LETTERA Dl UN LIBERO MURATORE A PADRE ESPOSITO

LETTERA Dl UN LIBERO MURATORE A PADRE ESPOSITO

Reverendo Padre,

da tempo memorabile non ci siamo più incontrati (20 anni?), ma penso si ricordi di me.

Mi permetto di scriverLe in relazione ad un passo della sua “La Massoneria e l’Italia. Dal 1800 ai nostri giorni”, Ed. Paoline, Roma 1979, 5 Ed. aggiornata. A pag. 530 scrive: Ma non siamo disponibili per ritenere contrafTazioni della massoneria le altre comunioni: quella milanese di Goffredo Sollazzo, quella di Piazza del Gesù risalente a Giovanni Ghinazzi e le altre due che si richiamano alla stessa denominazione, vale a dire quella attualmente presieduta dal gran maestro Casimiro Dolza e quella presieduta dal gran maestro Giuseppe Bellantonio, figlio di Francesco che gli è succeduto… “. Ella avrà avuto, all’epoca, buone ragioni per questa affermazione sulla quale discordo in parte.

Approvo il discorso su PdG retta da Giovanni Ghinazzi, la Gran Loggia d’Italia; non esprimo opinioni sulla gran loggia fondata da Goffredo Sollazzo, i cui affigliati sono confluiti nel 1967 nel GOI; dissento sulle altre due. Casimiro Dolza fu una meteora inventata da Luigi Savona di cui dirò; Giuseppe Bellantonio: mai il padre, Francesco; con il quale ho avuto un buon rapporto per anni — pur discordando al punto da non accettare l’ufficio di gran segretario, lui gran maestro fece il minimo accenno alla affigliazione del figlio ed al suo iter liberomuratorio): il maglietto non è trasmissibile per ‘eredità’, sia pure attraverso una ‘chiamata’ di una gran loggia quale poteva essere quella che lo designò, dibattuta dagli antagonismi Savona/Dolza e Savona/Spinello. Per la conoscenza diretta di alcuni personaggi e per colloqui avuti con Luigi Savona, ritengo che gli eredi di Francesco Bellantonio Savona/Dolza, Savona/Spinello e Savona/G. Bellantonio — siano stati frutto di personalismi

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di Donatello Viglongo

e di lotte intestine… Non sono poi dimentico che Pino Mandalari (aggiunto di F. Bellantonio) si proclamò gran maestro a Palermo.

Mi permetta di mettere a fuoco figure comparse d’improvviso a confondere situazioni già non ben chiare, nell ‘epoca dell ‘affaire Gelli/P2.

Martino Giuffrida, il 5.2.1982, in audizione alla Commissione Parlamentare sulla P2, dichiara: … vantava [Carmelo Spagnuolo] un’iscrizione che era stata fatta dalle truppe di occupazione, qua in Italia, a quanto mi ricordo, perchè lui aveva rapporti o diceva di avere rapporti, tanto che gli giungevano rapporti sulla situazione italiana massonica dall’America. non [mi dissero] perchè non ha un ‘iscrizione regolare… non poteva fare il Gran Maestro…

Per certi documenti a mie mani ipotizzo che Spagnuolo possa essere stato iscritto ad una famiglia della ‘fungaia’, alla stessa, forse, in cui fu accolto Luigi Savona, figura controversa nella Torino degli anni ’60. Nel 1970/71, non (ri)accolto al 320 grado (brevetto 24.3.1947 a firma Corselli, “Massoneria storica italiana”, menzionato da S. Spadaro, Massoneria Scozzese Italiana, pref. di Aldo A. Mola, Bastogi Editrice, Foggia 1983, 1 0 Ed. Milano 1947) nella famiglia Ceccherini —, diede vita a

“Logge segrete” autorizzato, sembra, da un

‘pezzo di carta’ dattiloscritto, firmato ‘Ceccherini’ con .timbri mai apposti dal Gran Segretario e non noto ai più vicini collaboratori di Ceccherini; esibito soltanto in fotocopia dopo il 29.2.1972 ad Italo Letizia ed a tre Fratelli, al momento viventi; quasi sicuramente un fotomontaggio. Non molto tempo dopo, Savona riattivava il “Rito Filosofico Italiano” con patenti discutibili. 1973: Savona non accetta I ‘ unica condizione posta per regolarizzare quel gruppo, interviene F. Bellantonio, Gran Maestro; alla vigilia della (ri)unificazione del 1973, regolarizzò nell’Ordine (decreto 1442/27.6.1973) per il solo vantaggio di ‘incassare’ milioni di capitazioni versate dall ‘astuto Savona e di poter contare qualche loggia in più.

Forse è questo l’iter di Spagnuolo: è sintomatico un carteggio tra Spagnuolo e Savona, Gran Maestro Aggiunto Decano della ‘famiglia’ di F. Bellantonio: Spagnuolo a Savona: 9.11.1977 e 21.1.1978, Savona a Spagnuolo

13.2.1978. Indagato dal Csm per la vicenda Sindona, “Spagnuolo espulso dalla magistratura perché bloccò l’estradizione di Sindona”, G. Guidi, Il Giornale, 8.9.1979; era stato sospeso il 28. I. 1977 dal Csm e privato di funziom e stipendio Bonsanti, M. De Luca, “Finalmente”, Panorama, 8.2.1977).

Giuseppe (Pino) Mandalari, inquisito e ristretto per appartenenza a cosca mafiosa già nel 1974 – G. Lo Monaco, L’Ora, “Commercialista implicato nell’anonima sequestri. Il clamoroso arresto di Mandalari. Si scoprono le fila dell’ Anonima sequestri’ ” “Chi c’è dietro l’anonima sequestri. Strane società dietro l’Anonima Sequestri. La Finanza indagherà sulle ‘immobiliari’ “, “Mandalari scarcerato ma restano le accuse. Libertà provvisoria… Ma le accuse di favoreggiamento nei riguardi di Riina e Bagarella restano” —. Si deve dire che Mandalari fu iscritto alla Famiglia di F. Bellantonio; seguì F. Bellantonio nello scisma di F. Bellantonio che scrive il 24. IO. 1977:

. .ho deciso che durante la mia assenza si affianchino al Fratello Mandalari con la medeSima qualifica di Gran Maestro Aggiungo i Fr. Savona Luigi… “. 11 12.9.1978 F. Nicastro su L’Ora annuncia: “A Palermo lo zenith della scissione massonica”. Si apprende che Pino Mandalari è Gran Maestro. Sulla vicenda Mandalari: La Repubblica il 6, 7, 8.1. 1995;

Avvenimenti supplemento 1.2.1995: “Dossier Mandalari”. Mafia, politica, massoneria. I testi integrali delle intercettazioni”; Narcomafie, febbraio 1995: S. Bonsanti, M. De Luca e C. Stajano: “Una faccenda italiana. Mafia e massoneria: la rivoluzione in Sicilia. Il caso Mandalari “(25 pagine). Non erano vicende nuove: si sapeva pressoché tutto da 2() anni. Ma ora incombevano le elezioni.

Nell’ambito della vicenda Sindona i media hanno dato grande spazio al personaggio Miceli Crimi, medico italo americano che creò un alibi ‘sanitario’ a Sindona. Fu da tante (tutte, forse) parti definito ‘massone’. E ora possibile affermare che Miceli Crimi appartenne ad un gruppo comunque in quei giorni noto: lettera 22.6.1976 di Pietro Muscolo, Gran Maestro del grande oriente italiano’ che ebbe il ‘geniaccio’ di procurarsi una sede nello stabile di Piazza del Gesù 47: hai dato recentemente disposizioni al nostro Luogotenente Miceli Crimi…

Ed a questo gruppo risulta aver appartenuto anche Giuseppe Dionigi, forse, in copertura alle ‘logge segrete’ del Savona, ma gratuitamente assegnato dai media a logge del GOI in una sede delle quali — già loggia segreta fu poi ‘scritto’ nel piedilista.

Credo fosse doveroso chiarire la posizione di questi personaggi a Lei, ma anche e soprattutto ai tanti italiani, e non, impediti a leggere le precisazioni e le smentite mai pubblicate dai media sulla collocazione, fuori delle componenti ‘storiche’ della Libera Muratoria italiana di uomini ‘sbattuti e dibattuti’ per mesi sulle prime pagine.

Furono, queste formazioni spurie utili soltanto al loro Inventore. .. come giustamente Lei scnve in nota 8 a piè di pagina 544.

A sua disposizione, quando crede. Con viva cordialità.

Donatello Viglongo.

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IL PROLOGO GIOVANNEO

IL PROLOGO GIOVANNEO

Uno dei tanti miti passati anche alla Massoneria è quello di Giano, il dìo dall’aspetto bicefalo, di probabile derivazione orientale, il cui culto fu creato da Numa Pompilio (VI sec.a.C.), con il nome di Ianus Geminus, col quale fu istituito l’anno solare e dunque il primo mese: Ianuarius, appunto il mese di Giano, “il dìo degli inizi”. lanus etimologicamente è stato oggetto di varie interpretazioni, dall’identificazione con il Sole insita nella radice indoeuropea “dey”: brillare, all’assimilazione con “janua”: porta e con il verbo lat. “ire”, corrispondente al sscr. “yana”: cammino, che rimanda ad un’idea di movimento e di passaggio, laddove il duplice aspetto si riferirebbe alla doppia funzione di apertura e di chiusura della dimensione spaziotemporale, implicando dunque l’idea sottesa di un cardine immobile, costitutivo del “terzo volto”, quello nascosto, simbolo dell’eterno presente, da cui il flusso temporale nei due sensi del passato e del futuro. Ianus è dunque correlabile all’ antica concezione di “geminus”, connotante i due aspetti del tempo, le due porte: dell’inferno e del paradiso, le due facce d’Oriente e d’Occidente, riferibili ai due solstizi, rappresentativi del cammino del sole. Giano dunque quale “axis mundi”, cardo anni, ad indicare il solstizio, ossia il punto celeste cardine della ruota cosmica. Da tali correlazioni emerge un duplice riferimento, ad una tradizione cioè solare ed iniziatica.

È noto d’altronde anche il riferimento di Virgilio alle porte del Tempio di Giano dell ‘ Argileto, che venivano aperte quando Roma entrava in guerra e chiuse quando entrava in pace, da cui l’idea di “renovatio”, di rinnovamento.

Per tali aspetti simbolici e per le correlazioni etimologiche, ecco che [anus si presenta a noi trasmesso nella tradizione “ioannita”. Hannà, J.ohan, Ioannes, Giovanni. Giovanni bifronte: Battista ed Evangelista a scandire l’alternanza solstiziale massonica. Giovanni viene rappresentato dalla tradizione ioannita come “la gran-

di Roberta Belluati

de aquila dalla vaste ali c dalle ampie membra, ricca di piume di vario colore, che venne al Libano e prese il midollo del cedro, strappò la cima dei suoi rami e li trasportò in terra di Canaan.” (Ez.17,3-4) Analogamente al volatile regale, in grado di guardare direttamente la luce del sole,emblematico dunque dell’intelligenza intuitiva, Giovanni dalle profondità dei misteri divini coglie direttamente il Verbo e lo manifOsta, irradiandolo agli uomini sulla terra.

Giovanni Evangelista, il discepolo che Gesù amava, che riposò sul suo petto, fu testimone oculare dei fatti che racconta e trasmette attraverso una delle prime comunità cristiane:” Questo è il discepolo che rende testimonianza su quei fatti e li ha scritti.” (Gv.21,24).

E Giovanni Evangelista testimonia di Giovanni Battista: “Venne un uomo mandato da Dio, ed il suo nome era Giovanni… Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.” (Gv. I ,6-8).

È la metafisica della luce dunque a collegare i due Giovanni ed il Prologo ai primi versi del Genesi: “la Luce Vera” (Gv. I -8) e “la luce del Principo” (Gen. I -3). Principio traduce infatti l’ebraico Bereshit: “In Principio”, in cui Dio disse :”Sia la Luce. E la Luce fu”. Luce-non luce, in quanto si tratta dell’origine della luce, “luce prima” della creazione, quella “nascosta” del “giorno uno” o del “giorno dell’Uno” (Rashi), anteriore al cielo, all’acqua ed alla terra, anteriore ai grandi luminari del sole e della luna, regolativi del giorno e della notte.

Analogamente alla “Ince” di Giovanni, l’interpretanone del Genesi di Rashi, ispirata all’antico Midrash, fonte della stessa tradizione ioannita, pone all’ inizio del testo, non “l’Inizio”, ma “la Parola creatrice di luce”, indicando in tale Principio non un ordine cronologico, ma un atto unitario. Principio dunque non equivale ad Inizio, pur contenendo ogni inizio. Principio dunque come Parola di Luce.

Secondo la sinestesi biblica la luce è percepita contemporaneamente come suono, parola: “Davar”, che in ebraico designa la cosa ed è al contempo la cosa stessa. in quanto “illuminatï’ dalla parola . In questo senso dunque, Davar, il Logos, il Verbo “si fece carne”. in quanto parola di vita, “luce che splende nelle tenebre” (Gv.l.5) Il Verbo infatti “era nel Principio” (Gv. l , l ): “ciò che è prodotto o che procede da qualcosa è prima di tutto in esso, preesiste in esso come seme, come potenza.” (Eckhart)

“Il verbo era Dio ‘. (Gv. 1,1 ) Tale seme-parola contenuta nel Principio, dice, annuncia ed enuncia ciò da cui procede, in quanto è in esso. ad esso simile ed al contempo distinto. Contemporaneamente l’identico ed il diverso. Così è l’uomo, a sua volta identico c diverso dal suo simile ed ad esso irreversibilmente legato, con esso fondamentalmente in relazione. La relazione è ciò che è “ln Principio”, come principio di relazione. Afferma il Genesi Rabbà (l, l ) ‘”In Principio significa “per amore della Torah” che è chiamata “il principio della sua via”‘ (Prov. 8.22.) Dunquc si tratta del Principio di relazione. del Principio d’ Amore. La patticella “Be” di “Be-Reshit” (letteralmente :”In-Principio)9 significa infatti, sia “in” che “per amore di

L’ Atto Primo è quindi Atto d’ Amore, nell’accezione ebraica di “Hesed”: grazia, sovrabbondanza. carità, da cui si puo tornare peraltro al significato del nome di Giovanni, attraverso il sistema combinatorio delle associazioni etimologiche radicali. proprio dell’ermeneutica midrashica. La radice ebraica “hnn”, in forma nominale, ricorre nei sostantivi “hen”: favore, grazia, e ‘-hanninà”: misericordia, e viene tradotta in greco dai Settanta, con “caris”: carità. Amore, Misericordia, Carità. “Hnn” è anche radice del nome proprio: “Hannà”. da cui Giovanni. Il nome di Giovanni verrebbe così a corrispondere al” “annuncio dell Amore”. Amore quale Atto Primo del Genesi, reiterato nel Prologo, ad indicare la creazione continua

della vita, un Unico Alto Amore, in quanto ‘ln Principio”. Amore dunque quale principio

vitale di relazione, da cui l’indivisibile coppia prima: “10-Tu”, l’identico ed il diverso, insieme dalFOrigine. Ne segue il “Facciamo l’uomo’ dell’Antico Testamento Gen. I ,26) e l’analogo “Non fare agli altri… Fai …Ama il prossimo tuo come te stesso” del Nuovo Testamento, in quanto la molteplicità è nell’Unità, gli uomini nell’Unico Uomo Universale ad imago Dei. Tale Uomo.Verbo, se è sempre “ln Principio”. “sempre nasce e sempre è nato”, afferma Echkart. A suffragare tale affermazione la frase: ”In Principio era il Verbo” del Prologo, rivela l’influsso ebraico nell’uso del verbo essere, il cui imperfetto può al contempo indicare sia I ‘azione del futuro che quella del passato, rotazione resa possibile dall’ aggiunta della particella inversiva ”waw”, corrispondente al punto nascosto, al cardine centrale: l’eterno presente, l’istante di ogni attimo, il Centro ovunque. in riferimento al quale la vita appare essere continua.

