TOLLERANZA. MASSONICA E BIOETICA

Tolleranza Massonica e Bioetica           di Giuseppe Scaglia

‘Io non condivido le tue idee, ma farò di tutto affinché tu possa esprimerle”.

Quante volte abbiamo sentito pronunciare o visto scrivere questa massima di Voltaire!

Si può dire che essa sia la base di ogni discorso massonico… sicuramente è la pietra angolare su cui è costruito, o perlomeno dovrebbe esserlo, l’edificio della Tolleranza di ogni Libero Muratore.

E, poi, c’è la bioetica.

Cosa c’entra penseranno i miei pochi lettori… c’entra eccome!

Innanzitutto definiamola.

La bioetica è quella parte dell’etica che si occupa in modo precipuo della tutela, della promozione, della dignità della vita sotto qualunque forma essa si presenti.


I campi d’interesse sono svariati e vanno dal problema della regolamentazione delle nascite (aborto, concepimento responsabile, educazione sessuale) all’eutanasia, dalla sperimentazione farmacologica su animali vivi all’ecologia in toto, dalle problematiche della sovrappopolazione mondiale ad una piu equa distribuzione delle risorse economiche tra Nord e Sud del pianeta.

Insomma, come ebbe a definirla l’oncologo Potter, una vera e propria “science of survival”, scienza della sopravvivenza.

Ma, secondo me, la definizione forse scientificamente meno esatta, però più “umanamente umana” è quella di Albert Schweitzer, il medico tedesco fondatore della comunità terapeutica africana di Lambarenè, che parlò di bioetica in termini di “ETICA DEL RISPETTO PER LA VITA”.

E questo è l’aggancio che mi pare cogliere con la nostra” Tolleranza: perché il “rispetto per la vita” (sotto qualunque forma!) non può prescindere da una direi esasperata applicazione della Tolleranza nel suo più alto, profondo e massonico significato.

Almeno per chi voglia VERAMENTE trasformare la propria iniziazione da simbolo virtuale a realtà concreta, quotidiana.

Infatti sono sempre più convinto che molti siano i modi d’intende71

Tolleranza Massonica e Bioetica di Giuseppe Scaglia

“Io non condivido le tue idee, ma farò di tutto affinché tu possa esprimerle”.

Quante volte abbiamo sentito pronunciare o visto scrivere questa massima di Voltairc!

Si può dire che essa sia la base di ogni discorso massonico… sicuramente è la pietra angolare su cui è costruito, o perlomeno dovrebbe esserlo, l’edificio della Tolleranza di ogni Libero Muratore.

E, poi, c’è la bioetica.

Cosa c’entra penseranno i miei pochi lettori… c’entra eccome!

Innanzitutto definiamola.

La bioetica è quella parte dell ‘etica che si occupa in modo precipuo della tutela, della promozione, della dignità della vita sotto qualunque forma essa si presenti.

I campi d’interesse sono svariati e vanno dal problema della regolamentazione delle nascite (aborto, concepimento responsabile, educazione sessuale) all’eutanasia, dalla sperimentazione farmacologica su animali vivi all’ecologia in toto, dalle problematiche della sovrappopolazione mondiale ad una più equa distribuzione delle risorse economiche tra Nord e Sud del pianeta.

Insomma, come ebbe a definirla l’oncologo Potter, una vera e propria “science of survival”, scienza della sopravvivenza.

Ma, secondo me, la definizione forse scientificamente meno esatta, però più “umanamente umana” è quella di Albert Schweitzer, il medico tedesco fondatore della comunità terapeutica africana di Lambarenè, che parlò di bioetica in termini di “ETICA DEL RISPETTO PER LA VITA”.

E questo è l’aggancio che mi pare cogliere con la “nostra” Tolleranza: perché il ” rispetto per la vita” (sotto qualunque forma!) non può prescindere da una direi esasperata applicazione della Tolleranza nel suo più alto, profondo e massonico significato.

Almeno per chi voglia VERAMENTE trasformare la propria iniziazione da simbolo virtuale a realtà concreta, quotidiana.

Infatti sono sempre più convinto che molti siano i modi d’intende71

do dei criteri che sono propri al mio modo di pensare e di intendere il mio “essere massone”, e quindi non voglio ledere la libertà altrui, però credo che il “muratore” non debba trincerarsi in un aulico “male non fo” che troppo sovente è un “niente fo”, ma, qualunque sia la sua attività, incidere, operare nel sociale seguendo i principi massonici aiutando i più “umili” per quanto è in suo potere, ma soprattutto rispettando il loro diritto a vivere, diritto molto spesso calpestato ai giorni nostri.

Non intendo in questa sede fare una specie di manuale del “massone bioetico tollerante”, ma credo valga la pena ricordare molto brevemente alcuni temi su cui si potrebbe soffermare la nostra atten-

zione.

Il primo riguarda l’aborto. È un tema vastissimo su cui ognuno di noi potrebbe dire qualcosa con una parte di torto e di ragione contemporaneamente.

Però, aldilà del giudizio “morale”, che non ci compete in quanto Massoni Liberi Pensatori e non bigotti da parrocchia, esiste la cruda realtà di un’esperienza di vita che coinvolge soprattutto la donna, perché è sul suo corpo che si gioca la partita.

E qui la Libera Muratoria deve essere SEMPRE al fianco della donna perché sia soltanto sua la definitiva libera scelta sc abortire o proseguire una gravidanza responsabile.

Anche perché, diciamolo apertamente, è abbastanza ipocrita voler impedire per legge l’IVG, come vorrebbero certi settori clericali reazionari, ben sapendo comunque che chi ha i mezzi economici continuerà ad abortire all’estero, in cliniche di lusso (magari provviste di Cappelle ove computamente ascoltare messa…) mentre chi i sud detti mezzi non ha si dovrà arrangiare con la “mammana” di turno correndo seri rischi.

E il bello è che certe teorie vengono spacciate per difesa della vita!

Ma innumerevoli possono essere i “punti” d’intervento massonico, Senza citarli tutti pensiamo, ad esempio, come in tempi in cui guerre fratricide dividono sempre più popolazioni differenti tra loro per civiltà e cultura ma che il destino ha posto su uno stesso territorio (e l’esempio che ci viene dalla vicina ex-Jugoslavia sta a dimostrarlo!) il modello che può dare la nostra organizzazione, la fratellanza

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che unisce i Liberi Muratori aldilà delle diversità di razza, lingua e costumi, la Tolleranza per le reciproche idee, potrebbe essere di guida non solo verso un’auspicabile pacificazione ma anche e soprattutto ostacolo al ripetersi di tali tragedie.

Del resto le tappe dell’evoluzione dell’Umanità ‘sono assai spesso state segnate da Massoni, basti pensare alla fondazione della Croce Rossa, quindi credo che anche la conservazione della “casa comune” dell’Uomo, di questo a volte strano e crudele, ma sempre bellissimo mondo tocchi a chi più di altri, più fortunato di altri lasciatemelo dire (!), ha potuto venire a contatto con realtà di ordine superiore.

Insomma non siamo stati iniziati soltanto per pavoneggiarci nei nostri bei paramenti, o per addottorarci ln argomenti di storia o di esoterismo (che pure rivestono un ruolo basilare per chiunque si voglia dire veramente massone!), o, peggio ancora, per combinare affari più o meno loschi nascosti dal “Segreto inesprimibile”, ma anche (se NON soprattutto!) per cercare di dare il nostro, anche piccolo, contributo al miglioramento dell’Umanità.

Non dobbiamo cercare di cambiare il mondo a tutti i costi, né vivere come Don Chisciotte lottando contro i mulini a vento, ma neppure dobbiamo scordarci i nostri grandi ideali di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza e, in loro nome, ritengo sia nostro dovere cercare di dare il massimo apporto possibile in ogni atto della vita di tutti i giorni.

Se, poi, riusciremo a rendere un po’ più armonica, vivibile e umana questa Terra sicuramente avremo realizzato qualcosa di veramente massonico.

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VIVIERE INIZIATICAMENTE

Vivere iniziaticamente di Gian Franco Santarelli

C’è un momento, io credo, nella vita di ogni uomo, ma soprattutto di ogni singolo Iniziato, in cui egli si chiede il senso della sua esistenza in generale e si confronta con le linee essenziali del suo progetto di vita.

Il mio, come quello di ciascuno di noi, è basato sulla appartenenza alla Società dei Liberi Muratori e, per tutto quello che da questa appartenenza ho tratto in quasi metà della mia vita, sento il dovere di interrogarmi sul senso dell’essere Massone oggi, qui, in Italia.

Il fatto che noi ci si definisca epigoni, cioè discendenti, dei pochi o tanti che hanno edificato le piramidi dell’Egitto o le cattedrali gotiche, dei saggi dell’antica Grecia o dei filosofi dell’Umanesimo, che ci si vanti, come in recenti annunci istituzionali di Palazzo Giustiniani, dei pensatori e dei geni dell’arte del Settecento, o dei combattenti per la liberazione dal potere assoluto dell’Ottocento, è certo gratificante, ma mi chiedo quanto possa essere costruttivo, quanto possa significare per chi massone non è, o della Massoneria possa averc una immagine distorta, se non volutamente negativa.

Il risultato che se ne ottiene è che in un secolo come questo in cui l’aspetto sociale domina sia su quello culturale che su quello politico, in cui sempre più si va verso sistemi complessi in cui il singolo genio è quasi inutile se non supportato da ampi gruppi di lavoro e da tecnologie sempre più innovative, la Libera Muratoria che ha in sé la possibilità di far lievitare il mondo in cui si vive, è ridotta, almeno ln Italia, a un esiguo numero di persone, che debbono preoccuparsi più della loro sopravvivenza in un ambiente ostile che non di svolgere un ruolo di punta di diamante del pensiero dei secoli a venire.

Se si pensa che, nella migliore delle ipotesi, la nostra Obbedienza rappresenta circa lo zero uno per mille della popolazione italiana e che Palazzo Giustiniani poco più dello zero due, ci si rende immediatamente conto di una esiguità numerica che, nella migliore delle ipotesi, vanifica in gran parte il nostro lavoro, soprattutto nella sua immagine esteriore.

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E poiché io ritengo noi si sia in potenza, oggi come e più di ieri, quanto affermiamo da secoli nella premessa agli “Statuti Generali della Società dei Liberi Muratori’ .

La Libera Muratoria ha il suo fondamento essenziale nella fede in una Potenza Suprema che onora sotto il nome di Grande Architetto dell’Universo. I suoi principi si compendiano in queste due massime: Conosci te stesso – Ama il prossimo tuo come te stesso..E una libera associazione di uomini indipendenti, i quali non sono soggetti che alla propria cosczenza, e si impegnano a praticare un ideale di Pace, di Amore e di Fratellanza; ha per iscopo il perfezionamento morale della Umanità e per mezzo la propaganda di una vera Filantropia, con l’impiego di usi e forme simboliche…

Se questo siamo e ci sentiamo di volere ancora essere per i secoli a venire, due sono, io credo, le vie parallele che dovremmo imboccare:

quella di un attento, perseverante e tenace incremento numerico che ci porti nel prossimo decennio a decuplicare, almeno, il numero dei nostri adepti; quella di un attento, perseverante e tenace sviluppo delle coscienze degli adepti che avranno il compito,quando non si sarà passati ad altri Orienti più o meno eterni, di tracciare le vie dell’Umanità a venire. Pena la decadenza a gruppuscoli sempre più insignificanti; pena la decadenza a reduci noiosi di battaglie combattute da altri.

Il mondo cosiddetto profano che vive intorno a noi (ma anche noi stessi in quanto parte attiva di questo mondo) è caratterizzato da tutta una serie di esigenze che ne condiziona la vita.

L’esigenza è ciò che in generale crea la ricerca di risposte, il desiderio di tentare soluzioni, ardite o non, la forza per interventi faticosi di cambiamento. Oggi moltissimi sono coloro che avvertono l’esigenza di piacere, di avere un aspetto attraente, di avere un bel corPO. Molti coloro che investono energie enormi per raggiungere livelli sociali elevati, avere denaro, vivere nell’agiatezza e su questo investono tutto se stessi. Molti, ancora, sentono il peso di una limitata erudizione che li mette in condizione di sudditanza dialettica e psicologica nei confronti di chi possieda un tipo di cultura più raffinato.

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Le esigenze che non trovano il modo di essere finalizzate producono malessere, frustrazioni, quando addirittura non sfociano in angosce irreversibili

Così come molto si fa per la propria estetica, il proprio corpo fisico, la propria posizione sociale, poco o nulla si fa per costruire un corpo psichico ben equilibrato, forte di un sapere significativo, che possa rispondere armoniosamente alle continue sollecitazioni dell’esperienza del vivere quotidiano.

Tale malessere viene avvertito e sempre più numerosi sono gli “autodidatti” che, in qualche modo, cercano di risolvere da sé soli questa situazione attraverso forme diverse di ricerca su se stessi.

A questi autodidatti, a coloro che tentano le esperienze esotericomistiche più diverse, noi dovremmo presentarci non tanto come i più bravi o preparati, cosa che in realtà spesso non siamo, ma come coloro che incarnano un metodo onnicomprensivo, tanto antico che moderno, per la crescita spirituale, il perfezionamento dell’uomo, COSI come è, così come vuole diventare.

Noi sappiamo che l’uomo non può esistere, né tanto meno resistere a lungo, avulso dall’ambiente che lo circonda. L’ambiente, il mondo circostante, l’universo intero sono una sorta di secondo grande corpo fisico di ognuno di noi. Curare l’uno senza preoccuparsi dell’altro è come essere in patTe morti: se assolutamente Inutili agli equilibri circostanti, cessiamo di farne parte a pieno titolo.

La ricerca di sé, la conoscenza non può prescindere da questo complesso di potenzialità e giunge, prima o poi, il momento in cui la nostra ricerca individuale si deve confrontare con una rete collettiva di possibilità.

E, come per sapere pilotare un aereo a reazione i piloti imparano ad allenarsi in simulatori di volo, così il ricercatore di sé deve potersi confrontare in luoghi di simulazione che altro non sono che centri di ricerca interiore collettivi. Il motivo di esistenza delle scuole iniziatiche in oriente e occidente è questo: creare, simulandole, situazioni le più diverse finalizzandole alla ricerca oltre il confine di se stessi, verso orizzonti sempre più ampi fuori di noi, la patria diremmo, l’umanità.

Ed io credo che in questo senso non sia possibile trovare oggi nel

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nostro cosiddetto mondo occidentale via iniziatica più attuale e completa della Libera Muratoria che, proprio nelle forme simboliche e mitiche e nella gradualità dell’approccio conoscitivo, condensa le possibili soluzioni alla variabilità dei problemi dell’esistenza, a quelle esigenze di cui parlavo.

