti, e con la maggioranza dei Fratelli Maestri, può fare Maestri
a sua discrezione”.
Tuttavia anche questo emendamento restò per anni
materia di discussioni e solo nel 1738 fu definitivamente accettato da tutti e
inserito nelle nuove Costituzioni, al capitolo 390 .
Tale capitolo subì anche altre importanti evoluzioni.
Esso dichiarò che “tutte le alterazioni o nuove regolazioni sono solo per
emendare o per spiegare le antiche regolazioni per il bene della Massoneria,
senza violare le antiche regole della Fratellanza, sempre preservando gli
antichi Landmarks e furono fatte in tempi diversi per occasione offerta dalla
Gran Loggia, la quale ha un inerente potere di emendare ciò che può essere
ritenuto inconveniente, ed ha ampia autorità di fare nuove regolazioni per il bene
della Massoneria .
Un altro punto importante ed interessante fu il
cambio al primo Charge, con il passaggio dalla ‘tolleranza religiosa” al
concetto di “nohachita” e di “Massone cristiano”. Questo
specifico Charge verrà poi nuovamente modificato nel 1815 dalla Gran Loggia
d’Inghilterra con l’istituzione della credenza nel “Glorioso Architetto
del Cielo e della Terra” e con la “pratica dei sacri doveri della
moralità”.
Veniva così,
nel corso di un secolo, modificato l’atteggiamento dell’istituzione verso la
religione, e soprattutto, le qualità necessarie per aderire alla stessa.
Un altro rilevante cambiamento nel Rituale avvenne
per volere della Gran Loggia Moderna d’Inghilterra: tra il 1739 e il 1809 si
invertirono, scambiandole, le parole sacre e di passo del secondo c del terzo
grado.
Sempre nel 1809 venne fondata una Loggia di ricerca
“della promulgazione” con lo scopo dichiarato di far luce sugli
antichi Landmarks. Il 9 ottobre 1810 essa ufficializzò che il rito di
installazione del Maestro di Loggia era uno dei due Landmarks della Muratoria.
In un secondo tempo affermò che anche i segreti e le cerimonie erano Landmarks.
Tali affermazioni furono fatte proprie dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra
nel 1813.
Un altro cambiamento che troviamo riguarda il terzo
Charge. Nella Costituzione del 1723 esso prevedeva che il candidato fosse
“nato libero”, ma nel 1847 la Gran Loggia Unita d’Inghilterra lo
emendò stabilendo che esso fosse “uomo libero”. Questo in seguito
all’abolizione della schiavitù, fatto salvo il significato iniziatico che oggi
noi diamo a questa dicitura e di cui molte volte abbiamo già discusso.
Un altro aspetto merita la nostra attenzione. Oggi i
temi che sono più delicati vengono trattati in grado di Maestro, ma non è
sempre stato cosi. Nel XVIII secolo era invece la Loggia nel suo insieme,
composta dai due, poi tre, gradi che esamrnava le vane questioni.
In buona sostanza anticamente sia l’apprendista che
il compagno erano ritenuti nella piena capacità di affrontare le questioni che
concemevano il buon andamento della Loggia.
Quanto sopra, tuttavia, non deve farci perdere di
vista quello che è, nella sostanza, la Libera Muratoria: una società
iniziatica, con un suo patrimonio simbolico, certamente non modificabile, con
un suo Rituale (argomento che spero di poter affrontare in un prossimo lavoro)
e in quanto tale non ha nulla da spartire con regole amministrative e
compartimentali, queste si soggette a possibili e continue modificazioni. Ma
riprendiamo il filo del nostro racconto.
Solo nel 1856 incontriamo la prima stesura ufficiale
e completa dei Landmarks. Essa fu emanata dalla Gran Loggia del Minnesota ed è
composta di 26 articoli. Pochi mesi dopo la Gran Loggia del Kentucky ne
promulga una di 17 articoli.
Il famoso scrittore massonico Mackey riprenderà nel
1856 le teorie e gli scritti di tale Oliver, quanto mai fantasiosi, convinto
che tutto, in Massoneria, avesse radici ebraiche. I Landmarks da lui resi noti
sono 25.
Fuori dagli Stai Uniti d’America la questione non
pare aver molto interesse. A tutt’oggi risulta che in Europa solo il Grande
Oriente di Spagna adotti ufficialmente un elenco di Landmarks, composto di 30
articoli.
Nel 1871 il Fratello Findel, tedesco, enumera 9
Landmarks, senza che però siano mai stati adottati dalla Gran Loggia di
Germania. Nel 1914 lo scozzese MC Bride compila un elenco di 12 Landmarks,
senza miglior fortuna.
Ma che cosa sono questi Landmarks? Perché, visto che
non c’è alcun accordo su numero e contenuto, sulla formulazione e
sull’inalterabilità, non si provvede almeno a stabilire quale sia l’ambito in
cui essi debbano intendersi e quali finalità si propongono? È un problema che
credo abbia grossa rilevanza.
Le ipotesi sono le più varie e tenterò di darvi
alcune delle tante formulate, diciamo così, dagli studiosi da me rintracciati.
Secondo alcuni i Landmarks sono indefinibili se prima non si definisce la
Massoneria, per altri sono un freno alle innovazioni e limitano i poteri della
Gran Loggia. Per altri sono i principi base dell’ Ordine e per altri ancora essi
costituiscono il Corpo stesso della Massoneria. C’è chi dice che sono solo i
costumi e gli antichi usi, chi dice che sono delle leggi, e altri che sono
leggi sia scritte che non scritte, ma c’è anche chi dice che non sono affatto
delle leggi.
C’è chi ipotizza che essi coincidano con gli Old
Charges, chi con quanto sentenziato dalla prima Gran Loggia. Chi li limita alla
credenza in Dio e all’immortalità dell’anima, altri sono orientati sui riti e
sulle cerimonie, ma c’è chi pensa si rifenscano alle modalità di
riconoscimento, o che riguardino le varie tecniche operative. E ovviamente non
manchi chi nega l’esistenza dei Landmarks, o chi pensa che essi possano solo
essere scoperti, ma non comunicati.
Qualcuno doveva, prima o poi, cercare di porre un
argine a questa gran confusione. Albert Pike, Massone americano illustre,
afferma che “i principi fondamentali dell ‘antica Muratoria erano pochi e
semplici e non erano definiti Landmarks. Ogni Loggia era indipendente e
sovrana, era composta da apprendisti e compagni, aveva un Maestro e due
Sorveglianti, che erano eletti da tutti i membri, annualmente”.
I rapporti tra le varie Logge erano regolati dagli
Old Charges, i quali non possono essere, se non impropriamente, Landmarks.
Un altro studioso, il Gould, afferma, dopo una lunga
disamina della questione, che “i Landmarks sono dei principi essenziali
senza i quali la Massoneria non sarebbe Massoneria: l’organizzazione della
Craft in Logge, i requisiti per l’ammissione e le regole di governo stabilite
all’inizio’
Nella sua analisi alla lista del Mackey egli salva
solo 3 Landmarks (il 90, il 1 00 e l’ I | 0)
affermando che, data la precarietà di fondo della dottrina dei Landmarks dal
punto di vista tradizionale e non essendocene traccia nei verbali del XVIII
secolo, non esistono i prerequisiti per sostenerne sia l’antichità, che la
inalterabilità. Diventano così principi essenziali della Massoneria e suoi
specifici, tali da contraddistinguerla dalle altre Istituzioni.