E così allora che “In Principio era il Verbo” o “Il Verbo era nel Principio”, si danno come due possibili traduzioni, ad indicare rispettivamente le due dimensioni della temporalità e dell’eternità, l’una generando e contenendo l’altra, in virtù della Parola che sempre È, la quale, come afferma la Torah (la Parola per eccellenza), “è strumento di lavoro del Santo” (Bereshit Rabbà l). La Torah. in quanto Parola, era infatti al suo fianco nell*opera della creazione, come “Amon’ come “Architetto dell’Universo”, (Prov.8,3 0).

La tradizione giudeo-cristiana ioannita si ricongiunge così alla tradizione massonica.

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IFIGLI DELLA VEDOVA

I figli della vedova di Giuseppe Scaglia

Il Piemonte, da sempre, è il laboratorio nel quale prendono vita iniziativc culturali, sociali, politiche, economiche, che aprono la strada, e le menti, a veri e propri terremoti ideologici e di costume.

Non sto a ricordare che da noi è nato il cinema, che dal profondo delle barriere torinesi mossero le prime giuste rivendicazioni operaie alla fine del secolo scorso; che i primi scioperi, dopo vent’anni di oppressione fascista, presero avvio dalle officine della FIAT “Lingotto” nel 1943; che è dalla “Regal Torino” che due giovani intellettuali, uno piemontese di nome Gobetti, l’altro sardo, chiamato Gramsci, all’alba degli anni ’20 di questo secolo, idealizzavano una loro “Città del sole” in un “Ordine nuovo” liberal-socialista.

E potrei continuare!

Non c’è, quindi, da stupirsi che anche la Libera Muratoria abbia seguito il medesimo destino.

Già verso la metà del ‘700 alcune logge, tra le prime nella penisola, erano presenti in Torino, ma è soprattutto nel corso del successivo XIX secolo che l’attività latomistica ebbe rigoroso sviluppo nelle terre del Re di Sardegna, cosicché non era certo strano ritrovare tra le colonne i più bei nomi della politica, della scienza e della cultura subalpine.

Molti furono i letterati che indossarono guanti e grembiulino e, tra essi, un posto particolare lo riveste Luigi Pietracqua. Nato a Voghera nel 1832, e morto a Torino nel 1901, fu collaboratore di alcuni tra i più prestigiosi quotidiani dell’epoca, dalla “Gazzetta del Popolo” alla ‘Gazzetta Piemontese” (l’odierna “La Stampa”), al “Fischietto” di cui fu anche direttore.

Fecondo autore di testi teatrali (“Le sponde del Po”, 1862 / “El pover paruc” / “Nona Lucia”, 1872 / “Le fije povre”, 1881), rivestì un ruolo singolare nella letteratura regionale per i suoi numerosi romanzi in “lingua” piemontese tra cui citerò “La coca del gamber” “Don Pipeta l’asilè’ “1j misteri ed Vanchija”, “L’ultim dij Castelvert’ , “La bomba ed via Arsenal” ecc.

Convintissimo massone, non fece mai mistero della sua appartenen-

za alla libera muratoria e, specialmente in “Don Pipeta” e ne “1j misteri ed Vanchija”, la sua profonda vocazione alla libertà, il suo innato istinto di libero pensatore eternamente in lotta contro la prepotenza ed il sopruso liberticida (assai spesso rappresentato dall’inquisizione ecclesiastica che, a Torino, aveva la sua tristemente nota sede presso la Chiesa di San Domenico in via Milano) vengono prepotentemente a galla.

L’iniziazione massonica

Un intero capitolo viene dedicato, in “Don Pipeta l’asilè”, alla descrizione accurata della cerimonia di iniziazione come veniva condotta verso la metà del ‘700, epoca in cui l’autore situa la trama del romanzo.

La vicenda pone in rilievo il ruolo storico della Massoneria come opposizione “liberale e libertaria” all’assolutismo politico e religioso. Su tutto, l’inquietante ombra dell’lnquisizione sempre pronta a colpire come eretico chiunque palesasse quelle idee di libertà, uguaglianza e fratellanza che tanto disturbavano il potere costituito (politico e religioso).

Il protagonista, appunto Don Pipeta l’asilè, ha avuto l’intera famiglia sterminata dai birri dell’lnquisizione ed ha trovato nella Libera Muratoria non solo l’approdo ideale, ma anche l’appoggio, la solidarietà, la forza che lo ha aiutato a superare le tristi avversità. Chiaro che il nostro faccia, come diremmo oggi, del “proselitismo’ e cerchi di avvicinare alla Massoneria persone che, per ideali, stile di vita e comportamento diano a vedere di esserne degni.

Oltretutto, vista l’epoca ed i rischi che correva chiunque indossasse grembiule e guanti bianchi, i “profani” dovevano anche essere dotati di notevole coraggio e di sprezzo del pericolo e, quindi, a maggior ragione individui “sicuri’ .

Nel racconto tutto ciò è ben evidenziato dalla narrazione della cerimonia iniziatica che, aldilà dell’aspetto rituale, sottoponeva il candidato a vere e proprie prove che richiedevano sangue freddo e nervi saldi e ciò proprio, ripeto, per la necessità di non avere, tra le proprie fila, persone pronte a cedere al minimo spirar di vento. La narrazione inizia col “prelevamento” del neofita, dal piemon-

tesissimo nome di Stefano Borello, al proprio domicilio da parte di due “Fratelli” (uno dei quali è il già citato Don Pipeta) che, dopo aver brindato col profano, iniziano con il farsi consegnare gli “ori”. I tre si avviano nel buio della notte, ben attenti a non farsi scoprire dalle ronde dei birri, e, dopo una ” …buona mezz’ora di marcia, si sono trovati sui bastioni della cittadella”.

A questo punto Don Pipeta, tratto un fazzoletto dal taschino, benda gli occhi del sempre più spaurito Borello e ricomincia il “viaggio’

” …che viaggio lungo e complicato, che non finiva più. Per un po’ han camminato sulla strada, poi sembrava che entrassero sotto un ponte… perché i piedi avevano cessato di camminare sull’umido e adesso camminavano sull’asciutto e sembrava che la volta rimbombasse sotto i passi di tutti e tre…

Stefano, atterrito, ha la tentazione di interrogare i suoi compagni d’avventura, ma, accorgendosi che tutto il tragitto è stato compiuto senza che una parola gli sia giunta, decide di resistere anche se la paura dell’ignoto lo attanaglia vieppiù.

Dopo un altro quarto d’ora di marcia ecco il terzetto giungere ad un primo “blocco”: il nostro impaurito profano sente come un brusio di fondo, un altro rumore come di armi, e poi una voce tonante intimare il “Chi va là!’

“Figli della vedova” è la risposta… e si va avanti.

Si, ma dove?? Stefano, sempre bendato, deve totalmente affidarsi alle sue guide, anche se, ad un tratto un terribile rumore di cascata sembra assordarlo sempre più.

Il rumore si fa via via più forte, via via più vicino, sempre più insopportabile e l’angoscia sale a tal punto che il nostro povero Borello sviene.

Rinviene… ed ora lo scenario è mutato. Ogni rumore è cessato ed il profano, sbendato, si trova in una stanzetta debolmente illuminata, senza porte né finestre, unicamente arredata da due sedie ed un tavolino con l’occorrente per scrivere.

…ma, vicino al calamaio, cosa che non aveva niente di rassicurante, c’erano un teschio ed una spada…

Il profano fa appena tempo a chiedersi, ad alta voce, dove si tro-

vi che ottiene immediata risposta da una “lunga figura nera ed incappucciata” che gli dice “sul limitare del tempio della luce! “

Costui, con tono imponente, gli chiede se veramente sia deciso ad “entrare nel tempio” ed avendone avuta timida conferma, ordina al timoroso Borello di scrivere il suo testamento, dicendogli: “l’uomo, al nascere, acquista tre debiti forti e sacrosanti… il primo verso Dio, il secondo verso se stesso, il terzo verso i propri fratelli… ebbene bisogna che tu scriva in che maniera intendi soddisfare a questi tre debiti! “.

Datagli mezz’ora di tempo, la “figura in nero” torna a prendere il testamento e sparisce, di nuovo, alla vista.

Dopo un paio di minuti un’altra figura incappucciata gli si presenta innanzi, torna a bendargli gli occhi e, qui, ricomincia un tortuoso e lungo peregrinare accompagnato da rumori sordi, da grida d’aiuto, da clamori di spade che s’incrociano, da ostacoli tali che, a volte, è quasi costretto a strisciare per terra, a camminare a quattro gambe e così via.

Infine una voce tuonante ingiunge un fortissimo “basta! “

“Dove va questa carovana?”

“In pellegrinaggio per trovare la luce! “

“Chi la compone?”

“Due veri seguaci d’Hiram ed un profano! “

“E cosa vuole questo profano? “

“Entrare sotto gli auspici della vedova! “

“E si è preparato?”

“Ora non ha più ori con sé ed i suoi sentimenti li ha scritti su una

“Però la sua gamba sinistra è ancora calzata! “

“Aspetta solo un ordine del fratello terribile per scalzarla! “

“Avanti! “

Dopo questo dialogo, “svestita” , diciamo così, la gamba sinistra fino al ginocchio, il profano viene fatto sedere su una poltrona, che improvvisamente, sembra precipitare nel vuoto.

Poi la poltrona si ferma, il nostro eroe risente, sotto i piedi, la terra, ma la sua tranquillità dura assai poco.

Di nuovo la voce imperiosa di prima, quella del Venerabile, gli chiede cosa desideri più ardentemente ora.

Il neofita chiede, quasi con disperazione, di essere liberato dalla benda che gli impedisce di vedere la luce. “E sei persuaso che, anche se ti liberassimo delle bende, potresti qui vedere la luce?’

Il Borello non risponde, ed ecco che gli viene tolta la benda! Ma, quale terribile sorpresa! , L’oscurità più fitta lo circonda! Solo un piccolo punto luminoso resta e lì, guardando attentamente, il profano vede una lunga fila di persone vestite con candidi mantelli che gli sorridono.

Non fa in tempo a rasserenarsi che, subito, lo spettacolo cambia totalmente: stavolta si tratta di una terribile processione di scheletri e cadaveri mutilati e straziati.

Pronta arriva la spiegazione del Venerabile che gli ricorda ciò che ha visto ammonendolo sulla triste fine che aspetta chiunque iniziato, tradisca l’organizzazione.

Dopo un terzo viaggio, anche stavolta accompagnato da un forte rumore di cascata che via via va attenuandosi, finalmente il profano riceve la “mezza luce”.

Ma l’iniziazione non è ancora terminata.

“Ora, o profano — aggiunge il venerabile — dovrai con noi assistere al funerale d’Hiram!

Infatti ecco apparire, in mezzo alla sala, una specie di apparato funebre con tanto di catafalco e torce nere, sul quale il povero Borello vede a malapena una serie di strumenti tipici dell’arte regale: squadra, compasso, maglietto e, tra loro, un ramo d’acacia.

Due fratelli conducono il postulante vicino alla bara e lo fanno inginocchiare verso il trono del Venerabile: a questo punto, dal feretro, s’alza una specie di “spettro” (che vorrebbe rappresentare il maestro Hiram Abi) che, a palma distesa, batte tre colpi sulla schiena dell’iniziando.

Questo era veramente troppo!

Stefano Borello si volta e, con un grido soffocato, cade mezzo svenuto a terra.

Ma è l’ultimo ostacolo: fatto rinvenire, il profano viene, finalmente, condotto nel tempio ove riceve la “luce”.

E lo spettacolo, ora, è completamente mutato! Più nessun apparato funebre… “La sala sembrava, come per incantesimo, totalmente cambiata per quanto brillava tutt’intorno di ogni ornamento simbolico! Tutto aveva un’aria splendida, imponente maestosa… A cominciare dal trono del Venerabile che sembrava un altare rilucente d’oro e porpora… Tutti i fratelli avevano deposto i cappucci e si presentavano solo più con le loro rispettive decorazioni ed insegne che formavano un bellissimo e variopinto quadro d’insieme… “

Il resto è cronaca, direbbe qualcuno… il profano, fatto avvicinare all’ara, viene consacrato ufficialmente “framassone” dal Venerabile che lo inizia a “fil di spada” e gli fa indossare grembiule e guanti. Una triplice batteria dei fratelli chiude la cerimonia.

Commento finale

Indubbiamente la narrazione, di cui ho volutamente fatto un riassunto condensato, tralasciando particolari sui vari viaggi, che comunque chiunque può comodamente leggersi acquistando il libro, seppure per forza di cose “romanzata” è comunque un Interessante documento su come venivano iniziati i nostri fratelli duecento anni orsono.

Oggi una cerimonia di tal fatta, che senza dubbio, doveva durare, presumo, tutta una nottata non avrebbe più senso, però credo che, ugualmente, qualcosa ci possa insegnare.

Fortunatamente i tempi oscuri dell’lnquisizione sono finiti ed i massoni non rischiano più di abbrustolire a fuoco lento su di una pira in piazza Castello additati al pubblico ludibrio come “servi del demonio” e, quindi, non è più necessario che il profano giuri segretezza a scapito della propria gola, tuttavia anche ai giorni nostri la cerimonia Iniziatica deve essere intesa in senso esatto.

E ciò non tanto dall’iniziando, che chiaramente non può capire nulla di quel che sta accadendo, ma da chi l’iniziazione stessa conferisce, principalmente da chi si fregia della maestria.

