Tale
decisione, ponderata e, per quanto si sa, sofferta, appartiene a una sfera che
si sottrae al giudizio storico-politico ed è di assoluta e insindacabile
pertinenza delta Chiesa cattolica apostolica romana.
Crediamo
sarebbe quindi inopportuno, perché metodologicamente improprio, evocare, per
contrasto con tale decisione, le note dispute sulle decisioni da papa Pio IX
assunte quale sovrano dello Stato pontificio.
Quanto alla
valutazione delle molteplici condanne da papa Mastai pronunziate nei confronti
della Massoneria – su cui scrisse Rosario F. Esposito in Pio IX. La Chiesa in
conflitto col mondo (Roma, Paoline, 1979) -, occorre riflettere sulla
situazione storica nel cui ambito esse presero corpo: magistralmente
perlustrata da padre Giacomo Martina S.J. nella poderosa biografia di Pio IX
pubblicata nelle edizioni della Pontificia Università Gregoriana e frutto di
molti decenni di studio se-
vero.
Furono
tempi di animosità, pregiudizi, acredini di cui s’ebbe un estremo saggio con
l’aggressione al corteo che nottetempo il 13 luglio 1881 traslava le spoglie
del papa da San Pietro a San Lorenzo fuori le Mura: vicende che l’Italia laica
non può certo ascrivere a propria gloria.
In
quest’occasione, come di sua norma, la Chiesa cattolica ha maturato un giudizio
che trova le sue motivazioni al proprio interno.
La lezione
da trarne è che altri Ordini, altre Istituzioni sappiano fare altrettanto del
proprio passato, senza farsi prestare canoni di valutazione e metri di giudizio
da poteri esterni — men che meno dai tribunali profani —, bensì in coerenza con
i propri statuti e la propria Storia . Beato dunque Pio IX che trova nella sua
beatificazione un punto d’approdo delle lunghe controversie sulla sua Figura.
E beati
quanti sapranno fare altrettanto di sé e del loro passato, nell’ ambito della
propria competenza.
La metafora
del viaggio, tanto cara ai Liberi Muratori, ricorre spesso nel pensiero di
Marco Aurelio Antonino, l’imperatore-filosofo raramente ricordato nei nostri
templi. Troppo raramente. Se vado indietro con la memoria, trovo una sola
tornata a lui dedicata. Per la precisione, meditammo su una parte del paragrafo
3 del libro III. Ti eri imbarcato, hai
navigato, ora sei giunto in porto: scendi dunque dalla nave.
Marco
prendeva nota dei suoi pensieri negli accampamenti danubiani, fra il 172 e il
180 dopo Cristo. Aveva dunque superato la cinquantina e — per la sua epoca —
era già avviato verso la vecchiaia. L’addio al viaggio della vita, la discesa
all’ultimo porto, sono allora espressione della malinconia d’un anziano?
Tutt’altro: il suo brogliaccio di pensieri (che noi usiamo intitolare Ricordi)
era una vitalissima palestra morale, un esercizio per mantenere in forma
eccellente i muscoli dello spirito.
Il libro
di Marco aveva per titolo Cose per se stesso; s’indirizzava ad un unico lettore
(se stesso, appunto) e probabilmente sarebbe stato distrutto se la morte non
avesse colto l’autore all ‘improvviso. Anche da ragazzo, infatti, Marco
scriveva molto e poi distruggeva: poesie, arringhe di cause immaginarie,
orazioni. Tutto materiale da esercitazione. Lo sappiamo dalle lettere che
mandava al suo maestro di retorica (il quale invece conservava ogni scritto del
giovane patrizio). Quando dalla retorica passò alla filosofia degli stoici, Marco
era già esperto di esercizi: che non furono più intellettuali ma divennero
esercizi spirituali.
Dalla sua palestra morale, Marco si
attendeva la forza per essere atleta
della più grande delle lotte, quella di non lasciarsi abbattere da nessuna
passione, imbevuto di giustizia sino in fondo, disposto ad accogliere tutto ciò
che venga assegnato dal destino. Ci riuscì’? La sua biografia sembra
confermarlo.
Non ricchissimo, Marco era cresciuto a
Roma, nella bella casa del Celio, fra boschi di querce. Non
ebbe modo di annoiarsi; a sette anni cominciò il suo tirocinio al servizio
dello Stato: entrò nel gruppo dei Salii, i sacerdoti di Marte, e prese molto
sul serio i suoi compiti. S ‘impratichì delle danze e dei salti sacri, imparò a
memoria le formule da recitare nell’ormai incomprensibile latino arcaico (gli
altri dovevano leggerle, tanto erano ostiche). Raggiunta l’età adulta, seppe
evitare mirabilmente l’avidità e la rapacità del potente. Non si lasciò mai
prendere dalla spirale del lusso e del danaro. Anzi, rinunciò a vistose fette
di eredità in favore di parenti. E quando, ormai imperatore, i reduci dalla
guerra d’oriente portarono la peste, Marco non esitò ad aprire le casse dello
Stato, e le sue proprie, per elargire sovvenzioni alla gente colpita dalla
carestia e dai lutti. Intere legioni vennero inghiottite dalla terribile
epidemia. Proprio al[ora i barbari del nord si ribellarono, attraversarono le
Alpi, occuparono Aquileia.
Ancora
una volta Marco Aurelio mantenne una stoica calma e armò un esercito a
pagamento, fatto di schiavi,’ di gladiatori, di altri mercenari. E lo affidò
agli impareggiabili istruttori delle legioni. Ma intanto occorreva danaro.
L’imperatore mise all’asta il palazzo imperiale: statue, ori, scrigni,
ornamenti, persino le vesti dorate dell ‘imperatrice. Venne fuori anche il
tesoro segreto di Adriano (nonno adottivo di Marco) costituito dalle più belle
gemme che si potessero raccogliere in Asia. Due mesi durò l’asta. Infine Marco,
il mite filosofo, lo studioso che passava le notti a leggere e scrivere, partì
per le pianure danubiane. Andò a combattere e a vincere.
Sotto la
tenda scriveva, continuava ad allenare lo spirito, si esortava, si ammoniva.
C’è un bruciante promemoria Bada a non
incesarirti che è stupendo, detto da un Cesare (V1,30). Ci sono certe
luminose elevazioni al di sopra del contingente, della sua qualifica imperiale,
del
suo rango; Come Antonino ho per patria
Roma, come uomo ho per patria il cosmo (VI,44). I Ricordi indugiano spesso sulla
morte, sulla caducità della vita. Pensieri d’apparenza asettica che celano lo
strazio di un padre che aveva visto morire otto dei suoi quattordici figli,
tenere foglioline cadute dal grande albero della vita. Sono note tracciate con
pudore dei sentimenti, con l’intento di superare il dolore (o almeno di
controllarlo). Il libro a se stesso punta dunque all’accettazione, e può
apparire un po’ triste se non teniamo presente l’intento energetico di quelle
pagine, il loro valore di quotidiano esercizio atletico.
Ma dobbiamo resistere alla tentazione
di addentrarci nella struttura del libro. Teniamoci fermi alla metafora del
viaggio, leggendo il passo IV,3 che sicuramente troverà e chi attualissime in
molti massoni. Scrive l’imperatore: Vanno
alcuni alla ricerca di luoghi in cui ritirarsi, chi nei campi, chi lungo la
riva del mare, chi sui monti. E tu stesso hai l’ abitudine di desiderare tutto
ciò. Ma è cosa stoltissima, dal momento che tu puoi, sempre che voglia,
ritirarti in te stesso. Poiché l’ uomo, in qualunque luogo si rifugi, non ne
troverà mai uno più quieto e Più libero da brighe di quello che può offrirgli
l’anima sua; specialmente se porta dentro di sé tali principi che, col solo
affacciarsi a contemplargli, acquista immediatamente un’ intima tranquillità,
un ordine perfetto.
I piaceri
che Marco si rimproverava erano semplici: cavalcate, vendemmie, visite all
‘antica e misteriosa Anagni, pacifiche giornate campestri passate in compagnia
di libri. Forse Marco li ricorda per scacciare la nostalgia, sentimento
pericoloso che distrae dal dovere presente, dall’azione militare.
Perché Marco
era sì stoico, ma romano e imperatore. Ogni convinzione, ogni azione è
illuminata da un eroico senso del dovere. Non
nella passività, ma nell’attività consiste il bene (e il male) dell’ essere
ragionevole e socievole (IX, 16). Passando dalla vita sociale alla vita
personale e morale, il tono non cambia:
Non è più tempo di discutere intorno a ciò che deve es-
sere l’ uomo dabbene, ma
di cominciare ad esserlo coi fatti.
L’azione e
l’adempimento del dovere sono per Marco Aurelio il necessario corollario della
filosofia che, altrimenti, resta vago sentimentalismo e diventa comodo alibi
per l’egoista. La costruttività massonica può trovare molte conferme in tale
atteggiamento; molti spunti di riflessione.
Così
cominciamo ad inquadrare meglio l’invito a rifugiarsi in se stessi. Non è il pigro
adagiarsi sulla personalità esistente (inizialmente rozza, squilibrata).
Sarebbe di
scarsa utilità affacciarsi sulla propria interiorità e scoprirvi un panorama di
insicurezza, rancori, ansietà, amarezze. Marco suggerisce di attrezzare il
rifugio interiore con princìpi tali da comunicare immediatamente un ordine
perfetto. I princìpi (Marco lo dimostra continuamente) non sono formule
astratte, sono un rallentamento di vita, sono un costante atteggiamento
spirituale. Tutto il libro dei Ricordi è un manuale per trasformare il rifugio
interiore in luminoso — e vivente — santuario della filosofia. Solo allora esso
avrà la funzione rasserenante e ritemprante che Marco promette.
Il ripiegarsi
su di sé, come un gatto acciambellato, allude a un viaggio della vita, ad
andamento circolare. Si parte dall’io, ancora opaco e inconsapevole, si viaggia
nella conoscenza, si torna colmi di ricchezza interiori. Sulle quali, per dirla
con Marco, ci si può affacciare felicemente. Tutto ciò è già un viaggio
magnifico. Ma esiste un viaggio ulteriore, quello ad andamento lineare,
ascendente e dritto come una freccia scagliata contro il cielo. E i] viaggio
della suprema iniziazione, che abbandona per sempre il punto di partenza.
Potremo dire che l’io si sposta sul Sé e che questo punta a Dio.
Mi piace
immaginare che questo sia stato il percorso di Marco Aurelio: egli aveva
ricevuto I ‘iniziazione a Eleusi e non era uomo da contentarsi d’una semplice
cerimonia, una specie di laurea ad honorem. Colui che da bambino fu sacerdote
di Marte, certamente divenne un iniziato perfettamente consapevole dei Misteri.
Quando lasciò i gelidi accampamenti per salire all ‘Oriente
eterno, forse Marco mormorava ancora: Tutte
le cose sono collegate le une con le altre, e sacro è il filo che le
avvince. Uno è il mondo e uno il Dio che tutto pervade (VII,9).
Ha ragione lo storico francese Daniel Ligou, autore del
noto “Dictionnaire de la FrancMaçonnerie” quando sostiene che ben
poco di egiziano è presente nei riti cagliostriani di Memphis e Misraim:
“Ce rite “égyptien” est peu égypticn…••
Agli
effetti i riferimenti all’Egitto e alla sua ritualità sono assenti o appena
sfiorati nei limiti di qualche accenno minimo e stereotipo. L’ossatura del rito
massonico è di estrazione ebraico-cabalistica come la totalità di questo genere
di sistemi iniziatici.
Secondo
lo stesso Ribadeau Dumas, Cagliostro, infervorato dalla moda dilagante per
l’Egitto, volle dedicare a questa terra la sua complessa opera a metà tra
alchimia, filosofia esoterica e misticismo. Però è vero che proprio dalla
civiltà egiziana era scaturito ogni sapere ermetico di cui tutta la Cabalah è
necessariamente infarcita. Quindi parrebbe, quella del di Guido Guidi Guerrera
mago, un ‘opera di recupero delle radici al di là dei
segni esteriori con la ricerca di una verità protoarcaica e oltre qualsiasi
ristretto confine.
“Altotas mi parlava spesso delle
piramidi, degli immensi sotterranei scavati dagli antichi egiziani per
custodire e difendere dalle in2iurie del tempo il prezioso patrimonio della
sapienza umana . . . “. Sono parole queste che rivelano tutta la forza
suggestiva della Terra del Nilo su un animo assetato di certezza e di mistero,
infiammato e influenzato dagli insegnamenti del sapiente Altotas.