Ed in Italia? Le Costituzioni del Grande Oriente
d’Italia non ne hanno mai parlato. Gorel Porciatti, esimio Fratello con varie
pubblicazioni di carattere massonico, nel 1946 scrive che “attualmente la
Massoneria ha assunto il carattere di associazione universale retta da principi
immutabili basati sui Landmarks”. Analogamente la pensa il Farina, mentre
il Ventura appare molto più scettico e critico ritenendo che Landmarks sia una
semplice svista, poiché si dovesse intendere Old Charges quando questi vennero
nominati.
Antonello Zucco sostiene che “nessuno sa, né
saprà mai che cosa siano i Landmarks”.
Giordano Gamberini afferma che “a coloro che
invocano i Landmarks basta chiedere di esibire la fonte”
In sostanza essi sono oggetto di molte animate
discussioni, anche se nessuno sappia delineare con esattezza la materia del
contendere.
Allora vorrei concludere il mio dire con queste
considerazioni: la Massoneria ha sovente un aspetto duale, così come
rappresentato dal nostro tappeto a quadri o dalle due colonne. L’atteggiamento
dipende dal Libero Muratore che può essere, sia pragmatico-operativo, che di
carattere speculativo-spirituale, ma anche la Loggia nel suo insieme riflette
questo atteggiamento di fondo nella sua attività lavorativa.
Ma cosi è anche per l’Istituzione: possiamo
cercarvi e trovarvi cose concrete ed immediate (fratellanza, amicizia o lavoro
e affari) oppure ricerca spirituale, introspezione, confronto con gli altri
Fratelli. Quale delle due vie sia più giusta non si può affermare: così come
non dobbiamo camminare sui riquadri bianchi, né su quelli neri, così la nostra
presenza tra Ic Colonne si giustifica con l’accettazione del lavoro di Loggia,
qualunque ne sia il tipo Questo perché il patrimonio
ideale della nostra Istituzione è ricco e fecondo, e sta solo a noi capirlo e
valorizzarlo,
credo che il contenuto simbolico del Rituale abbia un
carattere tecnico ed anche conoscitivo; pertanto reputo che commettere errori
in questo ambito influisca negativamente sul buon andamento dei Lavori
Massonici e concorra ad accelerare quei processi di profanizzazione che, alla
lunga, potrebbero ledere lo spirito stesso della Massoneria.
Ciò
premesso, voglio rilevare quei punti che, a mio avviso, nella nuova versione
dei Rituali, dovrebbero essere modificati rispetto a quanto proposto,
augurandomi che questo mio apporto sia interpretato nel giusto modo, c cioè
come uno sforzo, seppure modesto, di contribuire al perfezionamento del nostro
massimo punto di riferimento: il Rituale.
1.- LA CIRCUMAMBULAZIONE IN TEMPIO.
Deve sempre essere oraria giacché questa corrisponde
al punto di vista solare che è quello della Massoneria nella sua forma attuale
(Maestro Venerabile seduto all ‘Oriente). La rotazione antioraria corrisponde
invece al punto di vista polare che pare fosse quello dell ‘antica Massoneria
Operativa, ma in questa il Maestro Venerabile sedeva ad Occidente ed i
Sorveglianti nei punti opposti a quelli attualmente occupati.
A maggiore conforto di quanto espresso mi preme
rammentare come, fra i punti fondamentali per fare validamente un Libero
Muratore, esista un punto detto il rito dell’ angolo di Nord-Est.
Questo angolo è considerato, tra le altre cose,
l’angolo da cui inizia il cammino di un Libero Muratore ed, in effetti, con il
Rituale Emulation il neofita traccia con i piedi l’angolo di N.E., stando in
piedi e all’ordine con i piedi ad angolo, il piede sinistro rivolto verso Sud,
il piede destro rivolto verso Ovest.
Dal momento che il cammino di un Libero Muratore ha
inizio con il piede sinistro, si ha la precisa indicazione circa il fatto che
si circumambula dando il lato destro al centro del Tempio, ovvero che la
circumambulazione deve essere oraria.
2.- ORDINE D’INGRESSO E Dl USCITA DEI DIGNITARI.
Su questo punto, di carattere esclusivamente cerimoniale, mi
permetto di proporre:
ingresso: Maestro
delle Cerimonie, Apprendisti, Compagni, Maestri, Dignitari, Maestro Venerabile
e Copritore Interno; uscita: Maestro delle Cerimonie, Maestro Venerabile,
Dignitari, Maestri, Compagni e Apprendisti;
in quanto nei cerimoniali sono le più alte cariche ad
entrare ultime e ad uscire prime ricevendo l’omaggio dello schieramento degli
inferiori in grado. Non credo, tuttavia, si debba attribuire una grande
importanza a questo argomento, a mio avviso, abbastanza secondario.
3.- CERIMONIA D’INSTALLAZIONE DEL M
V
Questa cerimonia è chiaramente
tratta dal Rituale Emulation, che peraltro installa il Maestro Venerabile
Eletto in un ambito più ristretto, composto da soli Fratelli che in passato
hanno ricoperto la carica di Maestro Venerabile.
Sebbene io pensi che anch’essa si possa ritenere abbastanza
ininfluente, in quanto veramentc cerimoniale, è però bene che sia giustamente
esaltato e definito in modo rituale questo momento di grande rilievo per la
vita di ogni Officina, sanando così Ic specifiche carenze ora esistenti.
Mi sono posto una domanda: perché la
Massoneria è durata?
Cercherò, riflcttendo con voi, di fornire alcune risposte,
non pretendo sicuramente di esaurire l’argomento, né penso, alcuno potrà farlo.
La nostra Arte è fondata sulla base della virtù e della
credenza che esiste una verità religiosa. Tuttavia è purtroppo vero dirc che le
Chiese hanno perduto definitivamente lo spirito che ne ha permesso la loro
diffusione ed utilizzano il retaggio di un passato più o meno remoto per
giustificare la loro esistenza.
Da questa riflessione nasce la prima domanda: “l ‘uomo
deve necessariamente essere rivolto ad un dio, per vivere una propria legge
morale?”
La risposta che mi viene spontanea è NO. Non credo sia dimostrabile
che uomini dotati di profonda, cosciente religiosità siano o possano dirsi
superiori a quelli dotati di onestà e naturale sensibilità verso i bisogni
altrui.
I secondi, in ogni caso, dimostrano di possedere una loro
religiosità morale che inconsciamente o consciamente determina i loro atti.
E vero, invece, che la Massoneria non è una
religione.
Anche la politica viene lasciata alla libertà
dcl singolo.
Possiamo già fornire una prima risposta? Possiamo affermare
che la Massoneria mira allo sviluppo dell’Amore Fraterno al di là di credo
religioso, di razza, di idee? Andiamo oltre.
Il nostro rituale ha una grande attrattiva? Esso ha per noi
un suggestivo interesse, ma non possiamo affermare che sia uno dei motivi di
attrazione.