Perché, purtroppo, m’è capitato di sentire alcuni profani sbuffare di noia durante la cerimonia, come se tutto fosse scontato ed inutile.

Chiarisco: ritengo sia naturale e logico che chi entra tra di noi voglia informarsi sull’iniziazione (e le librerie abbondano di testi che ne descrivono ampiamente tutti i particolari!), ma in tutti i casi l’esperienza, il vissuto deve travalicare ogni lettura: perciò credo sia compito di chi “inizia” far vivere al profano sensazioni, esperienze ed emozioni tali che non possa più scordarsi il primo passo.

Per questo è indispensabile che noi per primi si sia convinti di stare facendo qualcosa di grande, di stare effettivamente dando la luce ad un nuovo fratello, di contribuire a diffondere sempre più i nostri alti ideali.

Questo e non altro deve essere, a mio avviso, il senso dell’iniziazione: l’apposizione di un nuovo mattone nell’edificazione continua del tempio.

Ecco perché anche un racconto letterario, se colto nel suo profondo aspetto ideologico-simbolico, se vissuto quasi con totale identificazione, può e deve essere uno sprone, un aiuto, un invito a diventare, ogni giorno di più, dei veri liberi muratori.

Nota bibliografica

LUIGI PIETRACQUA, Don Pipeta l’asilé, Romans storich popolar, Viglongo & C. S.r.l., Torino, 1976 (ln lingua piemontese).

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LA RELIGIOSITA’ DELLA MASSONERIA

La Religiosità della Massoneria di Elio Ambrogio

In loggia, per antico precetto, non si parla né di politica né di religione. Ed è giusto dal momento che si tratta di due esperienze umane che — assai più che all’unità — hanno spesso portato alla divisione fra gli uomini, anche a divisioni cruente e sanguinose. La Massoneria è invece unione ideale, catena solidaristica, forza centripeta, potenza sintetica e unitiva di uomini, donne, idee e sentimenti.

E stupisce come la religione, la cui origine semantica è nel verbo religare” , riunire, si sia invece dimostrata molto spesso forza di aspra divisione.

In realtà, il significato tradizionale della parola “religione” rimanda non tanto ad una unione fra uomini che condividono le stesse credenze e gli stessi culti ma piuttosto ad una unione fra il mondo materiale e la sua origine divina, fra l’uomo e il suo principio spirituale, fra l’anima sola e triste dell’uomo e la sua originaria felicità primordiale quando ancora non era separata dal tutto.

Fra i vari possibili significati del termine “religione” forse proprio quest’ultimo può essere assunto come più produttivo per il nostro discorso: la religione come riunione dell’anima individuale con una realtà più vasta, più profonda, più filosoficamente “vera .

 the dewdrop slips into the shining sea”. La goccia di rugiada scivola nel mare splendente, come dice sir Edwin Arnold a conclusione del suo poema sulla Luce dell’Asia. La coscienza individuale si confonde e si perde nella luce più grande della divinità, riunendosi alla sua origine. E ciò al di là di ogni culto, di ogni chiesa, di ogni sacro testo, di ogni predica, di ogni umana e storica divisone. L’esperienza religiosa è quella in ogni tempo e luogo: è l’esperienza della riunificazione con qualcuno o qualcosa che ci trascende.

Certo, questa è la verità dell’esperienza religiosa, è la sperimentazione suprema dell’identità divina, e come tale riservata a pochi spiriti fortunati. “In questa potenza”, scrive Meister Eckhart, “Dio incessantemente verdeggia e fiorisce in tutta la gioia e in tutto l’onore che egli è in sé stesso. Qui la gioia è così intima, la gioia è così ineffabilmente grande che nessuno riesce ad esprimerla” (Prediche, In67

travit Jesus in quoddam castellum). Nelle parole di tutti i grandi spiriti, l’esperienza religiosa più alta ha accenti straordinariamente simili e concordi. Al di là di fedi e chiese, la loro esperienza — solo in parte comunicabile — non si contraddice.

Esiste poi una esperienza religiosa più umile, più terrena e quotidiana. Esiste il desiderio di ogni uomo e di ogni donna di ‘ appartenere” a qualcosa di più grande, anche se questo qualcosa non è la Realtà Ultima. Esiste l’umanissimo e diffusissimo desiderio di non essere soli, di non vivere perennemente nella piccola cella della propria individualità. Esiste il desiderio di sentirsi parte di un grande corpo” di un “piano”, di un “processo”, di un “divenire”. Ecco allora le moderne Religioni dell’Umanità, quelle religioni che non propongono più l’unione mistica c cosmica con la realtà fondamentale dell’universo, ma più semplicemente l’appartenenza ad un disegno evolutivo dell’uomo o della storia.

Il Cristianesimo, dopo le altezze metafisiche raggiunte nel Medioevo, ha finito per offrire più semplicemente un disegno di salvazione di cui si può entrare a far parte per mezzo della fede e dell’amore reciproco. Gli ideali rinascimentali hanno invece proposto una salvezza per mezzo della conoscenza e della bellezza. L’utopia socialista e comunista ha regalato a generazioni e generazioni di uomini e donne, il sogno di un paradiso terrestre storicamente raggiungibile mediante il rivolgimento delle strutture sociali ed economiche. L’idea ecologista fa rilucere alle menti e ai cuori di una umanità che si affaccia al terzo millennio la visione di un uomo riconciliato con la natura e ad essa amorevolmente ricongiunto. E ancora, i nostri tempi vedono nascere e crescere una pluralità di sette più o meno innocue, più o meno infantili, più o meno razionali che offrono una identificazione col gruppo che li produce. In tutte queste fenomenologie il senso dell’appartenenza a qualcosa — al gruppo stesso, al pensiero o al progetto storico — è fortissimo.

In che cosa la Massoneria è diversa da tutto ciò? E in che cosa è simile? E, più in generale, la Massoneria può inserirsi nel grande fenomeno dell’esperienza religiosa?

Io credo di sì, a patto che della parola “religione” si faccia un uso corretto.

Intanto c’è sempre stata e c’è una massoneria mistica. E la radice più profonda e l’ala più antica della casa massonica. E la massoneria esoterica e sapienziale anteriore al 1717 che affonda le sue radici nel templarismo e nella cabala, nel rosicrucianesimo e nell’alchimia. E la Massoneria di cui poco si può dire perchè è mitica e leggendaria. I suoi segni e la sua venerabile identità però compaiono e ci parlano ancora oggi nel grande complesso di simboli e riti che i liberi muratori utilizzano quotidianamente e assiduamente. E una massoneria difficile e affascinante, per spiriti forti e non convenzionali, che anche dopo l’anno della “storicizzazione” – il 1717 – ha continuato a sopravvivere in maniera minoritaria ma vivace in personaggi come Guénon, Canseliet, Fulcanelli. È la “massoneria della mente e del cuore” di cui ha scritto recentissimamente Alberto Cesare Ambesi nel suo “I maestri del tempio” (Ed. Terziaria, 1995): una massoneria che non rinuncerà mai alla realizzazione dell’Uomo Cosmico, dell’Adamo Primigenio di cui parla la tradizione sapienziale.

Ma c’è anche la massoneria che, molto più concretamente, coltiva la Religione dell’Umanità, una tradizione tipicamente illuminista c positivista. E la massoneria del XVIII e del XIX secolo: un sodalizio di uomini colti e illuminati che crede profondamente nel progresso della società a patto che si possano impiantare in essa i grandi valori della libertà, della fratellanza e dell’uguaglianza. E la massoneria delle rivoluzioni borghesi, delle due rivoluzioni industriali, è la massoneria che crede al positivismo di Comte e al socialismo umanitario di Turati, è la massoneria risorgimentale e garibaldina, è la massoneria romantica che crede al destino dei popoli e che combatte l’oscurantismo cattolico di Pio IX, è cioè la massoneria “progressiva”, religiosamente fiduciosa nelle capacità razionali e morali dell’uomo e nel suo destino di libertà civile e di giustizia sociale. Il suo scopo è sempre stato veementemente politico: creare classi dirigenti aperte e liberali in grado di reggere la sfida della modernità. Da Washington a Nathan, da Churchill a Rabin, da Garibaldi a Roosevelt è sempre stata una massoneria religiosamente laica, attiva e dinamica, pragmatica e operativa, assolutamente convinta che la loggia sia l’anticamera della grande politica illuminata, la fucina dove si forgiano gli strumenti muratori per costruire la Città del Sole, qui e adesso.

C’è ancora quella che vorrei chiamare la “massoneria intimista ” , la massoneria di chi nel tempio cerca quella pace e quell’atmosfera di serena riflessione e intimità che il duro e convulso mondo profano non offre. È la religione dell’interiorità. Quella religione che nei secoli ha sempre spinto gli uomini e le donne più sensibili e miti a cercare luoghi dove i pensieri e i sentimenti potessero snodarsi, comporsi e crescere con armoniosità. E la massoneria un po’ monastica della condivisione fraterna di esperienze e di ricerche interiori, è la massoneria della penombra, delle atmosfere, dello scambio profondo ma gentile delle parole di saggezza che ognuno porta con sé e che ognuno vuole offrire agli altri fratelli. E anche questa è una massoneria dell’appartenenza: dell’appartenenza agli altri fratelli. Una massoneria forse meno ardita sotto il profilo spirituale, meno impegnata nella costruzione di una società ideale all’esterno, ma ugualmente forte sotto il profilo di quella crescita umana che resta sempre e comunque a fondamento della Libera Muratoria.

Esiste dunque una religiosità massonica?

Personalmente credo che là dove c’è un uomo che cerca una verità, là c’è anche una religiosità. Là dove c’è un uomo che vuole perfezionarsi, la c’è anche una religiosità. Là dove si coltivano cose preziose, là c’è anche una religiosità. Là dove uomini e donne cercano appartenenze più vaste — appartenenze divine, cosmiche, umane, storiche, ideali — là cioè dove uomini e donne cercano di uscire dalla propria piccola individualità per riconoscersi come parte di qualcosa di più grande e di più alto, là c’è religiosità.

L’importante è che non nasca una Religione della Massoneria, ma continui ad esistere una Religiosità Massonica. Cioè quel soffio gentile che alita nei nostri templi c che non si può prendere e incanala re in dogmi e in forme e strutture materiali ma che, come dice quella Bibbia che teniamo sui nostri altari, soffia dove vuole. Una religiosità libera e sottile che non è nient’altro che quella perpetua nostalgia di verità e di perfezione che gli uomini e le donne si portano dentro da sempre.

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SCUSATE LA LUNGA ASSENZA

Scurate l’assenza. Sono tornato aggi dall’ ospedale.  Sono reduce  da un infarto e  un grave enfisema polmonare. Considerati  i miei 92 anno . si dice sia un miracolo  che sia ancora vivo. Dopo  oltre 20  giorni in  terapia in tensiva  in  cardiologia, sono, in pessime  condizioni, ma di nuvo  qui con  voi ,. Appena starò  un poco meglio riprenderò il mio solito lavoro. Scusatemi  e a presto

Un affettuoso TFA a tutti

GIORGIO

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RISCOPRIRE DANTE

RISCOPRIRE DANTE

(Per gentile concessione della rivista “Sotto il velame”) di Renzo Guerci

Si può ancora riscoprire Dante? Dopo secoli e secoli caratterizzati da una sterminata e minuziosa esegesi sull’opera del Sommo Poeta, esiste ancora un territorio poco esplorato?

Il punto di partenza è costituito dal presupposto che possa esserci una lettura diversa, se vogliamo “alcune” letture diverse, rispetto a quella per così dire ufficiale, quella che possiamo chiamare storico-letteraria, validissima a pieno titolo, ma incompleta, non sufficiente.

Riscoprire Dante è come aprirsi ad un mondo immenso, ad un paesaggio sterminato, è come ritrovare un mare di cose là dove sembrava di aver ormai trovato tutto.

E farlo in chiave esoterico-simbolica è un grande progetto, una sfida profonda e allettante poiché la Divina Commedia è la summa dell’esoterismo cristiano o più in generale dell’esoterismo occidentale e non soltanto di questo perché, a voler scavare con pazienza e con spirito libero, potremmo trovare frammenti e luci anche di altre saggezze e conoscenze.

Il primo ad avvertire l’esigenza di una più ampia visione interpretativa del poema dantesco è Ugo Foscolo. Nel 1818 in un saggio sulla Edinburgh Review, paragonava il poema dantesco ad una intricata e affascinante foresta, in cui una strada era stata tracciata ma “la maggior parte di questa foresta è ancora, dopo le fatiche di cinque secoli, avvolta nella sua primitiva oscurità”. E confessava nello stesso anno ad un amico: “credo di aver scoperto una terra sconosciuta sino ad ora

Nel suo “Discorso sul testo del poema di Dante” del 1825, egli vede nella Commedia il bando di una rinascita cristiana del mondo, di una revisione evangelica della Chiesa, della quale peraltro accetta i dogmi e la gerarchia.

La Divina Commedia non è pertanto il frutto di una finzione poetica, ma di una visione vera, come quella di S. Paolo e dell’Apocalis.se, in cui Dante si sarebbe sentito investito dallo Spirito Santo nella sua missione di rinnovamento religioso.

E interessante rilevare come il Foscolo adombri un tema di grande interesse, che potremmo sintetizzare nella dicotomia “Dante santo o eretico?” , interrogativo che permea una parte consistente dell’interpretazione dantesca non ufficiale dall’800 ad oggi.

Diatriba solo apparente: Dante non è un santo e la Chiesa si è sempre ben guardata dal beatificarlo; al contrario qualche rogo nel ‘300 lo ha perpetrato (ad esempio sul De Monarchia) o lo ha tentato (iniziativa del vescovo Bertrando del Poggctto).

Se approfondiamo però la storia dell’amicizia tra Dante e Guido Cavalcanti (e gli altri Fedeli d’Amore) diventa chiaro come Dante non possa essere considerato in alcun modo un eretico.

Il sogno di Dante è quello di una Chiesa non riformata, ma rigidamente ricondotta alle origini, al messaggio del Vangelo, prima che la donazione di Costantino la allontani dalla sua missione spirituale; una Chiesa che in un certo senso riconquisti la dimensione esoterica dei Vangeli e del Cristianesimo delle origini, che la Chiesa stessa ha distrutto per non mettere a repentaglio il suo potere terreno.

Dopo il Foscolo chi aprì un ‘altra strada di grande importanza nella foresta dantesca fu Giovanni Pascoli. A detta della sorella Maria il poeta iniziò gli studi danteschi subito dopo la laurea e li sviluppò per tutta la vita, tra molte amarezze perché la critica ufficiale, così prodiga di lodi per Pascoli poeta, accolse con freddezza e non fu in grado o non volle comprendere le sue prodigiose intuizioni sulla Divina Commedia.

