Tolleranza
Massonica e Bioetica di Giuseppe
Scaglia
‘Io non condivido le tue idee,
ma farò di tutto affinché tu possa esprimerle”.
Quante volte abbiamo sentito pronunciare o visto
scrivere questa massima di Voltaire!
Si può dire che essa sia la base di ogni discorso massonico…
sicuramente è la pietra angolare su cui è costruito, o perlomeno dovrebbe
esserlo, l’edificio della Tolleranza di ogni Libero Muratore.
E, poi,
c’è la bioetica.
Cosa c’entra penseranno i miei pochi lettori…
c’entra eccome!
Innanzitutto definiamola.
La bioetica è quella parte dell’etica che si occupa in modo
precipuo della tutela, della promozione, della dignità della vita sotto
qualunque forma essa si presenti.
I campi d’interesse sono svariati e vanno dal problema della regolamentazione
delle nascite (aborto, concepimento responsabile, educazione sessuale)
all’eutanasia, dalla sperimentazione farmacologica su animali vivi all’ecologia
in toto, dalle problematiche della sovrappopolazione mondiale ad una piu equa
distribuzione delle risorse economiche tra Nord e Sud del pianeta.
Insomma, come ebbe a definirla l’oncologo Potter, una vera e
propria “science of survival”, scienza della sopravvivenza.
Ma, secondo me, la definizione forse scientificamente
meno esatta, però più “umanamente umana” è quella di Albert
Schweitzer, il medico tedesco fondatore della comunità terapeutica africana di
Lambarenè, che parlò di bioetica in termini di “ETICA DEL RISPETTO PER LA
VITA”.
E questo è l’aggancio che mi pare cogliere con la nostra”
Tolleranza: perché il “rispetto per la vita” (sotto qualunque forma!)
non può prescindere da una direi esasperata applicazione della Tolleranza nel
suo più alto, profondo e massonico significato.
Almeno per chi voglia VERAMENTE trasformare la propria
iniziazione da simbolo virtuale a realtà concreta, quotidiana.
Infatti sono sempre più convinto che molti siano i modi
d’intende71
Tolleranza
Massonica e Bioetica di Giuseppe Scaglia
“Io non condivido le tue idee, ma farò di tutto
affinché tu possa esprimerle”.
Quante
volte abbiamo sentito pronunciare o visto scrivere questa massima di Voltairc!
Si può
dire che essa sia la base di ogni discorso massonico… sicuramente è la pietra
angolare su cui è costruito, o perlomeno dovrebbe esserlo, l’edificio della
Tolleranza di ogni Libero Muratore.
E,
poi, c’è la bioetica.
Cosa c’entra penseranno i miei pochi lettori…
c’entra eccome!
Innanzitutto definiamola.
La
bioetica è quella parte dell ‘etica che si occupa in modo precipuo della
tutela, della promozione, della dignità della vita sotto qualunque forma essa
si presenti.
I campi d’interesse sono svariati e vanno dal problema
della regolamentazione delle nascite (aborto, concepimento responsabile,
educazione sessuale) all’eutanasia, dalla sperimentazione farmacologica su
animali vivi all’ecologia in toto, dalle problematiche della sovrappopolazione
mondiale ad una più equa distribuzione delle risorse economiche tra Nord e Sud
del pianeta.
Insomma,
come ebbe a definirla l’oncologo Potter, una vera e propria “science of
survival”, scienza della sopravvivenza.
Ma, secondo me, la definizione forse scientificamente
meno esatta, però più “umanamente umana” è quella di Albert
Schweitzer, il medico tedesco fondatore della comunità terapeutica africana di
Lambarenè, che parlò di bioetica in termini di “ETICA DEL RISPETTO PER LA
VITA”.
E
questo è l’aggancio che mi pare cogliere con la “nostra” Tolleranza:
perché il ” rispetto per la vita” (sotto qualunque forma!) non può
prescindere da una direi esasperata applicazione della Tolleranza nel suo più
alto, profondo e massonico significato.
Almeno
per chi voglia VERAMENTE trasformare la propria iniziazione da simbolo virtuale
a realtà concreta, quotidiana.
Infatti sono sempre più convinto che molti siano i modi
d’intende71
do dei criteri che sono propri al mio modo di pensare
e di intendere il mio “essere massone”, e quindi non voglio ledere la
libertà altrui, però credo che il “muratore” non debba trincerarsi in
un aulico “male non fo” che troppo sovente è un “niente
fo”, ma, qualunque sia la sua attività, incidere, operare nel sociale
seguendo i principi massonici aiutando i più “umili” per quanto è in
suo potere, ma soprattutto rispettando il loro diritto a vivere, diritto molto
spesso calpestato ai giorni nostri.
Non
intendo in questa sede fare una specie di manuale del “massone bioetico
tollerante”, ma credo valga la pena ricordare molto brevemente alcuni temi
su cui si potrebbe soffermare la nostra atten-
zione.
Il primo riguarda l’aborto. È un tema vastissimo su
cui ognuno di noi potrebbe dire qualcosa con una parte di torto e di ragione
contemporaneamente.
Però, aldilà del
giudizio “morale”, che non ci compete in quanto Massoni Liberi
Pensatori e non bigotti da parrocchia, esiste la cruda realtà di un’esperienza
di vita che coinvolge soprattutto la donna, perché è sul suo corpo che si gioca
la partita.
E qui
la Libera Muratoria deve essere SEMPRE al fianco della donna perché sia
soltanto sua la definitiva libera scelta sc abortire o proseguire una
gravidanza responsabile.
Anche perché, diciamolo apertamente, è abbastanza
ipocrita voler impedire per legge l’IVG, come vorrebbero certi settori
clericali reazionari, ben sapendo comunque che chi ha i mezzi economici
continuerà ad abortire all’estero, in cliniche di lusso (magari provviste di
Cappelle ove computamente ascoltare messa…) mentre chi i sud detti mezzi non ha si dovrà
arrangiare con la “mammana” di turno correndo seri rischi.
E il bello è che certe teorie vengono spacciate per
difesa della vita!
Ma
innumerevoli possono essere i “punti” d’intervento massonico, Senza
citarli tutti pensiamo, ad esempio, come in tempi in cui guerre fratricide
dividono sempre più popolazioni differenti tra loro per civiltà e cultura ma
che il destino ha posto su uno stesso territorio (e l’esempio che ci viene
dalla vicina ex-Jugoslavia sta a dimostrarlo!) il modello che può dare la
nostra organizzazione, la fratellanza
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che unisce
i Liberi Muratori aldilà delle diversità di razza, lingua e costumi, la
Tolleranza per le reciproche idee, potrebbe essere di guida non solo verso
un’auspicabile pacificazione ma anche e soprattutto ostacolo al ripetersi di
tali tragedie.
Del resto le tappe dell’evoluzione dell’Umanità ‘sono
assai spesso state segnate da Massoni, basti pensare alla fondazione della
Croce Rossa, quindi credo che anche la conservazione della “casa
comune” dell’Uomo, di questo a volte strano e crudele, ma sempre bellissimo
mondo tocchi a chi più di altri, più fortunato di altri lasciatemelo dire (!),
ha potuto venire a contatto con realtà di ordine superiore.
Insomma non siamo stati iniziati soltanto per
pavoneggiarci nei nostri bei paramenti, o per addottorarci ln argomenti di
storia o di esoterismo (che pure rivestono un ruolo basilare per chiunque si
voglia dire veramente massone!), o, peggio ancora, per combinare affari più o
meno loschi nascosti dal “Segreto inesprimibile”, ma anche (se NON
soprattutto!) per cercare di dare il nostro, anche piccolo, contributo al
miglioramento dell’Umanità.
Non dobbiamo cercare di cambiare il mondo a tutti i costi, né vivere come Don
Chisciotte lottando contro i mulini a vento, ma neppure dobbiamo scordarci i
nostri grandi ideali di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza e, in loro nome,
ritengo sia nostro dovere cercare di dare il massimo apporto possibile in ogni
atto della vita di tutti i giorni.
Se,
poi, riusciremo a rendere un po’ più armonica, vivibile e umana questa Terra
sicuramente avremo realizzato qualcosa di veramente massonico.
C’è un momento, io credo, nella vita di ogni uomo, ma
soprattutto di ogni singolo Iniziato, in cui egli si chiede il senso della sua
esistenza in generale e si confronta con le linee essenziali del suo progetto
di vita.
Il mio, come quello di ciascuno di noi, è basato sulla
appartenenza alla Società dei Liberi Muratori e, per tutto quello che da questa
appartenenza ho tratto in quasi metà della mia vita, sento il dovere di
interrogarmi sul senso dell’essere Massone oggi, qui, in Italia.
Il fatto che
noi ci si definisca epigoni, cioè discendenti, dei pochi o tanti che hanno
edificato le piramidi dell’Egitto o le cattedrali gotiche, dei saggi
dell’antica Grecia o dei filosofi dell’Umanesimo, che ci si vanti, come in
recenti annunci istituzionali di Palazzo Giustiniani, dei pensatori e dei geni
dell’arte del Settecento, o dei combattenti per la liberazione dal potere
assoluto dell’Ottocento, è certo gratificante, ma mi chiedo quanto possa essere
costruttivo, quanto possa significare per chi massone non è, o della Massoneria
possa averc una immagine distorta, se non volutamente negativa.
Il risultato che se ne ottiene è che in un secolo
come questo in cui l’aspetto sociale domina sia su quello culturale che su
quello politico, in cui sempre più si va verso sistemi complessi in cui il
singolo genio è quasi inutile se non supportato da ampi gruppi di lavoro e da
tecnologie sempre più innovative, la Libera Muratoria che ha in sé la
possibilità di far lievitare il mondo in cui si vive, è ridotta, almeno ln
Italia, a un esiguo numero di persone, che debbono preoccuparsi più della loro
sopravvivenza in un ambiente ostile che non di svolgere un ruolo di punta di
diamante del pensiero dei secoli a venire.
Se si pensa che, nella migliore delle ipotesi, la
nostra Obbedienza rappresenta circa lo zero uno per mille della popolazione
italiana e che Palazzo Giustiniani poco più dello zero due, ci si rende
immediatamente conto di una esiguità numerica che, nella migliore delle
ipotesi, vanifica in gran parte il nostro lavoro, soprattutto nella sua
immagine esteriore.
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E poiché io ritengo noi si sia in potenza, oggi come e più
di ieri, quanto affermiamo da secoli nella premessa agli “Statuti Generali
della Società dei Liberi Muratori’ .
La Libera Muratoria ha il suo fondamento essenziale nella
fede in una Potenza Suprema che onora sotto il nome di Grande Architetto
dell’Universo. I suoi principi si compendiano in queste due massime: Conosci te
stesso – Ama il prossimo tuo come te stesso..E una libera associazione di
uomini indipendenti, i quali non sono soggetti che alla propria cosczenza, e si
impegnano a praticare un ideale di Pace, di Amore e di Fratellanza; ha per
iscopo il perfezionamento morale della Umanità e per mezzo la propaganda di una
vera Filantropia, con l’impiego di usi e forme simboliche…
Se questo siamo e ci sentiamo di volere ancora essere per i
secoli a venire, due sono, io credo, le vie parallele che dovremmo imboccare:
quella di un attento, perseverante e tenace incremento
numerico che ci porti nel prossimo decennio a decuplicare, almeno, il numero
dei nostri adepti; quella di un attento, perseverante e tenace sviluppo delle
coscienze degli adepti che avranno il compito,quando non si sarà passati ad
altri Orienti più o meno eterni, di tracciare le vie dell’Umanità a venire.
Pena la decadenza a gruppuscoli sempre più insignificanti; pena la decadenza a
reduci noiosi di battaglie combattute da altri.
Il mondo cosiddetto profano che vive intorno a noi (ma
anche noi stessi in quanto parte attiva di questo mondo) è caratterizzato da
tutta una serie di esigenze che ne condiziona la vita.
L’esigenza è ciò che in generale crea la ricerca di
risposte, il desiderio di tentare soluzioni, ardite o non, la forza per
interventi faticosi di cambiamento. Oggi moltissimi sono coloro che avvertono
l’esigenza di piacere, di avere un aspetto attraente, di avere un bel corPO.
Molti coloro che investono energie enormi per raggiungere livelli sociali
elevati, avere denaro, vivere nell’agiatezza e su questo investono tutto se
stessi. Molti, ancora, sentono il peso di una limitata erudizione che li mette
in condizione di sudditanza dialettica e psicologica nei confronti di chi
possieda un tipo di cultura più raffinato.
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Le esigenze che non trovano il modo
di essere finalizzate producono malessere, frustrazioni, quando addirittura non
sfociano in angosce irreversibili
Così come molto si fa per la propria
estetica, il proprio corpo fisico, la propria posizione sociale, poco o nulla
si fa per costruire un corpo psichico ben equilibrato, forte di un sapere
significativo, che possa rispondere armoniosamente alle continue sollecitazioni
dell’esperienza del vivere quotidiano.
Tale malessere viene avvertito e
sempre più numerosi sono gli “autodidatti” che, in qualche modo,
cercano di risolvere da sé soli questa situazione attraverso forme diverse di
ricerca su se stessi.
A questi autodidatti, a coloro che
tentano le esperienze esotericomistiche più diverse, noi dovremmo presentarci
non tanto come i più bravi o preparati, cosa che in realtà spesso non siamo, ma
come coloro che incarnano un metodo onnicomprensivo, tanto antico che moderno,
per la crescita spirituale, il perfezionamento dell’uomo, COSI come è, così
come vuole diventare.
Noi sappiamo
che l’uomo non può esistere, né tanto meno resistere a lungo, avulso
dall’ambiente che lo circonda. L’ambiente, il mondo circostante, l’universo
intero sono una sorta di secondo grande corpo fisico di ognuno di noi. Curare
l’uno senza preoccuparsi dell’altro è come essere in patTe morti: se
assolutamente Inutili agli equilibri circostanti, cessiamo di farne parte a
pieno titolo.
La ricerca di sé, la conoscenza non può prescindere da
questo complesso di potenzialità e giunge, prima o poi, il momento in cui la
nostra ricerca individuale si deve confrontare con una rete collettiva di
possibilità.
E, come per sapere pilotare un aereo a reazione i
piloti imparano ad allenarsi in simulatori di volo, così il ricercatore di sé
deve potersi confrontare in luoghi di simulazione che altro non sono che centri
di ricerca interiore collettivi. Il motivo di esistenza delle scuole
iniziatiche in oriente e occidente è questo: creare, simulandole, situazioni le
più diverse finalizzandole alla ricerca oltre il confine di se stessi, verso
orizzonti sempre più ampi fuori di noi, la patria diremmo, l’umanità.
Ed io credo che in questo senso non sia possibile trovare
oggi nel
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nostro cosiddetto mondo occidentale via iniziatica più
attuale e completa della Libera Muratoria che, proprio nelle forme simboliche e
mitiche e nella gradualità dell’approccio conoscitivo, condensa le possibili
soluzioni alla variabilità dei problemi dell’esistenza, a quelle esigenze di cui
parlavo.