Il secondo aspetto che so sollevare molte obiezioni in molti dei miei Fratelli e Sorelle è quello di un ritorno a una assoluta serietà iniziatica nello svolgimento rituale delle Tornate di qualsiasi grado, nella scelta non solo delle tematiche, ma soprattutto dei loro relativi sviluppi. Non si può costringere intere Logge ad ascoltare per interminabili Tornate argomenti futili che annoierebbero chiunque di noi anche in riunioni profane. Sento spesso dire che chi se ne va non ha capito nulla: spero vivamente che sia così.

E per ultimo, non certo per importanza, vorrei dire che la stessa serietà iniziatica, la stessa attenzione, dovrebbe essere posta negli aumenti di paga. Il buonismo di cui tanto oggi si parla, la tacita acquiescenza a non negare ad alcuno un grado per età massonica o per meriti profani verso la Massoneria porterà il risultato inevitabile che il cooptando, divenuto cooptatore, continuerà la catena allo stesso modo ed avremo Logge e Camere del Rito piene di brave persone soddisfatte dei loro piccoli raggiungimenti, in cui le piccole ambizioni prendono sempre più spazio sulle grandi affezioni, che promettiamo al recipiendario la sera inimitabile e irripetibile della sua iniziazione.

Spero che si vogliano accettare con benevolenza gli scarni e spesso confusi pensieri che ho voluto esporre all’unico scopo di spiegare il mio desiderio di vedere la Libera Muratoria tornare ai fasti che merita, per essere quello che è.

Io sono pronto a rivedere in toto o in parte tutto quello che ho pensato e spero che chiunque voglia educarmi a miglior comprensione lo faccia, perché di questo ho bisogno nella mia crescita quotidiana.

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UN PITAGORICO DEI NOSTRI GIORNI

Un Pitagorico dei Nostri Tempi

Thomas Dana Lloyd

Sul Pitagorismo

Pitagorismo e massoneria

Tradizione pitagorica e massoneria

La fortezza della luce

Su Reghini

Un Pitagorico dei nostri tempi

Su Roman

Denys Roman

Nato in California, Thomas Dana LLoyd vive attualmente a Roma. È Autore di scritti sul Pitagorismo, l’Alchimia e la medicina orientale e sta scrivendo un libro su Arturo Reghini e le tradizioni esoteriche in Italia.

Arturo Reghini (Firenze, 12 novembre 1878- Budrio 1 luglio 1946). La vita massonica di Reghini s’intreccia con le travagliate vicissitudini della massoneria italiana nella prima metà del Novecento e le riflette ampiamente. Nella sua biografia si intravedono in filigrana la scissione del 1908 e le difficoltà che ne seguirono, lo scioglimento della massoneria durante il ventennio fascista e la faticosa ricostruzione nel dopoguerra. Reghini si avvicina alla massoneria attraverso la società teosofica. Nel 1898 fonda a Roma la sezione italiana della società teosofica con Isabel Cooper Oakley, alla cui attività partecipò con conferenze.

Nella società teosofica entra in contatto con l’avv. Sulli Rao, editore milanese e 33° 95° del rito di Memphis di Palermo, che nel 1902 lo inizia sulla spada per delega della loggia palermitana “I rigeneratori”. Il rito orientale di Memphis si era costituito a Palermo il 10 luglio 1899 e radunava quattro logge dissenzienti dalla linea del Gran Maestro Lemmi del Grande Oriente d’Italia. Nel 1903 Arturo Reghini risiede a Firenze e viene affiliato alla Loggia “Michele di Lando” all’obbedienza del “Grande Oriente italiano” milanese, fondato nel 1899 e governato allora dal Gran Maestro Malachia de Cristoforis. Quando nel 1904 questa obbedienza si riunifica col Grande Oriente d’Italia la loggia fiorentina “di Lando” si ricostituisce sotto il titolo di “Lucifero” e Reghini fu uno dei fondatori. A Firenze Reghini frequenta il celebre caffè delle “Giubbe rosse”, all’epoca fulcro della vita culturale e artistica, e partecipa al movimento d’avanguardia “La voce” e “La fronda”, conosce Papini, Prezzolini, Assagioli, il gruppo di “Lacerba”. Nel 1903 fonda la biblioteca filosofica che dirige sino al 1908, dove raccoglie anche preziose opere massoniche.

Anche Reghini risente della travagliata scissione del 1908: esce dal Grande Oriente d’Italia nel 1912 e aderisce al Rito filosofico fondato nel 1909 da Edoardo Frosini, ma ne esce due anni dopo per contrasti col fondatore e si mette “in sonno”. Dopo la prima guerra mondiale è a Roma e nel 1921 aderisce al Rito Scozzese Antico e Accettato di Piazza del Gesù, fondato da Fera dopo la scissione del 1908 e governato all’epoca da Raoul Palermi. Gli viene riconosciuto il 33° grado e assume la funzione di redattore capo della rivista “Rassegna massonica” che tiene sino al ’26; in questo periodo si occupa della revisione dei rituali.

L’eco del travaglio che attraversa la massoneria italiana in questo periodo trasuda dalle pagine che nel 1922 Reghini dedica a Le parole di passo e il massimo mistero massonico: “… lo spirito che animava l’Ordine nei suoi storici primordi (1717)… rapidamente degenerò e finì col cristallizzarsi in un vuoto formalismo cristianeggiante nei paesi anglosassoni; ed in Francia e di lì nei paesi latini, sotto la pressione dei rivolgimenti politici, si alterò profondamente, perdendo il proprio carattere filosofico, adottando i cosiddetti immortali principî dell’ottantanove, e imprimendo all’attività dell’ordine carattere essenzialmente politico”. Le ragioni politiche che hanno condotto alla scissione sono duramente stigmatizzate: “naturalmente questo indirizzo ateo-materialista-democratico non poteva essere accettato da tutti i fratelli e quindi, a due anni di distanza dall’avvenuta fusione dei Grandi Orienti di Roma e Milano (fusione che ha vissuto in prima persona, n.d.r.), si manifestava un’altra profonda scissione nel seno della famiglia massonica italiana”. Lo studio, affrontato con gli strumenti della filologia e dei documenti antichi, individua nelle parole ebraiche attualmente in uso nei rituali deformazioni di termini greci più attinenti la simbolica massonica, e indica nella “palingenesi”, ovvero nella rigenerazione, il fine iniziatico dell’ordine massonico. Il testo esplicita quale azione Reghini intendesse svolgere: ricondurre la massoneria alla sua funzione iniziatica e orientare la società verso un ordinamento basato sui valori spirituali.

In questi anni Reghini diviene il polo degli studi massonici e tradizionali in Italia, sia attraverso le riviste che fonda, sia attraverso i propri studi. Nel 1924 fonda e dirige la rivista di studi iniziatici Atanòr e nel ’25 la pubblicazione, osteggiata dal regime fascista, prosegue con una nuova testata, Ignis. A queste riviste collaborano anche personaggi come René Guénon e Julius Evola. Pure Ignis è costretta dal clima politico a chiudere i battenti e Reghini viene strettamente controllato dalla polizia fascista. Tra il ’26 e il ’27 vede la luce la rivista UR, ma quando il direttore, scelto per evitare che Reghini apparisse in prima persona, pretende di modificare gli articoli per compiacere il regime di Mussolini, la rivista si spegne, e da quel momento Reghini si dedica completamente a un’ampia e documentatissima biografia su Enrico Cornelio Agrippa, e soprattutto agli studi della matematica pitagorica, del viatico iniziatico pitagorico –la Schola italica a lui assai cara- e del suo fulcro, che comporta la rigenerazione ovvero la rinascita iniziatica prima della morte: “la morte iniziatica consiste nel porre la propria coscienza, rimanendo vivi e presenti a sé, nella condizione in cui deve trovarsi la coscienza del morto. Si tratta di sperimentare, vivendo in piena coscienza, la morte” (Le parole sacre e di passo). Anche la Filosofia occulta di Agrippa indica questa ardua meta del viatico iniziatico: “Agrippa dice che “nella dignificazione dell’uomo consiste la chiave di tutte le opere magiche, la cosa arcana, necessaria e segreta””. La “dignificazione”, spiega Reghini, altro non è che la visione che corona il viatico iniziatico, il divenire “come dèi” sottolineato dai Versi aurei pitagorici: “questa contemplazione, eseguita secondo le norme del rito… apporta all’illuminazione” (Enrico Cornelio Agrippa e la sua magia). Ben pochi hanno affermato con tale costanza che il viatico simbolico massonico è prefigurazione di questa metamorfosi.

Nel 1943, dopo il passaggio delle truppe alleate, Reghini si risveglia nel Rito Scozzese unificato presieduto da Tito Signorelli che il 19 novembre del ’45 si riunifica con quello di Palazzo Giustiniani. Reghini mantiene la carica di Luogotenente Gran Commendatore ad vitam. All’epoca, e sino alla sua morte, fu membro della Loggia bolognese “Risorgimento”. Il suo corpo riposa a Budrio, sotto i simboli della Schola italica.

Maurizio Nicosia

Bibliografia di Arturo Reghini

· Agrippa E La Sua Magia, in Enrico Cornelio Agrippa di Nettesheim, De Occulta Philosophia, 1988 Genova, I Dioscuri

· Dei Numeri Pitagorici (Prologo), 1991 Reggio Calabria, Ignis

· Numeri Sacri E Geometria Pitagorica. Per La Restituzione Della Geometria Pitagorica, 1988 Milano, I Dioscuri

· I Numeri Sacri Nella Tradizione Pitagorica Massonica, 1988 Bologna, Atanòr

· Le Parole Sacre E Di Passo Dei Primi Tre Gradi Ed Il Massimo Mistero Massonico, 1987 Bologna, Atanòr

· Considerazioni Sul Rituale Dell’apprendista Libero Muratore, 1981 Genova, Phoenix

· Paganesimo, Pitagorismo, Massoneria, a cura dell’associazione pitagorica, 1986 Furnari (Me), Mantinea

Da Encyclopédie de la Franc—Maçonnerie, a cura di E. Saunier, Varese 2000, Librairie Générale Française.

Nessuno studio della cultura esoterica del XX secolo in Italia può mancare di ricordare Arturo Reghini (1878 – 1946). Scrittore, traduttore, matematico e sopratutto “Pitagorico”, Arturo Reghini giocò un ruolo chiave nel rifiorire degli studi esoterici in Italia così come nel tentativo di restaurare la tradizione spirituale massonica.

I suoi libri ed articoli coprono una gamma di argomenti che spazia dal simbolismo massonico alla Teosofia, dal Neoplatonismo a Cornelio Agrippa e Cagliostro. Come direttore delle riviste Ignis e Atanor, Reghini pubblicò articoli dei noti esoteristi Rene Guénon e Julius Evola. In seguito, quando la libera muratoria venne messa al bando dal regime fascista, egli pagò il prezzo delle sue prese di posizione in favore della libertà di coscienza.

Nato a Firenze il 12 Novembre 1878, Reghini fu il primogenito di cinque figli. La sua carriera di filosofo, nel senso classico di “amante della saggezza”, cominciò precocemente, quando la sua aristocratica famiglia lo mandò a studiare matematica a Pisa. Una sera, questo studente alto e magro fu avvicinato da un estraneo che lo scelse come candidato alla iniziazione nella misteriosa scuola Pitagorica, anche nota come “Schola Italica”. L’estraneo si rivelò essere Amedeo Armentano (1886 – 1966), che al tempo affascinava i circoli letterari fiorentini con i suoi astrusi, laconici ragionamenti sul tempo, sulla mente e sull’anima oltre che con i suoi poteri psichici.

Reghini fu iniziato nel più alto senso della parola. Sperimentò la prova dei cinque elementi non solo come cerimonia, ma come profonda realtà. Per lui, passare oltre la soglia della morte fu una faccenda di esperienza, visione e conoscenza piuttosto che una rappresentazione puramente simbolica. (1)

Politica e Società Segrete

Per capire il ruolo di Reghini nella cultura esoterica del suo tempo, è utile avere qualche informazione di base sulla Massoneria italiana ed i suoi rapporti con gli eventi del tempo. Come in altri Paesi, l’Arte in Italia ha così tante sfaccettature che serve a poco generalizzare. Per alcuni, la Massoneria imponeva una osservanza -quasi di tipo religioso- delle regole e cerimonie “antiche ed accettate”, mentre altri indubbiamente la videro come un mezzo per migliorare l’intera società, sulla base della fede ottocentesca nel progresso, nell’educazione e nella scienza. Del resto le schiere massoniche comprendevano anche una eminente minoranza di filosofi e mistici, così come dei soliti opportunisti. Infine, c’erano gli elementi anti-massonici, inizialmente di estrazione cattolica e successivamente diffusi tra politici e pensatori sia di destra che di sinistra. In ogni caso gli aspetti politici ed esoterici della Massoneria sono andati spesso avanti in parallelo nel corso della storia italiana.

La prima loggia italiana di cui si ha notizia fu fondata a Firenze intorno al 1730 da Charles Sackville, Conte di Middlesex, Henry Fox, e Sir Charles Mann (2). Nonostante in quegli anni le tradizioni del Rinascimento fiorentino non fossero che un pallido ricordo, la Toscana sotto gli ultimi Medici era ancora riuscita a mantenere una qualche indipendenza, risparmiandosi così gli eccessi peggiori della Controriforma. Nuove logge vennero presto aperte a Roma, Napoli, Torino e in altre città. Ma i rapporti della Massoneria con l’Inghilterra, una delle maggiori Potenze protestanti, attirò i sospetti sia dei governanti degli Stati italiani che delle gerarchie ecclesiastiche.

Nel 1738, quando emanò la bolla In eminenti, che in pratica proibiva ai Cattolici di diventare Liberi Muratori, Papa Clemente XII aveva raggiunto la venerabile età di 87 anni ed era completamente cieco. Continuando con risolutezza l’inclinazione del papato per una politica di Potenza, questa misura, inizialmente maturata considerando la situazione nella sua natia Toscana, fu infine probabilmente formulata tenendo presente l’Italia. Forse non è per caso che questa bolla sia stata pubblicata nel 1738: l’ultimo dei Medici, Gian Gastone, era morto un anno prima; questa mossa quindi potrebbe avere avuto da una parte lo scopo di colpire una organizzazione protestante sospetta e dall’altra quello di riaffermare l’influenza papale sulla relativamente tollerante Toscana. Ciò nonostante tale indipendenza restò salda quando Francesco di Lorena, egli stesso Massone, divenne il nuovo Signore di Toscana (3).

La presa di posizione papale dette l’avvio alle persecuzioni; il poeta Tommaso Crudeli, il primo martire massonico conosciuto, fu torturato per fargli rivelare i “segreti dei Massoni”, ma fu liberato su intervento di Francesco di Lorena (4). Parecchi decenni più tardi, il famoso occultista Conte Alessandro Cagliostro non fu così fortunato, e morì nel 1795 durante la sua prigionia nella fortezza papale di San Leo. Del divieto papale scrisse Reghini: “L’ostilità della Chiesa causò una reazione in alcuni Paesi, forzando la Massoneria a difendersi diventando una società segreta. Malgrado ciò essa non diventò mai settaria e i rituali furono sempre caratterizzati dalla tolleranza, dal non settarismo e dall’indipendenza dei primi tempi” (5).