Questo silenzio e indifferenza è uno degli aspetti più evidenti dell’atteggiamento conformista ed ostile che fu riservato, sino ad oggi, nei confronti di chi si è addentrato in una interpretazione esotericosimbolica dell’opera di Dante.

Tra il 1898 e il 1902 vedono la luce tre testi: “Minerva oscura, Sotto il velame, La mirabile visione” in cui vengono espresse le tesi dell’interpretazione pascoliana di Dante, quali:

— l’unità strutturale del poema e la sua costruzione imperniata sul numero settenario

— la contrapposizione e l’abbandono della vita attiva verso quella contemplativa — la simmetria della croce e dell’aquila (Impero e Chiesa) che permea il Poema.

Ma il concetto di fondo dell’esegesi pascoliana è l’intenzione criptografica di Dante, che avrebbe racchiuso il contenuto mistico del poema in un piano preordinato di segni: pertanto scopo precipuo della critica sarebbe quello di impadronirsi del codice segreto. Sulla strada tracciata da Foscolo e Pascoli si avventurarono tutta una serie di studiosi, su cui torneremo. Da essi fu nuovamente avvalorato e riportato in luce qualcosa che non bisognava dimenticare: che tutta l’opera dantesca “poteva e doveva” essere letta secondo due criteri, entrambi ugualmente importanti e indissolubili: ciò che appare e ciò che è nascosto, secondo progressivi livelli di comprensione (letterale, allegorica, morale, analogica) che non possono essere “saltati” e che non sono in contraddizione tra loro.

È la dottrina del “polisenso”, come Dante stesso ce la presenta, indispensabile per l’interpretazione delle Sacre Scritture, un poco estranea alla nostra sensibilità moderna, ma cardine della cultura medievale e, vorrei dire, molto utile e feconda per comprendere meglio le contraddizioni dei nostri giorni.

Ci spiega ad esempio il disagio che c’è nella cultura e nella spiritualità del nostro mondo moderno, che ha perduto la visione polisensa della realtà ed è scientificamente tutto rivolto alla descrizione e comprensione “letterale” della realtà stessa: questa visione scientifica ci dà dettagliate spiegazioni su “come” avviene un processo o un avvenimento ma non sa spiegarci il “perché”:

Anche nell’iter della nostra vita Dante sembra darci un’indicazione, proprio nel suo insistere sulla necessità della comprensione letterale alla base di ogni conoscenza. In altre parole sembra dirci che lo zoccolo della nostra quotidianità è letterale, che ad esso non dobbiamo sfuggire isolandoci dal mondo, tentando di “saltare” alla comprensione allegorica senza passare attraverso la lettura — e quindi la comprensione — dell’intelaiatura letterale del mondo del divenire in cui siamo calati tutti i giorni e che altrimenti ci appare incomprensibile. Tutta l’esistenza umana, ci dice Dante, è un’ascesa iniziatica, dall’in-

ferno, mondo diabolico della “separazione” , al paradiso, mondo del simbolo, della conoscenza che unisce. Così saremo portati a comprendere il polisenso negli eventi della nostra vita.

L’interpretazione del mondo dantesco, come si è detto, passa quindi attraverso le due dimensioni di apparente e nascosto: tutta l’esegesi dantesca dal 1300 in poi si svilupperà intorno a questi due filoni. Sul filone dell”‘apparente” si concentrerà tutta la critica storico letteraria che nei secoli esalterà più o meno il Dante poeta e letterato. Assai meno sviluppata — per motivi che vedremo — sarà nei secoli l’interpretazione dei sensi “nascosti” ed è a questi che noi vogliamo dedicare l’attenzione.

Per farlo dobbiamo sviluppare due considerazioni.

La prima è su: “che cosa è nascosto”, “sotto il velame delli versi strani ” ? Impresa ardua: “conoscere e descrivere Dante sarà mai possibile? ” si chiede Pascoli in “Minerva oscura”. E prosegue “Egli eclissa nella profondità del suo pensiero: volontariamente eclissa”.

Per comprendere il “pensiero nascosto” occorre partire da quei “Fedeli d’Amore” che Dante cita alcune volte, da quel Dolce Stil novo che la scuola ci ha abituati a vedere come una sorta di corrente letterario-poetica.

Sotto questo profilo ci troviamo davanti una cospicua produzione di sonetti e canzoni in cm, in una forma a dir poco complessa, ma comunque piuttosto fredda ed estremamente cerebrale, questi letterati — che poi sono personaggi di spicco della classe dirigente della loro città — si scambiano notizie sui loro amori.

Amori per delle improbabili donne, rigorosamente mai descritte in modo realistico — e (salvo che per Dante) mai storicamente individuate —, con toni e immagini che sono francamente noiosi e sovente incongruenti.

E da notare, per inciso, che, con scarse eccezioni, questi “letterati non ci lasciano altro che queste poesie amorose, pur essendo considerati dai contemporanei (vedasi Dante stesso) i migliori ingegni dell ‘epoca.

In realtà chi ha affrontato in chiave diversa questo aspetto ha dimostrato — o cercato di farlo — che i fedeli d’amore erano un gruppo (qualcuno l’ha chiamato setta), con forti connotati esoterici ed iniziatici

, forse eretici. Un gruppo, dati i tempi* caratterizzato da un ‘parlar coverto” che portava i suoi componenti a comunicare tra di loro, per scambiarsi concetti, speranze, fatti e avvenimenti, mediante componimenti poetici apparentemente amorosi, componimenti che in realtà erano scritti in un “gergo” la cui chiave di interpretazione era nota soltanto agli adepti del gruppo.

Chi ha tentato di decifrare questo ” gergo”, ci ha lasciato indicazioni che  forse possono essere oggetto di discussione e di approfondimento ma che aprono orizzonti infiniti di comprensione di opere poetiche che diversamente ci appaiono un poco anacronistiche, talvolta veramente ostiche e incomprensibili.

La chiave del gergo ci indica invece tutto un fermento spirituale e culturale tra uomini accomunati da un profondo senso mistico ed esoterico e impegnati in un’opera di rinnovamento profondo della religione cristiana.

Con questa chiave acquistano significati ben diversi molti dei termini che troviamo nelle loro canzoni e sonetti, come ad esempio, per citare i più ricorrenti: Amore (amore per la sapienza santa, la dottrina e il gruppo dei Fedeli d’Amore) — Donna (l’adepto, il fedele d’amore) — Beatrice (la sapienza santa) — Morte, Pietra (la Chiesa corrotta e persecutrice) — Dormire, Sonno (essere nell’errore) — Piangere (simulare fedeltà alla Chiesa ufficiale) — Saluto (è l’iniziazione e il grado dell’iniziazione; si pensi al saluto di Beatrice e Dante) — Noia (è il mondo profano o avverso alla setta) — Cuore, gentile (è l’acquisizione della dottrina iniziatica — la sede ove avviene l’illuminazione della conoscenza spirituale).

Questa interpretazione la dobbiamo ad un gruppo di studiosi, tra i quali in particolare: Luigi Valli, allievo del Pascoli (Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d’Amore, di recente ristampato), Gabriele Rossetti (La Beatrice di Dante) Alfredo Ricolfi (Studi sui Fedeli d’Amorc) e Mario Alessandrini (Dante fedele d’amore); e, nel filone degli studi tradizionali, René Guénon (Esoterismo di Dante) e Robert John (Dante templare).

La seconda considerazione che è opportuno fare è: ” perché nascosto”? Gli sviluppi che possono trarsi da tale considerazione hanno due possibili strade.

Una fa riferimento al contesto storico-culturale in cui vive Dante. Il poeta nasce nel 1265 e nello scorcio di secolo sino al 1300 si sviluppa il gruppo dei Fedeli d’Amore, le cui radici sono da ricercare, circa un secolo prima, nelle Corti d’amore e nel trobar clus che si sviluppa in Francia, segnatamente — e non casualmente — tra i poeti mistico-allegorici della Provenza (a questo riguardo il citato libro del Ricolfi rappresenta sempre una pietra miliare).

Intorno all’anno 1000 sorge e cresce tutta una corrente di pensatori e mistici che in qualche modo rappresentano potenziali rivoli e rivoletti di riforma e di eresia, con feroci reazioni da parte della Chiesa di Roma.

Il panorama è vastissimo: Ci basti qui ricordare due avvenimenti chiave, che ruotano intorno al 1265. Nel 1244 c’è la caduta e il rogo di Montségur, che conclude nella più feroce repressione tutta l’avventura dei catari in Provenza.

Il catarismo peraltro era diffuso anche in Italia (si chiamavano patarini) e segnatamente in Toscana e a Firenze. E condanne per catarismo rischiarono i Farinata degli Uberti e i Cavalcanti. Ed alcuni dei Fedeli d’Amore (ad es. Guido Cavalcanti) subirono probabilmente l’influenza del catarismo.

Tra il 1300 e il 1314 inoltre si compie la distruzione dell’Ordine del Tempio e la dispersione e morte dei Templari ad opera di Clemente V e di Filippo il Bello. E una corrente di studi ha posto in luce l’influenza templare su Dante e sui Fedeli d’Amore.

È quindi comprensibile che gruppi o sette che in qualche modo si ricollegavano alla gnosi e al templarismo escogitassero delle modalità di espressione in cui il significato letterale non potesse suscitare sospetti da parte dell’inquisizione.

L’ambiente culturale infine, elemento fondamentale nella crescita spirituale di Dante, può essere considerato come motivo di “attenzione” nell’esprimersi da parte dei Fedeli d’Amore.

Qui non si possono fare che cenni, ma si pensi a tutto l’aristotelismo, così come si sviluppa nei corsi universitari di Parigi, sede di controversie teologiche feroci (con qualche ricorrente Concilio che sconfessa qualche studioso troppo ardito).

Trapelava sotterraneo in questi studiosi un aristotelismo e un culto

dell’intelletto poco gradito all’ortodossia religiosa: il concetto aristotelico di intelletto agente, unico per tutti gli uomini e l’interpretazione averroistica, ponevano in seria difficoltà la dottrina cristiana della immortalità personale di ogni uomo.

E d’altro canto operarono in quegli anni in Toscana, intorno al 1288/ 89 e poi oltre, Pietro Olivi e Ubertino da Casale. LI primo in particolare fu il portatore del messaggio degli Spiritualisti francescani e delle profezie di Gioacchino del Fiore che riecheggiano nella visione profetica del Divino Poema.

Dante ha in quel periodo poco più di 20 anni ed è nel pieno della sua formazione spirituale e intellettuale e già milita nei Fedeli dell’Amore. Di tre anni dopo è La Vita Nova in cui descriverà questo suo processo iniziatico.

Né si può dimenticare che (come Dante stesso ci indica nell’Epistola a Cangrande) uno dei suoi principali maestri fu Riccardo da S. Vittore: è significativa la concezione di questi sulla “morte mistica’

e l’allegoria della morte della Rachele biblica. Quella che Riccardo spiega essere la “morte” della ragione di fronte alla suprema contemplazione del mondo spirituale, fornisce una prodigiosa chiave di lettura sul significato della morte di Beatrice e in genere di molte donne dei Fedeli d’Amore.

Una seconda strada di interpretazione del “perché nascosto” è più attinente ad una visione di carattere esoterico-iniziatico, e più generalmente alla conoscenza tradizionale. Molti studi hanno portato a rilevare come, in generale, anche senza un pericolo incombente (quindi senza una necessità contingente di “parlare in gergo”), tutta la poesia e le opere letterarie esoterico-simboliche si esprimono attraverso modelli molto simili, ossia attraverso simboli in cui l’amore e la donna sono una delle allegorie ricorrenti.

Si pensi, per fare un esempio diverso, al vino, simbolo per eccellenza, sia in un poeta mistico come Omar Kaiyam, sia in altre opere esoteriche, sino al Vangelo stesso. O ancora al simbolo mistico della

rosa che, già presente nei riti iniziatici pagani (l’eco lo troviamo nell’Asino d’oro di Apuleio in cui il protagonista ritorna uomo mangiando un serto di rosa), diffuso nella poesia sufica persiana e presente in tutta la lirica provenzale (il Roman de la Rose) e siciliana

(“Rosa fresca aulentissima…”), sino alla rosa mistica del Paradiso dantesco.

E sulla base delle considerazioni sopra dette che si può impostare una analisi dell’esegesi esoterica dell’opera di Dante e dei Fedeli d’Amore.

Come si è accennato più sopra è 1’800 a segnare l’inizio di una Comprensione del messaggio esoterico e simbolista dell’opera dantesca. Questa interpretazione di Dante si è profondamente sviluppata a partire da quegli anni ed oggi sono certamente maturi i tempi perché finalmente si aprano gli occhi sul messaggio dantesco e sulla sua validità anche ai nostri giorni.

Perché il velo sembra sollevarsi dopo circa 7 secoli? I perché si possono ricondurre fondamentalmente a due motivi.

Uno è di tipo storico sociologico: sottrarre Dante e la Divina Commedia ad un ambito puramente letterario e cercare per esso una valenza di carattere teologico, orientata in chiave di riforma della Chiesa o addirittura eretico-gnostica, è un’operazione che poteva avvenire soltanto dopo le grandi rivoluzioni liberali del secolo scorso. Prima l’opposizione della Chiesa sarebbe stata determinante: valga per tutte la posizione del Bellarmino che rivendicò la Commedia all’ortodossia cattolica allorché i primi protestanti cercarono di impossessarsene.

Un secondo motivo è di carattere più esoterico-tradizionale e si ricollega ad una presunta profezia secondo cui la Commedia sarebbe stata compresa dopo sette secoli.

Il tema è molto ampio e ci riconduce da un lato al valore simbolico del 7 (numero di Dante come dice il Singleton, mentre ad esempio il 9 è il numero di Beatrice) e d’altro lato al concetto di ciclo e di fasi di evoluzione per il compimento di qualsiasi evoluzione simbolica (valga per tutti come esempio quello dei 6 giorni + 1 della Creazione).

Le due motivazioni sono alla base delle due correnti seguite dagli interpreti in chiave esoterico-simbolica di Dante e dei Fedeli d’Amore.

La prima vede in essi una setta politico-religiosa, mirata a combattere la Chiesa corrotta, in qualche modo legata al clima di eresie che infiammava l’Europa, per la quale il “gergo” era un modo di comunicare per sfuggire agli strali dell’inquisizione.

