BEATO PIO IX

BEATO PIO IX di Aldo A. Mola

Papa Pio IX (1846-1878) verrà proclamato Beato.

Tale decisione, ponderata e, per quanto si sa, sofferta, appartiene a una sfera che si sottrae al giudizio storico-politico ed è di assoluta e insindacabile pertinenza delta Chiesa cattolica apostolica romana.

Crediamo sarebbe quindi inopportuno, perché metodologicamente improprio, evocare, per contrasto con tale decisione, le note dispute sulle decisioni da papa Pio IX assunte quale sovrano dello Stato pontificio.

Quanto alla valutazione delle molteplici condanne da papa Mastai pronunziate nei confronti della Massoneria – su cui scrisse Rosario F. Esposito in Pio IX. La Chiesa in conflitto col mondo (Roma, Paoline, 1979) -, occorre riflettere sulla situazione storica nel cui ambito esse presero corpo: magistralmente perlustrata da padre Giacomo Martina S.J. nella poderosa biografia di Pio IX pubblicata nelle edizioni della Pontificia Università Gregoriana e frutto di molti decenni di studio se-

vero.

Furono tempi di animosità, pregiudizi, acredini di cui s’ebbe un estremo saggio con l’aggressione al corteo che nottetempo il 13 luglio 1881 traslava le spoglie del papa da San Pietro a San Lorenzo fuori le Mura: vicende che l’Italia laica non può certo ascrivere a propria gloria.

In quest’occasione, come di sua norma, la Chiesa cattolica ha maturato un giudizio che trova le sue motivazioni al proprio interno.

La lezione da trarne è che altri Ordini, altre Istituzioni sappiano fare altrettanto del proprio passato, senza farsi prestare canoni di valutazione e metri di giudizio da poteri esterni — men che meno dai tribunali profani —, bensì in coerenza con i propri statuti e la propria Storia . Beato dunque Pio IX che trova nella sua beatificazione un punto d’approdo delle lunghe controversie sulla sua Figura.

E beati quanti sapranno fare altrettanto di sé e del loro passato, nell’ ambito della propria competenza.

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I MUSCOLI DELLO SPIRITO

I MUSCOLI DELLO SPIRITO

IN VIAGGIO CON MARCO AURELIO

di Manlio Maredei

La metafora del viaggio, tanto cara ai Liberi Muratori, ricorre spesso nel pensiero di Marco Aurelio Antonino, l’imperatore-filosofo raramente ricordato nei nostri templi. Troppo raramente. Se vado indietro con la memoria, trovo una sola tornata a lui dedicata. Per la precisione, meditammo su una parte del paragrafo 3 del libro III. Ti eri imbarcato, hai navigato, ora sei giunto in porto: scendi dunque dalla nave.

Marco prendeva nota dei suoi pensieri negli accampamenti danubiani, fra il 172 e il 180 dopo Cristo. Aveva dunque superato la cinquantina e — per la sua epoca — era già avviato verso la vecchiaia. L’addio al viaggio della vita, la discesa all’ultimo porto, sono allora espressione della malinconia d’un anziano? Tutt’altro: il suo brogliaccio di pensieri (che noi usiamo intitolare Ricordi) era una vitalissima palestra morale, un esercizio per mantenere in forma eccellente i muscoli dello spirito.

Il libro di Marco aveva per titolo Cose per se stesso; s’indirizzava ad un unico lettore (se stesso, appunto) e probabilmente sarebbe stato distrutto se la morte non avesse colto l’autore all ‘improvviso. Anche da ragazzo, infatti, Marco scriveva molto e poi distruggeva: poesie, arringhe di cause immaginarie, orazioni. Tutto materiale da esercitazione. Lo sappiamo dalle lettere che mandava al suo maestro di retorica (il quale invece conservava ogni scritto del giovane patrizio). Quando dalla retorica passò alla filosofia degli stoici, Marco era già esperto di esercizi: che non furono più intellettuali ma divennero esercizi spirituali.

Dalla sua palestra morale, Marco si attendeva la forza per essere atleta della più grande delle lotte, quella di non lasciarsi abbattere da nessuna passione, imbevuto di giustizia sino in fondo, disposto ad accogliere tutto ciò che venga assegnato dal destino. Ci riuscì’? La sua biografia sembra confermarlo.

Non ricchissimo, Marco era cresciuto a

Roma, nella bella casa del Celio, fra boschi di querce. Non ebbe modo di annoiarsi; a sette anni cominciò il suo tirocinio al servizio dello Stato: entrò nel gruppo dei Salii, i sacerdoti di Marte, e prese molto sul serio i suoi compiti. S ‘impratichì delle danze e dei salti sacri, imparò a memoria le formule da recitare nell’ormai incomprensibile latino arcaico (gli altri dovevano leggerle, tanto erano ostiche). Raggiunta l’età adulta, seppe evitare mirabilmente l’avidità e la rapacità del potente. Non si lasciò mai prendere dalla spirale del lusso e del danaro. Anzi, rinunciò a vistose fette di eredità in favore di parenti. E quando, ormai imperatore, i reduci dalla guerra d’oriente portarono la peste, Marco non esitò ad aprire le casse dello Stato, e le sue proprie, per elargire sovvenzioni alla gente colpita dalla carestia e dai lutti. Intere legioni vennero inghiottite dalla terribile epidemia. Proprio al[ora i barbari del nord si ribellarono, attraversarono le Alpi, occuparono Aquileia.

Ancora una volta Marco Aurelio mantenne una stoica calma e armò un esercito a pagamento, fatto di schiavi,’ di gladiatori, di altri mercenari. E lo affidò agli impareggiabili istruttori delle legioni. Ma intanto occorreva danaro. L’imperatore mise all’asta il palazzo imperiale: statue, ori, scrigni, ornamenti, persino le vesti dorate dell ‘imperatrice. Venne fuori anche il tesoro segreto di Adriano (nonno adottivo di Marco) costituito dalle più belle gemme che si potessero raccogliere in Asia. Due mesi durò l’asta. Infine Marco, il mite filosofo, lo studioso che passava le notti a leggere e scrivere, partì per le pianure danubiane. Andò a combattere e a vincere.

Sotto la tenda scriveva, continuava ad allenare lo spirito, si esortava, si ammoniva. C’è un bruciante promemoria Bada a non incesarirti che è stupendo, detto da un Cesare (V1,30). Ci sono certe luminose elevazioni al di sopra del contingente, della sua qualifica imperiale, del

suo rango; Come Antonino ho per patria Roma, come uomo ho per patria il cosmo (VI,44). I Ricordi indugiano spesso sulla morte, sulla caducità della vita. Pensieri d’apparenza asettica che celano lo strazio di un padre che aveva visto morire otto dei suoi quattordici figli, tenere foglioline cadute dal grande albero della vita. Sono note tracciate con pudore dei sentimenti, con l’intento di superare il dolore (o almeno di controllarlo). Il libro a se stesso punta dunque all’accettazione, e può apparire un po’ triste se non teniamo presente l’intento energetico di quelle pagine, il loro valore di quotidiano esercizio atletico.

Ma dobbiamo resistere alla tentazione di addentrarci nella struttura del libro. Teniamoci fermi alla metafora del viaggio, leggendo il passo IV,3 che sicuramente troverà e chi attualissime in molti massoni. Scrive l’imperatore: Vanno alcuni alla ricerca di luoghi in cui ritirarsi, chi nei campi, chi lungo la riva del mare, chi sui monti. E tu stesso hai l’ abitudine di desiderare tutto ciò. Ma è cosa stoltissima, dal momento che tu puoi, sempre che voglia, ritirarti in te stesso. Poiché l’ uomo, in qualunque luogo si rifugi, non ne troverà mai uno più quieto e Più libero da brighe di quello che può offrirgli l’anima sua; specialmente se porta dentro di sé tali principi che, col solo affacciarsi a contemplargli, acquista immediatamente un’ intima tranquillità, un ordine perfetto.

I piaceri che Marco si rimproverava erano semplici: cavalcate, vendemmie, visite all ‘antica e misteriosa Anagni, pacifiche giornate campestri passate in compagnia di libri. Forse Marco li ricorda per scacciare la nostalgia, sentimento pericoloso che distrae dal dovere presente, dall’azione militare.

Perché Marco era sì stoico, ma romano e imperatore. Ogni convinzione, ogni azione è illuminata da un eroico senso del dovere. Non nella passività, ma nell’attività consiste il bene (e il male) dell’ essere ragionevole e socievole (IX, 16). Passando dalla vita sociale alla vita personale e morale, il tono non cambia: Non è più tempo di discutere intorno a ciò che deve es-

sere l’ uomo dabbene, ma di cominciare ad esserlo coi fatti.

L’azione e l’adempimento del dovere sono per Marco Aurelio il necessario corollario della filosofia che, altrimenti, resta vago sentimentalismo e diventa comodo alibi per l’egoista. La costruttività massonica può trovare molte conferme in tale atteggiamento; molti spunti di riflessione.

Così cominciamo ad inquadrare meglio l’invito  a rifugiarsi in se stessi. Non è il pigro adagiarsi sulla personalità esistente (inizialmente rozza, squilibrata).

Sarebbe di scarsa utilità affacciarsi sulla propria interiorità e scoprirvi un panorama di insicurezza, rancori, ansietà, amarezze. Marco suggerisce di attrezzare il rifugio interiore con princìpi tali da comunicare immediatamente un ordine perfetto. I princìpi (Marco lo dimostra continuamente) non sono formule astratte, sono un rallentamento di vita, sono un costante atteggiamento spirituale. Tutto il libro dei Ricordi è un manuale per trasformare il rifugio interiore in luminoso — e vivente — santuario della filosofia. Solo allora esso avrà la funzione rasserenante e ritemprante che Marco promette.

Il ripiegarsi su di sé, come un gatto acciambellato, allude a un viaggio della vita, ad andamento circolare. Si parte dall’io, ancora opaco e inconsapevole, si viaggia nella conoscenza, si torna colmi di ricchezza interiori. Sulle quali, per dirla con Marco, ci si può affacciare felicemente. Tutto ciò è già un viaggio magnifico. Ma esiste un viaggio ulteriore, quello ad andamento lineare, ascendente e dritto come una freccia scagliata contro il cielo. E i] viaggio della suprema iniziazione, che abbandona per sempre il punto di partenza. Potremo dire che l’io si sposta sul Sé e che questo punta a Dio.

Mi piace immaginare che questo sia stato il percorso di Marco Aurelio: egli aveva ricevuto I ‘iniziazione a Eleusi e non era uomo da contentarsi d’una semplice cerimonia, una specie di laurea ad honorem. Colui che da bambino fu sacerdote di Marte, certamente divenne un iniziato perfettamente consapevole dei Misteri.

