L’ALTRA VITA

L’altra vita

Trattare cosa ci aspetta nell’altra vita è quanto di più difficile e complesso, per il semplice motivo che nulla in merito si può dimostrare, né scientificamente, né con altri metodi. Non voglio quindi neanche tentare minimamente di dimostrare qualche cosa – me ne guardo dal farlo – in quanto probabilmente rischierei di dire delle cose inesatte; però se ognuno di noi riesce e si sforza di affrontare l’argomento nella giusta maniera, penso che si potrebbe cambiare il senso della nostra vita.

Avendo solo delle confuse idee su ciò che ci aspetta dopo la nostra vita terrena, viviamo quella attuale in maniera probabilmente errata, per una serie infinita di motivi.

Non sappiamo, o forse non siamo in grado, di darci una spiegazione del perché siamo nati, del perché viviamo, ma soprattutto siamo terrorizzati al pensiero di lasciare la realtà della vita terrena.

Per la maggior parte degli uomini è reale tutto ciò che si materializza, e questa forse errata interpretazione condiziona la nostra esistenza facendoci cadere in crisi, depressioni, momenti di quasi terrore.

La parola “morte” viene evitata perché, solo al parlarne, si prova disagio, quasi un brivido: si è portati a credere che, se si evita l’argomento, la nostra “ora” arriverà il più tardi possibile.

Tutto ciò a causa dell’incertezza dovuta al dogma e a ciò che educatori, genitori o altre persone ci hanno inculcato fin dai primi anni della nostra esistenza.

L’umanità è stata ipnotizzata dall’idea della morte. Spesso ricorrono, anche presso chi dovrebbe sapeme di più, le frasi: “mietuto dalla falce crudele”, “rapito nel fiore degli anni”,

‘un ‘operosa vita finita”, frasi che esprimono l’idea che l’individuo abbia cessato di esistere e sia ridotto nel nulla.

Ciò si osserva particolarmente nel mondo occidentale, sebbene la religione dominante insegni le gioie dell’aldilà in così vividi termini, che logicamente ogni credente dovrebbe salutare con piacere il transito, e parenti ed amici indossare vistosi abiti ed adornarsi di fiori sgargianti per celebrare il passaggio della persona amata ad una sfera più felice e più brillante dell ‘esistenza.

Noi vediamo esattamente il contrario.

L’uomo comune, nonostante la sua fede e le sue credenze, sempre teme l’avvicinarsi della “crudele mietitrice”. In contrasto con il suo credo, con l’espressione della sua fede, la morte incute un terrore che l’uomo non riesce in apparenza a vincere.

Da queste spaventose emozioni si sono liberati coloro che hanno acquistato la coscienza della fallacia dell ‘idea della morte.

Da un punto di vista del pensiero orientale la “morte” non esiste. Il nome è una menzogna ed una fallace credenza, nata dall ‘ignoranza: non vi è “morte”, vi è solo “vita”.

Nulla muore in realtà, ancorché tutto subisca un cambiamento di forma e di attività. La “morte” è solo un aspetto della vita e la distruzione di una forma materiale, è solo il preludio alla creazione di un’ altra.

 Siamo talmente immersi nel materialismo che parliamo del mondo celeste come di un mero sogno, quasi di un fantasma. Forse siamo dei poveri mortali che non comprendono che alla fine nulla può essere meno reale, più vicino al sogno, più transitorio e fantomatico di questo mondo di sostanza materiale.

Dovremmo sforzarci di credere che il mondo della mente e, ancor più, il mondo dello spirito sono molto più reali del mondo materiale.

Le esperienze, quindi, della nostra anima sul più elevato Piano Astrale non solo non sono irreali, ma al paragone sono molto più reali delle esperienze di vita sui piani materiali.

Oltre al dogma ci sono altri elementi che provocano confusione ed incertezza nella mente dell’uomo, come la convinzione che un giorno cessino lo sforzo e l’impulso creativo e tutto abbia

fine, nulla ci sia più da fare o da creare e che non ci rimanga altro che incrociare le braccia e godere le beatitudini dell ‘ozio etemo.

Il pensiero, invece, di un mondo celeste in cui si svilupperanno i di questa vita ed in cui l’impulso creativo avrà piena possibilità di esprimersi ed affermarsi, affinché in una futura vita, più nuova e più completa, produca come fiori e frutti l’esaudimento dei propri voti e la realizzazione degli ideali, è fonte di immensa felicità per lo spirito.

Personalmente ritengo che il nostro più grande errore sia quello di considerare la vita terrena come la più importante dell ‘ordine cosmico.

È errato pensare che il problema della vita oltre la morte debba restare nell ‘ambito della fede e non venir messo in discussione.

L’uomo dovrebbe sempre aprire nuove porte e vagliare nuovi campi di ricerca, conoscere, ma soprattutto, avere il coraggio di indagare in questo campo, nella speranza di aiutare quanti hanno bisogno di sapere, più che di credere.

G. C Lgn,  

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RIFLESSIONI SULL’ESOTERISMO

Riflessioni sull’esoterismo

” Voi li giudicherete da quello che hanno prodotto” ha detto il grande iniziato Gesù. Questo si applica alle dottrine come agli uomini. Essa forma il fondo di tutte le grandi religioni o dei libri sacri di tutti i popoli, occorre solo, soltanto trovarle e trarle in luce.

Se ci avviciniamo alle storie delle religioni alla luce di questa verità centrale, che l’iniziazione interiore solamente può svelare, resteremo sorpresi. Tutte le grandi religioni hanno una storia esteriore e un’altra intima; per storia esteriore intendo i dogmi e i miti insegnati, pubblicamente riconosciuti dal culto e dalla superstizione popolare e per storia intima intendo la scienza profonda, la dottrina segreta, l’azione occulta di iniziati con la “I” maiuscola che hanno percepito la luce cercando, sostenendo e propagandando la verità dell ‘esoterismo.

La prima è la storia che si legge ovunque, si svolge pubblicamente, ma è tuttavia oscura, imbrogliata e contraddittoria. La seconda è la dottrina dei misteri, la tradizione esoterica difficile da interpretare e percepire, perché si svolge in seno agli iniziati che non lasciano mai scritte le loro crisi supreme e le loro estasi divine. Bisogna intuirla, ma una volta che questa storia si svela, la vediamo apparire luminosa, organica e sempre armoniosa che vorrei chiamarla la storia della religione eterna e universale.

In essa scorgiamo il lato nascosto delle cose, il lato diritto della coscienza umana, la cui storia non ce ne mostra che il rovescio penoso. Qui intravediamo il punto creatore del tutto, questo punto corrisponde alle verità trascendenti, troviamo la causa, l’origine e la fine del meraviglioso lavoro degli uomini (corpo, anima, spirito) nei secoli.

Di ciò troviamo il germe ed il nucleo nei Veda e la sua prima cristallizzazione storica si rivela nella dottrina trinitaria di Krishna, che dà al bramanesimo la sua potenza e alla religione dell ‘India la sua caratteristica indelebile. Buddha, che secondo la cronologia dei bramini sarebbe posteriore a Krishna di duemilaquattrocento anni, non fa che palesare un altro lato della dottrina occulta, quello della metempsicosi e della serie delle esistenze concatenate dalla legge del Karma. Benché il buddhismo sia sorto come rivoluzione democratica, sociale e morale contro il bramanesimo aristocratico e sacerdotale, il suo fondo metafisico è il medesimo, ma meno completo.

Ermete risulta dai geroglifici decifrati e non soltanto dalla iscrizioni delle stele di Tebe e di Menfi, conferma tutta la cronologia di Manetone, ma dimostra altresì che i sacerdoti di Ammon•Ra professavano quell’altra metafisica che, sotto altre forme, s’insegnava sulle rive del Gange. Possiamo in questo caso ripetere con il profeta che “la pietra grezza e le mura gettano il loro grido”. Simile al “sole di mezzanotte”, che dicesi risplendesse durante i misteri d’Iside e d’Osiride, il pensiero di Ermete (l’antica dottrina del Verbo Solare) s’è riacceso nelle tombe dei Re e risplende fin nei papiri del Libro dei Morti.

In Grecia il pensiero esoterico è ad un tempo più visibile e più nascosto che altrove: più visibile, perché si svolge in una mitologia umana ed incantevole. Ma i principi della teosofia dorica e della saggezza delfica sono scritti nei frammenti orfici e nella sintesi pitagorica, non meno che nella dialettica di Platone.

La tradizione occulta d’Israele, che trae le sue origini complesse dall’Egitto, dalla Caldea e dalla Persia, ci è stata conservata sotto una forma oscura, ma in tutta la sua profondità ed integrità nella Kabbala o tradizione orale e tende a ricostituire la vera cosmogonia di Mosè secondo il

Ancora più massonicamente rilevato è il mito di Ulisse, espresso dallo stesso Fratello Pascoli nel poemetto intitolato L ‘Ultimo viaggio.