La seconda corrente, meno storicamente connotata, pur non ignorando gli aspetti di cui sopra, pone maggiormente  l’accento sulla natura esoterica ed iniziatica del gruppo dei Fedeli d’Amore, cui Dante appartenne, ma da cui in parte si staccò, perché i suoi orizzonti di conoscenza spirituale si allargavano, corrente che attribuisce il gergo segreto alla natura appunto iniziatica della setta dei Fe- deli d’Amore ed al percorso interiore che ciascun adepto doveva percorrere per pervenire a comprendere completamente la dottrina segreta.

Quest’ultima corrente interpretativa è certamente quella più feconda, perché ci permette di ritrovare le radici di quell’esoterismo cristiano che è andato perduto dopo il cristianesimo dei primi secoli, per motivi che sarebbe complesso analizzare.

Esoterismo cristiano che peraltro non andò completamente perduto nell’opera nascosta di molti filosofi e letterati, sempre osteggiato dalla Chiesa ufficiale, che permeò di sé anche il gruppo dei Fedeli d’Amore e del quale Dante, nella Divina Commedia, seppe fornire una summa che seppe raccogliere in sé anche gli echi degli altri esoterismi occidentali e non soltanto di quelli.

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FUNZIONE REALE DELL’INIZIAZIONE

FUNZIONE REALE DELL’INIZIAZIONE

dI SILVIO  BROGGI

Nei riti di passaggio, in ogni epoca si è marcato un momento fondante di un diverso livello di conoscenza.

ln sintesi, esistono solo due aspetti della ricerca degl)i di essere presi in considerazione: l’esplorazione della materia (sia a livello microscopico che dell’universo) e la discesa nell’abisso dell’inconscio, per la quale lo strumento più efficace resta la tecnica dell’iniziazione, Il Fuori e il Dentro: ecco la grande questione. Nel corso dell’avventura umana il resto è poca cosa.

Ogni giorno ciascuno di noi sfiora senza saperlo persone che hanno ricevuto l’iniziazione.

Questi esseri hanno raggiunto livelli qualitativi di coscienza diversi da quelli occupati dai comuni mortali; eppure solo raramente ci si può rendere conto fin dall’inizio dell ‘importanza della persona con cui si ha a che fare.

Ebbene, non basta lasciarsi portare dalle onde dell’esistenza. Le correnti della vita sono disseminate di scogli che vanno superati con successo. Mancare il proprio percorso è vedersi condannato ad essere solo una caricatura d’uomo. Per gli umani il viaggio inizia quando, alla nascita, il bambino riceve un nome. Il primo ostacolo importante è rappresentato dal raggiungimento della pubertà, accompagnata da metamorfosi psicofisiche importanti: sembra che sia nato un nuovo essere. Anche il momento del matrimonio annuncia un’ alba di nuova esistenza. Quanto al lento declino, esso porta con sé nuovi problemi. Per poter sussistere, l’uomo ha bisogno di saggezza, altrimenti sarà preda della disperazione. Infine sopraggiunge la morte. Nascita, pubertà, matrimonio, invecchiamento e morte rappresentano quindi delle inevitabili prove. Che le si affronti serenamente o con smarrimento, che siano celebrate o passate sotto silenzio, esse scandiscono il cammino dell’uomo. Ad ogni ostacolo superato segue una nuova fase della vita; al termine di ogni stagione dell’esistenza si delinea realmente un nuovo essere.

Purtroppo, l’uomo di oggi tende a non celebrare più le sue tappe. Egli non sa più percepire con la stessa intensità i propri cambiamenti ad ogni prova; perde a poco a poco coscienza delle proprie metamorfosi. Spianando il cammino della vita, il suo passo dimentica I ‘indispensabile cadenza vitale. I popoli arcaici e le antiche civiltà, invece, percepivano intensamente quanto fosse importante celebrare ogni prova della vita.

Ogni celebrazione rituale a carattere iniziatico inaugura un nuovo periodo dell’esistenza. Non basta però che l’essere umano prenda coscienza della propria ‘metamorfosi: conviene prepararlo ad affrontare l’ignoto e temprarlo in vista degli ostacoli che si presenteranno.

L’ iniziazione imiterà, anticipandole, le prove che scandiscono il mistero dell’esistenza. Essa in fondo è un sogno ad occhi aperti. Così l’iniziato, in seno alla comunità festante, sogna la sua vita futura. Egli simula le azioni della sua prossima metamorfosi. La stessa anticipazione si ritrova, ugualmente intensa, presso i popoli arcaici che si preparano alla guerra: le loro danze in armi, accompagnate da ritmi incalzanti, mimano con realismo la battaglia dell’ indomani.

Esistono anche, evento capitale, delle iniziazioni alla morte. La morte, l’estremo trapasso, è la suprema iniziazione. Tutti i popoli del mondo esigono dai neofita che subisca la prova del trapasso e ne conosca i tormenti affinchè  possa rinascere.

Così, tramite giochi che simula  l’azione futura, la Natura anticipa il momento in cui l’essere si confronterà con gli ostacoli del suo successivo stadio di esistenza. E come se essa avesse un programma. In effetti tutta una eredità sembra trasmessa al bambino Quando nasce egli è già vecchio di tutti i secoli precedenti. A ciascuno va lasciato il compito di riflettere sulle sue esperienze per spiare, nella quotidianità, dei momenti eccezionali nei quali egli sembra un ‘altra persona. Allora ci si sorprende a reagire in modo insolito, non previsto dalla coscienza lucida. Ci si sente perfino più persone contemporaneamente e molteplici coscienze sembrano convivere nell’uomo. In questi momento privilegiati, l’unità dell’individuo non ha più un grande significato; sembrano riapparire delle facoltà anteriori alla coscienza presente.

Se allo stato embrionale la Natura sembra prevedere un programma che prepari l’essere umano alla vita terrestre, la nascita appare un evento, un’ammissione a livello di coscienza lucida e, in qualche modo, una iniziazione. Il bambino entra nella vita, passa nel mondo dei vivi. Presso la gran parte dei popoli egli subirà quello che viene chiamato un rito di passaggio, di cui il battesimo cristiano è un esempio. Ogni nascita tuttavia non è che un primo gradino della vita: la pubertà, il matrimonio, la malattia. la morte saranno altrettante soglie da attraversare. Bisogna guardarsi dal ritenere i riti iniziatici che si svolgono in queste occasioni delle semplici feste. Si tratta piuttosto di prove cariche di un indicibile mistero. Subire una iniziazione equivale ad abbandonare la superficie degli avvenimenti, scendere nelle profondità dell’oceano psichico, perdere la coscienza lucida per seguire la corrente tumultuosa dell’Universo; infine vedere in faccia lo splendore stesso della Forza vitale. Quando l’uomo torna tra i suoi simili, dopo aver superato la prova. è stato toccato dal mistero: è diventato un altro. •

Presso tutti i popoli i riti di passaggio hanno uno svolgimento simile: una separazione dal mondo profano, la grande esperienza e un ritorno dell’essere rigenerato in seno alla comunità.

Ma ecco il fatto fondamentale: l’antico rito di passaggio non comporta più solo l’integrazione, per magia, dell’individuo al gruppo: ad essa si aggiunge la trasmissione di un insegnamento segreto. D’ora in poi l’ iniziato non trarrà più la sua forza solo dall ‘ apparenza alla comunità, ma avrà il privilegio di imparare; presto egli conoscerà tutto ciò che un uomo può conoscere; e colui che sa tutto, può tutto. Nella iniziazione il neofita, unendo la sua coscienza al gruppo, perde la propria individualità, ma perdendo questo involucro che lo isola dal Mondo, egli diventa capace di percepire la sublime Unità dell’Universo. Egli si fonde con il divino e ne trae i propri poteri. Tuttavia, se la morte dell’antenato aurorale fu la prima iniziazione, tutte le iniziazioni a venire si acquisiranno tramite morte rituale. Ecco perché, a tutte le conoscenze segrete sull’origine del Mondo, sulla natura del Divino sulla salvezza personale, già trasmesse con l’iniziazione, si aggiunge spesso il supremo sapere al quale si giunge con una morte rituale. La soglia della morte è stata varcata e per questo si è raggiunto un nuovo livello di coscienza.

Il pensiero razionalista concepisce la Storia come un perfezionamento infinito, a partire dai primi utensili immaginati dall’animale verticale fino al completo dominio dell’universo ad opera dell’intelligenza umana. Per la mentalità religiosa, al contrario, gli eventi importanti hanno avuto luogo all’inizio. Così il mito del razionalismo si trova al termine del cammino, mentre quello dell’uomo religioso si situa all’origine della Storia. L’uomo religioso quindi vive fin dall’origine in un mondo sacro; fu all’inizio dei tempi che apparve il Mistero al quale lo spirito umano deve rifarsi continuamente, se non vuole piombare nella decadenza. Ogni generazione quindi farà bene a trasmettere intatto il contenuto di questo Mistero originario. Ogni eletto dovrà veder giocare, o giocare lui stesso il gioco sacro della morte e della risurrezione aurorali. Quando avrà identificato il proprio destino con quello del Progenitore dell’alba dei tempi, egli diventerà immortale come lui. Questo è lo scopo delle dottrine e pratiche segrete denominate Misteri, comuni al Medio Oriente, alla Grecia ed a Roma antica. Esse mirano a trasformare la qualità dell’anima del novizio, ad elevare la sua coscienza ad un livello sovrumano, a farne un essere eterno.

I riti iniziatici del passato dovrebbero spiegare l’ideale delle società segrete di oggi, a patto che la loro tradizione non sia stata interrotta. Per quanto riguarda l’iniziato alla Massoneria o ad altre società esoteriche, nessun segno svela la sua appartenenza, tranne un segreto equilibrio interiore, un dominio del corpo e dello spirito, frutto di un’ azione dell’uomo su se stesso. Ma tale dominio e serenità sono davvero il risultato di una tradizione intatta? Le tecniche iniziatiche dell’antichità portavano tutte lo stesso messaggio: lo spirito umano poteva emergere tramite l’iniziazione.

La questione è di primaria importanza. Infatti se le dottrine, i riti ed i simboli antichi si fossero tramandati intatti fino alle organizzazioni segrete di oggi, gli iniziati contemporanei avrebbero la certezza di compiere, negli scenari di un tempo. gli stessi gesti efficaci. Custodi di conoscenze venerabili, garantite da una tradizione uscita indenne dalla rovina del mondo antico, essi sarebbero gli ultimi prestigiosi anelli di una catena tesa al di sopra dei secoli.

A prima vista la storia non induce a credere in questa ideale continuità. Eppure i quattro millenni della civiltà egizia non potevano sparire senza lasciare traccia. E’ molto probabile che il grande mito faraonico delle creazioni del Mondo attraverso la Parola abbia influenzato la teologia giudaico cristiana del Logos, il Verbo creatore. Se dunque l’Europa medioevale non ha raccolto che un ‘eredità smembrata e talvolta snaturata, non di meno ha scoperto in essa degli elementi sopravvissuti non sempre irrimediabilmente alterati. Tra questi elementi sopravvissuti i l processo iniziatico ha conservato una integrità sorprendente. Se le parole e i simboli ai quali ricorrono gli iniziati di oggi sono ben lontani dalle loro forme originarie, sembra però che le tecniche segrete abbiano mantenuto la loro antica efficacia. E’ a questo punto che ci vengono in aiuto alcune decifrazioni di antichi papiri e l’identificazione precisa di alcuni siti archeologici di cui non si avevano notizie certe. Tra i molteplici esempi riferiremo le nozioni riguardanti gli antichi riti iniziatici di Osiride compiuti ad Abido, grazie ad una nuova interpretazione e traduzione del papiro di Leida. Il fatto che l’uomo possa sottrarsi alla propria condizione terrena, diventare un Superuomo e dare così un significato più alto al proprio destino, è senza dubbio la più sorprendente emergenza dello spirito umano inserito nell’evoluzione biologica. Fu nella valle del Nilo che venne elaborato per la prima volta il processo psicologico dell’iniziazione ed il papiro di Leida ne descrive le varie tappe in successione.

L’arrivo del postulante

l . Il gesto di benvenuto: il visitatore riceve dei fiori del Signore dell’Occidente (Osiride) o forse la corona dei giustificati osiriaci.

  • L’apertura delle Porte del regno dei Morti: il nuovo venuto penetra in un Aldilà simbolico.
  • L’apparizione di Anubi, ossia di un sacerdote che indossa la maschera dello sciacallo divino guida dei morti (e dei defunti iniziati): comincia il grande viaggio che preparerà la grande nascita di un nuovo

uomo.

  • La discesa della Terra, la Madre Terra. fonte di vita e dispensatrice di immortalità. Un cammino regressivo, fino alla Madre Terra, permetterà di rinascere.

I – Giustificazione del postulante

5. L’ingresso nella grande Sala sotterranea dove riposa il dio. Il visitatore conosce, da vivo, la gloria dei defunti: è proclamato maakheru (giustificato)

II – Rigenerazione

6. Il bagno rituale nell’acqua della rinascita. Dopo essere stato giustificato, il neofita risuscita grazie all’acqua primordiale.

III – Illuminazione

  • La rilevazione osiriaca. Divenuto immortale al pari degli dei, il postulante può finalmente contemplare la più sacra delle reliquie. La visione ineffabile trasferisce la sua coscienza su di un piano inaccessibile ai comuni mortali. E l’illuminazione personale e sublime.

Fine del rituale

If sonno nel tempio: l’iniziazione è terminata. La notte trascorsa nel santuario permetterà senza dubbio al nuovo iniziato di vedere il suo dio in sogno e di riconoscersi suo servitore radioso.

Giustificazione, rigenerazione, illuminazione sono le tre fasi principali dell’iniziazione ad Abido secondo il papiro di Leida. La loro successione è semplice, rigorosa e l’ascesa, sapientemente ordinata, è liberatrice: non vi è rigenerazione senza prima una giustificazione dell’anima e non si ha rivelazione del divino prima che l’uomo stesso sia divinizzato dalla rigenerazione. Queste tre tappe provocano l’emergenza spirituale si ritrovano nelle iniziazioni di oggi. Certo la terminologia e lo scenario sono cambiati, ma l’itinerario imposto al neofita moderno ricorda stranamente quello dell’antico Egitto. In effetti Ordini segreti di oggi badano in primo luogo a plasmare la coscienza del postulante, suggerendogli un tema sul quale riflettere o attribuendogli un titolo (la giustificazione del papiro di Leida); in seguito ha luogo un rito rigeneratore (il bagno di Horsiesis); infine si ha la rivelazione improvvisa, in una luce abbagliante, del sacro emblema dell’Ordine (in Egitto la reliquia osiriaca). Perciò per diventare iniziati bisogna — come il sacerdote di Amon — essere stati prima psicologicamente rivelati a sé stessi, poi rigenerati e infine illuminati.