Quando lasciò i gelidi accampamenti per salire all ‘Oriente eterno, forse Marco mormorava ancora: Tutte le cose sono collegate le une con le altre, e sacro è il filo che le avvince. Uno è il mondo e uno il Dio che tutto pervade (VII,9).

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IL RITO EGIZIANO DEL CONTE Dl CAGLIOSTRO

IL RITO EGIZIANO DEL CONTE Dl CAGLIOSTRO

Ha ragione lo storico francese Daniel Ligou, autore del noto “Dictionnaire de la FrancMaçonnerie” quando sostiene che ben poco di egiziano è presente nei riti cagliostriani di Memphis e Misraim: “Ce rite “égyptien” est peu égypticn…••

Agli effetti i riferimenti all’Egitto e alla sua ritualità sono assenti o appena sfiorati nei limiti di qualche accenno minimo e stereotipo. L’ossatura del rito massonico è di estrazione ebraico-cabalistica come la totalità di questo genere di sistemi iniziatici.

Secondo lo stesso Ribadeau Dumas, Cagliostro, infervorato dalla moda dilagante per l’Egitto, volle dedicare a questa terra la sua complessa opera a metà tra alchimia, filosofia esoterica e misticismo. Però è vero che proprio dalla civiltà egiziana era scaturito ogni sapere ermetico di cui tutta la Cabalah è necessariamente infarcita. Quindi parrebbe, quella del di Guido Guidi Guerrera

mago, un ‘opera di recupero delle radici al di là dei segni esteriori con la ricerca di una verità protoarcaica e oltre qualsiasi ristretto confine.

“Altotas mi parlava spesso delle piramidi, degli immensi sotterranei scavati dagli antichi egiziani per custodire e difendere dalle in2iurie del tempo il prezioso patrimonio della sapienza umana . . . “. Sono parole queste che rivelano tutta la forza suggestiva della Terra del Nilo su un animo assetato di certezza e di mistero, infiammato e influenzato dagli insegnamenti del sapiente Altotas.

Fu costui ad iniziare il Grande Cofto ai misteri di Iside e di Osiride ed è dal suo sapere che derivano non solo i presunti poteri magici di Cagliostro ma l’intera formazione esoterica.

Se fosse. Altotas, un ciarlatano. una specie di esaltato mitomane o un autentico iniziato all’Ars Regia è impossibile stabilirlo.

Cagliostro lo incontrò in una locanda di Messina e ne rimase subito affascinato. Si esprimeva in un guazzabuglio linguistico anche se sosteneva di essere un po’ greco, un po’ spagnolo c si vantava di conoscere portentosi segreti alchemici. come la famosa “polvere di proiezione”. nonchè di possedere miracolose doti di guaritore.

Probabilmente la trasformazione di Balsamo in Cagliostro parte proprio da questo punto: fatto che indubbiamente dimostra come Aitolas pur nella sua strampalatezza abbia gettato i semi di una evouune verso nobili conquiste spirituali.

Da questa specie di personaggio guardjjeffiano ante litteram Cagliostro apprende il fondamento di ogni esperienza magica che è costituito dalle varie fasi alchemiche. Ogni parte del Rito Egiziano è specialmente pervasa da questo dettato ermetico volto ad alludere ai passaggi tradizionali che dalla cosiddetta Opera del Corvo o al Nero portano attraverso la “rubedo” alla scoperta dell ‘Oro dei Filosofi.

Al rito partecipano oltre al Maestro, il Grande Cofto, dodici “profeti” e sette “sibille”. Tutti sono tenuti all’obbedienza verso una serie di imperativi e di comandamenti, tra cui spicca la tolleranza rispettosa dell’universalità delle religioni e della dignità umana, nonchè il perseguimento del bene assoluto.

Una volta nel suo archetipo di Hermes Thoth, un ‘altra in quello di serpente, signore del tempo e della vita, Mercurio viene “ucciso” ritualmente dagli adepti maschi e dalle “sibille”.

Questa sorta di “estrazione mercuriale” rappresenta la base sostanziale del Rito Egiziano con tutte le significazioni possibili tanto di natura alchemica, che di valore magico-esoterico.

L’iniziato colpisce la parte “volatile” e irrazionale del proprio sè e la uccide per dar luogo a una palingenesi finalizzata alla fissazione dell ‘idea nella forma. Gli echi della dottrina ermetica egizia appaiono più evidenti evocando una forza archetipa come I ‘Ermete Trismegisto dentro il quale si agitano e congiungono i duplici bipolari aspetti dell ‘ermafroditismo. Tanto al fratello di sesso maschile che alla sorella vengono additati i mezzi esplorativi del proprio sè che portano dopo un travaglio iniziatico di tipi isidino-apuleiano alla perfetta fusione animus-anima.

Probabilmente l’intero rito di Memphis e Misraim sebbene sia, come sia considerato, costruito su modello cabalistico, con l’inevitabile frequentazione di forme angeliche nonchè di figure legate alla geometria sacra e a certi nomi divini ”di potenza”, risente di una formazione magico-esoterica assai vicina a culti primordiali. Questi ultimi sono stati mescolati ad altri più recenti di impostazione “salomonica” e rosacruciana, con l’inevitabile aggiunta di qualche medievalismo come nel caso della consacrazione degli “strumenti dell’arte”.

Se non fosse per la puntuale osservanza di regole astrologiche e planetario-analogiche, leggendo le “Quarantene” verrebbe in mente più di una correlazione con quel sistema di espirazione e affermazione spirituale noto come •’La Magia sacra di Abramelin il Mago”

Si tratta di un testo non conosciutissimo di autore ignoto, anche se pare probabile si tratti di un ebreo convertitosi al cristianesimo. Nel libro si prescrivono diverse norme comportamentali per giungere a una degna evoluzione che assicuri il contatto con il cosidetto Santo Angelo Custode. Per questo è necessario allontanarsi dal mondo per un periodo di tempo assai lungo (sei mesi), utile alla totale immersione nella vita contemplativa. meditativa e ritualistica.

Le quarantene spirituali del rituale cagliostriano sebbene previste per un tempo più breve, sembrano ricalcate dal precedente, almeno riguardo a quello che concerne tutta una serie di privazioni, digiuni e di volontario annullamento del significato stesso di fisicità corporale… Anche in questo caso tutto è finalizzato alla “Visione benefica” grazie alla quale come spiega il Dumas: “L’uomo si risolleva dalla caduta adamitica e si ricongiunge con la primitiva divinità”. Il candidato dedica quotidianamente sei ore alla meditazione, tre alla preghiera e ben nove alla preparazione e consacrazione di strumenti vari e della pergamena vergine ricavata dalla pelle di un bambino nato morto da una donna ebrea. Al termine della prova l’iniziando se è ancora vivo e perfetta mente lucido avrà dagli angeli la consegna delle parole di potere e del fuoco sacro contenuto in un sigillo magico.

Aleister Crowley grande e discussa figura di occultista vissuto fino agli anni quaranta del nostro secolo, aveva tentato le prove iniziatiche di Abramelin, animato da quella sincera e appassionata ricerca del proprio Angelo di Luce che sarebbe stata l’ossessione di tutta la sua vita. Un po’ per volubilità caratteriale, un po’ per ispirazione della sua fulgida intelligenza troncò quella esperienza molto prima della prescritta durata, nonostante a Boleskine un posto vicino a Loc-Ness avesse attrezzato il tempio come si chiedeva e avesse già constatato l’addensarsi di “‘nere ombre” anche in pieno giorno.

Quasi con certezza il mago inglese aveva compreso l’insussistenza della lettera del programma iniziatico. Nc aveva perciò estrapolato la simbologia e l’arcanum criptico chiuso nelle allegorici e difeso dalla capziosità di “impedimenta”, impossibili da superare se non teologicamente interpretati.

Cagliostro costruì il suo sistema su regole dello stesso tipo: “Chi aspira a questo ritirarsi nel Plenilunio di maggio con un amico di campagna ed ivi chiudersi in una camera ed acovo soffrire per quaranta giorni una dieta estenuante con scarsi cibi. per modo però che ogni refezione cominci col liquido, cioè colla bevanda, e termini col solido, che sarà un biscotto o una crosta di pane”. In seguito si richiede all’aspirante di procurarsi un certo numero di salassi e di aspettare la caduta dei denti e capelli che rinasceranno prodromi di una totale rigenerazione.

Se queste indicazioni non fossero considerate nel loro valore esclusivamente allegorico, l’incauto e stolto adepto si autoescluderebbe alla Conoscenza per dichiarata insipiente inadeguatezza e certo ne morrebbe.

Da che mondo è mondo ogni rito è stato sempre ammantato di una fitta rete di astruse e inconcepibili pretese solo per misurare il grado di evoluzione intellettuale ed esoterica del richiedente, proprio alla maniera dei cosiddetti “Koan” della filosofia Zen.

ln realtà l’intera Opus Iniziatica è sottesa da un continuo passaggio dalla Morte del sole Osiride alla vita della luna Iside che fusi nell’atto sessuale cosmico svelano il mistero dell ‘esistenza che è magia pura. Da questa sintesi nasce il Mercurio dei Saggi che racchiude tutta la forza di Eros e Thanatos nel perpetuo divenire degli eventi.

Forse come qualcuno ha sostenuto per Crowley a proposito di Aiwass il ministro di Hoor-Paar-Kraat, anche la figura dell ‘ineffabile Altotas potrebbe essere la dilatazione  delle potenzialità inconsce di Cagliostro. Poco importa se tanto Aiwass che Altotas possano vantare una propria autonoma realtà: essi vivono ed esistono essenzialmente in funzione della personalità dei maghi e della loro ricerca interiore.

Lo stesso Eliphas Levi nella sua Storia della Magia tende a dimostrare il significato criptico del nome Altotas che significherebbe ministro, messaggero di Thoth, l’Ermete egiziano. Come poi il Crowley, Cagliostro perciò sarebbe stato promotore e profeta di una riforma spirituale di impronta egizia in costanza dell ‘Eone osiridiano che avrebbe ceduto il posto a Horus, il figlio vendicatore.

Della logica legata al potere di Osiride il cui Grande Cofto aveva intitolato molti dei suoi riti, sarebbe  stato martire egli stesso pagando col prezzo della vita il sacrificio al dio della passione e della morte. Forse, questo, l’unico è più autentico messaggio esoterico di Alessandro Conte di Cagliostro.

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LAVORARE CON LA MUSICA PER IL PROGRESSO DELL’UMANITA’

LAVORARE CON LA MUSICA

PER IL PROGRESSO DELL’UMANITÀ               di Mario Lamberto

Franz Liszt, compositore, pianista, direttore di orchestra, ungherese, è considerato uno dei più importanti musicisti europei dell’Ottocento (1811-1896).