Ulisse, risalpando da Itaca la primavera del nono anno dopo il ritmo, rivede i luoghi che già furono meta del suo tempestoso peregrinare.

Rivede l’isola di Circe, ma la maga e la sua casa non ci sono più, perché si è spento in lui l’ anore che le aveva create.

Rivede la terra dei Ciclopi, ma il Ciclope e il dolce sogno di gloria che già avevano illuso il suo cuore sono svaniti, come sono svanite in lui le ultime illusioni.

Alla fine arriva malinconico al lido delle Sirene. Forse almeno esse sapranno dirgli quello che solo occorre ricercare: il vero. Sull ‘immobile ed arcana quiete del mare innalza la voce alta e sicura verso le Sirene, alle quali, secondo quanto ha narrato Omero, prima era sfuggito:

“Son io! Son io, che tomo per sapere!

Ché molto io vidi, come voi vedete me , .. E il vecchio vide un grande mucchio d’ossa d ‘uomini, e pelli raggrinzite intorno, presso le due Sirene, immobilmente stese sul lido, simili a due scogli. Vedo. Sia pure. Questo duro ossame …

… ma, voi due, parlate!

Ma dite un vero, un solo a me, tra il tutto, prima ch ‘io muoia …

Solo mi resta un attimo. Vi prego.

Ditemi almeno chi son io …

E tra i due scogli si spezzo la nave ‘ .

Le Sirene sono il simbolo tragico delle più alte aspirazioni che da sempre hanno affascinato l’uomo. Egli cerca angosciosamente nel mondo la ragione della propria vita e muore spesso senza averla trovata.

Ma per quanto sconsolata e stremante sia questa diuturna ricerca, egli non deve rinunciare ad esplorare, non deve fermarsi alla soglia del mistero.

Un Ulisse ancora più legato ai problemi del vivere quotidiano è quello presentatoci da James Joyce.

Lo scrittore irlandese ha scoperto che ogni umana esperienza, per quanto povera, semplice e squallida, può essere ricondotta a quel grande insuperabile modello che è Ulisse.

La vicenda del suo romanzo si riduce infatti ad un sol giorno, dalle otto del mattino alle due di notte del 16 giugno 1904.

Ne è protagonista un ebreo, agente di pubblicità per un giornale di Dublino, tale Leopold Bloom. Le sue avventure, i suoi incontri, le sue viltà, i tradimenti, le gioie, le passioni sono l’espressione della nostra quotidiana odissea, senza splendori e senza miti. Perché il fine che si propone Joyce è proprio questo: offrire agli uomini un punto di riferimento nel cercare di venire a capo del proprio destino.

L’Ulisse dantesco aveva dovuto scendere fino al regno dei morti perché gli fosse chiara la via della salvezza. Joyce si cala nel buio della coscienza, anzi nell’inconscio dell’uomo, per scoprire i drammi, reconditi e misteriosi, del vivere quotidiano.

G. Bitt,

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IL DIAVOLO

Il diavolo

Ho avuto tre volte nella mia vita la chiara sensazione di trovarmi al cospetto di forze malefiche realmente definite. Vi voglio raccontare brevemente queste esperienze.

Una notte d’estate, durante una rassegna di canti corali, molti ragazzi erano accolti in un convento della catnpagna vicino ad Arezzo. Tutto tranquillo e niente ragazzate.

Nelle prime ore della notte un ragazzo si sveglia con urla terrificanti. Tutto il convento viene svegliato. Tutti i cani dei dintorni si mettono ad ululare.

Il ragazzo mostra degli ematomi alle mani che non riusciamo a collegare né con la forma delle mani, né alla forma di alcun oggetto a portata di mano, nel caso in cui potessero essere dovute a convulsioni involontarie.

Significativo è il terrore di centinaia di persone e degli animali, senso di terrore che ancora oggi mi prende nel raccontare I ‘episodio.

Il fatto non fu mai spiegato razionalmente e nessuno dei presenti mette ancora oggi in dubbio che esso fu causato da una particolare sensibilità del ragazzo a qualcosa a lui “estema”.

Quasi tutti voi siete a conoscenza che la mia famiglia è stata oggetto di telefonate nottume in un certo periodo. Fortunatamente siamo riusciti ad individuarne la provenienza ed una semplice telefonata di richiamo, senza nemmeno parlare, dopo una ennesima sveglia ha, per ora, posto fine alla serie.

Lo sforzo di immagina.zione per identificare la persona mi ha obbligato a cercare di entrare nel suo stato d’animo. Immaginate quali terribili tensioni devono pervadere una persona che cova, per decine di anni, invidie e rancori tali da portarla a varcare i confini del comportamento sociale per scendere ai più bassi livelli di abiezione, così da tentare l’omicidio, se pur attraverso un mezzo a distanza.

Il linguaggio udito era così ripugnante che nessuno della famiglia è riuscito non solo a ripeterlo, ma lo ha istantaneamente cancellato dalla memoria. Non conosco né persona, né ambiente dal quale possa essere stato udito.

Il fatto è avvenuto; la persona in oggetto è di media cultura ed all’apparenza assolutamente normale. Eppure c’è qualcosa nella sua personalità che ha creato questo mostro.

Il terzo esempio che vi propongo è, a parer mio, il più spaventoso perché non coinvolge sfere psichiche od emotive, ma deriva dalla pura razionalità.

Vi voglio descrivere cosa è in grado di fare un cosiddetto virus del computer.

 Questo germe è in realtà un programma che ha la caratteristica di poter migrare, attraverso l’uso dei dischetti magnetici, da una macchina all’altra Quando si è introdotto va ad inserirsi in qualche programma di uso generale e da questo infetta tutti gli altri programmi inseriti.

L’infezione può manifestarsi in diversi modi, a volte concomitanti. Per esempio può gonfiare con propri elementi anomali i programmi tutte le volte che lavorano, finché la memoria viene completamente occupata ed il computer diventa sempre più lento fino ad arrestarsi: muore. Non basta, ogni programma infetto, se copiato in una altra macchina, riproduce gli stessi sintomi.

 Un altro effetto è dirompente: in occasione di una certa data esplode in tutta la memoria e cancella tutto quello che in essa è scritto.

L’unico vero rimedio è quello di cancellare tutto quello che vi è inserito e sostituirlo con programmi non infetti.

Credo di avervi descritto qualcosa che contemporaneamente è una malattia infettiva, il cancro e lo schok cardiaco.

Questo è lì presente e visibile. Creato dall’uomo, non si sa nemmeno bene perché!

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Vi ho descritto tre modi di manifestarsi del demonio: attraverso la manifestazione del pericolo e del terrore, come sentimenti malefici e come pura razionalità.

Tutte tre queste modalità di espressione diabolica passano attraverso la presenza fisica, la mediazione dell’uomo. Non siamo infatti in grado di collegare azioni malefiche a nessun altro essere esistente nel mondo sensibile: minerale, vegetale ed animale.

Quando due essenze si presentano in modo indissolubile, non possiamo fare a meno di collegarle con una delle seguenti affermazioni:

  • se si tratta di due cose separate, esiste un interesse di una verso l’altra, cioè del

Diavolo verso l’uomo;

  • se lo spirito del male non esiste in sé, allora è generato dall’uomo.

Da sempre l’uomo, posto di fronte alle manifestazioni del Male, cerca una spiegazione destreggiandosi tra queste due possibilità. Proviamo a valutare le conseguenze delle due affermazioni.

Nel primo caso si dice che la Cosa è separata. Poiché riconosco che in ogni modo essa mi danneggia (altrimenti non mi porrei il problema), devo cercare di eliminarla ovunque si annidi, fuori o dentro gli esseri umani.

Poiché il male è dannoso a tutti, chiunque è autorizzato a ritenersi dalla “parte del bene”, stabilire, secondo un proprio modo di giudicare, che cosa sia diabolico o al servizio del diavolo ed agire di conseguenza.

Se il male è un fatto a sé stante non può essere cambiato in bene per definizione. Qualsiasi modo per liberarsene è buono.

  1. sistemi usati vanno dall’allontanamento mediante pratiche esorcistiche, nel caso in cui le manifestazione sia costituita da invadenti forze oscure, alla eliminazione fisica se, per la seconda parte del principio, il Diavolo si presenta sotto forma di uomo o penetra un individuo ai suoi servigi. Specie se donna.

Da meditare il fatto che il migliore sistema per  sia il fuoco.

La strada più corretta e coerente del nemico del Diavolo è quella di scacciarlo da sé e dagli altri oggetti umani che egli consideri suoi protetti in pericolo di diventarne preda.

Il modo più semplice è quello di eliminare tutti quelli che non sono dichiaratamente dalla sua parte e quindi automaticamente alleati del Male, così come egli lo intende.