Il secondo aspetto che so sollevare molte obiezioni in
molti dei miei Fratelli e Sorelle è quello di un ritorno a una assoluta serietà
iniziatica nello svolgimento rituale delle Tornate di qualsiasi grado, nella
scelta non solo delle tematiche, ma soprattutto dei loro relativi sviluppi. Non
si può costringere intere Logge ad ascoltare per interminabili Tornate
argomenti futili che annoierebbero chiunque di noi anche in riunioni profane.
Sento spesso dire che chi se ne va non ha capito nulla: spero vivamente che sia
così.
E per ultimo, non certo per importanza, vorrei dire che la
stessa serietà iniziatica, la stessa attenzione, dovrebbe essere posta negli
aumenti di paga. Il buonismo di cui tanto oggi si parla, la tacita acquiescenza
a non negare ad alcuno un grado per età massonica o per meriti profani verso la
Massoneria porterà il risultato inevitabile che il cooptando, divenuto
cooptatore, continuerà la catena allo stesso modo ed avremo Logge e Camere del
Rito piene di brave persone soddisfatte dei loro piccoli raggiungimenti, in cui
le piccole ambizioni prendono sempre più spazio sulle grandi affezioni, che
promettiamo al recipiendario la sera inimitabile e irripetibile della sua
iniziazione.
Spero che si vogliano accettare con benevolenza gli scarni
e spesso confusi pensieri che ho voluto esporre all’unico scopo di spiegare il
mio desiderio di vedere la Libera Muratoria tornare ai fasti che merita, per
essere quello che è.
Io sono pronto a rivedere in toto o in parte tutto quello
che ho pensato e spero che chiunque voglia educarmi a miglior comprensione lo
faccia, perché di questo ho bisogno nella mia crescita quotidiana.
Nato in California, Thomas Dana LLoyd vive attualmente a
Roma. È Autore di scritti sul Pitagorismo, l’Alchimia e la medicina orientale e
sta scrivendo un libro su Arturo Reghini e le tradizioni esoteriche in Italia.
Arturo Reghini (Firenze, 12 novembre 1878- Budrio 1 luglio
1946). La vita massonica di Reghini s’intreccia con le travagliate
vicissitudini della massoneria italiana nella prima metà del Novecento e le
riflette ampiamente. Nella sua biografia si intravedono in filigrana la
scissione del 1908 e le difficoltà che ne seguirono, lo scioglimento della
massoneria durante il ventennio fascista e la faticosa ricostruzione nel
dopoguerra. Reghini si avvicina alla massoneria attraverso la società
teosofica. Nel 1898 fonda a Roma la sezione italiana della società teosofica
con Isabel Cooper Oakley, alla cui attività partecipò con conferenze.
Nella società teosofica entra in contatto con l’avv. Sulli
Rao, editore milanese e 33° 95° del rito di Memphis di Palermo, che nel 1902 lo
inizia sulla spada per delega della loggia palermitana “I rigeneratori”. Il
rito orientale di Memphis si era costituito a Palermo il 10 luglio 1899 e
radunava quattro logge dissenzienti dalla linea del Gran Maestro Lemmi del
Grande Oriente d’Italia. Nel 1903 Arturo Reghini risiede a Firenze e viene
affiliato alla Loggia “Michele di Lando” all’obbedienza del “Grande Oriente
italiano” milanese, fondato nel 1899 e governato allora dal Gran Maestro
Malachia de Cristoforis. Quando nel 1904 questa obbedienza si riunifica col
Grande Oriente d’Italia la loggia fiorentina “di Lando” si ricostituisce sotto
il titolo di “Lucifero” e Reghini fu uno dei fondatori. A Firenze Reghini
frequenta il celebre caffè delle “Giubbe rosse”, all’epoca fulcro della vita
culturale e artistica, e partecipa al movimento d’avanguardia “La voce” e “La
fronda”, conosce Papini, Prezzolini, Assagioli, il gruppo di “Lacerba”. Nel
1903 fonda la biblioteca filosofica che dirige sino al 1908, dove raccoglie
anche preziose opere massoniche.
Anche Reghini risente della travagliata scissione del 1908:
esce dal Grande Oriente d’Italia nel 1912 e aderisce al Rito filosofico fondato
nel 1909 da Edoardo Frosini, ma ne esce due anni dopo per contrasti col
fondatore e si mette “in sonno”. Dopo la prima guerra mondiale è a Roma e nel
1921 aderisce al Rito Scozzese Antico e Accettato di Piazza del Gesù, fondato
da Fera dopo la scissione del 1908 e governato all’epoca da Raoul Palermi. Gli
viene riconosciuto il 33° grado e assume la funzione di redattore capo della
rivista “Rassegna massonica” che tiene sino al ’26; in questo periodo si occupa
della revisione dei rituali.
L’eco del travaglio che attraversa la massoneria italiana in
questo periodo trasuda dalle pagine che nel 1922 Reghini dedica a Le parole di
passo e il massimo mistero massonico: “… lo spirito che animava l’Ordine nei
suoi storici primordi (1717)… rapidamente degenerò e finì col cristallizzarsi
in un vuoto formalismo cristianeggiante nei paesi anglosassoni; ed in Francia e
di lì nei paesi latini, sotto la pressione dei rivolgimenti politici, si alterò
profondamente, perdendo il proprio carattere filosofico, adottando i cosiddetti
immortali principî dell’ottantanove, e imprimendo all’attività dell’ordine
carattere essenzialmente politico”. Le ragioni politiche che hanno condotto
alla scissione sono duramente stigmatizzate: “naturalmente questo indirizzo
ateo-materialista-democratico non poteva essere accettato da tutti i fratelli e
quindi, a due anni di distanza dall’avvenuta fusione dei Grandi Orienti di Roma
e Milano (fusione che ha vissuto in prima persona, n.d.r.), si manifestava
un’altra profonda scissione nel seno della famiglia massonica italiana”. Lo
studio, affrontato con gli strumenti della filologia e dei documenti antichi,
individua nelle parole ebraiche attualmente in uso nei rituali deformazioni di
termini greci più attinenti la simbolica massonica, e indica nella
“palingenesi”, ovvero nella rigenerazione, il fine iniziatico dell’ordine
massonico. Il testo esplicita quale azione Reghini intendesse svolgere:
ricondurre la massoneria alla sua funzione iniziatica e orientare la società
verso un ordinamento basato sui valori spirituali.
In questi anni Reghini diviene il polo degli studi massonici
e tradizionali in Italia, sia attraverso le riviste che fonda, sia attraverso i
propri studi. Nel 1924 fonda e dirige la rivista di studi iniziatici Atanòr e
nel ’25 la pubblicazione, osteggiata dal regime fascista, prosegue con una
nuova testata, Ignis. A queste riviste collaborano anche personaggi come René
Guénon e Julius Evola. Pure Ignis è costretta dal clima politico a chiudere i
battenti e Reghini viene strettamente controllato dalla polizia fascista. Tra
il ’26 e il ’27 vede la luce la rivista UR, ma quando il direttore, scelto per
evitare che Reghini apparisse in prima persona, pretende di modificare gli
articoli per compiacere il regime di Mussolini, la rivista si spegne, e da quel
momento Reghini si dedica completamente a un’ampia e documentatissima biografia
su Enrico Cornelio Agrippa, e soprattutto agli studi della matematica
pitagorica, del viatico iniziatico pitagorico –la Schola italica a lui assai
cara- e del suo fulcro, che comporta la rigenerazione ovvero la rinascita
iniziatica prima della morte: “la morte iniziatica consiste nel porre la
propria coscienza, rimanendo vivi e presenti a sé, nella condizione in cui deve
trovarsi la coscienza del morto. Si tratta di sperimentare, vivendo in piena
coscienza, la morte” (Le parole sacre e di passo). Anche la Filosofia occulta
di Agrippa indica questa ardua meta del viatico iniziatico: “Agrippa dice che
“nella dignificazione dell’uomo consiste la chiave di tutte le opere magiche,
la cosa arcana, necessaria e segreta””. La “dignificazione”, spiega Reghini,
altro non è che la visione che corona il viatico iniziatico, il divenire “come
dèi” sottolineato dai Versi aurei pitagorici: “questa contemplazione, eseguita
secondo le norme del rito… apporta all’illuminazione” (Enrico Cornelio Agrippa
e la sua magia). Ben pochi hanno affermato con tale costanza che il viatico
simbolico massonico è prefigurazione di questa metamorfosi.
Nel 1943, dopo il passaggio delle truppe alleate, Reghini si
risveglia nel Rito Scozzese unificato presieduto da Tito Signorelli che il 19
novembre del ’45 si riunifica con quello di Palazzo Giustiniani. Reghini
mantiene la carica di Luogotenente Gran Commendatore ad vitam. All’epoca, e
sino alla sua morte, fu membro della Loggia bolognese “Risorgimento”. Il suo
corpo riposa a Budrio, sotto i simboli della Schola italica.
Maurizio Nicosia
Bibliografia di Arturo Reghini
· Agrippa E La Sua Magia, in Enrico Cornelio Agrippa di
Nettesheim, De Occulta Philosophia, 1988 Genova, I Dioscuri
· Dei Numeri Pitagorici (Prologo), 1991 Reggio Calabria,
Ignis
· Numeri Sacri E Geometria Pitagorica. Per La Restituzione
Della Geometria Pitagorica, 1988 Milano, I Dioscuri
· I Numeri Sacri Nella Tradizione Pitagorica Massonica, 1988
Bologna, Atanòr
· Le Parole Sacre E Di Passo Dei Primi Tre Gradi Ed Il
Massimo Mistero Massonico, 1987 Bologna, Atanòr
· Considerazioni Sul Rituale Dell’apprendista Libero Muratore,
1981 Genova, Phoenix
Da Encyclopédie de la Franc—Maçonnerie, a cura di E.
Saunier, Varese 2000, Librairie Générale Française.
Nessuno studio della cultura esoterica del XX secolo in
Italia può mancare di ricordare Arturo Reghini (1878 – 1946). Scrittore,
traduttore, matematico e sopratutto “Pitagorico”, Arturo Reghini
giocò un ruolo chiave nel rifiorire degli studi esoterici in Italia così come
nel tentativo di restaurare la tradizione spirituale massonica.
I suoi libri ed articoli coprono una gamma di argomenti che
spazia dal simbolismo massonico alla Teosofia, dal Neoplatonismo a Cornelio
Agrippa e Cagliostro. Come direttore delle riviste Ignis e Atanor, Reghini
pubblicò articoli dei noti esoteristi Rene Guénon e Julius Evola. In seguito,
quando la libera muratoria venne messa al bando dal regime fascista, egli pagò
il prezzo delle sue prese di posizione in favore della libertà di coscienza.
Nato a Firenze il 12 Novembre 1878, Reghini fu il
primogenito di cinque figli. La sua carriera di filosofo, nel senso classico di
“amante della saggezza”, cominciò precocemente, quando la sua
aristocratica famiglia lo mandò a studiare matematica a Pisa. Una sera, questo
studente alto e magro fu avvicinato da un estraneo che lo scelse come candidato
alla iniziazione nella misteriosa scuola Pitagorica, anche nota come
“Schola Italica”. L’estraneo si rivelò essere Amedeo Armentano (1886
– 1966), che al tempo affascinava i circoli letterari fiorentini con i suoi
astrusi, laconici ragionamenti sul tempo, sulla mente e sull’anima oltre che
con i suoi poteri psichici.
Reghini fu iniziato nel più alto senso della parola.
Sperimentò la prova dei cinque elementi non solo come cerimonia, ma come
profonda realtà. Per lui, passare oltre la soglia della morte fu una faccenda
di esperienza, visione e conoscenza piuttosto che una rappresentazione
puramente simbolica. (1)
Politica e Società Segrete
Per capire il ruolo di Reghini nella cultura esoterica del
suo tempo, è utile avere qualche informazione di base sulla Massoneria italiana
ed i suoi rapporti con gli eventi del tempo. Come in altri Paesi, l’Arte in
Italia ha così tante sfaccettature che serve a poco generalizzare. Per alcuni,
la Massoneria imponeva una osservanza -quasi di tipo religioso- delle regole e
cerimonie “antiche ed accettate”, mentre altri indubbiamente la
videro come un mezzo per migliorare l’intera società, sulla base della fede
ottocentesca nel progresso, nell’educazione e nella scienza. Del resto le
schiere massoniche comprendevano anche una eminente minoranza di filosofi e
mistici, così come dei soliti opportunisti. Infine, c’erano gli elementi
anti-massonici, inizialmente di estrazione cattolica e successivamente diffusi
tra politici e pensatori sia di destra che di sinistra. In ogni caso gli
aspetti politici ed esoterici della Massoneria sono andati spesso avanti in
parallelo nel corso della storia italiana.
La prima loggia italiana di cui si ha notizia fu fondata a
Firenze intorno al 1730 da Charles Sackville, Conte di Middlesex, Henry Fox, e
Sir Charles Mann (2). Nonostante in quegli anni le tradizioni del Rinascimento
fiorentino non fossero che un pallido ricordo, la Toscana sotto gli ultimi
Medici era ancora riuscita a mantenere una qualche indipendenza, risparmiandosi
così gli eccessi peggiori della Controriforma. Nuove logge vennero presto
aperte a Roma, Napoli, Torino e in altre città. Ma i rapporti della Massoneria
con l’Inghilterra, una delle maggiori Potenze protestanti, attirò i sospetti
sia dei governanti degli Stati italiani che delle gerarchie ecclesiastiche.
Nel 1738, quando emanò la bolla In eminenti, che in pratica
proibiva ai Cattolici di diventare Liberi Muratori, Papa Clemente XII aveva raggiunto
la venerabile età di 87 anni ed era completamente cieco. Continuando con
risolutezza l’inclinazione del papato per una politica di Potenza, questa
misura, inizialmente maturata considerando la situazione nella sua natia
Toscana, fu infine probabilmente formulata tenendo presente l’Italia. Forse non
è per caso che questa bolla sia stata pubblicata nel 1738: l’ultimo dei Medici,
Gian Gastone, era morto un anno prima; questa mossa quindi potrebbe avere avuto
da una parte lo scopo di colpire una organizzazione protestante sospetta e
dall’altra quello di riaffermare l’influenza papale sulla relativamente
tollerante Toscana. Ciò nonostante tale indipendenza restò salda quando
Francesco di Lorena, egli stesso Massone, divenne il nuovo Signore di Toscana (3).
La presa di posizione papale dette l’avvio alle
persecuzioni; il poeta Tommaso Crudeli, il primo martire massonico conosciuto,
fu torturato per fargli rivelare i “segreti dei Massoni”, ma fu
liberato su intervento di Francesco di Lorena (4). Parecchi decenni più tardi,
il famoso occultista Conte Alessandro Cagliostro non fu così fortunato, e morì
nel 1795 durante la sua prigionia nella fortezza papale di San Leo. Del divieto
papale scrisse Reghini: “L’ostilità della Chiesa causò una reazione in alcuni
Paesi, forzando la Massoneria a difendersi diventando una società segreta.
Malgrado ciò essa non diventò mai settaria e i rituali furono sempre
caratterizzati dalla tolleranza, dal non settarismo e dall’indipendenza dei
primi tempi” (5).
