Dopo la pausa e la ricreazione estiva,
il lavoro, pur con qualche nuvola passeggera riprende con forza e con vigore.
Nel primo periodo dell’ Anno Massonico
si è dato spazio sia a un filone conduttore che aveva per tema “11
gabinetto di riflessione”, che a delle tavole di istruzione dei Fratelli 1
0 e 20 Sorveglianti. Altri fratelli hanno contribuito,
con le loro tavole e con i loro interventi, a rendere vivo e costruttivo il
Lavoro di Loggia.
Vi sono stati momenti in cui la
serenità si è leggermente offuscata, ma la saggezza dei fratelli ha permesso a
tutti di mettere in pratica quei principi di buon comportamento che sono
ispirati dalla nostra Istituzione.
Questo ha permesso a tutti di recepire
con serena dialettica, anche se in qualche caso antinomica, differenti punti di
vista di altri fratelli
E stata una ottima
scuola di tolleranza attiva e una dimostrazione di saggia azione.
Costruttiva è stata pure la visita dei
nostri Fratelli olandesi in occasione del passaggio di grado del Fratello
Guido.
Il Fratello Carlo Alberto ci ha creato
qualche patema d’animo per la sua salute. Sembra che, grazie all’aiuto, oltre
che di se stesso, anche di Forze Superiori che ci governano, le cose vadano nel
senso che tutti noi speriamo. Auguri dal profondo dei nostri cuori.
Nel semi/semestre che ci attende, il
programma prevede ancora una tavola di istruzione. Per il resto i temi sono
liberi.
Siamo vicini alla fine dell’ultimo anno
Massonico che inizia con 1000 E:. V e ci sarà in novembre la scelta delle
Cariche per il 2000 E V
Tutte le cariche sono un servizio verso
tutta la Loggia e sono gli stessi Fratelli a scegliere coloro che, tra di essi,
devono svolgerli. La loro disponibilità al riguardo deve essere ed è sempre
stata piena e senza riserve.
All’inizio del
corrente anno massonico avevo scritto:
Parecchi fratelli
all ‘inizio del 1998 avevano suggerito che il corso normale degli eventi limitasse
a due anni il tennine massimo per un corretti svolgimento delle funzioni di ME
Condividevo e condivido questo modo di vedere le cose.
Confermo in pieno le mie parole che
volevano e vogliono essere fondamentalmente un adeguarsi sereno e rispettoso alla
volontà della Loggia.
Saranno soltanto i Fratelli Maestri,
lontano dai rumori del mondo profano, a scegliere in piena autonomia
istituzionale ed in saggezza il M. V. e le Cariche di Loggia.
Non ci sono dubbi
che le scelte saranno giuste e perfette.
(dedico questa parte della mia modesta
fatica alla Comunità ebraica fiorentina e alla Massoneria di cui
orgogliosamente faccio parte).
La non-violenza è la risposta ai cruciali problemi
politici e morali del nostro tempo; la necessità per I ‘uomo di avere la meglio
sull ‘oppressione e la violenza senza ricorrere all ‘oppressione e alla
violenza. L ‘uomo deve elaborare per ogni conflitto umano un metodo che rifiuti
la vendetta, l’aggressione, la rappresaglia. Il fondamento di un tale metodo è
l’amore. (Martin Luther King – discorso pronunciato l’Il dicembre 1964 in
occasione della consegna del Nobel).
I – Quando diciamo violenza, immediatamente
evochiamo immagini di violenza fisica, scenari di sopraffazione, soprusi che
vengono consumati da chi è armato contro chi è disarmato e inerme. Ma la
violenza indossa spesso abiti gioiosi ed innocenti, è subdola, ingannevole e,
quel che è peggio, difficilmente riconoscibile. Si presenta anche sotto le
spoglie della educazione al buon vivere civile: in questo caso è irresistibile.
Si impadronisce delle coscienze, conficca su di esse le pietre di confine a
delimitare un territorio di cui presto sarà padrona incontrastata. “Date a
me le loro giovani coscienze, e poi tenetevi per tutta la vita I ‘uomo che ne
uscirà “, diceva una antica massima gesuita pronunciata la prima volta da
chi la sapeva lunga sul “condizionamento”, al limite del plagio, che
l’educazione può produrre. Anche questa può essere violenza.
La violenza è costrizione. Obbligare in qualche
modo e con qualche mezzo, qualcuno a fare ciò che non vorrebbe fare o a non
fare ciò che vorrebbe fare è violenza. In questo senso non esistono soltanto uomini
violenti, ma anche società violente,
Non vi può essere legittimità per la violenza.
Tuttavia viene da domandarsi: ma è sempre vero che costringere qualcuno a fare
qualcosa che non vuol fare è violenza? E gli obblighi che abbiamo contratto con
noi stessi e con gli altri, non sono anch ‘essi costrizioni, magari non molto
gradite, ma certamente sacrosante? E perché non dovremmo essere obbligati a
rispettare patti liberamente sottoscritti? E il rispetto della Legge? Se è vero
che non vi può essere legittimità per la violenza, nondimeno va sottolineato
che una costrizione legittimamente esercitata al fine di far compiere un dovere
dimenticato, non può essere considerata violenza.
Ma chi può giudicare sulla legittimità o meno di
una obbligazione’? La legge morale in primo luogo, perché è proprio la stessa
legge morale a conferire legittimità alle azioni degli uomini.
2 – Non violenza, segna il prevalere della ragione sulle
forze, il netto rifiuto della violenza. E questo un termine dal significato
molto esteso, che richiama una intera cultura legata alla libertà ed alla
tolleranza. Una libertà ed una tolleranza interpretate secondo il punto di
vista massonico. Libertà di fare tutto ciò che è nel nostro potere di fare, ma
non senza limiti, bensì fino a quando non viene lesa la libertà degli altri.
Tolleranza, non un trascurato e irresponsabile lasciar fare, ma comprensione e
rispetto per le opinioni degli altri: un rispetto spinto fino a compiere ogni
tentativo di comprenderle e, nondimeno, senza mai, in nessun caso, deporre la
dignità delle proprie.
Il rifiuto della violenza nasce da qui ed impone il non
uso della violenza non solo per imporre il nostro volerc, ma anche nel caso in
cui si voglia impedire ad altri di imporlo a noi. Gli esempi non mancano: valga
la citazione dell’indiano Gandhi che, nell’allocuzione di difesa contro
l’accusa di sedizione il 23 marzo 1922 ebbe a dire: “La non-violenza è il
primo articolo della mia fede. E’ anche l’ultimo articolo del mio credo.
Sostituire alla violenza la non-violenza, sostituire Fuso
della ragione all’uso della forza, questo è il grande merito di chi sa
intendere il richiamo della ragione, giacché con I ‘uso della ragione si
costruisce, con l’uso della forza si distrugge.
Pure in questi ultimi tempi vi è un ritorno quasi
nostalgico alla violenza: sessuale, violenza contro i minori, violenza negli
stadi, violenza politica, scorribande contro gli ebrei, profanazione di tombe
in Germania ad opera dei nazi„skin, scritte e simboli della persecuzione
antisemitica anche a Roma, Come se gli orrori recenti di una guerra che ha
sconvolto il mondo ed ha lasciato ferite ancora non rimarginate, fossero stati
dimenticati: cinquant’anni, appena due generazioni. Ed è come se ce ne fossero
trascorsi mille, tanta è labile la memoria umana, tanto sono forti i
pregiudizi, tanta è la voglia di violenza che cova nell’animo umano,
soprattutto nelle giovani generazioni, tanto i fatti attuali si ripropongono
simili a quelli già accaduti, quasi una ripetizione di un film fin troppo
tristemente noto. Ma con una differenza: questa volta non vi è la
giustificazione di un nazismo e di un fascismo che premono con una massiccia
propaganda di regime su folle di uomini ormai completamente plagiate, questa
volta vi è una Europa orgogliosamente libera che non spinge nessuno a
comportamenti in contrasto con le regole democratiche e, nonostante ciò, i naziskin
operano senza alcuna regola né ragione che siano diverse dalla più pura e
perversa logica della “violenza per la violenza”.
Segno che non si è fatto abbastanza affinché il rispetto
dell’uomo, di ogni uomo, diventasse convincimento, costume. Segno che non è mai
troppo il parlare, troppo il cercare di convincere che una convivenza civile
non può non basarsi sul rispetto reciproco, sulla tolleranza, sulla eleminazione
di ogni forma di violenza,
3 – Che fare? Stare immobili a guardare e sedersi sul
morbido cuscino del lasciar fare? Non immischiarsi in queste faccende perché
tanto non ci riguardano? E questo il miglior modo di esistere, oppure ciò
equivale a tapparci occhi e orecchi e isolarci dal mondo come se il mondo fosse
cosa che non ci riguarda? Personalmente non sono di questo avviso. Ritengo
invece non si possa più consentire che giovani scalmanati in preda al più cieco
fanatismo facciano uso del linguaggio della violenza in ogni occasione, partite
di calcio comprese. Soprattutto non si può consentire che essi si abbandonino
ad atti di teppismo nci cimiteri ebraici, nei quartieri ebraici, che ricorrano
ai simboli di un passato ancora troppo vicino perché chi li scorge non sia
percorso da brividi di sdegno e di paura, che si rivedano le scritte, le croci
uncinate, le stelle gialle di David. C’è un passato di abiezione che, sia pure
rievocato da sporadiche bande di irresponsabili, non può riaffacciarsi senza
che ciascuno di noi non debba provare vergogna.
Qualcosa si deve fare.
Lo dobbiamo fare noi gridando con tutta l’energia che
abbiamo in corpo, da uomini liberi che amano la libertà e la vogliono per loro
e per gli altri. Lo dobbiamo fare noi dissociandoci da queste turpi
manifestazioni ovunque esse si producano. Lo deve fare lo Stato con le proprie
forze dell ‘ordine intervenendo per rimuovere ogni barlume di rivolta, perché
di questo si tratta, di sfida alla pubblica e civile moralità e di sedizione
nei confronti dello Stato democratico.
Ne va del nostro onore di
cittadini, ne va della nostra credibilità di giovane, ma salda democrazia
europea.
Che la violenza sia per sempre bandita
dalla nostra vita civile.