Massoni e organizzazioni massoniche giocarono un ruolo significativo nel Risorgimento italiano del diciannovesimo secolo. I Massoni promossero attivamente l’unificazione dei molti Stati italiani, il che valse loro ulteriori condanne per “sovversione”. L’organizzazione politica di Giuseppe Mazzini, la Giovine Italia, dedicata alla causa dell’unificazione, condivideva gli ideali massonici di umanesimo, progresso e governo secolare.

Il Grande Oriente d’Italia fu fondato nel 1859 (6). Nel 1862, un Supremo Consiglio del Rito Scozzese si riunì in Palermo sotto la guida del patriota Giuseppe Garibaldi, e nel 1864 il primo Congresso della Massoneria italiana ebbe luogo a Firenze ed elesse Garibaldi Gran Maestro.

Forse anche più della Rivoluzione Francese, il Risorgimento fu una rivoluzione borghese, e la Massoneria attrasse la numericamente piccola ma attiva classe media italiana. La Massoneria fu vista come un mezzo per mantenere unite forze diverse come i repubblicani di Mazzini, i monarchici che sostenevano il casato dei Savoia e le Camice Rosse garibaldine. Come mette in rilievo Aldo Mola, “…in un Paese in cui tutte le forme di conflitto politico avevano una base regionale […] le logge erano la sola vera scuola di unità nazionale”. Come risultato della continua opposizione della Chiesa all’unificazione nazionale, la Massoneria italiana persistette nella sua posizione anticlericale (7).

Nei decenni seguenti l’unificazione nazionale nel 1870, numerosi membri della nuova classe di politici e amministratori erano Massoni. Alla fine del diciannovesimo secolo la Massoneria era ampiamente percepita come parte dell’establishment e come dispensatrice di vantaggi più spesso di tipo materiale che spirituale. Scandali finanziari e instabilità politica avevano reso i politici dell’establishment vulnerabili agli attacchi e la Massoneria, prima vista come campione dell’indipendenza e della democrazia fu così accusata di essere corrotta e di difendere privilegi di classe. Così come in altri Paesi latini, molti pamphlet anti-massonici vennero fatti circolare, per lo più basati sulle accuse di cospirazione dell’abate Barruel e di Leo Taxil, i quali crearono l’impressione che l’Istituzione massonica fosse molto più monolitica e potente di quanto in realtà fosse.

Queste idee indubbiamente influenzarono Benito Mussolini nei suoi primi anni nel Partito Socialista e dovevano riemergere nel periodo fascista (1922 – 1943), nonostante le relazioni massoniche di molti dirigenti fascisti. (8) Il movimento fascista, fondato nel 1919, contò fra i suoi primi membri un certo numero di Massoni che vennero attratti da diversi aspetti, inclusi l’anticlericalismo e le inclinazioni rivoluzionarie iniziali del movimento. La persecuzione dei Massoni, seppure non sempre sistematica, continuò fino alla caduta del regime.

Paradossalmente, subito dopo la fine della II Guerra Mondiale, la letteratura antimassonica ritrovò vigore, questa volta con l’accusa di collaborazione con il fascismo. Nei decenni più recenti, gli studi storici sulla Massoneria italiana sono stati largamente monopolizzati da Autori di orientamento cattolico o comunista che sono per motivi diversi ostili all’Istituzione (9). Non c’è quindi da meravigliarsi se, come dice Kent Henderson, “… la Massoneria italiana è la più mal descritta e incompresa del mondo” (10).

Società esoteriche

La Massoneria italiana non era tutta politica, comunque, e anzi ha sempre avuto una forte corrente esoterica. Insieme al simbolismo, tipicamente massonico, delle costruzioni e dell’architettura, varie altre tradizioni esoteriche – Rosacrociane, Cabalistiche, Templari e Pitagoriche – si sono riversate nell’Arte.

Fin dai primi tempi, la Massoneria considerò della massima importanza il simbolismo geometrico, con il teorema pitagorico ampiamente rappresentato nell’arte di ispirazione massonica. A tal proposito, è stato suggerito che alcune forme di iniziazione Pitagorica siano sopravvissute nel corso dei secoli, dapprima nell’Impero Bizantino e più tardi, in conseguenza dell’avanzata degli Ottomani, in Italia, dove l’élite intellettuale greca trovò rifugio.

Durante il regno di Elisabetta I, si dice che Sir Thomas Bodley sia stato iniziato a Forlì nella Confraternita Pitagorica dei Fratelli Obscuri, che si proponeva “il lodevole obiettivo di promuovere le Scienze e l’amore della Virtù” ed “istituita a imitazione di una Associazione più antica esistita fin da prima della caduta dell’Impero greco nelle città di Costantinopoli e Salonicco”. Nel Diciottesimo secolo, i Pitagorici francesi ed inglesi presero ad essere chiamati “I fiutatori”, quando adottarono la pianta del tabacco come loro simbolo (11).

Napoli era sede della Massoneria egiziana, una tradizione che vantava origini dalla comunità ermetica dei tempi dell’Egitto ellenistico. C’è ancora una “Piazza Nilo” in città e Giordano Bruno, che esaltò la “Sapienza dell’Egitto”, era nato nella vicina Nola. La scuola successivamente venne alla luce attraverso il lavoro di Cagliostro e più tardi di Giuliano Kremmerz, fondatore della Confraternita Ermetica di Misraim. (12) Il “Vangelo” di Cagliostro, pubblicato per la prima volta in italiano nel 1914 e più tardi commentato da Reghini, usa la terminologia alchemica per descrivere una via all’immortalità nonché per proporre l’uso di sigilli magici, meditazione, digiuno e una dieta vegetariana.

L’Ordine esoterico di Misraim (nome con cui in ebraico si indica l’Egitto) sembra avere avuto origini italiane. Infatti questo Ordine appare per la prima volta in Italia nel XVIII secolo, quando viene messo in relazione con Cagliostro che lo porta a Venezia nel 1788. (13) Poiché sia la Massoneria egiziana che l’Ordine di Misraim accettano le donne -violando così i princîpi massonici noti come “Landmarks”- e poiché entrambi lavorano in gradi superiori al terzo, essi sono generalmente classificati come appartenenti alla “para-Massoneria”.

L’Ordine di Misraim venne introdotto in Francia dopo il 1813 dai fratelli Bedarride; successivamente esso si diffuse in Belgio, Svizzera, Gran Bretagna e Stati Uniti d’America. Si presenta in due forme rituali: quella cabalistica adottata dai Bedarride e quella egizio-ellenistica dei gradi più elevati noti come “Arcana Arcanorum” (14).

Ancora una volta la politica incrociò i sentieri dell’esoterismo quando, nel 1880, Garibaldi venne nominato Gran Ierofante del Misraim. A quel tempo, l’Ordine fu unificato con quello di Memphis, i rituali del quale si ispirano all’immaginario egiziano. Alla fine del secolo, l’Ordine di Memphis e Misraim doveva fornire in Italia un collegamento tra la Libera Muratoria e la Teosofia: sia H. P. Blavatsky che Annie Besant ricoprirono alti gradi in quest’Ordine.

Teosofi e Massoni

Quando aveva solo 18 anni, Reghini andò a Roma, dove fu messo in contatto con Isabel Cooper-Oakley, che rappresentava la Blavatsky in Italia, e nel 1898 i due furono tra i fondatori del ramo italiano della Società Teosofica. La Blavatsky aveva sempre avuto un debole per l’Italia; tra l’altro si vantava di avere combattuto con Garibaldi contro i Francesi e le forze papali nella battaglia di Mentana nel 1867. (15) Anche la Teosofia fu presto esposta all’accusa di eresia, se non proprio di paganesimo, attirandosi così l’ostilità della Chiesa. Nonostante ciò la Società Teosofica si dimostrò essere un importante veicolo in grado d’allargare gli orizzonti degli italiani colti e di mente aperta, diffondendo tra di loro lo studio di filosofie e religioni orientali fino a quel momento appannaggio dei circoli accademici.

Mentre già riceveva un’istruzione sulla tradizione Pitagorica, Reghini cominciò la sua carriera massonica con l’iniziazione nell’Ordine di Memphis e Misraim nel 1902. Cosa trovò in questa forma esoterica di Massoneria? Probabilmente, gli fu detto qualcosa di simile a questi commenti di un Autore massonico contemporaneo:

    Il Rito di Memphis e Misraim non è adatto ad ogni Massone, ma si rivolge a quei pochi Fratelli che, seguendo le molte indicazioni e rivelazioni dei loro rituali, aspirano sinceramente ad entrare in risonanza con i più alti piani dell’esistenza e a superare la loro individualità. In questo caso. il Rito è un collegamento visibile, tangibile fra la sfera più bassa e la sfera più alta. Esso fornisce la chiave per gli Arcana, la maniera in cui essi possono essere rivelati e praticati. (16) I rituali Osiriaci dell’Ordine contengono illuminanti riferimenti all’Egitto, come quando all’aspirante Maestro viene detto:

    “Fratello, sei entrato in questo Tempio che è la Camera di Mezzo della Piramide, aspirando di diventare Osiride, e per guadagnare questo privilegio hai recitato – ben sapendo che era solo simbolica – la confessione negativa che ogni defunto recita quando raggiunge il mondo delle ombre e si presenta davanti al tribunale di Osiride, per identificarsi con lui se la sua vita è stata pura” (17).

Nel 1903, Reghini diventò membro di una loggia di Firenze che prestava obbedienza al Grande Oriente d’Italia; due anni più tardi questa fu riorganizzata come loggia “Lucifero”, di cui Reghini fu uno dei fondatori. Nello stesso tempo, logge di Milano si univano al Grande Oriente d’Italia con sede in Palazzo Giustiniani.

Scrivendo nel 1906, Reghini criticò l’opposizione nei confronti degli alti gradi (dal 4° fino al 95° in Ordini come quello di Misraim) ed espresse rincrescimento per il fallimento di Mazzini e dell’americano Albert Pike nel creare “un rito segreto superiore a tutti gli altri, una sorta di Massoneria nella Massoneria, che avrebbe unificato la divisa famiglia Massonica”. (18) Nel 1908 un numero di dissidenti guidati da un pastore protestante si separarò dal Grande Oriente per protesta contro le sue posizioni politiche radicali ed eccessivamente materialistiche. Questi dissidenti formarono una nuova organizzazione massonica con sede in Piazza del Gesù a Roma. Successivamente le due branche italiane della Massoneria furono denominate “di Piazza del Gesù” o “di Palazzo Giustiniani” proprio in base alla sede delle loro Direzioni.

Un tentativo di promuovere l’unificazione dei frammentati gruppi massonici, ritornando alla radici spirituali dell’Arte, fu intrapreso con il Rito Filosofico Italiano, del quale Reghini fu uno dei fondatori (questo nome fa venire in mente il Rito Filosofico Scozzese, ritenuto avere qualche collegamento con i Pitagorici britannici). Il rito italiano si articolava in sette gradi ed è stato descritto come intriso di elementi Pitagorici e Gnostici. Nel 1911, Reghini e Armentano riscrissero gli statuti del rito, disponendo che una copia dei Versi Aurei di Pitagora dovesse essere presente nel tempio insieme agli altri oggetti usati nei lavori di loggia.

Questa esperienza fu interrotta dalla I Guerra Mondiale, che interruppe bruscamente i contatti fraterni internazionali; lo stesso Reghini prestò servizio nell’Esercito. Il Rito Filosofico cessò di esistere nel 1919, quando confluì nella Gran Loggia di Rito Scozzese. Dopo di ciò Reghini, pur continuando a rimanere Massone, si dimostrò più cauto riguardo a qualunque “riforma universale” dell’Arte.

Occultismo ed Esoterismo

Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo in Italia, come nel resto d’Europa, l’interesse del vasto pubblico per l’occultismo era ampiamente rivolto a fenomeni come l’ipnotismo e lo spiritismo. Testi di astrologia e magia copiati da classici come quelli di Cornelio Agrippa e Giovanni Battista della Porta abbondavano. Nello stesso tempo, i lavori di Autori francesi come Eliphas Levi, Henri Durville e Papus guadagnavano un crescente numero di lettori e venivano pubblicate varie riviste esoteriche. Lo stesso Reghini tradusse Swami Vivekananda, l’egittologo E.A. Wallis Budge e i racconti occulti di Louis Stevenson.

Sia Reghini che Giuliano Kremmerz, attivi a Napoli nello stesso periodo, sottolinearono che la loro era una ricerca di conoscenza e misero in guardia dal confondere il desiderio di crescita spirituale con le vampate di esaltazione emotiva. Da questo punto di vista essi rigettarono l’occultismo delle sedute spiritiche e delle sette, condividendo la posizione di Levi che insisteva nel dire che il suo occultismo (termine da lui coniato) era basato su fede, scienza e ragione. (19)

Questo metodo sperimentale fa uso non solo della logica ma anche della analogia. Già all’inizio della sua carriera Reghini aveva scritto: “Il simbolismo dell’architettura, delle cerimonie e delle immagini è superiore al linguaggio ordinario grazie alla moltitudine di significati che solo il simbolismo può esprimere, dal momento che opera per analogia; i geroglifici e gli ideogrammi sono superiori alle forme alfabetiche di scrittura grazie all’ampiezza e precisione del loro significato”. (20)

Vent’anni più tardi, Reghini esprimeva gli stessi concetti: “Esiste una tradizione orale di conoscenza nascosta che non può essere trasmessa con parole (percepite ed interpretate in senso profano). C’è ancora una tradizione seria in Occidente che non ha niente da spartire con i tumulti da circo, la parodia e la simulazione del cosiddetto occultismo d’oggi”. (21)

Qualche volta, Reghini si ritirava con i suoi amici Armentano e Giulio Parise in una torre costiera isolata in Calabria, luogo ideale per lo studio e la meditazione. Reghini non era peraltro estraneo al cerimoniale magico, sebbene uno dei pochi riferimenti diretti da lui lasciati è ricco di sfumature umoristiche, menzionando alcune delle difficoltà pratiche dei rituali notturni, con sveglie, tazze di caffè caldo, crepitanti lampade ad olio, incenso che non vuole bruciare e candele che si spengono, tutto a detrimento della necessaria “concentrazione spirituale”. (22)

Dal principio alla fine della sua attività, Reghini rimase un Pitagorico. Cosa significò questo per lui in termini pratici? Egli s’impegnava nel riesame quotidiano dei suoi atti -una pratica che si richiama a Pitagora – così coe nell'”estasi filosofica”, che era in realtà un tipo di meditazione. Il praticante si sedeva comodamente in un luogo tranquillo, svuotandosi di tutti i pensieri ed emozioni; poteva sia trovarsi al buio o avere una luce dietro di lui. “Allora, quando l’anima è purificata, sembra apparire una luce chiara e brillante alla quale niente può essere nascosto” -dice un vecchio testo- “e allora un dolce piacere è sentito, incomparabile ad alcuna cosa di questo mondo e… un prurito estremamente piacevole viene avvertito dentro la testa… Le persone più portate a questo tipo di estasi sono quelle il cui cranio è aperto, attraverso la quale lo spirito può evadere… Io penso che questa sia l’estasi platonica, quella che Porfirio dice aver sopraffatto Plotino sette volte”.