Massoni e organizzazioni massoniche giocarono un ruolo
significativo nel Risorgimento italiano del diciannovesimo secolo. I Massoni
promossero attivamente l’unificazione dei molti Stati italiani, il che valse
loro ulteriori condanne per “sovversione”. L’organizzazione politica
di Giuseppe Mazzini, la Giovine Italia, dedicata alla causa dell’unificazione,
condivideva gli ideali massonici di umanesimo, progresso e governo secolare.
Il Grande Oriente d’Italia fu fondato nel 1859 (6). Nel
1862, un Supremo Consiglio del Rito Scozzese si riunì in Palermo sotto la guida
del patriota Giuseppe Garibaldi, e nel 1864 il primo Congresso della Massoneria
italiana ebbe luogo a Firenze ed elesse Garibaldi Gran Maestro.
Forse anche più della Rivoluzione Francese, il Risorgimento
fu una rivoluzione borghese, e la Massoneria attrasse la numericamente piccola
ma attiva classe media italiana. La Massoneria fu vista come un mezzo per
mantenere unite forze diverse come i repubblicani di Mazzini, i monarchici che
sostenevano il casato dei Savoia e le Camice Rosse garibaldine. Come mette in
rilievo Aldo Mola, “…in un Paese in cui tutte le forme di conflitto
politico avevano una base regionale […] le logge erano la sola vera scuola di
unità nazionale”. Come risultato della continua opposizione della Chiesa
all’unificazione nazionale, la Massoneria italiana persistette nella sua
posizione anticlericale (7).
Nei decenni seguenti l’unificazione nazionale nel 1870,
numerosi membri della nuova classe di politici e amministratori erano Massoni.
Alla fine del diciannovesimo secolo la Massoneria era ampiamente percepita come
parte dell’establishment e come dispensatrice di vantaggi più spesso di tipo
materiale che spirituale. Scandali finanziari e instabilità politica avevano
reso i politici dell’establishment vulnerabili agli attacchi e la Massoneria,
prima vista come campione dell’indipendenza e della democrazia fu così accusata
di essere corrotta e di difendere privilegi di classe. Così come in altri Paesi
latini, molti pamphlet anti-massonici vennero fatti circolare, per lo più
basati sulle accuse di cospirazione dell’abate Barruel e di Leo Taxil, i quali
crearono l’impressione che l’Istituzione massonica fosse molto più monolitica e
potente di quanto in realtà fosse.
Queste idee indubbiamente influenzarono Benito Mussolini nei
suoi primi anni nel Partito Socialista e dovevano riemergere nel periodo
fascista (1922 – 1943), nonostante le relazioni massoniche di molti dirigenti
fascisti. (8) Il movimento fascista, fondato nel 1919, contò fra i suoi primi
membri un certo numero di Massoni che vennero attratti da diversi aspetti,
inclusi l’anticlericalismo e le inclinazioni rivoluzionarie iniziali del
movimento. La persecuzione dei Massoni, seppure non sempre sistematica,
continuò fino alla caduta del regime.
Paradossalmente, subito dopo la fine della II Guerra
Mondiale, la letteratura antimassonica ritrovò vigore, questa volta con
l’accusa di collaborazione con il fascismo. Nei decenni più recenti, gli studi
storici sulla Massoneria italiana sono stati largamente monopolizzati da Autori
di orientamento cattolico o comunista che sono per motivi diversi ostili
all’Istituzione (9). Non c’è quindi da meravigliarsi se, come dice Kent
Henderson, “… la Massoneria italiana è la più mal descritta e incompresa
del mondo” (10).
Società esoteriche
La Massoneria italiana non era tutta politica, comunque, e
anzi ha sempre avuto una forte corrente esoterica. Insieme al simbolismo,
tipicamente massonico, delle costruzioni e dell’architettura, varie altre
tradizioni esoteriche – Rosacrociane, Cabalistiche, Templari e Pitagoriche – si
sono riversate nell’Arte.
Fin dai primi tempi, la Massoneria considerò della massima
importanza il simbolismo geometrico, con il teorema pitagorico ampiamente
rappresentato nell’arte di ispirazione massonica. A tal proposito, è stato
suggerito che alcune forme di iniziazione Pitagorica siano sopravvissute nel
corso dei secoli, dapprima nell’Impero Bizantino e più tardi, in conseguenza
dell’avanzata degli Ottomani, in Italia, dove l’élite intellettuale greca trovò
rifugio.
Durante il regno di Elisabetta I, si dice che Sir Thomas
Bodley sia stato iniziato a Forlì nella Confraternita Pitagorica dei Fratelli
Obscuri, che si proponeva “il lodevole obiettivo di promuovere le Scienze
e l’amore della Virtù” ed “istituita a imitazione di una Associazione
più antica esistita fin da prima della caduta dell’Impero greco nelle città di
Costantinopoli e Salonicco”. Nel Diciottesimo secolo, i Pitagorici
francesi ed inglesi presero ad essere chiamati “I fiutatori”, quando
adottarono la pianta del tabacco come loro simbolo (11).
Napoli era sede della Massoneria egiziana, una tradizione
che vantava origini dalla comunità ermetica dei tempi dell’Egitto ellenistico.
C’è ancora una “Piazza Nilo” in città e Giordano Bruno, che esaltò la
“Sapienza dell’Egitto”, era nato nella vicina Nola. La scuola
successivamente venne alla luce attraverso il lavoro di Cagliostro e più tardi
di Giuliano Kremmerz, fondatore della Confraternita Ermetica di Misraim. (12)
Il “Vangelo” di Cagliostro, pubblicato per la prima volta in italiano
nel 1914 e più tardi commentato da Reghini, usa la terminologia alchemica per
descrivere una via all’immortalità nonché per proporre l’uso di sigilli magici,
meditazione, digiuno e una dieta vegetariana.
L’Ordine esoterico di Misraim (nome con cui in ebraico si
indica l’Egitto) sembra avere avuto origini italiane. Infatti questo Ordine
appare per la prima volta in Italia nel XVIII secolo, quando viene messo in
relazione con Cagliostro che lo porta a Venezia nel 1788. (13) Poiché sia la
Massoneria egiziana che l’Ordine di Misraim accettano le donne -violando così i
princîpi massonici noti come “Landmarks”- e poiché entrambi lavorano
in gradi superiori al terzo, essi sono generalmente classificati come appartenenti
alla “para-Massoneria”.
L’Ordine di Misraim venne introdotto in Francia dopo il 1813
dai fratelli Bedarride; successivamente esso si diffuse in Belgio, Svizzera,
Gran Bretagna e Stati Uniti d’America. Si presenta in due forme rituali: quella
cabalistica adottata dai Bedarride e quella egizio-ellenistica dei gradi più
elevati noti come “Arcana Arcanorum” (14).
Ancora una volta la politica incrociò i sentieri
dell’esoterismo quando, nel 1880, Garibaldi venne nominato Gran Ierofante del
Misraim. A quel tempo, l’Ordine fu unificato con quello di Memphis, i rituali
del quale si ispirano all’immaginario egiziano. Alla fine del secolo, l’Ordine
di Memphis e Misraim doveva fornire in Italia un collegamento tra la Libera
Muratoria e la Teosofia: sia H. P. Blavatsky che Annie Besant ricoprirono alti
gradi in quest’Ordine.
Teosofi e Massoni
Quando aveva solo 18 anni, Reghini andò a Roma, dove fu
messo in contatto con Isabel Cooper-Oakley, che rappresentava la Blavatsky in
Italia, e nel 1898 i due furono tra i fondatori del ramo italiano della Società
Teosofica. La Blavatsky aveva sempre avuto un debole per l’Italia; tra l’altro
si vantava di avere combattuto con Garibaldi contro i Francesi e le forze
papali nella battaglia di Mentana nel 1867. (15) Anche la Teosofia fu presto
esposta all’accusa di eresia, se non proprio di paganesimo, attirandosi così
l’ostilità della Chiesa. Nonostante ciò la Società Teosofica si dimostrò essere
un importante veicolo in grado d’allargare gli orizzonti degli italiani colti e
di mente aperta, diffondendo tra di loro lo studio di filosofie e religioni
orientali fino a quel momento appannaggio dei circoli accademici.
Mentre già riceveva un’istruzione sulla tradizione
Pitagorica, Reghini cominciò la sua carriera massonica con l’iniziazione nell’Ordine
di Memphis e Misraim nel 1902. Cosa trovò in questa forma esoterica di
Massoneria? Probabilmente, gli fu detto qualcosa di simile a questi commenti di
un Autore massonico contemporaneo:
Il Rito di Memphis
e Misraim non è adatto ad ogni Massone, ma si rivolge a quei pochi Fratelli
che, seguendo le molte indicazioni e rivelazioni dei loro rituali, aspirano
sinceramente ad entrare in risonanza con i più alti piani dell’esistenza e a
superare la loro individualità. In questo caso. il Rito è un collegamento
visibile, tangibile fra la sfera più bassa e la sfera più alta. Esso fornisce
la chiave per gli Arcana, la maniera in cui essi possono essere rivelati e
praticati. (16) I rituali Osiriaci dell’Ordine contengono illuminanti
riferimenti all’Egitto, come quando all’aspirante Maestro viene detto:
“Fratello,
sei entrato in questo Tempio che è la Camera di Mezzo della Piramide, aspirando
di diventare Osiride, e per guadagnare questo privilegio hai recitato – ben
sapendo che era solo simbolica – la confessione negativa che ogni defunto
recita quando raggiunge il mondo delle ombre e si presenta davanti al tribunale
di Osiride, per identificarsi con lui se la sua vita è stata pura” (17).
Nel 1903, Reghini diventò membro di una loggia di Firenze
che prestava obbedienza al Grande Oriente d’Italia; due anni più tardi questa
fu riorganizzata come loggia “Lucifero”, di cui Reghini fu uno dei
fondatori. Nello stesso tempo, logge di Milano si univano al Grande Oriente
d’Italia con sede in Palazzo Giustiniani.
Scrivendo nel 1906, Reghini criticò l’opposizione nei
confronti degli alti gradi (dal 4° fino al 95° in Ordini come quello di
Misraim) ed espresse rincrescimento per il fallimento di Mazzini e
dell’americano Albert Pike nel creare “un rito segreto superiore a tutti
gli altri, una sorta di Massoneria nella Massoneria, che avrebbe unificato la
divisa famiglia Massonica”. (18) Nel 1908 un numero di dissidenti guidati
da un pastore protestante si separarò dal Grande Oriente per protesta contro le
sue posizioni politiche radicali ed eccessivamente materialistiche. Questi
dissidenti formarono una nuova organizzazione massonica con sede in Piazza del
Gesù a Roma. Successivamente le due branche italiane della Massoneria furono
denominate “di Piazza del Gesù” o “di Palazzo Giustiniani”
proprio in base alla sede delle loro Direzioni.
Un tentativo di promuovere l’unificazione dei frammentati
gruppi massonici, ritornando alla radici spirituali dell’Arte, fu intrapreso
con il Rito Filosofico Italiano, del quale Reghini fu uno dei fondatori (questo
nome fa venire in mente il Rito Filosofico Scozzese, ritenuto avere qualche
collegamento con i Pitagorici britannici). Il rito italiano si articolava in
sette gradi ed è stato descritto come intriso di elementi Pitagorici e Gnostici.
Nel 1911, Reghini e Armentano riscrissero gli statuti del rito, disponendo che
una copia dei Versi Aurei di Pitagora dovesse essere presente nel tempio
insieme agli altri oggetti usati nei lavori di loggia.
Questa esperienza fu interrotta dalla I Guerra Mondiale, che
interruppe bruscamente i contatti fraterni internazionali; lo stesso Reghini
prestò servizio nell’Esercito. Il Rito Filosofico cessò di esistere nel 1919,
quando confluì nella Gran Loggia di Rito Scozzese. Dopo di ciò Reghini, pur continuando
a rimanere Massone, si dimostrò più cauto riguardo a qualunque “riforma
universale” dell’Arte.
Occultismo ed Esoterismo
Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo in Italia, come
nel resto d’Europa, l’interesse del vasto pubblico per l’occultismo era
ampiamente rivolto a fenomeni come l’ipnotismo e lo spiritismo. Testi di
astrologia e magia copiati da classici come quelli di Cornelio Agrippa e
Giovanni Battista della Porta abbondavano. Nello stesso tempo, i lavori di
Autori francesi come Eliphas Levi, Henri Durville e Papus guadagnavano un
crescente numero di lettori e venivano pubblicate varie riviste esoteriche. Lo
stesso Reghini tradusse Swami Vivekananda, l’egittologo E.A. Wallis Budge e i
racconti occulti di Louis Stevenson.
Sia Reghini che Giuliano Kremmerz, attivi a Napoli nello
stesso periodo, sottolinearono che la loro era una ricerca di conoscenza e
misero in guardia dal confondere il desiderio di crescita spirituale con le
vampate di esaltazione emotiva. Da questo punto di vista essi rigettarono
l’occultismo delle sedute spiritiche e delle sette, condividendo la posizione
di Levi che insisteva nel dire che il suo occultismo (termine da lui coniato)
era basato su fede, scienza e ragione. (19)
Questo metodo sperimentale fa uso non solo della logica ma
anche della analogia. Già all’inizio della sua carriera Reghini aveva scritto:
“Il simbolismo dell’architettura, delle cerimonie e delle immagini è
superiore al linguaggio ordinario grazie alla moltitudine di significati che
solo il simbolismo può esprimere, dal momento che opera per analogia; i
geroglifici e gli ideogrammi sono superiori alle forme alfabetiche di scrittura
grazie all’ampiezza e precisione del loro significato”. (20)
Vent’anni più tardi, Reghini esprimeva gli stessi concetti:
“Esiste una tradizione orale di conoscenza nascosta che non può essere
trasmessa con parole (percepite ed interpretate in senso profano). C’è ancora
una tradizione seria in Occidente che non ha niente da spartire con i tumulti
da circo, la parodia e la simulazione del cosiddetto occultismo d’oggi”.
(21)
Qualche volta, Reghini si ritirava con i suoi amici
Armentano e Giulio Parise in una torre costiera isolata in Calabria, luogo
ideale per lo studio e la meditazione. Reghini non era peraltro estraneo al
cerimoniale magico, sebbene uno dei pochi riferimenti diretti da lui lasciati è
ricco di sfumature umoristiche, menzionando alcune delle difficoltà pratiche
dei rituali notturni, con sveglie, tazze di caffè caldo, crepitanti lampade ad
olio, incenso che non vuole bruciare e candele che si spengono, tutto a
detrimento della necessaria “concentrazione spirituale”. (22)
Dal principio alla fine della sua attività, Reghini rimase
un Pitagorico. Cosa significò questo per lui in termini pratici? Egli
s’impegnava nel riesame quotidiano dei suoi atti -una pratica che si richiama a
Pitagora – così coe nell'”estasi filosofica”, che era in realtà un
tipo di meditazione. Il praticante si sedeva comodamente in un luogo
tranquillo, svuotandosi di tutti i pensieri ed emozioni; poteva sia trovarsi al
buio o avere una luce dietro di lui. “Allora, quando l’anima è purificata,
sembra apparire una luce chiara e brillante alla quale niente può essere
nascosto” -dice un vecchio testo- “e allora un dolce piacere è sentito,
incomparabile ad alcuna cosa di questo mondo e… un prurito estremamente
piacevole viene avvertito dentro la testa… Le persone più portate a questo
tipo di estasi sono quelle il cui cranio è aperto, attraverso la quale lo
spirito può evadere… Io penso che questa sia l’estasi platonica, quella che
Porfirio dice aver sopraffatto Plotino sette volte”.