Lo studioso indaga i fatti religiosi, il sacerdote li difende; il fedele vi si sottomette. L’iniziato vive costantemente nel Mistero. I turbamenti dell’anima si placano. L’uomo conosce l’autentica pace interiore. L’iniziazione l’ha aperto all’armonia universale. Per vivere al livello di coscienza raggiunto da un iniziato non vi è che un mezzo: subire l’iniziazione. Oggi perciò si dovrà bussare alle porte di una società iniziatica. In realtà, le società definite iniziatiche non dissimulano affatto il luogo in cui si riuniscono, né la loro storia e le dottrine sulle quali si fondano. Però preservano i loro riti, i loro segni di riconoscimento ed il lavoro sperimentale da esse compiuto. Segrete, le società esoteriche lo sono solo nella misura in cui procurano ai loro membri i mezzi per trasformare il loro mentale. ln verità esse sono aperte a lutti coloro i quali ne sono spiritualmente degni. Il segreto, l’indicibile segreto, è nel cuore dell ‘iniziato. Per trasformare una coscienza si usano delle tecniche che ricorrono, in un primo tempo, alla dissoluzione delle tendenze umane, troppo umane, del neofita.

Ricordiamo ad esempio quanto succede nelle nostre iniziazioni quando il neofita è lasciato solo nel gabinetto di riflessione di fronte alla parola VITRIOL (motto latino attribuito al leggendario monaco e adepto Basilo Valentino: visita interiora terrae recti.ficandoque invenies occultum lapidem). Il senso è chiaro: rinuncia ai clamori del mondo, scendi in te stesso; lì si trova il tesoro nascosto della tua spiritualizzazione. Non si tratta perciò di apprendere una dottrina. La tecnica iniziatica è addirittura opposta all’acquisizione di conoscenze. Isolamento, sottomissione, rinuncia, sacrificio di sé, questo è il preludio a qualunque iniziazione. Solo allora avrà inizio la grande esperienza. Il processo è misterioso e rimarrà tale perché sfugge ad ogni spiegazione razionale. Orbene, nell’uomo vi è un bisogno di divinità, ma come realizzare questo sublime incontro che unirà l’uomo al divino? Svelando di colpo un simbolo della Potenza universale, cioè un’ intensa luce. Così il cammino, a partire dall’oscuro gabinetto di riflessione fino alla grande Luce, annovera spesso alcuni tra i momenti più intensi di una esistenza. Una volta che essa vi sia riuscita, l’iniziazione diventa una condizione permanente che determina una autentica metamorfosi dell’uomo. Per raggiungere

tale risultato non è affatto necessario che le prove siano spaventose, ma psicologicamente efficaci. Dopo le parole rituali che chiedono la sua ammissione nel Tempio, la porta si apre, il neofita viene introdotto nel Tempio ed intraprende un cammino disseminato di ostacoli e quindi deve superare prove dell’ aria, dell ‘acqua e del fuoco. Dopo aver solennemente giurato di custodire per sempre il segreto della iniziazione, il neofita viene liberato della benda. Che la Luce sia! Egli vede la grande Luce (il Sacro lo illumina) e scorge intorno a sé i fratelli che ormai lo proteggeranno. Si sente divenuto davvero più di un uomo, quasi un dio.

L’ avvento del Superuomo può essere suggerito per mezzo della prova suprema: la morte iniziatica seguita dalla resurrezione. E ciò che si verifica nel mito di Hiram. Infatti. Quando  il suo corpo venne scoperto, fu esumato e trasferito in una tomba degna di lui. ln quel momento, misteriosamente. il sapere del defunto (la parola del Maestro) penetrò nello spirito dei fratelli caritatevoli.

L’ Universo è stato creato o è eterno? La sua evoluzione nasconde un volere supremo? Qual è il ruolo dell’uomo in questo immenso crogiolo di energia? Qual è l’origine della vita? Esistono altre forme di vita nello spazio? Che cos’è in realtà la motte? Dove porta l’avventura umana? Perché il male e la sofferenza? Che cos’è infine l’uomo? In altre parole l’interrogativo principale è: sono o no tutt’uno con I ‘Universo? Non rendendosi conto di questo, l’uomo trascura una possibile alleanza con il Mondo.

I famosi libri ermetici, adattati da greci che avevano frequentato gruppi esoterici alessandrini alla fine delta civiltà egizia, restano l’esempio impressionante di un lungo sforzo per giungere, attraverso la via razionale, ad una conoscenza totale. Ma se l’edificio crollò fu in seguito al fuoco appiccato dalla scienza greca. L’uomo allora arretrò. Volle misurare il Sacro. Il sacro divenne per lui I’ Avversario da intrappolare nella robusta gabbia dei principi generali. Ormai solo in un mondo di oggetti, l’uomo calcolava. Si ricominciava ancora una volta verso un’impresa totale, ma per un ‘altra via. Lo strumento era cambiato: la ragione, non lo spirito intero, agendo su un piano esclusivamente materiale, attraverso il calcolo e l’esperienza, si arrogava tutti i diritti di comprendere l’Universo. Alla fine del cammino però che cosa si sarebbe scoperto? Che dopo la distruzione dell ‘ Alleanza sacra, [a ragione conquistatrice, esplorando la materia, finisce per spogliarla di ogni rappresentazione sensoriale. La massa e l’energia diventano intercambiabili. La ragione ed i suoi principi miravano allora ad incatenare l’Universo. Ora si rinuncia alla comprensione dei fenomeni fisici sul piano oggettivo. Ecco che il Sacro riprende ciò che gli è dovuto. L’intelletto ha i suoi limiti che l’uomo non oltrepassa. Le facoltà irrazionali, seconda gamma di conoscenze, sembrano generare altrettante verità di quanto non faccia la ragione, cara allo studioso. Esistono concezioni spiritualistiche nel mondo nate da un’ istituzione immediata della coscienza. Per questo sono fuori dalla portata della critica razionale. In modo particolare l’insegnamento iniziatico, dispensato dalle scuole segrete, appare una evidenza.

Se l’uomo accetta di aderirvi, senza trascurare le scienze, la sua visione si amplia insieme alla sua condizione di uomo.

Lo sviluppo dello spirito umano, sotto la pressione dell’istinto di conservazione, inizialmente prese avvio in una sola direzione: ‘quella dell’efficacia. L’uomo fu affascinato in primo luogo dall’intuizione della propria eternità. La sua riflessione si appuntava sulle stelle, sul corso instancabile del sole e della luna, sul ritorno annuale della vegetazione. Nascite. morti e rinascite gli parlavano di eternità. In uno spettacolo mobile, l’uomo si percepiva in movimento. In un Mondo eterno, egli era eterno. Era minuscolo, una minuscola parte di un Essere misterioso. L’ Universo lo trascinava nei suoi immensi circuiti dove l’uomo respirava come un frammento irradiante energia cosmica. Ma come concepire una tale energia? La forza vitale racchiusa in lui non era forse la stessa che faceva crescere la spiga di grano e sorgere il sole? L’uomo la chiamò Spirito. Lo Spirito è ovunque, lo Spirito è in tutto. La Potenza sacra è ovunque manifesta. Il Mondo è questa Potenza. Il Mondo è la Potenza di cui gli oggetti non sono che la parte più pesante. Ciò che l’uomo chiama realtà è una manifestazione dello Spirito invisibile. In effetti tutto è spirituale. Tutto è in tutto ciò che sta in alto è come ciò che sta in basso.

Ma allora che cos’è l’uomo? Una parte d’infinito. Se l’infinito lo assorbe, egli, essendone una parte, ne possiede i poteri. Così l’uomo è sacro, onnipotente come il Mondo. Gli organi di senso, creatori di illusioni (quella di spazio ad esempio) scavano un abisso apparente tra l’intelligenza e il mondo delle cose. Di qui il vuoto dell’anima che atterrisce l’uomo. Per allontanare questo spettro bisogna eliminare innanzitutto ogni illusione di spazio; ciò che significa cercare la notte. la penombra che regna in tutti i santuari. L’ equilibrio ritorna, l’essere umano di nuovo disponibile, si unisce in pace alla Potenza e ritorna ad irradiare.

Il nemico principale dell’uomo è lui stesso. Da quando la sua condotta si personalizza ed egli si appropria di esseri e di oggetti, il suo potere cresce e la sua anima diminuisce. L’uomo divorzia dal Sacro. Più si vuole materialmente forte, più diventa spiritualmente debole. Cancellare la persona, ecco quindi la prima tappa sulla via della realizzazione umana e dell’attivazione di poteri che ognuno possiede. Tale attivazione dipende da una neutralizzazione psicologica, da principio intermittente e poi permanente, acquisita attraverso tecniche segrete. Il mondo visibile non è che una manifestazione dell’Invisibile. Le realtà, solide e rassicuranti, esistono solo nella mente dell’uomo. In definitiva la sua realtà non ha nulla in comune con l’Universo reale. Il significato sta nell’Invisibile. Ma come conoscere l ‘ Invisibile? L’ Invisibile è ovunque, lo Spirito è in tutto. Così, sin dall’ alba della civiltà si è cercato di rendere manifesta la presenza dello Spirito nell’uomo. Nel segreto dei Templi si svelano così le immagini più percepibili dell’Uomo spirituale. Ma la via della spiritualità va percorsa con lenta tenacia e sotto l’egida di un alto Insegnamento. Del resto, l’accesso a livelli diversi di coscienza non si realizza per via intellettuale. Per tale motivo i membri delle Società iniziatiche non si incontrano per scambiarsi conoscenze. Al momento di penetrare nei Templi segreti, ognuno di essi ha già raggiunto un grado di percezione personale. L’importante non è mantenerlo segreto alla comunità ma ricreare, nel Tempio iniziatico, uno stato di coscienza che renda possibile compiere esperienze di gruppo. La visione del corpo psichico, in particolare. è una rivelazione per un neofita. Che dire allora dell’ esperienza di sdoppiamento? Gli iniziati dicono che il corpo psichico ha lasciato il suo veicolo terrestre e si sposta liberamente. L’uomo ha così rotto i pesanti ormeggi della sua condizione naturale. La manifestazione del corpo psichico tuttavia non è che un preludio ad esperienze i cui effetti, sul piano materiale, non dovrebbero lasciare nessuno indifferente. Se si vive quotidianamente con questa convinzione secondo la quale non esiste alcuna discontinuità tra il Visibile e l’Invisibile, e l’Universo è un immenso clavicembalo di tutte le vibrazioni cosmiche, tra le quali le più basse sono la Materia, si apre la via ad una giusta comprensione delle cure psichiche.

Lo Spirito è in tutto. Ogni essere umano è un deposito dell’ Invisibile ed ha in sé una scintilla della sua energia: goni uomo irradia. Nell’ ambito dell’alta spiritualità, qualunque esitazione nella messa in atto del Sacro appesantisce l’essere umano e lo priva di efficacia. Nulla si realizza senza aver prima abbandonato la persona. Finché essa è presente nel mentale non succede niente. Ogni trasmissione  di energia non si può ottenere senza un completo oblio di sé. Il resto, cioè l’utilizzazione progressiva della Potenza, è solo una questione di livello. Certo non è ancora tempo per l’ Uomo di essere onnipotente, ma in un futuro non lontano egli si accorgerà di poterlo un giorno diventare.

Ma cos’è esattamente il mondo degli oggetti? La terra gira nello spazio infinito. Alla percezione della notte segue quella del giorno; dal loro dualismo nasce il fluire del tempo. Tra lo spirito umano e l’oggetto che esso percepisce si apre il vuoto che genera a sua volta il concetto di spazio. E sul mare che si oscura al tramonto, lo smeraldo delle onde volge lentamente al violetto suggerendo il movimento. Così tempo, spazio, movimento, si manifestano nella coscienza urnana solo facendo leva su una duplice apparenza. Su un doppio supporto emerge. davanti all’uomo, la Manifestazione. Il suo Mondo è quello delle manifestazioni. E come se un Tre misterioso, un Triangolo ideale, dominasse l ‘ Universo. Il Tre appare ovunque. In primo luogo nell’uomo: le due metà del corpo agiscono in armonia creando un essere intero. Gli iniziati affermano che ingrandendo questo triangolo su scala cosmica, il vertice raggiunge il piano dell’invisibile e la base poggia, sempre su due punti, nel campo del visibile. La coscienza dei Maestri è un Tre luminoso: la sua base, già evanescente al livello materiale, si slancia verso un vertice che ha lo splendore dell’Invisibile. D’altronde, i membri delle scuole iniziatiche che hanno raggiunto i livelli più alti del sapere sono detti Illuminati.

Per quanto riguarda ka morte, essa suscita un turbamento senza pari, perché obbliga a guardare in faccia l’irrazionale; cosa c’è dunque oltre la grande porta? I membri delle società esoteriche, grazie alle ripetute iniziazioni subite, hanno sperimentato più volte il trapasso simbolico seguito dalla rinascita. Il loro mentale, posto ritualmente e periodicamente in stato di morte, si è incontestabilmente caricato di emozioni che, interpretate nel modo giusto, potrebbero comunicare una visione premonitrice di un al di là dell’uomo. La morte non si conosce, ma quando sopraggiunge, ciascuno la prova. Perciò bisogna rinunciare a dissertare su di essa. Vita e morte, giorno e notte, bene e male sono inesorabili contrari inseriti nel piano del visibile; sono i due termini della manifestazione sulla quale si edifica il Triangolo sacro. il cui vertice, terzo punto dell’Invisibile, farà sorgere la percezione nella coscienza umana. Con la morte, di colpo, si rompe la base esistenziale dell’uomo. Il corpo fisico si decompone. L’essere psichico, a lungo contenuto entro limiti triangolari, si trova libero e si congiunge all’Invisibile. Il trapasso non è una prova più dolorosa della nascita. In questi istanti cruciali predomina un senso di liberazione: morire è vivere altrimenti. Del resto, nascere è in un certo senso morire, perché la coscienza si trova di colpo presa nella rete delle più basse vibrazioni cosmiche, quelle del piano materiale. Perciò non esistono né nascite né morti, ma solo delle differenze di livello nelle metamorfosi dell’essere psichico. Inizialmente “il defunto-iniziato” non è cosciente del proprio stato, non sa di essere mollo, come il neonato non sa di essere nato. E necessario un certo tempo per il lento risveglio della coscienza. Lentamente essa comincia a sapere di aver raggiunto un nuovo livello dove non esistono tutti gli ostacoli creati dalle basse vibrazioni del mondo materiale. L’uomo diventa allora realmente ciò che ha sempre presentito: energia in libertà. Per l’uomo che semplicemente decide di restare tale, ciò che importa sapere è che in realtà il problema della morte non esiste.