Ma se tutto questo riguarda i comportamenti da
tenere in questo frangente in cui si manifesta una crisi virulenta di fanatismo,
occorrerà domandarci il perché dei fatti cui stiamo assistendo. II problema ci
deve far riflettere per farci domandare se abbiamo fatto tutto quanto era
possibile fare per evitare che il fanatismo tornasse cosi prepotentemente alla
ribalta. Dobbiamo domandarci se, ad esempio, sono stati ricordati ai nostri
giovani quali sono gli orrendi frutti della violenza ancora tanto vicini da
potersi toccare con mano. Dobbiamo domandarci se abbiamo fatto tutto quanto era
possibile per offrire ai nostri giovani un mondo nel quale i “valori
morali” della convivenza civile, che significa rispetto dei diritti di
ognuno, non fossero soltanto mere enunciazioni teoriche, ma concrete realtà. Ci
dobbiamo domandare quale è il terreno sociale nel quale li abbiamo costretti a
vivere i loro giovani anni e dobbiamo verificare se, per loro, sia stato
prospettato un avvenire di giustizia, di pace, di concordia sociale, di lavoro.
E se non l’abbiamo fatto fin ora, lo
dobbiamo fare d’ora ln avanti.
– Televisione italiana: lezione di violenza.
Non passa giorno che ciascuna della tre reti
nazionali non somministri senza alcun riguardo programmi nei quali la violenza,
se non viene esaltata, di certo viene presentata come qualcosa di familiare, di
consueto con cui si deve convivere. In tal modo, con questa dosa massiccia,
ritmicamente ripetuta, oserei dire sapientemente ripetuta, si fa credere che la
violenza altro non sia che un modo usuale di essere, un ingrediente non
occasionale, ma abituale della nostra vita, affatto evitabile e tutto sommato
tollerabile e accettabile e, perché no? , quasi desiderabile, forse necessario.
Ed è una violenza non di rado spietata, efferata, cinica, rivoltante: solo la
realtà propone, talvolta, esempi peggiori.
Si contribuisce in modo forse decisivo al consolidamento
di un mito: il mito della violenza. Si accredita la tesi che in questo mondo
conti solo la forza, E si fa intendere che la forza può essere proficuamente
usata per imporre le proprie idee: con la violenza il mondo può essere tuo,
sembra dire la tivù e, intanto, offre a chi la guarda un modello di uomo
violento da assumere pcr se stessi, un modello di uomo che ha in dispregio l’amore,
la pietà, la solidarietà per il prossimo e non li riconosce più come sentimenti
su cui si deve basare il sodalizio umano. Perché questo accade: la
rappresentazione della violenza ha un effetto devastante nelle menti deboli e
nelle coscienze in formazione; scaccia la pietà, distrugge la solidarietà,
alimenta il cinismo. Come una mala pianta occupa i territori dell’anima e si
sostituisce all’amore e alla solidarietà. Su questi territori la pianta della
benevolenza non attecchisce più.
Vuole essere solo una riflessione. Anche i
sentimenti umani, per nascere e per crescere, hanno bisogno di un clima
favorevole. Occorrerà stare più attenti al clima morale che noi
“costruiamo” per i giovani e non solo per loro. Facciamolo con
rigore, se vogliamo che questa mala pianta venga estirpata.
– Ancora, osserviamo con tristezza alla ripresa su
vasta scala di atti persecutori nei confronti di libere e benemerite
associazioni come la massoneria. Da diverso tempo, dopo l’episodio P2, si
poteva constatare il persistere di una relativa calma interrotta da qualche
invettiva proveniente dalle postazioni che le sono state tradizionalmente ostili:
Ic solite accuse gratuite c mai provate, eppure divenute abietta consuetudine
nei secoli; ci siamo purtroppo abituati, anche se alle calunnie ed alle accuse
non ci si abitua se non con pena e fatica. Qualche mese fa si è scatenata una
nuova tempesta.
Il Paese è stordito da due episodi incredibili. Due
giudici di prima linea nella lotta alla mafia, Falcone e Borsellino, vengono
uccisi insieme alle scorte. Due attentati diversi, ma identici per la ferocia
con cui sono stati eseguiti e per la peculiarità di vere e proprie azioni di
guerra contro lo Stato. Lo Stato sembra accusare il colpo, ma reagisce sospinto
dall’onda di sdegno e di protesta levatasi da ogni parte d’Italia, Sicilia
compresa.
Il Paese reagisce dolorosamente. ma duramente
cercando di svincolarsi dalla morsa della malavita che alza protervamente il
tiro e sfida lo Stato reo di ostacolare il suo criminale disegno che ha i suoi
momenti salienti nello spaccio della droga e nel raket delle estorsioni.
Intanto da pane dei giudici milanesi si dà inizio ad
una azione di scoperchiamento di attività illegittime compiute prevalentemente
da politici o da uomini che i partiti avevano indicato a capo di
amministrazioni pubbliche. Da Milano dilaga in tutta Italia per divenire una
vera e propria parata del malaffare, oggi meglio nota col nome colorito di Tangentopoli.
ln tutta questa triste situazione, fatta di prove
provate e non di insinuazioni ed accuse generiche ed infondate, sono coinvolti,
chi più chi meno, tutti i partiti che hanno avuto in qualche modo, anche
occasionalmente, rapporti più o meno diretti col potere. Lo sapevamo e lo
sapevano: la massoneria ne è fuori. E questo non solo era vero, ma,
miracolosamente, appariva anche all’opinione pubblica. Ci siamo guardati
intorno con malcelata soddisfazione, anche se successivamente abbiamo appreso
che alcuni di noi, che pure avevano operato non certo per conto della
massoneria, ma dei partiti, avevano partecipato a quelle tutt’altro che commendevoli
imprese. Ma una cosa era assolutamente certa: la massoneria era estranea alle
tangenti e al malaffare.
Ma una massoneria estranea a certe situazioni
contrastava coi pregiudizi di alcune categorie di “ben pensanti” e,
soprattutto, contrastava con gli interessi di una gran parte di gruppi, mafiosi
e politici compresi. Si studia un diversivo. Per chi detiene il potere
politico, economico e giudiziario è uno scherzo da ragazzi. Così si da inizio
alla tradizionale persecuzione. Si parte da quello che è stato definito il
teorema Pintacuda-Orlando “politica, affari, mafia, massoneria” e si
avanza l’ipotesi di un patto sciagurato tra mafia e massoneria. Il teorema,
ovviamente non provato, piace. A tutti. Ai politici, che finalmente vedono
allentata la presa dell ‘opinione pubblica. Alla mafia, che vede di buon occhio
la distrazione delle forze dello stato impegnate su altri fronti. Alla stampa,
sempre alla ricerca di nuovi scandali, che vede con piacere giungere finalmente
uno scandalo nuovo nel momento in cui quello di tangentopoli, ormai in atto da
tempo, si sta logorando. Alle gerarchie ecclesiastiche che, quiete cd animate
da sentimenti che invano ricercheremmo nel Vangelo, vedono finalmente
combattuto un secolare nemico senza il rischio di un impegno diretto. Alla
opinione pubblica che, in fondo, vede soddisfatto il desiderio di mettere
finalmente le mani su qualcosa di solido e di inafferrabile .
Come se non bastasse, il Consiglio Superiore della
Magistratura, richiede al reggitore
dell’importante procura di Palmi, i nomi dei giudici che si trovano compresi
negli elenchi requisiti alla massoneria, Grandc Oriente d’Italia compreso.
Questo è certamente l’episodio più grave, perché si configura come un vero e
proprio attentato alla integrità dello Stato democratico, colpendolo nei suoi
istituti più significativi conquistati dopo la caduta del fascismo, il diritto
alla libertà individuale e il diritto di associazione. E ciò per almeno due
ragioni: la prima, perché si infrange in tal modo il segreto istruttorio; la
seconda, perché da tale segnalazione si vuole conoscere i nomi di quei
magistrati nei confronti dei quali si ha in animo di adottare provvedimenti non
certo orientati verso un avanzamento di carriera; e, si badi bene, non certo
per un reato commesso, ma per il semplice motivo che essi hanno utilizzato il
diritto garantito dalla Costituzione Repubblicana di associarsi partecipando ad
una associazione legittima c come tale riconosciuta dalla Stato, quale è
appunto la massoneria del Grande Oriente d ‘Italia.
Tutto ciò è grave per i riflessi, ma lo è ancor più per i
presupposti. Si possono suddividere i cittadini tra buoni e cattivi solo in
presenza di atti che consentano la formulazione di un tale giudizio. E una
regola generale che certamente vale anche tra i selvaggi dell ‘Uganda. Non
sembra valere invece in questa Italia
che, non comprendo per quali motivi, viene indicata come culla del diritto, ma
che adesso sembra avviata a divenire piuttosto la bara del diritto. Prima di
discriminare i giudici massoni da quelli non massoni e di discriminarli come è
stato fatto a suo tempo con il giudice Vella, occorre accertarsi se
l’associazione di cui essi fanno parte pretenda dai propri affiliati una
fedeltà che va contro le leggi dello Stato e che tale fedeltà si contrapponga
alla fedeltà che la funzione pubblica loro affidata esige nei confronti dello
Stato. Ma questo certamente non è avvenuto. Potrei aggiungere che è stato
sistematicamente evitato. Ciò sta a significare che si opera non in base a
fatti accertati, ma a pregiudizi duri a morire oggi più che mai utili per
attuare disegni eversivi, questi sì, occulti. E se questo accade nella
magistratura è la morte di questa Italia repubblicana e democratica, è la morte
dello stato di diritto, è il trionfo di una mentalità discriminatoria mai
definitivamente scomparsa e che per tanti secoli ha guidato la mano pesante
dell’inquisitore e gli ha consentito di “liberare” il mondo dal
demonio con l’uso della tortura e del rogo.
eccoci qua di nuovo riuniti dopo la pausa estiva.
Come la maggioranza di voi ha voluto, sono per la terza volta seduto qua, a
dirigere i nostri lavori; questa sera sarà una tomata particolare, in quanto,
diversamente dal solito, la parola la terrò io e non la concederò se non alla
chiusura del nostro lavoro.
Questo perché vorrei, questa sera, tracciare in modo
ben chiaro e preciso quella base di cui già avete letto sulla mia lettera di
convocazione e parlato la scorsa settimana con il carissimo fratello Bld. Cioè
dei lavori per l’anno massonico che ci attende.
Innanzi tutto veniamo ad un aspetto, forse il più
importante di tutti: la frequenza!!