“11 lavoro iniziatico non può consistere solo nel
trovarsi una o cento volte I ‘anno in un Tempio per trascorrere insieme un paio
d’ore dedicate alla ritualità … ” scriveva il Fratello M. V. S. Pnt ai
Fratelli di questa Loggia nel 1984.
I simboli celati, le parole, tutte con senso diverso del
pronunciamento, le forme, la sintassi e via discorrendo non sono un grande
esempio di letteratura o di poesia. Ascoltandolo un profano potrebbe
considerarlo non importante c persino ritenere che gran parte di esso sia un
nonsenso.
E allora? A noi questo non importa. Noi lo accettiamo
tutto e lo viviamo, ciascuno con se stesso, in quanto comunica in forma
allegorica una filosofia: filosofia della vita.
Il suo potere, per la nostra mente, è nascosto. Nulla di
nuovo ci viene insegnato, ma il nostro proprio metodo di apprendimento ci
permette di “riappropriarci” di quanto dimenticato.
Non è mai noioso: ogni volta che lo viviamo qualcosa di
nuovo, qualche aspetto può divenirci chiaro.
Molti dicono di noi: Perché lo fanno ?
Potremmo persino essere lusingati da questa domanda, il
nostro orgoglio potrebbe insorgere. La risposta è sempre la stessa, anche
adesso: l’amore che portiamo al nostro prossimo è una possibile affermazione.
La nostra antichità un’ altra.
Costruire una casa senza che questa crollasse è stato
senz’altro uno dei primi segreti di quel mestiere che portò, nel Medioevo, a
costruire templi che ancora vediamo attorno a noi, vere enciclopedie per coloro
che sanno leggere.
Tuttavia la muratoria simbolica, benché discendente da
quella operativa, nel 1700 si era completamente trasformata, diventando più affine
a quelle forme di antiche società do uomini illuminati che usavano il
simbolismo per insegnare una filosofia, dalla pitagorica ai Templari ed ancora
oltre.
Se noi sommiamo, però, tutti i valori sin qui detti ed
altri non detti, non riusciamo ancora a spiegare perché la Massoneria abbia un
fondamento tanto stabile da resistere agli effetti del tempo, in mezzo a
continui attacchi, in un mondo sempre più spregiudicato.
Proviamo a cercare, se riusciremo, il
motivo su un piano diverso.
L’Arte, a mio avviso, dura perché è in armonia con la
crescita spirituale dell’uomo, dalla sua prima apparizione. L’Arte è presente
quando per la prima volta un bambino dice “io sono”, ressa si ritrova
nella sua fiducia e nel suo amore.
Quanti di noi avrebbero desiderato rimanere come Peter Pan,
il bambino che non cresce mai?
L’evoluzione naturale dell’amore di un bambino non può
essere paragonata all ‘essenza della nostra Arte’?
Il ritrovarci nella condizione del bambino piccolo ed
ancora senza peccato, il suo “fingere”, il suo amore per vestirsi, le
sue storie filosofiche intuite dalle nubi che passano in cielo, la sua gioia
nel possedere segreti “fanciulleschi” non sono forse le sensazioni da
conquistare?
Se ci riusciremo potremo senz’altro far emergere ciò che è
già dentro di noi: la saggezza, la forza c la bellezza della nostra Arte.
nelle vicende che ancora travagliano la nostra Istituzione
il profluvio di parole dette o scritte liberamente, a mio parere, ha
contribuito in misura non irrilevante a turbare ulteriormente animi già
legittimamente turbati e incentivato comportamenti già di per sé giustificati
dalla gravità degli accadimenti; con questa premessa vi ripropongo alcune
considerazioni su:
ARTE MURATORIA TRA PAROLA E SILENZIO
Nei due uomini – l’esoterico e l’exoterico – vi è una
componente comune quanto essenziale, sia per l’uomo sociale, quanto per l’uomo
interno: questa è la parola, la quale, pur conservando sul piano astratto
sempre la stessa identità, non può non manifestarsi in aspetti diversi, a
seconda che si operi nel mondo esterno o in quello interno iniziatico. Nel mondo
frivolo e gaudente della società occidentale, che pure vive fra i suoi simboli
ed i suoi segni, anche se di origine e di natura totalmente diversi da quelli
del mondo iniziatico, la parola – la quale resta comunque uno strumento ad oggi
insuperato e forse insuperabile per la sopravvivenza della relazione fra gli
uomini – ha, nei cicli storici della vicenda umana, forme e dimensioni diverse,
ma ha anche costantemente subito le inevitabili, devianti e traviate
malformazioni della profanità chiassosa.
La letteratura ne ha fatto tesoro, e sono così emersi
personaggi emblematici i quali sono tipica espressione di questa deformazione
della parola, la quale, nei rapporti umani, finisce col perdere il suo
significato vero e la sua intima essenza.
Basterà pensare, in proposito, a
due campioni della logorrea e della verbosità irrefrenabile: Eutidémo (dialoghi
di Platone) e Pangloss (Candido di Voltaire).
Eutidémo è il vanaglorioso per eccellenza, consumato
maestro non soltanto di Ginnastica, di Diritto, di Eloquenza, di Strategia, di
Morale, di Dialettica, insomma di tutto: valente nel difendersi e nell’attaccare
in ogni lotta intellettuale e verbale.
Egli è un glorioso della parola, capace di affrontare con
eguale successo il pro ed il contro di ogni disputa e di provare con pari
facilità l’affermativa e la negativa di ogni
In questa condizione mentale
Eutidémo – classico uomo delle parole – si serve di sottili ambiguità di
linguaggio per colpire tutti sbalordendo con un fiume di parole.
Non da meno di Eutidémo è Pangloss, impareggiabile
oracolo, insegnante di metafisica, massimo filosofo di tutta la terra,
sperimentatore della legge di causa ed effetto e quindi Maestro di Teologia: un
tuttologo di oggi insomma.
Questi personaggi, brevemente
tratteggiati, possono essere gli esemplari del mondo esterno, il mondo di ogni
giomo, dell’uomo comune.
Ma entriamo nel Tempio
Massonico, sintesi del micro e del macrocosmo, e ritroviamo qui lo strumento
parola.
Tutto il linguaggio dei costruttori del tempio si
distende tra due momenti essenziali per la dimensione del costruire: la parola
ed il silenzio. Due espressioni, queste, che vivono permanentemente insieme
nella vita del Tempio Muratorio, e che non possono non essere anche
puntualmente presenti nella volontà e nello spirito dei singoli Fratelli. Se vi
è un momento di distacco totale tra mondo esterno (profanità) e mondo interno
(Tempio), questo è quello della parola e del silenzio, punto di demarcazione
(soglia) fra i due mondi.
Nella allusione più alta della tradizione iniziatico
muratoria la parola è quella perduta, dissoltasi attraverso la tragedia di
Hiram : un accadimento dal quale emerge, poi, tutto il cammino dell ‘iniziato,
il quale resta sempre teso alla ricerca di quella parola smarrita e che serve
essere rinvenuta, riscoperta e conosciuta.