Questa pratica ha importanti implicazioni come forma di
“yoga occidentale”. Non consiste tanto in una valutazione delle
azioni compiute come buone o cattive, ma piuttosto sottolinea l’importanza
dello stesso ricordarle. I maghi rinascimentali Tommaso Campanella e Giordano
Bruno avevano probabilmente familiarità con questo tipo di meditazione. (23)
Reghini insisteva anche sul fatto che il cercatore aveva
l’obiettivo di trasformare la sua anima per mezzo di tecniche quali il
controllo del respiro, la meditazione e la rimembranza degli atti quotidiani e
che questa trasformazione doveva avere luogo durante l’arco della vita.
L’Utopia Pagana
Ai tempi di Reghini, la parola “pagano” aveva
ancora connotazioni largamente negative, ed era ampiamente usata non per
indicare una religione storicamente documentata, ma piuttosto come sinonimo di
immoralità e materialismo. Ciò nonostante, egli la trovò essere il miglior
termine in grado di descrivere la sua posizione. In un articolo del 1914
intitolato “Imperialismo pagano”, egli promuoveva la rinascita
spirituale della cultura italiana in un nuovo tipo d’”impero” che avrebbe
imposto l’eccellenza in ogni campo dell’impegno umano. Questo risultato avrebbe
richiesto libertà e tolleranza, sebbene la storia abbia dimostrato come, a
differenza del paganesimo greco-romano, le religioni di Abramo abbiano troppo
spesso maturato l’amaro frutto dell’intolleranza religiosa. Reghini concordava
con Gibbon nel ritenere che l’attitudine fanatica dei primi cristiani aveva
portato alla caduta di Roma e più tardi alla politica papale avversa
all’unificazione dell’Italia. (24)
L’ambiente d’avanguardia in cui le idee di Reghini erano
maturate, era anche impegnato sul problema di creare una nuova “religione
secolare”, libera dai difetti del cattolicesimo seppur basato su valori
spirituali. (25) Ciò nonostante qualunque “crociata” anti-cristiana
si sarebbe rivelata una contraddizione in termini; piuttosto, egli promuoveva
la classica distinzione tra religioni iniziatiche e popolari, successivamente
sviluppate da Guénon e altri. Similarmente, egli condannò il materialismo ed il
rabbioso anticlericalismo d’alcuni nella comunità massonica, e potrebbe anche
aver sognato un giorno in cui la Chiesa cattolica avrebbe adottato la politica
di S. Francesco d’Assisi, abbandonando il potere politico e finanziario per
dedicarsi interamente alle opere buone.
Mirando alla perfezione spirituale, pensava Reghini, la
Massoneria dovrebbe essere non settaria. Nel suo lavoro del 1922 sul
significato dei tre gradi massonici, egli analizzò il simbolismo
dell’iniziazione a Maestro Massone, con il rituale della morte e resurrezione
di Hiram che richiamava alla mente Osiride, Dioniso e Gesù; l’iniziato, diceva,
dovrebbe diventare consapevole del fatto che la coscienza non dipende soltanto
dall’esistenza fisica. Similmente, egli rimproverava alcuni dei suoi fratelli
angloamericani per interpretare il 19° Landmark, che esige di credere in Dio,
nel senso che i Massoni debbano essere necessariamente cristiani, ricordando
loro che la squadra e compasso sono posti sopra la Bibbia. (26) Egli commentava
anche che sia la Massoneria continentale che angloamericana sono più
interessate ai titoli altisonanti che alla perfezione spirituale dell’iniziato.
Il contrasto col fascismo
Dopo essersi trasferito a Roma nel 1921, Reghini dedicò
molte attenzioni al fascismo e alle relazioni che si andavano sviluppando tra
Mussolini ed il Vaticano.
La maggior parte dei massoni italiani, così come i
nazionalisti ed i dissidenti socialisti capeggiati da Mussolini, avevano
sostenuto l’intervento nella I Guerra Mondiale, sopratutto per strappare le
città di Trento e Trieste all’Austria, vecchio nemico dell’Italia. Dopo la
guerra, nel 1920, il Grande Oriente sostenne l’occupazione della città di
Fiume, sull’Adriatico, in sfida alla Francia e all’Inghilterra alleate
dell’Italia; questo evento venne considerato l’ultimo passo dell’unificazione
nazionale. Quando il movimento fascista di Mussolini prese il potere nel 1922,
c’era ben poca consapevolezza del disastro che stava per colpire la Massoneria.
Nessuno dei fascisti più conosciuti era cattolico praticante, e in realtà
alcuni di loro erano noti come massoni. Sfortunatamente, comunque, gli
ammonimenti di Reghini riguardo alle necessità di rinnovamento spirituale
dell’Arte erano rimasti inascoltati, così come i suoi tentativi d’impedire al
regime di venire a patti con la Chiesa. Inoltre la gerarchia massonica non si
era dimostrata così valente come le precedenti nell’evitare una politica del
“dividi et impera”.
Sin dai tempi della Rivoluzione Francese i fasci, le antiche
insegne del potere romano costituite da dodici verghe di betulla legate insieme
ad un ascia, avevano avuto connotazioni rivoluzionarie ed anti monarchiche,
ispirando inizialmente la loro adozione da parte del Partito Fascista. Per
uomini come Reghini, comunque, il simbolo evocava anche l’antico concetto
romano di res publica, in cui il potere era conferito sia al popolo che a un
Senato aristocratico. Reghini non voleva proporre qualche nuovo sistema di
governo; piuttosto egli sperava che una Massoneria orientata in senso
spirituale e Pitagorica potesse favorire lo sviluppo di una classe politica i
cui membri fossero dotati di valori superiori.
Il 1924 fu un anno cruciale per Reghini. In quell’anno il
regime decretò l’affiliazione massonica incompatibile con l’appartenenza al
Partito Fascista. Un giornale gesuita pubblicò un articolo che condannava la
Massoneria in base al fatto che -essendo internazionale- era perciò “non
italiana”; questa linea venne presto ufficialmente adottata dai fascisti.
(27)
Reghini, un membro del Supremo Consiglio della Gran Loggia
di Piazza del Gesù, replicò che il ruolo chiave della Massoneria nel promuovere
il Risorgimento confutava l’accusa oltre ogni ragionevole dubbio. A questo
punto comunque, le argomentazioni di carattere storico non erano più di alcun
aiuto, e anzi lo resero quasi impercettibilmente un dissidente politico. In
maggio il suo amico Armentano, che aveva continuato a lavorare con lui in un
tentativo sfortunato di riunificare le due branche principali della Massoneria
italiana, lasciò l’Italia diretto in Brasile.
Qualunque speranza la Massoneria possa aver nutrito per un
cambiamento nell’attitudine del regime, andò in frantumi a seguito della
violenza antimassonica scatenata nel novembre del 1925. Una nuova legge contro
“le società segrete” non menzionava specificatamente i massoni, ma il
regime rese chiaro che erano loro il bersaglio prederminato. (28) Mussolini
asserì che queste misure erano destinate a prevenire complotti politici e non a
sopprimere la Massoneria come istituzione spirituale, ma al momento in cui
venne messa in atto la repressione poliziesca ciò fece ben poca differenza. Un
certo numero di dirigenti di spicco del Grande Oriente andarono in esilio in
Francia e anche la Gran Loggia di Piazza del Gesù fu costretta a chiudere dopo
un infruttuoso tentativo di riorganizzarsi come “Ordine di San Giovanni di
Scozia”. Ironicamente, la mancanza di persecuzione sistematica contro
semplici massoni portò Papa Pio XI a criticare di “troppa morbidezza”
il regime fascista. In un articolo pubblicato nel 1927-1928 Reghini, prevedendo
l’imminente alleanza tra il regime fascista e il Vaticano, commentava:
Le attuali
condizioni del nostro Paese nel contesto della situazione politica in Europa e
nel mondo, sarebbero favorevoli a qualcuno che volesse e avesse la capacità di
sfruttarle per creare una nuova civiltà universale partendo da Roma.
Comunque… questo tipo di imperialismo non potrebbe essere soggetto ad un
potere che è universale solo di nome, e di cui l’innata ed incurabile
intolleranza è inaccettabile a sia il resto della civiltà occidentale come pure
alle civiltà orientali… Noi diremmo orgogliosamente di più, se non fossimo
obbligati oggi ad usare un linguaggio più prudente di quello usato da Agrippa
quattro secoli fa… (29)
A questo punto non potevano esserci più dubbi sul fatto che
la posizione di Reghini non fosse affatto ortodossa. In poco tempo egli era
passato dallo status di valente scrittore di cose piuttosto oscure a quello di
risoluto, pubblico oppositore della riconciliazione di Mussolini col Vaticano,
che doveva culminare nei Patti Lateranensi del 1929. Come poteva un pagano
auto-dichiarato esser lasciato libero di pubblicare dopo una alleanza tra
Chiesa e Fascismo? Il coraggio di Reghini in difesa della Massoneria fu del
tutto ragguardevole, sopratutto se si consideri quanto buia fosse ormai la sua
visione dell’Arte in quanto incapace di compiere la sua missione di
perfezionamento dell’individuo.
Alle prese con una situazione tanto difficile, i vertici
massonici preferirono in gran parte temporeggiare, ma dopo i fallimentari
tentativi di venire a patti con il regime, entrambe le principali Obbedienze
italiane si dichiararono disciolte e vennero ricostituite solo nel 1945. Il
sacrificio di Reghini gli guadagnò ben pochi amici sia prima che dopo la
guerra.
Gli attacchi della stampa continuarono e Parise scrive di
tentativi “di salvare l’anima mia e quella di Reghini con due colpi di
pistola… la sorveglianza era così ravvicinata e opprimente da limitare i
nostri contatti, dal momento che avevamo paura di compromettere anche persone
che magari ci salutavano per caso”. (30) Reghini fu dimesso dall’incarico
di professore di matematica in una scuola pubblica e dovette guadagnarsi da
vivere dando lezioni private.
Infine, con un atto vergognoso, Julius Evola -già amico di
Reghini- lo denunciò accusandolo di essere affiliato alla Massoneria. (31)
Curiosamente Evola aveva appena pubblicato “Imperialismo pagano”, una
raccolta di articoli che attingeva considerevolmente dal saggio di Reghini con
lo stesso titolo e incitava i fascisti ad evitare compromessi politici o
ideologici con il cattolicesimo. Decadi più tardi, Evola avrebbe riconosciuto
di dovere la sua consapevolezza iniziatica a Reghini e Guénon.
Epilogo
A questo punto le strade di Reghini, Guénon ed Evola si
separarono. Nel 1930 Guénon, che continuò a essere ambivalente nei confronti
della Massoneria come fonte di autentica iniziazione, lasciò l’Europa per
dedicarsi completamente agli studi islamici al Cairo. Evola presto abbandonò il
suo intransigente “imperialismo pagano” e condannò la Massoneria
sostenendo che non essa non era in grado di fornire alcuna genuina iniziazione
spirituale. Egli proseguì coltivando una visione diametralmente opposta a
quella di Reghini, vedendo nella Chiesa cattolica l’erede dell’Impero Romano e
sviluppando la sua forma particolare di razzismo che doveva influenzare lo
stesso regime fascista.
Negli anni Trenta, Reghini si dedicò all’insegnamento e allo
studio dell’interpretazione pitagorica dei numeri, delle proporzioni e
dell’armonia, visti non semplicemente come un gioco intellettuale ma come
chiave della vita. Il suo approccio in qualche modo richiama quello del
neo-platonico inglese dell’800 Thomas Taylor (di cui Reghini cita i lavori),
nel correlare la realtà materiale e spirituale per mezzo di numeri e
proporzioni. Il libro di Reghini sulla ricostruzione della geometria di
Pitagora, contenente nozioni “sulle quali i Massoni dovrebbero ben
meditare”, (32) fu pubblicato nel 1935 e fu premiato per il suo valore
scientifico dall’Accademia d’Italia, l’equivalente italiano della Royal
Society.
Mentre la II Guerra Mondiale si avviava al suo epilogo,
Reghini intensificò il suo lavoro sui numeri pitagorici. Forse avvertendo che
non gli restava molto da vivere, egli lasciò istruzioni dettagliate riguardo ai
suoi manoscritti. (33) Alle 5 in punto dell’afoso pomeriggio del 1° luglio
1946, in una villa di campagna vicino Bologna, Reghini morì, ritto nel suo
studio, di fronte al sole che andava calando verso Ovest. In uno dei suoi
ultimi lavori sulla relazione tra matematica e ricerca spirituale, Reghini
sottolineò che la vera filosofia presuppone l’esperienza diretta del
ricercatore. La scienza occidentale moderna è scienza oggettiva e sperimentale,
compiuta all’esterno per mezzo di strumenti che aiutano i sensi; il suo scopo è
quello di osservare e capire, tenendo in debito conto l’inevitabile alterazione
(il principio di Heisenberg) prodotta nei fenomeni osservati dall’osservatore.
In Massoneria, nell’Ermetismo, nel Pitagorismo e nella
scienza esoterica di ogni tempo, l’osservatore è anche oggetto dell’esperienza,
considerata interiormente e direttamente senza la limitazione di immaginarie
colonne d’Ercole e simili; non tanto quindi materia di speculazioni teoriche quanto
di sensazioni e di vita. (34)
E quale in fondo è lo scopo della filosofia -l’amore della
saggezza- se non, come diceva il neo-platonico Porfirio, “di liberare la
nostra mente dai limiti e dalle catene”? (35)
L’obbedienza
alla religione è il punto più alto della costruzione prescrittiva, l’apice
della Verità cui la libertà deve salire per estinguersi, il luogo dove l’
Assoluto pronuncia la sua sentenza contro il relativismo. Lo stesso Locke, che
dedicò gli ultimi vent’anni di vita a scrivere in favorc della tolleranza e a
proteggersi contro lo scandalo che ne seguiva, escludeva tuttavia la tolleranza
verso gli atei, ritenendo che la mancanza di fede avrebbe svuotato di sanzione
i “iuramenti e i contratti necessari all’organizzazione della convivenza
civile.