Tralasciando casi particolari ed eccezionali, penso che
siate tutti concordi con me che chi frequenta solo saltuariamente i lavori non
solo trae scarsi benefici dagli stessi, ma può rallentare il ritmo del lavoro
degli altri fratelli, e perché io si deve ragguagliare su ciò che è stato, e
talvolta addirittura con i suoi interventi fuori tono. Quanto meno quindi, coloro
che sono impediti a venire, d’ora innanzi si premurino, durante la settimana,
di sapere cosa è stato fatto e detto. Mi raccomando che lo si faccia con chi
può dire senza infrangere il segreto giurato alla chiusura del lavori (una
delle luci di Loggia).
Ma più ampiamente guardando la cosa, occorre cioè
stabilire se si è interessati o no a frequentare questa istituzione, ed in
particolar modo la Loggia Pedemontana.
Seguendo questa considerazione, vi comunico che ho
intenzione di far avvicinare quei fratelli che, senza valide ragioni, disertano
i lavori..
Con voi che siete ora presenti, è inutile che mi dilunghi
però sull’argomento. E agli altri che devo parlarne ampiamente, passo quindi a
parlarvi dei lavori verr e propri.
Essi si svilupperanno nei tre gradi tradizionali, sia
separatamente che tutti insieme, così come deve essere. Ora mi ovviamente a
parlare del lavoro comune, in camera di apprendista.
Per punti principali si articolerà in: conoscerci
maggiormente, perché è impensabile che ci si chiami fratelli e si vogliano
raggiungere alte mene in comune e poi non si conosca neppure il nome di
battesimo o la professione o quegli altri dati del genere che non sono di per
sé importanti, ma che tuttavia contribuiscono in maniera decisiva a formare di
ciascuno di noi un ben preciso individuo.
Occorre cioè che ci si conosca reciprocamente, che ci
diciamo perché siamo entrati in questa istituzione, che cosa speravamo di avere
e di trovare, che cosa speriamo ancora e perché vi restiamo. Tutto questo senza
alcuna ipocrisia e senza illusioni, con semplicità. Molto meglio dire di essere
delusi ma ancora fiduciosi che la situazione possa cambiare, che ingannare
soprattutto se stessi.
Pur avendo tutti dato prova, al tempo della tegolatura, di
sentire lo stesso desiderio per la stessa Ricerca, non è affatto detto che
tutti si cerchi nello stesso modo, né ciò è necessario. E invece necessario
appurare se e come abbiamo cercato e cerchiamo di mettere in atto quella
potenzialità, che all ‘inizio ci è stata riconosciuta.
Allo scopo di risolvere questo problema, ho pensato che, a
turno, ognuno di noi, cominciando dai maestri, si ponga a disposizione per
rispondere alle domande dei fratelli. Una specie di gioco della verità,
insomma, più serio però perché vorremo farlo sul serio.
Poiché su questo argomento vi penso sostanzialmente
d’accordo e riservandomi di tomare su questo argomento presto anche
praticamente, passo ad un altro punto base del programma, che sarà la parte su
cui farà pemo tutto il nostro lavoro di quest’anno, quindi sarà il lavoro più
importante: il glossario.
Assegnerò inizialmente una parola, o un simbolo, o un
concetto a delle commissioni di tre fratelli ciascuna che dovranno studiare ed
analizzare tale parola in riunioni informali e di solito extra giovedì; quindi
scolpire una tavola o comunque relazionare la Loggia sulle conclusioni cui
saranno pervenute. In ogni commissione dovrà esserci almeno un maestro e un
compagno. 11 maestro sarà il relatore ed il responsabile della propria
commissione.
Queste parole e questi simboli costituiranno l’ossatura
della prossima tornata di due giomi, che certamente organizzeremo, ma in data
da definire (marzo/aprile?). Circa l’organizzazione di questa tomata
straordinaria auguro di ricevere, da parte vostra, degli utili suggerimenti.
Ma, tomando al lavoro del glossario, vorrei che mi
segnalaste quelle parole o simboli che vorreste chiariti, ed anche in qual modo
dovrebbe essere chiarito l’aspetto letterale, storico, filosofico, quello
“celato sotto velame”, eccetera.
In ogni caso, anche qui risulta chiaro fin dall’inizio che
questo lavoro sarà utile a chi vi darà la propria piena partecipazione. Nessuno
può pensare od imparare per nessun altro. Quindi questo anno più che mai
frequenza ed impegno saranno necessari.
Ecco perché, come ho già detto, sarò severo con gli
assenti, e severo anche nel valutare le giustificazioni.
Ma ora, per contribuire ad abbattere la pigrizia e
titubanza insite in ognuno di noi, vi segnalo un’altra iniziativa! Organizzerò
delle riunioni non obbligatorie, ma che mi auguro saranno piacevoli e
frequentate, oltreché utili.
Come sapete, traiamo le nostre origini dall ‘antica
corporazione dei muratori, da coloro cioè che erano addetti a costruire
soprattutto cattedrali e che raggiunsero vette di perfezione veramente
stupefacenti. Come anche saprete, il periodo più fulgido viene da tutti inteso
come quello del “gotico”
Orbene, vorrei che noi si cominciasse ad andare a
vedere queste opere meravigliose, anche in considerazione che ne abbiamo di relativamente
vicine (Vezzolano, Staffarda, Ranverso, Sagra di San Michele).
Se la cosa, come spero, avrà un buon esito, si può
pensare di allargare il raggio delle visite, e si potrebbe allora pensare anche
ad un allargamento alle nostre famiglie. Affinché non vada sciupata una
occasione così splendida, prima della visita, alcuni fratelli, costituiti anche
qui in apposita commissione, studieranno per quanto possibile l’opera in modo
da farci gustare anche quei particolari che normalmente non si gusterebbero.
Saranno anche questi momenti che ci potranno
aiutare a conoscerci meglio. Questa è un’iniziativa che si potrebbe attuare
unitamente ad altre Logge o gruppi di fratelli.
E ora passiamo ad un aspetto nuovo della nostra
Loggia e che può essere anche questo molto interessante. Come sapete, alla fine
dell’anno scorso, abbiamo dato il via alla biblioteca Pedemontana, con una
formula particolare: i libri infatti restano di proprietà del fratello che li
apporta e vengono dati in prestito a chi li desideri per un periodo di tempo
determinato, sotto l’attenzione del fratello Scch, e in sua assenza del
fratello Orlnd, e sotto la cura e la responsabilità di chi li riceve.
Perché possa assolvere validamente il suo compito è
necessario tuttavia che ognuno di noi apporti quanti più volumi può! I suddetti
due fratelli hanno anche l’incarico della ricerca dei volumi che possono
interessarci, sia stabilendo contatti con altre officine ed associazioni, sia
girovagando tra negozi e bancarelle. Ovviamente tutti possono e devono collaborare
per coprire le lacune.
Qualora tutto questo fitto programma a qualcuno no
sembrasse sufficiente, ricordo l’esistenza di tutte le varie istituzioni para
massoniche che attendono nuova linfa, sia personale che finanziaria.
A proposito di finanze due cose: la prima è di
sollecito per chi non è ancora in regola per il ’75 nei versamenti al tesoro di
Loggia. Dobbiamo saldare al più presto i nostri debiti. La cifra non è elevata,
ed è auspicabile che invalga d’ora in poi l’abitudine di pagare per semestri
anticipati, se no addirittura l’intera annualità eliminando così molto ingrato
lavoro al fratello Angln’ e permettendo alla Loggia di far fronte a tempo
debito ai suoi impegni..
L’altro aspetto riguarda il tronco della Vedova. Se
ci impegniamo tutti, potremmo studiare l’istituzione di una borsa di studio da
assegnare magari ad una tesi sulla Massoneria o ad un argomento da noi scelto.
Un breve calcolo dimostra che è possibile. Nove mesi di riunioni, quattro volte
il mese meno le festività, con 20 fratelli presenti, a mille lire
l’uno dà la rispettabile cifra di 600.000 lire. Se lo ritenete fattibile, lo
faremo. tenete inoltre presente che anche gli assenti sono tenuti a coprire il
tronco della Vedova. Potrebbe essere un gesto di aiuto verso un giovane.
L’anno scorso ho introdotto una piccola pausa di
silenzio all’inizio dei lavori affinché ci si potesse rasserenare, si potessero
dimenticare i problemi che ci accompagnano purtroppo costantemente tutta la
vita. Ciò in ossequio all’insegnamento muratorio di lasciare fuori tutti i
metalli, così come ci è stato imposto all’atto della nostra iniziazione. Solo
così si può trovare il giusto spirito per lavorare insieme, con tolleranza.
Bene! Quest’anno vorrei andare oltre! Oltre a tale
pausa, che verrà mantenuta avendo dato dei buoni risultati, ne introdurrò
un’altra ancora più importante e difficile: essa sarà a metà serata circa e
sarà dedicata alla meditazione.
Che cos’è questa meditazione? Mi auguro che sia una
domanda superflua e retorica, comunque vediamo di porre una base comune.
È meditazione l’atto di cercare il vagabondaggio
della nostra mente per fissarlo su qualche cosa: il vuoto, una parola, un
simbolo. E, come ho detto, difficile. Ma si può almeno tentare di farlo, e
quale luogo e quale momento migliore delle nostre tornate? Come riuscirci poi,
c’è in Loggia chi potrà insegnarvelo meglio di me.
E poi stato detto che “se mediti bene, la
corrente che viene introdotta nella tua mente continuerà a scorrere anche nel
bel mezzo del lavoro quotidiano”. E come se un’unica idea venisse espressa
in due modi allo stesso tempo: quello della tua meditazione e quello della tua
azione.
E con questo ho terminato, finalmente la parte
propriamente programmatica. Ora vorrei, prima di chiudere i lavori, ricordare
ancora con due parole gli impegni specifici delle varie cariche di Loggia.
Al primo sorvegliante spetta di controllare in genere
il lavoro svolto nel tempio, ed in modo speciale quello dei compagni e dei
maestri. Egli rappresenta la serietà del lavoro e la severità del giudizio.
Il secondo sorvegliante invece sovrintende la colonna
degli apprendisti e sovrintende il riposo. I suoi interventi saranno sempre
improntati alla fratellanza e alla tolleranza. Cura anche la parte ricreativa.
L’oratore è il garante che tutto si svolga secondo i
dettami di Costituzioni e regolamenti. Sarà egli che mi domanderà di togliere
la parola ad un fratello che travalichi la tolleranza. E ancora a lui che
compete rivolgere le parole di benvenuto ai neofiti e nelle ricorrenze
ufficiali.
II segretario prende nota delle presenze e delle
assenze, dei lavori che si svolgono e risolve le difficoltà amministrative.