  1. punto di arrivo di questo modo di ragionare lo abbiamo tutti i giorni davanti ai nostri occhi: la guerra santa, l’emarginazione e la persecuzione dei diversi, l’inquisizione, i mass media per eliminare le correnti diverse di pensiero, nei termini dei grandi fenomeni sociali.

Nei termini delle scelte personali troviamo, guidata sempre da questa modalità d’essere, tutta una gamma di modi di agire che, per abitudine, diamo per buoni e accettati, ma che se osservati a fondo potrebbero non essere completamente giustificati. Mi riferisco alle azioni cruenti sull’organismo malato; la lobotomia, gli interventi chirurgici fatti “alla leggera”, vedi tonsilliti e adenoidi. Il farmaco come proiettile contro il sintomo della malattia. L’emarginazione dell ‘anziano, l’aborto, l’eliminazione dei rifiuti, la castrazione dei polli da allevamento, per non parlare degli interventi genetici su animali e piante, e la vivisezione.

Tutti questi sono modi di presentarsi di fronte al male, fisico o sociale, ed anche verso il  semplice malessere con le armi, con l’intenzione di dominarlo come un nemico da combattere.

Se il Diavolo può usare qualsiasi arma, l’uomo può usare qualsiasi mezzo per difendersi e diffondere il bene … anche identificato con il benessere.

Le radici di tale modo di concepire il mondo sono lontane; molto deriva dalle varie impostazioni di origine cristiana.

Se la teoria Gnostica pessimistica porta al rifiuto della procreazione ed al suicidio, quella ottimistica della teoria della ricongiunzione della luce, con un processo continuo che dal seme alla pianta, alla verdura, al cibo rientra nell’essere pensante che dispone della autocoscienza delle fiarnmelle divine, si ricongiunge alla luce; ha conseguenze non meno nefaste ed attuali.

Infatti essa contiene la convinzione che l’uomo deve prolificare al massimo per aumentare il numero di strumenti e di occasioni della riunificazione della luce. Tutto il creato manifesto ha come unico scopo di alimentare e beneficare l’uomo.

Chiunque è autorizzato ad usare tutto ciò che trova a disposizione per attuare questo disegno. 11 mondo sensibile non ha altro scopo che questo.

Distruggere montagne per fare autostrade, come distruggere le foreste per fare pascoli e campi agricoli, distruggere altre culture e linguaggi: tutto per il proprio è Santo.

La trasposizione pratica di questa forma di pensiero è impersonata dalla struttura degli stati moderrf nei quali, con o senza delega diretta dei cittadini, una piccola parte di persone, il govemo, è autorizzata a prendere decisioni per tutti e su tutto. Mentre non è affatto chiaro quale sia il bene che debba essere perseguito. Tanto è vero che quanto più sono concentrati i mezzi di prevenzione sociale, di informazione e di controllo, tanto più ci si sente male: oppressi, abbandonati e meno informati.

Quei pochi che detengono il potere riproducono esattamente la logica dello sfruttarnento del creato descritta prima. Usano le popolazioni per ottenere ciò che essi èonsiderano il Bene, il “loro” Bene.

Nella seconda ipotesi la Cosa, il Male, non è costituita da qualcosa a sé stante, bensì è generata “in” ed espressa dall ‘uomo stesso.

Questi concetti sono espressi nei più antichi testi conosciuti, i Veda e gli Uppanishad, poemi indiani scritti più di quindicimila anni fa. Furono ripresi dalle religioni monoteistiche, per passare poi alle correnti panteistiche illuministe ed alle attuali filosofie idealistiche.

Tutte queste correnti di pensiero concepiscono il creato come unitario, se pur costruito in modo estremarnente differenziato.

Esso è sia espressione delle diverse identità, nel senso orizzontale della varietà di sostanze: oggetti, individui, che come espressione verticale, rappresentata dalla appartenenza della stessa unità a differenti livelli di manifestazione.

Questi livelli essenziali partono dalla concretezza sensibile del materiale, per passare a modalità via via più complesse, come le geometrie e le forze. Si elevano poi in molteplici piani sempre più sottili, fino ad arrivare all ‘ultimo che comprende la pura idea creativa del tutto: la parola perduta, ma sempre pervadente il creato, quindi, se mai, dimenticata.

Per quanto riguarda I ‘uomo, mi riferisco ai sensi, le emozioni, la mente, il complesso karmico (che registra sensazioni ed esperienze), il subconscio, il complesso animico, l’inconscio, il livello spirituale, l’Io, il Sé.

Questa impostazione è confermata dall’esperienza, almeno per i livelli inferiori, ma contemporaneamente all ‘esistenza di queste manifesta.zioni risulta dimostrata l’assenza di limiti ben definiti tra le diverse identità.

In una visione così varia il male trova una prima giustificazione come contrasto e conflittualità fra essenze dello stesso livello. Una creatura ne divora un’altra per sopravvivere. Un diverso modo di sentire il mondo genera incomprensione, odio tra individui differenziati. A livello emozionale una separazione genera tristezza.

Per altro verso il male può essere il risultato di discrepanze o disarmonie tra i diversi livelli esistenziali dello stesso individuo. Per esempio un dolore non controllabile può provocare desiderio  di annullamento. Attraverso canali conosciuti, ma invisibili, una cellula recepisce questo desiderio, si rifiuta di appartenere all’organismo di nascita, modifica il suo stato genetico ed inizia il cancro o qualche altra malattia o disturbo.

In modo più complesso, ma altrettanto possibile, sono interpretabili la pazzia, le ossessioni e tutti gli altri “mali” umani.

Va ribadito che in questa visione il male è una conseguenza per nulla malefica del sistema. Compito della Saggezza di interpretarlo, capirlo e saperlo fronteggiare o prevenire.

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Questa visione onnicomprensiva contiene pure essa il mito del ritorno finale alla unità primordiale sotto forma di un continuo rinascere degli esseri in forme sempre più elevate fino ad identificarsi con il Sé universale.

E possibile influire positivamente sul proprio processo di crescita spirituale ed accelerare il ciclo di elevaione prendendo coscienza di esso e comportandosi poi volontariamente in modo adatto a favorirlo.

Mezzi e pratiche sono essenzialmente individuali. Solo personalità eccezionali possono indirettamente influire su altre creature.

In questa visione è male e producono male tutti gli avvenimenti che non sono coerenti, non sono indirizzati nello stesso senso del processo generale.

Nella nostra visione, per molti versi ispirata a questi principi, possiamo indicare il Male come disarmonia rispetto al disegno del Grande Architetto dell ‘Universo.

In entrambe le concezioni, quella orientale e quella massonica, è possibile trovare la chiave di lettura del Disegno. In un caso agendo sulle armonie, le leggi naturali, le manifesta.zioni di ciò che percepiamo per agire su noi stessi. Nell ‘altro leggendo nel linguaggio difficile dei simboli, che ne rappresentano la sintesi della Mente.

Esistono pratiche tantriche e atteggiamenti e comportamenti massonici che permettono di avvicinarsi in vita allo stato della maggiore conoscenza.

Diavolo diventa così chi, avendone i mezzi, non conosce, non vuole conoscere o, conoscendo una parte, utilizza la sua conoscenza per il proprio esclusivo beneficio materiale e spirituale, senza con ciò evitare di recare danno ad altre creature.

Diavolo è chi comunque, anche inconsapevolmente a proprio svantaggio, va in senso inverso al disegno universale.

Agiamo diabolicamente contro noi stessi quando ci abbandoniamo alla non conoscenza, non utilizziamo i meravigliosi mezzi di cui siamo forniti per capire e per sentire.

La vita, considerata come immersione nella esperienza del sensibile, intemo ed estemo, assume il preciso significato di essere l’occasione per utilizzare positivamente i nostri strumenti di comunicazione per mettere in rapporto le impressioni, il karma, con lo spirito.

Se non ce ne accorgiamo, o lo ignoriamo e ci lasciamo trascinare solo dalla realtà apparente, essa diventa invece I ‘immersione in un brodo rovente di terrori, di urti materiali e spirituali.

Gli altri diventano Avversari, le paure angosce, le azioni sforzi inutili. Non si intravede né risultato, né speranza mentre in realtà la vita è il Paradiso terrestre…

L’iniziato sa. Gli è stata aperta la porta delle conoscenza. Sicuramente il primo significato della Luce è questa consapevolezza Egli può percorrere il suo cammino conoscendo la direzione in cui sta andando.

Il significato del primo dei tre gradini è quello di allontanare i metalli, sgombrare la mente per poter sentire i messaggi più sottili. Il silenzio è la prima delle pratiche di purifica.zione.

Gli altri gradini permetteranno di utilizzare questa acuita sensibilità in modo sempre più delicato. La Maestranza anche per riprodurre la tradizione orale.