Fu costui ad iniziare il Grande Cofto
ai misteri di Iside e di Osiride ed è dal suo sapere che derivano non solo i
presunti poteri magici di Cagliostro ma l’intera formazione esoterica.
Se fosse. Altotas, un ciarlatano. una
specie di esaltato mitomane o un autentico iniziato all’Ars Regia è impossibile stabilirlo.
Cagliostro lo incontrò in una locanda
di Messina e ne rimase subito affascinato. Si esprimeva in un guazzabuglio
linguistico anche se sosteneva di essere un po’ greco, un po’ spagnolo c si
vantava di conoscere portentosi segreti alchemici. come la famosa “polvere
di proiezione”. nonchè di possedere miracolose doti di guaritore.
Probabilmente la trasformazione di
Balsamo in Cagliostro parte proprio da questo punto: fatto che indubbiamente
dimostra come Aitolas pur nella sua strampalatezza abbia gettato i semi di una
evouune verso nobili conquiste spirituali.
Da questa specie di personaggio guardjjeffiano
ante litteram Cagliostro apprende il fondamento di ogni esperienza magica che è
costituito dalle varie fasi alchemiche. Ogni parte del Rito Egiziano è specialmente
pervasa da questo dettato ermetico volto ad alludere ai passaggi tradizionali
che dalla cosiddetta Opera del Corvo o al Nero portano attraverso la “rubedo”
alla scoperta dell ‘Oro dei Filosofi.
Al rito
partecipano oltre al Maestro, il Grande Cofto, dodici “profeti” e
sette “sibille”. Tutti sono tenuti all’obbedienza verso una serie di
imperativi e di comandamenti, tra cui spicca la tolleranza rispettosa dell’universalità
delle religioni e della dignità umana, nonchè il perseguimento del bene
assoluto.
Una
volta nel suo archetipo di Hermes Thoth, un ‘altra in quello di serpente,
signore del tempo e della vita, Mercurio viene “ucciso” ritualmente
dagli adepti maschi e dalle “sibille”.
Questa
sorta di “estrazione mercuriale” rappresenta la base sostanziale del
Rito Egiziano con tutte le significazioni possibili tanto di natura alchemica,
che di valore magico-esoterico.
L’iniziato
colpisce la parte “volatile” e irrazionale del proprio sè e la uccide
per dar luogo a una palingenesi finalizzata alla fissazione dell ‘idea nella
forma. Gli echi della dottrina ermetica egizia appaiono più evidenti evocando
una forza archetipa come I ‘Ermete Trismegisto dentro il quale si agitano e
congiungono i duplici bipolari aspetti dell ‘ermafroditismo. Tanto al fratello
di sesso maschile che alla sorella vengono additati i mezzi esplorativi del
proprio sè che portano dopo un travaglio iniziatico di tipi isidino-apuleiano
alla perfetta fusione animus-anima.
Probabilmente
l’intero rito di Memphis e Misraim sebbene sia, come sia considerato, costruito
su modello cabalistico, con l’inevitabile frequentazione di forme angeliche
nonchè di figure legate alla geometria sacra e a certi nomi divini ”di
potenza”, risente di una formazione magico-esoterica assai vicina a culti
primordiali. Questi ultimi sono stati mescolati ad altri più recenti di
impostazione “salomonica” e rosacruciana, con l’inevitabile aggiunta
di qualche medievalismo come nel caso della consacrazione degli “strumenti
dell’arte”.
Se non
fosse per la puntuale osservanza di regole astrologiche e
planetario-analogiche, leggendo le “Quarantene” verrebbe in mente più
di una correlazione con quel sistema di espirazione e affermazione spirituale
noto come •’La Magia sacra di Abramelin il Mago”
Si
tratta di un testo non conosciutissimo di autore ignoto, anche se pare
probabile si tratti di un ebreo convertitosi al cristianesimo. Nel libro si
prescrivono diverse norme comportamentali per giungere a una degna evoluzione
che assicuri il contatto con il cosidetto Santo Angelo Custode. Per questo è
necessario allontanarsi dal mondo per un periodo di tempo assai lungo (sei
mesi), utile alla totale immersione nella vita contemplativa. meditativa e
ritualistica.
Le
quarantene spirituali del rituale cagliostriano sebbene previste per un tempo
più breve, sembrano ricalcate dal precedente, almeno riguardo a quello che
concerne tutta una serie di privazioni, digiuni e di volontario annullamento
del significato stesso di fisicità corporale… Anche in questo caso tutto è
finalizzato alla “Visione benefica” grazie alla quale come spiega il
Dumas: “L’uomo si risolleva dalla caduta adamitica e si ricongiunge con la
primitiva divinità”. Il candidato dedica quotidianamente sei ore alla
meditazione, tre alla preghiera e ben nove alla preparazione e consacrazione di
strumenti vari e della pergamena vergine ricavata dalla pelle di un bambino
nato morto da una donna ebrea. Al termine della prova l’iniziando se è ancora
vivo e perfetta mente lucido avrà dagli angeli
la consegna delle parole di potere e del fuoco sacro contenuto in un sigillo
magico.
Aleister
Crowley grande e discussa figura di occultista vissuto fino agli anni quaranta
del nostro secolo, aveva tentato le prove iniziatiche di Abramelin, animato da
quella sincera e appassionata ricerca del proprio Angelo di Luce che sarebbe
stata l’ossessione di tutta la sua vita. Un po’ per volubilità caratteriale, un
po’ per ispirazione della sua fulgida intelligenza troncò quella esperienza
molto prima della prescritta durata, nonostante a Boleskine un posto vicino a
Loc-Ness avesse attrezzato il tempio come si chiedeva e avesse già constatato
l’addensarsi di “‘nere ombre” anche in pieno giorno.
Quasi con
certezza il mago inglese aveva compreso l’insussistenza della lettera del
programma iniziatico. Nc aveva perciò estrapolato la simbologia e l’arcanum
criptico chiuso nelle allegorici e difeso dalla capziosità di
“impedimenta”, impossibili da superare se non teologicamente
interpretati.
Cagliostro
costruì il suo sistema su regole dello stesso tipo: “Chi aspira a questo
ritirarsi nel Plenilunio di maggio con un amico di campagna ed ivi chiudersi in
una camera ed acovo soffrire per quaranta giorni una dieta estenuante con
scarsi cibi. per modo però che ogni refezione cominci col liquido, cioè colla
bevanda, e termini col solido, che sarà un biscotto o una crosta di pane”.
In seguito si richiede all’aspirante di procurarsi un certo numero di salassi e
di aspettare la caduta dei denti e capelli che rinasceranno prodromi di una
totale rigenerazione.
Se
queste indicazioni non fossero considerate nel loro valore esclusivamente
allegorico, l’incauto e stolto adepto si autoescluderebbe alla Conoscenza per
dichiarata insipiente inadeguatezza e certo ne morrebbe.
Da che
mondo è mondo ogni rito è stato sempre ammantato di una fitta rete di astruse e
inconcepibili pretese solo per misurare il grado di evoluzione intellettuale ed
esoterica del richiedente, proprio alla maniera dei cosiddetti “Koan”
della filosofia Zen.
ln
realtà l’intera Opus Iniziatica è sottesa da un continuo passaggio dalla Morte
del sole Osiride alla vita della luna Iside che fusi nell’atto sessuale cosmico
svelano il mistero dell ‘esistenza che è magia pura. Da questa sintesi nasce il
Mercurio dei Saggi che racchiude tutta la forza di Eros e Thanatos nel perpetuo
divenire degli eventi.
Forse come qualcuno ha sostenuto per
Crowley a proposito di Aiwass il ministro di Hoor-Paar-Kraat, anche la figura
dell ‘ineffabile Altotas potrebbe essere la dilatazione delle potenzialità inconsce di Cagliostro.
Poco importa se tanto Aiwass che Altotas possano vantare una propria autonoma
realtà: essi vivono ed esistono essenzialmente in funzione della personalità
dei maghi e della loro ricerca interiore.
Lo
stesso Eliphas Levi nella sua Storia della Magia tende a dimostrare il
significato criptico del nome Altotas che significherebbe ministro, messaggero
di Thoth, l’Ermete egiziano. Come poi il Crowley, Cagliostro perciò sarebbe
stato promotore e profeta di una riforma spirituale di impronta egizia in
costanza dell ‘Eone osiridiano che avrebbe ceduto il posto a Horus, il figlio
vendicatore.
Della logica legata al potere di
Osiride il cui Grande Cofto aveva intitolato molti dei suoi riti, sarebbe stato martire egli stesso pagando col prezzo
della vita il sacrificio al dio della passione e della morte. Forse, questo,
l’unico è più autentico messaggio esoterico di Alessandro Conte di Cagliostro.
Franz Liszt, compositore, pianista, direttore di orchestra,
ungherese, è considerato uno dei più importanti musicisti europei
dell’Ottocento (1811-1896).
Il valore e la portata della sua
attività, collegate a tutti i problemi essenziali della storia musicale europea
dal 1830 al 1880, acquistano un particolare significato dalla sua appartenenza
alla Massoneria.
Venne iniziato Apprendista nella
Loggia Zur Einigkeit all’Oriente di Francoforte nel 1841, ricevendo la nomina
onoraria di appartenenza per l’opera umanitaria e assistenziale da lui
esercitata; passò al Grado di compagno I ‘8 febbraio 1842 presso la Loggia
inglese Royal York alla presenza del principe Guglielmo, futuro imperatore, e
nello stesso anno al grado di Maestro nella Loggia Modestia cum Libertate di
Zurigo; infine nel 1870 gli venne conferito il grado di Maestro Onorario presso
la Loggia Zur Einigkeit all’Oriente di Budapest.
L’aspetto più interessante dell ‘opera sinfonica di Liszt è
il proposito di farsi capire dagli ascoltatori attraverso la Musica a
Programma. Scriveva egli stesso nel 1837: Il musicista che trae ispirazione
dalla Natura traduce in suoni i più intimi misteri del suo destino. Egli pensa,
sente, parla in musica; ma poiché il suo linguaggio, meno definito di tutti gli
altri, si piega a una moltitudine di interpretazioni diverse.
non è inutile che il compositore tracci con poche linee lo
schizzo psichico della sua opera, dica ciò che ha voluto fare, esprima l’idea
fondamentale della sua composizione.
Il programma poetico o letterario, anche se aggiunto a posteriori, è
essenziale per la comprensione da parte dell’ascoltatore; tenendo presente le
immagini gli stati di animo che hanno ispirato il compositore, egli può
sintonizzarsi con il musicista in una determinata sfera della conoscenza che
potrà, seguendo la musica, costruire e adornare con la propria fantasia.
Il compositore, scegliendo il soggetto della sua musica tra i
più nobili temi della cultura, contribuisce al suo arricchimento e alla sua
divulgazione presso il pubblico. L’artista svolge un compito sociale e
culturale lavorando per il progresso della musica e avendo a cuore il progresso
dell’ umanità. (R. Dalmonte – F. LISZT Feltrinelli). Per questo scopo i
fratelli massoni si riuniscono e Liszt doveva avere ben presente questo nobile
principio.
Les Préludes (d’après Lamartine) è uno dei
brani più famosi del musicista ungherese; vi si può riscontrare uno stretto
legame tra il pensiero musicale e il pensiero massonico che deve aver ispirato
il compositore. Per capire meglio il valore e i significati della musica è
opportuno conoscere il Programma, la meditazione del poeta francese Lamartine
anche se pare sia stata suggerita a posteriori dalla principessa Wittgenstein,
dedicataria dell’opera. Eccone il testo: — Non è forse la nostra vita una serie
di Preludi a quel canto di cui la morte intona la prima nota solenne? L’amore è
l’aurora incantata di ogni esistenza; ma qual’ è la vita le cui voluttà di
gioia non sono interrotte da qualche uragano che con soffio mortale dissipa le
sue belle illusioni e con folgore fatale distrugge il suo altare, e qual’ è
l’anima crudelmente ferita che, uscendo da una di queste tempeste, non cerca di
riposare i suoi ricordi nella calma dolce della vita dei campi? Tuttavia l’
uomo non si rassegna a lungo a gustare il tepore benefico che all’ inizio lo
aveva allettato in seno alla natura, e quando “la tromba ha dato il
segnale di allarme” , egli corre all’ avamposto pericoloso quale che sia
la guerra che lo chiama, per ritrovare nella lotta la piena coscienza di sé
stesso e il completo possesso delle sue forze.