Quindi le giustificazioni per assenze vanno fatte a lui o a me. Se non fosse
possibile, ad uno dei due sorveglianti.
Tali giustificazioni, lo ricordo ancora una volta, se
superano una tornata, devono essere fatte per iscritto. Esse possono essere
accettate per: lavoro profano e presso altre Logge; motivi di famiglia, salute;
motivi particolari e delicati da segnalare a me stesso. Requisito minimo per
essere comunque accettate è essere in regola con i pagamenti al tesoro di
Loggia per l’intero periodo di cui si chiede la giustificazione.
L’ospedaliere dovrà visitare, o comunque contattare,
tutti i fratelli assenti per malattia, e quindi riferirne i n Loggia
Per le cariche di tesoriere e di archivista
bibliotecario ho già ampiamente detto.
Al Copritore interno compete di esaminare tutti gli
eventuali visitatori (richiedendo tessera, parola di passo e semestrale, ecc.)
a meno che ne abbia avuta esplicita dispensa da me stesso.
Il Maestro di casa si occuperà dell’organizzazione di
tutte le nostre manifestazioni con l’esterno, d’accordo con il 20 sorvegliante.
Quest’anno poi mi piacerebbe riuscire a selezionare
della musica che, opportunamente registrata, possa essere impiegata durante le
cerimonie d’iniziazione, d’apertura e di chiusura dei nostri lavori, ma di ciò
avrò ancora occasione di parlarne.
un argomento che, iniziato dal Fratello Vttr ed aveva
suscitato il mio interesse, ma non era più stato ripreso, era sul dove, quando
e come nascano le idee.
Questo può essere un tema da approfondire poiché mi
apre possa condurci molto lontano. Dove, si diceva? Nella mente, o meglio, nel
cervello. E cioè un qualche cosa che seppure astratto, e riconducibile al
concreto, al fisico. O forse . no! Vediamo.
Provo a partire non dalla normalità, ma dall
‘anormalità. Dai pazzi, cioè. Essi vengono “curati” da chi e come? Da
psichiatri che, come sappiamo, sono sovente per necessità, ai confini tra
medico e missionario. Perché questa differenza con i comuni malati? Forse
perché la pazzia, nelle sue varie manifestazioni, non colpisce un osso, un
muscolo o un nervo bensì un qualche cosa di impreciso e di indefinito, che solo
semplicisticamente si chiama cervello, o mente.
Direi, allora, che il ragionamento è un concatenamento di
“forze”, anche misteriose, che nel pazzo sono slegate. o meglio,
deviate dalla “retta via”.
A questo punto comincio a rendermi conto che l’idea
non è una “cosa” fisica come avevo supposto! È allora un qualche cosa
di spirituale? O è forse qualche cosa d’altro ancora?
L’uomo, a mio giudizio, è sempre molto lontano dalla
“luce”. Non sono neppure tanto sicuro che vi si stia avvicinando, nel
cammino che ha intrapreso. Solo con la costante verifica di tutti i suoi atti,
i suoi gesti, i sui pensieri egli può, procedendo appunto a tentoni, pensare di
avvicinarsene, e di non procedere invece per tortuosi sentieri, verso una falsa
luce, magari addirittura un riflesso!
Ma è uno spunto come questo che ci fa intravedere
quanto sia ancora lungo e complesso il nostro cammino. Innanzitutto non
sappiamo quale sia la meta, infine non sappiamo che strada percorrere, né con
quali mezzi e quanto tempo durerà. Non abbiamo neppure la certezza di arrivare
eppure io sono convinto che sia doveroso accingersi a compiere questo viaggio
verso la Luce.
La Massoneria ci da un’idea, uno stimolo,
un modo di agire! Usiamoli! !
Sappiamo di poter contare sul
fraterno aiuto e sulla fraterna comprensione, quindi si parte già
avvantaggiati. C’è, nel Tempio, una atmosfera psichica adatta ad aumentare
sempre più la buona volontà di cui abbiamo dichiarato essere armati. Riconosco
che, paragonata ai dubbi di prima, ciò non è molto, ma non è neppure poco.
Trattandosi di introspezione è chiaro che si tratta
tuttavia di un lavoro che solo l’individuo può compiere in se stesso. Nessuno
quindi si illuda di poter pigramente parteciparvi, sperando di raccogliere i
riflessi della “Luce” di qualcuno che ha lavorato.
Questa è una scuola, ma senza esami finali se non con noi
stessi, e non ci si può ingannare, almeno su queste cose! !
Ciò che dirò ora altro non vuole che essere
un invito.
Ben vengano le tavole, meglio se ricche di citazioni e di
dati, ma meglio ancora vengano coloro che, senza tavola precedentemente
scolpita, prendono la parola per dire le loro idee, i loro pensieri. Facendolo
semplicemente con il cuore in mano, forse anche con le imperfezioni
linguistiche che vengono dall’improvvisazione, ma con convinzione e con
l’intento di “aprirsi” agli altri Fratelli. Ecco ciò che vi si
chiede! La profonda convinzione di ciò che si afferma, risultato di una lunga e
laboriosa verifica; oppure il dubbio, la speranza che i Fratelli ci aiutino a
dissolverlo.
Per tutto questo, noi sappiamo di poter contare sulle doti
peculiari di ogni singolo Fratello, in quanto tale: Tolleranza, soprattutto, e
poi Libertà.
Qui infatti ci si trova non tanto ad approfondire una
cultura, magari di tipo nozionistico, o, peggio ancora, per far sfoggio di
sapere, bensì per aiutarci, per chiarirci i dubbi o per comunicare le proprie
emozioni e le proprie esperienze, che i Fratelli ascolteranno e, qualora lo
reputino utile, apporteranno il loro contributo.
Per giungere a ciò in modo realmente costruttivo
evidentemente occorre avere già iniziato la sgrossatura della pietra grezza.
Ecco un altro motivo di silenzio per I ‘ apprendista.
Vorrei che tutti voi vi convinceste che solo così si potrà
sperare di costruire il nostro tempio, quello interiore e, quindi, di riflesso,
esterno (per il bene dell’Umanità).
Contate quindi con certezza sulla fratellanza e sulla
tolleranza dei vostri fratelli, e quando sarete chiamati a dimostrarla, non a
parole, ma con i fatti, fatelo appieno e fino in fondo!
Intervenite sulle tavole altrui, per portare il vostro
pensiero di uomo libero, ma con tolleranza: chi ha scolpito la tavola, o
comunque comunica qualche cosa al fratello, deve sapere che altri possono
pensare diversamente da lui. Egli, quindi, con la massima tolleranza e rispetto
ascolterà ciò che tu dici, e ne mediterà. Chiaro che anche il tuo intervento
deve essere non in polemica, ma per costruire, per chiarire.
Meditate su ciò che il fratello dice e, se ne ravvisate il
caso, intervenite subito o anche nelle settimane successive, specie se pensate
che la vostra parola possa essergli di aiuto o di chiarimento.
Sforziamoci tutti insieme affinché la parola FRATELLO
abbia un pieno significato, non solo tre ore la settimana, ma anche per tutto
il tempo in cui le nostre occupazioni ci tengono lontani. Qualche minuto per
conversare, anche soltanto telefonicamente, con il nostro Fratello cerchiamo di
trovarlo. Non solo, ma io ancora propongo: non fossilizziamoci con uno o due
Fratelli con cui già esistono rapporti, magari addirittura da prima delle
vostre iniziazioni!
Siamo in 36 in questa Loggia, e tutti Fratelli, e tutti
eguali! Forse non tutti voi sapete addirittura il nome di battesimo o la
professione degli altri.
E come volete costruire su queste basi? Come potete
pretendere di sviscerare insieme un problema , se non sapete chi egli sia, come
la pensa, e perché pensa in un determinato modo.
Ho fatto fare una rubrichetta telefonica con nostri nomi e
indirizzi, non perché la seppelliate in una tasca, ma affinché la usiate.
Non abbiate paura di offendere un fratello, se con ciò che
dite o fate c’è qualche cosa che nel mondo profano non verrebbe accettato.
Siamo qui per migliorarci l’un l’altro!
Se egli anziché affrontare la vostra frase, il vostro
pensiero se ne discosterà o lo rifiuterà, ebbene voi siete ne giusto e lui
nell’errore!
vorrei, alla ripresa di questo Anno Massonico, fare alcune
riflessioni che mi vengono dettate dall’attaccarnento che provo verso
l’Istituzione in generale e verso le idee che essa propugna, cd anche verso
questa particolare Loggia che, molti certo sanno, il considero “la”
Massoneria.
E qui, tra queste colonne, che io da quando sono
stato iniziato tento, con altema capacità e fortuna, di squadrare la mia
pietra, in vostra compagnia e con il vostro aiuto, che non può essere altro che
un confronto. Naturale quindi che mi identifichi in essa.
Facendo queste considerazioni, vado con la memoria alla
sera dell’iniziazione, ed in particolare ad una domanda:
“Che
cosa chiedete alla Libera Muratoria?” la risposta suggerita, ma che deve
essere vera, è: “la Luce”.
Mi fu poi spiegato, e comunque lo dovevo poi
comprendere da solo, che tale ricerca è quanto mai ardua e impegnativa. Ricerca
alla quale è quanto mai facile decidere di rinunciare, abbandonando il cammino.
Invece occorre ricordare che abbiamo preso un solenne impegno con noi stessi,
di fronte all’Offcina tutta ed al Grande Architetto dell’Universo, di
percorrere un VIA INIZIATICA.
Tale via è certamente dura, ma quanto mai proficua di
soddisfazioni e di risultati, basta perseverare con il giusto impegno, senza troppi
sviamenti e tentennamenti.
Dubbi su dove ci porti questa via, se essa avrà mai fine, a
che punto si è del percorso, se si è scelta la via migliore, sono dubbi più che
legittimi, ma è con i Fratelli, chiaramente, c con la Loggia che ci si deve
confrontare e, lo spero, risolvere tali dubbi. Serenamente, dando tempo al
tempo di far sedimentare le cose più marcate.
Ma che cosa significa esattamente per ciascuno di noi la
parola IMPEGNO? Probabilmente esistono tante risposte quanti noi siamo, non
credo ci sia una risposta unica. Posso dirvi quel che significa per me.
IMPEGNO è essere consapevoli del
trascorrere del tempo e, per quanto possibile, evitare di sprecarlo, ma usarlo
nella ricerca di quella Luce che abbiamo dichiarato di voler perseguire e che
deve essere l’unico scopo che ci conduce qui.