La grande opera delle Società esoteriche è quella di dispensare per gradi ripetute iniziazioni. Queste devono precedere a successive morti rituali seguite da rinascite, per scuotere il mentale nel profondo e suscitare infine delle emozioni che non soltanto saranno analoghe a quelle precedenti il vero trapasso, Ina faranno anche prevedere il destino ulteriore della coscienza in una sorte di visione premonitrice. Le diverse cerimonie iniziatiche sono perciò i momenti più alti di una lunga alchimia mentale. E vero che nei giovani iniziati le impressioni nate dalla morte per anticipazione restano fugaci. Questa sorta di stato di grazia perdura tutt’al più qualche giorno. La vita profana, come una marea montante, ben presto ricopre le tracce del cammino spirituale. Si dovranno perciò moltiplicare i rituali ripetendo i gesti creatori dello stato iniziatico fino a rendere quest’ultimo permanente. Si raggiunge così la condizione di illuminato. Ma questi è ancora un uomo? Certo ne ha l’aspetto; però la sua vita interiore vibra ad un livello qualitativo che nessuno, tranne lui stesso, è in grado di valutare. Ciò che l’Illuminato considera essenziale è la sua unione definiti va al mondo delle alte vibrazioni. il suo contatto permanente con l’ Invisibile. Credere al divino o arrivare a presentirlo è poca cosa. L’illuminato sente il divino intensamente e costantemente. I segni che egli ne riceve, visivi, uditivi. tattili o più sottilmente interiori, riservano al suo viaggio gli stati d’animo più preziosi che l’uomo possa provare: quelli della pace interiore, nata dalla consapevolezza del proprio destino. Perciò per diventare un iniziato bisogna esser stato prima psicologicamente rivelato a sé stesso, poi rigenerato ed infine illuminato. Queste sono le tre fasi dell’alchimia dello spirito umano. L’iniziazione è quindi una epifania provocata che dispone lo spirito a conoscere l’autentico contatto cosmico. L’estrema tensione ottenuta con l’iniziazione si rilassa a poco a poco, cedendo il posto ad una gioia indicibile: quella dello spirito umano che muta avanzando verso vette inconcepibili per un’umanità non ancora realizzata che soffre nelle tenebre. Negli antichi riti egizi l’ascesa verso la conoscenza non dipende tanto da nozioni precise, acquisite tramite apprendimento intellettivo, ma è il risultato di una paziente sottomissione dello spirito alla visione di immagini simboliche e l’esecuzione di gesti rituali. La conoscenza o l’intelligenza del divino non basta per 1-111ire i fedeli a Dio, scrive Giamblico nel IV secolo della nostra era, altrimenti i filosofi con le loro speculazioni realizzerebbero l’unione con gli dei… E  l’esecuzione perfetta e superiore all’intelligenza di atti ineffabili; è la forza inesplicabile dei simboli che darà l’intelligenza delle cose divine. Il contatto con il divino si ottiene tramite il gesto e la parola; il mistico non ha spada, la sua spada è ciò che sta al di sopra della ragione. Il neofita riceve progressivamente più luce grazie a gesti allegorici, alla manipolazione ed alla contemplazione di oggetti simbolici. Egli non confonderà mai le conoscenze dello studioso con la Conoscenza che al termine del cammino salvifico gli è promessa. Nessuno gli chiederà di fissare nella memoria i principi di una dottrina. Nessuno si azzarderà ad indottrinarlo. Lentamente, attraverso la riflessione personale, egli otterrà il controllo della mente: la grande opera di ogni iniziato sul piano terreno. Le tecniche iniziatiche si limitano a mettere in atto quadri simbolici, parole e gesti destinati a suscitare un mutamento di livello spirituale, mentre ciò che l’iniziazione condanna sono proprio le nozioni dogmaticamente insegnate.

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LA MASSONERIA OGGI, E ANCORA ATTUALE?

LA MASSONERIA OGGI, E ANCORA ATTUALE?

Di Arnaldo Francia

In una recente tornata di loggia si ripropose un dibattito sul tema frequentemente ricorrente della validità e dell’attualità della Massoneria ai giorni nostri. Dopo una prima serie di interventi non ancora esauriti ad ora tarda, si decise di rimandare la discussione alla tornata succesSiva per consentire a tutti di esprimere il proprio pensiero sull ‘argomento.

ln quell’occasione ciascuno si sforzò di descrivere la situazione politica, sociale, religiosa, comportamentale di questa nostra epoca, facendo del suo meglio per evidenziare ed esaltare quegli aspetti che più riteneva meritevoli di segnalazione a conforto dell’esistenza e della validità della Massoneria nonchè della sua persistente attualità.

Ma ci si potrebbe chiedere, senza enfasi e senza polemica, se sia necessaria una documentazione del mondo esterno, dei suoi aspetti contingenti, dei suoi problemi attuali e delle caratteristiche della civiltà contemporanea per rispondere affermativamente alla domanda. O non sarebbe più semplice rispondere che la Massoneria, nata con I ‘ uomo e tramandatasi nei secoli, propone principi che possono sembrare arcaici e oggi anacronistici soltanto ai meno provveduti mentre sono immutabili ed eterni, costantemente attuali e in perfetta armonia e corrispondenza con i tempi.

Al limite, la semplice proposizione di una domanda del genere potrebbe già far sorgere dubbio e sospetto sulla maturazione iniziatica di chi la propone così come, indipendentemente dal credo religioso, dal costume morale, dalla pratica di vita, non si può disconoscere la validità tuttora attuale delle tavole di Mosè, dell ‘opera di ConfUcio, della parola di Cristo.

Un Uomo dotto e famoso non seppe rispondere alla domanda se fossero i tempi a creare i grandi uomini o se fossero questi, con il loro genio, la forza, le azioni a creare e plasmare i loro tempi; io personalmente, che dotto e famoso non sono, non arrossisco se non so rispondere alla domanda se i tempi differiscano tra loro, almeno per quanto concerne le passioni, le lotte, le ambizioni, le aspirazioni dell uomo.

E quasi sarei tentato di rispondere che i tempi sono ilnmutabili e si ripropongono quindi sempre uguali, invocando a conforto le opere dei grandi scrittori e dei grandi poeti che si è soliti definire eterne e i cui personaggi, riposti i costumi del romanzo e della rappresentazione, non hanno epoca e neppure nazionalità definita. Proprio perché immutabile è la scena e l’arnbiente di vita e immutabili sono i sentimenti degli uomini, eterni e quindi moderni e quindi attuali sono e rimangono gli eroi della tragedia greca, i personaggi di Shakespeare, Don Chisciotte e il Dottor Faust e, con le dovute differenze. le creature di Molière e di Goldoni e le maschere del teatro popolare.

Ma forse questa mia risposta potrebbe risultare troppo semplicistica e sbrigativa e apparire maldestro tentativo per concludere che l’ideologia massonica, squisita sintesi politica, nel senso etimologico della parola, e quindi morale, costituisce una concezione inimitabile di vita sempre e comunque in armonia con i tempi.

Per completare e migliorare la risposta cercherò di appellarmi a quella saggezza popolare forse un po’ ingenua, magari troppo disponibile ma solo apparentemente contradditoria che con tanta sicumera talora rammenta che «nulla di nuovo avviene sotto il sole» rna per ammonire subito dopo, con un ‘velo di rassegnazione, che «i tempi cambiano» o talora, con maggior senso di nostalgia e di rammarico, che «i tempi sono cambiati».

Si potrebbe allora concludere che pur nella immutabilità di quei parametri rappresentati dai sentimenti eterni degli uomini, ogni epoca non sfugge ad una sua caratterizzazione in funzione di tutta una serie di elementi culturali, scientifici. artistici, religiosi, politici, tanto è vero che, a distanza, possiamo ricordare secoli bui c secoli brillanti, secoli in cui sembra prevalere un oscurantismo senza speranza e secoli in cui sembra di assistere ad una rivincita dello spirito quasi ad una sua rinascita, forieri talora di aneliti e di messaggi d’avanguardia.

La lontananza di quelle epoche, il comprensibile distacco dei nostri cuori e delle nostre menti dai tanti episodi che si sono succeduti, la possibilità di un ‘analisi storica a posteriori che colleghi in grossi capitoli gli avvenimenti salienti del passato facilita l’opera dello storico e consente ai posteri una più semplice anche se spesso grossolana catalogazione che permette con una certa facilità di apporre una etichetta, talora anche azzeccata, ai periodi storici del nostro passato.

Non diversamente i nostri posteri potranno esprimere un più distaccato giudizio in merito a questa nostra epoca, ulteriormente agevolati per la quantità di messaggi, di documenti, di ricordi che il progresso loro concede. Ma noi, attori di quest’epoca, partecipi interessati di queste nostre vicende, protagonisti, spettatori o vittime del momento attuale, con quale superbia c quanta presunzione possiamo permetterci un giudizio sereno, impersonale, disinteressato? Potremmo essere enfatici o entusiasti citando tutta una serie di conquiste e di successi della nostra civiltà o potremmo essere troppo severi censori dei tanti aspetti negativi che la contraddistinguono.

Non credo sia possibile aggiungere nulla di nuovo o di originale a quanto è già stato detto in merito alla nostra epoca, tanto frequentemente anche nell ‘ambito della nostra Organizzazione, né intendo indulgere ad una critica già fin troppo severa: credo semplicemente di poter configurare e comprendere gli aspetti più deteriori del tempo che viviamo nello sbigottimento che si pervade di fronte alla povertà morale, alla mortificazione della spiritualità c alla disperata ricerca di riferimenti. Appropriandomi di un titolo ad effetto potrei definire la nostra quale I ‘epoca della «caduta degli Dei» e dobbiamo tutti riconoscere con

umiltà e coraggio che nel corso della nostra vita, per ciascuno di noi, anche dei più forti, quegli «Dei», cui ci ispiravamo ancora nella nostra infanzia e nella nostra adolescenza, hanno almeno vacillato.

Ai mali che angustiano questa nostra epoca si aggiunge il sempre più diffuso disinteresse di gran parte della gente nei confronti dei tanti problemi contingenti, la sempre maggior renitenza riguardo la gestione della cosa pubblica, la rassegnazione serpeggiante che oggi riesce persino a condizionare quella fondamentale manifestazione di democrazia che è costituita dall ‘esercizio del voto.

Ed ecco allora che la risposta alla nostra domanda trova una sua maggior completezza: è proprio nei periodi in cui maggiormente incombono crisi morali, spirituali, esistenziali, in cui più intensa e sofferta è la ricerca di punti di riferimento che gli uomini dotati di “virtute ed intelletto” c soprattutto forniti di buona volontà debbono ricercare in se stessi la forza per risvegliare le coscienze e per dare ciascuno un personale contributo al riscatto dalla rassegnazione, dall’abulia, dall’inerzia. In questa operazione, squisita espressione di nobile volontariato umanistico e sociale, i massoni non possono che essere in prima linea: presenti ed educati in una scuola iniziatica e compresi dei suoi insegnamenti, essi fruiscono del vantaggio di potersi ispirare a quegli ideali che già in altri tempi hanno offerto prova di indiscussa validità e che possono costituire un sicuro riferimento in questa epoca di decadenza dei valori spirituali. Solo con il conforto del loro recuperato entusiasmo. l’Organizzazione potrà, a sua volta, attingere e validamente utilizzare preziose riserve di intelligenza, competenza, energia per continuare ad esprimere, attraverso i suoi uomini, come è suo costume, la sua funzione sempre attuale di aiuto al progresso della comunità.

Se è vero infatti che la modema Massoneria nasce solo all’inizio del 1700 con le costituzioni di Anderson, altrettanto noti sono i riferimenti a movimenti iniziatici ben più antichi.

Si tratta di movimenti che, pur con differenti connotazioni, si propongono con periodica ricorrenza in tutte le epoche dall ‘antichità ad oggi.

Attraverso ad essi si è realizzato, di volta in volta, un tentativo “di accostarsi alla divinità che si differenziava da quello peculiare del culto pubblico e privato’ .

E non è casuale che tali culti misterici si siano formati soprattutto laddove li favorirono particolari circostanze storiche, politiche. culturali, in particolare quando si verificavano decadenza delle religioni, appannamenti degli ideali (e perchè no, delle ideologie), crisi delle coscienze.

Non sembra quindi difficile cogliere la sottile analogia Ira la moderna Massoneria e le correnti iniziatiche cultrici dei misteri elensini o di quelli orfici o ermetici o dionisiaci o con gli stessi Cristiani delle catacombe. Ancor più facili da riconoscere sono i rapporti tra la moderna muratoria e correnti iniziatiche sviluppatesi culturalmente nell’oscurità della notte medievale, nei chiostri dei conventi, fra gli architetti delle cattedrali, tra i cavalieri delle Crociate che trovarono i loro esponenti più noti negli Alchimisti, nei Templari, nei Rosacrocc. E ancor più facile e comprensibile sarebbe analizzare ed interpretare le matrici della muratoria moderna alla luce degli aneliti riformatori del Rinascimento, degli effetti sconvolgenti della rivoluzione scientifica del seicento e infine, e soprattutto, degli influssi culturali, sociali. spirituali provocati dall ‘Illuminismo.

Erede e depositaria di un messaggio iniziatico di così lunga e consumata tradizione, la Massoneria, da corrente di pensiero può trasformarsi, specie in certi momenti, in vera e propria scuola di vita, capace di offrire agli uomini un insegnamento morale e comportamentalc. Essa ripropone infatti in ogni tempo quei suoi ideali che, ispirati alla libertà, alla tolleranza, alla fratellanza e soprattutto alla costante e fiduciosa ricerca della verità, possono dar vita a momenti liberatori e possono costituirc valido strumento per superare Ic più comuni passioni e le ricorrenti debolezze.

Tali ideali sono cterni nell ‘uomo e vivono nei tempi e ancorché sembrino talora sopiti nelle coscienze, improvvisamente rinascono come la mitica fenice e si ripropongono con sempre rinnovata vitalità.

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LA STELLA DEL MASSONE ERRANTE

LA STELLA DEL MASSONE ERRANTE                                       

di Roberta Belluati

In un testo taoista racconta Ciuang-Ze: “Sognai una notte di essere una farfalla che volava contenta della sua sorte; poi mi svegliai ed ero Ciuang-Ze. Chi sono in realtà? Una farfalla che sogna di essere Ciuang-Ze, o CiuangZe che sogna di essere stato una farfalla? Ci sono nel mio caso due individui reali? O vi è stata trasformazione reale da un essere ad un altro? Né l’ una, né l’altra cosa: vi sono state due modificazioni irreali dell’ essere unico, della forma universale, nella quale tutti gli es seri, in tutti i loro stati sono Uno”.