Quale debba essere il nostro rapporto con il Creato, positivo e negativo, è rappresentato dalla nostra entrata in tempio: noi camminiamo con un passo nel bianco ed uno nel nero. Entrambi questi

. stati fanno parte del nostro essere. Viverli e, se possibile, utilizzarli entrambi mettendoli in rapporto fa parte del nostro destino.

E gli altri? Sono tutti Diavoli?

Una parabola terribile ed illuminante è descritta dallo scrittore americano Bernard Malamud nel suo libro “Dio mio, grazie”.

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Calvin Cohn, ex rabbino e speleologo, è l’unico uomo scampato all’olocausto nucleare. Sente la voce di Dio che gli annuncia che egli è scampato per una svista, ma non gli sarà fatta altra violenza. Il destino non sarà comunque forzato,

Cohn approda in una isola incontaminata abitata solo da animali. Egli incontra un branco di scimpanzé. Nella solitudine insegna loro a parlare. Si convince che il volere di Dio sia che egli tramandi il sapere dell ‘uomo alle scimmie.

In un attimo di illusione si accoppia con le loro femmine che partoriscono alcuni piccoli di una nuova razza. La civiltà può essere ricostituita!

Il destino si compie. Gli scimpanzé ritomano alla loro natura selvaggia. Uccidono i piccoli e riprendono la via della foresta. Volontariamente dimenticano la parola.

Catturano Cohn e lo uccideranno. Nella foresta un gorilla isolato intona un lungo Kaddisch, la preghiera ebraica dei morti, per Calvin Cohn.

Il personaggio impersona bene, a parer mio, l’iniziato. Egli assiste impotente alla distruzione ed al suicidio dell ‘umanità perché questo è nel disegno della Natura.

Anche se conosce e vuole diffondere la sua consapevolezza, egli è impotente di fronte alla natura degli esseri che non possiedono questa capacità.

Malgrado i suoi tentativi di volgerlo al quello che Egli considera il Meglio, il Disegno si compirà semplicemente, senza possibilità di ritomo, senza vinti né vincitori, senza colpe né peccati, né intervento di alcuna potenza cattiva. Semplicemente si compirà.

S. Vibrg, 17 maggio 1990 e…v:. (1 0 Grado)

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ALL’ORDINE

All’Ordine

Maestro Venerabile e Fratelli carissimi,

penso che la Massoneria o, se preferite, il nostro modo contemporaneo di essere Massoni sia “ammalato” di democrazia. Perché?

Perché nel mondo profano la maggior parte delle persone identifica sostanzialmente la cosiddetta vita democratica nella possibilità di poter fare tutto e il contrario di tutto, ovvero ciò che più gli aggrada, nonostante esistano regole comportamentali comunemente definite e accettate, ma soprattutto quanto esiste la certezza dell’impunità e quindi i comportamenti risultano esclusivamente regolati dall’onestà dci singoli; se questo è vero, com’è vero, qualcosa di analogo sta accadendo in Massoneria, stante la difficoltà ad abbandonare i metalli che comunque pernea i Fratelli, seppur con diversa intensità.

La Massoneria non è e non può essere “democratica” nell’accezione profana del termine. Questo, si badi bene, non significa che sia “autoritaria”, anche qui nell’accezione profana del termine, ma vuol dire soltanto che è essenzialmente iniziatica ed esoterica; in tal senso non può essere democratica.

A conforto di chi, tra noi, si sente più “democratico”, va detto che diversi articoli delle nostre Costituzioni traggono in inganno concorrendo a formare la convinzione che si tratti di una organizzazione cosiddetta democratica in senso profano.

Uno dei maggiori ostacoli con cui il profano si scontra è appunto l’obbedienza, la cui interpretazione (?) ed applicazione è diversissima a seconda che il termine ed il concetto valgano nel mondo essoterico, ovvero in quello fideistico, o per e tra iniziati.

Il profano sente e vive l’obbedienza come imposizione; il credente come “rivelazione indiscutibile”.

E l’iniziato? L’iniziato dovrebbe sentire l’obbedienza come armonia, non tanto accettabile quanto auspicata, una scelta consapevole. Ecco, una scelta consapevole! Di questo vorrei discutere con voi.

Ogni società iniziatica annovera tra i propri valori e principi “l ‘obbedienza” e nella tradizione massonica, in particolare, costituisce un punto di riferimento costante della filosofia e della storia libero-muratoria.

Promemoria ricordo: il giuramento (o promessa solenne) di fedeltà all’ordine; la promessa del Maestro Venerabile e dei Dignitari di osservare le deliberazioni dei rispettivi Grandi Orienti di cui sono all’obbedienza; l’intera Loggia promette obbedienza

al Maestro Venerabile; i Grandi Dignitari promettono obbedienza al Gran Maestro; dal rituale d’iniziazione al primo grado: “il terzo dovere (dopo il silenzio e la pratica della virtù) è quello di conformarsi (ubbidire) alle leggi dell’Ordine ed ai regolamenti della Loggia di appartenenza. “

Dunque dal concetto stesso della gerarchia, molto importante per la nostra via, dal simbolo del maglietto (l’utensile con il quale il Maestro Venerabile e gli altri Dignitari chiamano all’ordine i disobbedienti), dalla leggenda di Hiram (la tragedia della disobbedienza e della presunzione arrogante) discende I’INSEGNAMENTO INIZIATICO alla necessaria obbedienza.

Si può affermare che stando “semplicemente” all’ordine si compie quanto richiesto per sperare di raggiungere la Luce? E ancora. Frequentando regolarmente i lavori di Loggia, giustificando le assenze nel modo richiesto, indossando l’abito appropriato, osservando il silenzio a tempo debito, svolgendo adeguatamente i compiti assegnati, rispettando le gerarchie di funzione, e così via si può sperare di abbandonare i metalli?

Arturo Reghini affermava: “Oggi si crede che la Verità si possa raggiungere con la discussione, esercitando il diritto cosiddetto democratico alla stessa, dimenticando che la Tradizione è una, che non conosce le questioni democratiche perché è Tradizione, e che per affrontare problemi tradizionali è necessario prima formarsi l’indispensabile mentalità tradizionale”. Ecco uno dei nodi del problema: la mentalità tradizionale.

Si può pensare di acquisire mentalità tradizionale rispettando “semplicemente” alcune regole comportamentali del tipo precedentemente elencato? Ritengo di no, così come ritengo non si acquisisca alcunché di tradizionale soltanto scrivendo o discutendo, ancorché in maniera piacevole ed appropriata, di cose tradizionali.

Unendo ordinatamente le due cose è possibile che si raggiunga qualche risultato.

Ricordo da un vecchio rituale pressappoco così: “perché vi recate in Loggia? Per sottomettere la mia volontà e compiere nuovi progressi in Massoneria”.

Sottoscrivo questa frase convinto come sono che per recuperare I ‘ORDINE interiore necessariamente si deve incominciare dall ‘ordine esteriore rispettando, se volete, anche ordini “sbagliati”, ma essenziali al levigare la propria pietra.

S. Pnt,

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L’EQUINIZIO DI PRIMAVERA

L’Equinozio di Primavera

Maestro Venerabile, carissimi Fratelli,

al fine di chiarire almeno uno degli aspetti simbolici collegati a quel momento del ciclo solare che segna l’inizio della primavera, è indispensabile premettere qualche considerazione di carattere generale.

Com’è noto i punti significativi del cammino annuo del SOLE sono quattro e precisamente:

  • I ‘Equinozio di Primavera (giorno e notte di eguale durata);
  • il Solstizio d’ Estate (il giorno più lungo dell ‘annd); – I ‘Equinozio d’ Autunno (giorno e notte di eguale durata); – il Solstizio d’Invemo (il giorno più corto dell ‘anno).

Tale serie, come accade per tutti i quatemari, per essere intelleggibile deve riferirsi a significati connessi con il simbolismo della croce nel quale si configurano due punti di vista fondamentali: il punto di vista dell’opposizione ed il punto di vista del complementarismo.

Le rispettive rappresentazioni grafiche possono essere le seguenti:

                              Opposizione                                                                      Complementarismo

Il primo, corrispondente ad un punto di vista più esteriore e legato alla contingenza, implica una tensione reciproca fra i punti che si trovano in questo rapporto; il secondo invece esprime una relazione che tende a ricomporre in una logica di armonia unitiva quello che illusoriamente appare come opposto.

Nel ciclo annuo quest’ultimo punto di vista è rappresentato dall ‘asse dei Solstizi intersecante l’asse degli Equinozi con le seguenti relazioni spazio-temporali:

POLO NORD

SOLSTIZEIO D’I NVERNO

    EST       

EQUINOZIO D’AUTUNNO                                                                            EQUINOZIO  DI PRIMEVERA

POLO SUD

SOLSTIZIO DESTATE

Le due assialità in argomento, cui sono strettamente collegati i simboli massonici del filo a piombo e della livella, implicano nel caso dell’asse che, unendo nord e sud, possiamo definire polare, un significato di tensione verso l’unità, mentre nel caso dell’asse che, unendo est ed ovest, possiamo definire equatoriale, una tendenza alla espansione nel molteplice.