Il valore e la portata della sua attività, collegate a tutti i problemi essenziali della storia musicale europea dal 1830 al 1880, acquistano un particolare significato dalla sua appartenenza alla Massoneria.

Venne iniziato Apprendista nella Loggia Zur Einigkeit all’Oriente di Francoforte nel 1841, ricevendo la nomina onoraria di appartenenza per l’opera umanitaria e assistenziale da lui esercitata; passò al Grado di compagno I ‘8 febbraio 1842 presso la Loggia inglese Royal York alla presenza del principe Guglielmo, futuro imperatore, e nello stesso anno al grado di Maestro nella Loggia Modestia cum Libertate di Zurigo; infine nel 1870 gli venne conferito il grado di Maestro Onorario presso la Loggia Zur Einigkeit all’Oriente di Budapest.

L’aspetto più interessante dell ‘opera sinfonica di Liszt è il proposito di farsi capire dagli ascoltatori attraverso la Musica a Programma. Scriveva egli stesso nel 1837: Il musicista che trae ispirazione dalla Natura traduce in suoni i più intimi misteri del suo destino. Egli pensa, sente, parla in musica; ma poiché il suo linguaggio, meno definito di tutti gli altri, si piega a una moltitudine di interpretazioni diverse. non è inutile che il compositore tracci con poche linee lo schizzo psichico della sua opera, dica ciò che ha voluto fare, esprima l’idea fondamentale della sua composizione.

Il programma poetico o letterario, anche se aggiunto a posteriori, è essenziale per la comprensione da parte dell’ascoltatore; tenendo presente le immagini gli stati di animo che hanno ispirato il compositore, egli può sintonizzarsi con il musicista in una determinata sfera della conoscenza che potrà, seguendo la musica, costruire e adornare con la propria fantasia.

Il compositore, scegliendo il soggetto della sua musica tra i più nobili temi della cultura, contribuisce al suo arricchimento e alla sua divulgazione presso il pubblico. L’artista svolge un compito sociale e culturale lavorando per il progresso della musica e avendo a cuore il progresso dell’ umanità. (R. Dalmonte – F. LISZT Feltrinelli). Per questo scopo i fratelli massoni si riuniscono e Liszt doveva avere ben presente questo nobile principio.

Les Préludes (d’après Lamartine) è uno dei brani più famosi del musicista ungherese; vi si può riscontrare uno stretto legame tra il pensiero musicale e il pensiero massonico che deve aver ispirato il compositore. Per capire meglio il valore e i significati della musica è opportuno conoscere il Programma, la meditazione del poeta francese Lamartine anche se pare sia stata suggerita a posteriori dalla principessa Wittgenstein, dedicataria dell’opera. Eccone il testo: — Non è forse la nostra vita una serie di Preludi a quel canto di cui la morte intona la prima nota solenne? L’amore è l’aurora incantata di ogni esistenza; ma qual’ è la vita le cui voluttà di gioia non sono interrotte da qualche uragano che con soffio mortale dissipa le sue belle illusioni e con folgore fatale distrugge il suo altare, e qual’ è l’anima crudelmente ferita che, uscendo da una di queste tempeste, non cerca di riposare i suoi ricordi nella calma dolce della vita dei campi? Tuttavia l’ uomo non si rassegna a lungo a gustare il tepore benefico che all’ inizio lo aveva allettato in seno alla natura, e quando “la tromba ha dato il segnale di allarme” , egli corre all’ avamposto pericoloso quale che sia la guerra che lo chiama, per ritrovare nella lotta la piena coscienza di sé stesso e il completo possesso delle sue forze.

Il percorso psicologico-drammatico del testo trova una corrispondenza nella forma e nei contenuti del brano musicale. Vi si può intravvedere anche una affinità con i principi che alimentano la volontà del massone sulla via di una continua ricerca di sé stesso, la sua lotta e i suoi sforzi per far sì che la pietra grezza diventi cubica, sempre sospinto dalla forza dell’amore.

Liszt sceglie tra i simboli che tradizionalmente vengono considerati i più significativi per edificare la composizione, il criterio di elaborazione e di variazione di un tema, il passaggio dall’informe all’ordine, dalla pietra grezza a quella cubica e l’elemento ternario sotto molteplici aspetti.

Il tema inizia sul terzo movimento di una misura di quattro tempi e si presenta con tre note ribattute, la terza assume il ritmo di nota con il punto (valore tre) e la fase si sviluppa in arpeggio per intervalli di terza per arrivare a due colonne d’armonia con flauti, clarinetti e fagotti; I elemento ternario, i criteri melodici, armonici e di orchestrazione fanno pensare a una scelta massonica di simboli musicali.

L’introduzione si sviluppa fino alla variazione del tema in 12/8 affidata ai violoncelli e contrabbassi, tromboni, tuba e fagotti, che rappresenta la meta, il fine da raggiungere: la vittoria.

La seconda variazione è il tema d’amore in 9/8 (3 movimenti con 3 suddivisioni = 9) che viene esposto tre volte con modulazione a tonalità distanti una terza sopra (do – mi – sol#), aprendo ogni volta una nuova prospettiva sonora.

La consapevolezza di quanto la Fortuna possa aiutare le anime elette é lo stato d’animo che ispira la terza variazione, quasi un nuovo tema contrastante B, caratterizzato dall’elemento ritmico della terzina,

Purtroppo la Fortuna è passeggera, e la quarta variazione, con le sue cromatiche terzine e le sue volute di accordi di settima diminuita (4 terze minori sovrapposte) descrive le agitazioni della vita, il pencolo imminente, l’avvicinarsi dell’uragano.

Con la quinta variazione il tema d’amore si trasforma in tema di morte, contrapponendone i significati in un allegro tempestoso.

La sesta variazione, elaborando il tema per inversione, mette in risalto il carattere agitato e sempre più parossistico del combattimento.

Come un ‘eroica cavalcata la settima variazione affidata a trombe e corni e ripresa dai primi violini porta a compimento il travagliato sviluppo corrispondente alle fasi di difficoltà che spesso si incontrano nelle vicende della vita.

Finalmente la ottava variazione rappresenta il calmarsi degli eventi con un passo dell’oboe che con solistiche cadenze rasserena il clima precedente conducendo a un paradisiaco e nostalgico ritorno del tema d’amore con gli archi e arpa.

La pacifica scena idilliaca e i paesaggi bucolici descritti nella nona variazione con cambi di prospettiva modulante per terze (mi – do # – la fa #) offrono un meritato ristoro all’animo umano.

La ripresa della terza variazione o tema B fa riacquistare fiducia nei propri mezzi e nella Fortuna.

La suddetta variazione viene ripresentata con tre nuove orchestrazioni, sempre più positive, come un eroico cammino che riprende verso la meta da raggiungere.

Con la decima variazione l’uomo ha ritrovato la Fortuna e la forza necessaria per gettarsi nuovamente nella difficoltà della vita e per ritrovare sé stesso.

La undicesima variazione è una vera marcia trionfale contrappuntata da inni di guerra.

La volontà di vittoria è espressa dalla dodicesima variazione con trascinante veemenza.

Finalmente la ripresa della prima variazione rappresenta la meta, la vittoria.

Con la salita sui gradini che conducono verso I ‘Altare dell’Oriente, raffigurata nella coda dai gruppi ternari degli archi, termina il percorso musicale del poema sinfonico.

L’ascolto completo del brano può offrire così la rappresentazione del viaggio che il massone si propone di intraprendere, dall’Iniziazione alla Maestranza.

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SE FOSSI…

SE FOSSI…

DIVAGAZIONI INUTILI

Ho immaginato, così per non saper che fare, di ritornar bambina oggi. La radio, allora, la facevo io.

Proprio.

Ci recitavo il pomeriggio dentro microfoni tondi, grossi e con i raggi. Sembravano tanti bellissimi soli.

I miei a casa mi stavano a sentire e così i parenti, gli amici e le compagne di scuola. La maestra faceva finta di ignorare.

La vita era semplice.

Persino nel mangiare. La merenda era pane e marmellata oppure pane, burro e zucchero.

Solo la domenica mattina papà, che mi portava a spasso, mi offriva una brioche tonda, lucida e con in cima un ciuffo di crema gialla. I grissini erano tanto buoni, croccanti fuori e a cura di Arnaldo Francia

morbidi dentro, da essere preferiti ai biscotti.

Si camminava molto.

Il giro della collina era normale.

Prati verdissimi, qualche villa isolata, cancelli di ferro che davano adito a viali misteriosi che pareva non avessero fine.

Io credevo nelle fate e negli gnomi.

Così come credevo che mio nonno ogni mattina a colazione ingoiasse un orologio d’oro, ma senza la catena. Me lo aveva detto lui e, davanti alla tazza di caffè bollente, faceva tutti i giorni una complicatissima mimica, tanto ben condotta che solo da grande mi resi conto della mia assoluta fiducia nei “grandi”.

Loro parlavano e mi spiegavano e qualche volta mi prendevano in giro ed io credevo, credevo.

Se fossi bambina oggi passerei la maggior parte del tempo davanti alla TV, avrei una idea del mondo dei grandi non certo basata sulla fiducia, ma sullo sgomento e la paura.

Pretenderei cartelle e scarpe firmate, confronterei l’auto di mio padre con quella dei genitori delle mie compagne, sarei condotta da una scuola di danza ad una lezione di inglese, per poi correre in piscina ed a lezione di tennis. Sarei una bambina stanchissima, elegantissima e scattante.

Ma sarei così felice e con la testa piena di favole?

Avrei la possibilità di star sola interi pomeriggi a raccontarmi storie, animando gli oggetti della mia camera inventando dialoghi tra la sedia ed il quadro?

Se fossi piccola oggi già mi avrebbero detto della droga e delle sue conseguenze. mettendo nella mia testa non preparata, le idee della morte, della paura, della diffidenza, del decadimento fisico ed intellettuale. Tutti concetti non adatti alla mente di un bambino.

I discorsi.

A parte quelli politici che non capivo tanto ma che avevano un ritornello . . . “Quel. ci rovinerà completamente, prima o poi!” erano soprattutto sui libri letti, sui quadri dipinti da zio Francesco, sulla preferenza di mamma per la Tempesta e di papà per Amleto.

Nonno scovava libri strani, poeti minori, ci leggeva, ancora in bozze, gli scritti del suo amico Bontempelli ed i suoi, magari con il parere di Gargiulo o Manara Valgimigli.

Non dico che mi divertissi sempre.