All’origine il
concetto di imperium aveva sottoposto l’individuo a un’ autorità a un tempo
politica e religiosa; poi l’imperium si era spartito fra potere spirituale e
potere temporale, secondo la teoria delle “due spade” che non
potevano essere impugnate da una mano sola; e si era apcrta la controversia fra
i due poteri. Ma per entrambi I ‘individuo restava sempre suddito, e la
tolleranza poteva al massimo essere concessa alle minoranze religiose per
raoioni di convenienza, e a condizioni onerose. Pontefici e sovrani potevano
contendersi la precedenza nella titolarità del potere ma per il suddito
dissenziente il trattamento abituale erano il bando, la confisca, la prigionia
e (pare, dalla fine del XII secolo) Ic fascine del rogo. Ogni tanto nella
duplice sudditanza si apriva un interstizio, una voce solitaria richiamava la
separazione fra l’autorità della forza e I ‘autorità della tède. Fino dai primi
secoli Tertulliano distanziava la religione dalla politica (“nulla res
magis aliena quam res publica”) e respingeva l’imposizione coercitiva
della fede ‘quae sponte suscipi debet, non
vi”: e il re barbaro Teodorico scriveva per la penna di Cassiodoro agli
ebrei genovesi “religionem imperare non possumus, quia nemo cogitur ut
credat invitus”.
Ma ci sarebbe
voluto un altro migliaio di anni perché la tolleranza fosse ammessa, per gradi
e sempre con l’attitudinc forzata dell’accomodamento al male minore. Negli
animi dogmatici restava (forse rimane ancora oggi) I ‘idea che tolIerare ciò
che si giudica il male equivalga a offendere ciò che si giudica il bene. Sul
versante opposto, nel Settecento illuminista (c già prima all’inizio del secolo,
nel parlamento inglese), i liberi pensatori consideravano la tolleranza,
dapprima invocata come una grazia, ormai come un insulto alla libertà.
Proprio
perché tocca il culmine del dissidio fra assoluto e relativo, la tolleranza in
materia di religione ha aperto i] varco non solo alla libertà religiosa come
diritto soggettivo ma al sistema complessivo dei diritti individuali. Se ne
trova l’esempio e quasi il simbolo nel libro sui Diritti di libertà scritto nel
1926 da Ruffini pcr le edizioni di Gobetti. I Diritti di libertà di Ruffini
seguono di soli due anni il suo corso di diritto ecclesiastico tenuto nel 1924
su lx-l libertà religiosa come diritto pubblico subietlivo. Il sodalizio fra il
diritto soggettivo alla libertà religiosa e il sistema complessivo dei diritti
individuali risalta nell’introduzionc di Piero Calamandrei alla seconda
edizione del libro. pubblicata dopo la Liberazione:
“Se il
Ruffini avesse potuto seguire dal 1926 fino ad oggi I ‘immane dramma di
questo ventennio, avrebbe visto la scienza giuridica tedesca non solo tornare,
dopo l’avvento di Hitler, alla concezione autoritaria assertrice dell
‘onnipolenza dello Slato e negatrice delle libertà politiche individuali, ma
arrivare addirittura a le.orizzare l’abolizione della nozione di diritto
soggettivo, di qualsiasi diritto soggettivo, cioè, in sostanza, della stessa
rilevanza giuridica della persona: Kampf wider das subiektive Recht, che poi
voleva dire. nel campo morale, guerra contro la personalità umana”.
I guasti
prodotti dal fascismo in Italia erano stati di poco inferiori. Il regime
abbinava all ‘obbligo dell ‘ obbedienza politica l’ obbligo della religiosità
esteriore, e al duplice obbligo corrispondeva una duplice irrisione della
libertà di coscienza. L’infatuazione nazionalista costrinse la cultura italiana
a un isolamento pernicioso dalle correnti più vive della spiritualità europea,
e la repressione di ogni critica fece mancare gli anticorpi al del contagio razzista che sfociò nella vile
persecuzionc dei concittadini ebrei.
Molte pubblicazioni massoniche hanno dedicato pagine
all’argomento. Sono abbastanza note le vicende storiche connesse alle
Corporazioni muratorie e totalmente quelle relative alle scomuniche della
Chiesa di Roma, fondate su argomentazioni di ordine temporale e sulla
segretezza delle riunioni.
É chiaro che non sono possibili analogie fra la situazione del XVIII e quella
del xx secolo: la Chiesa era una potenza temporale con un peso politico non
trascurabile dall’Europa di quel tempo. Per le Logge del XVIII secolo, agli
albori della Massoneria moderna, il concetto di segreto era ereditato dalle
precedenti Corporazioni muratorie. In queste, per la necessità di non
consentire la divulgazione delle conoscenze di mestiere, si era ravvisata
l’opportunità di elevare la « riservatezza » a norma della Corporazione, che
aveva assunto nel trascorrere del tempo valore di tradizione.
Le Logge si modificarono gradualmente da operative in
speculative sulla spinta di mutamenti delle condizioni esterne, conservando
sino ai nostri giorni talune caratteristiche organizzative e spirituali.
Senza indugiare in descrizioni storiografiche emerge
chiaramente che « il segreto » non fu mai fine a se stesso ma adattamento alle
circostanze, come difesa fisica e modo d’indipendenza spirituale. È importante
analizzare se è stato oggetto di determinazioni teoriche a dimostrazione di un
modo di essere o di un significato dell’esistenza.
Non si può affermare che la
Massoneria ne abbia tratto motivi di compiacimento, ma necessità e adattamento
assunsero l’importanza di una regola tradizionale e morale.
È indispensabile, per assolvere il debito di
chiarezza, distinguere il segreto come:
norma
statuaria;
espressione della coscienza individuale.
È oltre ogni dubbio e perplessità, superata nei fatti e non
attuale
la redazione di una norma che
statuisca la segretezza dell’istituto, come sede, iscritti e finalità.
Se nel XVIII secolo la
sussistenza del segreto era condizione per l’esistenza, nel xx sarebbe
d’impedimento alla sua vita. Nello Stato moderno di Diritto, retto da una
Costituzione rigida che sancisca le libertà di associazione e di manifestare
liberamente il proprio pensiero, l’esistenza di un Ente è garantita dalla Legge
stessa. ln questi termini non esiste la giustificazione per forme di
clandestinità o di occultamento.
L’osservanza della Legge è
principio non rinunciabile ed è dovere massonico codificato da una norma
statuaria.
Se la finalità dell’Istituto è il miglioramento morale
dell’individuo, non in modo astratto ma in funzione di sé e della società,
perché ne diventi elemento esemplare e trascinatore, l’esaltazione delle
qualità umane è la realizzazione completa, nell’analisi interiore e
nell’esercizio dei proprii doveri e diritti di cittadino. Significa che la
condotta morale ed il comportamento da iniziato sono la guida del cammino nella
società, con un rapporto di logica deduzione tra la premessa iniziatica ed il
comportamento reale: ma com’è possibile stabilire una costante relazione
armonica tra dignità ed occultamento considerando sinonimi i concetti di «
segreto » , di « non palese », « non detto » e « clandestino »?
Segreto significa porre in atto determinati mezzi perché
un « fatto reale » non possa essere conosciuto: non basta l’astensione dalla
comunicazione, perché la riservatezza è da sempre la componente di una valida
condotta morale, ma è necessaria una condotta fattiva di mezzi o accorgimenti
che ne impediscono la conoscenza. La pubblicità delle sedi e degli iscritti sono
un primo passo verso posizioni già acquisite nella maggior parte dei Paesi
occidentali.
Non sono accostabili nella fattispecie i concetti di «
pubblicità » e di « curiosità », perché la possibilità di consultare l’elenco
degli iscritti da parte delle Autorità, o genericamente da terze persone, non
costituisce la premessa per soddisfare la curiosità gratuita dell’uomo della
strada.
Il timore che la qualifica individuale di Massone sia
divulgata, se è comprensibile sotto il profilo umano e per determinate prospettive
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sociali, può non avere supporti morali perché possa
resistere nel tempo.
Se sono noti i pregiudizi di una parte della società
italiana, ereditati da formazioni culturali di derivazione parrocchiale e
provinciale, non sono trascurabili i tentativi per una corretta informazione
sull’influenza storica e sociale della Massoneria.
Su di essi il fenomeno P2 è sceso come una mannaia
determinando un appannamento dell’idea massonica nel mondo profano, fornendo
materiale a campagne demagogiche, scandalistiche e di censura, che rendono più
ardua la ripresa del tentativo per una corretta informazione.
Nell’ambito del diritto di ciascuno alla riservatezza, l’influenza indiretta
della Massoneria sulla Società può essere ostacolata oggi da forme di
occultamento di qualsiasi tipo, perché nella società attuale il mezzo
d’informazione di massa risponde alla richiesta di notizie che appagano una
generica curiosità, e lo scandalo si diffonde sempre in fretta come tutto ciò
che non è conforme alle regole generali.
La Massoneria non costituisce nel costume occidentale
un’eccezione alle regole generali di vita, ma lo diventa quando contraddice le
finalità istituzionali perché facendo notizia giustifica, suo malgrado,
l’esistenza di determinati pregiudizi.
Non vi è continuità di rapporto tra l’atteggiamento
dell’iniziato che dovrebbe illuminare la Società con la Luce alimentata nel
Tempio, e la scelta contingente dell’occultamento di sé come immagine
depositaria di una fede.
Non sorge forse il dubbio che esista una contraddizione,
se la Massoneria è fede nell’uomo, fra l’amore verso l’Umanità tutta, il
proprio impegno d’illuminare il mondo profano, e l’occultamento o la
clandestinità della fonte della Luce?
E l’impegno del miglioramento di sé, anche come impegno
di essere se stessi, non transita forse attraverso un graduale inserimento del
Massone come Massone nella società?
E questo graduale inserimento
qualificato non è forse la strada da percorrere perché il pregiudizio subisca
un progressivo depauperamento delle fonti di alimentazione? Se l’umanità è
impreparata al superamento dei pregiudizi, e se vi è il dovere d’illuminarla,
com’è possibile provvedervi con l’occultamento della propria milizia di vita
nell’ambito di una società di diritto povera di esempi illuminanti, ed immersa
nel quotidiano stillicidio di sofferenze e di miserie morali?
La norma statuaria impone rigorosità di costumi,
linearità di condotta e riservatezza di comportamento, con significati e limiti
diversi dal segreto.
L’esortazione del rituale a mantenere il segreto sui
lavori compiuti è insegnamento non clandestinità; rientra nella sfera del « non
dire », è l’esercizio di un atto di volontà che si riferisce a contenuti
dichiarati non contrari alle Leggi dello Stato, ed è — a parere dello scrivente
— diritto privato alla riservatezza quando la norma giuridica è rispettata. È
doveroso distinguere:
forma e
contenuto dei rituali;
aspetto esterno e contenuto
intrinseco dell’Associazione
Può succedere, durante una tranquilla serata, di
assistere ad una trasmissione televisiva sulla Massoneria in Italia, e subire
sgradevoli impressioni nonostante la familiarità e la piacevolezza dei temi
trattati.
Sabato 17 maggio
1997, RAI 2 mette in onda “Non solo logge”, inchiesta sulla
Massoneria nazionale confezionata in modo molto anigianale, con un’inflazione
di luoghi comuni e di banalità veramente impressionante. Solo parzialmente I
‘intervento in studio di tre autorevoli gran Maestri Franco Franchi, Virgilio
Gaito, Giuliano Di Bernardo — contribuisce a salvare la verità dell’istituzione
massonica nel nostro paese contro una ricostruzione giornalistica
dilettantistica e faziosa. Il filmato sostiene la tesi che la Massoneria
italiana è profondamente coinvolta e avviluppata nelle trame mafiose,
camorristiche, affaristiche, sovversive che hanno avvelenato la vita italiana
negli ultimi decenni.
Nessun approfondimento critico su quello che la
Massoneria ha rappresentato e rappresenta nella storia della civiltà
occidentale e del nostro paese. Nessun tentativo di comprendere il fatto che la
Massoneria è qualcosa di diverso dalla lotta per la spartizione del potere che,
sola, sembra interessare il giornalismo italiano. La Massoneria è notizia
giornalistica solo se legata alla lotta per il predominio politico, economico,
criminale.
È dunque necessaria’ una nuova impostazione del
problema. I gran Maestri — incisivo ma purtroppo limitato dalla logica
televisiva Franchi; assente e teatralmente ieratico Di Bernardo, esitante,
Gaito — si sono visti sottrarre dalla filosofia mediatica della TV l’occasione
per riaffermare potentemente la assoluta originalità e la meravigliosa
progettualità culturale della Massoneria. Non si è certo trattato di mancanza
di abilità e professionalità dei gran Maestri, ma piuttosto della
prevaricazione di una struttura-spettacolo che, nella televisione, è divenuta
la costante e dittatoriale signora di ogni tipo di trasmissione. Se vai in
televisione, devi adattarti a venire schiacciato dalla brevità, dalla
semplificazione, dalla banalità, dall’interruzione tollerata, spesso suscitata,
dalla impossibilità di comporre un discorso compiuto e logicamente argomentato.
Tutto deve essere alla portata intellettuale dello spettatore, soprattutto di
quello più modesto. Sono vietati ogni approfondimento, ogni complessità di
pensiero, ogni spiegazione articolata, perché lo spettatore può non capire, ma
— molto più frequentemente — perché è lo stesso conduttore a non capire.
Ora, ci si può chiedere: perché
partecipare a simili trasmissioni quando si è ben coscienti che la complessità
e la poliedricità dell’esperienza massonica non possono venire banalizzate e
volgarizzate in pochi e frettolosi minuti di trasmissione popolare e
divulgativa? Perché parteciparvi quando si sa bene che non si potrà mai
rievocare dinnanzi alle telecamere il miracolo della comprensione del simbolo,
del rituale, dell’atmosfera massonici? Perché sottoporsi inutilmente
all’aggressione dei media quando si sa bene che la voce sottile e pervasiva
della tradizione massonica parla solo nella penombra dei templi?
Sicuramente le autorità massoniche
hanno il dovere di propagandare il fatto politico della legittimità e della
positività dell’istruzione liberomuratoria, ma hanno anche il dovere di
valutare l’efficacia del messaggio affidato ai media, altrimenti si rischia
l’insuccesso. Non va mai dimenticato che, in Italia, la Massoneria si muove
sempre e comunque, anche oggi, in un ambiente pregiudiziale, se non apertamente
ostile. Nonostante tutti i nostri sforzi, la società italiana non sa ancora
apprezzare il messaggio di libertà spirituale e politica che la Massoneria
universale ha diffuso in tutti i paesi civili.
Anche monsignor Bettazzi, ospite illustre
della controparte ecclesiastica, ha ceduto allo spirito del tempo, com’è
costume di una certa chiesa contemporanea, astenendosi da una radicale critica
dottrinale sulle divergenze morali, spirituali, culturali fra quell’istituzione
religiosa e la Massoneria, ma limitandosi genericamente e banalmente ad una
critica di “scarsa democraticità” e di “scarsa trasparenza”
nei confronti delle nostre associazioni muratorie.
Erano certamente più virili e
biecamente ma grandemente minacciosi gli anatemi della Chiesa di un tempo, chè
almeno aveva il
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coraggio di una condanna netta e
spiritualmente forte. E bello, con la Chiesa, divergere o convergere, ma sul
piano dei grandi temi spirituali e culturali, non sulle piccolezze della
“trasparenza”.
La Massoneria italiana deve uscire dal limitato
dibattito sulla sua democraticità, sulla sua legittimità sociale, sulla sua
rispettabilità istituzionale. Il discorso puramente di “immagine” è
un discorso che diminuisce la sua grandezza storica, culturale e iniziatica.