Questa pratica ha importanti implicazioni come forma di “yoga occidentale”. Non consiste tanto in una valutazione delle azioni compiute come buone o cattive, ma piuttosto sottolinea l’importanza dello stesso ricordarle. I maghi rinascimentali Tommaso Campanella e Giordano Bruno avevano probabilmente familiarità con questo tipo di meditazione. (23)

Reghini insisteva anche sul fatto che il cercatore aveva l’obiettivo di trasformare la sua anima per mezzo di tecniche quali il controllo del respiro, la meditazione e la rimembranza degli atti quotidiani e che questa trasformazione doveva avere luogo durante l’arco della vita.

L’Utopia Pagana

Ai tempi di Reghini, la parola “pagano” aveva ancora connotazioni largamente negative, ed era ampiamente usata non per indicare una religione storicamente documentata, ma piuttosto come sinonimo di immoralità e materialismo. Ciò nonostante, egli la trovò essere il miglior termine in grado di descrivere la sua posizione. In un articolo del 1914 intitolato “Imperialismo pagano”, egli promuoveva la rinascita spirituale della cultura italiana in un nuovo tipo d’”impero” che avrebbe imposto l’eccellenza in ogni campo dell’impegno umano. Questo risultato avrebbe richiesto libertà e tolleranza, sebbene la storia abbia dimostrato come, a differenza del paganesimo greco-romano, le religioni di Abramo abbiano troppo spesso maturato l’amaro frutto dell’intolleranza religiosa. Reghini concordava con Gibbon nel ritenere che l’attitudine fanatica dei primi cristiani aveva portato alla caduta di Roma e più tardi alla politica papale avversa all’unificazione dell’Italia. (24)

L’ambiente d’avanguardia in cui le idee di Reghini erano maturate, era anche impegnato sul problema di creare una nuova “religione secolare”, libera dai difetti del cattolicesimo seppur basato su valori spirituali. (25) Ciò nonostante qualunque “crociata” anti-cristiana si sarebbe rivelata una contraddizione in termini; piuttosto, egli promuoveva la classica distinzione tra religioni iniziatiche e popolari, successivamente sviluppate da Guénon e altri. Similarmente, egli condannò il materialismo ed il rabbioso anticlericalismo d’alcuni nella comunità massonica, e potrebbe anche aver sognato un giorno in cui la Chiesa cattolica avrebbe adottato la politica di S. Francesco d’Assisi, abbandonando il potere politico e finanziario per dedicarsi interamente alle opere buone.

Mirando alla perfezione spirituale, pensava Reghini, la Massoneria dovrebbe essere non settaria. Nel suo lavoro del 1922 sul significato dei tre gradi massonici, egli analizzò il simbolismo dell’iniziazione a Maestro Massone, con il rituale della morte e resurrezione di Hiram che richiamava alla mente Osiride, Dioniso e Gesù; l’iniziato, diceva, dovrebbe diventare consapevole del fatto che la coscienza non dipende soltanto dall’esistenza fisica. Similmente, egli rimproverava alcuni dei suoi fratelli angloamericani per interpretare il 19° Landmark, che esige di credere in Dio, nel senso che i Massoni debbano essere necessariamente cristiani, ricordando loro che la squadra e compasso sono posti sopra la Bibbia. (26) Egli commentava anche che sia la Massoneria continentale che angloamericana sono più interessate ai titoli altisonanti che alla perfezione spirituale dell’iniziato.

Il contrasto col fascismo

Dopo essersi trasferito a Roma nel 1921, Reghini dedicò molte attenzioni al fascismo e alle relazioni che si andavano sviluppando tra Mussolini ed il Vaticano.

La maggior parte dei massoni italiani, così come i nazionalisti ed i dissidenti socialisti capeggiati da Mussolini, avevano sostenuto l’intervento nella I Guerra Mondiale, sopratutto per strappare le città di Trento e Trieste all’Austria, vecchio nemico dell’Italia. Dopo la guerra, nel 1920, il Grande Oriente sostenne l’occupazione della città di Fiume, sull’Adriatico, in sfida alla Francia e all’Inghilterra alleate dell’Italia; questo evento venne considerato l’ultimo passo dell’unificazione nazionale. Quando il movimento fascista di Mussolini prese il potere nel 1922, c’era ben poca consapevolezza del disastro che stava per colpire la Massoneria. Nessuno dei fascisti più conosciuti era cattolico praticante, e in realtà alcuni di loro erano noti come massoni. Sfortunatamente, comunque, gli ammonimenti di Reghini riguardo alle necessità di rinnovamento spirituale dell’Arte erano rimasti inascoltati, così come i suoi tentativi d’impedire al regime di venire a patti con la Chiesa. Inoltre la gerarchia massonica non si era dimostrata così valente come le precedenti nell’evitare una politica del “dividi et impera”.

Sin dai tempi della Rivoluzione Francese i fasci, le antiche insegne del potere romano costituite da dodici verghe di betulla legate insieme ad un ascia, avevano avuto connotazioni rivoluzionarie ed anti monarchiche, ispirando inizialmente la loro adozione da parte del Partito Fascista. Per uomini come Reghini, comunque, il simbolo evocava anche l’antico concetto romano di res publica, in cui il potere era conferito sia al popolo che a un Senato aristocratico. Reghini non voleva proporre qualche nuovo sistema di governo; piuttosto egli sperava che una Massoneria orientata in senso spirituale e Pitagorica potesse favorire lo sviluppo di una classe politica i cui membri fossero dotati di valori superiori.

Il 1924 fu un anno cruciale per Reghini. In quell’anno il regime decretò l’affiliazione massonica incompatibile con l’appartenenza al Partito Fascista. Un giornale gesuita pubblicò un articolo che condannava la Massoneria in base al fatto che -essendo internazionale- era perciò “non italiana”; questa linea venne presto ufficialmente adottata dai fascisti. (27)

Reghini, un membro del Supremo Consiglio della Gran Loggia di Piazza del Gesù, replicò che il ruolo chiave della Massoneria nel promuovere il Risorgimento confutava l’accusa oltre ogni ragionevole dubbio. A questo punto comunque, le argomentazioni di carattere storico non erano più di alcun aiuto, e anzi lo resero quasi impercettibilmente un dissidente politico. In maggio il suo amico Armentano, che aveva continuato a lavorare con lui in un tentativo sfortunato di riunificare le due branche principali della Massoneria italiana, lasciò l’Italia diretto in Brasile.

Qualunque speranza la Massoneria possa aver nutrito per un cambiamento nell’attitudine del regime, andò in frantumi a seguito della violenza antimassonica scatenata nel novembre del 1925. Una nuova legge contro “le società segrete” non menzionava specificatamente i massoni, ma il regime rese chiaro che erano loro il bersaglio prederminato. (28) Mussolini asserì che queste misure erano destinate a prevenire complotti politici e non a sopprimere la Massoneria come istituzione spirituale, ma al momento in cui venne messa in atto la repressione poliziesca ciò fece ben poca differenza. Un certo numero di dirigenti di spicco del Grande Oriente andarono in esilio in Francia e anche la Gran Loggia di Piazza del Gesù fu costretta a chiudere dopo un infruttuoso tentativo di riorganizzarsi come “Ordine di San Giovanni di Scozia”. Ironicamente, la mancanza di persecuzione sistematica contro semplici massoni portò Papa Pio XI a criticare di “troppa morbidezza” il regime fascista. In un articolo pubblicato nel 1927-1928 Reghini, prevedendo l’imminente alleanza tra il regime fascista e il Vaticano, commentava:

    Le attuali condizioni del nostro Paese nel contesto della situazione politica in Europa e nel mondo, sarebbero favorevoli a qualcuno che volesse e avesse la capacità di sfruttarle per creare una nuova civiltà universale partendo da Roma. Comunque… questo tipo di imperialismo non potrebbe essere soggetto ad un potere che è universale solo di nome, e di cui l’innata ed incurabile intolleranza è inaccettabile a sia il resto della civiltà occidentale come pure alle civiltà orientali… Noi diremmo orgogliosamente di più, se non fossimo obbligati oggi ad usare un linguaggio più prudente di quello usato da Agrippa quattro secoli fa… (29)

A questo punto non potevano esserci più dubbi sul fatto che la posizione di Reghini non fosse affatto ortodossa. In poco tempo egli era passato dallo status di valente scrittore di cose piuttosto oscure a quello di risoluto, pubblico oppositore della riconciliazione di Mussolini col Vaticano, che doveva culminare nei Patti Lateranensi del 1929. Come poteva un pagano auto-dichiarato esser lasciato libero di pubblicare dopo una alleanza tra Chiesa e Fascismo? Il coraggio di Reghini in difesa della Massoneria fu del tutto ragguardevole, sopratutto se si consideri quanto buia fosse ormai la sua visione dell’Arte in quanto incapace di compiere la sua missione di perfezionamento dell’individuo.

Alle prese con una situazione tanto difficile, i vertici massonici preferirono in gran parte temporeggiare, ma dopo i fallimentari tentativi di venire a patti con il regime, entrambe le principali Obbedienze italiane si dichiararono disciolte e vennero ricostituite solo nel 1945. Il sacrificio di Reghini gli guadagnò ben pochi amici sia prima che dopo la guerra.

Gli attacchi della stampa continuarono e Parise scrive di tentativi “di salvare l’anima mia e quella di Reghini con due colpi di pistola… la sorveglianza era così ravvicinata e opprimente da limitare i nostri contatti, dal momento che avevamo paura di compromettere anche persone che magari ci salutavano per caso”. (30) Reghini fu dimesso dall’incarico di professore di matematica in una scuola pubblica e dovette guadagnarsi da vivere dando lezioni private.

Infine, con un atto vergognoso, Julius Evola -già amico di Reghini- lo denunciò accusandolo di essere affiliato alla Massoneria. (31) Curiosamente Evola aveva appena pubblicato “Imperialismo pagano”, una raccolta di articoli che attingeva considerevolmente dal saggio di Reghini con lo stesso titolo e incitava i fascisti ad evitare compromessi politici o ideologici con il cattolicesimo. Decadi più tardi, Evola avrebbe riconosciuto di dovere la sua consapevolezza iniziatica a Reghini e Guénon.

Epilogo

A questo punto le strade di Reghini, Guénon ed Evola si separarono. Nel 1930 Guénon, che continuò a essere ambivalente nei confronti della Massoneria come fonte di autentica iniziazione, lasciò l’Europa per dedicarsi completamente agli studi islamici al Cairo. Evola presto abbandonò il suo intransigente “imperialismo pagano” e condannò la Massoneria sostenendo che non essa non era in grado di fornire alcuna genuina iniziazione spirituale. Egli proseguì coltivando una visione diametralmente opposta a quella di Reghini, vedendo nella Chiesa cattolica l’erede dell’Impero Romano e sviluppando la sua forma particolare di razzismo che doveva influenzare lo stesso regime fascista.

Negli anni Trenta, Reghini si dedicò all’insegnamento e allo studio dell’interpretazione pitagorica dei numeri, delle proporzioni e dell’armonia, visti non semplicemente come un gioco intellettuale ma come chiave della vita. Il suo approccio in qualche modo richiama quello del neo-platonico inglese dell’800 Thomas Taylor (di cui Reghini cita i lavori), nel correlare la realtà materiale e spirituale per mezzo di numeri e proporzioni. Il libro di Reghini sulla ricostruzione della geometria di Pitagora, contenente nozioni “sulle quali i Massoni dovrebbero ben meditare”, (32) fu pubblicato nel 1935 e fu premiato per il suo valore scientifico dall’Accademia d’Italia, l’equivalente italiano della Royal Society.

Mentre la II Guerra Mondiale si avviava al suo epilogo, Reghini intensificò il suo lavoro sui numeri pitagorici. Forse avvertendo che non gli restava molto da vivere, egli lasciò istruzioni dettagliate riguardo ai suoi manoscritti. (33) Alle 5 in punto dell’afoso pomeriggio del 1° luglio 1946, in una villa di campagna vicino Bologna, Reghini morì, ritto nel suo studio, di fronte al sole che andava calando verso Ovest. In uno dei suoi ultimi lavori sulla relazione tra matematica e ricerca spirituale, Reghini sottolineò che la vera filosofia presuppone l’esperienza diretta del ricercatore. La scienza occidentale moderna è scienza oggettiva e sperimentale, compiuta all’esterno per mezzo di strumenti che aiutano i sensi; il suo scopo è quello di osservare e capire, tenendo in debito conto l’inevitabile alterazione (il principio di Heisenberg) prodotta nei fenomeni osservati dall’osservatore.

In Massoneria, nell’Ermetismo, nel Pitagorismo e nella scienza esoterica di ogni tempo, l’osservatore è anche oggetto dell’esperienza, considerata interiormente e direttamente senza la limitazione di immaginarie colonne d’Ercole e simili; non tanto quindi materia di speculazioni teoriche quanto di sensazioni e di vita. (34)

E quale in fondo è lo scopo della filosofia -l’amore della saggezza- se non, come diceva il neo-platonico Porfirio, “di liberare la nostra mente dai limiti e dalle catene”? (35)

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TOLLERANZA E LIBERTA’ RELIGIOSA

TOLLERANZA E LIBERTÀ RELIGIOSA

L’obbedienza alla religione è il punto più alto della costruzione prescrittiva, l’apice della Verità cui la libertà deve salire per estinguersi, il luogo dove l’ Assoluto pronuncia la sua sentenza contro il relativismo. Lo stesso Locke, che dedicò gli ultimi vent’anni di vita a scrivere in favorc della tolleranza e a proteggersi contro lo scandalo che ne seguiva, escludeva tuttavia la tolleranza verso gli atei, ritenendo che la mancanza di fede avrebbe svuotato di sanzione i “iuramenti e i contratti necessari all’organizzazione della convivenza civile.