Però il fatto che i libri facevano parte della vita e che ad essi si dedicasse la maggior parte del tempo possibile, che se ne parlasse e che da essi si traesse una specie di magica possibilità di moltiplicare i pensieri all ‘infinito, mi piaceva e nutrivo un amore geloso per i MIEI.

Pochi, con le figure, ma assolutamente di mia proprietà.

Se li volevano dovevano chiedermeli in prestito.

Anche papà e mamma che furono sempre rispettosissimi del mio privato.

Il tempo.

Se fossi bambina oggi avrei un paio di orologi digitali, grossi quasi quanto il mio avambraccio e con le sfere ed i numeri a forma di puffi.

Ne sarei vittima.

Alle quattro dobbiamo andare dalla nonna. Mezz’ora. Poi a lezione di inglese. Ti lascio e ti vengo a prendere. Andiamo dal dentista. Invece allora (i dentisti c’erano e mi mettevano le macchinette) il tempo era: la mattina ed il pomeriggio.

La sera per i bambini non esisteva.

La cena e a letto. Nonostante le proteste ed i capricci.

Io non avevo assolutamente il senso del tempo. Del passare dell’ore.

Se mi divertivo mi dimenticavo di tornare a casa.

Andavo a giocare dalle amiche. Era già buio da un pezzo ed io ancora stavo là, mentre la mamma non mia poggiava rumorosamente i piatti sul tavolo e diceva: “Si è fatto tardi!’

La mia, di mamma, diceva: “Torna presto!” senza stabilire un’ora. Lo faceva per abituarmi ad una specie di disciplina.

Con scarsi risultati.

Quando già avevo mangiato una mezza cena dall’amica, suonava il telefono e la voce di mio padre, che mi veniva passato, tuonava: ‘Possibile? Non impari mai! Adesso devo venirti a prendere!”

Prediche, rabbuffi, “autodisciplina” “senso della responsabilità”. Paroloni pesanti che mi calavano addosso come una doccia gelata. Mi sentivo molto, molto cattiva.

Se fossi una bambina oggi mi sentirei colpevole ed irriconoscente? Non mi risulta di avere avuto un peso determinante nella mia famiglia, nel senso, dico, che la vita degli altri ruotasse intorno alla mia. Ognuno aveva un suo ruolo e lo svolgeva nel modo migliore.

Le cose.

Mica ne avevo tante e tutte erano desiderate. Bisognava essere bravi, ubbidienti, rispettosi e allora si aveva una cosa, magari necessaria.

Se fossi bambina oggi chissà quante pretese. Così che il concetto del merito proprio non saprei dove andarlo a cercare. In compenso considererei tutto come dovuto.

Dagli altri, naturalmente.

Il genitore come dispensatore di cose, senza possibilità di rifiuto. Altrimenti il ricatto della nevrosi e. più tardi, della droga.

No. Non potrei oggi sentirmi cattiva o ingrata. Quindi non potrei nemmeno aver voglia di migliorare.

Il miglioramento.

Era una delle lezioni di Nonno P. Non diretta. Favole, storie di “gente vera’ che invece era inventata di sana pianta ma che rendeva l’insegnamento più concreto.

Nonno P. era mio amico. Estroso, strano, generoso, intelligentissimo con quel dono grande della chiarezza e dell’humour.

Oggi avrei un nonno così?

Oppure mi troverei accanto un signore velleitario, vestito casual, dedito a dimostrare a se stesso e agli altri di non essere vecchio? Che dico? Anziano. Come se vecchio fosse una parolaccia.

Un uomo con la vacuità del pensionamento,

l’angoscia mal celata dei primi acciacchi non accettati ma respinti come una verità ripugnante. Com’era bello il mio, un po’ gottoso, che doveva fermarsi ogni tanto per la strada a poggiare la gamba, sollevandola, al muro e che al bar diceva al cameriere: “Porti un raggio di sole in una tazza d’argento e con una perla sopra, per la mia nipotina” fugando la perplessità del poverino con una abbondante mancia riparatrice ed una complice strizzatina d’occhi.

Nonno P. mi diede una regoletta di vita semplicissima.

“Non tare mai nulla che non avresti il coraggio di confessare a tua madre e di veder pubblicato sul giornale”

Una norma che deve, per funzionare, fare riferimento ad un tipo di famiglia e di società che forse non esiste più.

Soltanto in un nucleo dove ogni singolo ha un ruolo determinato e delle precise responsabilità, dove il comportamento quotidiano e privato sostituisce la parola (le “urla” della classica madre italica che minaccia continuamente ma non agisce se non nei momenti sbagliati), dove una sorta di timore reverenziale impronta l’atteggiamento dei figli, è possibile applicare la regoletta di mio nonno. Quanto ai giornali.

beh! Lasciamo perdere!

Tutto sommato è meglio che oggi io sia grande.

Un po’ vecchiotta anche, visto che sono in pieno nella fase delle rimembranze.

Oh! Dimenticavo.

Nonno P. era massone.

  1.  Menzio
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UNA SOCIETA’ SEGRETAMENTE PALESE

UNA SOCIETÀ SEGRETAMENTE PALESE       di Manlio Maradei

Quando sottoponiamo ad analisi le antiche usanze massoniche, una premessa appare subito necessaria: non siamo mossi dall’ ansia di adeguarci al comune sentire dei contemporanei (o allo “spirito del secolo” come si diceva qualche anno fa). Chi sono i contemporanei? Coloro che condividono il nostro tempo. Ma quale tempo? In ambito iniziatico si deve distinguere fra tempo sacro e tempo profano, e naturalmente soltanto il primo ha rilievo quando si studiano le tradizioni o le semplici usanze della Libera Muratoria.

Tempo sacro — sarà utile dirlo — non significa unicamente tempo di liturgie o di ricorrenze religiose: così come immagina la gente comune, al di fuori del “fanum” degli iniziati. Il tempo sacro è quello che — anziché consumare. logorare, o addirittura divorare alla maniera di Cronos — offre agli adepti sostanza vivificante. E tempo che tentiamo di creare nell’azione rituale massonica, quando una perfetta coralità di

intenzioni e di capacità unisce i fratelli e li porta in una dimensione “ulteriore”.

Ma la distinzione sacro-profano, e più esattamente iniziatico-profano, riguarda anche la Massoneria: iniziatici sono i suoi riti. i suoi fini, la sua origine; profana è l’organizzazione, l’amministrazione; profano è il meccanismo statutario (pur con riverberi iniziatici). La profanità s’è del resto insinuata anche in talune parti del rituale che perciò non si può considerare interamente “sacro”. Basti pensare al rituale d’agape, con le sue polveri da sparo e le sue cannonate, tanto intrinseche agli accampamenti militari e alle logge di reggimento. (Non c’è dubbio che un buon oratore di Loggia saprebbe dimostrare la sacralità del cannone. ma occorre un limite anche per l’arte retorica).

Questa lunga premessa è ancora più necessaria quando si affronta lo spinoso problema del segreto. E qui, a complicar le cose. il segreto massonico si biforca in segreto settario e segreto settario, e quest’ultimo si ramifica rigogliosamente.

Il segreto iniziatico. Con questa dicitura s’intende quella illuminazione che il libero muratore riesce a raggiungere (se ci riesce) con lentezza e fatica, con l’aiuto dei simboli e dei riti, con il sostegno dei fratelli, con l’ intuizione e la crescita spirituale. II segreto iniziatico appattiene dunque a un ordine di conoscenze acquisibili su un piano che trascende il pensiero logico e la parola. Per sua stessa natura, non potrà mai essere rivelato con parole: è come si ama ripetere ineffabile, indicibile. Non potrà mai essere comunicato nemmeno con segni, disegni, espressioni artistiche, atti o gesti. Tecnicamente perciò non dovremmo considerarlo un segreto, perché il segreto copre qualcosa di conosciuto ma che si mantiene celato, pur essendo comunicabile. Del resto la storia della Massoneria non parla di segreto iniziatico ma soltanto di segreti settari, che riguardano segni di riconoscimento, tecniche di mestiere e simili concretezze. Per la teorizzazione del segreto iniziatico bisogna aspettare il guru francese René Guénon, il quale tuttavia avverte: “L’ iniziazione non trasmette il segreto stesso che è incomunicabile, ma l’influenza spirituale che ha i riti e i simboli per veicolo e che rende possibile il lavoro interiore mediante il quale ognuno raggiungerà questo segreto più o meno completamente, più o meno profondamente’

Una cosa non è vera perché la dice René Guénon; l’ipse dixit non funziona nella Massoneria che si vanta di non porre limiti alla ricerca della verità. Tuttavia la formula guenoniana era suggestiva e — come vedremo — rispondeva a un bisogno di camuffamento che lo scrittore francese non poteva prevedere. Ma intanto notiamo due cose. Prima: ridurre al concetto di segreto le vette dell’esperienza iniziatica ci sembra un’operazione intellettuale un po’ rozza (malgrado il generico aggettivo “iniziatico” incollato al segreto). Meglio sarebbe stato non definire affatto quelle vette. o cercare

un vocabolo più adeguato benché sempre imperfetto (tenuto conto della ineffabilità). Meglio lasciare che ognuno immagini il fine dell ‘ iniziazione secondo il suo background culturale e le sue aspirazioni: chi pensa al raggiungimento del Sé, chi alla conoscenza assoluta, chi ai poteri psichici, chi alla mitica Loggia Bianca che governerebbe il mondo… Seconda nota: la teoria guenoniana nega che l’iniziazione massonica conferisca il segreto iniziatico. Sul filo del paradosso. ci si chiede perché definire “Iniziatico” qualcosa che non vien dato dalla iniziazione.

Ma qui corriamo il rischio di attardarci nel divertimento accademico. Se del segreto iniziatico non si può dire niente — perché di natura indicibile è inutile perder tempo a parlarne. Sul piano della concretezza, si può tuttavia aggiungere che la teoria del segreto iniziatico ha fatto comodo a molti massoni che non riuscivano a negare resistenza di vaste sacche di segreto settario nella nostra Istituzione (a qualunque “palazzo” riferentesi). Quando l’ analisi del segreto settario si fa più stringente. il massone ha un moto di fastidio, assume un’aria di sufficienza e dice: “Non puoi capire; si tratta di segreto iniziatico…

Il segreto settario. Riguarda la composizione e il funzionamento di una associazione, di una setta (politica, religiosa, mercantile eccetera). Come s’è accennato, tale tipo di segreto avvolge cose concrete, conosciute (o conoscibili in futuro) dai membri della setta; cose facilmente dicibile comunicabili a parole o con altri mezzi umani.