Nulla vieta che ci si batta per una legge sulle associazioni, per il rispetto
del principio secondo cui la responsabilità penale è personale e mai
“associativa”, per il diritto alla riservatezza come fatto
assolutamente conforme ai principi dell’ordinamento giuridico, per il principio
di assoluta legittimità della visione massonica in campo morale, spirituale e —
perché no? — politico della società. Ma non dobbiamo mai dimenticarci che noi
siamo portatori di una civiltà esoterica e civile di alto livello e che su quei
principi deve avvenire il dibattito coi medu, non sul singolo massone
“deviato” che vive alla periferia e al margine della nostra provincia
muratoria, e che certamente può esistere, come esiste ed è esistito il
“deviante ln tutte quelle istituzioni le quali da noi pretendono un’
impeccabilità che non sono in grado di garantire a sé medesime.
Un grazie al gran Maestro Franchi per l’equilibrio e
la serenità con cui ha affrontato il dibattito e anche a certe sue aggressività
che non dispiacciono in chi deve difendere un prezioso patrimonio comune, il
nostro patrimonio.
Un solo suggerimento, certamente col senno di poi.
Alcune domande che vorremmo rivolgergli, e su cui non è escluso che possa
nascere un dibattito futuro. Domande sicuramente non informate al
“buonismo” contemporaneo ma che forse contengono in embrione qualche
verità.
— Perché abbandonare il tema dell’Opus Dei? Chi
moralizza e predica su “trasparenza” e “democraticità” deve
essere assolutamente trasparente e democratico. Certo, la cortesia e l’educazione
del Gran Maestro hanno prevalso sulla volontà polemica. Resta il fatto che
monsignor Bettazzi, assai disinvoltamente, ha eluso la domanda molto diretta
del Gran Maestro Franchi, che meritava sicuramente risposta, e che tutt loggi
la attende.
— Perché non affermare con forza un fatto
indubbiamente vero, e cioè che il Grande Oriente di palazzo Giustiniani ha
comunque concepito nel suo seno e nutrito la Loggia P2 di Licio Gelli, salvo
poi dichiararne l’illegittimità e l’estraneità nel momento in cui essa finì
inquisita dai poteri dello Stato? Sia il gran Maestro Gaito che il gran Maestro
Di Bernardo non erano probabilmente piccoli apprendisti negli anni ’70, quando
Licio Gelli percorreva il suo cammino massonico nel Grande Oriente.
L’unico fatto indubitabile è che
la Gran Loggia di piazza del Gesù era e resta totalmente altra cosa rispetto a
quel fenomeno.
— Perché non rivolgere alle competenti
autorità (Consiglio superiore della Magistratura, Ministro della Giustizia,
Procuratore generale della Cassazione, Presidente della Repubblica) il seguente
interrogativo: quanti massoni sono stati condannati, dopo anni e anni di
inchieste parlamentari e giudiziarie, per reati “massonici”, reati
cioè realizzati grazie all’appartenenza ad una loggia? Quanti sono stati
rinviati a giudizio dal procuratore Agostino Cordova per gli stessi motivi? Per
quanti massoni è stata provata giudizialmente una responsabilità penale
derivante dalla frequentazione dei templi muratori in Italia? Se le cifre
saranno consistenti potrà essere ammessa una sorta di “corruzione
ambientale” esercitata dalla Massoneria sui suoi appartenenti, ed essa
dovrà essere sciolta in quanto associazione tendenzialmente delinquenziale. Ma
se le cifre saranno esigue o nulle lo Stato dovrà riconoscere onestamente di
aver sprecato una quantità immane di risorse pubbliche per inseguire i fantasmi
che popolano la mente di alcuni politici e di alcuni magistrati. E sarebbe
consolante, anche se impossibile, pensare di trascinare questi cacciatori
d’ombre d.innanzi alla Corte dei Conti per far loro risarcire il danno erariale
provocato con le loro inutili e personalistiche indagini.
— Perché non sfruttare la nuova legge
675/1996 sulla tutela della “privacy” per chiedere alle autorità
quali e quanti nominativi di massoni italiani sono archiviati nelle banche dati
dei ministeri competenti, delle forze di polizia, dei servizi segreti? Non
dimentichiamo che l’appartenenza alla Massoneria, implicando convinzioni
morali, etiche e religiose, può essere alla base di cosiddetti “dati
serisibili”, cioè da8
ti per cui può appunto scattare il diritto alla tutela della
“privacy”. Si potrebbe continuare all’infinito, ma forse tutte queste
proposte configurerebbero un indebito coinvolgimento dell’Obbedienza in una
polemica politico-istituzionale che non le gioverebbe. Si comprendono anche
benissimo le ragioni di opportunità che possono indurre i massimi governanti di
essa a non proporre con enfasi o aggressiVità certi temi. Restano comunque
individuati alcuni punti nodali della nostra “politica obbedienziale”
che non possono essere elusi e su cui non sarebbe inopportuno aprire un
confronto ad un tempo culturale e istituzionale.
Anche a rischio di qualche divergenza che, se è inopportuna oltre le
colonne del tempio e in quello spazio iniziatico e atemporale che è la loggia,
può essere invece assai produttiva sulle pagine delle nostre pubblicazioni e
nei dibattiti dei nostri organi decisionali. Per amore almeno di democrazia e
di trasparenza, anche se non proprio per amore di monsignor Bettazz
Italia oggi: delirio
antimassonico di Arnaldo Francia
Dai tempi ormai lontani della
persecuzione da parte della Chiesa, culminante nelle bolle di scomunica,
peraltro emesse nei confronti di chiunque potesse incorrere nel sospetto di
attentarne il dogmatismo, mai come oggi la Massoneria ha dovuto subire, nel nostro
Paese, vilipendio così accanito e ricorrente. Ogni qual volta infatti si
verifica un fatto criminoso o avvengono azioni misteriose di cui siano ignoti i
promotori, subito viene chiamata in causa la «longa manus» della Massoneria e
nei suoi confronti si rivolgono accuse di colpevolezza o almeno di correità,
quando non si giunga, sulla base di soli sospetti e senza ancora elementi di
prova ad emettere sentenze pregiudiziali di condanna che coinvolgono l’intera
Organizzazione e i suoi affiliati. L’aspetto più grave o almeno più curioso del
fenomeno è costituito dal fatto che tale campagna denigratoria e persecutoria
non risulta più sostenuta essenzialmente dalla Chiesa Cattolica, nei cui
confronti, anzi, almeno negli ultimi tempi, si è andato instaurando un clima
diverso grazie anche al contributo di non pochi intelligenti sacerdoti che
rifiutando una condanna preconcetta hanno voluto e saputo svolgere una
approfondita indagine in merito all’essenza filosofica e spirituale della
Libera Muratoria, hanno saputo comprenderne o comunque interpretarne [e nobili
finalità, hanno preso atto della scomparsa di quell’anti-clericalismo che in
passato aveva rappresentato ostacolo per la reciproca comprensione e hanno
indicato la via per una convivenza pacifica tra le due Istituzioni. Ai giorni
nostri, sarebbe d’altro canto anacronistico se non contraddittorio, un
atteggiamento ostile e presecutorio da parte della Chiesa nei confronti dei
Massoni che sono nella stragrande maggioranza cattolici e in parte anche
praticanti, quando la stessa Chiesa sta attuando una coraggiosa e vasta azione
ecumenica non solo rivolta alle altre Comunioni cristiane, ma anche nei
confronti di Comunità religiose diverse da esse.
La lotta più feroce e spesso ambigua alla Massoneria
viene oggi praticamente condotta da parte di tanti esponenti di partiti
illiberali che si presume debbano intravedere nella libertà di pensiero dei
massoni un ostacolo alla realizzazione dei loro piani politici. Se poi si
considera che essi hanno a disposizione mezzi di informazione potenti e
capillari con cui diffondere e amplificare la loro propaganda antimassonica, è
facile comprendere come all’opinione pubblica, perloppiù disinformata in
proposito, venga offerta un’immagine totalmente distorta della Libera Muratoria.
E triste constatare che tra i protagonisti di questa lotta vi sono anche uomini
di cultura, opinionisti, giornalisti e persino qualche «mostro sacro» di questa
nostra Repubblica. Si deve presumere, almeno per molti di essi che pure sono
profondi conoscitori di gran parte dello scibile, che non abbiano ritenuto
necessario dedicare un po’ del loro tempo allo studio della Massoneria, della
sua storia, delle sue finalità e che ignorino il contributo di tanti personaggi
che, attraverso i secoli, hanno illustrato in tanti campi, con il pensiero e
con l’azione, i principi massonici acquisendo benemerenze universalmente
riconosciute. Forse alcuni di essi ignorano persino, per limitarci ai tempi
moderni, che è da fermenti massonici che sono nate la Croce Rossa e la Società
delle Nazioni. E dire che non difettano certamente riferimenti storici e
bibliografici in merito all’attività della Libera Muratoria dal 1700 ad oggi,
alla portata di tutti e soprattutto di coloro che, impegnandosi poi
nell’esprimere giudizi e nell’emettere sentenze, avrebbero dovuto sentire
l’esigenza di una corretta documentazione. Per altri, invece, non può sorgere
il sospetto che anzicché di ignoranza, o magari con l’ignoranza, si tratti
unicamente di malafede preconcetta se non strumentalizzata per diffondere tra
la gente un sentimento antimassonico quanto più diffuso e generalizzato, nella
speranza di inficiare alla base un’ Istituzione ritenuta pericolosa, in quanto
da sempre baluardo di quel fondamentale diritto dell’uomo che è costituito dalla
libertà di pensiero. A tal fine tendono a coinvolgere anche personalmente tutti
i massoni attraverso una campagna diffamatoria e scandalistica indegna di un
paese civile.
A riprova è sufficiente osservare che non farebbe oggi scandalo, e giustamente,
che un omosessuale divenisse Presidente del Consiglio o Ministro (forse ancora
con qualche comprensibile riserva se divenisse Vescovo). Si promuovono, e
giustamente, dibattiti in merito ai diritti dei transessuali al recupero quanto
più completo della loro vera natura. Ci si preoccupa, e giustamente, del
diritto di redenzione e di reinserimento nella società dei malavitosi, tanto
meglio se sulla loro via di Damasco hanno incontrato il pentimento. Si cercano,
altrettanto giustamente, anche le più improbabili attenuanti nei confronti di
criminali persino recidivi. Si additano, e giustamente, le responsabilità e le
colpe della società, della scuola, della stessa famiglia, nel tentativo sublime
di comprendere, proteggere, redimere e recuperare i drogati. Ci si indigna,
ancora giustamente, contro ogni discriminazione e sopruso nei confronti degli
extracomunitari o comunque dei cosiddetti diversi. Ma fa scandalo che un
massone possa ricoprire l’incarico di consigliere comunale, magari in un
paesino di mille abitanti (episodio realmente accaduto e subito esecrato
pubblicamente da solerti giornalisti) e financo turba e atterrisce le coscienze
di certi benpensanti che un massone possa tenere comunque una carica pubblica
fosse anche solo di messo comunale. Se poi un massone osa presentarsi o viene
accettato da un partito o da un movimento quale candidato alle elezioni, la
notizia viene subito riportata da certi giornali con lo stesso tono, fra lo
stupito e lo scandalistico che verrebbe utilizzato per riferire di una mondana
che chiede di entrare in convento. La sola ipotesi poi che un libero muratore
possa sedere tra i giudici, oltre che le coscienze degli addetti ai lavori
turba anche i sonni di tanti benpensanti, a tal punto che si sollecitano al
legislatore provvedimenti urgenti e coercitivi in merito, quasi che tale
deprecabile evenienza potesse scardinare le sane fondamenta di questo nostro
Paese, fino ad oggi modello di equità, ordine e organizzazione. Senza voler
indulgere all’ironia c’è da pensare con raccapriccio ai quei Paesi in cui le
forze del bene non hanno ancora dato inizio ad una campagna promozionale di
legittima difesa nei confronti dei massoni, quale ad esempio l’America, tuttora
così disinformata in merito, ove un massone può divenire Presidente degli Stati
Uniti, così come è già avvenuto almeno una ventina di volte; o l’Inghilterra,
che pur viene considerata maestra di democrazia, dove a dispetto dei rischi
così gravi paventati nel nostro paese, lo stesso re o un suo stretto parente è
addirittura il capo della Massoneria; e ancora come tanti altri Paesi, fino ad
oggi considerati civili, dove un massone può diventare magari Ministro
dell’Interno o Guardasigilli.
Deve esserci certamente un Santo protettore particolarmente
influente per quei Paesi che, fino ad oggi, sono riusciti a sopravvivere, pur
avendo agito con tanta leggerezza e così ingenuamente sottovalutato la
Massoneria che invece da noi costituisce motivo di tante preoccupazioni e di
grave rischio e impegna politici e giuristi in proposte di incompatibilità e di
provvedimenti cautelativi.
Vuole il caso che atteggiamenti similari a quelli che si
stanno verificando in questi anni nel nostro paese si siano costantemente
determinati laddove esistevano dittature ed era venuta meno la libertà, per cui
gli uomini liberi rappresentavano una vera e propria spina nel fianco per
coloro che, calpestando i più sacri principi su cui deve basarsi una società
civile, avevano creato regimi totalitari e assolutistici. Ciò è infatti
avvenuto in Italia con l’avvento del fascismo, in Germania con il nazismo, in Russia
e nei paesi satelliti, con il comunismo ed è consuetudinario in certe
repubbliche Sudamericane, con la presa del potere da parte di dittatorelli di
passaggio.
E veramente auspicabile che questo miserabile andazzo italiano non si diffonda
in quei paesi dotati di una migliore cultura politica e di una più lunga
tradizione democratica in quanto sarebbe grave, per gli americani, dover
cancellare dalla loro storia il nome di Abramo Lincoln e di tutti gli altri
presidenti massoni e sarebbe certamente impegnativo per loro dover modificare i
testi scolastici, finalmente rivelando al colto e all’inclita le malversazioni
da loro compiute, i pericoli incorsi e i rischi, non si sa bene come,
felicemente superati dalla ignara popolazione degli Stati Uniti. Così come
sarebbe difficile per gli inglesi, così fieri della loro tradizione, inficiare
il ricordo di tanti loro sovrani, buon ultimo il padre della loro attuale
regina, col grave rischio di dare il colpo di grazia alla stessa istituzione
monarChica già abbastanza traballante per conto suo per altri motivi. ln Italia
invece, anche se dovesse perseverare questo clima di caccia alle streghe, per
il carattere più accomodante della nostra gente e per la sua maggiore
disponibilità a subire prepotenze per atavica abitudine, sarebbe forse più
semplice dimenticarci non solo dell’abusato Garibaldi ma, per restare ai tempi
nostri e per non citarne che alcuni, cancellare dalla memoria, Battisti, Sauro,
Oberdan, Diaz, tutti convinti massoni; rassegnarci a non più ascoltare (o farlo
in segreto) le musiche di Verdi, Puccini, Boito e di tanti altri musicisti pure
loro compromessi con la massoneria; depennare dai libri storia Crispi,
Zanardelli, Depretis e altri ancora; abbandonare definitivamente al suo già
triste destino lo sventurato Meucci e togliere per la seconda volta, e
definitivamente, la cittadinanza italiana a Enrico Fermi. Per i disincantati
cittadini romani poi, non dovrebbe costituire gran sacrificio eliminare dalla
loro storia recente il nome di Ernesto Nathan, anche se considerato uno dei
migliori sindaci che abbia avuto l’Urbe. Il tono ironico utilizzato non deve
offendere o scandalizzare nessuno perché si tratta di una ironia intrisa di
grande amarezza e costituisce unicamente risposta emotiva fin troppo tollerante
da parte di coloro che vedono oltraggiata l’istituzione in cui operano e in cui
credono e che si sentono quasi quotidianamente criminalizzati come uomini e
come cittadini senza possibilità di difesa mentre vi hanno aderito nello
spirito di migliorare se stessi e di operare per il bene della Patria e
dell’umanità, giurando fedeltà alle leggi dello Stato.