Il percorso
psicologico-drammatico del testo trova una corrispondenza nella forma e nei
contenuti del brano musicale. Vi si può intravvedere anche una affinità con i
principi che alimentano la volontà del massone sulla via di una continua
ricerca di sé stesso, la sua lotta e i suoi sforzi per far sì che la pietra
grezza diventi cubica, sempre sospinto dalla forza dell’amore.
Liszt sceglie tra i simboli che tradizionalmente
vengono considerati i più significativi per edificare la composizione, il
criterio di elaborazione e di variazione di un tema, il passaggio dall’informe
all’ordine, dalla pietra grezza a quella cubica e l’elemento ternario sotto
molteplici aspetti.
Il tema inizia sul terzo movimento di una misura di
quattro tempi e si presenta con tre note ribattute, la terza assume il ritmo di
nota con il punto (valore tre) e la fase si sviluppa in arpeggio per intervalli
di terza per arrivare a due colonne d’armonia con flauti, clarinetti e fagotti;
I elemento ternario, i criteri melodici, armonici e di orchestrazione fanno
pensare a una scelta massonica di simboli musicali.
L’introduzione si sviluppa fino alla variazione del
tema in 12/8 affidata ai violoncelli e contrabbassi, tromboni, tuba e fagotti,
che rappresenta la meta, il fine da raggiungere: la vittoria.
La seconda variazione è il tema d’amore in 9/8 (3
movimenti con 3 suddivisioni = 9) che viene esposto tre volte con modulazione a
tonalità distanti una terza sopra (do – mi – sol#), aprendo ogni volta una
nuova prospettiva sonora.
La consapevolezza di quanto la Fortuna possa aiutare le
anime elette é lo stato d’animo che ispira la terza variazione, quasi un nuovo
tema contrastante B, caratterizzato dall’elemento ritmico della terzina,
Purtroppo la Fortuna è passeggera, e la quarta
variazione, con le sue cromatiche terzine e le sue volute di accordi di settima
diminuita (4 terze minori sovrapposte) descrive le agitazioni della vita, il
pencolo imminente, l’avvicinarsi dell’uragano.
Con la quinta variazione il tema d’amore si trasforma
in tema di morte, contrapponendone i significati in un allegro tempestoso.
La sesta variazione, elaborando il tema per inversione, mette in
risalto il carattere agitato e sempre più parossistico del combattimento.
Come un ‘eroica cavalcata la settima variazione
affidata a trombe e corni e ripresa dai primi violini porta a compimento il
travagliato sviluppo corrispondente alle fasi di difficoltà che spesso si
incontrano nelle vicende della vita.
Finalmente la ottava variazione rappresenta il calmarsi
degli eventi con un passo dell’oboe che con solistiche cadenze rasserena il
clima precedente conducendo a un paradisiaco e nostalgico ritorno del tema
d’amore con gli archi e arpa.
La pacifica scena idilliaca e i paesaggi bucolici
descritti nella nona variazione con cambi di prospettiva modulante per terze
(mi – do # – la fa #) offrono un meritato ristoro all’animo umano.
La ripresa della terza variazione o tema B fa
riacquistare fiducia nei propri mezzi e nella Fortuna.
La suddetta variazione viene ripresentata con tre nuove
orchestrazioni, sempre più positive, come un eroico cammino che riprende verso
la meta da raggiungere.
Con la decima variazione l’uomo ha ritrovato la Fortuna
e la forza necessaria per gettarsi nuovamente nella difficoltà della vita e per
ritrovare sé stesso.
La undicesima variazione è una vera marcia trionfale
contrappuntata da inni di guerra.
La volontà di vittoria è espressa dalla dodicesima
variazione con trascinante veemenza.
Finalmente la ripresa della prima variazione
rappresenta la meta, la vittoria.
Con la salita sui gradini che conducono verso I ‘Altare
dell’Oriente, raffigurata nella coda dai gruppi ternari degli archi, termina il
percorso musicale del poema sinfonico.
L’ascolto completo del brano può offrire così la
rappresentazione del viaggio che il massone si propone di intraprendere,
dall’Iniziazione alla Maestranza.
Ho immaginato, così per non saper che fare, di ritornar
bambina oggi. La radio, allora, la facevo io.
Proprio.
Ci recitavo il pomeriggio dentro microfoni tondi, grossi e
con i raggi. Sembravano tanti bellissimi soli.
I miei a casa mi stavano a sentire e così i parenti, gli
amici e le compagne di scuola. La maestra faceva finta di ignorare.
La vita era semplice.
Persino nel mangiare. La merenda era pane e marmellata
oppure pane, burro e zucchero.
Solo la domenica mattina papà, che mi portava a spasso, mi
offriva una brioche tonda, lucida e con in cima un ciuffo di crema gialla. I
grissini erano tanto buoni, croccanti fuori e a cura di Arnaldo Francia
morbidi dentro, da essere preferiti ai
biscotti.
Si camminava molto.
Il giro della collina era normale.
Prati verdissimi, qualche villa isolata, cancelli di
ferro che davano adito a viali misteriosi che pareva non avessero fine.
Io credevo nelle fate e negli gnomi.
Così come credevo che mio nonno ogni mattina a
colazione ingoiasse un orologio d’oro, ma senza la catena. Me lo aveva detto
lui e, davanti alla tazza di caffè bollente, faceva tutti i giorni una
complicatissima mimica, tanto ben condotta che solo da grande mi resi conto
della mia assoluta fiducia nei “grandi”.
Loro parlavano e mi spiegavano e qualche volta mi
prendevano in giro ed io credevo, credevo.
Se fossi bambina oggi passerei la maggior parte del
tempo davanti alla TV, avrei una idea del mondo dei grandi non certo basata
sulla fiducia, ma sullo sgomento e la paura.
Pretenderei cartelle e scarpe firmate, confronterei
l’auto di mio padre con quella dei genitori delle mie compagne, sarei condotta
da una scuola di danza ad una lezione di inglese, per poi correre in piscina ed
a lezione di tennis. Sarei una bambina stanchissima, elegantissima e scattante.
Ma sarei così felice e con la testa piena di favole?
Avrei la possibilità di star sola interi pomeriggi a raccontarmi
storie, animando gli oggetti della mia camera inventando dialoghi tra la sedia
ed il quadro?
Se fossi piccola oggi già mi avrebbero detto della
droga e delle sue conseguenze. mettendo nella mia testa non preparata, le idee
della morte, della paura, della diffidenza, del decadimento fisico ed
intellettuale. Tutti concetti non adatti alla mente di un bambino.
I discorsi.
A parte quelli politici che non capivo tanto ma che
avevano un ritornello . . . “Quel. ci rovinerà completamente, prima o
poi!” erano soprattutto sui libri letti, sui quadri dipinti da zio
Francesco, sulla preferenza di mamma per la Tempesta e di papà per Amleto.
Nonno scovava libri strani, poeti minori, ci leggeva,
ancora in bozze, gli scritti del suo amico Bontempelli ed i suoi, magari con il
parere di Gargiulo o Manara Valgimigli.
Non dico che mi divertissi sempre.
Però il fatto che i libri facevano parte della vita e che
ad essi si dedicasse la maggior parte del tempo possibile, che se ne parlasse e
che da essi si traesse una specie di magica possibilità di moltiplicare i
pensieri all ‘infinito, mi piaceva e nutrivo un amore geloso per i MIEI.
Pochi, con le figure, ma assolutamente di mia proprietà.
Se li volevano dovevano chiedermeli in prestito.
Anche papà e mamma che furono sempre rispettosissimi del
mio privato.
Il tempo.
Se fossi bambina oggi avrei un paio di orologi digitali,
grossi quasi quanto il mio avambraccio e con le sfere ed i numeri a forma di
puffi.
Ne sarei vittima.
Alle quattro dobbiamo andare dalla nonna. Mezz’ora. Poi a
lezione di inglese. Ti lascio e ti vengo a prendere. Andiamo dal dentista.
Invece allora (i dentisti c’erano e mi mettevano le macchinette) il tempo era:
la mattina ed il pomeriggio.
La sera per i bambini non esisteva.
La cena e a letto. Nonostante le proteste ed i capricci.
Io non avevo assolutamente il senso del tempo. Del passare
dell’ore.
Se mi divertivo mi dimenticavo di tornare a casa.
Andavo a giocare dalle amiche. Era già buio da un pezzo ed
io ancora stavo là, mentre la mamma non mia poggiava rumorosamente i piatti sul
tavolo e diceva: “Si è fatto tardi!’
La mia, di mamma, diceva: “Torna presto!” senza
stabilire un’ora. Lo faceva per abituarmi ad una specie di disciplina.
Con scarsi risultati.
Quando già avevo mangiato una mezza cena dall’amica, suonava
il telefono e la voce di mio padre, che mi veniva passato, tuonava: ‘Possibile? Non impari mai!
Adesso devo venirti a prendere!”
Prediche, rabbuffi, “autodisciplina” “senso
della responsabilità”. Paroloni pesanti che mi calavano addosso come una
doccia gelata. Mi sentivo molto, molto cattiva.
Se fossi una bambina oggi mi sentirei colpevole ed
irriconoscente? Non mi risulta di avere avuto un peso determinante nella mia
famiglia, nel senso, dico, che la vita degli altri ruotasse intorno alla mia.
Ognuno aveva un suo ruolo e lo svolgeva nel modo migliore.
Le cose.
Mica ne avevo tante e tutte erano desiderate. Bisognava
essere bravi, ubbidienti, rispettosi e allora si aveva una cosa, magari
necessaria.
Se fossi bambina oggi chissà quante pretese. Così che il
concetto del merito proprio non saprei dove andarlo a cercare. In compenso
considererei tutto come dovuto.
Dagli altri, naturalmente.
Il genitore come dispensatore di cose, senza possibilità di
rifiuto. Altrimenti il ricatto della nevrosi e. più tardi, della droga.
No. Non potrei oggi sentirmi cattiva o ingrata. Quindi non
potrei nemmeno aver voglia di migliorare.
Il miglioramento.
Era una delle lezioni di Nonno P. Non diretta. Favole,
storie di “gente vera’ che invece era inventata di sana pianta ma che
rendeva l’insegnamento più concreto.
Nonno P. era mio amico. Estroso, strano,
generoso, intelligentissimo con quel dono grande della chiarezza e dell’humour.
Oggi avrei un nonno così?
Oppure mi troverei accanto un signore velleitario, vestito
casual, dedito a dimostrare a se stesso e agli altri di non essere vecchio? Che
dico? Anziano. Come se vecchio fosse una parolaccia.
Un uomo con la vacuità del pensionamento,
l’angoscia mal celata dei primi
acciacchi non accettati ma respinti come una verità ripugnante. Com’era bello
il mio, un po’ gottoso, che doveva fermarsi ogni tanto per la strada a poggiare la gamba, sollevandola,
al muro e che al bar diceva al cameriere: “Porti un raggio di sole in una
tazza d’argento e con una perla sopra, per la mia nipotina” fugando la
perplessità del poverino con una abbondante mancia riparatrice ed una complice
strizzatina d’occhi.
Nonno P. mi diede una regoletta di vita semplicissima.
“Non tare mai nulla che non avresti il coraggio di
confessare a tua madre e di veder pubblicato sul giornale”
Una norma che deve, per funzionare, fare riferimento ad un
tipo di famiglia e di società che forse non esiste più.
Soltanto in un nucleo dove ogni singolo ha un ruolo determinato e delle precise
responsabilità, dove il comportamento quotidiano e privato sostituisce la
parola (le “urla” della classica madre italica che minaccia
continuamente ma non agisce se non nei momenti sbagliati), dove una sorta di
timore reverenziale impronta l’atteggiamento dei figli, è possibile applicare
la regoletta di mio nonno. Quanto ai giornali.
beh! Lasciamo perdere!
Tutto sommato è meglio che oggi io sia grande.
Un po’ vecchiotta anche, visto che sono in pieno nella fase
delle rimembranze.
Quando sottoponiamo ad analisi le
antiche usanze massoniche, una premessa appare subito necessaria: non siamo
mossi dall’ ansia di adeguarci al comune sentire dei contemporanei (o allo
“spirito del secolo” come si diceva qualche anno fa). Chi sono i
contemporanei? Coloro che condividono il nostro tempo. Ma quale tempo? In
ambito iniziatico si deve distinguere fra tempo sacro e tempo profano, e
naturalmente soltanto il primo ha rilievo quando si studiano le tradizioni o le
semplici usanze della Libera Muratoria.