IMPEGNO è avere un
atteggiamento pregiudizialmente “positivo” verso quanto riguarda la
Libera Muratoria, sia nel suo lato esteriore, cioè quello rivolto verso chi ci
osserva dal di fuori, quanto mai difficile in questo momento, ed anche verso
tutte le infrastrutture (quegli organismi che sono stati creati per permettere
alla Loggia di lavorare meglio), sia verso il lato interno, rappresentato dal
lavoro da svolgere personalmente nella quiete e nell ‘armonia del Tempio.
IMPEGNO è presentare dei lavori allo
scopo di confrontare le proprie idee ed esperienze con i Fratelli e, di
conseguenza, di esporsi ascoltando ed accettando le parole con la giusta
umiltà.
IMPEGNO è anche, di conseguenza,
prendere la parola sull’argomento trattato usando parole utili e calibrate, con
spirito fraterno e senza alcun timore reverenziale. Insomma occorre partecipare
alle tomate sia fisicamente che spiritualmente, ricordandoci costantemente che
il nostro lavoro consiste nel costruire.
IMPEGNO consiste anche nella disponibilità
verso tutti i Fratelli.
IMPEGNO è ricordare che il nostro
lavoro consiste nello squadrare , sia in Tempio che fuori, la nostra pietra e
non nel giudicare l’altrui operato.
IMPEGNO è sforzarsi di ottenere dentro
di noi il silenzio. A questo deve servire la pausa prima dell’apertura dei
Lavori. E questo silenzio interiore, sono convinto, che porterà la quiete anche
all ‘interno della Loggia, ove deve regnare l’armonia. Talr armonia si
manifesterà anche nell’atteggiamento, interiore ed esteriore, di compostezza ed
attenzione.
Ora, fatte queste considerazioni risapute da tutti noi, ma
che ho ritenuto opportuno ricordarvi, voglio elencarvi una scaletta di virtù in
genere che dovrebbero essere vissute da ciascuno di noi.
Il Libero Muratore è:
libero senza
licenza, grande senza orgoglio, umile senza bassezza, fermo senza ostinazione,
severo senza inflessibilità, sottomesso senza servilismo, giusto e coraggioso
difende l’oppresso, protegge l’innocente, non calcola né i benefici, né i
servigi che rende.
Alcuni anni addietro la nostra Officina si era occupata di
studi particolareggiati volti a rettificare alcuni punti del Rituale che
apparivano incongruenti. I risultati di tali ricerche, ampiamente dibattuti
nella camera opportuna, avevano condotto la nostra Loggia ad operare alcune
scelte fondamentali, tuttora in uso, che in sintesi sono state le seguenti:
. Circumambulazione (o deambulazione) in Tempio
Si ritiene debba essere sempre oraria per i
seguenti motivi fondamentali:
– la Muratoria è
una iniziazione di tipo solare-equinoziale e pertanto, come avviene in tutte le
tradizioni di questo tipo, nelle circumabulazioni l’uomo imita il moto
apparente del sole che è orario (nelle tradizioni di tipo “polare”
avviene il contrario, cioè si imita il moto antiorario della terra intorno al
polo).
-a conferma di
ciò il passo iniziale delle marce rituali nei gradi è sempre effettuato
partendo con il piede sinistro, il che implica che la destra viene data al
centro (i passi iniziali sono sempre esterni al centro di riferimento).
. Forza e Bellezza
conformemente a quanto previsto
da tutti i Rituali anteriori a quello presentemente in uso, la Forza deve
corrispondere al Primo Sorvegliante e la Bellezza al Secondo Sorvegliante.
. Sole e Luna
il Sole deve situarsi al lato diurno e luminoso del Tempio
(Sud) e la Luna (crescente) deve comparire al lato notturno e oscuro (Nord),
pertanto rispettivamente alla sinistra ed alla destra del Maestro Venerabile.
Lo stesso dicasi dei dignitari che corrispondono ai due luminari e cioè
l’Oratore, che corrisponde al Sole e quindi deve stare al Sud, ed il
Segretario, che corrisponde alla Luna e quindi deve stare al Nord.
. Pietra di Nord-Est
il neofita, corrispondendo simbolicamente alla pietra
dell’angolo di Nord-Est (pietra iniziale della costruzione di un edificio
secondo la Tradizione), deve ascoltare il discorso a lui diretto da parte
dell’Oratore stando alla testa della colonna degli Apprendisti e non di quella
dei Compagni (questa posizione alquanto strana è probabilmente una conseguenza
dell’errore di posizionare l’Oratore al Nord invece che al Sud). La posizione
in testa alla colonna degli Apprendisti corrisponde appunto all’angolo di
Nord-Est (Vedasi anche il “Rito dell’Angolo di Nord-Est” dei rituali
inglesi).
Quadro di Loggia
deve essere disegnato con un gesso
sulla lavagna essendo tale operazione importantissima per dare efficacia
rituale ai lavori in Tempio.
I punti di cui sopra, frutto di attenta ricerca e
studio collettivo di tutti i Fratelli Maestri, sono considerati dalla nostra
Loggia come irrinunciabili e vengono pertanto segnalati alla Commissione
Rituali affinché si faccia eventualmente di essi un fatto istituzionale (in
caso di incertezza su alcuni, riteniamo preferibile, piuttosto di imporre una
soluzione non corretta, di consentire a ciascuna Loggia di operare la scelta
sulla base delle proprie convinzioni).
Premesso quanto sopra, facciamo alcune osservazioni in merito
alle varianti/aggiunte proposte, da noi esaminate in tornata rituale:
Procedura di ingresso e di uscita dal Tempio
a prescindere dalla circumambulazione
che (come detto sopra) per noi deve essere orario, si annota:
l’ordine
di ingresso dovrebbe essere: Maestro delle Cerimonie, Apprendisti, Compagni,
Maestri e Dignitari (chiude il Copritore interno che serra la porta del
Tempio).
Questo ordine, a nostro avviso, dovrebbe
osservarsi anche all’uscita.
l’obiezione,
più grave per noi, alla proposta consiste nel fatto inammissibile che i soli
Dignitari squadrino il Tempio e che tale operazione rituale escluda gli altri
Fratelli.
. Rituale di insediamento delle cariche
Vale anche qui, ovviamente,
l’obiezione circa la circumambulazione, inoltre riteniamo che un rituale del
tipo di quello redatto dalla Commissione si adatti molto meglio a lavori
condotti secondo le regole inglesi (come l’Emulation) che non per quelli di
origine “scozzese” (come il nostro).
A parte questa considerazione non vediamo, quanto ai
contenuti del testo, nulla di particolare da segnalare.
Nella speranza di aver fornito adeguata risposta (pur
nella sintesi di questa breve esposizione) a quanto richiestoci, porgiamo un
triplice fraterno abbraccio e ci rendiamo disponibili per qualsiasi ulteriore
approfondimento congiunto.
Cenni sul passaggio da corporazione (muratoria) a Massoneria
Maestro Venerabile, Fratelli tutti
carissimi,
Questa sera vorrei affrontare
insieme a voi una questione molto importante, nel tentativo di comprendere
quello che è, è stata e sarà la nostra Istituzione.
Come sappiamo, la data di
nascita ufficiale della Libera Muratoria moderna è fissata nel 24 giugno 1717.
Quel giorno, quattro Logge (ovviamente preesistenti) si riunirono alla Taverna
dell ‘Oca bianca (che era il nome di una Loggia) e si accordarono per
istituzionalizzare la Corporazione, stabilendo alcuni reciproci rapporti
duraturi.
Com’è facile intuire, in quel
tempo Ic Logge ‘erano costituite da muratori ‘operativi”, nel senso che
erano persone che “fisicamente” lavoravano all’edificazione di chiese
o di altri importanti edifici. Un’eccezione era la consuetudine per cui le
Logge avessero tra i propri membri, sia un cappellano, che un medico.
Ogni Loggia, è facilmente intuibile, fino ad allora si auto
governava, basando i propri comportamenti su quelle che noi definiamo
Costituzioni Gotiche, o di York. Troviamo il termine Gotich Constitutions nelle
Costituzione redatte da Anderson nel 1738. Con questo termine si indicavano le
raccolte scritte di usi e costumi tramandati fino ad allora oralmente, o come
diciamo noi oggi “da bocca ad orecchio”, e risalenti agli anni tra il
1150 ed il 1550.
Tutti questi antichi documenti
avevano all’incirca la medesima struttura: una prima parte
“invocatoria”, una seconda narrativa intorno alle origini della
Muratoria, una terza relativa ai vari Charges, ossia all’elencazione di tutti i
vari doveri, morali e non, ed una quarta ed ultima parte con tutte le varie
regole che potremmo definire ‘amministrative”.
Le invocazioni, che chiaramente non possono avere valore
normativo, hanno una chiara matrice Cristiana Trinitaria e riflettevano la
dottrina della Chiesa Romana. Eccezioni di buon rilievo a questa visione sono
il Poema Regius e quello di Cooke, risalenti entrambi al 1390 circa.
Le parti “descrittive”, molto diverse tra loro,
sono zeppe di imprecisioni, di errori anche grossolani e di anacronismi.
Tuttavia concordano nell’identificare la Libera Muratoria con le scienze
dell’architettura e della geometria.
Anche per quanto concerne i Charges ritroviamo diverse
versioni, sia nel numero, che nei contenuti di quelli che dovevano essere i
doveri cui attenersi: comunque va rilevato che in nessun articolo esiste un
divieto al mutamento delle regole.
Nel manoscritto Haliwetl, più noto come Poema Regius
(tradotto in italiano da un Fratello già di questa Loggia, Gaetano Fmtn)
troviamo 15 articoli per Maestri (titolo che a quella epoca e fino al 1725 era
riservato ai soli dirigenti della Loggia) e 15 pcr i Craftmen. Il manoscritto
Cooke ne riporta 9 del primo tipo e 9 del secondo. Ancora il manoscritto Grande
Lodge del 1583 riporta 9 obblighi generali e 18 speciali, diretti sia ai compagni,
che ai maestri.