Il sogno è quello stato che permette all ‘uomo di identificarsi con altri esseri ed essere contemporaneamente se stesso. Esso è in questo senso indicativo di un rapporto relazionale tra unità e molteplicità, attestando della presenza di queste due modalità all ‘interno dello stesso essere umano. I testi vedici (Mandujya Upanishad), nella considerazione degli stati molteplici caratterizzanti tale essere: veglia, sogno, sonno, descrivono quello di sogno come la condizione Taijasa (sscr.), letteralmente “luminosa”, in quanto definita dall’elemento igneo (sscr. Tejas), costituito dalla luce e dal calore. Queste componenti ignee hanno relativamente all ‘uomo il [oro corrispettivo rispettivamente nel sistema nervoso e nel sangue, in quanto canali conduttori delle energie vitali (sscr. Nadi) a livello sottile, psichico, dominio dell’anima. Essi costituiscono il collegamento tra l’anima e lo stato corporeo. E nel sogno che l’anima produce un mondo che procede da sé, secondo combinazioni simboliche, che riguardo allo stato vigile di veglia, costituiscono possibilità più estese, essendo mescolati i tempi ed interpenetrati gli spazi, in un procedere pluridirezionale, “stellato”. Ecco come il simbolo della stella si può collegare simbolicamente alla sfera psichica.

La stella presente nella simbologia massonica sia nella volta del Tempio che singolarmente, come strumento del Compagno, indica  l’orientamento in virtù del suo fiammeggiare. Ciò che conduce alla ricerca dell’iniziato è il principio cognitivo non correlabile ad un metodo sistematico in cui sia implicito il compimento metafisico, ma piuttosto al movimento del pensiero che non si compie, restando fedele a se stesso, in itinere. Osservandone la geometria, la stella appare disegnata da alcune linee intersecantesi a formare una struttura ultimamente non lineare, che ne permette l’inquadramento nel cerchio. Prendendo tali linee a rappresentare la direzione lineare del metodo logico di causa-effetto, riferibile ad un pensiero che coincide con ta realtà secondo l’antico adagio dell ‘adaequatio rei et  intellectus, si può notare come tale direzione contribuisca a costituirne la forma, ma non ad esaurirla. Concorrono infatti alla sua formazione altre linee che esplodono da un centro incoglibile, in senso irradiante, pluridirezionale e descrivono un movimento a raggiera, circoscrivibile in una forma circolare dinamica (il movimento è infatti indicato dal fiammeggiare della stella stessa). Il senso pluridirezionale viene così a corrispondere all’approccio cognitivo polisemico, secondo le differenti letture che possono essere fatte di una stessa realtà e dunque secondo diverse modalità comunicative tra i molteplici stati dell’essere. L’uso della logica unidirezionale nel metodo stellato appare in questo modo ridotto o comunque non assoluto o privilegiato, di fronte ad un processo dinamico asistematico, che si sviluppa secondo il principio dell’affermazione multipla o della regioni coesistenti (la pluralità dei sensi del Senso inafferrabile), oltre il metodo di confutazione, fondato sul principio di non contraddizione e di ragion sufficiente. L’approccio cognitivo è cioè, in ultima analisi, definito secondo la probabilità e l’orizzonte congiuntivo. In particolare il principio dell’affermazione multipla, all’ insegna della comunicazione e dellinterdisciplinarietà, celebra più che una ragione totalitaria, una ragione creatrice, dubbiosa ed al contempo continuamente motivata ad esplorare la vita, secondo l’apertura a 3600 del compasso, in quanto coadiuvata dalle altre facoltà dell’anima.

Il procedere a raggiera in senso pluridirezionale dice di una rete significativa che sollecita la ricerca in avanti rimanendo allo stesso tempo cosciente della memoria di una genesi. Si tratta di una sollecitazione permanente che permette di stabilire livelli interpretativi differenziati, che si sovrappongono e si combinano, senza reciprocamente  escludersi, il cui continuo urto spinge a sempre nuove intuizioni. È il ragionar sognando o il sognare ragionando. La ricerca dei sensi avviene attraverso la struttura associativa, fatta di corrispondenze significative e rigorose ove ogni elemento è logicamente associato al contesto e dove lo sbocco si iscrive ogni volta nell ‘innovazione, nella nuova prospettiva che conserva il ricordo della retrospettiva, secondo la consequenzialità, l’analogia o la contraddizione ed il paradosso. La tendenza logica si avvale così della tendenza intuitiva, di quel ‘supplemento d’anima” che ha segnato la dinamica massonica nel suo procedere innovativo nei secoli, rispetto al pensiero e alla vita, alla teoria ed alla prassi, considerati a campi unificati.

Si ritorna così al fiammeggiare della stella, simbolo dello stato animico, il cui principio igneo veniva già da Eraclito definito in termini divini (è nota peraltro la corrispondenza etimologica greca di theiov e theios, tra gli aggettivi sulfureo e divino):

“11 dio è giorno notte, inverno estate, guerra pace, sazietà fame: differisce come “il fuoco” che, quand’è unito agli aromi, prende il nome  dal piacere proprio a ciascuno di essi’ (Fr.A91).

La stella è dunque rappresentativa del logos stesso, parola della mente, analoga alla Parola dell ‘Origine, alla Parola della Genesi che nel movimento creativo divide e riunisce. Parola originaria impronunciabile eppure evocatrice, indicativa nella sua risonanza di un quid inafferrabile, di un’origine continuamente sottratta, di un vuoto incolmabile, ma in quanto tale produttivo della polisemia analogica, dell’interpretazione infinita, del movimento di fuga dello stesso pensiero. Logos ana-logos, parola e trasgressione. Parola dunque essenzialmente poetica. il cui dire è contemporaneamente impossibilità del dire stesso, nella fuga verso I ‘oltre, in quanto il suo limite risiede nel nascondimento della sua origine: che in quanto tale permane irraggiungibile, pur costituendone l’essenzialità. Parola che è al contempo suono e silenzio essendone la relazione.

Razionalità e irrazionalità (sovrarazionalità), logica della misura e logica della dismisura risultano molto più interconnesse di quanto non appaia a prima vista. E infatti il linguaggio l’ambito strutturato della logica, della geometria, delle scienze, le quali sviluppandosi in equilibrio e misura giungono a toccare la soglia della sovrarazionalità. Il modello logico-matematico dell’adaequatio rei et intellectus è infatti indicativo della trasparenza e coerenza e dunque nella conoscenza analitica chiara e distinta, propria del sistema dualistico oppositivo, con le antinomie del vero e del falso, del bene e del male. Ma il numero matematico stesso nel suo aspetto trascendente con le connessioni infinite che esso indica, oltrepassa la connotazione logica di tipo dualistico, comprendendo in se stesso l’eco dell ‘oltre. Le due modalità razionale e irrazionale dunque si compensano e si compenetrano a livello d’impossibilità cognitiva di tipo unitario la prima e d’impossibilità cognitiva di tipo definitivo la seconda. Un’aporia del pensiero che, da qualsiasi lato la si osservi, definisce un’impotenza appropriativa riguardo l’origine ed il fine. Ma è tale impotenza, tale incompiuto del pensiero a conferirgli ricchezza e fecondità.

Pertanto oltre il postulato filosofico dell ‘identità di essere e pensare, della simultaneità assoluta negatrice del tempo e della storia, che ha segnato profondamente il pensiero e la vita dell’Occidente, ecco riemergere ancora oggi l’attualità del metodo simbolico massonico (inteso • come processo e non come sistema), coniugante mito e ragione, sogno e realtà, quali dimensioni irriducibili. Ne emerge l’ uomo nella sua dimensione autentica, relativa non solo al presente, ma anche al passato, inteso come  memoria storica ed al futuro, inteso come sogni, utopia. E propria del simbolo infatti la trasposizione analogica che permette una lettura della realtà a più livelli (da quello letterale a quello profondo) nella considerazione di una “verità” che eccede la ragione, richiedendo l’utilizzo delle altre facoltà dell’anima, quali la memoria, l’immaginazione, la fantasia, l’intuizione, secondo l’adesione ad un progetto creativo in continuo divenire e dunque secondo una libertà creatrice. Un tipo di conoscenza che definisce un ‘indefinibile processo inarrestabile, illimitato, connotato dal limite di ogni traguardo, affermabile solo contestualmente e non assolutamente, in quanto relativo.

Arte interpretativa, ascolto del silenzio, invenzione analogica, sono resi possibili dal linguaggio simbolico, che traduce il mistero in parole propriamente non tali, trattandosi più di interferenze associative che oltrepassano la definizione stessa di parola. Questa “irreale realtà” sempre in fieri, sempre da ricostruire, mai compiuta, questo continuo ritorno a compiti sempre ripresi e sempre da riprendere, suggerisce all’uomo la necessità di rompere continuamente il Senso per far emergere significazioni nuove, scorrevoli tra differenti registri della  realtà, secondo risonanze infinite. Questa irreale realtà costituisce l’erranza essenziale secondo un appello venuto dall’ombra, l’itinerario incompiuto del massone alle soglie della poetica dell ‘essere che, alla stregua della stella, si situa sempre altrove e altrimenti, semplicemente indicando e in tale indicare trasformando I ‘errante in un Testimone dell ‘infinito.

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L’ANTIMASSONISMO

di Elio Ambrogio

L’antimassonismo, per l’Occidente, è diventato una categoria dello spirito o è un fatto storicamente ben individuato? In altri termini, c’è la speranza che l’antimassonismo si attenui o addirittura scompaia col mutare della mentalità, della cultura, delle condizioni storiche e politiche della nostra civiltà occidentale?

Sono queste le domande, non espresse ma ugualmente evidenti, che si sono posti gli organizzatori, i relatori, i partecipanti al convegno “Dal congresso antimassonico di Trento del 1896 al diritto di associazione”. L’incontro, che si è tenuto all’Hotel Mediterranèe di Sanremo il 16 e 17 novembre 1996, è stato organizzato dalla Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori all’Obbedienza di Piazza del Gesù-Palazzo Vitelleschi in collaborazione con il Centro per la storia della Massoneria, il Comitato italo-francese di studi storici, l’Istituto per la storia del Risorgimento (comitato di Cuneo). La direzione scientifica è stata affidata allo storico Aldo Alessandro Mola.

La caratterizzazione internazionale del convegno ha permesso di porre a confronto diverse situazioni ambientali in cui opera la massoneria nel mondo. Le varie gradazioni dell’antimassonismo sono così state evidenziate sotto un aspetto comparativo e ricostruite secondo un percorso storico molto articolato.

Dal “taxilismo” ottocentesco e dall’avversione che tutti i totalitarismi hanno sempre dimostrato nei confronti della Libera Muratoria emerge il quadro di una complessiva visione antimassonica che quasi sempre si intreccia inestricabilmente coi giochi di potere e con maneggi politici di livello più o meno elevato. La massoneria, in altri termini, ha attirato su di sé anatemi, scomuniche, sospetti e persecuzioni ben oltre quanto avrebbe meritato su di un piano di pura condanna morale e religiosa o su quello della pura contrapposizione culturale e ideale. La massoneria è sempre stata anche un fatto politico che, come tale, non poteva non alterare equilibri e zone di influenza dei poteri tradizionalmente costituiti, in particolare quelli statali e quelli ecclesiastici. Di qui un antimassonismo che non avrebbe potuto

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sopravvivere sul solo piano culturale e ideale, se non fosse stato supportato da volontà ben strutturate e molto solide perché rappresentative di “poteri forti”, M. Cristina Pipino Ferrari, ad esempio, ha ben delineato l’inserzione del taxilismo e della Lega Antimassonica nel quadro delle rivalità politiche dell’Italia “fin de siécle” e della sua diplomazia europea. Situazioni immaginarie come quelle peraltro realisticamente descritte da Leo Taxil o personaggi mistificati o mistificanti come Diana Vaughan, in perenne oscillazione fra immaginazione e verisimiglianza, nascono però — quasi sovrastrutture marxiane — dalla realtà concretissima di quegli scontri di potere che ogni epoca ha sempre conosciuto.

Le relazioni di Daniel Ligou, di José Ferrer Benimeli, di Rosario Esposito, di André Combcs hanno evidenziato questo sviluppo di forze e di interessi che rende faticosamente percorribile la foresta dell’antimassonismo storico.

Ma dal convegno, emerge anche l’esaltazione e il potenziamento dell’antimassonismo nei regimi totalitari che, per definizione, non tollerano contropoteri, neanche spirituali. Sanchez Ferré, Eduard Boeglin, Luigi Pruncti, Aldo Mola ne hanno analizzato le fattezze politiche  nel quadro di un generale declino delle tradizioni più squisitamente umanistiche  di razionalità, di tolleranza, di libertà che sono l’eredità spirituale più preziosa della civiltà europea. Tra il declinare del] ‘800 e la metà del secolo successivo, la Massoneria si trova a fronteggiare — nelle  parole di Aldo Mola — “le offensive antimassoniche convergenti di clerico-reazionari, nazionalisti fanatici, socialmassimalisti: la follia che alimentò poi la conflagrazione europea del 1914 e i totalitarismi che ne scaturirono: Terza Internazionale moscovita, fascismo, nazismo, franchismo…

Una convergenza di forze oscure che avrebbe schiantato qualunque altro movimento ideale.

La relazione di André Combes (“La Francia verso la legge sulle associazioni (1896-1901) ha posto poi il tema e il problema che sono stati dibattuti domenica 17 novembre: la libertà di associazione ai nostri giorni. Mentre la Francia possiede una legge sulla libertà associativa sin dal 1901, l’Italia ne è priva, fatto che lascia mano libera ad ogni moto di insofferenza politica, ad ogni capriccio dei pubblici poteri nei confronti di associazioni come la massoneria. E stata pertanto ribadita la necessità di una legge in tal senso che ponga la massoneria — ma anche le altre associazioni — al riparo da simili pericoli. Il fantasma dell’antimassonismo si aggira ancora oggi nei paesi civili e liberi, ma in Italia assume una preoccupante concretezza. II nostro paese ha infatti — anche a causa di una certa tradizione cattolica di sospetto e diffidenza che affonda le sue radici nella contrapposizione al laicismo e all’anticlericalismo risorgimentali — una storia di antimassonismo molto radicata, accentuata dai fatti ormai lontani, ma sempre presenti nell’immaginario collettivo, relativi alla loggia P2. Ciò che per altri paesi, dotati di un maggiore e consolidato patrimonio politico liberale e democratico, è ovvio, in Italia è aleatorio. Le associazioni, specie se difformi dallo schema comunemente accettato, continuano ad essere solo tollerate dai pubblici poteri. E tempo che si giunga a riconoscerle come titolari di loro propri diritti e doveri e si estendano a tutte le associazioni portatrici di valori socialmente apprezzabili quantomeno quei diritti e quelle garanzie che partiti politici e sindacati — che pure non hanno riconoscimento giuridico — sono stati in grado di riservare a sc stessi.

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