Tempo sacro — sarà utile dirlo — non significa unicamente tempo di liturgie o
di ricorrenze religiose: così come immagina la gente comune, al di fuori del
“fanum” degli iniziati. Il tempo sacro è quello che — anziché
consumare. logorare, o addirittura divorare alla maniera di Cronos — offre agli
adepti sostanza vivificante. E tempo che tentiamo di creare nell’azione rituale
massonica, quando una perfetta coralità di
intenzioni e di capacità
unisce i fratelli e li porta in una dimensione “ulteriore”.
Ma la distinzione sacro-profano, e
più esattamente iniziatico-profano, riguarda anche la Massoneria: iniziatici
sono i suoi riti. i suoi fini, la sua origine; profana è l’organizzazione,
l’amministrazione; profano è il meccanismo statutario (pur con riverberi
iniziatici). La profanità s’è del resto insinuata anche in talune parti del
rituale che perciò non si può considerare interamente “sacro”. Basti
pensare al rituale d’agape, con le sue polveri da sparo e le sue cannonate,
tanto intrinseche agli accampamenti militari e alle logge di reggimento. (Non
c’è dubbio che un buon oratore di Loggia saprebbe dimostrare la sacralità del
cannone. ma occorre un limite anche per l’arte retorica).
Questa lunga premessa è ancora più
necessaria quando si affronta lo spinoso problema del segreto. E qui, a
complicar le cose. il segreto massonico si biforca in segreto settario e segreto
settario, e quest’ultimo si ramifica rigogliosamente.
Il segreto iniziatico. Con questa dicitura s’intende quella
illuminazione che il libero muratore riesce a raggiungere (se ci riesce) con
lentezza e fatica, con l’aiuto dei simboli e dei riti, con il sostegno dei
fratelli, con l’ intuizione e la crescita spirituale. II segreto iniziatico
appattiene dunque a un ordine di conoscenze acquisibili su un piano che
trascende il pensiero logico e la parola. Per sua stessa natura, non potrà mai
essere rivelato con parole: è come si ama ripetere ineffabile, indicibile. Non
potrà mai essere comunicato nemmeno con segni, disegni, espressioni artistiche,
atti o gesti. Tecnicamente perciò non dovremmo considerarlo un segreto, perché
il segreto copre qualcosa di conosciuto ma che si mantiene celato, pur essendo
comunicabile. Del resto la storia della Massoneria non parla di segreto
iniziatico ma soltanto di segreti settari, che riguardano segni di
riconoscimento, tecniche di mestiere e simili concretezze. Per la teorizzazione
del segreto iniziatico bisogna aspettare il guru francese René Guénon, il quale
tuttavia avverte: “L’ iniziazione non trasmette il segreto stesso che è incomunicabile,
ma l’influenza spirituale che ha i riti e i simboli per veicolo e che rende
possibile il lavoro interiore mediante il quale ognuno raggiungerà questo
segreto più o meno completamente, più o meno profondamente’
Una cosa non è vera perché la dice René
Guénon; l’ipse dixit non funziona nella Massoneria che si vanta di non porre
limiti alla ricerca della verità. Tuttavia la formula guenoniana era suggestiva
e — come vedremo — rispondeva a un bisogno di camuffamento che lo scrittore
francese non poteva prevedere. Ma intanto notiamo due cose. Prima: ridurre al
concetto di segreto le vette
dell’esperienza iniziatica ci sembra un’operazione intellettuale un po’ rozza
(malgrado il generico aggettivo “iniziatico” incollato al segreto).
Meglio sarebbe stato non definire affatto quelle vette. o cercare
un vocabolo più adeguato benché sempre
imperfetto (tenuto conto della ineffabilità). Meglio lasciare che ognuno
immagini il fine dell ‘ iniziazione secondo il suo background culturale e le
sue aspirazioni: chi pensa al raggiungimento del Sé, chi alla conoscenza
assoluta, chi ai poteri psichici, chi alla mitica Loggia Bianca che
governerebbe il mondo… Seconda nota: la teoria guenoniana nega che
l’iniziazione massonica conferisca il segreto iniziatico. Sul filo del
paradosso. ci si chiede perché definire “Iniziatico” qualcosa che non
vien dato dalla iniziazione.
Ma qui corriamo il rischio di attardarci nel divertimento
accademico. Se del segreto iniziatico non si può dire niente — perché di natura
indicibile è inutile perder tempo a parlarne. Sul piano della concretezza, si
può tuttavia aggiungere che la teoria del segreto iniziatico ha fatto comodo a
molti massoni che non riuscivano a negare resistenza di vaste sacche di segreto
settario nella nostra Istituzione (a qualunque “palazzo”
riferentesi). Quando l’ analisi del segreto settario si fa più stringente. il
massone ha un moto di fastidio, assume un’aria di sufficienza e dice: “Non
puoi capire; si tratta di segreto iniziatico…
Il segreto
settario. Riguarda la composizione e il funzionamento di una associazione,
di una setta (politica, religiosa, mercantile eccetera). Come s’è accennato,
tale tipo di segreto avvolge cose concrete, conosciute (o conoscibili in
futuro) dai membri della setta; cose facilmente dicibile comunicabili a parole
o con altri mezzi umani.
Non vorrei qui ripetere quanto ho scritto nel libro Iniziazione e segreto massonico Problemi e prospettive per il
terzo millennio, distribuito a gennaio dalla casa editrice Bastogi. A
scanso di fraintendimenti, debbo però ribadire la mia convinzione: la
Massoneria è un’associazione del tutto palese, che però si trascina dietro il
fardello di una struttura segreta. Questa è la sua contraddizione, questo il
suo dramma culturale. I massoni non possiedono segreti rilevanti dal punto di
vista morale, giuridico. sociale, politico, economico; tuttavia giurano
centinaia di volte di non rivelare i loro inesistenti segreti. Se inizialmente
questa pratica aveva un valore pedagogico, ormai ha finito per diventare una
follia intossicante.
Si è tentati di dire: s’è sempre fatto così, è la tradizione.
Magari con una bella T maiuscola che stende una patina di antiquariato e di
sacralità sulle cattive abitudini… In realtà non sempre si è fatto così. Il
segreto dei franchi muratori nascondeva le tecniche di lavoro costruttivo, e
non già le persone. I muratori che liberamente percorrevano l’ Europa ci
tenevano che si conoscesse il loro stato di franchi, cioè di liberi. Era questa
qualifica personale che permetteva loro di sottrarsi (affrancarsi) all’obbligo
di residenza territoriale, a disposizione del signore feudale. Costui aveva
tutto il diritto di tassare i suoi sudditi e di sottoporli a corvée (cioè a
lavoro non retribuito).
Anche i luoghi di riunione lasciano immaginare una piena
visibilità dei franchi muratori. La loggia eretta nel cantiere era sotto gli
sguardi di tutti; non era una cripta d’incontri furtivi. E anche nelle mutate condizioni dell’epoca moderna, agli
inizia del Settecento. le cronache massoniche londinesi ci parlano di abituali
incontri nelle taverne. che non sono il posto migliore per nascondersi.
Ricordate la Taverna dell’oca e del girarrosto?
Ma quali
sono i documenti nei quali possiamo rintracciare elementi certi di segreto
settario? I lettori di Nuova Delta sicuramente già li conoscono; sono gli
Antichi Doveri, i Landmarks. gli Statuti di Napoli (travasati nelle norme della
Gran Loggia d’Italia) e i Rituali. Per comodità di consultazione, e per non
incorrere nel “delitto” di violazione del segreto, è più agevole far
ricorso a Le charte fondamentali della
universale Massoneria di Umberto Gorel Porciatti, ed ai Rituali dei lavori dell’Ordine degli
antichi, liberi, accettati muratori nonché ai Rituali dei lavori del Rito scozzese, entrambi di
Salvatore Farina. Tre libri che in cinquant’anni hanno avuto numerose edizioni
diventando i best seller dell’esoterismo. Anche per gli Statuti esiste una
bella edizione critica di facile reperimento in libreria. Naturalmente ci sono
alcune diversità rispetto ai volumetti distribuiti attualmente nelle logge, ma
non tali da impedire un ragionamento di carattere generale.
Vediamo adesso a volo d’uccello quel che scrivono i
sacri testi. Gli Antichi Doveri: “Sarete circospetti nc
el vostro dire in modo che il profano più accorto non
possa capire… Non dovete far riconoscere alle vostre famiglie e ai vostri
vicini quanto concerne la loggia.. Landmarks di Mackey; “La
Massoneria è una società segreta che possiede segreti…”. E i I.andmarks
secondo Findel: “Il massone deve essere segreto con i profani e serbare il
segreto sulle cerimonie massoniche, specialmente in ciò che riguarda le parole
e i segni di riconoscimento”. Ecco ora gli Statuti di Napoli: libero muratore, considerando profani tutti coloro che
non riconosce come fratelli, deve guardarsi dal rivelar loro, o di far
comprendere, il minimo dei lavori, dei disegni o dei segreti dell’Istituto…
Le finestre non si apriranno giammai, se offrano accesso a sguardi profani. Il
segreto è la prima caratteristica dell’Ordine”. ln tutti questi testi si
parla sempre di segreti comunicabili (ma che è proibito
comunicare). Nessun accenno a segreti trascendenti, al mitico segreto
iniziatico (ineffabile) che troppo spesso fa da comodo schermo al segreto
settario. Lasciamo infine alla solerte ricerca dei lettori la scoperta del
segreto settario nei giuramenti d’iniziazione dell’Ordine e del Rito, e nel
giuramento al termine dei lavori.
I giuramenti sul segreto sono
ripetuti tante volte fino a determinare una specie di assuefazione. Il libero
muratore non si rende più conto della gravità di tale atto solenne; e se
qualcuno tenta di parlargli del segreto settario, ha uno scatto di irritazione
e di intolleranza; non vuol sentire ragioni; suppone candidamente che la
critica al segreto nasconda soltanto una colpevole accondiscendenza ai desideri
dei profani.
Ora. non c’è dubbio che il segreto sia
un’arma in mano ai nemici della Massoneria. Cosa tutt’altro che irrilevante ma
che non rientra in questo studio. Qui ci interessa accennare agli effetti che
il segreto produce all’interno della Massoneria, ai riverberi sul tempo sacro
dei liberi Muratori.
E innanzitutto dobbiamo chiederci come mai, fra noi,
persiste la cultura del segreto settario. Ebbene, tutto nasce da un colossale
equivoco culturale, dalla confusione del segreto con il silenzio. Il silenzio è
necessario per proteggere l’iniziato, per non esporlo al logorio di spiegare ad
altri (profani o fratelli meno esperti) cose che egli stesso non sa ancora, ma
va sperimentando.
L’iniziato è soprattutto un “cercatore”. dl
quale non si può chiedere di continuo che cosa ha trovato. Abbiamo detto in
altre occasioni che “il silenzio nutre c protegge, il segreto logora e
consuma”. Il silenzio è una virtù che si impara progredendo nella via
iniziatica, il segreto è una imposizione che non sempre funziona (anzi, spesso
dà frutti avvelenati).
Non si deve credere che l’abolizione del giuramento sul
segreto sia qualcosa di utopico. Abbiamo sott’occhio un rituale francese stampato
nel 1978 d La chaine d’union. Alla
chiusura dei lavori leggiamo: “Les travaux sont fermés; retirons-nous en
paix, en observant la lois du silence”.. Aver superato l’ambiguo concetto
del segreto, a vantaggio del solare silenzio, è già un grandissimo progresso,
proprio in campo esoterico. E bisogna darne atto ai fratelli francesi. Tuttavia
essi non sono riusciti a dimenticare del tutto l’ aspetto coercitivo di questo
brano di chiusura. Sarebbe stato più limpido dire “virtù del
silenzio” anziché “legge”. Infatti la legge ricorda ancora l’obbligo imposto da fuori,
come se il massone fosse un irresponsabile. Il richiamo alla virtù del
silenzio, invece, punta su qualcosa di squisitamente interiore, a una conquista
del massone libero e cosciente.
La mentalità del
segreto, così assiduamente coltivata. si espande in cerchi concentrici. si insinua anche
dove gli usi massonici non la richiedono (e la escluderebbero).
L’abitudine al segreto crea compartimenti stagni,
blocca la circolazione dei fratelli delle logge. erige ostacoli allo scambio
delle idee nella Comunità, favorisce squallide ansie di potere. Ciascun lettore
sappia individuare gli esempi di tale situazione, riesaminando con la memoria
le proprie esperienze.