Non vorrei qui ripetere quanto ho scritto nel libro Iniziazione e segreto massonico Problemi e prospettive per il terzo millennio, distribuito a gennaio dalla casa editrice Bastogi. A scanso di fraintendimenti, debbo però ribadire la mia convinzione: la Massoneria è un’associazione del tutto palese, che però si trascina dietro il fardello di una struttura segreta. Questa è la sua contraddizione, questo il suo dramma culturale. I massoni non possiedono segreti rilevanti dal punto di vista morale, giuridico. sociale, politico, economico; tuttavia giurano centinaia di volte di non rivelare i loro inesistenti segreti. Se inizialmente questa pratica aveva un valore pedagogico, ormai ha finito per diventare una follia intossicante.

Si è tentati di dire: s’è sempre fatto così, è la tradizione. Magari con una bella T maiuscola che stende una patina di antiquariato e di sacralità sulle cattive abitudini… In realtà non sempre si è fatto così. Il segreto dei franchi muratori nascondeva le tecniche di lavoro costruttivo, e non già le persone. I muratori che liberamente percorrevano l’ Europa ci tenevano che si conoscesse il loro stato di franchi, cioè di liberi. Era questa qualifica personale che permetteva loro di sottrarsi (affrancarsi) all’obbligo di residenza territoriale, a disposizione del signore feudale. Costui aveva tutto il diritto di tassare i suoi sudditi e di sottoporli a corvée (cioè a lavoro non retribuito).

Anche i luoghi di riunione lasciano immaginare una piena visibilità dei franchi muratori. La loggia eretta nel cantiere era sotto gli sguardi di tutti; non era una cripta d’incontri furtivi. E anche nelle  mutate condizioni dell’epoca moderna, agli inizia del Settecento. le cronache massoniche londinesi ci parlano di abituali incontri nelle taverne. che non sono il posto migliore per nascondersi. Ricordate la Taverna dell’oca e del girarrosto?

Ma quali sono i documenti nei quali possiamo rintracciare elementi certi di segreto settario? I lettori di Nuova Delta sicuramente già li conoscono; sono gli Antichi Doveri, i Landmarks. gli Statuti di Napoli (travasati nelle norme della Gran Loggia d’Italia) e i Rituali. Per comodità di consultazione, e per non incorrere nel “delitto” di violazione del segreto, è più agevole far ricorso a Le charte fondamentali della universale Massoneria di Umberto Gorel Porciatti, ed ai Rituali dei lavori dell’Ordine degli antichi, liberi, accettati muratori nonché ai Rituali dei lavori del Rito scozzese, entrambi di Salvatore Farina. Tre libri che in cinquant’anni hanno avuto numerose edizioni diventando i best seller dell’esoterismo. Anche per gli Statuti esiste una bella edizione critica di facile reperimento in libreria. Naturalmente ci sono alcune diversità rispetto ai volumetti distribuiti attualmente nelle logge, ma non tali da impedire un ragionamento di carattere generale.

Vediamo adesso a volo d’uccello quel che scrivono i sacri testi. Gli Antichi Doveri: “Sarete circospetti nc

el vostro dire in modo che il profano più accorto non possa capire… Non dovete far riconoscere alle vostre famiglie e ai vostri vicini quanto concerne la loggia.. Landmarks di Mackey; “La Massoneria è una società segreta che possiede segreti…”. E i I.andmarks secondo Findel: “Il massone deve essere segreto con i profani e serbare il segreto sulle cerimonie massoniche, specialmente in ciò che riguarda le parole e i segni di riconoscimento”. Ecco ora gli Statuti di Napoli: libero muratore, considerando profani tutti coloro che non riconosce come fratelli, deve guardarsi dal rivelar loro, o di far comprendere, il minimo dei lavori, dei disegni o dei segreti dell’Istituto… Le finestre non si apriranno giammai, se offrano accesso a sguardi profani. Il segreto è la prima caratteristica dell’Ordine”. ln tutti questi testi si parla sempre di segreti  comunicabili (ma che è proibito comunicare). Nessun accenno a segreti trascendenti, al mitico segreto iniziatico (ineffabile) che troppo spesso fa da comodo schermo al segreto settario. Lasciamo infine alla solerte ricerca dei lettori la scoperta del segreto settario nei giuramenti d’iniziazione dell’Ordine e del Rito, e nel giuramento al termine dei lavori.

I giuramenti sul segreto sono ripetuti tante volte fino a determinare una specie di assuefazione. Il libero muratore non si rende più conto della gravità di tale atto solenne; e se qualcuno tenta di parlargli del segreto settario, ha uno scatto di irritazione e di intolleranza; non vuol sentire ragioni; suppone candidamente che la critica al segreto nasconda soltanto una colpevole accondiscendenza ai desideri dei profani.

Ora. non c’è dubbio che il segreto sia un’arma in mano ai nemici della Massoneria. Cosa tutt’altro che irrilevante ma che non rientra in questo studio. Qui ci interessa accennare agli effetti che il segreto produce all’interno della Massoneria, ai riverberi sul tempo sacro dei liberi Muratori.

E innanzitutto dobbiamo chiederci come mai, fra noi, persiste la cultura del segreto settario. Ebbene, tutto nasce da un colossale equivoco culturale, dalla confusione del segreto con il silenzio. Il silenzio è necessario per proteggere l’iniziato, per non esporlo al logorio di spiegare ad altri (profani o fratelli meno esperti) cose che egli stesso non sa ancora, ma va sperimentando.

L’iniziato è soprattutto un “cercatore”. dl quale non si può chiedere di continuo che cosa ha trovato. Abbiamo detto in altre occasioni che “il silenzio nutre c protegge, il segreto logora e consuma”. Il silenzio è una virtù che si impara progredendo nella via iniziatica, il segreto è una imposizione che non sempre funziona (anzi, spesso dà frutti avvelenati).

Non si deve credere che l’abolizione del giuramento sul segreto sia qualcosa di utopico. Abbiamo sott’occhio un rituale francese stampato nel 1978 d La chaine d’union. Alla chiusura dei lavori leggiamo: “Les travaux sont fermés; retirons-nous en paix, en observant la lois du silence”.. Aver superato l’ambiguo concetto del segreto, a vantaggio del solare silenzio, è già un grandissimo progresso, proprio in campo esoterico. E bisogna darne atto ai fratelli francesi. Tuttavia essi non sono riusciti a dimenticare del tutto l’ aspetto coercitivo di questo brano di chiusura. Sarebbe stato più limpido dire “virtù del silenzio” anziché “legge”. Infatti la legge  ricorda ancora l’obbligo imposto da fuori, come se il massone fosse un irresponsabile. Il richiamo alla virtù del silenzio, invece, punta su qualcosa di squisitamente interiore, a una conquista del massone libero e cosciente.

La mentalità del segreto, così assiduamente coltivata. si espande in cerchi concentrici. si insinua anche dove gli usi massonici non la richiedono (e la escluderebbero).

L’abitudine al segreto crea compartimenti stagni, blocca la circolazione dei fratelli delle logge. erige ostacoli allo scambio delle idee nella Comunità, favorisce squallide ansie di potere. Ciascun lettore sappia individuare gli esempi di tale situazione, riesaminando con la memoria le proprie esperienze.

Le dimensioni di ‘un articolo non consentono di fare un trattato con tutta la casistica del segreto. C’è solo da aggiungere che l’uscire dalla cultura del segreto (se mai avremo il coraggio di uscirne) sarà una vicenda dura e traumatica, specialmente in questo periodo storico fortemente ostile alla Massoneria. Bisognerà pensare a forme graduali. anche volontarie, per singoli massoni c singole logge, per abbandonare la semiclandestinità che aleggia attorno alle Comunità massoniche le quali — lo ripetiamo con forza  sono palesi (ma non lo sanno veramente).

Mille volte i liberi muratori sono stati assediati da una domanda, e ancora verranno assediati in futuro: “La Massoneria è una società segreta?”. Al termine di questa veloce escursione nel paese del segreto, risulta ancora difficile una risposta chiara e precisa. Non per nulla il simbolo più noto (e più battuto dalle tavole degli apprendisti) è proprio il pavimento bianco e nero. che introduce alla nostra teoria della ‘verità prismatica” piena di diverse e luccicanti sfaccettature, tutte diverse.

Forse possiamo rispondere che oggi la Massoneria è segretamente palese. Sì, Massoneria somiglia a un ossimoro, quel procedimento retorico che unisce due termini inconciliabili; e che dunque agisce come un corto circuito intellettuale, scatenando la scintilla dell e intuizione. Dalla “concordia discors” di Orazio, alla Chiesa definita “casta meretrix” da Origene, fino alla “docta ignorantia” di Nicola Cusano, l’ossimoro ha stimolato il pensiero eu-

ropco. Oggi è un po’ in declino e indugia sulle forme prorompenti di attrici nordiche, titolandole “ghiaccio bollente”.

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DEMOCRAZIA E DINTORNI

DEMOCRAZIA E DINTORNI

Di Franco Milani

I componenti la Società dei Liberi Muratori sono portati per vocazione alla concezione della dottrina politica come ideale etico che si fonda sul principio della sovranità dei cittadini, sulla garanzia della libertà e dell’uguaglianza degli stessi. Quindi in opposizione storica ai regimi totalitari.

Eppure nella nostra organizzazione, grazie ad una serie di riti che riducono a simbologia atti materiali essenziali, si procede sotto l’ala della più grande costrizione ma con la massima libertà interpretativa. Sono gli atti essenziali che favoriscono la coesione del gruppo.

Riprendendo il tema della dottrina politica vorrei ricordare brevemente gli antichi Greci. per loro natura desiderosi di conoscere il mondo che li circondava, per l’eredità lasciataci. Dobbiamo a loro non solo una buona parte del nostro vocabolario politico (democrazia. oligarchia, tirannide) ma anche l’avere sviluppato modi di pensare a proposito della società destinati poi a fare parte del bagaglio delle idee che caratterizzano i popoli occidentali.

Un esempio luminoso come Socrate che cercava la verità nel modo più disinteressato, che da giovane combatté con onore per difendere la sua Città-Stato e che per la causa della giustizia s ‘ impegnò, a costo dell ‘impopolarità.

Questo è quanto ci ha tramandato il suo discepolo Platone nel dialogo La Repubblica, al di là del modo diverso di quest’ultimo nell’affrontare i problemi della conoscenza.

A quel tempo — tra 1’800 ed il 400 a.C. — nel centro di Atene la democrazia prendeva il sopravvento sull’oligarchia c le funzioni assume vano grande rilevanza nelle città-stato achee.

Nelle società semplici, stato o non stato, le funzioni poche e ben definite, quindi fondamentali, impegnavano uno stesso individuo per uno o due compiti, secondo il tipo di lavoro ed il ruolo nella casa. Alcuni compiti erano solo riservati agli uomini e altri solo alle donne.