All’origine il concetto di imperium aveva sottoposto l’individuo a un’ autorità a un tempo politica e religiosa; poi l’imperium si era spartito fra potere spirituale e potere temporale, secondo la teoria delle “due spade” che non potevano essere impugnate da una mano sola; e si era apcrta la controversia fra i due poteri. Ma per entrambi I ‘individuo restava sempre suddito, e la tolleranza poteva al massimo essere concessa alle minoranze religiose per raoioni di convenienza, e a condizioni onerose. Pontefici e sovrani potevano contendersi la precedenza nella titolarità del potere ma per il suddito dissenziente il trattamento abituale erano il bando, la confisca, la prigionia e (pare, dalla fine del XII secolo) Ic fascine del rogo. Ogni tanto nella duplice sudditanza si apriva un interstizio, una voce solitaria richiamava la separazione fra l’autorità della forza e I ‘autorità della tède. Fino dai primi secoli Tertulliano distanziava la religione dalla politica (“nulla res magis aliena quam res publica”) e respingeva l’imposizione coercitiva della fede ‘quae sponte suscipi debet, non vi”: e il re barbaro Teodorico scriveva per la penna di Cassiodoro agli ebrei genovesi “religionem imperare non possumus, quia nemo cogitur ut credat invitus”.

Ma ci sarebbe voluto un altro migliaio di anni perché la tolleranza fosse ammessa, per gradi e sempre con l’attitudinc forzata dell’accomodamento al male minore. Negli animi dogmatici restava (forse rimane ancora oggi) I ‘idea che tolIerare ciò che si giudica il male equivalga a offendere ciò che si giudica il bene. Sul versante opposto, nel Settecento illuminista (c già prima all’inizio del secolo, nel parlamento inglese), i liberi pensatori consideravano la tolleranza, dapprima invocata come una grazia, ormai come un insulto alla libertà.

Proprio perché tocca il culmine del dissidio fra assoluto e relativo, la tolleranza in materia di religione ha aperto i] varco non solo alla libertà religiosa come diritto soggettivo ma al sistema complessivo dei diritti individuali. Se ne trova l’esempio e quasi il simbolo nel libro sui Diritti di libertà scritto nel 1926 da Ruffini pcr le edizioni di Gobetti. I Diritti di libertà di Ruffini seguono di soli due anni il suo corso di diritto ecclesiastico tenuto nel 1924 su lx-l libertà religiosa come diritto pubblico subietlivo. Il sodalizio fra il diritto soggettivo alla libertà religiosa e il sistema complessivo dei diritti individuali risalta nell’introduzionc di Piero Calamandrei alla seconda edizione del libro. pubblicata dopo la Liberazione:

“Se il Ruffini avesse potuto seguire dal 1926 fino ad oggi I ‘immane dramma di questo ventennio, avrebbe visto la scienza giuridica tedesca non solo tornare, dopo l’avvento di Hitler, alla concezione autoritaria assertrice dell ‘onnipolenza dello Slato e negatrice delle libertà politiche individuali, ma arrivare addirittura a le.orizzare l’abolizione della nozione di diritto soggettivo, di qualsiasi diritto soggettivo, cioè, in sostanza, della stessa rilevanza giuridica della persona: Kampf wider das subiektive Recht, che poi voleva dire. nel campo morale, guerra contro la personalità umana”.

I guasti prodotti dal fascismo in Italia erano stati di poco inferiori. Il regime abbinava all ‘obbligo dell ‘ obbedienza politica l’ obbligo della religiosità esteriore, e al duplice obbligo corrispondeva una duplice irrisione della libertà di coscienza. L’infatuazione nazionalista costrinse la cultura italiana a un isolamento pernicioso dalle correnti più vive della spiritualità europea, e la repressione di ogni critica fece mancare gli anticorpi al  del contagio razzista che sfociò nella vile persecuzionc dei concittadini ebrei.

Valcrio Zanonc

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IL SEGRETO MASSONICO E’ ANCORA ATTUALE?

II segreto massonico è ancora attuale?

di Umberto Rodda

Molte pubblicazioni massoniche hanno dedicato pagine all’argomento. Sono abbastanza note le vicende storiche connesse alle Corporazioni muratorie e totalmente quelle relative alle scomuniche della Chiesa di Roma, fondate su argomentazioni di ordine temporale e sulla segretezza delle riunioni.

É chiaro che non sono possibili analogie fra la situazione del XVIII e quella del xx secolo: la Chiesa era una potenza temporale con un peso politico non trascurabile dall’Europa di quel tempo. Per le Logge del XVIII secolo, agli albori della Massoneria moderna, il concetto di segreto era ereditato dalle precedenti Corporazioni muratorie. In queste, per la necessità di non consentire la divulgazione delle conoscenze di mestiere, si era ravvisata l’opportunità di elevare la « riservatezza » a norma della Corporazione, che aveva assunto nel trascorrere del tempo valore di tradizione.

Le Logge si modificarono gradualmente da operative in speculative sulla spinta di mutamenti delle condizioni esterne, conservando sino ai nostri giorni talune caratteristiche organizzative e spirituali.

Senza indugiare in descrizioni storiografiche emerge chiaramente che « il segreto » non fu mai fine a se stesso ma adattamento alle circostanze, come difesa fisica e modo d’indipendenza spirituale. È importante analizzare se è stato oggetto di determinazioni teoriche a dimostrazione di un modo di essere o di un significato dell’esistenza.

Non si può affermare che la Massoneria ne abbia tratto motivi di compiacimento, ma necessità e adattamento assunsero l’importanza di una regola tradizionale e morale.

È indispensabile, per assolvere il debito di chiarezza, distinguere il segreto come:

  1. norma statuaria;
  2. espressione della coscienza individuale.

È oltre ogni dubbio e perplessità, superata nei fatti e non attuale

la redazione di una norma che statuisca la segretezza dell’istituto, come sede, iscritti e finalità.

Se nel XVIII secolo la sussistenza del segreto era condizione per l’esistenza, nel xx sarebbe d’impedimento alla sua vita. Nello Stato moderno di Diritto, retto da una Costituzione rigida che sancisca le libertà di associazione e di manifestare liberamente il proprio pensiero, l’esistenza di un Ente è garantita dalla Legge stessa. ln questi termini non esiste la giustificazione per forme di clandestinità o di occultamento.

L’osservanza della Legge è principio non rinunciabile ed è dovere massonico codificato da una norma statuaria.

Se la finalità dell’Istituto è il miglioramento morale dell’individuo, non in modo astratto ma in funzione di sé e della società, perché ne diventi elemento esemplare e trascinatore, l’esaltazione delle qualità umane è la realizzazione completa, nell’analisi interiore e nell’esercizio dei proprii doveri e diritti di cittadino. Significa che la condotta morale ed il comportamento da iniziato sono la guida del cammino nella società, con un rapporto di logica deduzione tra la premessa iniziatica ed il comportamento reale: ma com’è possibile stabilire una costante relazione armonica tra dignità ed occultamento considerando sinonimi i concetti di « segreto » , di « non palese », « non detto » e « clandestino »?

Segreto significa porre in atto determinati mezzi perché un « fatto reale » non possa essere conosciuto: non basta l’astensione dalla comunicazione, perché la riservatezza è da sempre la componente di una valida condotta morale, ma è necessaria una condotta fattiva di mezzi o accorgimenti che ne impediscono la conoscenza. La pubblicità delle sedi e degli iscritti sono un primo passo verso posizioni già acquisite nella maggior parte dei Paesi occidentali.

Non sono accostabili nella fattispecie i concetti di « pubblicità » e di « curiosità », perché la possibilità di consultare l’elenco degli iscritti da parte delle Autorità, o genericamente da terze persone, non costituisce la premessa per soddisfare la curiosità gratuita dell’uomo della strada.

Il timore che la qualifica individuale di Massone sia divulgata, se è comprensibile sotto il profilo umano e per determinate prospettive

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sociali, può non avere supporti morali perché possa resistere nel tempo.

Se sono noti i pregiudizi di una parte della società italiana, ereditati da formazioni culturali di derivazione parrocchiale e provinciale, non sono trascurabili i tentativi per una corretta informazione sull’influenza storica e sociale della Massoneria.

Su di essi il fenomeno P2 è sceso come una mannaia determinando un appannamento dell’idea massonica nel mondo profano, fornendo materiale a campagne demagogiche, scandalistiche e di censura, che rendono più ardua la ripresa del tentativo per una corretta informazione.

Nell’ambito del diritto di ciascuno alla riservatezza, l’influenza indiretta della Massoneria sulla Società può essere ostacolata oggi da forme di occultamento di qualsiasi tipo, perché nella società attuale il mezzo d’informazione di massa risponde alla richiesta di notizie che appagano una generica curiosità, e lo scandalo si diffonde sempre in fretta come tutto ciò che non è conforme alle regole generali.

La Massoneria non costituisce nel costume occidentale un’eccezione alle regole generali di vita, ma lo diventa quando contraddice le finalità istituzionali perché facendo notizia giustifica, suo malgrado, l’esistenza di determinati pregiudizi.

Non vi è continuità di rapporto tra l’atteggiamento dell’iniziato che dovrebbe illuminare la Società con la Luce alimentata nel Tempio, e la scelta contingente dell’occultamento di sé come immagine depositaria di una fede.

Non sorge forse il dubbio che esista una contraddizione, se la Massoneria è fede nell’uomo, fra l’amore verso l’Umanità tutta, il proprio impegno d’illuminare il mondo profano, e l’occultamento o la clandestinità della fonte della Luce?

E l’impegno del miglioramento di sé, anche come impegno di essere se stessi, non transita forse attraverso un graduale inserimento del Massone come Massone nella società?

E questo graduale inserimento qualificato non è forse la strada da percorrere perché il pregiudizio subisca un progressivo depauperamento delle fonti di alimentazione? Se l’umanità è impreparata al superamento dei pregiudizi, e se vi è il dovere d’illuminarla, com’è possibile provvedervi con l’occultamento della propria milizia di vita nell’ambito di una società di diritto povera di esempi illuminanti, ed immersa nel quotidiano stillicidio di sofferenze e di miserie morali?

La norma statuaria impone rigorosità di costumi, linearità di condotta e riservatezza di comportamento, con significati e limiti diversi dal segreto.

L’esortazione del rituale a mantenere il segreto sui lavori compiuti è insegnamento non clandestinità; rientra nella sfera del « non dire », è l’esercizio di un atto di volontà che si riferisce a contenuti dichiarati non contrari alle Leggi dello Stato, ed è — a parere dello scrivente — diritto privato alla riservatezza quando la norma giuridica è rispettata. È doveroso distinguere:

  1. forma e contenuto dei rituali;

aspetto esterno e contenuto intrinseco dell’Associazione

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MASSONERIA E T V

Massoneria e TV

di Elio Ambrogio

Può succedere, durante una tranquilla serata, di assistere ad una trasmissione televisiva sulla Massoneria in Italia, e subire sgradevoli impressioni nonostante la familiarità e la piacevolezza dei temi trattati.

Sabato 17 maggio 1997, RAI 2 mette in onda “Non solo logge”, inchiesta sulla Massoneria nazionale confezionata in modo molto anigianale, con un’inflazione di luoghi comuni e di banalità veramente impressionante. Solo parzialmente I ‘intervento in studio di tre autorevoli gran Maestri Franco Franchi, Virgilio Gaito, Giuliano Di Bernardo — contribuisce a salvare la verità dell’istituzione massonica nel nostro paese contro una ricostruzione giornalistica dilettantistica e faziosa. Il filmato sostiene la tesi che la Massoneria italiana è profondamente coinvolta e avviluppata nelle trame mafiose, camorristiche, affaristiche, sovversive che hanno avvelenato la vita italiana negli ultimi decenni.

Nessun approfondimento critico su quello che la Massoneria ha rappresentato e rappresenta nella storia della civiltà occidentale e del nostro paese. Nessun tentativo di comprendere il fatto che la Massoneria è qualcosa di diverso dalla lotta per la spartizione del potere che, sola, sembra interessare il giornalismo italiano. La Massoneria è notizia giornalistica solo se legata alla lotta per il predominio politico, economico, criminale.

È dunque necessaria’ una nuova impostazione del problema. I gran Maestri — incisivo ma purtroppo limitato dalla logica televisiva Franchi; assente e teatralmente ieratico Di Bernardo, esitante, Gaito — si sono visti sottrarre dalla filosofia mediatica della TV l’occasione per riaffermare potentemente la assoluta originalità e la meravigliosa progettualità culturale della Massoneria. Non si è certo trattato di mancanza di abilità e professionalità dei gran Maestri, ma piuttosto della prevaricazione di una struttura-spettacolo che, nella televisione, è divenuta la costante e dittatoriale signora di ogni tipo di trasmissione. Se vai in televisione, devi adattarti a venire schiacciato dalla brevità, dalla semplificazione, dalla banalità, dall’interruzione tollerata, spesso suscitata, dalla impossibilità di comporre un discorso compiuto e logicamente argomentato. Tutto deve essere alla portata intellettuale dello spettatore, soprattutto di quello più modesto. Sono vietati ogni approfondimento, ogni complessità di pensiero, ogni spiegazione articolata, perché lo spettatore può non capire, ma — molto più frequentemente — perché è lo stesso conduttore a non capire.

Ora, ci si può chiedere: perché partecipare a simili trasmissioni quando si è ben coscienti che la complessità e la poliedricità dell’esperienza massonica non possono venire banalizzate e volgarizzate in pochi e frettolosi minuti di trasmissione popolare e divulgativa? Perché parteciparvi quando si sa bene che non si potrà mai rievocare dinnanzi alle telecamere il miracolo della comprensione del simbolo, del rituale, dell’atmosfera massonici? Perché sottoporsi inutilmente all’aggressione dei media quando si sa bene che la voce sottile e pervasiva della tradizione massonica parla solo nella penombra dei templi?

Sicuramente le autorità massoniche hanno il dovere di propagandare il fatto politico della legittimità e della positività dell’istruzione liberomuratoria, ma hanno anche il dovere di valutare l’efficacia del messaggio affidato ai media, altrimenti si rischia l’insuccesso. Non va mai dimenticato che, in Italia, la Massoneria si muove sempre e comunque, anche oggi, in un ambiente pregiudiziale, se non apertamente ostile. Nonostante tutti i nostri sforzi, la società italiana non sa ancora apprezzare il messaggio di libertà spirituale e politica che la Massoneria universale ha diffuso in tutti i paesi civili.

Anche monsignor Bettazzi, ospite illustre della controparte ecclesiastica, ha ceduto allo spirito del tempo, com’è costume di una certa chiesa contemporanea, astenendosi da una radicale critica dottrinale sulle divergenze morali, spirituali, culturali fra quell’istituzione religiosa e la Massoneria, ma limitandosi genericamente e banalmente ad una critica di “scarsa democraticità” e di “scarsa trasparenza” nei confronti delle nostre associazioni muratorie.

Erano certamente più virili e biecamente ma grandemente minacciosi gli anatemi della Chiesa di un tempo, chè almeno aveva il

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coraggio di una condanna netta e spiritualmente forte. E bello, con la Chiesa, divergere o convergere, ma sul piano dei grandi temi spirituali e culturali, non sulle piccolezze della “trasparenza”.