Questa ricerca ha però due direttrici: una
comunitaria, l’altra strettamente individuale. Nell’ambito di quella
comunitaria il fenomeno si svolge attraverso la comunione di lavoro nel Tempio,
mentre, sul piano individuale diventa riflessa in senso intimo iniziatico.
In entrambe queste direttrici la parola perduta tenta
però di trovare compimento nel solco dei due segni: il discorso (insieme delle
parole) ed il silenzio.
Troppo spesso, a mio sommesso parere, i Liberi
Muratori non si rendono conto della realtà autentica da loro vissuta nel Tempio
e finiscono col perdere di vista il fine ultimo della ricerca iniziatica, la
quale si svolge e si compie, o potrebbe compiersi, gradualmente nel percorso
della presenza simbolica e della vita rituale del Tempio.
Il ciclo muratorio dei tre gradi rappresenta un
viaggio iniziatico totale, un circuito completo, che prende le mosse
dall’oscurità della benda per concludersi nella Luce, la quale non conferisce
mai il possesso pieno della Verità (parola perduta), ma realizza senza dogmi
l’arte del conoscere.
Da qui emerge, nel percorso del lavoro di fondazione
del Tempio interiore, tutta I ‘importanza sia dell ‘eloquio, sia del silenzio.
Nell’opera del costruire, volta a cogliere la parola
perduta, anche le parole, intese al plurale come discorso, come eloquio non
possono quindi che essere brevi, suadenti, calde, cordiali: valga ricordare in
proposito le regole dello Zend Avesta, fra Ic quali prevale quella secondo cui
non bisogna mai lasciare parlare il lato basso del carattere, perché al dire
deve sempre essere riservata la intonazione cordiale ed il rispetto per la
verità.
Fuori da questa regole il dialogo non sarà mai
costruzione, né potrà conferire realtà compiute al silenzio, quest’ultimo, la
più eletta componente esoterica, presente sia dalle origini dcl percorso
iniziatico (apprendista), che attraverso il travaglio psichico (compagno),
ritorna inevitabilmente nel momento in cui si realizza la spirituale Maestria
nella simbologia dello stare lontani dalle passioni del mondo profano; una
condizione essenziale per ogni individuale superamento e liberazione.
Una Loggia è destinata a perdere la sua stessa
identità ogni qual volta le parole in sovraccarico diventino verbosità
dissipatrici del valore della concordanza piena tra suoni e contenuti.
Avvertire l’aggressione di questa verbosità, che è poi
il mondo profano (mondo delle parole), il quale attenta al mondo iniziatico
(universo della parola e del silenzio), già porta alla deformazione del reale
esoterico.
Concludendo, nella riverberazione interiore del nostro
contesto iniziatico l’impegno del Libero Muratore è quello di riportarsi
costantemente – spoglio di qualsiasi titolo accademico profano – nella veste di
Maestro Libero Muratore, attraverso Io status di umile scalpellino levigatore
della pietra, per realizzare anche l’esatto suono del dire al fine di rendere
le parole strumenti di effettiva utilità muratoria.
“Vieni con me domani?” mi dice l’amico
zoologo. “Vado a Baidoa a campionare i pesci ciechi per il mio
museo”.
Eravamo a Mogadiscio nel 1978. Baidoa, per chi non Io
sapesse, è un grosso villaggio, chc le recenti corrispondenze giornalistiche
dalla Somalia hanno spesso citato, per la devastazione apportatavi da massacri
e carestia. Allora era uno dei mille, sonnolenti villaggi africani: muri di
fango, tetti di lamiera, mosche, capre, bambini nudi con l’ernia ombelicale.
Come sempre in casi simili, mi butto sull’offerta, e
il giorno dopo prendiamo il Land Rover, e via. Nel frattempo l’amico mi aveva
spiegato la faccenda. Nell’area di Baidoa ci sono tre pozzi, distanti tra loro
qualche chilometro, nei quali si possono catturare esemplari di una rarissima
specie, così rara che, se non sbaglio, è conosciuta solo lì. Si tratta di pesci
che vivono nel sottosuolo, nell’acqua della falda freatica. Questo è possibile
solo in una regione di fone carsismo, nella quale il sottosuolo è ricco di
cavità tra loro comunicanti.
Sono pesci molto strani, grigi, bruttissimi, i quali
per una ragione di adattamento hanno perso il colore e, soprattutto, la vista.
Raggiungiamo uno dei pozzi, profondo una ventina di
metri, e scavato a mano con la stessa tecnica che era in uso nell ‘età della
pietra; debelliamo un vecchio che voleva imporci un balzello, e ingaggiamo un
bambino che senza problemi scende nel pozzo, cattura alcuni esemplari e ce li
porta su. Missione conclusa, rientriamo a Mogadiscio e fine della storia.
Però i pesci di Baidoa mi sono rimasti in mente, e
quindici anni dopo. chissà perché, una notte mi sono trovato a ripensarci.
Come è che si era sviluppata quella strana specie,
con quei caratteri, frutto di mutazione genetica? Probabilmente, per un evento
catastrofico. Migliaia di anni fa, alcuni esemplari di una specie che viveva in
acqua dolce di superficie dovevano essere stati risucchiati nella cavità
carsica a seguito di un crollo e, intrappolativi, dovevano essersi gradatamente
adattati al nuovo ambiente.
Ho cercato di immaginare la vita associativa di quei
pesci, e la loro cultura, dando per accettato chc abbiano l’una e l’altra. Gli
uomini – anche uomini ciechi – possono amare, odiare, riprodursi, uccidere,
pensare, giocare, angosciarsi, ricordare, Possono persino comunicare, o almeno
così credono. Forse, allora, anche pesci ciechi lo possono.
9
Immersi, come
noi, in un fluido dal quale dipendono, come noi dispongono di mezzi di
comunicazione precari, anche se bene adattati all’inganno.
Cosa c’è allora nella cultura dei
pesci di Baidoa?
Si può pensare che vi sia
anzitutto il ricordo della luce. Nei primi tempi dopo quella che potremmo
chiamare “la caduta”, sia in senso letterale che metaforico, i pesci
conoscevano l’esistenza della luce e di un mondo “delle idee”, se
vogliamo così chiamarlo. Inizialmente, ne avevano una conoscenza diretta,
mentre per le generazioni successive quel mondo e quel catastrofico evento
dovevano aver assunto un carattere mitico. Nei primi tempi, non ancora perduta
la vista, i pesci avevano nel loro cielo dei “soli” che erano le
bocche dei pozzi. Si può pensare alle diatribe sul significato di tali soli. Complesse
teorie elaborate da pesci di mentalità scientifica, in contrasto con la
popolare, superstiziosa nozione di quei soli come scorci su un’Atlantide, un
mondo perduto.
Più avanti, affievolitasi la vista fino a perdita completa,
anche l’esistenza stessa di quei tre soli assunse carattere mitico. Il ricordo
della luce era diventato un concetto purarnente intellettuale e speculativo,
che qualcuno diceva di possedere, ma di non poter comunicare. Perfettamente
adattati all’ambiente, i pesci ciechi non avevano più alcun desiderio di
esplorare oltre i confini della falda freatica, ovvero di una prigione tutto
considerato confortevole. Come nel mito platonico della caverna, forse qualcuno
tra gli incatenati diceva che fuori c’è un altro mondo, e passava per pazzo.