  Nelle complesse società moderne — come la nostra la funzione della persona spesso dipende dal gruppo economico cui appartiene la famiglia. Alcune funzioni, quelle professionali ad esempio, sono chiaramente definite: altre, come il fatto di essere membro di una comunità, sono più ardue da definire. Nel campo di queste ultime rimane quindi una libertà d’interpretazione.

ln società o in gruppi su piccola scala ove l’organizzazione è concentrata sul come tenersi in vita — nei deserti, nelle distese artiche o nella tundra siberiana — simile libertà è improbabile.

Nel campo delle funzioni specializzate — una costante nella vita delle società complesse — il divenire ed il benessere vero o presunto, comportano la scelta di persone adatte per compiti particolari e di maggiore responsabilità. Persone cioè dotate di intelligenza, di capacità di prendere decisioni importanti non disgiunte da preparazione ed esperienza. Gli schemi di comportamento ed il concetto di funzione sono più importanti aspetti della sociologia.

Se noi riflettiamo sulla questione in termini di democrazia rappresentativa al di là dell’aspetto della salita o della discesa lungo la scala sociale o economia di appartenenza sul piano individuale, ci accorgiamo che in campo politico non si è ancora realizzata la peculiarità professionale che una funzione in sé è più importante del problema circa chi debba svolgerla. In tale contesto la correlazione della funzione democratica verso i suoi amministrati, si misura su alcuni aspetti fondamentali:

— mantenere l’ordine e la sicurezza;  fare osservare regole che impediscono comportamenti antisociali;  governare i cittadini organizzati in gruppi (collettività, imprenditori, sindacati, eserciti, circoli sociali!).

E questa sembra possa definirsi il sommario della vita politica per uno Stato di tipo complesso come quello in cui viviamo.

Vorrei solo aggiungere che per un Libero Muratore la coscienza politica fa si che l’obbedienza ai governanti sia spontanea e che egli possa anche essere d’accordo su alcune limitazioni dei suoi diritti laddove la politica attuata dai precedenti governanti rifletta le caratteristiche sopra delineate e possa comportare un formale riconoscimento.

Noi comunque seguiremo la corrente degli impulsi suscitati dal desiderio della verità per difendere la libertà.

Per la difesa della democrazia assume rilevanza la politica internazionale ed i legami che possano Instaurarsi fra le genti delle moderne società complesse; ed il grado di efficienza che le intese possono esprimere.

Diversi sono stati i tentativi esperiti per creare una istituzione che abbracci umano, soprattutto dalle rovine della prima guerra mondiale in poi. Vasti gruppi associano i loro membri sotto una comune ideologia superando i confini nazionali: il Cristianesimo, l’Islamismo ed il Comunismo, ad esempio. Ma in pratica hanno dimostrato di non essere stati efficaci nell’evitare guerre di chiarate o il perpetuarsi di tensioni.

Alle soglie del nuovo millennio sta per celebrarsi una nuova realtà politico associativa: l’ Europa, non più di sei ma di dodici stati membri e forse, in seguito dei quindici.

 Siamo alla vigilia di un evento di portata storica e dal punto di vista valutario di una rivoluzione senza precedenti come l’istituzione della Banca Centrale Europea, deputata all’emissione dell’EURO, la moneta di tutti i cittadini dell’area federale. E come in una grande discesa obbligata sono stati posti tre passaggi impegnativi al primo gennaio 1999, al primo gennaio ed al primo luglio 2002.

Ma al di la delle implicazioni socioeconomiche connesse  all’evento Europa e 2000, si possono delineare alcuni aspetti positivi che una simile occasione storica dovrebbe offrire in questi anni che potremmo definire di intervallo culturale.

L’aspetto di rilievo è quello dell’attendibile beneficio che la nostra giovane democrazia possa consolidarsi in un sistema in cui v1 sia libertà nella competizione per il potere, nell’ambito di efficienti istituzioni elettorali e con la possibilità di rimuovere i propri rappresentanti. In stretta correlazione l’amministrazione della giustizia. La legge è l’insieme delle norme che regolano il vivere sociale limitando I ‘azione dei singoli e deriva la sua forza dall’autorità dello Stato. Ma la società come può difendersi da un cattivo uso da parte dello Stato del potere legale? La Corte comunitaria potrebbe dare più estese garanzie.

Infine, un’importante aspetto per noi speculativo: riuscire a delineare nel più lungimirante ambito europeo la questione di quel giusto riconoscimento nei confronti della Società dei Liberi Muratori verso la quale il nostro Stato è il Ponzio Pilato dell’emarginazione dottrinale

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IL PROLOGO GIOVANNEO

IL PROLOGO GIOVANNEO di R. Belluati

Uno dei tanti miti passati anche alla Massoneria è quello di Giano, il dìo dall’aspetto bicefalo, di probabile derivazione orientale, il cui culto fu creato da Numa Pompilio (VI sec.a.C.), con il nome di Ianus Geminus, col quale fu istituito l’anno solare e dunque il primo mese: Ianuarius, appunto il mese di Giano, “il dìo degli inizi”. Ianus etimologicamente è stato oggetto di varie interpretazioni, dall’identificazione con il Sole insita nella radice indoeuropea “dey”: brillare, all’assimilazione con “janua”: porta e con il verbo lat. “ire”, corrispondente al sscr. ‘yana”: cammino, che rimanda ad un’idea di movimento e di passaggio, laddove il duplice aspetto si riferirebbe alla doppia funzione di apertura e di chiusura della dimensione spaziotemporale, implicando dunque l’idea sottesa di un cardine immobile, costitutivo del “terzo volto”, quello nascosto, simbolo dell’eterno presente, da cui il flusso temporale nei due sensi del passato e del futuro. lanus è dunque correlabile all’antica concezione di “geminus’ , connotante i due aspetti del tempo, le due porte: dell’interno e del paradiso, le due facce d’ Oriente e d’Occidente, riferibili ai due solstizi, rappresentativi del cammino del sole. Giano dunque quale “axis mundi”, cardo anni, ad indicare il solstizio, ossia il punto celeste cardine della ruota cosmica. Da tali correlazioni emerge un duplice riferimento, ad una tradizione cioè solare ed iniziatica.

E noto d’altronde anche il riferimento di Virgilio alle porte del Tempio di Giano dell’ Argilelo, che venivano aperte quando Roma entrava in guerra e chiuse quando entrava in pace, da cui l’idea di “renovatio”, di rinnovamento.

Per tali aspetti simbolici e per le correlazioni etimologiche, ecco che Ianus si presenta a noi trasmesso nella tradizione “ioannita”. Hannà, Iohan, Ioannes, Giovanni. Giovanni bifronte: Battista ed Evangelista a scandire l’ alternanza solstiziale massonica. Giovanni viene rappresentato dalla tradizione ioannita come “la grande aquila dalla vaste ali e dalle ampie membra, ricca di piume di vario colore, che venne al Libano e prese il midollo del cedro, strappò la cima dei suoi rami e li trasportò in terra di Canaan.” (Ez. 17,3-4) Analogamente al volatile regale, in grado di guardare direttamente la luce del sole, emblematico dunque dell’intelligenza intuitiva, Giovanni dalle profondità dei misteri divini coglie direttamente il Verbo e lo manifesta, irradiandolo agli uomini sulla terra.

Giovanni Evangelista, il discepolo che Gesù amava, che riposò sul suo petto, fu testimone oculare dei fatti che racconta e trasmette attraverso una delle prime comunità cristiane:’ Questo è il discepolo che rende testimonianza su quei fatti e li ha scritti.” (Gv.21,24).

E Giovanni Evangelista testimonia di Giovanni Battista: “Venne un uomo mandato da Dio, ed il suo nome era Giovanni… Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.” (Gv. 1,6-8).

È la metafisica della luce dunque a collegare i due Giovanni ed il Prologo ai primi versi del Genesi: “la Luce Vera” (Gv. 1-8) e “la luce del Principio” (Gen. 1-3). Principio traduce infatti l’ebraico Bereshit: “In Principio”, in cui Dio disse :”Sia la Luce. E la Luce fu”. Luce-non luce, in quanto si tratta dell’origine della luce, “luce prima” della creazione, quella “nascosta” del “giorno uno” o del ‘”giorno dell’ Uno” (Rashi), anteriore al cielo, all’acqua ed alla terra, anteriore ai grandi luminari del sole e della luna, regolativi del giorno e della notte.

Analogamente alla “luce” di Giovanni. l’interpretazione del Genesi di Rashi, ispirata all’ antico Midrash, fonte della stessa tradizione ioannita, pone all’inizio del testo, non “l’Inizio”, ma “la Parola creatrice di luce”, indicando in tale Principio non un ordine cronologico, ma un atto unitario. Principio dunque non equivale ad Inizio, pur contenendo ogni inizio. Principio dunque come Parola di Luce.

Secondo la sinestesi biblica la luce è percepita contemporaneamente come suono, parola: ‘Davar”, che in ebraico designa la cosa ed è al contempo la cosa stessa, in quanto “illuminata” dalla parola . ln questo senso dunque, Davar, il Logos, il Verbo “si fece carne”, in quanto parola di vita, “luce che splende nelle tenebre’ (Gv. 1,5) Il Verbo infatti “era nel Principio’ (Gv. l , i): “ciò che è prodotto o che procede da qualcosa è prima di tutto in esso, preesiste in esso come seme. come potenza.” (Eckhart)

“Il verbo era Dio”. (Gv. I , l ) Tale semeparola contenuta nel Principio, dice. annuncia ed enuncia ciò da cui procede, in quanto è in esso, ad esso simile ed al contempo distinto. Contemporaneamente l’identico ed il diverso. Così è l’ uomo, a sua volta identico e diverso dal suo simile ed ad esso irreversibilmente legato, con esso fondamentalmente in relazione. La relazione è ciò che è ‘ ‘In Principio”, come principio di relazione. Afferma il Genesi Rabbà (I, l) ‘ ‘In Principio significa “per amore della Torah” che è chiamata “il principio della sua via” (Prov. 8,22.) Dunque si tratta del Principio di relazione. del Principio d’ Amore. La particella “Be” di “Be-Reshit” (letteralmente :”In-Principio), significa infatti, sia “in” che “per amore di”.