La Massoneria italiana deve uscire dal limitato dibattito sulla sua democraticità, sulla sua legittimità sociale, sulla sua rispettabilità istituzionale. Il discorso puramente di “immagine” è un discorso che diminuisce la sua grandezza storica, culturale e iniziatica. Nulla vieta che ci si batta per una legge sulle associazioni, per il rispetto del principio secondo cui la responsabilità penale è personale e mai “associativa”, per il diritto alla riservatezza come fatto assolutamente conforme ai principi dell’ordinamento giuridico, per il principio di assoluta legittimità della visione massonica in campo morale, spirituale e — perché no? — politico della società. Ma non dobbiamo mai dimenticarci che noi siamo portatori di una civiltà esoterica e civile di alto livello e che su quei principi deve avvenire il dibattito coi medu, non sul singolo massone “deviato” che vive alla periferia e al margine della nostra provincia muratoria, e che certamente può esistere, come esiste ed è esistito il “deviante ln tutte quelle istituzioni le quali da noi pretendono un’ impeccabilità che non sono in grado di garantire a sé medesime.

Un grazie al gran Maestro Franchi per l’equilibrio e la serenità con cui ha affrontato il dibattito e anche a certe sue aggressività che non dispiacciono in chi deve difendere un prezioso patrimonio comune, il nostro patrimonio.

Un solo suggerimento, certamente col senno di poi. Alcune domande che vorremmo rivolgergli, e su cui non è escluso che possa nascere un dibattito futuro. Domande sicuramente non informate al “buonismo” contemporaneo ma che forse contengono in embrione qualche verità.

— Perché abbandonare il tema dell’Opus Dei? Chi moralizza e predica su “trasparenza” e “democraticità” deve essere assolutamente trasparente e democratico. Certo, la cortesia e l’educazione del Gran Maestro hanno prevalso sulla volontà polemica. Resta il fatto che monsignor Bettazzi, assai disinvoltamente, ha eluso la domanda molto diretta del Gran Maestro Franchi, che meritava sicuramente risposta, e che tutt loggi la attende.

— Perché non affermare con forza un fatto indubbiamente vero, e cioè che il Grande Oriente di palazzo Giustiniani ha comunque concepito nel suo seno e nutrito la Loggia P2 di Licio Gelli, salvo poi dichiararne l’illegittimità e l’estraneità nel momento in cui essa finì inquisita dai poteri dello Stato? Sia il gran Maestro Gaito che il gran Maestro Di Bernardo non erano probabilmente piccoli apprendisti negli anni ’70, quando Licio Gelli percorreva il suo cammino massonico nel Grande Oriente.

L’unico fatto indubitabile è che la Gran Loggia di piazza del Gesù era e resta totalmente altra cosa rispetto a quel fenomeno.

— Perché non rivolgere alle competenti autorità (Consiglio superiore della Magistratura, Ministro della Giustizia, Procuratore generale della Cassazione, Presidente della Repubblica) il seguente interrogativo: quanti massoni sono stati condannati, dopo anni e anni di inchieste parlamentari e giudiziarie, per reati “massonici”, reati cioè realizzati grazie all’appartenenza ad una loggia? Quanti sono stati rinviati a giudizio dal procuratore Agostino Cordova per gli stessi motivi? Per quanti massoni è stata provata giudizialmente una responsabilità penale derivante dalla frequentazione dei templi muratori in Italia? Se le cifre saranno consistenti potrà essere ammessa una sorta di “corruzione ambientale” esercitata dalla Massoneria sui suoi appartenenti, ed essa dovrà essere sciolta in quanto associazione tendenzialmente delinquenziale. Ma se le cifre saranno esigue o nulle lo Stato dovrà riconoscere onestamente di aver sprecato una quantità immane di risorse pubbliche per inseguire i fantasmi che popolano la mente di alcuni politici e di alcuni magistrati. E sarebbe consolante, anche se impossibile, pensare di trascinare questi cacciatori d’ombre d.innanzi alla Corte dei Conti per far loro risarcire il danno erariale provocato con le loro inutili e personalistiche indagini.

— Perché non sfruttare la nuova legge 675/1996 sulla tutela della “privacy” per chiedere alle autorità quali e quanti nominativi di massoni italiani sono archiviati nelle banche dati dei ministeri competenti, delle forze di polizia, dei servizi segreti? Non dimentichiamo che l’appartenenza alla Massoneria, implicando convinzioni morali, etiche e religiose, può essere alla base di cosiddetti “dati serisibili”, cioè da8

ti per cui può appunto scattare il diritto alla tutela della “privacy”. Si potrebbe continuare all’infinito, ma forse tutte queste proposte configurerebbero un indebito coinvolgimento dell’Obbedienza in una polemica politico-istituzionale che non le gioverebbe. Si comprendono anche benissimo le ragioni di opportunità che possono indurre i massimi governanti di essa a non proporre con enfasi o aggressiVità certi temi. Restano comunque individuati alcuni punti nodali della nostra “politica obbedienziale” che non possono essere elusi e su cui non sarebbe inopportuno aprire un confronto ad un tempo culturale e istituzionale. Anche a rischio di qualche divergenza che, se è inopportuna oltre le colonne del tempio e in quello spazio iniziatico e atemporale che è la loggia, può essere invece assai produttiva sulle pagine delle nostre pubblicazioni e nei dibattiti dei nostri organi decisionali. Per amore almeno di democrazia e di trasparenza, anche se non proprio per amore di monsignor Bettazz

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ITALIA OGGI: DELIRIO ANTIMASSONICO

  • Italia oggi: delirio antimassonico
  • Biella: febbraio 1994
  • Comunicato del 18 febbraio 1994
  • Dobbiamo cambiare?
  • Problematiche di marketing

Italia oggi: delirio antimassonico di Arnaldo Francia

Dai tempi ormai lontani della persecuzione da parte della Chiesa, culminante nelle bolle di scomunica, peraltro emesse nei confronti di chiunque potesse incorrere nel sospetto di attentarne il dogmatismo, mai come oggi la Massoneria ha dovuto subire, nel nostro Paese, vilipendio così accanito e ricorrente. Ogni qual volta infatti si verifica un fatto criminoso o avvengono azioni misteriose di cui siano ignoti i promotori, subito viene chiamata in causa la «longa manus» della Massoneria e nei suoi confronti si rivolgono accuse di colpevolezza o almeno di correità, quando non si giunga, sulla base di soli sospetti e senza ancora elementi di prova ad emettere sentenze pregiudiziali di condanna che coinvolgono l’intera Organizzazione e i suoi affiliati. L’aspetto più grave o almeno più curioso del fenomeno è costituito dal fatto che tale campagna denigratoria e persecutoria non risulta più sostenuta essenzialmente dalla Chiesa Cattolica, nei cui confronti, anzi, almeno negli ultimi tempi, si è andato instaurando un clima diverso grazie anche al contributo di non pochi intelligenti sacerdoti che rifiutando una condanna preconcetta hanno voluto e saputo svolgere una approfondita indagine in merito all’essenza filosofica e spirituale della Libera Muratoria, hanno saputo comprenderne o comunque interpretarne [e nobili finalità, hanno preso atto della scomparsa di quell’anti-clericalismo che in passato aveva rappresentato ostacolo per la reciproca comprensione e hanno indicato la via per una convivenza pacifica tra le due Istituzioni. Ai giorni nostri, sarebbe d’altro canto anacronistico se non contraddittorio, un atteggiamento ostile e presecutorio da parte della Chiesa nei confronti dei Massoni che sono nella stragrande maggioranza cattolici e in parte anche praticanti, quando la stessa Chiesa sta attuando una coraggiosa e vasta azione ecumenica non solo rivolta alle altre Comunioni cristiane, ma anche nei confronti di Comunità religiose diverse da esse.

La lotta più feroce e spesso ambigua alla Massoneria viene oggi praticamente condotta da parte di tanti esponenti di partiti illiberali che si presume debbano intravedere nella libertà di pensiero dei massoni un ostacolo alla realizzazione dei loro piani politici. Se poi si considera che essi hanno a disposizione mezzi di informazione potenti e capillari con cui diffondere e amplificare la loro propaganda antimassonica, è facile comprendere come all’opinione pubblica, perloppiù disinformata in proposito, venga offerta un’immagine totalmente distorta della Libera Muratoria. E triste constatare che tra i protagonisti di questa lotta vi sono anche uomini di cultura, opinionisti, giornalisti e persino qualche «mostro sacro» di questa nostra Repubblica. Si deve presumere, almeno per molti di essi che pure sono profondi conoscitori di gran parte dello scibile, che non abbiano ritenuto necessario dedicare un po’ del loro tempo allo studio della Massoneria, della sua storia, delle sue finalità e che ignorino il contributo di tanti personaggi che, attraverso i secoli, hanno illustrato in tanti campi, con il pensiero e con l’azione, i principi massonici acquisendo benemerenze universalmente riconosciute. Forse alcuni di essi ignorano persino, per limitarci ai tempi moderni, che è da fermenti massonici che sono nate la Croce Rossa e la Società delle Nazioni. E dire che non difettano certamente riferimenti storici e bibliografici in merito all’attività della Libera Muratoria dal 1700 ad oggi, alla portata di tutti e soprattutto di coloro che, impegnandosi poi nell’esprimere giudizi e nell’emettere sentenze, avrebbero dovuto sentire l’esigenza di una corretta documentazione. Per altri, invece, non può sorgere il sospetto che anzicché di ignoranza, o magari con l’ignoranza, si tratti unicamente di malafede preconcetta se non strumentalizzata per diffondere tra la gente un sentimento antimassonico quanto più diffuso e generalizzato, nella speranza di inficiare alla base un’ Istituzione ritenuta pericolosa, in quanto da sempre baluardo di quel fondamentale diritto dell’uomo che è costituito dalla libertà di pensiero. A tal fine tendono a coinvolgere anche personalmente tutti i massoni attraverso una campagna diffamatoria e scandalistica indegna di un paese civile.

A riprova è sufficiente osservare che non farebbe oggi scandalo, e giustamente, che un omosessuale divenisse Presidente del Consiglio o Ministro (forse ancora con qualche comprensibile riserva se divenisse Vescovo). Si promuovono, e giustamente, dibattiti in merito ai diritti dei transessuali al recupero quanto più completo della loro vera natura. Ci si preoccupa, e giustamente, del diritto di redenzione e di reinserimento nella società dei malavitosi, tanto meglio se sulla loro via di Damasco hanno incontrato il pentimento. Si cercano, altrettanto giustamente, anche le più improbabili attenuanti nei confronti di criminali persino recidivi. Si additano, e giustamente, le responsabilità e le colpe della società, della scuola, della stessa famiglia, nel tentativo sublime di comprendere, proteggere, redimere e recuperare i drogati. Ci si indigna, ancora giustamente, contro ogni discriminazione e sopruso nei confronti degli extracomunitari o comunque dei cosiddetti diversi. Ma fa scandalo che un massone possa ricoprire l’incarico di consigliere comunale, magari in un paesino di mille abitanti (episodio realmente accaduto e subito esecrato pubblicamente da solerti giornalisti) e financo turba e atterrisce le coscienze di certi benpensanti che un massone possa tenere comunque una carica pubblica fosse anche solo di messo comunale. Se poi un massone osa presentarsi o viene accettato da un partito o da un movimento quale candidato alle elezioni, la notizia viene subito riportata da certi giornali con lo stesso tono, fra lo stupito e lo scandalistico che verrebbe utilizzato per riferire di una mondana che chiede di entrare in convento. La sola ipotesi poi che un libero muratore possa sedere tra i giudici, oltre che le coscienze degli addetti ai lavori turba anche i sonni di tanti benpensanti, a tal punto che si sollecitano al legislatore provvedimenti urgenti e coercitivi in merito, quasi che tale deprecabile evenienza potesse scardinare le sane fondamenta di questo nostro Paese, fino ad oggi modello di equità, ordine e organizzazione. Senza voler indulgere all’ironia c’è da pensare con raccapriccio ai quei Paesi in cui le forze del bene non hanno ancora dato inizio ad una campagna promozionale di legittima difesa nei confronti dei massoni, quale ad esempio l’America, tuttora così disinformata in merito, ove un massone può divenire Presidente degli Stati Uniti, così come è già avvenuto almeno una ventina di volte; o l’Inghilterra, che pur viene considerata maestra di democrazia, dove a dispetto dei rischi così gravi paventati nel nostro paese, lo stesso re o un suo stretto parente è addirittura il capo della Massoneria; e ancora come tanti altri Paesi, fino ad oggi considerati civili, dove un massone può diventare magari Ministro dell’Interno o Guardasigilli.

Deve esserci certamente un Santo protettore particolarmente influente per quei Paesi che, fino ad oggi, sono riusciti a sopravvivere, pur avendo agito con tanta leggerezza e così ingenuamente sottovalutato la Massoneria che invece da noi costituisce motivo di tante preoccupazioni e di grave rischio e impegna politici e giuristi in proposte di incompatibilità e di provvedimenti cautelativi.

Vuole il caso che atteggiamenti similari a quelli che si stanno verificando in questi anni nel nostro paese si siano costantemente determinati laddove esistevano dittature ed era venuta meno la libertà, per cui gli uomini liberi rappresentavano una vera e propria spina nel fianco per coloro che, calpestando i più sacri principi su cui deve basarsi una società civile, avevano creato regimi totalitari e assolutistici. Ciò è infatti avvenuto in Italia con l’avvento del fascismo, in Germania con il nazismo, in Russia e nei paesi satelliti, con il comunismo ed è consuetudinario in certe repubbliche Sudamericane, con la presa del potere da parte di dittatorelli di passaggio.

E veramente auspicabile che questo miserabile andazzo italiano non si diffonda in quei paesi dotati di una migliore cultura politica e di una più lunga tradizione democratica in quanto sarebbe grave, per gli americani, dover cancellare dalla loro storia il nome di Abramo Lincoln e di tutti gli altri presidenti massoni e sarebbe certamente impegnativo per loro dover modificare i testi scolastici, finalmente rivelando al colto e all’inclita le malversazioni da loro compiute, i pericoli incorsi e i rischi, non si sa bene come, felicemente superati dalla ignara popolazione degli Stati Uniti. Così come sarebbe difficile per gli inglesi, così fieri della loro tradizione, inficiare il ricordo di tanti loro sovrani, buon ultimo il padre della loro attuale regina, col grave rischio di dare il colpo di grazia alla stessa istituzione monarChica già abbastanza traballante per conto suo per altri motivi. ln Italia invece, anche se dovesse perseverare questo clima di caccia alle streghe, per il carattere più accomodante della nostra gente e per la sua maggiore disponibilità a subire prepotenze per atavica abitudine, sarebbe forse più semplice dimenticarci non solo dell’abusato Garibaldi ma, per restare ai tempi nostri e per non citarne che alcuni, cancellare dalla memoria, Battisti, Sauro, Oberdan, Diaz, tutti convinti massoni; rassegnarci a non più ascoltare (o farlo in segreto) le musiche di Verdi, Puccini, Boito e di tanti altri musicisti pure loro compromessi con la massoneria; depennare dai libri storia Crispi, Zanardelli, Depretis e altri ancora; abbandonare definitivamente al suo già triste destino lo sventurato Meucci e togliere per la seconda volta, e definitivamente, la cittadinanza italiana a Enrico Fermi. Per i disincantati cittadini romani poi, non dovrebbe costituire gran sacrificio eliminare dalla loro storia recente il nome di Ernesto Nathan, anche se considerato uno dei migliori sindaci che abbia avuto l’Urbe. Il tono ironico utilizzato non deve offendere o scandalizzare nessuno perché si tratta di una ironia intrisa di grande amarezza e costituisce unicamente risposta emotiva fin troppo tollerante da parte di coloro che vedono oltraggiata l’istituzione in cui operano e in cui credono e che si sentono quasi quotidianamente criminalizzati come uomini e come cittadini senza possibilità di difesa mentre vi hanno aderito nello spirito di migliorare se stessi e di operare per il bene della Patria e dell’umanità, giurando fedeltà alle leggi dello Stato.