Ma sbaglierebbe chi si illudesse, con questa campagna
diffamatoria, di distruggere la Massoneria che ha saputo superare ben più
difficili momenti e soprattutto chi presumesse di inficiare lo spirito e la
determinazione dei massoni per i quali anzi le azioni persecutorie, le ingiuste
calunnie, le gratuite offese costituiscono stimolo di ribellione che per essi,
che si professano uomini liberi e di buoni costumi, professano la tolleranza e
hanno la serenità di chi ha operato onestamente e non nasconde scheletri negli
armadi, si traduce in un impegno ancora maggiore e in una ancora più producente
partecipazione alla vita e all’attività Muratoria.
Né li turba l’evenienza che anche tra loro possano
esistere alcuni che non si sono dimostrati, nei fatti, coerenti con i principi
ispiratori e ideologici dell’Istituzione o con le premesse che sono alla base
stessa dell’adesione alla Massoneria. Forse non esistono esempi simili anche in
altre categorie di alta qualificazione che con differenti premesse e diverso
mandato ma con almeno altrettanta responsabilità morale, svolgono compiti di
particolare impegno sociale? Non abbiamo forse assistito in questi tempi
bizzarri, all’incriminazione di alcuni magistrati, all’arresto, recentemente
avvenuto a Torino, di due sacerdoti, a qualche malefatta di alcuni carabinieri?
Orbene, a nessuno è venuto in mente di criminalizzare la Magistratura o il
Clero o l’ Arma Benemerita! Non possedendo poi nessuna delle due Organizzazioni
Massoniche ufficiali, tali in quanto derivate dal grande «troncone » storico
della Massoneria italiana dopo la scissione del 1908 e intimamente legate da
questa comune matrice, un marchio o un brevetto che ne legittimino
l’originalità (quasi una denominazione controllata come avviene per certi
prodotti commerciali) si è purtroppo assistito, nel corso degli anni, a certe
proliferazioni abnormi, in alcuni casi anche in buona fede, in altri con atti
di vera e propria usurpazione, con finalità del tutto estranee all’ideologia
Muratoria, talora forse anche a scopo criminoso. Né si può escludere che taluni
malavitosi, abituali e comunque disponibili ad azioni ben più gravi e cruente,
abbiano potuto mascherarsi da massoni o infiltrarsi in pseudo-logge all’uopo
predisposte.
In proposito l’Obbedienza di Piazza del Gesù — Palazzo Vitelleschi, mai
coinvolta in avventure sospette e nemmeno sfiorata dallo scandalo della P2, per
voce del suo Gran Maestro, ha preso immediatamente le distanze da qualsiasi
gruppo autonomo, diverso o spurio che dir si voglia e comunque da chiunque
abbia utilizzato le insegne massoniche per accreditare azioni criminose,
cercando copertura in simboli di cui neanche conosceva il significato e del cui
esoterismo ignorava persino l’esistenza.
Con la serenità che deriva a chi sa aver bene
adempiuto il proprio mandato e di aver bene operato per il bene della Patria e
dell’umanità, ancor più convinto nella validità della sua scelta, ogni Massone
deve quindi riprendere con fiducia la sua strada, più e meglio di prima offrire
esempio di probità e correttezza nella vita profana a testimonianza e difesa
della libera Muratoria, Il governo della nostra Obbedienza ha dichiarato
l’impegno a perseverare in tutte quelle azioni, molte delle quali già
coraggiosamente intraprese, per restituire alla Massoneria l’immagine che essa
merita, per rimuovere, se possibile, l’ignoranza purtroppo grossolana del
volgo, per contestare le calunnie rivolte in malafede, per rendere giustizia a
tutti i Massoni degni di questo nome.
Solo se sapremo compiere, come singoli e come
organizzazione questi impegnativi mandati, verrà meno il delirio antimassonico
che caratterizza questi nostri tempi. Quel giorno il nostro paese avrà fatto un
decisivo passo avanti sulla via del progresso civile e della democrazla.
I componenti la Società dei Liberi
Muratori sono portati per vocazione alla concezione della dottrina politica
come ideale etico che si fonda sul principio della sovranità dei cittadini,
sulla garanzia della libertà e dell’uguaglianza degli stessi. Quindi in
opposizione storica ai regimi totalitari.
Eppure nella nostra organizzazione,
grane
ad una serie di riti che riducono a simbologia atti
materiali essenziali, si procede sotto Fala della più grande costrizione ma con
la massima libertà interpretativa. Sono gli atti essenziali che favoriscono la
coesione del gruppo.
Riprendendo il tema della dottrina
politica vorrei ricordare brevemente gli antichi Greci, per loro natura
desiderosi di conoscere il mondo che li circondava, per l’eredità lasciataci.
Dobbiamo a loro non solo una buona parte del nostro vocabolario politico
(democrazia, oligarchia, tirannide) ma anche l’avere sviluppato modi di pensare
a proposito della società destinati poi a fare parte del bagaglio delle idee
che caratterizzano i popoli occidentali.
Un esempio luminoso come Socrate che
cercava la verità nel modo più disinteressato, che da giovane combattè con
onore per difendere la sua Città-Stato e che per la causa della giustizia s’
impegnò, a costo dell’impopolarità.
Questo è quanto ci ha tramandato il
suo discepolo Platone nel dialogo La Repubblica, al di là del modo diverso di
quest’ultimo nell’affrontare i problemi della conoscenza.
A quel tempo — tra 1’800 ed il 400 a.C. nel centro di Atene
la democrazia prendeva il sopravvento sull’oligarchia e le funzioni assumevano
grande rilevanza nelle città-stato achee.
Nelle società semplici, stato o non
stato. le funzioni poche c ben definite, quindi fondamentali, impegnavano uno
stesso individuo per uno o due compiti, secondo il tipo di lavoro ed il ruolo
nella casa. Alcuni compiti erano solo riservati agii uomini c altri solo alle
donne.
Nelle
complesse società moderne — come la
di Franco
Milani
nostra — la funzione della persona spesso dipende dal gruppo
economico cui appartiene la famiglia. Alcune funzioni. quelle professionali ad
esempio, sono chiaramente definite; altre, come il fatto di essere membro di
una comunità, sono più ardue da definire. Nel campo di queste ultime rimane
quindi una libertà d’interpretazione.
ln società o in gruppi su piccola scala ove I
‘organizzazione è concentrata sul come tenersi in vita — nei deserti, nelle
distese artiche o nella tundra siberiana — simile libertà è improbabile.
Nel campo delle funzioni specializzate — una costante nella
vita delle società complesse — il divenire ed il benessere vero o presunto,
comportano la scelta di persone adatte per compiti particolari e di maggiore
responsabilità. Persone cioè dotate di intelligenza, di capacità di prendere
decisioni importanti non disgiL1nte da preparazione ed esperienza. Gli schemi
di comportamento ed il concetto di funzione sono più importanti aspetti della
sociologia.
Se noi riflettiamo sulla questione in termini di democrazia
rappresentativa al di là dell ‘aspetto della salita o della discesa lungo la
scala sociale o economia di appartenenza sul piano individuale, ci accorgiamo
che in campo politico non si è ancora realizzata la peculiarità professionale
che una funzione in sé è più importante del problema circa chi debba svolgerla.
ln tale contesto la correlazione della funzione democratica verso i suoi
amministrati, si misura su alcuni aspetti fondamentali:
mantenere l’ordine e
la sicurezza;
fare osservare regole
che impediscano comportamenti antisociali;
governare i cittadini
organizzati in gruppi (collettività, imprenditori, sindacati, eserciti, circoli
sociali!).
E questa sembra possa definirsi il sommario della vita
politica per uno Stato di tipo complesso come quello in cui viviamo.
Vorrei solo aggiungere che per un Libero Muratore la
coscienza politica fa si che l’obbedienza ai governanti sia spontanea e
che egli possa anche essere d’accordo su alcune limitazioni dei suoi diritti
laddove la politica attuata dai precedenti governanti rifletta le caratteristiche
sopra delineate e possa comportare un normale riconoscimento.
Noi comunque seguiremo la corrente
degli impulsi suscitati dal desiderio della verità per difendere la libertà.
Per la difesa della democrazia
assume rilevanza la politica internazionale ed i legami che possano instaurarsi
fra le genti delle moderne società complesse; ed il grado di efficienza che le
intese possono esprimere.
Diversi sono stati i tentativi
esperiti per creare una istituzione chc abbracci tutto il genere umano,
soprattutto dalle rovine della prima guerra mondiale in poi. Vasti gruppi
associano i loro membri sotto una comune ideologia superando i confini
nazionali: il Cristianesimo, r Islamismo ed il Comunismo, ad esempio. Ma in
pratica hanno dimostrato di non essere stati efficaci nell’evitare (-ruerre
dichiarate o il perpetuarsi di tensioni.
Alle soglie del nuovo millennio sta per celebrarsi una nuova
realtà politico associativa: l’ Europa, non più di sei ma di dodici stati
membri e forse, in seguito dei quindici.
Siamo
alla vigilia di un evento di portata storica e dal punto di vista valutario di
una rivoluzione senza precedenti come l’istituzione della Banca Centrale
Europea, deputata all’emissione dell’EURO, la moneta di tutti i cittadini
dell’area federale. E come in una grande discesa obbligata sono stati posti tre
passaggi lmpegnativi al primo gennaio 1999, al primo gennaio ed al primo luglio
2002.
Ma al di là delle implicazioni socio-economiche connesse
all’evento Europa e 2000, si possono delineare alcuni aspetti positivi che una
simile occasione storica dovrebbe offrire in questi anni che potremmo definire
di intervallo culturale.
L’aspetto di rilievo è quello dell’attendibile beneficio che
la nostra giovane democrazia possa consolidarsi in un sistema in cui vi sia
libertà nella competizione per il potere, nell’ambito di efficienti istituzioni
elettorali e con la possibilità di rimuovere i propri rappresentanti. In
stretta correlazione l’amrninistrazione della giustizia. La legge è l’insieme
delle nonne che regolano il vivere sociale limitando I ‘azione dei singoli e
deriva la sua forza dall’autorità dello Stato. Ma la società come può
difendersi da un cattivo uso da parte dello Stato del potere legale? La Corte
comunitaria potrebbe dare più estese garanzie.
Infine, un’importante aspetto per
noi speculativo: riuscire a delineare nel più lungimirante ambito europeo la
questione di quel giusto riconoscimento nei confronti della Società dei Liberi
Muratori verso la quale il nostro Stato è il Ponzio Pilato dell’emarginazione
dottrinale.
Al via le celebrazioni per i 140 anni del capolavoro di
Collodi, di cui le nostre testate sono media partner. La presidente Marcheschi:
“Un autore scomodo”
“Pinocchio è ancora un personaggio del futuro”
“Pinocchio è ancora un personaggio del futuro”
di Linda Meoni
Dentro c’è tutto: la generosità, l’ottusità, la durezza del
lavoro, l’amicizia, gli affetti, il male cieco, persino la malattia. Senza
travestimenti né consolazioni. Ma poi anche tanta avventura e meraviglia, di
quelle che sanno incantare il pubblico dei bambini. E che insieme parlano al
pubblico dei grandi con il gioco della parodie, le citazioni colte. Va a finire
allora che dentro al grande classico che è Pinocchio si ritrovino elementi di Manzoni
o Schiller, dell’opera di Rossini, tracce di Aristotele. È così che si crea la
ragione di un successo planetario senza tempo. Prosegue la lunga galoppata
delle celebrazioni per i 140 anni dell’opera di Carlo ‘Collodi’ Lorenzini,
pubblicata per la prima volta nel 1883, spalmata su un calendario davvero
intenso messo a punto dalla Fondazione nazionale Collodi presieduta da Pier
Francesco Bernacchi e che vede le nostre testate Qn La Nazione, Il Resto del
Carlino e Il Giorno, insieme al portale Luce!, investitedel ruolo di media
partner. Tra le personalità più accreditate per raccontare di quest’opera c’è
la professoressa Daniela Marcheschi, dal 2009 presidente dell’Edizione
nazionale delle opere di Lorenzini, istituita dal Mibac per mettere in luce il rilievo
dell’autore, non solo padre di Pinocchio.
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Perché Pinocchio ha conosciuto un successo simile?
“Si tratta di un’opera rivoluzionaria per la
letteratura tout court che Lorenzini scrive tenendo sempre presente quella che
oggi si chiama ‘dual audience’. I piccoli seguono la vicenda di Pinocchio,
piena di avventure mirabolanti, di incontri meravigliosi e dei più terribili. E
ne traggono educazione perché il male è presentato per com’è, senza
edulcorazioni. Dall’altra parte l’adulto scopre il gioco delle parodie, delle
citazioni colte di cui Pinocchio è ricco. Il tutto in una lingua fluida,
moderna, con forme vernacolo-fiorentine con evidenti influenze dalla Lucchesia.
Si crea dunque una dimensione giocosa riservata ai bambini e alla finezza e
cultura stratificata dei grandi. In Pinocchio c’è l’Italia del suo tempo nei
confronti della quale Collodi era molto critico. Ecco il motivo per cui alla
fine Pinocchio su invito di Collodi non diventa perbene. Qui il finale
satirico. Non dobbiamo dimenticare che Collodi è il principe degli umoristi
italiani”.
Quali elementi di novità presenta quest’opera per il suo
tempo?
“Guardiamo al finale. Il burattino fattosi bambino non
deve diventare perbene perché così facendo tradirebbe l’infanzia e il messaggio
di libertà, avventura e semplicità d’animo proprio di questo mondo. Se ci
pensiamo è un messaggio rivoluzionario, valido ancora oggi. Il Pinocchio ormai
bambino ben vestito, ben nutrito, in una bella casa è uno di quei borghesi che
Collodi pensava stessero tradendo l’Italia. Un personaggio come Pinocchio che
ha tutte e tre le anime di Aristotele, vegetale, animale e umana, diventa
quindi l’emblema dell’essenza e dell’esperienza antropologica. Allora come oggi
perché Pinocchio ha in sé un qualcosa che lo apre al futuro, a lui
contemporaneo”.
Lei ha definito Collodi un autore scomodo. Perché?