L’ Atto Primo è quindi Atto d’ Amore, nell’accezione ebraica di “Hcsed”: grazia, sovrabbondanza, carità. da cui si può tornare peraltro al significato del nome di Giovanni. attraverso il sistema combinatorio delle associazioni etimologiche radicali, proprio dell’ermeneutica midrashica. La radice ebraica “hnn”. in torma nominale, ricorre nei sostantivi “hen”: favore, grazia, e “hanninà”: misericordia, e viene tradotta in greco dai Settanta, con “caris”• carità. Amore, Misericordia, Carità. “Hnn” è anche radice del nome proprio: “Hannà”, da cui Giovanni. Il nome di Giovanni verrebbe così a corrispondere all ‘ “annuncio dell’ Amore”. Amore quale Atto Primo del Genesi, reiterato nel Prologo, ad indicare la creazione continua della vita, un Unico Atto d’ Amore, in quanto”In Principio”. Amore dunque quale principio vitale di relazione, da cui l’indivisibile coppia prima. “10-Tu”. l’ identico ed il diverso, insieme dall’Origine. Ne segue il “Facciamo l’uomo’ dell’ Antico Testamento Gen. I ,26) e l’analogo ‘”Non fare agli altri… Fai …Ama il prossimo tuo come te stesso” del Nuovo Testamento, in quanto la molteplicità è nell’Unità, gli uomini nell’Unico Uomo Universale ad imago Dei. Tale Uomo-Verbo, se è sempre “In Principio”, “sempre nasce e sempre è nato”, afferma Echkart. A suffragare tale affermazione la frase: “ln Principio era il Verbo” del Prologo. rivela l’influsso ebraico nell’uso del verbo essere. il cui imperfetto può al contempo indicare sia l’azione del futuro che quella del passato, rotazione resa possibile dall ‘aggiunta della particella inversiva “waw”, corrispondente al punto nascosto, al cardine centrale: l’eterno presente, l’istante di ogni attimo, il Centro ovunque, in riferimento al quale la vita appare essere continua.

È così allora che “In Principio era il Verbo” o “11 Verbo era nel Principio”, si danno come due possibili traduzioni, ad indicare rispettivamente le due dimensioni della temporalità e dell’eternità, l’una generando e contenendo l’altra, in virtù della Parola che sempre È, la quale. come afferma la Torah (la Parola per eccellenza), “è strumento di lavoro del Santo” (Bcreshit Rabbà l). La Torah, in quanto Parola, era infatti al suo fianco nell’opera della creazione, comc “Amon”: come “Architetto dell’Universo”. (Prov.8,3 0).

La tradizione giudeo-cristiana ioannita si ricongiunge così alla tradizione massonica.

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ANCORA INTOLLERANZA

ANCORA INTOLLERANZA

Non sono rari gli episodi di intolleranza che ancor troppo spesso rallentano nel nostro Paese il cammino verso la realizzazione di una democrazia che, non diversamente dalle altre democrazie occidentali, si impegni, di fatto e non solo nelle intenzioni, a garantire a tutti i cittadini dello Stato senza eccezione alcuna e senza discriminazioni di sorta, il pieno godimento dei fondamentali diritti civili previsti e sanciti dalla Costituzione.

Si tratta di quei diritti che debbono costituire patrimonio di tutti i paesi civili e che di proposito l’O.N.U. ha voluto avallare a suo tempo con una DICHIARAZIONE ufficiale, di portata ormai storica. Di essa ricorre quest’anno il cinquantenario che, per quanto concerne il nostro Ordine Massonico, verrà celebrato e commentato a Torino, nel mese di marzo, in un convegno di livello internazionale, quasi a testimonianza che tra i tanti diritti dell’ uomo non certo ultimo è il diritto alla libertà di espressione, di comunicazione e di associazione.

Va riconosciuto che per alcune categorie di cittadini, fino a qualche tempo fa soggetti a libertà. per così dire, condizionata, a pesanti discriminazioni e talora anche a gravi penaliu.azioni (basti pensare al comportamento spesso intollerante della società nei confronti degli omosessuali, alle limitazioni dei diritti sociali delle prostitute, all’istituzione, in un non lontano passato di leggi così dette razziali, che già di per sè sanciscono l’esistenza di una diversità tra cittadini e cittadini) si assiste oggi. sia da parte dello Stato che della Chiesa ad una vera c propria corsa al recupero del tempo perduto, non disgiunta talora da pubbliche confessioni di pentimento, ai fini di una più che giusta seppure tardiva riqualificazione umana, morale e sociale delle categorie discriminate.

Nei confronti della Massoneria, invece, persiste e spesso viene tenacemente alimentato un malanimo pregiudiziale particolarmente astioso che con ricorrente frequenza sfocia in veri e propri episodi di antimassonismo, alcuni dei

di Arnaldo Francia

quali ai limiti del delirio. Ispirato non si sa bene da quali fonti, tale malanimo trova in genere ampia e disponibile diffusione attraverso la stampa e i media in genere, riuscendo così a coinvolgere in un giudizio negativo ampiamente generalizzato una disinformata opinione pubblica. Abitualmente ciò avviene in occasione di qualunque azione criminosa e di qualsiasi avvenimento che sappia anche poco di mistero quando. risultando ignoti i promotori e gli esecutori, possa •tornare comodo presumere la colpevolezza della Massoneria ipotizzandone le finalità più diaboliche se non addirittura anticipandone condanne pregiudiziali, almeno Sino ad oggi sempre regolarmente smentite a distanza, seppure con risalto certamente assai meno eclatante di quello che aveva accompagnato l’ipotesi accusatoria.

Ma tale malanimo pregiudiziale finisce per investire quasi costantemente anche il singolo cittadino di cui sia stata pubblicizzata l’appartenenza alla Libera Muratoria: nei suoi confronti si anticipano spesso giudizi negativi. si avanzano riserve in merito alle motivazioni e alle finalità della sua scelta iniziatica e persino si discutono, sc pure non vengano da taluni negati. i suoi diritti a rivestire cariche pubbliche. Una recente testimonianza del persistente atteggiamento antimassonico e della sua diffusione, ci viene offerta da due episodi avvenuti nel nostro Paese nel corso di questi ultimi due mesi, il Pimo dei quali verso la fine dello scorso anno. il secondo all’inizio del corrente anno: entrambi espressione di grave intolleranza e frutto di grossolana ignoranza, spesso anche tra persone acculturate, dei contenuti spirituali della Libera Muratoria e delle sue finalità umanitarie.

Il primo di essi, per l’appunto, trac la sua matrice dalla pubblicazione di una legge della Regione Marche che praticamente impedisce agli iscritti alla Massoneria di occupare cariche pubbliche.

Se tale legge dovesse estendersi a tutto il nostro Paese dovremmo prendere atto che mentre nella meno provveduta America un massone potrebbe tutt’oggi diventare Presidente degli Stati Uniti, così come ripetutamente è avvenuto in passato. in Italia, invece, un massone non potrebbe neanche aspirare alla carica di messo comunale.

Il secondo episodio, invece, prende corpo dalla pubblicazione del cosiddetto “Dossier Achille”, secondo cui nella schedatura dei vari cittadini, a suo tempo messa in atto dai Servizi Segreti, l’appartenenza alla Massoneria costituiva elemento di valutazione estremamente negativo, conferendo quasi automaticamente al cittadino catalogato tra i Massoni la qualifica di indesiderabile, se non di indiziato, in quanto a priori sospetto di possibili losche manovre e orditore di trame di coloritura non definita, ma comunque potenzialmente criminose. Si aggiunga che, giustamente o erroneamente, in quegli elenchi venivano anche inclusi alcuni personaggi di rilievo nazionale, tra i quali uno certamente al di sopra di ogni sospetto di contaminazione, e persino alcuni alti prelati, anch ‘essi, secondo logica, da considerarsi assolutamente indenni da connivenze massoniche. All’avvilimento dei Massoni la cui schedatura con quella qualificazione veniva presentata, come si è già detto non certo quale elemento di valutazione favorevole, si accompagnò l’immediata, risentita protesta da parte di chi confutava quale menzognera e ingiuriosa una qualificazione massonica. Costoro presero infatti immediatamente le debite distanze da una collocazione non gratificante, non solo nello spirito di chi aveva compilato gli elenchi e di tutta l’opinione pubblica, ma ritenuta addirittura lesiva della loro stessa dignità e sensibilità personale.

Il primo di questi episodi ha indotto il Gran Maestro dell’Obbedienza di Piazza del Gesù Palazzo Vitelleschi, Franco Franchi, a predisporre un comunicato stampa, inviato al Capo dello Stato, al Presidente del Consiglio, ai Presidenti del Senato e della Camera e alle specifiche Commissioni, che doverosamente merita  pubblicazione su queste pagine non solo per consentire un’attenta rilettura da parte di tutti i Massoni. ma anche per doverosa conoscenza dell’opinione pubblica. Il secondo episodio è stato invece commentato mediante un articolo comparso su “il Giornale” del 12 gennaio u.s. dal Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Virgilio Gaito, che parimenti sembra meritare riproposizione in questa sede.

Sia il comunicato del nostro Gran Maestro che l’articolo del Gran Maestro del Grande Oriente, così in sintonia nella loro decisa presa di posizione nei’ confronti di una intolleranza antimassonica ingiustificata e anacronistica c nell’accorta difesa dei principi muratori. ispirati a una concezione umanistica ed umanitaria di cui essere orgogliosi, non necessitano di ulteriore commento.

Credo sia sufficiente concludere, per quanto riguarda la nostra Comunione, con le stesse parole utilizzate a chiusura di un precedente articolo, pubblicato sul n c‘ 36 di “Delta” (1994) tuttora valide e attuali: “Il Governo dell’Obbedienza di Piazza del Gesù-Palazzo Vitelleshi ha dichiarato l’impegno di perseverare in tutte quelle azioni, molte delle quali già coraggiosamente intraprese, atte a restituire alla Massoneria I ‘immagine che essa merita, per rimuovere se possibile l’ignoranza purtroppo grossolana del volgo, per contestare le calunnie rivolte in malafede, per rendere giustizia a tutti i massoni degni di questo nome. Solo se si saprà, come singoli e come Organizzazione, portare avanti questi impegnativi mandati, verrà finalmente meno il delirio antimassonico che caratterizza questi nostri tempi. Quel giorno il nostro Paese avrà fatto un decisivo passo avanti sulla via del progresso civile e della democrazia.

Ecco il comunicato stampa della Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori Obbedienza di Piazza del Gesù – Palazzo Vitelleschi.

Alle soglie del 50 0 anniversario della Dichiarazione dell’ONU sui Diritti dell’Uomo,

assistiamo da parte del Governo italiano ad una delle più negative pagine che si potessero scrivere proprio sul problema dell’eguaglianza, della libertà di pensiero e del diritto di associazione. L’occasione è stata fornita da una legge, la N. 34, della Regione Marche secondo cui gli aspiranti a nomine in organi regionali devono dichiarare di non far parte della Massoneria. La nostra amarezza è profonda nel constatare la superficialità con cui il sottosegretario alla Funzione Pubblica c Affari Regionali, Sergio Zoppi, ha risposto alle interpellanze presentate al riguardo da alcuni deputati.