Interessante è considerare quello che prescriveva il
manoscritto Harleian (del 1670 circa) composto di 25 articoli (Charges) per
apprendisti e di 6 new articles. Qucsti ultimi hanno un contenuto finora
inedito, e nella loro sostanza prescrivevano:
che la Loggia deve avere almeno 5 membri;
che il muratore viaggiante avesse con sé un
documento con la data della sua accettazione;
che i nomi di tutti i muratori fossero
registrati su di una pergarnena;
che un giuramento, con la formula riportata,
fosse scmpre prestato dal viaggiante. Queste regole indicano con chiarezza che
loro compito era regolare un fenomeno che aveva cominciato ad assumere
dimensioni rilcvanti: l’ingresso nelle Logge di persone che venivano
qualificati come “Liberi ed Accettati Muratori”. Essi, ovviamente,
non erano in grado di dimostrare in modo certo la loro appartenenza alla
muratoria, come era invece possibile agli operativi. Si creò così la neceSsità
di dimostrare in modo certo la loro effettiva appartenenza alla corporazione
che, non dimentichiamolo, in quell’epoca era potente e poteva offrire ai suoi
membri vantaggi reali e tangibili.
Tutto questo lungo prearnbolo per dire che non essendo
codificato nulla di preciso, ma ogni Loggia avendo proprie costituzioni,
esisteva la più ampia possibilità al cambiamento e la possibilità ad accettare
novità nei regolamenti. Insomma, a fronte di cambiamenti sociali ed economici,
vi è stato da parte della Muratoria il consenso a mutare, e anche
profondamente, regole ed usi.
Riassumendo, se è vero che le Costituzioni Gotiche sono
servite da base per la redazione della Costituzione del 1723, è anche vero che
esse erano tutt’altro che univoche. Insomma, fino ad allora, ogni Loggia era
veramente e completamente indipendente e sovrana ed aveva quel numero e quel
tipo di usi, costumi e regole sufficienti ed idonee al buon andamento della
Loggia stessa.
Ma quello che mi preme qui osservare e sottolineare è
la non universalità ed immutabilità che sovente sentiamo attribuire ai nostri
doveri,
1 LANDMARKS
Troviamo per la prima volta la parola LANDMARK in
Massoneria nella 39A Regola delle General Regulations, pubblicate
insieme alla History, ai Charges ed al Master’s song: il tutto forma le
cosiddette Costituzioni di Anderson che vennero stampate il 17 gennaio 1723.
Questa 39A regola recita: “Ogni Gran Loggia annuale è rivestita
del potere e dell ‘autorità di fare nuovi Regolamenti o di modificare questi
stessi se ciò giova alla Fraternità, alla condizione che gli antichi Landmarks
siano sempre accuratamente conservati .
Ma già nel 1720 George Payne compilò le “General
Laws and Regulations for the Governement of the Craft”. Queste regole
furono approvate dalla Gran Loggia del 24 giugno 1721 e riportate integralmente
dall’Anderson nelle Costituzioni del 1723.
La regola numero 4 di Payne stabiliva
che:
tutte
le leggi promanano dalla Gran Loggia;
avendo
essa sola il diritto di decretare può, di conseguenza, modificare, abrogare e
revocare regole;
così
facendo essa deve sempre aver cura che gli “Antichi Landmarks dell
‘Ordine” siano preservati (vedasi G. Gamberini in “Attualità della
Massoneria”).
Il Fratello Anderson, in proposito, spiega che
“dopo aver dedotto dagli antichi archivi c dai costumi della fratellanza
questi regolamenti, li ha redatti in forma nuova ad uso delle Logge che sono a
Londra, nel Westminster e nei dintorni”, ed ha aggiunto ad essi varie ed
utili spiegazioni.
Come prima considerazione possiamo dire che con la
convocazione della prima Gran Loggia, nel 1717, e con fa definitiva
approvazione, nel 1723, delle Costituzioni con tutte le novità e le aggiunte
effettuate, molte cose subirono una sostanziale modificazione nella Muratoria,
e già troviamo tutte le premesse che porteranno la Libera Muratoria da
operativa a speculativa.
Il semplice fatto che una Costituzione fosse stata
redatta cd approvata perché servisse da norma generale pcr tutti, Massoni, Logge
e la stessa Gran Loggia, comportò automaticamente la trasformazione e
l’abolizione di norme, precetti, costumi e credenze che, istituiti in luoghi e
tempi diversi, pur essendo diversi tra loro, coesistevano pacificamente e
indipendenti ai tempi delle Costituzioni Gotiche.
ln poche parole, è questo il
momento in cui la Libera Muratoria da policentrica divenne monocentrica.
Vediamo di comprendere meglio i mutamenti suddetti
analizzandoli e raggruppandoli in punti:
l) la prima Gran Loggia si riunisce con il preciso
intento di uniformare, sia le regole preesistenti (ed indipendenti), che le
pratiche rituali con una norma generale (General Regulations);
le assemblee si dividono in annuali e trimestrali. Alla Gran
Loggia (annuale) partecipavano tutti i Massoni, mentre le seconde, dette di
quartiere, erano riservate ai soli Ufficiali di Gran Loggia, ai Maestri (che
erano i soli Venerabili) ed ai Sorveglianti;
l’autorità di costituire Logge è abolita, salvo la
dispensa del Gran Maestro;
te antiche leggende che permeavano la Muratoria sono
modificate e probabilmente sviluppate; gli antichi Charges vengono adattati per
poter servire da guida, sia alla singola Loggia, che alla Gran Loggia;
le regole del mestiere operativo sono abbandonate in
toto, mentre i doveri, gli strumenti, le regole e i costumi sono adottati, in
forma alterata, per fini “speculativi” o iniziatici;
il rituale esistente è sviluppato in due gradi, il
terzo verrà aggiunto tra il 1725 ed
poco per volta, dapprima la carica del Gran Maestro,
poi quella di Maestro Venerabile ed infine quella dei Sorvegliati saranno
assegnate solo più ai Fratelli “Accettati”, in modo speciale ai
nobili e non più agli “operativi”, intesi correttamente come uomini
di mestiere;
l’antica adesione alla visione cristiano-trinitaria
viene abbandonata per un silenzio in materia religiosa. Si inizia qui a parlare
di uomo “nato libero”, di buoni costumi, sincero, d’onore cd obbediente
alla Legge Morale.
Tali fatti, come possiamo logicamente concludere,
portarono grossi cambiamenti nell ‘essenza stessa della Muratoria.
Il cambiamento che, tuttavia, è più rilevante, anche
per il suo contenuto, è quello dell ‘introduzione del grado di Maestro,
avvenuto, come ho già detto, successivamente al 1725. Fino ad allora, il
termine Maestro era riservato esclusivamente a colui che
dirigeva la
Loggia non rappresentando, in sé, un grado, ma designando il Compagno (Craft)
cui era demandato il compito di sovrintendere i lavori.
Strano anche come avvenne questa innovazione. Il 12
maggio del 1725, a Londra, la Philo-Musicae et Architecturae Societas Apolloni,
società non massonica di musica che reclutava i suoi membri esclusivamente tra
i Massoni, di cui ebbi già modo di parlare nella mia tavola sulla musica
massonica, aveva di sua iniziativa elevato al grado di Maestro alcuni
“Accettati”. Questo fatto comportò vibrate proteste nell’ambiente
massonico, che però fini per accettare il fatto compiuto, provvedendo ad
emendare conseguentemente le Costituzioni, appena promulgate, con
l’introduzione del “nuovo”
Il 25 novembre dello stesso anno infatti le
Costituzioni dichiarano che: “il Maestro di una Loggia, con l’approvazione
dei due Sorveglianti, e con la maggioranza dei Fratelli Maestri, può fare Maestri
a sua discrezione”.
Tuttavia anche questo emendamento restò per anni
materia di discussioni e solo nel 1738 fu definitivamente accettato da tutti e
inserito nelle nuove Costituzioni, al capitolo 390 .
Tale capitolo subì anche altre importanti evoluzioni.
Esso dichiarò che “tutte le alterazioni o nuove regolazioni sono solo per
emendare o per spiegare le antiche regolazioni per il bene della Massoneria,
senza violare le antiche regole della Fratellanza, sempre preservando gli
antichi Landmarks e furono fatte in tempi diversi per occasione offerta dalla
Gran Loggia, la quale ha un inerente potere di emendare ciò che può essere
ritenuto inconveniente, ed ha ampia autorità di fare nuove regolazioni per il bene
della Massoneria .
Un altro punto importante ed interessante fu il
cambio al primo Charge, con il passaggio dalla ‘tolleranza religiosa” al
concetto di “nohachita” e di “Massone cristiano”. Questo
specifico Charge verrà poi nuovamente modificato nel 1815 dalla Gran Loggia
d’Inghilterra con l’istituzione della credenza nel “Glorioso Architetto
del Cielo e della Terra” e con la “pratica dei sacri doveri della
moralità”.
Veniva così,
nel corso di un secolo, modificato l’atteggiamento dell’istituzione verso la
religione, e soprattutto, le qualità necessarie per aderire alla stessa.
Un altro rilevante cambiamento nel Rituale avvenne
per volere della Gran Loggia Moderna d’Inghilterra: tra il 1739 e il 1809 si
invertirono, scambiandole, le parole sacre e di passo del secondo c del terzo
grado.
Sempre nel 1809 venne fondata una Loggia di ricerca
“della promulgazione” con lo scopo dichiarato di far luce sugli
antichi Landmarks. Il 9 ottobre 1810 essa ufficializzò che il rito di
installazione del Maestro di Loggia era uno dei due Landmarks della Muratoria.
In un secondo tempo affermò che anche i segreti e le cerimonie erano Landmarks.
Tali affermazioni furono fatte proprie dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra
nel 1813.
Un altro cambiamento che troviamo riguarda il terzo
Charge. Nella Costituzione del 1723 esso prevedeva che il candidato fosse
“nato libero”, ma nel 1847 la Gran Loggia Unita d’Inghilterra lo
emendò stabilendo che esso fosse “uomo libero”. Questo in seguito
all’abolizione della schiavitù, fatto salvo il significato iniziatico che oggi
noi diamo a questa dicitura e di cui molte volte abbiamo già discusso.
Un altro aspetto merita la nostra attenzione. Oggi i
temi che sono più delicati vengono trattati in grado di Maestro, ma non è
sempre stato cosi. Nel XVIII secolo era invece la Loggia nel suo insieme,
composta dai due, poi tre, gradi che esamrnava le vane questioni.
In buona sostanza anticamente sia l’apprendista che
il compagno erano ritenuti nella piena capacità di affrontare le questioni che
concemevano il buon andamento della Loggia.