Ma sbaglierebbe chi si illudesse, con questa campagna diffamatoria, di distruggere la Massoneria che ha saputo superare ben più difficili momenti e soprattutto chi presumesse di inficiare lo spirito e la determinazione dei massoni per i quali anzi le azioni persecutorie, le ingiuste calunnie, le gratuite offese costituiscono stimolo di ribellione che per essi, che si professano uomini liberi e di buoni costumi, professano la tolleranza e hanno la serenità di chi ha operato onestamente e non nasconde scheletri negli armadi, si traduce in un impegno ancora maggiore e in una ancora più producente partecipazione alla vita e all’attività Muratoria.

Né li turba l’evenienza che anche tra loro possano esistere alcuni che non si sono dimostrati, nei fatti, coerenti con i principi ispiratori e ideologici dell’Istituzione o con le premesse che sono alla base stessa dell’adesione alla Massoneria. Forse non esistono esempi simili anche in altre categorie di alta qualificazione che con differenti premesse e diverso mandato ma con almeno altrettanta responsabilità morale, svolgono compiti di particolare impegno sociale? Non abbiamo forse assistito in questi tempi bizzarri, all’incriminazione di alcuni magistrati, all’arresto, recentemente avvenuto a Torino, di due sacerdoti, a qualche malefatta di alcuni carabinieri? Orbene, a nessuno è venuto in mente di criminalizzare la Magistratura o il Clero o l’ Arma Benemerita! Non possedendo poi nessuna delle due Organizzazioni Massoniche ufficiali, tali in quanto derivate dal grande «troncone » storico della Massoneria italiana dopo la scissione del 1908 e intimamente legate da questa comune matrice, un marchio o un brevetto che ne legittimino l’originalità (quasi una denominazione controllata come avviene per certi prodotti commerciali) si è purtroppo assistito, nel corso degli anni, a certe proliferazioni abnormi, in alcuni casi anche in buona fede, in altri con atti di vera e propria usurpazione, con finalità del tutto estranee all’ideologia Muratoria, talora forse anche a scopo criminoso. Né si può escludere che taluni malavitosi, abituali e comunque disponibili ad azioni ben più gravi e cruente, abbiano potuto mascherarsi da massoni o infiltrarsi in pseudo-logge all’uopo predisposte.

In proposito l’Obbedienza di Piazza del Gesù — Palazzo Vitelleschi, mai coinvolta in avventure sospette e nemmeno sfiorata dallo scandalo della P2, per voce del suo Gran Maestro, ha preso immediatamente le distanze da qualsiasi gruppo autonomo, diverso o spurio che dir si voglia e comunque da chiunque abbia utilizzato le insegne massoniche per accreditare azioni criminose, cercando copertura in simboli di cui neanche conosceva il significato e del cui esoterismo ignorava persino l’esistenza.

Con la serenità che deriva a chi sa aver bene adempiuto il proprio mandato e di aver bene operato per il bene della Patria e dell’umanità, ancor più convinto nella validità della sua scelta, ogni Massone deve quindi riprendere con fiducia la sua strada, più e meglio di prima offrire esempio di probità e correttezza nella vita profana a testimonianza e difesa della libera Muratoria, Il governo della nostra Obbedienza ha dichiarato l’impegno a perseverare in tutte quelle azioni, molte delle quali già coraggiosamente intraprese, per restituire alla Massoneria l’immagine che essa merita, per rimuovere, se possibile, l’ignoranza purtroppo grossolana del volgo, per contestare le calunnie rivolte in malafede, per rendere giustizia a tutti i Massoni degni di questo nome.

Solo se sapremo compiere, come singoli e come organizzazione questi impegnativi mandati, verrà meno il delirio antimassonico che caratterizza questi nostri tempi. Quel giorno il nostro paese avrà fatto un decisivo passo avanti sulla via del progresso civile e della democrazla.

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DEMOCRAZIA E DINTORNI

DEMOCRAZIA E DINTORNI

I componenti la Società dei Liberi Muratori sono portati per vocazione alla concezione della dottrina politica come ideale etico che si fonda sul principio della sovranità dei cittadini, sulla garanzia della libertà e dell’uguaglianza degli stessi. Quindi in opposizione storica ai regimi totalitari.

Eppure nella nostra organizzazione, grane ad una serie di riti che riducono a simbologia atti materiali essenziali, si procede sotto Fala della più grande costrizione ma con la massima libertà interpretativa. Sono gli atti essenziali che favoriscono la coesione del gruppo.

Riprendendo il tema della dottrina politica vorrei ricordare brevemente gli antichi Greci, per loro natura desiderosi di conoscere il mondo che li circondava, per l’eredità lasciataci. Dobbiamo a loro non solo una buona parte del nostro vocabolario politico (democrazia, oligarchia, tirannide) ma anche l’avere sviluppato modi di pensare a proposito della società destinati poi a fare parte del bagaglio delle idee che caratterizzano i popoli occidentali.

Un esempio luminoso come Socrate che cercava la verità nel modo più disinteressato, che da giovane combattè con onore per difendere la sua Città-Stato e che per la causa della giustizia s’ impegnò, a costo dell’impopolarità.

Questo è quanto ci ha tramandato il suo discepolo Platone nel dialogo La Repubblica, al di là del modo diverso di quest’ultimo nell’affrontare i problemi della conoscenza.

A quel tempo — tra 1’800 ed il 400 a.C. nel centro di Atene la democrazia prendeva il sopravvento sull’oligarchia e le funzioni assumevano grande rilevanza nelle città-stato achee.

Nelle società semplici, stato o non stato. le funzioni poche c ben definite, quindi fondamentali, impegnavano uno stesso individuo per uno o due compiti, secondo il tipo di lavoro ed il ruolo nella casa. Alcuni compiti erano solo riservati agii uomini c altri solo alle donne.


Nelle complesse società moderne — come la

di Franco Milani

nostra — la funzione della persona spesso dipende dal gruppo economico cui appartiene la famiglia. Alcune funzioni. quelle professionali ad esempio, sono chiaramente definite; altre, come il fatto di essere membro di una comunità, sono più ardue da definire. Nel campo di queste ultime rimane quindi una libertà d’interpretazione.

ln società o in gruppi su piccola scala ove I ‘organizzazione è concentrata sul come tenersi in vita — nei deserti, nelle distese artiche o nella tundra siberiana — simile libertà è improbabile.

Nel campo delle funzioni specializzate — una costante nella vita delle società complesse — il divenire ed il benessere vero o presunto, comportano la scelta di persone adatte per compiti particolari e di maggiore responsabilità. Persone cioè dotate di intelligenza, di capacità di prendere decisioni importanti non disgiL1nte da preparazione ed esperienza. Gli schemi di comportamento ed il concetto di funzione sono più importanti aspetti della sociologia.

Se noi riflettiamo sulla questione in termini di democrazia rappresentativa al di là dell ‘aspetto della salita o della discesa lungo la scala sociale o economia di appartenenza sul piano individuale, ci accorgiamo che in campo politico non si è ancora realizzata la peculiarità professionale che una funzione in sé è più importante del problema circa chi debba svolgerla. ln tale contesto la correlazione della funzione democratica verso i suoi amministrati, si misura su alcuni aspetti fondamentali:  mantenere l’ordine e la sicurezza;  fare osservare regole che impediscano comportamenti antisociali;  governare i cittadini organizzati in gruppi (collettività, imprenditori, sindacati, eserciti, circoli sociali!).

E questa sembra possa definirsi il sommario della vita politica per uno Stato di tipo complesso come quello in cui viviamo.

Vorrei solo aggiungere che per un Libero Muratore la coscienza politica fa si che l’obbedienza ai governanti sia spontanea e che egli possa anche essere d’accordo su alcune limitazioni dei suoi diritti laddove la politica attuata dai precedenti governanti rifletta le caratteristiche sopra delineate e possa comportare un normale riconoscimento.

Noi comunque seguiremo la corrente degli impulsi suscitati dal desiderio della verità per difendere la libertà.

Per la difesa della democrazia assume rilevanza la politica internazionale ed i legami che possano instaurarsi fra le genti delle moderne società complesse; ed il grado di efficienza che le intese possono esprimere.

Diversi sono stati i tentativi esperiti per creare una istituzione chc abbracci tutto il genere umano, soprattutto dalle rovine della prima guerra mondiale in poi. Vasti gruppi associano i loro membri sotto una comune ideologia superando i confini nazionali: il Cristianesimo, r Islamismo ed il Comunismo, ad esempio. Ma in pratica hanno dimostrato di non essere stati efficaci nell’evitare (-ruerre dichiarate o il perpetuarsi di tensioni.

Alle soglie del nuovo millennio sta per celebrarsi una nuova realtà politico associativa: l’ Europa, non più di sei ma di dodici stati membri e forse, in seguito dei quindici.


Siamo alla vigilia di un evento di portata storica e dal punto di vista valutario di una rivoluzione senza precedenti come l’istituzione della Banca Centrale Europea, deputata all’emissione dell’EURO, la moneta di tutti i cittadini dell’area federale. E come in una grande discesa obbligata sono stati posti tre passaggi lmpegnativi al primo gennaio 1999, al primo gennaio ed al primo luglio 2002.

Ma al di là delle implicazioni socio-economiche connesse all’evento Europa e 2000, si possono delineare alcuni aspetti positivi che una simile occasione storica dovrebbe offrire in questi anni che potremmo definire di intervallo culturale.

L’aspetto di rilievo è quello dell’attendibile beneficio che la nostra giovane democrazia possa consolidarsi in un sistema in cui vi sia libertà nella competizione per il potere, nell’ambito di efficienti istituzioni elettorali e con la possibilità di rimuovere i propri rappresentanti. In stretta correlazione l’amrninistrazione della giustizia. La legge è l’insieme delle nonne che regolano il vivere sociale limitando I ‘azione dei singoli e deriva la sua forza dall’autorità dello Stato. Ma la società come può difendersi da un cattivo uso da parte dello Stato del potere legale? La Corte comunitaria potrebbe dare più estese garanzie.

Infine, un’importante aspetto per noi speculativo: riuscire a delineare nel più lungimirante ambito europeo la questione di quel giusto riconoscimento nei confronti della Società dei Liberi Muratori verso la quale il nostro Stato è il Ponzio Pilato dell’emarginazione dottrinale.

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PINOCCHIO E’ ANCORA UN PERSONAGGIO DEL FUTURO?

“Pinocchio è ancora un personaggio del futuro”

Al via le celebrazioni per i 140 anni del capolavoro di Collodi, di cui le nostre testate sono media partner. La presidente Marcheschi: “Un autore scomodo”

“Pinocchio è ancora un personaggio del futuro”

“Pinocchio è ancora un personaggio del futuro”

di Linda Meoni

Dentro c’è tutto: la generosità, l’ottusità, la durezza del lavoro, l’amicizia, gli affetti, il male cieco, persino la malattia. Senza travestimenti né consolazioni. Ma poi anche tanta avventura e meraviglia, di quelle che sanno incantare il pubblico dei bambini. E che insieme parlano al pubblico dei grandi con il gioco della parodie, le citazioni colte. Va a finire allora che dentro al grande classico che è Pinocchio si ritrovino elementi di Manzoni o Schiller, dell’opera di Rossini, tracce di Aristotele. È così che si crea la ragione di un successo planetario senza tempo. Prosegue la lunga galoppata delle celebrazioni per i 140 anni dell’opera di Carlo ‘Collodi’ Lorenzini, pubblicata per la prima volta nel 1883, spalmata su un calendario davvero intenso messo a punto dalla Fondazione nazionale Collodi presieduta da Pier Francesco Bernacchi e che vede le nostre testate Qn La Nazione, Il Resto del Carlino e Il Giorno, insieme al portale Luce!, investitedel ruolo di media partner. Tra le personalità più accreditate per raccontare di quest’opera c’è la professoressa Daniela Marcheschi, dal 2009 presidente dell’Edizione nazionale delle opere di Lorenzini, istituita dal Mibac per mettere in luce il rilievo dell’autore, non solo padre di Pinocchio.

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Perché Pinocchio ha conosciuto un successo simile?

“Si tratta di un’opera rivoluzionaria per la letteratura tout court che Lorenzini scrive tenendo sempre presente quella che oggi si chiama ‘dual audience’. I piccoli seguono la vicenda di Pinocchio, piena di avventure mirabolanti, di incontri meravigliosi e dei più terribili. E ne traggono educazione perché il male è presentato per com’è, senza edulcorazioni. Dall’altra parte l’adulto scopre il gioco delle parodie, delle citazioni colte di cui Pinocchio è ricco. Il tutto in una lingua fluida, moderna, con forme vernacolo-fiorentine con evidenti influenze dalla Lucchesia. Si crea dunque una dimensione giocosa riservata ai bambini e alla finezza e cultura stratificata dei grandi. In Pinocchio c’è l’Italia del suo tempo nei confronti della quale Collodi era molto critico. Ecco il motivo per cui alla fine Pinocchio su invito di Collodi non diventa perbene. Qui il finale satirico. Non dobbiamo dimenticare che Collodi è il principe degli umoristi italiani”.

Quali elementi di novità presenta quest’opera per il suo tempo?

“Guardiamo al finale. Il burattino fattosi bambino non deve diventare perbene perché così facendo tradirebbe l’infanzia e il messaggio di libertà, avventura e semplicità d’animo proprio di questo mondo. Se ci pensiamo è un messaggio rivoluzionario, valido ancora oggi. Il Pinocchio ormai bambino ben vestito, ben nutrito, in una bella casa è uno di quei borghesi che Collodi pensava stessero tradendo l’Italia. Un personaggio come Pinocchio che ha tutte e tre le anime di Aristotele, vegetale, animale e umana, diventa quindi l’emblema dell’essenza e dell’esperienza antropologica. Allora come oggi perché Pinocchio ha in sé un qualcosa che lo apre al futuro, a lui contemporaneo”.