O forse no. Non lo sapremo mai. Ho
detto, cari pesci, carissimi Fratelli.
Gli accadimenti che hanno
contrassegnato la vita dell’Istituzione in quest’ultimo periodo sono di una
tale gravità da risultare persino più destabilizzanti di quanto non lo furono,
a suo tempo, i contraccolpi della vicenda P2.
Probabilmente lo sono stati per la Pedemontana tutta,
sicuramente lo sono stati per alcuni Fratelli, compreso il sottoscritto.
Ora il mio obiettivo non è quello di analizzare il perché di
questo fatto, ma voglio incentrare il mio dire su di un aspetto che essendo
stato, a quanto mi consta, rilevato da pochi, fa nascere in me motivi di
preoccupazione sulla distanza che comincia a separare il mio pensiero da quello
degli altri Fratelli.
Sappiate cari Fratelli che, dal mio punto di vista, il
fatto che si siano scoperti, all ‘interno delle Logge, mascalzoni con l’unico
obiettivo di combinare affari più o meno leciti o che siano venute alla lue
connivenze più o meno strette con la criminalità organizzata, rappresenta, per
me, più motivo di tristezza e scoramento che non di sorpresa.
La crisi del mondo moderno (Guénon
docet) è tale da non rendere più stupefacenti simili avvenimenti, anche
all’interno di una Istituzione Iniziatica che, per fortuna, rimane tale
nonostante gli uomini.
Ma ciò che è per me tuttora insopportabile è l’aver
assistito ad una sconvolgente dimostrazione di assoluta ignoranza dei basilari
principi massonici da parte di coloro che avrebbero dovuto rappresentare le
massime cariche dell’ Associazione Muratoria.
La Tolleranza, la Fratellanza, la ricerca di ciò che
unisce, anziché di ciò che divide, sono Principi da sempre sbandierati come
cardini dell’Istituzione, ma mai, come in questi frangenti, disattesi,
calpestati, abbattuti da tutti, o quasi, i nostri notabili Fratelli.
Quel poco che ci ha raccontato il Fratello Pgll (forse
anche lui ormai perduto nei meandri di Giunte, Collegi, Circoscrizioni e
quant’altro), quel poco che ci ha mostrato la televisione, quel poco che
abbiamo letto sui giornali disegnano uno squallido quadro di giochi di potere,
di ripicche, di imboscate, di dispetti, più in linea con i peggiori esempi di
sottobosco mafioso di questo o di quel partito politico che con i Principi che
dovrebbero caratterizzare la nostra condotta.
Non si può assistere a cotanta rappresentazione senza
provare come minimo sconforto, ma sarebbe meglio dire indignazione.
Mi chiedo a cosa siano serviti, a
questi Fratelli, tanti anni di militanza massonica se poi, arrivati a
rappresentarci, dimostrano, in maniera più che evidente, di non aver capito
nulla, ma proprio nulla, dell ‘Istituzione.
Ma come faccio a chiamare Fratelli
questi personaggi?
Mi chiedo, a questo punto, con quale
diritto mi rappresentino.
Mi amora il dubbio se, dal punto di vista iniziatico,
che è poi l’unico che conti veramente, siano più gravi le colpe di questi
“prcsunti fratelli” che, non avendo capito nulla, hanno scientemente
usato l’Istituzione per scopi propri, o piuttosto quelle di “Eminenti
Fratelli” che, avendo capito tutto, hanno calpestato in modo indegno tutti
i nostri principi.
A voi la risposta cari Fratelli.
Ed ora sento dire che è arrivato il momento della
riscossa e vengo a sapere che uno dei cardini su cui questa riscossa punta è un
mega investimento di svariati miliardi per “migliorare l’immagine che i
mass-media hanno della Massoneria”.
Chissà perché mi viene in mente la Chiesa che, ad un
certo punto, si è messa a celebrare la Messa in italiano?
E se dopo che abbiamo speso un bel pacchetto di
miliardi scoppia un altro scandalo?
Ignorano i Fratelli che non esiste
peggior sordo di chi non vuol sentire?
Ignorano i Fratelli che qui non si tratta di
rinfrescare la facciata, ma di ricostruire un palazzo pieno di crepe causate
più da colpi inferti dall’interno che dall’esterno?
Ho la sensazione che la distanza fra me e questo modo
di intendere la Massoneria stia considerevolmente aumentando, avvicinandosi ad
un punto di non ritorno.
Questo perché è mia convinzione che sia necessario,
prima di ogni altra cosa, fare una profonda riflessione sul perché sia successo
quanto è successo e su cosa si possa fare per evitare, in futuro, il ripetersi
di siffatti eventi.
E qui le mie idee non sono né precise, né chiare,
quindi mi limiterò a degli “embrioni di idee” confidando nell’aiuto
dei Fratelli della Pedemontana. A mio punto di vedere, due le prime necessità:
dimissioni
in blocco di tutti quei Fratelli che hanno posizioni direttive in seno
all’Istituzione;
attento
riesame di quali e quanti debbano essere gli organismi che ci rappresentano,
sua all’intemo, che all ‘esterno dell ‘associazione.
Sul primo punto penso ci sia poco da dire: ritengo
tutti, chi in misura minore, chi in misura maggiore, responsabili di quanto è
successo ed è quindi necessario che tutti se ne vadano.
Sul secondo punto è necessaria una
breve riflessione.
Sono convinto che il proliferare di organismi, di cariche, di
titoli siano alla base di conflitti di interessi, di cordate, di antagonismi
che trasformano tali posizioni, anziché in “funzione di servizio” per
l’associazione tutta, in “centri di potere” (più o meno grande) che
nulla hanno più a spartire con i motivi per i quali sono state istituite.
A mio modo di vedere, soltanto eliminando, sfoltendo,
razionalizzando si potranno attenuare, se non evitare del tutto, i pericoli
suddetti.
Ma qui mi fermo perché l’intento di questa tavola non è
quello di approfondire questi argomenti, ma soltanto quello di far emergere il
problema. Inoltre, come ho già detto, ho bisogno dell’appoggio degli altri
Fratelli.
Ma ho anche bisogno, a questo punto,
di due successive verifiche.
La prima è quella di sapere se la Pedemontana condivide
l’essenza (si badi bene, l’essenza) delle mie affermazioni. È importante, per
me, saperlo per verificare se alla distanza che, in questo momento, mi separa
dall’Istituzione corrisponde una analoga distanza con i Fratelli della
Pedemontana.
La seconda verifica è quella di sapere se la
Pedemontana vorrà farsi carico, nei tempi e nei modi da verificarc, di portare
avanti un progetto che miri all’attuazione di quanto affermato, anche se,
probabilmente, è molto più facile dirlo che farlo.
Ma tant’è. Ritengo giunto il momento di prendere il toro
per le corna, altrimenti si corre il rischio di essere incornati, qualsiasi sia
la posizione che si voglia assumere nei confronti di questi fatti.
L’alternativa a tutto questo, sempre a mio modo di vedere,
non deve più essere la supina acquiescenza che ci ha caratterizzato sino ad
oggi, ma la presa di distanza netta e definitiva da questo modo di condurre
l’Istituzione.