Le dimensioni di ‘un articolo non consentono di fare un
trattato con tutta la casistica del segreto. C’è solo da aggiungere che
l’uscire dalla cultura del segreto (se mai avremo il coraggio di uscirne) sarà
una vicenda dura e traumatica, specialmente in questo periodo storico
fortemente ostile alla Massoneria. Bisognerà pensare a forme graduali. anche
volontarie, per singoli massoni c singole logge, per abbandonare la semiclandestinità
che aleggia attorno alle Comunità massoniche le quali — lo ripetiamo con forza sono palesi (ma non lo sanno veramente).
Mille volte
i liberi muratori sono stati assediati da una domanda, e ancora verranno
assediati in futuro: “La Massoneria è una società segreta?”. Al
termine di questa veloce escursione nel paese del segreto, risulta ancora
difficile una risposta chiara e precisa. Non per nulla il simbolo più noto (e
più battuto dalle tavole degli apprendisti) è proprio il pavimento bianco e
nero. che introduce alla nostra teoria della ‘verità prismatica” piena di
diverse e luccicanti sfaccettature, tutte diverse.
Forse possiamo rispondere che oggi
la Massoneria è segretamente palese. Sì, Massoneria somiglia a un ossimoro,
quel procedimento retorico che unisce due termini inconciliabili; e che dunque
agisce come un corto circuito intellettuale, scatenando la scintilla dell e
intuizione. Dalla “concordia discors” di Orazio, alla Chiesa
definita “casta meretrix” da Origene, fino alla “docta
ignorantia” di Nicola Cusano, l’ossimoro ha stimolato il pensiero eu-
ropco. Oggi è un po’ in declino e
indugia sulle forme prorompenti di attrici nordiche, titolandole “ghiaccio
bollente”.
I componenti la Società dei
Liberi Muratori sono portati per vocazione alla concezione della dottrina
politica come ideale etico che si fonda sul principio della sovranità dei
cittadini, sulla garanzia della libertà e dell’uguaglianza degli stessi. Quindi
in opposizione storica ai regimi totalitari.
Eppure nella nostra
organizzazione, grazie ad una serie di riti che riducono a simbologia atti
materiali essenziali, si procede sotto l’ala della più grande costrizione ma
con la massima libertà interpretativa. Sono gli atti essenziali che favoriscono
la coesione del gruppo.
Riprendendo il tema della dottrina politica vorrei
ricordare brevemente gli antichi Greci. per loro natura desiderosi di conoscere
il mondo che li circondava, per l’eredità lasciataci. Dobbiamo a loro non solo
una buona parte del nostro vocabolario politico (democrazia. oligarchia,
tirannide) ma anche l’avere sviluppato modi di pensare a proposito della
società destinati poi a fare parte del bagaglio delle idee che caratterizzano i
popoli occidentali.
Un esempio luminoso come Socrate che cercava la
verità nel modo più disinteressato, che da giovane combatté con onore per
difendere la sua Città-Stato e che per la causa della giustizia s ‘ impegnò, a
costo dell ‘impopolarità.
Questo è quanto ci ha tramandato il suo discepolo
Platone nel dialogo La Repubblica, al di là del modo diverso di quest’ultimo
nell’affrontare i problemi della conoscenza.
A quel tempo — tra 1’800 ed il 400 a.C. — nel centro
di Atene la democrazia prendeva il sopravvento sull’oligarchia c le funzioni
assume vano grande rilevanza nelle
città-stato achee.
Nelle società semplici, stato o non stato, le
funzioni poche e ben definite, quindi fondamentali, impegnavano uno stesso
individuo per uno o due compiti, secondo il tipo di lavoro ed il ruolo nella
casa. Alcuni compiti erano solo riservati agli uomini e altri solo alle donne.
Nelle complesse società moderne — come
la nostra la funzione della
persona spesso dipende dal gruppo economico cui appartiene la famiglia. Alcune
funzioni, quelle professionali ad esempio, sono chiaramente definite: altre,
come il fatto di essere membro di una comunità, sono più ardue da definire. Nel
campo di queste ultime rimane quindi una libertà d’interpretazione.
ln società o
in gruppi su piccola scala ove l’organizzazione è concentrata sul come tenersi
in vita — nei deserti, nelle distese artiche o nella tundra siberiana — simile
libertà è improbabile.
Nel campo
delle funzioni specializzate — una costante nella vita delle società complesse
— il divenire ed il benessere vero o presunto, comportano la scelta di persone
adatte per compiti particolari e di maggiore responsabilità. Persone cioè
dotate di intelligenza, di capacità di prendere decisioni importanti non
disgiunte da preparazione ed esperienza. Gli schemi di comportamento ed il
concetto di funzione sono più importanti aspetti della sociologia.
Se noi
riflettiamo sulla questione in termini di democrazia rappresentativa al di là
dell’aspetto della salita o della discesa lungo la scala sociale o economia di
appartenenza sul piano individuale, ci accorgiamo che in campo politico non si
è ancora realizzata la peculiarità professionale che una funzione in sé è più
importante del problema circa chi debba svolgerla. In tale contesto la
correlazione della funzione democratica verso i suoi amministrati, si misura su
alcuni aspetti fondamentali:
— mantenere l’ordine e la sicurezza; fare osservare regole che impediscono
comportamenti antisociali; governare i cittadini organizzati in gruppi
(collettività, imprenditori, sindacati, eserciti, circoli sociali!).
E questa
sembra possa definirsi il sommario della vita politica per uno Stato di tipo
complesso come quello in cui viviamo.
Vorrei solo
aggiungere che per un Libero Muratore la coscienza politica fa si che l’obbedienza
ai governanti sia spontanea e che egli possa anche essere d’accordo su alcune
limitazioni dei suoi diritti laddove
la politica attuata dai precedenti governanti rifletta le caratteristiche sopra
delineate e possa comportare un formale riconoscimento.
Noi comunque seguiremo la corrente degli impulsi suscitati
dal desiderio della verità per difendere la libertà.
Per la difesa della democrazia assume rilevanza la politica
internazionale ed i legami che possano Instaurarsi fra le genti delle moderne
società complesse; ed il grado di efficienza che le intese possono esprimere.
Diversi sono stati i tentativi esperiti per creare una
istituzione che abbracci umano, soprattutto dalle rovine della prima guerra
mondiale in poi. Vasti gruppi associano i loro membri sotto una comune
ideologia superando i confini nazionali: il Cristianesimo, l’Islamismo ed il
Comunismo, ad esempio. Ma in pratica hanno dimostrato di non essere stati
efficaci nell’evitare guerre di chiarate o il perpetuarsi di
tensioni.
Alle soglie del nuovo millennio sta per celebrarsi una
nuova realtà politico associativa: l’ Europa, non più di sei ma di dodici stati
membri e forse, in seguito dei quindici.
Siamo alla vigilia di un evento di portata
storica e dal punto di vista valutario di una rivoluzione senza precedenti come
l’istituzione della Banca Centrale Europea, deputata all’emissione dell’EURO,
la moneta di tutti i cittadini dell’area federale. E come in una grande discesa
obbligata sono stati posti tre passaggi impegnativi al primo gennaio 1999, al
primo gennaio ed al primo luglio 2002.
Ma al di la delle implicazioni socioeconomiche connesse all’evento Europa e 2000, si possono delineare
alcuni aspetti positivi che una simile occasione storica dovrebbe offrire in
questi anni che potremmo definire di intervallo culturale.
L’aspetto di rilievo è quello dell’attendibile beneficio
che la nostra giovane democrazia possa consolidarsi in un sistema in cui v1 sia
libertà nella competizione per il potere, nell’ambito di efficienti istituzioni
elettorali e con la possibilità di rimuovere i propri rappresentanti. In
stretta correlazione l’amministrazione della giustizia. La legge è l’insieme
delle norme che regolano il vivere sociale limitando I ‘azione dei singoli e
deriva la sua forza dall’autorità dello Stato. Ma la società come può
difendersi da un cattivo uso da parte dello Stato del potere legale? La Corte
comunitaria potrebbe dare più estese garanzie.
Infine, un’importante aspetto per noi speculativo: riuscire
a delineare nel più lungimirante ambito europeo la questione di quel giusto
riconoscimento nei confronti della Società dei Liberi Muratori verso la quale il nostro Stato è il Ponzio Pilato
dell’emarginazione dottrinale
Uno dei tanti miti passati anche
alla Massoneria è quello di Giano, il dìo dall’aspetto bicefalo, di probabile
derivazione orientale, il cui culto fu creato da Numa Pompilio (VI sec.a.C.),
con il nome di Ianus Geminus, col quale fu istituito l’anno solare e dunque il
primo mese: Ianuarius, appunto il mese di Giano, “il dìo degli
inizi”. Ianus etimologicamente è stato oggetto di varie interpretazioni,
dall’identificazione con il Sole insita nella radice indoeuropea
“dey”: brillare, all’assimilazione con “janua”: porta e con
il verbo lat. “ire”, corrispondente al sscr. ‘yana”: cammino,
che rimanda ad un’idea di movimento e di passaggio, laddove il duplice aspetto
si riferirebbe alla doppia funzione di apertura e di chiusura della dimensione
spaziotemporale, implicando dunque l’idea sottesa di un cardine immobile,
costitutivo del “terzo volto”, quello nascosto, simbolo dell’eterno
presente, da cui il flusso temporale nei due sensi del passato e del futuro.
lanus è dunque correlabile all’antica concezione di “geminus’ , connotante
i due aspetti del tempo, le due porte: dell’interno e del paradiso, le due
facce d’ Oriente e d’Occidente, riferibili ai due solstizi, rappresentativi del
cammino del sole. Giano dunque quale “axis mundi”, cardo anni, ad
indicare il solstizio, ossia il punto celeste cardine della ruota cosmica. Da
tali correlazioni emerge un duplice riferimento, ad una tradizione cioè solare
ed iniziatica.
E noto d’altronde anche il
riferimento di Virgilio alle porte del Tempio di Giano dell’ Argilelo, che
venivano aperte quando Roma entrava in guerra e chiuse quando entrava in pace,
da cui l’idea di “renovatio”, di rinnovamento.
Per tali aspetti simbolici e per le correlazioni
etimologiche, ecco che Ianus si presenta a noi trasmesso nella tradizione
“ioannita”. Hannà, Iohan, Ioannes, Giovanni. Giovanni bifronte:
Battista ed Evangelista a scandire l’ alternanza solstiziale massonica.
Giovanni viene rappresentato dalla tradizione ioannita come “la grande
aquila dalla vaste ali e dalle ampie membra, ricca di piume di vario colore,
che venne al Libano e prese il midollo del cedro, strappò la cima dei suoi rami
e li trasportò in terra di Canaan.” (Ez. 17,3-4) Analogamente al volatile
regale, in grado di guardare direttamente la luce del sole, emblematico dunque
dell’intelligenza intuitiva, Giovanni dalle profondità dei misteri divini
coglie direttamente il Verbo e lo manifesta, irradiandolo agli uomini sulla
terra.
Giovanni Evangelista, il discepolo che Gesù amava, che
riposò sul suo petto, fu testimone oculare dei fatti che racconta e trasmette
attraverso una delle prime comunità cristiane:’ Questo è il discepolo che rende
testimonianza su quei fatti e li ha scritti.” (Gv.21,24).
E Giovanni Evangelista
testimonia di Giovanni Battista: “Venne un uomo mandato da Dio, ed il suo
nome era Giovanni… Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla
luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.” (Gv.
1,6-8).
È la metafisica della luce dunque a collegare i due
Giovanni ed il Prologo ai primi versi del Genesi: “la Luce Vera” (Gv.
1-8) e “la luce del Principio” (Gen. 1-3). Principio traduce infatti
l’ebraico Bereshit: “In Principio”, in cui Dio disse :”Sia la
Luce. E la Luce fu”. Luce-non luce, in quanto si tratta dell’origine della
luce, “luce prima” della creazione, quella “nascosta” del
“giorno uno” o del ‘”giorno dell’ Uno” (Rashi), anteriore
al cielo, all’acqua ed alla terra, anteriore ai grandi luminari del sole e
della luna, regolativi del giorno e della notte.
Analogamente alla “luce” di Giovanni.
l’interpretazione del Genesi di Rashi, ispirata all’ antico Midrash, fonte
della stessa tradizione ioannita, pone all’inizio del testo, non “l’Inizio”,
ma “la Parola creatrice di luce”, indicando in tale Principio non un
ordine cronologico, ma un atto unitario. Principio dunque non equivale ad
Inizio, pur contenendo ogni inizio. Principio dunque come Parola di Luce.