Da tutto questo emerge già una prima indicazione e cioè che il simbolismo solstiziale (cui sono collegate le feste dei due San Giovanni, il Precursore e l ‘ Evangelista) si riferisce a tutto ciò che tende alla concentrazione e, traslando, alla visione dell’uno nel molteplice oppure al ritorno dal molteplice verso l’unità; mentre il simbolismo equinoziale, che è quello che più propriamente ci interessa qui, implica il contrario ovvero la tendenza alla espansione e, traslando, la percezione della molteplicità derivante dall’unità.

Si può dire a questo punto che le forme tradizionali aventi un carattere più contemplativo tenderanno a privilegiare nei loro simbolismi il punto di vista solstiziale-polare (druidi, sacerdoti), mentre quelle, come la Massoneria, che privilegiano il punto di vista equinoziale-equatoriale avranno per converso una Più marcata tendenza verso l’azione (guerrieri, artigiani).

A conferma del legame particolare che ha la Massoneria con il punto di vista equinoziale vorrei citare alcuni dei simboli che lo evidenziano:

  • il primo Dignitario di Loggia, Il Maestro Venerabile, siede ad est del il secondo Dignitario, il Primo Sorvegliante, specularmente ad ovest, generando cosi l’asse primario del Tempio che è appunto un asse equinoziale;
  • tale asse equinoziale è di lunghezza doppia rispetto all’asse nord-sud essendo il

Tempio un doppio quadrato (almeno di principio);

  • il pavimento a scacchi esprime anch’esso, attraverso l’equa compenetrazione di luce (bianco) e di tenebra (nero), una visione marcatamente equinoziale laddove, nel caso dei solstizi, i due poli si considerano come l’uno prevalentemente luminoso (polo essenziale) e l’altro prevalentemente oscuro (polo sostanziale).

Ciò premesso, anche se in modo alquanto sintetico, vorrei ora esaminare più specificatamente i significati particolari connessi con il fenomeno degli equinozi di primavera e d’autunno. Anche qui ci troviamo a doverci dibattere fra due visioni complementari: l’equinozio di primavera, essendo legato all’idea della luce che deve tomare a prevalere sulle tenebre, ha un carattere in qualche modo dirompente e rivoluzionario (astrologicamente rappresentato dal segno dell’ariete, casa diurna di Marte e luogo di esaltazione del Sole) mentre quello di autunno ha un carattere di forte conservatorismo, in quanto rappresenta la luce già assestata che non vuole consentire alle tenebre di tornare a prevalere (astrologicamente la bilancia, casa diurna di Venere ed esaltazione di Saturno).

Nel mondo classico queste due visioni erano rappresentate da due divinità: Dionisio e Apollo. Alla visione dionisiaca corrisponde la grezza primordialità della natura vergine, la pulsione delle energie vitali e generative che si devono esplicare ed esteriorizzare per dare vita alle molteplici possibilità di manifestazione previste per quel particolare ciclo; mentre la visione apollinea, razionalizzante e geometrica, implica la preservazione e l’incanalamento ordinato delle energie. La prima è più simile alla scattante immediatezza delle azioni di guerra e si esplica in una logica di amore e di morte; la seconda esprime una attitudine di prudente metodicità alquanto più prossima alla natura dell’artigiano che non a quella del guerriero e la sua logica è quella della legge e dell ‘ordine.

Da ciò derivano anche i caratteri rispettivi dei tipi “psicologici” più particolarmente legati all’una o all’altra delle due visioni sopra descritte. II tipo “dionisiaco” sarà tendenzialmente portato ad essere “legge a se stesso” e sarà certamente poco incline a subire eccessivi condizionamenti al proprio anelito di liberazione, mentre quello “apollineo”, per sviluppare le proprie potenzialità, avrà costantemente bisogno di guida e di punti di riferimento precisi.

Nelle devianze, il primo tipo incorre nel pericolo dell ‘individualismo ad oltranza e della ribellione sterile, mentre il secondo potrà facilmente indulgere in convenzionalismi fanatici.

Per non divulgarmi troppo in questo genere di considerazioni, suscettibili di molteplici sviluppi, vorrei solamente ancora annotare che l’approccio alla via iniziatica, in analogia con gli equinozi, sarà metodologicamente più teso alla solitudine ed all’erranza nomadica nel caso della visione dionisiaca (equinozio di primavera), mentre sarà più orientato verso il collettivo e la sostanzialità nel caso della visione apollinea (equinozio d’autunno).

Questi due aspetti, come molti noteranno, si ritrovano entrambi in Massoneria; si può dire però che, almeno per quanto riguarda i primi due gradi, il secondo tende giustamente a prevalere sul primo giacché la via verso la libertà passa necessariamente attraverso una fase di costrizione.

C’è da chiedersi come mai, visto quanto sopra, la Massoneria, che è una organizzazione iniziatica di derivazione artigianale, dia la predominanza all ‘est piuttosto

che all’ovest. In effetti non è sempre stato così; pare infatti che nelle logge operative, legate all’esercizio effettivo del mestiere, il trono di Salomone (corrispondente al seggio del Maestro Venerabile) fosse sito in occidente e quello di Hiram re di Tiro (cui corrisponde il Primo Sorvegliante) fosse quindi posto ad est.

A mio avviso è alquanto probabile che, nell’ambito del riadattamento tradizionale che circa tre secoli or sono diede origine alla Massoneria attuale, siano intervenute in modo significativo delle influenze provenienti da organizzazioni iniziatiche di tipo cavalleresco (in particolare i Templari) e che, proprio a causa di questo fatto, si sia data preminenza all ‘est.

Bisogna inoltre considerare che, a causa del disordine generalizzato che caratterizza i tempi moderni, una simbologia che ritualizzi la propensione alla autonomia intellettuale, cosa alquanto tipica della Massoneria, possa essere più utile per gli iniziati di oggi di quanto non lo fosse per i Fratelli operativi di un tempo e inoltre, essendo oggi la Muratoria non più vincolata al mestiere e dovendo pertanto accettare uomini, purché qualificati, alquanto diversi fra loro, risulta inevitabile la necessità di massima apertura alla possibilità di comporre armonicamente modi di pensare o di essere talora abbastanza lontani, cosa quest’ultima certamente più consona ad una mentalità di tipo “cavalleresco” che non ad una moralità “artigiana”.

Spero con queste mie brevi considerazioni di essere riuscito a trasferire, in particolare ai Fratelli Apprendisti, il senso profondo di questo importante momento simbolico e rituale ed anche la percezione di come la natura cd il cosmo, avendo acquisite le corrette chiavi di lettura, siano per quanti dotati di buona volontà e di amore

per la verità, i Maestri più perfetti.

EX TENEBRIS LUX

A, Orlnd,

                                                                                s                                               15

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TACERE

Tacere

Qualche settimana or sono, ascoltando la descrizione di un rito di iniziazione del Rito Scozzese Antico ed Accettato, venni preso da un profondo senso di malessere. Mai sentito nulla in proposito (voi conoscete la mia profonda ignoranza!), ho impiegato un poco a rendermi conto del perché.

Il rito in proposito consiste nell ‘abbattimento delle colonne. Azione di distruzione e di violenza; l’unica che abbia mai conosciuto nell ‘ambito dei riti Massonici.

A dire il vero, nel nostro rito di iniziazione potrebbe sembrare violento il passo della luce, quando viene tolta la benda all’iniziando ed egli vede le punte delle spade puntate su di lui. Ma l’impressione di stupore, soprattutto dovuta al contrasto con il contenuto filosofico ed umanitario dei passi uditi ed accettati precedentemente, è destinata ad essere immediatamente corretta dalla spiegazione che quelle spade che egli vede sono le stesse destinate a difenderlo se si trovasse in una situazione di pericolo.

Da dove verrà la necessità di distruggere imposta proprio dal più antico dei riti?

Alcuni giorni fa mi sono capitati per le mani alcuni Mandala originali indiani. Mi ha molto stupito la complessità del disegno, i colori, la apparente impenetrabilità del loro significato. Chieste spiegazione ad un esperto, per la verità una esperta, mi venne spiegato non il contenuto, ma l’uso di queste immagini estremamente elaborate: essere oggetto di meditazione, durante la quale essi si dispiegano all’interno della mente, portando in essa conoscenza, illuminazione e, se non si sa gestire il tutto, anche incubi e

Si tratta quindi di simboli complessi trasposti da menti illuminate, nella notte dei tempi, per trasmettere conoscenze altrimenti incomunicabili e fortunatamente a noi giunti formalmente intatti se pur incomprensibili.