Lei ha definito Collodi un autore scomodo. Perché?

“Collodi è stato un intellettuale scomodo per varie ragioni, riconosciuto subito come il maestro degli umoristi capace di codificare l’umorismo come noi lo conosciamo e influenzando i più grandi da Tofano a Zavattini, Guareschi, Savinio, Rodari. Collodi è uomo estremamente libero, tutto di un pezzo che scrive ciò in cui crede. Attacca il potere costituito, come fece con il sistema dell’arte del suo tempo, con la letteratura commerciale di allora. Ha una penna ferocissima. Un personaggio di straordinario rilievo, coraggio e tempra e per questo scomodo alla cultura italiana”.

Che cosa fa l’ente da lei presieduto, l’Edizione nazionale delle opere di Collodi?

“Stiamo recuperando tutte le opere di Collodi, stabilendone il testo, commentandolo, documentando la storia. Realizziamo l’edizione filologicamente critica là dove presenti più edizioni di uno stesso testo. Anche Le Avventure di Pinocchio non è la ripresa dell’edizione critica del 1983, ma una nuova con un ampissimo commento. Ogni testo di questa edizione apporta qualcosa di nuovo, sulla cultura di Collodi, le fonti, le caratteristiche linguistiche, i dati storici gettando una luce nuova sì sull’autore ma anche sulla cultura letteraria e non solo dell’Ottocento”.

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LA DEPRESSIONE DELL’ANZIANO

La depressione nell’anziano

di Lodovico Berm

Negli ultimi anni appare sempre più evidente una costante tendenza alla longevità dell’essere umano. Il miglioramento della qualità di vita ed i progressi della medicina ci stanno portando ad un ampliamento del tempo da vivere ed al mutamento delle patologie osservabili: più lunga è la vita, maggiore è la possibilità che si manifestino malattie dovute al generico processo di invecchiamento degli organi o al loro esordio tardivo. Questo si verifica anche per i disturbi della sfera psichica, che trovano nell’anziano un terreno particolarmente fertile sia per motivi biologici che per motivi psicologici.

La depressione è probabilrnente il disturbo psichiatrico più frequente negli individui al di sopra dei 65 anni, sebbene solo il 25% di essi venga correttamente diagnosticato e pertanto adeguatamente curato.

La diagnosi di depressione nell’anziano è spesso difficile anche perché la longevità aumenta il rischio di sviluppare malattie croniche, legate all’invecchiamento, che possono presentare come sintomo associato una alterazione dell’umore (per esempio: l’ipotiroidismo, il diabete, le epatiti, il morbo di Parkinson e l’arteriosclerosi) o che siano in corso terapie con farmaci che inducono depressione dell’umore (per esempio:antiipertensivi, analgesici, ansiolitici, antipsicotici, antiepilettici, antiparkinson, ormoni).

La vecchiaia è un momento delicato e critico dell’esistenza, in cui può facilmente rompersi quel delicato equilibrio sociopscicosomatico instauratosi e consolidatosi nel corso del tempo.

Nella realtà contemporanea l’anziano si trova a vivere in un mondo caratterizzato da numerosi cambiamenti rapidamente susseguentisi, una realtà quindi continuamente mutevole, sempre più vasta e complessa, in cui è necessario un continuo adeguamento. La struttura della famiglia da “estesa”, patriarcale, si è trasformata in “nucleare”; l’economia, da contadina è divenuta industriale; la società da rurale si è fortemente urbanizzata. A tutto ciò si aggiunge il fatto che una “cultura del narcisismo” pervade la nostra società dove il “mito

del corpo” porta ad una ipervalutazione di ciò che è giovane, bello e sano, e alla valorizzazione dell’iperefficienza, emarginandoo chi non regge una forte competitività.

L’anziano si trova così a perdere le precedenti identità culturali su cui aveva fondato la propria personalità e ad affrontare un mondo dove non ha più un ruolo preciso.

Una volta il vecchio era vissuto come il saggio ed il portatore di un’esperienza frutto del tempo, mentre oggi, in una società in cui vi è una rapida evoluzione delle conoscenze e una valorizzazione dell’attività e della produttività, egli si trova a vivere un sentimento di emarginazione. L’accelerazione e il veloce incremento della quantità di informazioni, insieme alle modificazioni culturali, incidono ulteriormente sul sentimento di esclusione dell’anziano che si trova ad affrontare queste condizioni con un apparato sensoriale e cerebrale fisiologicamente indebolito.

Spesso modificazioni socioambientali, quali stati di difficoltà o perdite significative, possono precipitare una condizione depressiva. Studi clinici effettuati in tal senso hanno riscontrato un aumento dell’incidenza di difficoltà esistenziali obiettive o situazioni di stress nel periodo precedente l’insorgenza della depressione.

In genere la depressione rappresenta la risposta ad una perdita reale, potenziale o immaginaria, che si esprime come pena e rlsentimento nei confronti dell’oggetto perduto, investito di sentimenti e introiettato nell’Io.

La senescenza rappresenta l’età delle separazioni e delle rinunce in quanto l’anziano si trova ad affrontare: sul piano professionale, il pensionamento, con perdita di status, ruolo e prestigio sociale; sul piano relazionale, l’allontanamento o la perdita di persone affettivamente importanti; sul piano personale, la diminuzione della performance psicofisica e sessuale.

Dal 60% all’80 delle depressioni dell’anziano nascono come conseguenza di eventi di perdita, soprattutto di persone affettivamente importanti, quali il coniuge, parenti o amici; tali lutti portano Il anZiano ad una situazione di privazione dei supporti affettivi e di solitudine, con perdita del ruolo di protezione che essi potevano svolgere nei confronti della depressione.

Altro importante fattore di perdita è legato al pensionamento e quindi all’uscita dai ruoli lavorativi in cui l’individuo era inserito nella società. Tale variabile sembra avere maggiore incidenza nel sesso maschile rispetto al femminile, poiché probabilmente l’uomo presenta un investimento affettivo maggiore nello spazio sociale rispetto a quello familiare.

Tali perdite multiple sono progressive ed arrivano in un momento della vita in cui solo chi ha più risorse e meno rigidità può riuscire a sviluppare altre fonti di sufficiente gratificazione.

Molti episodi depressivi della vecchiaia rappresentano risposte talmente realistiche alla “perdita” da condurre a volte al suicidio. 01tre i 60 anni i tentativi di suicidio sono quasi sempre autentici, comportando un’alta percentuale di rischio; il numero di suicidi riusciti supera i tentativi, situazione opposta a quella osservabile nei giova-

Risulta così evidente come tutti questi elementi possano indurre a determinare una condizione generalmente complessa con difficoltà di adattamento somatico, psichico e sociale.

I cognitivisti sostengono che stili di pensiero abnormi e rigidi giochino un ruolo fondamentale nel determinismo della depressione. Colui che è incline all’autocritica e all’autosvalutazione è convinto che ogni richiesta ambientale sia per lui insuperabile e fraintende così come le sconfitte le proprie interazioni con l’ambiente esterno. Tali “distorsioni cognitive” lo rendono vulnerabile anche a stimoli oggettivamente di scarso rilievo.

Da un punto di vista fenomenologico l’attenzione è rivolta al rapporto esistente tra depressione e temporalità. Nell’anziano vi è una contrazione della dimensione temporale, con la tendenza ad orientarsi verso il passato e la riduzione delle proiezioni nel futuro; ciò condiziona il pensiero attuale che risulta caratterizzato da contenuti psichici relativi a rievocazioni piuttosto che a progettualità. L’ideazione assume così un colorito nostalgico e di rammarico per un passato ormai vissuto e non più recuperabile, mentre la contrazione delle possibilità progettuali induce una perdita dello slancio vitale con riduzione delle iniziative e delle attività in genere.

Spesso i sintomi o i segni della depressione non si manifestano in

modo conclamato, venendo così facilmente sottovalutati, ritenuti compatibili con il normale processo di invecchiamento oppure confusi con disturbi legati ad altre patologie.

La frequente difficoltà o reticenza nel dichiarare la propria condizione di sofferenza, insieme alle caratteristiche talora atipiche del quadro depressivo e all’idebolimento fisiologico delle capacità cognitive sono aspetti che possono rendere difficile un corretto riconoscimento della malattia depressiva.

A volte sono gli stessi anziani che accettano il disagio psicofisico depressivo valutandolo come inevitabile compagno della vecchiaia e favorendone così il mantenimento o il possibile peggioramento.

Vanziano tende a manifestare prevalentemente a livello somatico il proprio malessere e tende a banalizzare o negare la sintomatologia psichica, privilegiando la verbalizzazione di lamentele fisiche. Si può affermare che il corpo riprende nell’età avanzata la stessa priorità che aveva nell’età infantile. Il corpo rappresenta un oggetto concreto da offrire alle cure del medico e consente di affrontare più facilmente la malattia attraverso un spostamento del disagio psichico su un piano somatico. Tale spostamento rappresenta una peculiarità psicologica dell’anziano, in cui l’attenzione sul proprio corpo deriva anche da un disinvestimento nei confronti dell’ambiente.

Nell’anziano il disturbo dell’umore si manifesta per lo più con caratteristiche di disforia (malumore, irritabilità e pessimismo) o più raramente attraverso sintomi di inibizione o di irrigidimento affettivo. Uno dei maggiori rischi è pertanto quello di considerare le varie modulazioni della tristezza come un normale stato esistenziale delI ‘anziano.

I primi segnali indicatori della presenza di un disturbo depressivo possono consistere in sintomi quali affaticabilità o mancanza di energia, apatia, perdita di interessi, isolamento sociale.

Nella forma conclamata l’umore è caratterizzato da sentimenti di disperazione, di ineguatezza, di inutilità e, nelle forme più gravi (depressione maggiore), possono anche essere presenti deliri con tematiche di colpa, indegnità, incurabilità, rovina o deliri somatici. Sono inoltre facilmente presenti alterazioni della sfera cognitiva quali disturbi della memoria, dell’attenzione, della concentrazione e del-

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l’orientamento. Spesso, in circa il 75% dei casi, l’umore depresso si accompagna ad uno stato di irrequietezza o di apprensione, o addirittura dtansia.

Vi è poi una tendenza a passare da uno stato di estroversione ad uno di introversione, con ripiegamento su di sé, disinteresse per le novità, sentimenti di svalorizzazione ed inadeguatezza. Accanto ad una perdita degli interessi vi è una riduzione del rendimento psicofisico, un generale rallentamento psicomotorio e del pensiero, con eloquio monotono, lento e povero.

Molto frequente è la presenza di disturbi del sonno, di disturbi sessuali (assenza di desiderio, Impotenza), disturbi dell’appetito con diminuzione o aumento dell’apporto alimentare e conseguente perdita o aumento di peso.

Caratteristica è sovente la presenza di turbe cenestopatiche, vale a dire un malessere diffuso e poco definito, associate a preoccupazioni di tipo ipocondriaco, cioè al timore di essere affetti da una malattia. In alcuni casi si osserva una depressione in cui sintomi somatici prevalgono su quelli psichici. Possono così osservarsi sintomi fisici quali stanchezza, cefalea, stipsi o diarrea, disturbi del sonno, disturbi sessuali, dolori diffusi o senso di costrizione retrosternale che nascondono la depressione psichica, configurando la cosiddetta “depressione mascherata”. In casi estremi l’umore appare addirittura nella norma e le lamentele sono riferite esclusivamente a sintomi fisici (depressione “sine depressione”). In questi casi è estremamente importante il riconoscimento della natura depressiva dei sintomi in quanto solo ciò consente un adeguato ed efficace trattamento.

Nella depressione mascherata non vi è I l assenza di coscienza della malattia depressiva da parte del paziente, bensì vi è una difficoltà o una incapacità nel comunicare il sentimento di depressione attraverso il sistema di segnalazione psichico o verbale. È come se i sintomi somatici divenissero delle metafore equivalenti alla sofferenza mentale.

Non vi è dubbio che la cultura influenzi le capacità espressive della depressione. In molte culture viene bloccata l’introspezione e l’espressione diretta degli affetti tramite il linguaggio psicologico e viene facilitata la comunicazione indiretta attraverso il canale

somatico. In questo modo, con la trasposizione del disagio psichico in disagio somatico, viene salvaguardata l’immagine sociale e viene consentito un aiuto medico altrimenti non concesso e non compreso.

È facile infatti osservare come a volte sia meglio accettato dai familiari e dallo stesso paziente un sintomo fisico, mentre un disagio psicologico viene considerato umiliante e non degno di terapia. Condizioni di generale stanchezza, debolezza, perdita della capacità di intraprendere nuove iniziative, disturbi della sfera sessuale, alterazioni della funzionalità di alcuni organi, dolori diffusi o ben localizzati, oppure incapacità a svolgere le normali attività, vengono più favorevolmente interpretati come espressione di patologie organiche piuttosto che di un problema psicologico. Sovente anche da parte degli stessi medici vi è questa difficoltà, con una tendenza a privilegiare la comprensione e l’intervento sulla sofferenza somatica piuttosto che su quella psichica.

A volte può accadere che i sintomi della depressione vengano scambiati per un quadro di tipo demenziale. La demenza senile è una patologia cerebrale caratterizzata da un progressivo deterioramento delle funzioni cognitive, quali disturbi della memoria, compromissione dell’intelligenza, disorientamento, disturbi del carattere, dell’affettività, e vari sintomi neurologici. Essa ha alla sua base la presenza di chiare alterazioni organiche, con atrofia del tessuto cerebrale evidenziabile con esami quai la TAC e la PET.

Alcune di queste manifestazioni possono essere erroneamente interpretate come segno di un iniziale processo demenziale, in realtà dovuto ad una situazione di tipo depressivo (pseudodemenza). Il mancato riconoscimento dell’origine depressiva può così portare ad un errato intervento terapeutico che non darà risultati significativi e lascerà immutata la reale causa della malattia. La depressione può essere riconosciuta e quindi differenziata da una demenza senile, oltreché per gli esami di laboratorio, anche per il fatto che in genere viene conservata la normale capacità di elaborazione delle informazioni e quindi dell’intelligenza, verificabile con opportuni test psicologici.

In conclusione, esiste sicuramente una predisposizione di base (genetica, biologica o psicologica) alla depressione, che emerge ogni qualvolta si verifichi una situazione di crisi.

La senescenza, quale periodo di mutamenti, richiede la capacità di creare nuovi equilibri, compensando le varie perdite (affettive, fisiche, sociali…) attraverso le proprie risorse personali.

È comunque sempre fondamentale un adeguato riconoscimento di manifestazioni che spesso vengono interpretate come espressione del normale processo di invecchiamento o come conseguenza di malattie organiche. Solo così si potrà scegliere il più appropriato intervento teèapeutico che consentirà la risoluzione dei sintomi.

A seconda dei casi, si stabilirà l’opportunità di effettuare una terapia farmacologica con antidepressivi, oppure di iniziare una terapia psicologica.

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