Secondo la
sinestesi biblica la luce è percepita contemporaneamente come suono, parola: ‘Davar”, che in ebraico
designa la cosa ed è al contempo la cosa stessa, in quanto
“illuminata” dalla parola . ln questo senso dunque, Davar, il Logos,
il Verbo “si fece carne”, in quanto parola di vita, “luce che
splende nelle tenebre’ (Gv. 1,5) Il Verbo infatti
“era nel Principio’ (Gv. l , i): “ciò che è prodotto o che procede da
qualcosa è prima di tutto in esso, preesiste in esso come seme. come
potenza.” (Eckhart)
“Il verbo era Dio”. (Gv.
I , l ) Tale semeparola contenuta nel Principio, dice. annuncia ed enuncia ciò
da cui procede, in quanto è in esso, ad esso simile ed al contempo distinto.
Contemporaneamente l’identico ed il diverso. Così è l’ uomo, a sua volta
identico e diverso dal suo simile ed ad esso irreversibilmente legato, con esso
fondamentalmente in relazione. La relazione è ciò che è ‘ ‘In Principio”,
come principio di relazione. Afferma il Genesi Rabbà (I, l) ‘ ‘In Principio
significa “per amore della Torah” che è chiamata “il principio
della sua via” (Prov. 8,22.) Dunque si tratta del Principio di relazione.
del Principio d’ Amore. La particella “Be” di “Be-Reshit”
(letteralmente :”In-Principio), significa infatti, sia “in” che
“per amore di”.
L’ Atto Primo è quindi Atto d’
Amore, nell’accezione ebraica di “Hcsed”: grazia, sovrabbondanza,
carità. da cui si può tornare peraltro al significato del nome di Giovanni.
attraverso il sistema combinatorio delle associazioni etimologiche radicali,
proprio dell’ermeneutica midrashica. La radice ebraica “hnn”. in
torma nominale, ricorre nei sostantivi “hen”: favore, grazia, e
“hanninà”: misericordia, e viene tradotta in greco dai Settanta, con
“caris”• carità. Amore, Misericordia, Carità. “Hnn” è anche
radice del nome proprio: “Hannà”, da cui Giovanni. Il nome di
Giovanni verrebbe così a corrispondere all ‘ “annuncio dell’ Amore”.
Amore quale Atto Primo del Genesi, reiterato nel Prologo, ad indicare la
creazione continua della vita, un Unico Atto d’ Amore, in quanto”In
Principio”. Amore dunque quale principio vitale di relazione, da cui
l’indivisibile coppia prima. “10-Tu”. l’ identico ed il diverso,
insieme dall’Origine. Ne segue il “Facciamo l’uomo’ dell’ Antico Testamento Gen. I
,26) e l’analogo ‘”Non fare agli altri… Fai …Ama il prossimo tuo come
te stesso” del Nuovo Testamento, in quanto la molteplicità è nell’Unità,
gli uomini nell’Unico Uomo Universale ad imago Dei. Tale Uomo-Verbo, se è
sempre “In Principio”, “sempre nasce e sempre è nato”,
afferma Echkart. A suffragare tale affermazione la frase: “ln Principio
era il Verbo” del Prologo. rivela l’influsso ebraico nell’uso del verbo
essere. il cui imperfetto può al contempo indicare sia l’azione del futuro che
quella del passato, rotazione resa possibile dall ‘aggiunta della particella
inversiva “waw”, corrispondente al punto nascosto, al cardine
centrale: l’eterno presente, l’istante di ogni attimo, il Centro ovunque, in
riferimento al quale la vita appare essere continua.
È così allora che “In Principio era il Verbo” o
“11 Verbo era nel Principio”, si danno come due possibili traduzioni,
ad indicare rispettivamente le due dimensioni della temporalità e
dell’eternità, l’una generando e contenendo l’altra, in virtù della Parola che
sempre È, la quale. come afferma la Torah (la Parola per eccellenza), “è
strumento di lavoro del Santo” (Bcreshit Rabbà l). La Torah, in quanto
Parola, era infatti al suo fianco nell’opera della creazione, comc
“Amon”: come “Architetto dell’Universo”. (Prov.8,3 0).
La tradizione giudeo-cristiana ioannita si ricongiunge così
alla tradizione massonica.
Non sono rari gli episodi di
intolleranza che ancor troppo spesso rallentano nel nostro Paese il cammino
verso la realizzazione di una democrazia che, non diversamente dalle altre
democrazie occidentali, si impegni, di fatto e non solo nelle intenzioni, a
garantire a tutti i cittadini dello Stato senza eccezione alcuna e senza
discriminazioni di sorta, il pieno godimento dei fondamentali diritti civili
previsti e sanciti dalla Costituzione.
Si tratta di quei diritti che debbono costituire patrimonio
di tutti i paesi civili e che di proposito l’O.N.U. ha voluto avallare a suo
tempo con una DICHIARAZIONE ufficiale, di portata ormai storica. Di essa
ricorre quest’anno il cinquantenario che, per quanto concerne il nostro Ordine
Massonico, verrà celebrato e commentato a Torino, nel mese di marzo, in un
convegno di livello internazionale, quasi a testimonianza che tra i tanti
diritti dell’ uomo non certo ultimo è il diritto alla libertà di espressione,
di comunicazione e di associazione.
Va riconosciuto che per alcune categorie di cittadini,
fino a qualche tempo fa soggetti a libertà. per così dire, condizionata, a
pesanti discriminazioni e talora anche a gravi penaliu.azioni (basti pensare al
comportamento spesso intollerante della società nei confronti degli
omosessuali, alle limitazioni dei diritti sociali delle prostitute,
all’istituzione, in un non lontano passato di leggi così dette razziali, che
già di per sè sanciscono l’esistenza di una diversità tra cittadini e
cittadini) si assiste oggi. sia da parte dello Stato che della Chiesa ad una
vera c propria corsa al recupero del tempo perduto, non disgiunta talora da
pubbliche confessioni di pentimento, ai fini di una più che giusta seppure
tardiva riqualificazione umana, morale e sociale delle categorie discriminate.
Nei confronti
della Massoneria, invece, persiste e spesso viene tenacemente alimentato un
malanimo pregiudiziale particolarmente astioso che con ricorrente frequenza
sfocia in veri e propri episodi di antimassonismo, alcuni dei
di
Arnaldo Francia
quali ai limiti del delirio. Ispirato non
si sa bene da quali fonti, tale malanimo trova in genere ampia e disponibile
diffusione attraverso la stampa e i media in genere, riuscendo così a
coinvolgere in un giudizio negativo ampiamente generalizzato una disinformata
opinione pubblica. Abitualmente ciò avviene in occasione di qualunque azione
criminosa e di qualsiasi avvenimento che sappia anche poco di mistero quando.
risultando ignoti i promotori e gli esecutori, possa •tornare comodo presumere
la colpevolezza della Massoneria ipotizzandone le finalità più diaboliche se
non addirittura anticipandone condanne pregiudiziali, almeno Sino ad oggi
sempre regolarmente smentite a distanza, seppure con risalto certamente assai
meno eclatante di quello che aveva accompagnato l’ipotesi accusatoria.
Ma tale malanimo pregiudiziale finisce per investire quasi
costantemente anche il singolo cittadino di cui sia stata pubblicizzata
l’appartenenza alla Libera Muratoria: nei suoi confronti si anticipano spesso
giudizi negativi. si avanzano riserve in merito alle motivazioni e alle
finalità della sua scelta iniziatica e persino si discutono, sc pure non
vengano da taluni negati. i suoi diritti a rivestire cariche pubbliche. Una
recente testimonianza del persistente atteggiamento antimassonico e della sua
diffusione, ci viene offerta da due episodi avvenuti nel nostro Paese nel corso
di questi ultimi due mesi, il Pimo dei quali verso la fine dello scorso anno.
il secondo all’inizio del corrente anno: entrambi espressione di grave
intolleranza e frutto di grossolana ignoranza, spesso anche tra persone
acculturate, dei contenuti spirituali della Libera Muratoria e delle sue
finalità umanitarie.
Il primo di essi, per l’appunto, trac la sua matrice dalla
pubblicazione di una legge della Regione Marche che praticamente impedisce agli
iscritti alla Massoneria di occupare cariche pubbliche.
Se tale legge dovesse estendersi a tutto il nostro
Paese dovremmo prendere atto che mentre nella meno provveduta America un
massone potrebbe tutt’oggi diventare Presidente degli Stati Uniti, così come
ripetutamente è avvenuto in passato. in Italia, invece, un massone non potrebbe
neanche aspirare alla carica di messo comunale.
Il secondo episodio, invece, prende corpo dalla
pubblicazione del cosiddetto “Dossier Achille”, secondo cui nella
schedatura dei vari cittadini, a suo tempo messa in atto dai Servizi Segreti,
l’appartenenza alla Massoneria costituiva elemento di valutazione estremamente
negativo, conferendo quasi automaticamente al cittadino catalogato tra i
Massoni la qualifica di indesiderabile, se non di indiziato, in quanto a priori
sospetto di possibili losche manovre e orditore di trame di coloritura non
definita, ma comunque potenzialmente criminose. Si aggiunga che, giustamente o
erroneamente, in quegli elenchi venivano anche inclusi alcuni personaggi di
rilievo nazionale, tra i quali uno certamente al di sopra di ogni sospetto di
contaminazione, e persino alcuni alti prelati, anch ‘essi, secondo logica, da
considerarsi assolutamente indenni da connivenze massoniche. All’avvilimento
dei Massoni la cui schedatura con quella qualificazione veniva presentata, come
si è già detto non certo quale elemento di valutazione favorevole, si
accompagnò l’immediata, risentita protesta da parte di chi confutava quale
menzognera e ingiuriosa una qualificazione massonica. Costoro presero infatti
immediatamente le debite distanze da una collocazione non gratificante, non
solo nello spirito di chi aveva compilato gli elenchi e di tutta l’opinione
pubblica, ma ritenuta addirittura lesiva della loro stessa dignità e sensibilità
personale.
Il primo di questi episodi ha indotto il Gran Maestro dell’Obbedienza di Piazza
del Gesù Palazzo Vitelleschi, Franco
Franchi, a predisporre un comunicato stampa, inviato al Capo dello Stato, al
Presidente del Consiglio, ai Presidenti del Senato e della Camera e alle
specifiche Commissioni, che doverosamente merita pubblicazione su queste pagine non solo per
consentire un’attenta rilettura da parte di tutti i Massoni. ma anche per
doverosa conoscenza dell’opinione pubblica. Il secondo episodio è stato invece
commentato mediante un articolo comparso su “il Giornale” del 12
gennaio u.s. dal Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Virgilio Gaito, che
parimenti sembra meritare riproposizione in questa sede.
Sia il comunicato del nostro Gran
Maestro che l’articolo del Gran Maestro del Grande Oriente, così in sintonia
nella loro decisa presa di posizione nei’ confronti di una intolleranza
antimassonica ingiustificata e anacronistica c nell’accorta difesa dei principi
muratori. ispirati a una concezione umanistica ed umanitaria di cui essere orgogliosi,
non necessitano di ulteriore commento.
Credo sia sufficiente concludere,
per quanto riguarda la nostra Comunione, con le stesse parole utilizzate a
chiusura di un precedente articolo, pubblicato sul n c‘ 36 di
“Delta” (1994) tuttora valide e attuali: “Il Governo
dell’Obbedienza di Piazza del Gesù-Palazzo Vitelleshi ha dichiarato l’impegno
di perseverare in tutte quelle azioni, molte delle quali già coraggiosamente intraprese, atte a restituire alla
Massoneria I ‘immagine che essa merita, per rimuovere se possibile l’ignoranza
purtroppo grossolana del volgo, per contestare le calunnie rivolte in malafede,
per rendere giustizia a tutti i massoni degni di questo nome. Solo se si saprà,
come singoli e come Organizzazione, portare avanti questi impegnativi mandati,
verrà finalmente meno il delirio antimassonico che caratterizza questi nostri
tempi. Quel giorno il nostro Paese avrà fatto un decisivo passo avanti sulla
via del progresso civile e della democrazia.
Ecco il comunicato stampa della Gran Loggia d’Italia degli Antichi
Liberi Accettati Muratori Obbedienza di Piazza del Gesù – Palazzo Vitelleschi.