La stessa funzione dei nostri simboli. Solo che questi sono estremamente semplici. Strumenti da lavoro di umili professioni, oggetti comuni, manifestazioni della natura: gli astri, le stelle, il cielo; forme geometriche elementari, parti anatomiche.

Stessa finalità quindi, ma quale enorme differenza di livello! Si direbbe quasi che i simboli che ci sono pervenuti siano frammenti della esplosione di un universo di simboli, sparso nell’umanità e poi raccolto con immenso sforzo da chi ne aveva mantenuta la memoria, ma non l’esatta conformazione.

In realtà il fenomeno potrebbe essere stato esteso nel tempo, ma per arcana ragione, irreversibile.

Migliaia d’anni fa anche nel continente europeo la conoscenza totale fu raggiunta da uomini illuminati delle antiche popolazioni: Celti, Balti, Liguri, Etruschi. I nomi dei saggi di questi popoli potevano essere i Druidi o altri.

Poi si verificò sistematicamente il prevalere delle popolazioni più arretrate dal punto di vista filosofico, ma efficienti dal punto di vista economico e militare sulle preesistenti civiltà avanzate. In questo modo popolazioni ignoranti, ma violcnte arrivarono a cancellare intere culture e popolazioni.

I poteri militari degli imperi e dei reami sottomisero con inaudita violenza e totale crudeltà i popoli della caccia, della agricoltura, della armonia con la natura, trasformandoli in popolazioni miserabili di schiavi del terrore e della ignoranza.

Il cristianesimo venne a sua volta radicalmente influenzato dalla metodologia del dominio degli imperi precedenti ed impiegò secoli per imporre le vestigia di se stesso, dimentico delle origini mistiche ed umanitarie.

Furono dei militari, i cavalieri, quelli che raccolsero in qualche modo il messaggio della trascendenza, tramandato oralmente nei secoli oppure ritrovato in qualche antro orientale. Lo riportarono in occidente, subito prima di essere distrutti essi stessi dall’impero e dalla chiesa, coralmente atterriti dalla probabile perdita di potere o di ascendente derivante dalla diffusionc di un saperc trascendente.

Il messaggio era però già passato ai loro architetti costruttori ed agli operai delle cattedrali.

Centinaia di anni dopo, nel secolo dei lumi, alcuni studiosi trovano i legami sottili, sentono e scoprono chc la tradizione è sempre esistente. Percepiscono i significati profondi dei simboli, raccolgono quello che resta, riscrivono i limiti. Elaborano un rituale scritto.

Quanto è rimasto porta vaghe tracce di coloro che hanno mantenuto il legame orale; degli originari: la natura, il simbolismo, il mistero; degli schiavi: il terrore; dei militari: il rigore, la combattività; degli operai: l’operosità e gli strumenti.

Da tutti prendono e rifondono alla stregua degli alchimisti, ma come prima cosa afferrano il valore più profondo, tramutano il ferro in oro: la violenza in amore.

Si comincia con questo. L’iniziazione compie l’ultimo atto che ha la forma della violenza, ma che ha l’unico scopo di uscire dalla violenza.

Tanto ci possono indicare i simboli di cui ci serviamo per tentare di interpretare il cosmo e la storia.

La spiegazione è semplice, una delle tante, ciascuno di noi può costruirsene una a suo piacimento. Questo ragionamento è pericoloso: può venire fuori il dubbio che tutto quello che si presenta sia un castello di fantasie senza un reale fondamento.

Tanti anni fa avevo proposto una tavola che il Venerabile mi sconsigliò di esporre ai Fratelli, ma che ora ritengo maturo il tempo di raccontare. E la storia di A, un ricercatore che trova una guida che lo porta verso una montagna. Man mano che sale egli abbandona tutto ciò a cui era attaccato ed affezionato; la cima della montagna è li splendida ed allettante. Con immense fatiche arriva in cima Trova un cartello: chiuso per ferie. La guida è sparita. A si rivolta ed inizia la discesa.

Allora ero un Compagno alle prime armi, percepivo i dubbi, ma non andavo oltre.

Da Maestro “sempre alle prime armi” posso ora dire che, se ci lasciamo trascinare dalla speranza che esista una verità, saremo sicuramente delusi da milioni di altre verità.

Ma se troviamo alcuni ricercatori disposti a trovare una loro personale verità, con metodo valido ed intenti onesti, potremo fare la strada insieme: questa sarà la verità.

L’universo è meraviglioso perché fatto di infinite realtà. Sta ai ricercatori immaginarle e realizzarle in Sé ed all’esterno.

S. Vlbrg,

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RIFLESSIONI

Caring mother and dad supporting sad teen son sitting on bench in park, crisis

Riflessioni

Negli ultimi tempi mi sono fermato più volte a pensare quanto sia ardua e dura la vita profana con tutti i suoi impegni materiali e umani, diverse volte sono stato preso dallo sconforto di trascinare una vita senza nessun significato se non allevare figli, per poi metterli, con tutte le abituali facilitazioni che loro offriamo, in una vita che sempre più affonda in povertà di spirito, di scopi e bassezze di risultati sempre più distanti dalle illusioni idealistiche che la mia epoca aveva immesso in tutti noi di quella generazione.

Noi, i figli del dopoguerra, siamo comunque partiti da poco e comunque siamo arrivati molto in alto nelle nostre necessità materiali.

Comodi, circondati dal benessere, possiamo aver desiderato di più perché abituati a competere con il confronto, noi abbiamo costantemente finto d’essere di più creandoci quel cronico stress oggi tanto d’attualità.

Ma poi siamo cresciuti e incontrando sulla nostra strada la Massoneria abbiamo pensato di rinascere in essa trovando nuova linfa per il nostro spirito, per il nostro animo idealistico a lungo soffocato, e io, qui, ho ancora sbagliato i miei conti, essere Massone, far rinascere e sviluppare quanto nascosto e celato negli anni mi ha ancora più messo in crisi e traumatizzato.

Facile farlo a parole, il Massone, ma ben più arduo viverlo costantemente.

Un mare d’azioni e di cose, mascherate dall’indolenza e dal normale per tutti, diventano macigni insostenibili.

Ed ecco, nuovamente, vivere continuamente in tensione, in urto, con quello che senti non solo per te, ma per tutti.

Sentirsi fuori dal mondo, ma frequentarlo e viverlo, altro che super uomo, ma piccolo pesce in un mare che ha delle leggi e delle correnti che la mia piccola forza cerca di arginare, forse, ma non riesce certo ad invertirne il senso.

L’oasi del rito in Tempio, la comunione con altre persone che sono come noi, ci da fiducia, ci ritempra, ma anche lì non riusciamo tutti a spogliarci dei nostri metalli e a volte scarichiamo i nostri fardelli e competiamo nel dimostrare la nostra certezza per trasmetterla ad altri che sono assopiti nei loro sentimenti e che un domani, nella ricerca della luce, si ritroveranno a combattere con se stessi e con il mondo.

E in quel Tempio sci nuovamente solo con il G.’.A.•.D.•. U a chiederti come farai a diventare quel Saggio che scivola sul male e propugna il bene.

Ma il risvolto più ricco è che ora sei certo che non puoi tomare indietro e come un cavaliere combatterai sino alla morte, certo che le tue sofferenze saranno poco, anche solo una goccia, per migliorare quel mondo ostile che cosparge il tuo cammino di ostacoli sempre più ardui, in modo che, quando raggiungerai la fine, saprai che niente, forse, è cambiato, ma il tuo essere Massone è inseguire l’utopia massonica, pur logorandoti, avrà dato un valido alla tua vita spirituale.

R. Gril,  

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AIUTO

Aiuto

Maestro Venerabile, carissimi Fratelli tutti,

perché proprio aiuto’? Forse il titolo giusto non avrebbe dovuto essere questo, forse era più giusto intitolare la tavola “Storia di un apprendista” in quanto proprio una storia, o meglio la mia storia, è alla base di quanto voglio esporre.

La storia di un uomo, con il suo carattere, il suo vissuto, che un giorno decide di affrontare una nuova avventura, l’ingresso in Massoneria. E una scelta diversa da quelle sin ora affrontate, non lo coinvolge nel lavoro o nel tempo libero e neppure da ciò ne è motivata. Non incide nella sfera affettiva, ma piuttosto nella non bene identificata ricerca dell ‘io, dell’anima, dell ‘esistere.

E una storia che inizia bene, così come se la era aspettata, secondo un copione pensato o, meglio, immaginato. Gli dicono che ha il diritto di imparare, di capire, e che la Loggia ha il compito di insegnargli, che la strada da percorrere è lunga, difficile.

E così un giorno dopo l’altro, senza traumi, senza scossoni.

La partecipazione ai Lavori, il Rito, i Simboli. Tante incognite, il buio, la speranza. Ha come obiettivo la Luce, come tutti i Fratelli, e più il tempo passa, più aumenta la speranza. Non è in grado di vedere, però prende coscienza del fatto di essere in una galleria al fondo della quale può trovare una risposta ai suoi dubbi. Chi è, da dove viene. dove va.