Ma anche questo è un argomento che non mi sembra il caso
di approfondire in questo lavoro.
questa tavola, pur breve, è
divisa in due parti delle quali la prima (“Credere debole” e
“credere forte”) è una introduzione che considero indispensabile per
la seconda, dedicata a “Credere e capire” che è il tema propostoci
dal Venerabilissimo.
l) “Credere debole” e
“credere forte”
La parola “credere” si usa con due significati
diversi. Il primo è quello di pensare, ritenere, avere un’opinione (esempio,
credo che stia per piovere). Chiamerò questo il “credere debole”. Il
secondo è quello di tener per vero (esempio, credo nella reincarnazione, credo
nel secondo principio della termodinamica). Questo lo chiamerei il
“credere forte”. Si considerino le due frasi seguenti: “credo
che l’anima sia immortale” e ‘credo nell’immortalità
dell’anima”. La differenza è abissale: il primo tizio “pcnsa”
che l’anima sia immortale, il secondo lo sa. Esemplificazioni di questo tipo se
ne possono fare molte e corrispondono a due diverse visioni del mondo, e in
particolare della Massoneria. Personalmente, credo (ovvero, è mia opinione) che
i Fratelli possono solo esprimere opinioni, in tempio (anche fuori dal tempio,
peraltro).-
Le opinioni che i Fratelli esprimono possono anche
corrispondere a loro certezze. Però queste saranno comunque viste come opinioni
– si può obiettare – e così non cambia niente agli effetti pratici. In realtà
non è proprio così. La suggestione esercitata da una certezza può creare nuove
certezze. Nel mondo profano, è questo il meccanismo messo in opera dai più
famosi predicatori, quali S. Ambrogio, S. Domenico, Pietro l’Eremita: quelli
che convertirono intere moltitudini. Si può chiamarlo “il fascino della
fede”, e a mio avviso si spiega con un fatto psicologico: la necessità di
certezze, in particolare la necessità che l’Uomo avverte di non arrivare passivamente
al capolinea del suo fugace viaggio dal nulla verso il nulla: sottrarsi al suo
destino di annullamento, o quantomeno capire il perché. Mi riesce più difficile
afferrare la molla psicologica dei predicatori stessi, quella che li induce a
farsi un dovere del proselitismo, ma questo è un altro discorso.
2) Credere e capire
Nel tema propostoci dal Venerabilissimo, sembra chiaro che
“credere” è inteso nel senso “forte”, ma il discorso può
essere allargato. Il tema affronta il problema col quale non si può non
confrontarsi. Molto alla larga, è il problema del rapporto tra fede e ragione,
verso il quale esistono approcci molto diversi. Uno è quello dei santi, i quali
hanno il dono, ovvero la grazia, e quindi non hanno il problema perché hanno
già la risposta.
4
Quanto a me, seguo una via iniziatica perché
“credo” (ovvero, è mia opinione) che sia buona e che mi aiuti a
capire. Ogni tanto mi chiedo se è proprio cosi. La verifica non è facile:
quando anche uno si rende conto di aver fatto dei progressi verso una visione
del mondo più lucida ed equilibrata, e ritenga di potere, in qualche momento,
dire “ho capito”, gli resta il dubbio di avere fatto dei piccoli
passi su una basc puramente psicologica con quel potente ausilio, anche
mentale, che è il metodo massonico. Se invece io “credessi”, nel
senso forte, forse non nutrirei questo tipo di dubbio.
E d ‘altra parte, uomini che hanno una fede, non
proclamano affatto di aver capito. Anzi, il loro articolo di fede è proprio che
un giorno capiranno, ciò che viene espresso con metafore quale quella della
“visione beatifica”.
Personalmente, ritengo che l’iter “giusto”
sia quello di partire da opinioni (il “credere debole”) con la
speranza di arrivare a intime certezze (il “credere forte”) passando
attraverso la comprensione. Riandando al titolo di questa tavola (“capisco
perché credo o credo perché capisco?”) risulta chiaro che mi pongo in
primis l’obiettivo di capire. Perché – mi chiedo – io oggi seguo la nostra via,
che è una via iniziatica? forse il fatto è che le altre vie mi sono precluse.
La via della dcvozione non è la mia, perché implica di credere per capire, ciò
che è per me impossibile. E allora che
faccio? Ormai so benissimo che a furia di leggere libri non andrò molto
lontano, non arriverò né a credere, né a capire.
Anni fa scolpii una tavola intitolata “Tornare
la politeismo”, che forse poté apparire come uno di quci paradossi coi
quali ogni tanto mi trastullo. Ma in realtà non era cosi. Il politeismo, e in
particolare la via teurgica dei neoplatonici pcr me significa lo sforzo di
capire, che si esprime come sforzo di comunicare per via teurgica con gli dei,
i quali simbolizzano livelli superiori di comprensione. Penso che Proclo
“credeva” perché aveva capito.
Chiuderei queste brevi notazioni con la citazione di
uno scrittore del 1600. “Due sono i modi per convincere della verità della
nostra dottrina: l’uno con la forza della ragione, l’altro con l’autorità di
colui che parla”. L’autore sostiene la superiorità di questa seconda, e
deplora che si faccia invece ricorso alla prima. Continua infatti: “Non si
dice bisogna credere a queste Verità perché la voce che le dice è divina, ma si
dice che bisogna credervi per la tale o tal altra ragione, che son tutti
argomenti ben deboli, perché la ragione può essere piegata in ogni senso”.
Quest’uomo chiaramente aveva fatto la sua scelta:
bisogna credere per capire. Però non era un iniziato, era un mistico cattolico,
Blaise Pascal, e la dottrina era quella della religione cristiana.
un anno fa tu venivi ammesso alla
nostra Istituzione dopo un Rito di cui, sono certo, non ti sarà sfuggita
l’importanza e, in ogni caso, la grande differenza con le altre società
profane. In queste infatti si viene ammessi senza alcuna cerimonia speciale, semplicemente
se ne entra a fare parte. Unica eccezione a me nota è la Chiesa cristiana:
anche lì si entra a seguito di un Rito.
Da noi ha dovuto subire dapprima
degli interrogatori, poi attese ed infine delle prove, indubbiamente molto
strane viste in un ‘epoca e con ottica scientifica, normale per un medico del
XX secolo.
Invece ti ritrovi in un Tempio, decorato con una quantità
di simboli di lunga e difficile comprensione, non solo strettamente legati al
mondo dei costruttori, come forse avresti potuto aspettarti.
Quella sera, poi, hai incontrato i tuoi nuovi Fratelli, armati
e quindi pronti a ferirti e offenderti, ma anche a proteggerti se necessario,
vestiti in modo che il mondo profano definisce buffo, con grembiulini e guanti,
alcuni poi con collari e sciarpe.
Tutto questo è stato finora sottoposto al tuo giudizio, ma
non ti è stato permcsso di esternarlo, tale giudizio, dato che non riconosciamo
la possibilità di parlare a chi, presumiamo, è ancora teso a comprendere con
esattezza il modo in cui è entrato nell ‘ Istituzione.