Alle soglie del 50 0 anniversario
della Dichiarazione dell’ONU sui Diritti dell’Uomo,
assistiamo da parte del Governo italiano
ad una delle più negative pagine che si potessero scrivere proprio sul problema
dell’eguaglianza, della libertà di pensiero e del diritto di associazione.
L’occasione è stata fornita da una legge, la N. 34, della Regione Marche
secondo cui gli aspiranti a nomine in organi regionali devono dichiarare di non
far parte della Massoneria. La nostra amarezza è profonda nel constatare la
superficialità con cui il sottosegretario alla Funzione Pubblica c Affari
Regionali, Sergio Zoppi, ha risposto alle interpellanze presentate al riguardo
da alcuni deputati.
L’ignoranza che sta alla base di queste posizioni è
volutamente mantenuta senza cercare di conoscere cos’è la Massoneria, la sua
impostazione dottrinale e filosofica, i suoi aspetti statutari mai al di fuori
del codice civile e penale, i suoi rituali, le sue regole amministrative
trasparenti, lineari, improntate alla massima serietà verso le leggi dello
Stato, i fratelli, le sorelle.
E grave che in Italia si consideri i massoni nemmeno
cittadini di serie B, ma al di sotto; perché tutto questo? La P2 è molto
lontana e soprattutto non ci appartiene. Eppure è da questa vicenda che si è
esaltata, ingigantita la caccia alla Massoneria e ai suoi adepti.
Vogliamo entrare in Europa’? Allora sappiate che in Europa i
massoni sono rispettati, ascoltati, ed esprimono ottimi governanti, alti
funzionari. e primeggiano nella legge. nelle attività industriali,
nell’università, nella scuola… in somma in tutti i campi della
vita quotidiana il massone è alla pari degli altri e la sua preparazione nei
templi lo rende anche più attento a tollerare, salvaguardare la libertà e
sentirsi uguale agli altri.
Cosa dobbiamo fare? Sciogliere la nostra istituzione? Chiedere pietà per reati
mai commessi? Andare al confino come siamo stati o alle Fosse Ardeatine dovc
giacciono nostri fratelli’? Ditelo voi che con parole spicce avete cercato di
chiudere un argomento di fondamentale importanza per i diritti di libertà. Non
ci resta, quindi, che rivolgerci alla Commissione per i Diritti dell’ Uon10 di
Strasburgo c al Parlamento Europeo dove saremo senz’altro ascoltati e compresi.
Da molti, nel nostro Paese, non avremo risposta ma
anche questo comportamento sarà come sempre da noi sopportato con dignità e fermezza.
E questo è
l’articolo di Virgilio Gaito Gran Maestro
del Grande Oriente d’Italia da “Il Giornale” del 12 gennaio
Terminato SI spera il gran polverone
sollevato nei giorni scorsi dalla pubblicazione del dossier Achille (a
proposito, si saprà mai quanto è costato ai contribuenti’?). credo si possano
trarre da questa vicenda alcune considerazioni di metodo c di merito.
Non spetta certamente a me stabilire
se gli appartenenti ai servizi di sicurezza italiani hanno fatto bene o male il
loro mestiere. Spetta però a me denunciare ancora una volta con forza come l’ignoranza e il conformismo di questi
‘”agenti” li abbiano portati a usare sia il termine
“massoneria” che l’appartenenza vera o presunta alla massoneria.
quale elemento di valutazione estremamente negativo.
E denunciare come venga considerata
“scandalosa” una eventuale appartenenza del cardinale Martini, del
dottor Di Pietro, del vescovo Nonis alla massoneria, o il sostegno del
presidente Clinton a questa istituzione.
Lo voglio dire a chiare lettere: non vi sarebbe
assolutamente nulla di scandaloso in tutto questo se solo si pensasse con
cognizione di causa, senza pregiudizi e con onestà intellettuale a quello che è
il vero significato della Massoneria.
Che va ben oltre il contingente, perché ha alle spalle
quasi tre secoli di storia nel corso della quale ha dimostrato — come
Istituzione a carattere iniziatico che ammette uomini liberi e di buoni costumi che credono
in un Essere supremo — di non essere una religione né di volerne sostituire
alcuna ma di operare per l’elevazione morale dell’uomo c dell’umana famiglia in
una visione universalistica fondata sui valori della Libertà, dell’Uguaglianza,
della Fratellanza, della Tolleranza, finora fieramente avversati dalla Chiesa
cattolica ma ormai accettati e infuocati in particolare dall’attuale pontefice.
Che a certi 007 nostrani piaccia o no, alla Massoneria
hanno appartenuto molti tra i passati presidenti degli Usa; Clinton fu
riconosciuto meritevole ( . . . ) di sostegno dall’Ordine para-massonico di De
Mollay che forma i giovani agli ideali massonici. Rabin e Re Husein hanno, per
anni, lavorato insieme, come Fratelli, per far decollare il processo di pace in
Medio Oriente. Le Nazioni Unite e la Croce Rossa sono anch’ esse espressioni
della Massoneria Internazionale. Fu il massone Sabin a debellare il flagello
della poliomielite; fu il massone Aldrin a sbarcare sulla Luna lasciandovi il
Vessillo deHa Massoneria.
Per restare alle più recenti vicende di casa nostra,
ricordo che 18 dei 336 Martiri delle Fosse Ardeatine erano Massoni; che la
Costituzione della Repubblica italiana è stata fisicamente scritta anche da
Meuccio Ruini, Massone, presidente della Commissione costituente; che le
Brigate rosse hanno assassinato il Massone Lando Conti, il sindaco più amato
dai fiorentini.
Ma davvero c’è qualcuno che può pensare di cancellare — in
Italia — tutto il significato universale di questo pensiero di amore e di
libertà per la riprovevole vicenda P2, condannata dal Grande Oriente d’ Italia
di Palazzo Giustiniani prima ancora che dalla Commissione Anselmi’?
Certo, io capisco benissimo l’imbarazzo del presidente Scalfaro, che si
compiace portare all’occhiello il distintivo dell’Azione cattolica, nel
proclamare il diritto di tutti alle libertà fondamentali eccetto che per i
Massoni che pure ripetutamente lo hanno inviato a uscire da un inammissibile
agnosticismo.
Certo, come capisco quanti non battono
ciglio se un Tribunale civile (la notizia — Ansa — viene da Perugia ed è dello
scorso 30 dicembre) considera corretto che l’Ordine dei giornalisti
“chieda a un giornalista di dichiarare la sua eventuale appartenenza alla
Massoneria” non ritenendo ciò “in contrasto con i diritti
costituzionali di libertà di associazione e di manifestazione del pensiero c
delle leggi sulla riservatezza”.
Sono i corsi c i ricorsi della Storia: l ‘ Inquisizione,
Girolamo Savonarola, Giordano Bruno. I negri, gli ebrei. Oggi — in Italia — i
Massoni. Non importa: ma attenzione a certi attentati alla libertà e alla
dignità dell’uomo perché l’ombra sanguinaria della dittatura è alle porte.
Per quello che mi riguarda ho cercato di impostare la mia Gran
Maestranza ponendo la cultura, la solidarietà, la tolleranza al centro di tutta
l’attività del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani. (A proposito, lo
sanno i lettori del Giornale che la presidenza del Senato della Repubblica,
sedente in Palazzo Giustiniani per l’appunto. non ha ancora adempiuto
all’impegno del presidente Spadolini di restituirci, dopo la confisca del
fascismo, una parte di quel palazzo che sarà destinato a Museo storico della
Massoneria’?).
E, nella logica della tolleranza, plaudo alle aperture di Papa Wojtyla che
con grande sofferenza, in età avanzata, trova ancora la forza c il coraggio di
spezzare in nome della Libertà quelle catene che gli lacerano la carne. A Cuba.
dunque. E Dio solo sa quante volte egli avrà, dalla sua finestra, rivolto lo
sguardo verso Villa Il Vascello dalla quale gli abbiamo lanciato continui
messaggi di amore e di riconciliazione. Ma forse per le sue forze, questa. è
una catena troppo pesante da spezzare.
La presente comunicazione evita
di proposito di evocare la problematica “massoneria e nazismo”. Che
il nazionalsocialismo tedesco abbia avuto qualche radice nell’occultismo non è
infatti negato da alcuno anche se bisogna guardarsi dal prendere troppo sul
serio il bestseller del 1960, Il mattino
dei maghi. cli Louis Pawels e Jacques Bergier, in parte dedicato al piano
segreto occultistico del nazismo. Del pari va presa per quel che è ovvero un
‘opera scritta per essere venduta in gran numero di copie Il nazismo: società
segreta di Werncr Gerson, apparsa nel 1960 e che accumula tutti i possibili luoghi comuni senz’alcuna
pretesa di scientificità. Per contro. al riguardo si leggerà con profitto il
lavoro serio. scientifico e documentato di Nicolas Godrick-Clarke sulle
“radici occultistiche del nazismo’ .
Ciò posto, al centro della nostra attenzione
in questa sede è quanto ricercatori scientifici, sociologi e filosofi
concordano nel denominare il ‘mito cospirazionista antimassonico
in Germania”, quale ha conosciuto incontestabilmente una sorta di apogeo
all’epoca del nazismo. Vale a dire, in premessa, che I ‘antimassonismo non è
affatto una creazione originale del nazionalsocialismo. bensì questo ha
raccolto un retaggio antico e Io ha sviluppato e oserei dire — lo ha fatto fruttificare
alla luce delle sue proprie certezze.
Bibliotecario all’Università di Bielefeld (Germania),
Johannes Rogalla von Bieberstein, autore di una tesi sul mito cospirazionistico
definisce le sue tre funzioni nel modo
seguente: esso ha una funzione di comprensione (Erkenntnisfunkion), una di
manipolazione (Manipulationfunktion) e, ben inteso, una funZione di repressione
(Repressionsfunklion).
ln questa sede non possiamo procedere a un ‘analisi
approfondita degli effetti psicologici, filosofici e persino psicoanalitici del
mito cospirazionistico antimassonico in Germania. Tenteremo nondimeno di
mettere in evidenza il modo nel quale esso si sviluppò dall’età di Guglielmo II
al Terzo Reich: passando per la fase intermedia della Repubblica di Weimar, non
senza soffermarci, sia pure di passaggio. sulle posizioni di certa massoneria
tedesca più preoccupata del clima contingente che dei principi ideali della
massoneria universale.
Propongo dunque tre grandi capitoli: prima e durante la
guerra: la letteratura cospirazionistica e i «ambiguità della massoneria
tedesca: il nazismo contro la massoneria.
1 PRIMA E DURANTE LA GUERRA
Non significa dar prova di egocentrismo eccesso interrogarsi
sulla derivazione dalla Francia del mito cospirazionistico antimassonico
tedesco, anche se ricercatori germanici, quali Armin Phahl-Traugbcr affermano
che “il mito di un complotto massonico ha la sua origine non già in
Francia bensì in Germania” Ammettiamolo. Tuttavia il ramoso
abate Barrucl ha concorso potentemente al suo sviluppo. Egli ha avuto certo
corrispondenti oltre Reno. quali il predicatore Johann-August Starck o Eduard
Emil Eckert che spinto dall’evidente bisognosa di stabilire analogie — ha
attribuito alla Massoneria la responsabilità della Rivoluzione del 1848.
In seguito Alfred Rosenbcrg, futuro ideologo del
nazionalsocialismo, a quanto pare verrà molto segnato dalla lettura di
Gouguenot des Mosseaux, autore di un molto esplicito L’Ebreo, l’ebraismo e la giudaizzazione dei
popoli cristiani (1869): opera ch’egli pubblicò in traduzione tedesca
sostituendo “giudaizzazione” con “distruzione”:
‘dérapage” semantico, eloquente quant’altri mai!
Orbene, si sa quale fu l’influenza di Rosenberg
sull’organizzazione del Servizio di ricerca e propaganda del Terzo Reich
(I’ERR). Notiamo d’altronde e questo non sorprenderà nessuno — che sin
dall’inizio ebraismo e massoneria vengono accomunati. Così Rosenberg in un
pamphlet del 1920 dedica un capitolo a “l’ebreo e la massoneria” nel
quale, ben inteso, cita Barruel e denunzia Cagliostro.
Ma ritorniamo al 1914 0 piuttosto agli anni della grande
guerra. Dat 1917 compare in Germania, in un periodico cattolico, un articolo
anonimo intitolato Weltkrieg und Freimaurerei (Guerra Mondiale e massoneria),
presto seguito da un altro che vi interesserà più specialmente: Il Grande
Oriente italiano traditore dell’ Italia.