E poi i dubbi.

Perché? Per chi?

Non chiede aiuto, ma neanche aiuto gli viene offerto o, meglio, non lo percepisce.

Le domande, tante. A cosa serve l’apprendistato, è giusto fallire perché non si chiede, è giusto chiedere o piuttosto si debbono cercare le risposte all’interno di se stessi. Ma una su tutte lo assilla: cosa manca se manca un apprendista? Chi se ne accorge ?

Percepisce che il non frequentare è negativo, che non porta a nulla se non al fallimento suo, della Loggia, dell’Idea.

Però i dubbi restano, i perché sono sempre senza risposta.

Se la Loggia è una scuola, all’interno di questa scuola chi deve imparare e chi deve insegnare o, meglio, cosa si deve imparare e cosa si deve insegnare.

Il linguaggio, la parola, forse l’esprimersi, il confrontarsi può rappresentare una possibilità. L’intervento in Loggia non è personale, non è misurabile. I metalli sono rimasti fuori del Tempio, e con essi l’orgoglio, l’immagine profana, le reticcnze.

Una Tavola, forse uno spiraglio, una possibilità di aprirsi, di gettare la maschera, di chiedere.

Interrompo qui questa storia, non so se interessante per tutti, certamente lo è per me, e proprio interrompendola in questo punto capisco che il titolo non avrebbe potuto essere “Storia di un Apprendista”, ma che è giusto averla così intitolata. Aiuto!

R. Pir,

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ARABESCO

Arabesco

Quidam de populo

titolo:

ARABESCO

oppure:

UNA LETTURA DEL “FARINA”

Sfogliavo un “classico” massonico, e cioè il libro di Salvatore Farina sul R.S.A.A. quando mi imbattei nella descrizione di un vecchio rituale di ispirazione templare, che destò il mio interesse. Sentiamo. L’entrata del Tempio “è chiusa da una tenda sostenuta da due colonne”, al centro della quale è dipinta in rosso una croce greca, ecc. ecc.. Si susseguono, da parte degli officianti, vari discorsi sulla Scienza, di tono vagamente ottocentesco. A un certo punto il recipiendario è invitato a “abbattere le colonne e calpestarne i rottami, cioè il simbolo che domina l’entrata del Santuario”. Tra gli arredi del Tempio, oltrepassate le colonne, c’è la scala si sette gradini ognuno dei quali corrisponde ad una delle scienze fisiche.

L’abbattimento delle colonne, chiararnente il momento cruciale del Rito, doveva avere un significato simbolico che tuttavia non mi risultava chiaro, anche se intuivo che il concetto di Libertà doveva essere in qualche modo coinvolto. Decisi allora di farc una verifica avvicinando vari confratelli, Liberi Muratori di indiscussa dottrina, notoria saggezza e veneranda canizie, e ponendo a tutti lo stesso quesito: “Cosa significa, per te, abbattere le colonne?”.

Il primo fratello, quando lo raggiunsi, era intento alla lettura della “Enciclopedia” settecentesca, quella di Diderot e D’Alambert per intenderci, apparsa recentemente in ristampa anastatica. Quando gli posi la mia domanda mi guardò con una certa condiscendenza e rispose: “Fratello mio, qualcuno ti dirà che questo rituale è un retaggio templare. Le solite fanfaluche. Quanto a me, il significato mi sembra chiarissimo. Le colonne del Tempio, il velario con la croce. Abbattere tutto questo, cosa può voler dire se non liberare I ‘Uomo dalle catene del dogma religioso?”.

“Ecco – dissi tra me – ecco qui il collegamento col tema della Libertà”. Rimasi favorevolmente impressionato, anche se non riuscivo a liberarmi della convinzione che quella interpretazione fosse viziata da una certa banalità.

Quando raggiunsi il secondo fratello dovetti attendere qualche minuto. Mi ricevette fraternamente, non appena completata la sua meditazione su un Mandala. Ebbi qualche difficoltà a fargli mettere a fuoco il problema, ma poi la sua risposta fu limpidissima. Tradizionalmente, le due colonne simbolizzano la dualità, anzi, tutte le dualità. Esempio, Rigore e Misericordia (pensa alle due colonne dell’albero sEfirotico, mi chiarì); esempio, Cielo e Terra, Forza e Bellezza. E chiaro che il loro abbattimento ha un profondo significato metafisico in direzione vedantica. Addita la dottrina advaitica, e cioè non duale.

Il terzo fratello che avvicinai era intento a prodromi amorosi con una giovanc donna che mi presentò come la sua yogini. “Si, insomma, la mia shakti” si sentì in dovere di chiarire dopo aver colto un mio attimo di perplessità. Avevo dimenticato che era un cultore di tantrismo. Dissipò il mio imbarazzo accettando di dedicarmi qualche minuto. “Per capire il simbolismo dell ‘abbattimento – mi spiegò con pazienza – è necessario capire prima quello delle colonne stesse. Notoriamente, le due colonne simbolizzano la porta stretta, e cioè la via iniziatica”. Citò ‘anche il Vangelo di Matteo: “Quando stretta è la porta e angusta è la via che conduce alla vita. E pochi sono quelli che la trovano”.

“Comunque – concluse – la allegoria non potrebbe essere più chiara. L’abbattimento delle colonne può solo significare la scelta di una via secchissima: la via del diamante, ovvero la via fulminante” (ripeté lo stesso concetto in Sanscrito). “Ora scusami se ti lascio – concluse – ma devo ritrovare la mia concentrazione. Ci sono pratiche rituali nelle quali ogni errore può avere conseguenze gravi”. Me ne andai con sottobraccio, donatomi, una copia della “Metafisica del sesso” di Julius Evola.

Il quarto fratello è un cattedratico di filosofia teoretica e un abituale protagonista di tavole rotonde e di dibattiti televisivi. Accolse di buon grado l’idea di una chiacchierata. “Le colonne? Non mi ero mai posto il problema, disse in risposta alla mia solita domanda”. Lesse con attenzione il Farina e si soffermò su un passo. “Ci siamo disse – ecco la chiave. Leggi: ciò che avete abbattuto non è la Religione, non è la Libera Muratoria. Non sono ncppurc i simboli cccctcra, Ciò che avctc abbattuto è l’opinione che tali simboli abbiano qualche valore al di fuori dell ‘idea, ecc…”.

Sogghignò leggermente: “Si potrebbe obiettare che quella credenza costituisca l’essenza stessa, se non della Massoneria, certo delle religioni. E tuttavia il significato è chiaro. Viene abbattuta la credenza del valore oggettivo del simbolo, e ci viene proposto di edificare un tempio che è il tempio dell ‘Ideale, cioè dell’Idea. Il tempio è una mia rappresentazione, esiste perché io lo penso. E il tempio che distruggo, abbattendo le colonne, è quello che mi ero costruito senza rendermi conto chc cra pura illusione (altrimenti non avrei potuto distruggerlo). Conclusione, questo è puro idealismo. In Massoneria, risalendo per li rami – l’espressione mi piacque e la annotai, n.d.r. troviamo Giovanni Amedeo Fichte: non dimentichiamolo, mio giovane amico”. In realtà era un lapsus: voleva dire mio caro fratello, ma si sa, è l’abitudine dei dibattiti televi Sivi.

Le mie idee non erano molto chiare quando posai il solito quesito al quinto fratello, che è uomo di scienza.

“Ovviamente – mi rispose – quello che il rituale ci trasmette è un messaggio neo-positivista. Si vede bene là dove è detto che la Realtà con la R maiuscola è l’energia. La descrizione che segue è accurata, al punto che sembra scritta da un fisico. Senti”.

“L’energia, condensandosi nell’etere (…) ha generato l’atomo, nel quale essa si manifesta sotto la doppia forma di forza condensata e di forza viva: la prima si trasforma in un punto di resistenza nello spazio, ed è la materia, la seconda si rivela per i suoi modi di attività (…) che noi chiamiamo movimento, calore, luce, elettricità, volontà, ecc.’ .

“Praticarnente – continuò – abbiamo qui la descrizione in parole di quel formalismo matematico che noi Fisici chiamiamo un campo quantistico, e che è poi una imago mundi. Descrizione approssimata, ma sappiamo che più di così non si può fare. La impossibilità di descrivere in parole i contenuti matematici della fisica moderna è ben nota. Siamo su quel tcrrcno dovc fisica e metafisica convergono”.

Lo guardai con  cosicché si senti stimolato a proseguire. “Messaggio neo-positivista, dunque. Vuoi una conferma? Eccola. Cosa trova il recipiendario che ha abbattuto le colonne? La Scienza, perbacco! Sette gradini ascendenti che sono altrettante tappe nella conquista faticosa del sapere scientifico e cioè della Verità. E non fu forse detto La verità vi farà liberi? Semplice, no? Prova e pensaci”.