Si è trattato di un gran salto, di un cambio di qualità
della vita, o meglio, di un cambio di livello, di piano. E una cosa che si
chiama Iniziazione quel passaggio attraverso la morte che ti abbiamo fatto
vivere simbolicamente, prima con il testamento, poi introducendoti in una buia
stanza (le viscere della Terra o Gabinetto delle Riflessioni), fomita di un
teschio, di un gallo e di frasi ultimative che devono apparire minacciose, ma
anche di speranza in una rinascita, ed ancora con una benda sugli occhi.
Concettualmente abbiamo cercato di farti comprendere come,
nell ‘economia dell’intera Loggia, tu sia una pietra destinata alla costruzione
di un Tempio. Tempio ideale, come tu sei pietra ideala, ma non irreale e questo
Tempio è da edificare realmente. Tale lavoro è certo più utile di molti altri
che la vita profana ci propone ed a cui, nonostante tante belle parole, tutti
noi puntualmente ci impegnammo, anche se con molti dubbi sulla loro utilità, se
non addirittura sulla necessità di compierli.
Insomma abbiamo la fondata speranza di averti, in quella
lieta sera della tua Iniziazione, aperto nuovi ed importanti orizzonti.
Orizzonti di natura prevalentemente spirituale, ovviamente. D’altronde questo è
lo scopo dell’lniziazione.
Questa sera la nostra Officina, e per tramite suo l’intera
Massoneria, ti riconosce di aver compiuto in modo proficuo questo periodo di
silenzio e ti concede, d’ora in poi, quell’uso della parola di cui, sono certo,
saprai far buon uso. Più cosciente della tua nuova situazione, più evoluto
spiritualmente, sei stato ritenuto degno di questo aumento di salario.
Se la sera della tua Iniziazione hai compiuto tre viaggi,
ora ne hai compiuti cinque, così come cinque temi ti sono stati proposti per
ognuno di essi.
In altri tempi, e questo sarà tema di prossime tavole, gli
uomini liberi che volevano pensare liberamente si sentivano limitati dalle
organizzazioni di potere, sia civili che religiose, ed avvertendo la necessità
di scambiarsi vicendevolmente le reciproche idee ed aspirazioni, cominciarono a
costituire delle confraternite che ebbero il segreto come elemento
caratterizzante.
Già all’epoca egiziana noi sappiamo come esistessero delle
scuole di questo genere. In un certo senso noi ne siamo i continuatori, ma
poiché utilizziamo le tecnichc dei costruttori siamo quasi costretti ad
utilizzare dei gradi , che corrispondono ai livelli di conoscenza acquisiti.
Questo non è che un altro esempio di ciò che devi imparare a vedere sempre in
questo Tempio: oltre l’immediata apparenza, il lato celato.
L’insegnamento è, in Massoneria, sempre simbolico,. Tutto
quello che ottieni deve essere conquistato.
Cosi la Luce, che tu hai espressamente richiesto quando sei
entrato, è oggi per te rappresentata dalla stella fiammeggiante che sta
all’Oriente. Stella a cinque punti che simboleggia l’uomo potenzialmente
divenuto luminoso. Così possiamo immaginare un’idea di luce diversa da quella
che fisicamentc conoscevamo.
Mentre il Primo Grado, quello che hai appena lasciato alle
spalle, prevedeva silenzio e meditazione, introspezione e freno a tutti quei
rumori che giungono dal mondo profano, questo nuovo Grado ti richiede uno
studio, un approfondimento di tutta una serie di materie che ti sono state
indicate chiaramente nei tuoi viaggi.
C’è un aspetto storico, indicato dalla continuità dei
Grandi Illuminati; c’è un aspetto stilistico, legato anche ai luoghi ed ai
tempi, della costruzione che siamo chiamati ad elevare; c’è la grande varietà
di materia che, opportunamente indagate, possono aiutarti alla crescita,
ovviamente non solo culturale. Ed infine, c’è quella che personalmente mi è più
cara. Ci viene ricordato come i cinque sensi siano il nostro unico tramite con
il mondo esterno, ma sono di una fallacia e di una illusorietà molto maggiori
di quanto non si possa immaginare, se non si presta loro la massima attenzione.
Ricorda che, se non compirai questi studi, la Massoneria
sarà per te molto meno proficua di quanto potrebbe. I tuoi Fratelli non possono
compiere queste cose per te ed un enorme patrimonio di conoscenza andrebbe
sprecato. E lo spreco, io credo, è uno dei peggiori peccati di cui si possa macchiare:
ricorda la storia dei talenti narrata dat Vangelo.
Finora sei stato guidato, ora devi cominciare a camminare
da solo. Ed allora posso solo augurarti: BUON CAMMINO.
Con il triplice fraterno abbraccio dal tuo
Fratello A. Bgg.
Uno dei passi del rituale che maggiormente attira la mia
attenzione (e non da oggi) e sul quale vorrei tentare qualche riflessione è
quello che indica gli scopi per i quali una loggia si riunisce e lavora insieme.
Il passo è noto se non altro perché lo
sentiamo ogni giovedì sera:
M. Ven.: Fratello Primo Sorvegliante a
quale scopo ci riuniamo?
1 0 Sorvegliante: Per
edificare templi alla virtù, scavare oscure e profonde prigioni al vizio e
lavorare al bene ed al progresso dell’umanità.
Il rituale scandisce quindi in modo netto e senza perifrasi
quale debba essere l’obiettivo che ogni singolo fratello e la Loggia nel suo
insieme debba porsi nel suo modo di pensare, di agire di porsi nei confronti
degli altri.
In questi ultimi tempi discutendo del malessere (non
uso più la parola “crisi”) più o meno diffuso che l’officina sta
vivendo qualcuno ha pensato di intravedere nella mancanza di un obiettivo e di
un metodo una delle possibili cause di tale malessere.
Per quanto concerne l’obiettivo quindi non credo si
possa sostenere che esso non sia chiaramente esplicitato e soprattutto ci viene
dalla fonte più autorevole cui ci si possa ispirare e cioè dal rituale.
La difficoltà nasce come sempre quando dal piano dei principi
e dell’enunciazione teorica si scende all ‘interpretazione diciamo cosi
“operativa” del messaggio.
E cioè cosa esattamente vuol dire quella frase e cosa
sul piano pratico è necessario fare per rispettarne il dettato?
Si riapre cosi inevitabilmente ed inesorabilmente la
consueta dicotomia fra Massoneria speculativa e Massoneria operativa con tutti
gli equivoci che una tale distinzione porta con se.
Equivoci, si badi bene, che sono il frutto, a mio
modo di vedere, dell’incapacità della Massoneria moderna di darsi una chiara
fisionomia sballottata com’è fra il desiderio di uscire all’esterno ed equipararsi
alla miriade di associazioni esistenti nel mondo con più o meno declamati scopi
sociali, e venire quindi assimilata e riconosciuta dal mondo profano, e l’antica
vocazione al segreto, alla riservatezza, al voler essere un qualcosa di diverso
e distaccato da quello che la civiltà moderna propone nel suo inarrestabile
continuo e confuso cambiamento.
Tradizione e modernismo, riservatezza e trasparenza
questi gli inconciliabili opposti che si vorrebbero realizzare dimenticandosi
che l’ambiguità non fa che accrescere la confusione e rendere agli occhi esterni
sempre più opaca la nostra immagine.