Non è che t ‘inizio di una vasta campagna antimassonica
volta a fare dei massoni il capro espiatorio delle disgrazie e dei sogni
infranti dell’Impero germanico. Quest’ultimo non sarebbe stato sconfitto in
modo “leale”; vi fu dunque un complotto e, per la bisogna, il
complotto ‘ideale il complotto giudeo-massonico. In questa campagna, il padre
gesuita notoriamente reazionario, Hermann Gruber ( 1851- t 94()). gioca un ruolo
di primo piano, specialmente pubblicando nel 1917 un’opera intitolata
Freimaurerei, Weltkrieg und Weltfriede (massoneria, guerra mondiale e pace
mondiale). E anche la stagione nella quale nasce il giornale “Auf
Vorposten” (Agli avamposti). pubblicato dalla Lega contro la dominazione
giudaica. movimento che svolgerà in pieno il suo ruolo dopo il 1918 diffondendo
abbondantemente scritti antimassonico.
Nel 1918 toccherà a un nobilotto di campagna tedesco, il
principe Otto zu Salm-Horstmar, discendente dei principi di Salm-Salm, cacciati
dai Vosgi settentrionali durante la rivoluzione francese, dare l’ultima mano
agli attacchi contro la “giudeo-massoneria” ponendo nel modo più
esplicito possibile la questione della responsabilità della disfatta tedesca:
punto di arrivo di una lotta fra “ebrei e democratici” (detentori del
capitale) da una parte e gli uomini, cioè i veri depositari delle virtù
aristocratiche germaniche dall ‘altra. Rosenberg se ne ricorderà quando nel
1940 a Parigi dichiarerà, in sostanza, che “la responsabilità della guerra
del 1914 [andava] addebitata ai centri delle Logge del Mondo Intero”. Nel
dopoguerra dipingere la massoneria quale responsabile del conflitto (e, di
conseguenza, della disfatta e delle difficoltà presenti) nel contesto creato
dalla Kriegschuldfrage [questione
della responsabilità della guerra preparava meravigliosamente il terreno a una
diffusione massiccia del mito cospirazionistico.
2 – LETTERATURA
COSPIRAZIONISTICA
F. AMBIGUITÀ
DELLA MASSONERIA TEDESCA
Generalmente si distinguono due grandi ondate di
pubblicazioni antimassoniche in Gemiania: la prima nel 1919. la seconda alla
fine degli Anni Venti.
Nel 1919 ricordiamo la prima edizione tedesca dei
Protocolli dei Savi anziani di Sion, in 120.000 copie, e la pubblicazione di
un’opera di Friedrich Wichtl. Weltnreimaurerci, WeltreJ)11blik (Massoneria
mondiale, repubblica mondiale),
destinata a conoscere un notevole successo (tredici edizioni). Altre
seguiranno, iscrivendosi in maniera deliberata nell’ambito del pangermanesimo.
Nel 1927 ha inizio la seconda ondata, più analitica e per molli aspetti più
complessa. Josef Sontag pubbilica Die Freimaurerei in Spiegel Deustchen ebens (La Massoneria
nello specchio della vita germanica], in cui tenta di contrapporre la “germanicità” delle antiche
logge prussiane alle logge tedesche dette “umanitarie”. Si comprende
a favore di quali, tra i due generi, vanno le sue preferenze.
L’anno seguente compare un’interpretazione cospirazionistica — tappa per tappa — della
disfatta tedesca firmata da un Hermann der Deutsche, Die Revolution der roten Propheten [La rivoluzione dei profeti rossi]. Il
tema del complotto — un complotto universale. mirante ad abbatterc tutte le
monarchie — vi è abbondantemente sviluppato.
Tutto ciò è immerso in un ambiente composito: circoli
cattolici, lega pangermanista, Verband gegen Uberhebung dcs Judentums,
Reichhammerbund. NDSAP. partito nazionalsocialista, associazioni studentesche,
associazioni di ufficiali. Punta di lancia della corrente antimassonica il
Tannenhergebund del generale Ludendorff, capo dello Stato maggiore germanico
durante la guerra, coautore del putsch
di Monaco con Hitler, con il quale peraltro molto presto egli litiga. Il movimento
di Ludendorff è “vôlkisch” (non disponiamo di un termine equivalente
in francese: si potrebbe tradurre “nazionalpopulista”), antisemita,
anticristiano (Roma e il Vaticano sono accusati di complotto). Proprio questo
movimento nel 1927 pubblicherà il best-seller antimassonico tedesco Die Vernichtung der Freinaurerei durch die
Enthi.il/ung ihrer Geheinnisse (La distruzione della n•zassoneria con la
rivelazione dei suoi segreti), libro diffuso in più di centomila copie.
Per mancanza di tempo sono stato costretto a procedere un po’ rapidarnente per
parlarvi delle ambiguità della Massoneria in Germania dopo il 1918, all’epoca della Repubblica di Weimar.
In quel momento si contano nove Obbedienze sedicenti massoniche.
Incontestabilrnente tra le cinque logge dette “umanitarie” c le logge
Vecchio-prussiane si registrarono linee di condotta e modi di funzionamento
quanto meno molto diversi. Nondimeno per tutte al centro delle preoccupazioni
vi è la questione dell’atteggiamento da tenere nei confronti degli ebrei;
proprio questa nel 1922 è all’origine della disintegrazione della Federazione
delle Grandi Logge tedesche (Deutschen Grosslogenbund). Le tre Grandi Logge
vecchio-prussiane (Gran Loggia Nazionale dei massoni tedeschi, Sistema
cristiano svedese. Gran Loggia Madre di Berlino “Aux Trois Globes”,
Gran Loggia di Prussia “A l ‘Amitié”). rimproverano alle
“umanitarie” il loro “cosmopolitismo e pacifismo”,
continuano a rifiutare l’ammissione di ebrei e una di esse. (“A l
‘Amitié”), nel 1924 aggiunge nei suoi statuti un paragrafo “ariano”
e nel 1932 elimina dal rituale ogni elemento apparentemente ispirato all
‘ebraismo
3. NAZISMO CONTRO MASSONERIA
Tutte le contorsioni delle Logge
Vecchio prussiane non eviteranno loro di essere sciolte, nel 1935. come le
“umanitarie”. Tuttavia esse tentarono di tutto, comprese una trasformazione in Ordini
germano-cri.stiani e, per una di esse (la “Aux Trois Globcs”),
l’inclusione nel suo “zoccolo dottrinale” della “seguente divisa
‘”Innanzitutto noi ci riconosciamo ln un cristianesimo tedesco praticante
il culto della Luce… Noi crediamo all’ascesa del popolo germanico attraverso
il lavoro tedesco”. In breve, nel 1935. le Logge ancora sopravviventi ma in quali condizioni! — vengono sorprese, i
loro templi requisiti, 1265 ex affiliati vengono deportati nel campo di
concentramento di Amburgo (Neueenoamme). E questo dimostra, contrariamente a un
‘abbondante letteratura alla qua’e ho fatto riferimento all’inizio della mia
esposizione. che il regime nazista non ha dato prova di alcuna compiacenza nei
confronti dei massoni anche se al riguardo il regime di Vichy, con ogni
evidenza, si è rivelalo anche più spietato dei nazisti.
Forse perché il dottor Schacht era
stato membro della loggia “Zur Sonne” (“Al Sole”)? La
questione è aperta anche se questo grande finanziere. una volta ristabilita la
solidità del marco. venne rapidamente sostituito. Al proposito occorre
ammettere con lo storico tedesco Helmut Neuberger che “fra il
nazional-socialismo e la massoneria l’opposizione va cercata meno in una scelta
di annientamento per motivi ideologici che in quella, assoluta, tra
totalitarismo e massoneria”. Comunque sia, dobbiamo aver chiaro che l’idea
del mito cospirazionistico antimassonico durante il Terzo Reich proviene
dall’ideologia dello Stato. Per convincersene basta esaminare i documenti
hitleriani di propaganda che fanno della lotta contro la massoneria il perno
della Weltanschauung nazista.
Nell’ambito di una produzione editoriale dalle tirature
considerevoli e riconoscendo a tale pamphlet più di quanto gli spetti, si
noterà la comparsa, all’inizio del 1934, quando Hitler è ormai al potere — dell
‘opera di Engelbert Hubcr Freimaurerei,
die Welonacht hinter der Kulissen (Massonerie: il potere mondiale tra le
quinte), opera dell’esperto di massoneria al Ministero della Propaganda. Il
NDSAP aveva il suo esperto nella persona di Friedrich Hasselbacher. It
best-se/ler in questione, pubblicato dal partito nazionalsocialista, nel 1.939
venne stampato in circa cinque milioni di copie.
Per quanto concerne gli organismi specializzati nell’antimassonismo,
dobbiamo fermarci soprattutto sull ‘ERR (Einsatzab
Reichsleiter Rosenberg: strumento d’azione di quel gerarca del Reich) più
comunemente noto come “Amt Rosenberg” fondato nel 1934 con sede a
Berlino. Non che il SD (Sicherheirt Dients) non abbia avuto il suo ufficio per
le questioni ebraiche e massoniche: ufficio, anzi, che nel 1936 organizza una
mostra antimassonica e allestisce un museo antimassonico nei locali della
Loggia di Amburgo, museo, che — curiosamente — resta sempre chiuso.
Osserviamo che il tristemente celebre Eichmann fu un
impiegato particolarmente zelante di quest’organismo. Anche la Gestapo svolse
attività antimassoniche, ma queste non furono mai prioritarie per essa.
L’Amt Rosenberg —
struttura dalle pretese ideologiche — si dedicò a un compito considerato
essenziale dal suo capo nella lotta contro i nemici del Terzo Reich, vale a
dire riunire tutta la documentazione disponibile su ebraismo e massoneria nei
territori occupati. In tal modo esso mise le mani sùgli archivi del Grande
Oriente di Francia e della Gran Loggia di Francia: un’azione che fra l’altro
gli consentì nel 1942 di pubblicare un’opera sugli Alti Gradi (Die Ilichgrade der Freimaurerei). Due
anni dopo, quando Hitler aveva decretato la guerra totale. la propaganda
antimassonica venne intensificata contro questo nemico fondamentale e
universale (“Weltanschauliche Gegner) peraltro unito e intrecciato con tre
altri, cioè la dittatura del proletariato, l’ebraismo e il papa. Notiamo di
passaggio che per gli esperti dell’Amt Rosemberg non v’era dubbio che
massoneria e il papa fossero legati o quanto meno alleati tramite massoni
francesi. quali il “fratello” Albert Lantoine che, in effetti, nel
1937 aveva pubblicato la Lettre au
Souverain Pontife con prefazione, del resto. di Oswald Wirth.
Dobbiamo concludere. L’antimassonismo tedesco, materializzato dal mito
cospirazionistico, non è nato per effetto di una germinazione spontanea dopo
l’avvento di Hitler al potere. Esso ha origini antiche anche se questo
sintetico saggio si è volontariamente limitato al periodo immediatamente
precedente la grande guerra. Verosimilmente il germanista Edmond Vermcil ha
ragione quando afferma che “abbiamo compreso male le grandi crisi dal 1918
al 1933 . ) Il nazionalismo germanico, aristocratico e altezzoso, come il
nazionalismo e le sue formazioni paramilitari. e in piena azione dal 1919. La
sua storia si staglia dietro quella del regime di Weimar”. Un altro
specialista della questione, François Morvan, condivide tale convinzione e
ritiene che nell’antimassonismo vi fu una specificità peculiare germanica. Per
averne la prova occorrerebbe procedere allo studio del mito cospirazionistico
in Europa. Notiamo. sulla sua traccia, che fra il 1918 e il 1940 solo tre Paesi
non registrarono la scomparsa della massoneria: la Svizzera, la Svezia e la
Danimarca. E fermiamo l’attenzione sulle date della scomparsa causata da
scioglimenti forzati. autoscioglimenti o occupazione delle logge. Ungheria nel
1920, Italia nel 1925, Finlandia nel 1934, Portogallo. Turchia e Germania nel
1935, Austria, Romania, Cecoslovacchia e Polonia nel 1938, Spagna, Jugoslavia,
Norvegia e Francia nel 1940.
Occorre insistere oltre sulla realtà patente che la scomparsa
della democrazia a vantaggio di regimi totalitari si è sempre tradotta nella
scomparsa della massoneria?