Quanto sopra, tuttavia, non deve farci perdere di
vista quello che è, nella sostanza, la Libera Muratoria: una società
iniziatica, con un suo patrimonio simbolico, certamente non modificabile, con
un suo Rituale (argomento che spero di poter affrontare in un prossimo lavoro)
e in quanto tale non ha nulla da spartire con regole amministrative e
compartimentali, queste si soggette a possibili e continue modificazioni. Ma
riprendiamo il filo del nostro racconto.
Solo nel 1856 incontriamo la prima stesura ufficiale
e completa dei Landmarks. Essa fu emanata dalla Gran Loggia del Minnesota ed è
composta di 26 articoli. Pochi mesi dopo la Gran Loggia del Kentucky ne
promulga una di 17 articoli.
Il famoso scrittore massonico Mackey riprenderà nel
1856 le teorie e gli scritti di tale Oliver, quanto mai fantasiosi, convinto
che tutto, in Massoneria, avesse radici ebraiche. I Landmarks da lui resi noti
sono 25.
Fuori dagli Stai Uniti d’America la questione non
pare aver molto interesse. A tutt’oggi risulta che in Europa solo il Grande
Oriente di Spagna adotti ufficialmente un elenco di Landmarks, composto di 30
articoli.
Nel 1871 il Fratello Findel, tedesco, enumera 9
Landmarks, senza che però siano mai stati adottati dalla Gran Loggia di
Germania. Nel 1914 lo scozzese MC Bride compila un elenco di 12 Landmarks,
senza miglior fortuna.
Ma che cosa sono questi Landmarks? Perché, visto che
non c’è alcun accordo su numero e contenuto, sulla formulazione e
sull’inalterabilità, non si provvede almeno a stabilire quale sia l’ambito in
cui essi debbano intendersi e quali finalità si propongono? È un problema che
credo abbia grossa rilevanza.
Le ipotesi sono le più varie e tenterò di darvi
alcune delle tante formulate, diciamo così, dagli studiosi da me rintracciati.
Secondo alcuni i Landmarks sono indefinibili se prima non si definisce la
Massoneria, per altri sono un freno alle innovazioni e limitano i poteri della
Gran Loggia. Per altri sono i principi base dell’ Ordine e per altri ancora essi
costituiscono il Corpo stesso della Massoneria. C’è chi dice che sono solo i
costumi e gli antichi usi, chi dice che sono delle leggi, e altri che sono
leggi sia scritte che non scritte, ma c’è anche chi dice che non sono affatto
delle leggi.
C’è chi ipotizza che essi coincidano con gli Old
Charges, chi con quanto sentenziato dalla prima Gran Loggia. Chi li limita alla
credenza in Dio e all’immortalità dell’anima, altri sono orientati sui riti e
sulle cerimonie, ma c’è chi pensa si rifenscano alle modalità di
riconoscimento, o che riguardino le varie tecniche operative. E ovviamente non
manchi chi nega l’esistenza dei Landmarks, o chi pensa che essi possano solo
essere scoperti, ma non comunicati.
Qualcuno doveva, prima o poi, cercare di porre un
argine a questa gran confusione. Albert Pike, Massone americano illustre,
afferma che “i principi fondamentali dell ‘antica Muratoria erano pochi e
semplici e non erano definiti Landmarks. Ogni Loggia era indipendente e
sovrana, era composta da apprendisti e compagni, aveva un Maestro e due
Sorveglianti, che erano eletti da tutti i membri, annualmente”.
I rapporti tra le varie Logge erano regolati dagli
Old Charges, i quali non possono essere, se non impropriamente, Landmarks.
Un altro studioso, il Gould, afferma, dopo una lunga
disamina della questione, che “i Landmarks sono dei principi essenziali
senza i quali la Massoneria non sarebbe Massoneria: l’organizzazione della
Craft in Logge, i requisiti per l’ammissione e le regole di governo stabilite
all’inizio’
Nella sua analisi alla lista del Mackey egli salva
solo 3 Landmarks (il 90, il 1 00 e l’ I | 0)
affermando che, data la precarietà di fondo della dottrina dei Landmarks dal
punto di vista tradizionale e non essendocene traccia nei verbali del XVIII
secolo, non esistono i prerequisiti per sostenerne sia l’antichità, che la
inalterabilità. Diventano così principi essenziali della Massoneria e suoi
specifici, tali da contraddistinguerla dalle altre Istituzioni.
Ed in Italia? Le Costituzioni del Grande Oriente
d’Italia non ne hanno mai parlato. Gorel Porciatti, esimio Fratello con varie
pubblicazioni di carattere massonico, nel 1946 scrive che “attualmente la
Massoneria ha assunto il carattere di associazione universale retta da principi
immutabili basati sui Landmarks”. Analogamente la pensa il Farina, mentre
il Ventura appare molto più scettico e critico ritenendo che Landmarks sia una
semplice svista, poiché si dovesse intendere Old Charges quando questi vennero
nominati.
Antonello Zucco sostiene che “nessuno sa, né
saprà mai che cosa siano i Landmarks”.
Giordano Gamberini afferma che “a coloro che
invocano i Landmarks basta chiedere di esibire la fonte”
In sostanza essi sono oggetto di molte animate
discussioni, anche se nessuno sappia delineare con esattezza la materia del
contendere.
Allora vorrei concludere il mio dire con queste
considerazioni: la Massoneria ha sovente un aspetto duale, così come
rappresentato dal nostro tappeto a quadri o dalle due colonne. L’atteggiamento
dipende dal Libero Muratore che può essere, sia pragmatico-operativo, che di
carattere speculativo-spirituale, ma anche la Loggia nel suo insieme riflette
questo atteggiamento di fondo nella sua attività lavorativa.
Ma cosi è anche per l’Istituzione: possiamo
cercarvi e trovarvi cose concrete ed immediate (fratellanza, amicizia o lavoro
e affari) oppure ricerca spirituale, introspezione, confronto con gli altri
Fratelli. Quale delle due vie sia più giusta non si può affermare: così come
non dobbiamo camminare sui riquadri bianchi, né su quelli neri, così la nostra
presenza tra Ic Colonne si giustifica con l’accettazione del lavoro di Loggia,
qualunque ne sia il tipo Questo perché il patrimonio
ideale della nostra Istituzione è ricco e fecondo, e sta solo a noi capirlo e
valorizzarlo,
credo che il contenuto simbolico del Rituale abbia un
carattere tecnico ed anche conoscitivo; pertanto reputo che commettere errori
in questo ambito influisca negativamente sul buon andamento dei Lavori
Massonici e concorra ad accelerare quei processi di profanizzazione che, alla
lunga, potrebbero ledere lo spirito stesso della Massoneria.
Ciò
premesso, voglio rilevare quei punti che, a mio avviso, nella nuova versione
dei Rituali, dovrebbero essere modificati rispetto a quanto proposto,
augurandomi che questo mio apporto sia interpretato nel giusto modo, c cioè
come uno sforzo, seppure modesto, di contribuire al perfezionamento del nostro
massimo punto di riferimento: il Rituale.
1.- LA CIRCUMAMBULAZIONE IN TEMPIO.
Deve sempre essere oraria giacché questa corrisponde
al punto di vista solare che è quello della Massoneria nella sua forma attuale
(Maestro Venerabile seduto all ‘Oriente). La rotazione antioraria corrisponde
invece al punto di vista polare che pare fosse quello dell ‘antica Massoneria
Operativa, ma in questa il Maestro Venerabile sedeva ad Occidente ed i
Sorveglianti nei punti opposti a quelli attualmente occupati.
A maggiore conforto di quanto espresso mi preme
rammentare come, fra i punti fondamentali per fare validamente un Libero
Muratore, esista un punto detto il rito dell’ angolo di Nord-Est.
Questo angolo è considerato, tra le altre cose,
l’angolo da cui inizia il cammino di un Libero Muratore ed, in effetti, con il
Rituale Emulation il neofita traccia con i piedi l’angolo di N.E., stando in
piedi e all’ordine con i piedi ad angolo, il piede sinistro rivolto verso Sud,
il piede destro rivolto verso Ovest.
Dal momento che il cammino di un Libero Muratore ha
inizio con il piede sinistro, si ha la precisa indicazione circa il fatto che
si circumambula dando il lato destro al centro del Tempio, ovvero che la
circumambulazione deve essere oraria.
2.- ORDINE D’INGRESSO E Dl USCITA DEI DIGNITARI.
Su questo punto, di carattere esclusivamente cerimoniale, mi
permetto di proporre:
ingresso: Maestro
delle Cerimonie, Apprendisti, Compagni, Maestri, Dignitari, Maestro Venerabile
e Copritore Interno; uscita: Maestro delle Cerimonie, Maestro Venerabile,
Dignitari, Maestri, Compagni e Apprendisti;
in quanto nei cerimoniali sono le più alte cariche ad
entrare ultime e ad uscire prime ricevendo l’omaggio dello schieramento degli
inferiori in grado. Non credo, tuttavia, si debba attribuire una grande
importanza a questo argomento, a mio avviso, abbastanza secondario.
3.- CERIMONIA D’INSTALLAZIONE DEL M
V
Questa cerimonia è chiaramente
tratta dal Rituale Emulation, che peraltro installa il Maestro Venerabile
Eletto in un ambito più ristretto, composto da soli Fratelli che in passato
hanno ricoperto la carica di Maestro Venerabile.
Sebbene io pensi che anch’essa si possa ritenere abbastanza
ininfluente, in quanto veramentc cerimoniale, è però bene che sia giustamente
esaltato e definito in modo rituale questo momento di grande rilievo per la
vita di ogni Officina, sanando così Ic specifiche carenze ora esistenti.
Mi sono posto una domanda: perché la
Massoneria è durata?
Cercherò, riflcttendo con voi, di fornire alcune risposte,
non pretendo sicuramente di esaurire l’argomento, né penso, alcuno potrà farlo.
La nostra Arte è fondata sulla base della virtù e della
credenza che esiste una verità religiosa. Tuttavia è purtroppo vero dirc che le
Chiese hanno perduto definitivamente lo spirito che ne ha permesso la loro
diffusione ed utilizzano il retaggio di un passato più o meno remoto per
giustificare la loro esistenza.
Da questa riflessione nasce la prima domanda: “l ‘uomo
deve necessariamente essere rivolto ad un dio, per vivere una propria legge
morale?”
La risposta che mi viene spontanea è NO. Non credo sia dimostrabile
che uomini dotati di profonda, cosciente religiosità siano o possano dirsi
superiori a quelli dotati di onestà e naturale sensibilità verso i bisogni
altrui.
I secondi, in ogni caso, dimostrano di possedere una loro
religiosità morale che inconsciamente o consciamente determina i loro atti.