Probabilmente ben diversa era la posizione dei
nostri antichi fratelli per i quali il viaggio verso la costruzione di una
nuova cattedrale trovava immediato riflesso nel viaggio interiore verso la
purificazione del proprio spirito e della propria mente.
L’operatività cioè era il più evidente riflesso del lavoro
speculativo e la bellezza esteriore dell’opera rimandava alla bellezza
interiore dell’anima e tanto più bello era il manufatto tanto più esso
dimostrava anche il percorso interiore compiuto da chi lo aveva eseguito.
Credo che al termine della costruzione della Cattedrale di
Chartres i componenti delle logge che vi avevano lavorato si siano sentiti più
vicini al Grande Architetto dell ‘Universo e nel contempo potevano con fierezza
affermare di aver lavorato al bene ed al progresso dell’umanità. Sempre che si
sia d’accordo nel ritenere che, l’edificazione di una cattedrale, contribuisca
all’idea di lavorare al bene ed al progresso dell ‘Umanità.
Non sono del tutto sicuro che tutti
condividano quest’affermazione.
Anche tra la fine del settecento e per tutto il secolo scorso
la Massoneria ha trovato, nella ricerca di libertà uguaglianza e fratellanza,
un modo per lavorare al bene ed al progresso dell’umanità. Forse questo
progetto non è altrettanto ben riuscito rispetto ai precedenti tuttavia questo
ha permesso ai fratelli di avere un obiettivo ed un progetto comune su cui
lavorare e su cui impegnarsi.
È quindi necessario prendere spunto e fare tesoro delle
esperienze del passato per trovare un ruolo ed uno scopo anche alla Massoneria
del 2000.
Non vi è dubbio che nel mondo moderno i principi di
libertà fratellanza ed uguaglianza siano ancora dei semplici sogni ed anche il
desiderio di una ricerca interiore che porti a dare qualche barlume di risposta
alle eterne domande che ieri come oggi l’uomo si pone sono lontanissimi, forse
ancora più lontani, che in passato.
E che il problema sia sentito lo dimostra il continuo
nascere di nuove tendenze pseudo religiose e pseudo iniziatiche.
Lo stesso cosiddetto “popolo di Seattle” è la
conferma di un’umanità in confusione che cerca disperatamente di staccarsi
dagli stereotipi della civiltà dei consumi della crescita senza fine e della
globalizzazione che sa tanto di “grande fratello”.
Ho la sensazione che molti, fra gli assertori della bontà
della globalizzazione, sentano, comunque, qualcosa di stonato in questo mondo
che corre sempre più veloce verso non si sa bene quale futuro.
Ho in mente l’immagine di un corpo celeste che penetrando
nell’atmosfera corre sempre e sempre più forte ed inarrestabile verso la
disintegrazione.
La nostra Istituzione può rappresentare e rappresenta (noi
lo sappiamo bene) un’oasi di non conformismo e di non assimilazione sul fronte
della ricerca di un equilibrio di un’equidistanza fra le tensioni e le
pressioni d’ogni tipo cui questa civiltà ci sottopone.
Proprio le diverse opinioni ed il continuo confronto ci
costringono a riflettere, a non dare nulla per scontato ed a ritenere giuste e
corrette le varie visioni del mondo che ciascuno di noi si è faticosamente
costruito ma che.ha certamente smussato e modificato grazie all’opera corrosiva
dei fratelli e delle “loro” visioni del mondo.
E se questo non è avvenuto allora vuol dire che si è
capito poco dell’Istituzione perché il rimanere attaccati alle proprie visioni
del mondo senza accette quelle degli altri ed in qualche modo cercare di
comprenderle rappresenta il contrario dello scavare oscure e profonde prigioni
al vizio.
Questo rallenta certamente il cammino ma non dev’essere la
fretta l’ispiratrice del nostro crescere quanto una ponderata convinzione
verificata e riverificata dal confronto con gli altri.
Ora il punto è che noi non siamo in grado di trasmettere
all’esterno questa enorme ricchezza
Non ho le idee chiare sul perché di questa nostra
incapacità; posso solo costatarla e formulare qualche ipotesi ma è Certo che
tutti i tentativi sin qui fatti per farci conoscere sono stati dei mezzi
fallimenti quando non sono stati addirittura ridicolizzati (mi riferisco a
certe trasmissioni televisive in cui o ci siamo dati la zappa sui piedi da soli
o l’ironia e la prevenzione degli intervistatori ha contribuito a rendere
praticamente nullo qualsiasi tentativo di trasmettere messaggi).
E poi eravamo e siamo sempre, a torto od a ragione, sul
banco degli imputati e questo certamente non aiuta.
Qualcuno dirà, ed io sono parzialmente d’accordo, che
questo è il segno dei tempi e che non vi è nulla da fare verso l’inarrestabile
decadenza ma vi ricordo, cari fratelli, che uno dei compiti più importanti che
abbiamo è quello di trasmettere il nostro messaggio ad altri che a loro volta
continueranno a trasmetterlo ad altri perpetuando quell’ininterrotta catena che
parla di tradizioni, di simbolismi, di tolleranza, di desiderio di conoscenza,
di voglia di non assimilazione.
Siamo fra i pochi, credo, che può, se non arrestare almeno
ritardare, la marcia del Grande Fratello.
Anche se il nostro cammino verso la luce, ormai ce ne siamo
resi conto quasi tutti, è un’utopia tuttavia noi abbiamo il dovere di
permettere ad altri di poterlo percorrere e magari anche di arrivarci e quindi
il nostro compito è ugualmente importante.
Se non possiamo arrivare all ‘uva facciamo almeno in modo
che la pianta non secchi !
Ecco allora l’importanza di trovare degli strumenti in
grado di far conoscere tutte le opportunità che sono a disposizione di coloro
che si trovano nella condizione intellettuale di rifiutare I ‘omologazione.
Noi non dobbiamo gettare i semi confidando in quelli che,
cadendo nel fertile terreno, daranno frutto perché, questo, equivale a sparare
nel mucchio e abbiamo visto che non funziona, noi dobbiamo andare alla ricerca
della pecorella smarrita e compito di tutti noi deve essere quello di vigilare
per individuarla.
Quanto agli strumenti poi ho la sensazione che essi
esistano già e copiosi e sono la storia che abbiamo alle spalle che ci parla e
ci indica il percorso, abbiamo l’esperienza maturata da tanti validi fratelli
oggi come nel passato, abbiamo i simboli
ed i rituali
fonti inesauribili di insegnamenti da decodificare per essere meglio
assimilati.
E questo è il compito della Massoneria in generale e di
ogni officina in particolare qualora possegga i requisiti e la convinzione che
questa possa essere una giusta strada da percorre.
Ed ecco quindi affiorare, in tutta la sua semplicità, il
significato di quella frase del rituale.
Lavorare al bene ed al progresso dell ‘umanità non
significa altro che adoperarsi affinché il nostro messaggio possa essere
trasmesso a quanti, con la nostra sagacia, sapremo portare fra noi accettando
le sfide del mondo profano ma combattendole a nostro modo: con determinazione
ma senza far rumore.