Ci pensavo ancora quando bussavo alla porta del sesto fratello che, avevo deciso, sarebbe stato anche l’ultimo. Piansi sulla sua spalla prima di porgergli il quesito. Delle mie idee, già inizialmente nebulose, lo sfacelo era completo. Mi consolò brevemente e passò a espormi il suo pensiero.

“I fratelli con i quali ha parlato – disse – non hanno colto quello che a mio avviso è il passo più importante di quel vecchio rituale, e la chiave per comprendere il resto. Leggi: non è senza (…) dolore che I ‘Uomo sacrifica le sue credenze famigliari, anche se si tratta di abbracciare dei concetti più alti. Ti rendi conto che qui vi è in embrione l’essenziale di tutto l’insegnamento massonico? Abbatti le colonne, cioè abbatti il tuo tempio, cioè abbatti con dolore quell’edificio di certezze che ti sei costruito. Non considerare nulla come acquisito e come definitivo. Metti sul tavolo il tuo patrimonio di certezze e sii pronto a giocarlo e a perderlo per poi ricostruirlo con logori arnesi, come insegna il Fratello Rudyard Kipling. Abbatti il tuo tempio angusto per ricostruirlo con quello che ha pcr volta il cielo stellato”.

Ci fu un momento di silenzio. Egli era emozionato, e io soggiogato.

“E la libertà, Maestro, la Libertà che c’entra?” fu la mia domanda successiva.

“Libertà – rispose – significa rompere le catene costituite dalle nostre radicate convinzioni. Quelle convinzioni che diventano dogmi, se solo non siamo capaci di considerarle criticamente’

Per la prima volta mi sentivo rincuorato. Salutandolo sulla porta lo vidi pensieroso, “Che c’è?” chiesi.

“Riflettevo – fu la risposta – che quando entri nella via iniziatica la tua via è tracciata, e quindi la tua libertà è finita. Solo il profano può essere libero, l’iniziato no. Per questo il profano bussa alla porta del Tempio: spera che Io liberiamo della sua libertà. In quest’ottica, abbattere le colonne significa abbattere la nostra condizione di iniziati, e ritrovare la nostra libertà. Ma cosa vale, cosa varrebbe una tale libertà? Sarebbe forse più che una libertà di ubriaco?”.

Scendendo le scale mi sentivo come alleggerito. Avevo fatto tabula rasa e me ne tornavo a casa mia, al punto di partenza.

R. Scch,

giugno2019

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IMMAGINI ALLO SPECCHIO

Immagini allo specchio

Un altro anno è passato. Un altro anno carico di avvenimenti che si rincorrono in un crescendo di velocità inerziale (quasi un non sense): dove porta questa corsa, dove porta la nostra frenesia, il nostro continuo movimento?

Non credo che abbia nulla a che fare con il “cambiamento interiore”, anzi! La prova di tutto ciò è che, più ci si muove in questo vortice, o meglio più ci si lascia prendere la mano dal gioco, più, purtroppo, il bianco ed il nero diventano grigio; grigio chiaro o scuro se sei fortunato.

Ecco che, curiosità mia personale, prendendo spunto dalla tavola del Fratello Dante, mi sono detto: “Sergio, verifica se esiste in te altrettanto ottimismo di fondo, oppure se cadi nell ‘eccesso opposto”.

Mi appresto quindi, dopo un anno, a leggervi alcune mie considerazioni “sul filo del rasoio” o “dal bordo del precipizio”?

Esse sono, perdonatemi, forse poco da Maestro, ma vi assicuro sono parte integrante di un disegno abbozzato, di un lavoro iniziato. Già, ma quale? Quanta parte o tutto di me è tesa verso questa ricerca?

Dolore e piacere, inseparabili anici, sono la violenza del relativo e del contingente e, quando il metallo tintinna ed incanta con le più dolci e suadenti melodie, l’unica strada è di andare oltre.

Finalmente mi sono deciso e, non lo nascondo, con un certo timore mi pongo davanti allo specchio.

Purtroppo ciò che mi si rifrange non è una delle immagini più incoraggianti, ma ormai vado avanti.

La prima sensazione è l’opacità.

Sono opaco, avvolto in una nebbia che nulla tralascia, fascia le forme in giochi ambigui e, con la massima ipocrisia, fa credere a me che guardo di avere di fronte la forma reale. In verità credo che essa sia così, ma anche che solo una parte di essa è; il resto sono scorze, metalli, incombenze, desideri e pie intenzioni profane.

Viene spontanea la seconda sensazione: falsità.

Sono falso con me stesso e con gli altri.

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Andiarno un momento a confutare questa affermazione che poco mi convince. Lo specchio comincia ad innervosirmi.

Conoscere se stessi … un Fratello, tempo addietro, mi disse che se non riesci a fare questo primo passo, sei uno sciocco che probabilmente prende in giro se stcsso e gli altri, ma se è cosi, a che pro?

Non credo che nessuno di noi, Fratelli, si diverta ad apparire diverso da com ‘è realmente, ed in effetti il punto è proprio questo.

Cosa vuol dire “come si è realmente”?

Logica, fede, scienza, spiritualità, ognuno di noi è permeato dalla sua visione. Diventa quindi facile, a mio parere, lasciarsi prendere dai suadenti messaggi dell’inconscio, pur “pensando di conoscere se stessi” e cercando, di conseguenza, di combatterli.

La presunzione, la passione, l’orgoglio, l’arroganza (anche solo dialettica) che a volte affiorano in noi, sono il modo più semplice per dire a noi stessi ed agli altri di essere nel giusto: studiare, meditare, assorbire concetti, vagliare ecco, Fratelli, ecco qui la nostra ricetta, la nostra verità.

Per fortuna che esiste il risvolto della medaglia. Entra in campo quindi un problema apparentemente opposto: il sacro dubbio.

Tutto ciò che facciamo è pieno di dubbi. Di dubbi è fatto il mondo, certezze ne abbiamo poche e queste poche vengono minate dall’amico subdolo, ma di provata validità logica che è il dubbio.

Attenzione, e se per caso diventasse un ‘altra fede?

Ed allora se abbiamo certezze rischiamo di essere orgogliosi, se abbiamo dubbi rischiamo di non vedere oltre i veli di Maya!

Dov’è finita la mia sensazione di falsità (o di dualità)? Esiste? No Fratelli perché essa è una semplice forma apparente, seminata e germogliata nella mia mente, trucco ultimo per impedirmi di spogliarmi, di utilizzare l’occhio del cuore, l’occhio per il quale, né orgoglio, né dubbio possono confondere le acque. Essa è relativamente vera, ma assolutamente falsa.

La terza sensazione allo specchio è di trovarmi di fronte ad una pietra da lavorare con forza, con martello e scalpello, ma dopo un po’, con sorpresa, noto quanto questa pietra sia molle, viscida, ben modellata in apparenza e facilmente adattabile alle circostanze. Essa si adegua all’arnbiente, si mimetizza, si trasforma. E come un camaleonte in base alle esigenze del mercato sociale, culturale, familiare, lavorativo. Bella presunzione! Non pensare però che poi nulla mi possa sfiorare perché la vedo, quando meno me lo aspetto, si trasforma, ridiventa putrida, informe, materia senza soffio vitale, materia prima.

Intravedo qualcosa, l’iniziazione. mi da modo, non solo virtualmente, ma tutti noi lo crediamo e speriamo, in assoluto, di permeare la forma e la materia di spiritualità, di trasformare la pietra grezza in pietra cubica, un abbozzo in un ‘opera d’arte.

Questo specchio è sempre più grande, per quale strano scherzo si sta muovendo? Perché mi sta assorbendo?

Ora le posizioni si stanno invertendo: mille caleidoscopi di mille cristalli, di mille specchi diversi mi attorniano, mi circuiscono, mi conglobano, mi anmaliano. La tentazione è forte, immergermi definitivamente in uno solo di questi, di analizzare e credere in un solo di questi punti di vista spaziali. Sarebbe bello e piacevole … poi, una sensazione di dolore, uno strappo e, riprendendo le distanze, mi allontano con una certa freddezza. Semplice gioco della mente o tentativo estremo di sintesi?

Noi, carissimi Fratelli, siamo soli ed ogni via, ogni strada è diversa; possono le nostre strade toccarsi, intersecarsi e in queste felici occasioni, grazie alla Massoneria, possiamo aiutarci, comunicare le nostre paure e certezze; grazie alla Massoneria possiamo avere una traccia di sentiero. Il non perdersi o giungere alla meta è tutt’altra cosa.

La nostra è una solitudine dolorosa seppur serena: non può essere permeata né di ottimismo, né di pessimismo. Essa è.  Sto piangendo e mentre alzo gli occhi, attraverso lo specchio, la Signora velata di nero sorride

S. Frrnt,

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