“Collodi è stato un intellettuale scomodo per varie
ragioni, riconosciuto subito come il maestro degli umoristi capace di
codificare l’umorismo come noi lo conosciamo e influenzando i più grandi da
Tofano a Zavattini, Guareschi, Savinio, Rodari. Collodi è uomo estremamente
libero, tutto di un pezzo che scrive ciò in cui crede. Attacca il potere
costituito, come fece con il sistema dell’arte del suo tempo, con la
letteratura commerciale di allora. Ha una penna ferocissima. Un personaggio di
straordinario rilievo, coraggio e tempra e per questo scomodo alla cultura
italiana”.
Che cosa fa l’ente da lei presieduto, l’Edizione nazionale
delle opere di Collodi?
“Stiamo recuperando tutte le opere di Collodi,
stabilendone il testo, commentandolo, documentando la storia. Realizziamo
l’edizione filologicamente critica là dove presenti più edizioni di uno stesso
testo. Anche Le Avventure di Pinocchio non è la ripresa dell’edizione critica
del 1983, ma una nuova con un ampissimo commento. Ogni testo di questa edizione
apporta qualcosa di nuovo, sulla cultura di Collodi, le fonti, le caratteristiche
linguistiche, i dati storici gettando una luce nuova sì sull’autore ma anche
sulla cultura letteraria e non solo dell’Ottocento”.
Negli ultimi anni appare sempre più evidente una costante
tendenza alla longevità dell’essere umano. Il miglioramento della qualità di
vita ed i progressi della medicina ci stanno portando ad un ampliamento del
tempo da vivere ed al mutamento delle patologie osservabili: più lunga è la
vita, maggiore è la possibilità che si manifestino malattie dovute al generico
processo di invecchiamento degli organi o al loro esordio tardivo. Questo si
verifica anche per i disturbi della sfera psichica, che trovano nell’anziano un
terreno particolarmente fertile sia per motivi biologici che per motivi
psicologici.
La depressione è probabilrnente il disturbo
psichiatrico più frequente negli individui al di sopra dei 65 anni, sebbene
solo il 25% di essi venga correttamente diagnosticato e pertanto adeguatamente
curato.
La diagnosi di depressione nell’anziano è spesso
difficile anche perché la longevità aumenta il rischio di sviluppare malattie
croniche, legate all’invecchiamento, che possono presentare come sintomo
associato una alterazione dell’umore (per esempio: l’ipotiroidismo, il diabete,
le epatiti, il morbo di Parkinson e l’arteriosclerosi) o che siano in corso
terapie con farmaci che inducono depressione dell’umore (per
esempio:antiipertensivi, analgesici, ansiolitici, antipsicotici,
antiepilettici, antiparkinson, ormoni).
La vecchiaia è un momento delicato e critico
dell’esistenza, in cui può facilmente rompersi quel delicato equilibrio
sociopscicosomatico instauratosi e consolidatosi nel corso del tempo.
Nella realtà contemporanea l’anziano si trova a
vivere in un mondo caratterizzato da numerosi cambiamenti rapidamente
susseguentisi, una realtà quindi continuamente mutevole, sempre più vasta e
complessa, in cui è necessario un continuo adeguamento. La struttura della
famiglia da “estesa”, patriarcale, si è trasformata in
“nucleare”; l’economia, da contadina è divenuta industriale; la
società da rurale si è fortemente urbanizzata. A tutto ciò si aggiunge il fatto
che una “cultura del narcisismo” pervade la nostra società dove il
“mito
del corpo” porta ad una ipervalutazione di ciò
che è giovane, bello e sano, e alla valorizzazione dell’iperefficienza,
emarginandoo chi non regge una forte competitività.
L’anziano si trova così a perdere le
precedenti identità culturali su cui aveva fondato la propria personalità e ad
affrontare un mondo dove non ha più un ruolo preciso.
Una volta il vecchio era vissuto
come il saggio ed il portatore di un’esperienza frutto del tempo, mentre oggi,
in una società in cui vi è una rapida evoluzione delle conoscenze e una
valorizzazione dell’attività e della produttività, egli si trova a vivere un
sentimento di emarginazione. L’accelerazione e il veloce incremento della
quantità di informazioni, insieme alle modificazioni culturali, incidono ulteriormente
sul sentimento di esclusione dell’anziano che si trova ad affrontare queste
condizioni con un apparato sensoriale e cerebrale fisiologicamente indebolito.
Spesso
modificazioni socioambientali, quali stati di difficoltà o perdite significative,
possono precipitare una condizione depressiva. Studi clinici effettuati in tal
senso hanno riscontrato un aumento dell’incidenza di difficoltà esistenziali
obiettive o situazioni di stress nel periodo precedente l’insorgenza della
depressione.
In genere la depressione rappresenta
la risposta ad una perdita reale, potenziale o immaginaria, che si esprime come
pena e rlsentimento nei confronti dell’oggetto perduto, investito di sentimenti
e introiettato nell’Io.
La senescenza rappresenta l’età
delle separazioni e delle rinunce in quanto l’anziano si trova ad affrontare:
sul piano professionale, il pensionamento, con perdita di status, ruolo e
prestigio sociale; sul piano relazionale, l’allontanamento o la perdita di
persone affettivamente importanti; sul piano personale, la diminuzione della
performance psicofisica e sessuale.
Dal 60% all’80 delle depressioni
dell’anziano nascono come conseguenza di eventi di perdita, soprattutto di
persone affettivamente importanti, quali il coniuge, parenti o amici; tali lutti
portano Il anZiano ad una situazione di privazione dei supporti
affettivi e di solitudine, con perdita del ruolo di protezione che essi
potevano svolgere nei confronti della depressione.
Altro importante fattore di perdita è legato al
pensionamento e quindi all’uscita dai ruoli lavorativi in cui l’individuo era
inserito nella società. Tale variabile sembra avere maggiore incidenza nel
sesso maschile rispetto al femminile, poiché probabilmente l’uomo presenta un
investimento affettivo maggiore nello spazio sociale rispetto a quello
familiare.
Tali perdite multiple sono progressive ed arrivano in
un momento della vita in cui solo chi ha più risorse e meno rigidità può
riuscire a sviluppare altre fonti di sufficiente gratificazione.
Molti episodi depressivi della vecchiaia
rappresentano risposte talmente realistiche alla “perdita” da
condurre a volte al suicidio. 01tre i 60 anni i tentativi di suicidio sono
quasi sempre autentici, comportando un’alta percentuale di rischio; il numero di
suicidi riusciti supera i tentativi, situazione opposta a quella osservabile
nei giova-
Risulta così evidente come tutti questi elementi
possano indurre a determinare una condizione generalmente complessa con
difficoltà di adattamento somatico, psichico e sociale.
I cognitivisti sostengono che stili di pensiero
abnormi e rigidi giochino un ruolo fondamentale nel determinismo della
depressione. Colui che è incline all’autocritica e all’autosvalutazione è
convinto che ogni richiesta ambientale sia per lui insuperabile e fraintende
così come le sconfitte le proprie interazioni con l’ambiente esterno. Tali
“distorsioni cognitive” lo rendono vulnerabile anche a stimoli
oggettivamente di scarso rilievo.
Da un punto di vista fenomenologico l’attenzione è
rivolta al rapporto esistente tra depressione e temporalità. Nell’anziano vi è
una contrazione della dimensione temporale, con la tendenza ad orientarsi verso
il passato e la riduzione delle proiezioni nel futuro; ciò condiziona il
pensiero attuale che risulta caratterizzato da contenuti psichici relativi a
rievocazioni piuttosto che a progettualità. L’ideazione assume così un colorito
nostalgico e di rammarico per un passato ormai vissuto e non più recuperabile,
mentre la contrazione delle possibilità progettuali induce una perdita dello
slancio vitale con riduzione delle iniziative e delle attività in genere.
Spesso i sintomi o i segni della depressione non si
manifestano in
modo conclamato, venendo così
facilmente sottovalutati, ritenuti compatibili con il normale processo di
invecchiamento oppure confusi con disturbi legati ad altre patologie.
La frequente difficoltà o reticenza
nel dichiarare la propria condizione di sofferenza, insieme alle
caratteristiche talora atipiche del quadro depressivo e all’idebolimento
fisiologico delle capacità cognitive sono aspetti che possono rendere difficile
un corretto riconoscimento della malattia depressiva.
A volte sono gli stessi anziani che accettano il
disagio psicofisico depressivo valutandolo come inevitabile compagno della
vecchiaia e favorendone così il mantenimento o il possibile peggioramento.
Vanziano tende a manifestare prevalentemente a livello somatico il proprio
malessere e tende a banalizzare o negare la sintomatologia psichica,
privilegiando la verbalizzazione di lamentele fisiche. Si può affermare che il
corpo riprende nell’età avanzata la stessa priorità che aveva nell’età
infantile. Il corpo rappresenta un oggetto concreto da offrire alle cure del
medico e consente di affrontare più facilmente la malattia attraverso un
spostamento del disagio psichico su un piano somatico. Tale spostamento
rappresenta una peculiarità psicologica dell’anziano, in cui l’attenzione sul
proprio corpo deriva anche da un disinvestimento nei confronti dell’ambiente.
Nell’anziano il disturbo dell’umore
si manifesta per lo più con caratteristiche di disforia (malumore, irritabilità
e pessimismo) o più raramente attraverso sintomi di inibizione o di
irrigidimento affettivo. Uno dei maggiori rischi è pertanto quello di
considerare le varie modulazioni della tristezza come un normale stato
esistenziale delI ‘anziano.
I primi segnali indicatori della presenza di un
disturbo depressivo possono consistere in sintomi quali affaticabilità o
mancanza di energia, apatia, perdita di interessi, isolamento sociale.
Nella forma conclamata l’umore è
caratterizzato da sentimenti di disperazione, di ineguatezza, di inutilità e,
nelle forme più gravi (depressione maggiore), possono anche essere presenti
deliri con tematiche di colpa, indegnità, incurabilità, rovina o deliri
somatici. Sono inoltre facilmente presenti alterazioni della sfera cognitiva
quali disturbi della memoria, dell’attenzione, della concentrazione e del-
6
l’orientamento. Spesso, in circa il 75% dei casi,
l’umore depresso si accompagna ad uno stato di irrequietezza o di apprensione,
o addirittura dtansia.
Vi è poi una tendenza a passare da uno stato di
estroversione ad uno di introversione, con ripiegamento su di sé, disinteresse
per le novità, sentimenti di svalorizzazione ed inadeguatezza. Accanto ad una
perdita degli interessi vi è una riduzione del rendimento psicofisico, un
generale rallentamento psicomotorio e del pensiero, con eloquio monotono, lento
e povero.
Molto frequente è la presenza di disturbi del sonno, di
disturbi sessuali (assenza di desiderio, Impotenza), disturbi dell’appetito con
diminuzione o aumento dell’apporto alimentare e conseguente perdita o aumento
di peso.
Caratteristica è sovente la presenza di turbe cenestopatiche, vale a dire un
malessere diffuso e poco definito, associate a preoccupazioni di tipo
ipocondriaco, cioè al timore di essere affetti da una malattia. In alcuni casi
si osserva una depressione in cui sintomi somatici prevalgono su quelli
psichici. Possono così osservarsi sintomi fisici quali stanchezza, cefalea,
stipsi o diarrea, disturbi del sonno, disturbi sessuali, dolori diffusi o senso
di costrizione retrosternale che nascondono la depressione psichica,
configurando la cosiddetta “depressione mascherata”. In casi estremi
l’umore appare addirittura nella norma e le lamentele sono riferite
esclusivamente a sintomi fisici (depressione “sine depressione”). In
questi casi è estremamente importante il riconoscimento della natura depressiva
dei sintomi in quanto solo ciò consente un adeguato ed efficace trattamento.
Nella depressione mascherata non vi è I l assenza
di coscienza della malattia depressiva da parte del paziente, bensì vi è una
difficoltà o una incapacità nel comunicare il sentimento di depressione
attraverso il sistema di segnalazione psichico o verbale. È come se i sintomi
somatici divenissero delle metafore equivalenti alla sofferenza mentale.
Non vi è dubbio che la cultura influenzi le capacità
espressive della depressione. In molte culture viene bloccata l’introspezione e
l’espressione diretta degli affetti tramite il linguaggio psicologico e viene
facilitata la comunicazione indiretta attraverso il canale
somatico. In questo modo, con la trasposizione del
disagio psichico in disagio somatico, viene salvaguardata l’immagine sociale e
viene consentito un aiuto medico altrimenti non concesso e non compreso.
È facile infatti osservare come a volte sia meglio
accettato dai familiari e dallo stesso paziente un sintomo fisico, mentre un
disagio psicologico viene considerato umiliante e non degno di terapia.
Condizioni di generale stanchezza, debolezza, perdita della capacità di
intraprendere nuove iniziative, disturbi della sfera sessuale, alterazioni
della funzionalità di alcuni organi, dolori diffusi o ben localizzati, oppure
incapacità a svolgere le normali attività, vengono più favorevolmente
interpretati come espressione di patologie organiche piuttosto che di un
problema psicologico. Sovente anche da parte degli stessi medici vi è questa
difficoltà, con una tendenza a privilegiare la comprensione e l’intervento
sulla sofferenza somatica piuttosto che su quella psichica.
A volte può accadere che i sintomi della depressione
vengano scambiati per un quadro di tipo demenziale. La demenza senile è una
patologia cerebrale caratterizzata da un progressivo deterioramento delle
funzioni cognitive, quali disturbi della memoria, compromissione
dell’intelligenza, disorientamento, disturbi del carattere, dell’affettività, e
vari sintomi neurologici. Essa ha alla sua base la presenza di chiare
alterazioni organiche, con atrofia del tessuto cerebrale evidenziabile con
esami quai la TAC e la PET.
Alcune di queste manifestazioni possono essere
erroneamente interpretate come segno di un iniziale processo demenziale, in
realtà dovuto ad una situazione di tipo depressivo (pseudodemenza). Il mancato
riconoscimento dell’origine depressiva può così portare ad un errato intervento
terapeutico che non darà risultati significativi e lascerà immutata la reale
causa della malattia. La depressione può essere riconosciuta e quindi
differenziata da una demenza senile, oltreché per gli esami di laboratorio,
anche per il fatto che in genere viene conservata la normale capacità di
elaborazione delle informazioni e quindi dell’intelligenza, verificabile con
opportuni test psicologici.
In conclusione, esiste sicuramente una predisposizione di
base (genetica, biologica o psicologica) alla depressione, che emerge ogni
qualvolta si verifichi una situazione di crisi.
La senescenza, quale periodo di mutamenti, richiede
la capacità di creare nuovi equilibri, compensando le varie perdite (affettive,
fisiche, sociali…) attraverso le proprie risorse personali.
È comunque sempre fondamentale un adeguato
riconoscimento di manifestazioni che spesso vengono interpretate come
espressione del normale processo di invecchiamento o come conseguenza di
malattie organiche. Solo così si potrà scegliere il più appropriato intervento
teèapeutico che consentirà la risoluzione dei sintomi.
A seconda dei casi, si stabilirà l’opportunità di
effettuare una terapia farmacologica con antidepressivi, oppure di iniziare una
terapia psicologica.