E vero, invece, che la Massoneria non è una
religione.
Anche la politica viene lasciata alla libertà
dcl singolo.
Possiamo già fornire una prima risposta? Possiamo affermare
che la Massoneria mira allo sviluppo dell’Amore Fraterno al di là di credo
religioso, di razza, di idee? Andiamo oltre.
Il nostro rituale ha una grande attrattiva? Esso ha per noi
un suggestivo interesse, ma non possiamo affermare che sia uno dei motivi di
attrazione.
“11 lavoro iniziatico non può consistere solo nel
trovarsi una o cento volte I ‘anno in un Tempio per trascorrere insieme un paio
d’ore dedicate alla ritualità … ” scriveva il Fratello M. V. S. Pnt ai
Fratelli di questa Loggia nel 1984.
I simboli celati, le parole, tutte con senso diverso del
pronunciamento, le forme, la sintassi e via discorrendo non sono un grande
esempio di letteratura o di poesia. Ascoltandolo un profano potrebbe
considerarlo non importante c persino ritenere che gran parte di esso sia un
nonsenso.
E allora? A noi questo non importa. Noi lo accettiamo
tutto e lo viviamo, ciascuno con se stesso, in quanto comunica in forma
allegorica una filosofia: filosofia della vita.
Il suo potere, per la nostra mente, è nascosto. Nulla di
nuovo ci viene insegnato, ma il nostro proprio metodo di apprendimento ci
permette di “riappropriarci” di quanto dimenticato.
Non è mai noioso: ogni volta che lo viviamo qualcosa di
nuovo, qualche aspetto può divenirci chiaro.
Molti dicono di noi: Perché lo fanno ?
Potremmo persino essere lusingati da questa domanda, il
nostro orgoglio potrebbe insorgere. La risposta è sempre la stessa, anche
adesso: l’amore che portiamo al nostro prossimo è una possibile affermazione.
La nostra antichità un’ altra.
Costruire una casa senza che questa crollasse è stato
senz’altro uno dei primi segreti di quel mestiere che portò, nel Medioevo, a
costruire templi che ancora vediamo attorno a noi, vere enciclopedie per coloro
che sanno leggere.
Tuttavia la muratoria simbolica, benché discendente da
quella operativa, nel 1700 si era completamente trasformata, diventando più affine
a quelle forme di antiche società do uomini illuminati che usavano il
simbolismo per insegnare una filosofia, dalla pitagorica ai Templari ed ancora
oltre.
Se noi sommiamo, però, tutti i valori sin qui detti ed
altri non detti, non riusciamo ancora a spiegare perché la Massoneria abbia un
fondamento tanto stabile da resistere agli effetti del tempo, in mezzo a
continui attacchi, in un mondo sempre più spregiudicato.
Proviamo a cercare, se riusciremo, il
motivo su un piano diverso.
L’Arte, a mio avviso, dura perché è in armonia con la
crescita spirituale dell’uomo, dalla sua prima apparizione. L’Arte è presente
quando per la prima volta un bambino dice “io sono”, ressa si ritrova
nella sua fiducia e nel suo amore.
Quanti di noi avrebbero desiderato rimanere come Peter Pan,
il bambino che non cresce mai?
L’evoluzione naturale dell’amore di un bambino non può
essere paragonata all ‘essenza della nostra Arte’?
Il ritrovarci nella condizione del bambino piccolo ed
ancora senza peccato, il suo “fingere”, il suo amore per vestirsi, le
sue storie filosofiche intuite dalle nubi che passano in cielo, la sua gioia
nel possedere segreti “fanciulleschi” non sono forse le sensazioni da
conquistare?
Se ci riusciremo potremo senz’altro far emergere ciò che è
già dentro di noi: la saggezza, la forza c la bellezza della nostra Arte.
nelle vicende che ancora travagliano la nostra Istituzione
il profluvio di parole dette o scritte liberamente, a mio parere, ha
contribuito in misura non irrilevante a turbare ulteriormente animi già
legittimamente turbati e incentivato comportamenti già di per sé giustificati
dalla gravità degli accadimenti; con questa premessa vi ripropongo alcune
considerazioni su:
ARTE MURATORIA TRA PAROLA E SILENZIO
Nei due uomini – l’esoterico e l’exoterico – vi è una
componente comune quanto essenziale, sia per l’uomo sociale, quanto per l’uomo
interno: questa è la parola, la quale, pur conservando sul piano astratto
sempre la stessa identità, non può non manifestarsi in aspetti diversi, a
seconda che si operi nel mondo esterno o in quello interno iniziatico. Nel mondo
frivolo e gaudente della società occidentale, che pure vive fra i suoi simboli
ed i suoi segni, anche se di origine e di natura totalmente diversi da quelli
del mondo iniziatico, la parola – la quale resta comunque uno strumento ad oggi
insuperato e forse insuperabile per la sopravvivenza della relazione fra gli
uomini – ha, nei cicli storici della vicenda umana, forme e dimensioni diverse,
ma ha anche costantemente subito le inevitabili, devianti e traviate
malformazioni della profanità chiassosa.
La letteratura ne ha fatto tesoro, e sono così emersi
personaggi emblematici i quali sono tipica espressione di questa deformazione
della parola, la quale, nei rapporti umani, finisce col perdere il suo
significato vero e la sua intima essenza.
Basterà pensare, in proposito, a
due campioni della logorrea e della verbosità irrefrenabile: Eutidémo (dialoghi
di Platone) e Pangloss (Candido di Voltaire).
Eutidémo è il vanaglorioso per eccellenza, consumato
maestro non soltanto di Ginnastica, di Diritto, di Eloquenza, di Strategia, di
Morale, di Dialettica, insomma di tutto: valente nel difendersi e nell’attaccare
in ogni lotta intellettuale e verbale.
Egli è un glorioso della parola, capace di affrontare con
eguale successo il pro ed il contro di ogni disputa e di provare con pari
facilità l’affermativa e la negativa di ogni
In questa condizione mentale
Eutidémo – classico uomo delle parole – si serve di sottili ambiguità di
linguaggio per colpire tutti sbalordendo con un fiume di parole.
Non da meno di Eutidémo è Pangloss, impareggiabile
oracolo, insegnante di metafisica, massimo filosofo di tutta la terra,
sperimentatore della legge di causa ed effetto e quindi Maestro di Teologia: un
tuttologo di oggi insomma.
Questi personaggi, brevemente
tratteggiati, possono essere gli esemplari del mondo esterno, il mondo di ogni
giomo, dell’uomo comune.
Ma entriamo nel Tempio
Massonico, sintesi del micro e del macrocosmo, e ritroviamo qui lo strumento
parola.
Tutto il linguaggio dei costruttori del tempio si
distende tra due momenti essenziali per la dimensione del costruire: la parola
ed il silenzio. Due espressioni, queste, che vivono permanentemente insieme
nella vita del Tempio Muratorio, e che non possono non essere anche
puntualmente presenti nella volontà e nello spirito dei singoli Fratelli. Se vi
è un momento di distacco totale tra mondo esterno (profanità) e mondo interno
(Tempio), questo è quello della parola e del silenzio, punto di demarcazione
(soglia) fra i due mondi.
Nella allusione più alta della tradizione iniziatico
muratoria la parola è quella perduta, dissoltasi attraverso la tragedia di
Hiram : un accadimento dal quale emerge, poi, tutto il cammino dell ‘iniziato,
il quale resta sempre teso alla ricerca di quella parola smarrita e che serve
essere rinvenuta, riscoperta e conosciuta.
Questa ricerca ha però due direttrici: una
comunitaria, l’altra strettamente individuale. Nell’ambito di quella
comunitaria il fenomeno si svolge attraverso la comunione di lavoro nel Tempio,
mentre, sul piano individuale diventa riflessa in senso intimo iniziatico.
In entrambe queste direttrici la parola perduta tenta
però di trovare compimento nel solco dei due segni: il discorso (insieme delle
parole) ed il silenzio.
Troppo spesso, a mio sommesso parere, i Liberi
Muratori non si rendono conto della realtà autentica da loro vissuta nel Tempio
e finiscono col perdere di vista il fine ultimo della ricerca iniziatica, la
quale si svolge e si compie, o potrebbe compiersi, gradualmente nel percorso
della presenza simbolica e della vita rituale del Tempio.
Il ciclo muratorio dei tre gradi rappresenta un
viaggio iniziatico totale, un circuito completo, che prende le mosse
dall’oscurità della benda per concludersi nella Luce, la quale non conferisce
mai il possesso pieno della Verità (parola perduta), ma realizza senza dogmi
l’arte del conoscere.
Da qui emerge, nel percorso del lavoro di fondazione
del Tempio interiore, tutta I ‘importanza sia dell ‘eloquio, sia del silenzio.
Nell’opera del costruire, volta a cogliere la parola
perduta, anche le parole, intese al plurale come discorso, come eloquio non
possono quindi che essere brevi, suadenti, calde, cordiali: valga ricordare in
proposito le regole dello Zend Avesta, fra Ic quali prevale quella secondo cui
non bisogna mai lasciare parlare il lato basso del carattere, perché al dire
deve sempre essere riservata la intonazione cordiale ed il rispetto per la
verità.
Fuori da questa regole il dialogo non sarà mai
costruzione, né potrà conferire realtà compiute al silenzio, quest’ultimo, la
più eletta componente esoterica, presente sia dalle origini dcl percorso
iniziatico (apprendista), che attraverso il travaglio psichico (compagno),
ritorna inevitabilmente nel momento in cui si realizza la spirituale Maestria
nella simbologia dello stare lontani dalle passioni del mondo profano; una
condizione essenziale per ogni individuale superamento e liberazione.
Una Loggia è destinata a perdere la sua stessa
identità ogni qual volta le parole in sovraccarico diventino verbosità
dissipatrici del valore della concordanza piena tra suoni e contenuti.
Avvertire l’aggressione di questa verbosità, che è poi
il mondo profano (mondo delle parole), il quale attenta al mondo iniziatico
(universo della parola e del silenzio), già porta alla deformazione del reale
esoterico.
Concludendo, nella riverberazione interiore del nostro
contesto iniziatico l’impegno del Libero Muratore è quello di riportarsi
costantemente – spoglio di qualsiasi titolo accademico profano – nella veste di
Maestro Libero Muratore, attraverso Io status di umile scalpellino levigatore
della pietra, per realizzare anche l’esatto suono del dire al fine di rendere
le parole strumenti di effettiva utilità muratoria.