L’ignoranza che sta alla base di queste posizioni è volutamente mantenuta senza cercare di conoscere cos’è la Massoneria, la sua impostazione dottrinale e filosofica, i suoi aspetti statutari mai al di fuori del codice civile e penale, i suoi rituali, le sue regole amministrative trasparenti, lineari, improntate alla massima serietà verso le leggi dello Stato, i fratelli, le sorelle.

E grave che in Italia si consideri i massoni nemmeno cittadini di serie B, ma al di sotto; perché tutto questo? La P2 è molto lontana e soprattutto non ci appartiene. Eppure è da questa vicenda che si è esaltata, ingigantita la caccia alla Massoneria e ai suoi adepti.

Vogliamo entrare in Europa’? Allora sappiate che in Europa i massoni sono rispettati, ascoltati, ed esprimono ottimi governanti, alti funzionari. e primeggiano nella legge. nelle attività industriali, nell’università, nella scuola… in somma in tutti i campi della vita quotidiana il massone è alla pari degli altri e la sua preparazione nei templi lo rende anche più attento a tollerare, salvaguardare la libertà e sentirsi uguale agli altri.

Cosa dobbiamo fare? Sciogliere la nostra istituzione? Chiedere pietà per reati mai commessi? Andare al confino come siamo stati o alle Fosse Ardeatine dovc giacciono nostri fratelli’? Ditelo voi che con parole spicce avete cercato di chiudere un argomento di fondamentale importanza per i diritti di libertà. Non ci resta, quindi, che rivolgerci alla Commissione per i Diritti dell’ Uon10 di Strasburgo c al Parlamento Europeo dove saremo senz’altro ascoltati e compresi.

Da molti, nel nostro Paese, non avremo risposta ma anche questo comportamento sarà come sempre da noi sopportato con dignità e fermezza.

E questo è l’articolo di Virgilio Gaito Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia da “Il Giornale” del 12 gennaio

Terminato SI spera il gran polverone sollevato nei giorni scorsi dalla pubblicazione del dossier Achille (a proposito, si saprà mai quanto è costato ai contribuenti’?). credo si possano trarre da questa vicenda alcune considerazioni di metodo c di merito.

Non spetta certamente a me stabilire se gli appartenenti ai servizi di sicurezza italiani hanno fatto bene o male il loro mestiere. Spetta però a me denunciare ancora una volta con forza come  l’ignoranza e il conformismo di questi ‘”agenti” li abbiano portati a usare sia il termine “massoneria” che l’appartenenza vera o presunta alla massoneria. quale elemento di valutazione estremamente negativo.

E denunciare come venga considerata “scandalosa” una eventuale appartenenza del cardinale Martini, del dottor Di Pietro, del vescovo Nonis alla massoneria, o il sostegno del presidente Clinton a questa istituzione.

Lo voglio dire a chiare lettere: non vi sarebbe assolutamente nulla di scandaloso in tutto questo se solo si pensasse con cognizione di causa, senza pregiudizi e con onestà intellettuale a quello che è il vero significato della Massoneria.

Che va ben oltre il contingente, perché ha alle spalle quasi tre secoli di storia nel corso della quale ha dimostrato — come Istituzione a carattere iniziatico che ammette  uomini liberi e di buoni costumi che credono in un Essere supremo — di non essere una religione né di volerne sostituire alcuna ma di operare per l’elevazione morale dell’uomo c dell’umana famiglia in una visione universalistica fondata sui valori della Libertà, dell’Uguaglianza, della Fratellanza, della Tolleranza, finora fieramente avversati dalla Chiesa cattolica ma ormai accettati e infuocati in particolare dall’attuale pontefice.

Che a certi 007 nostrani piaccia o no, alla Massoneria hanno appartenuto molti tra i passati presidenti degli Usa; Clinton fu riconosciuto meritevole ( . . . ) di sostegno dall’Ordine para-massonico di De Mollay che forma i giovani agli ideali massonici. Rabin e Re Husein hanno, per anni, lavorato insieme, come Fratelli, per far decollare il processo di pace in Medio Oriente. Le Nazioni Unite e la Croce Rossa sono anch’ esse espressioni della Massoneria Internazionale. Fu il massone Sabin a debellare il flagello della poliomielite; fu il massone Aldrin a sbarcare sulla Luna lasciandovi il Vessillo deHa Massoneria.

Per restare alle più recenti vicende di casa nostra, ricordo che 18 dei 336 Martiri delle Fosse Ardeatine erano Massoni; che la Costituzione della Repubblica italiana è stata fisicamente scritta anche da Meuccio Ruini, Massone, presidente della Commissione costituente; che le Brigate rosse hanno assassinato il Massone Lando Conti, il sindaco più amato dai fiorentini.

Ma davvero c’è qualcuno che può pensare di cancellare — in Italia — tutto il significato universale di questo pensiero di amore e di libertà per la riprovevole vicenda P2, condannata dal Grande Oriente d’ Italia di Palazzo Giustiniani prima ancora che dalla Commissione Anselmi’?

Certo, io capisco benissimo l’imbarazzo del presidente Scalfaro, che si compiace portare all’occhiello il distintivo dell’Azione cattolica, nel proclamare il diritto di tutti alle libertà fondamentali eccetto che per i Massoni che pure ripetutamente lo hanno inviato a uscire da un inammissibile agnosticismo.

Certo, come capisco quanti non battono ciglio se un Tribunale civile (la notizia — Ansa — viene da Perugia ed è dello scorso 30 dicembre) considera corretto che l’Ordine dei giornalisti “chieda a un giornalista di dichiarare la sua eventuale appartenenza alla Massoneria” non ritenendo ciò “in contrasto con i diritti costituzionali di libertà di associazione e di manifestazione del pensiero c delle leggi sulla riservatezza”.

Sono i corsi c i ricorsi della Storia: l ‘ Inquisizione, Girolamo Savonarola, Giordano Bruno. I negri, gli ebrei. Oggi — in Italia — i Massoni. Non importa: ma attenzione a certi attentati alla libertà e alla dignità dell’uomo perché l’ombra sanguinaria della dittatura è alle porte.

Per quello che mi riguarda ho cercato di impostare la mia Gran Maestranza ponendo la cultura, la solidarietà, la tolleranza al centro di tutta l’attività del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani. (A proposito, lo sanno i lettori del Giornale che la presidenza del Senato della Repubblica, sedente in Palazzo Giustiniani per l’appunto. non ha ancora adempiuto all’impegno del presidente Spadolini di restituirci, dopo la confisca del fascismo, una parte di quel palazzo che sarà destinato a Museo storico della Massoneria’?).

E, nella logica della tolleranza, plaudo alle aperture di Papa Wojtyla che con grande sofferenza, in età avanzata, trova ancora la forza c il coraggio di spezzare in nome della Libertà quelle catene che gli lacerano la carne. A Cuba. dunque. E Dio solo sa quante volte egli avrà, dalla sua finestra, rivolto lo sguardo verso Villa Il Vascello dalla quale gli abbiamo lanciato continui messaggi di amore e di riconciliazione. Ma forse per le sue forze, questa. è una catena troppo pesante da spezzare.

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MASSONERIA DINANZI AL NAZISMO

MASSONERIA DINANZI AL NAZISMO                                                                

di Edouard Boeglin

La presente comunicazione evita di proposito di evocare la problematica “massoneria e nazismo”. Che il nazionalsocialismo tedesco abbia avuto qualche radice nell’occultismo non è infatti negato da alcuno anche se bisogna guardarsi dal prendere troppo sul serio il bestseller del 1960, Il mattino dei maghi. cli Louis Pawels e Jacques Bergier, in parte dedicato al piano segreto occultistico del nazismo. Del pari va presa per quel che è ovvero un ‘opera scritta per essere venduta in gran numero di copie Il nazismo: società segreta di Werncr Gerson, apparsa nel 1960 e che accumula  tutti i possibili luoghi comuni senz’alcuna pretesa di scientificità. Per contro. al riguardo si leggerà con profitto il lavoro serio. scientifico e documentato di Nicolas Godrick-Clarke sulle “radici occultistiche del nazismo’ .

 Ciò posto, al centro della nostra attenzione in questa sede è quanto ricercatori scientifici, sociologi e filosofi concordano nel denominare il ‘mito cospirazionista antimassonico in Germania”, quale ha conosciuto incontestabilmente una sorta di apogeo all’epoca del nazismo. Vale a dire, in premessa, che I ‘antimassonismo non è affatto una creazione originale del nazionalsocialismo. bensì questo ha raccolto un retaggio antico e Io ha sviluppato e oserei dire — lo ha fatto fruttificare alla luce delle sue proprie certezze.

Bibliotecario all’Università di Bielefeld (Germania), Johannes Rogalla von Bieberstein, autore di una tesi sul mito cospirazionistico  definisce le sue tre funzioni nel modo seguente: esso ha una funzione di comprensione (Erkenntnisfunkion), una di manipolazione (Manipulationfunktion) e, ben inteso, una funZione di repressione (Repressionsfunklion).

ln questa sede non possiamo procedere a un ‘analisi approfondita degli effetti psicologici, filosofici e persino psicoanalitici del mito cospirazionistico antimassonico in Germania. Tenteremo nondimeno di mettere in evidenza il modo nel quale esso si sviluppò dall’età di Guglielmo II al Terzo Reich: passando per la fase intermedia della Repubblica di Weimar, non senza soffermarci, sia pure di passaggio. sulle posizioni di certa massoneria tedesca più preoccupata del clima contingente che dei principi ideali della massoneria universale.

Propongo dunque tre grandi capitoli: prima e durante la guerra: la letteratura cospirazionistica e i «ambiguità della massoneria tedesca: il nazismo contro la massoneria.

1 PRIMA E DURANTE LA GUERRA

Non significa dar prova di egocentrismo eccesso interrogarsi sulla derivazione dalla Francia del mito cospirazionistico antimassonico tedesco, anche se ricercatori germanici, quali Armin Phahl-Traugbcr affermano che “il mito di un complotto massonico ha la sua origine non già in Francia bensì in Germania” Ammettiamolo. Tuttavia il ramoso abate Barrucl ha concorso potentemente al suo sviluppo. Egli ha avuto certo corrispondenti oltre Reno. quali il predicatore Johann-August Starck o Eduard Emil Eckert che spinto dall’evidente bisognosa di stabilire analogie — ha attribuito alla Massoneria la responsabilità della Rivoluzione del 1848.

In seguito Alfred Rosenbcrg, futuro ideologo del nazionalsocialismo, a quanto pare verrà molto segnato dalla lettura di Gouguenot des Mosseaux, autore di un molto esplicito L’Ebreo, l’ebraismo e la giudaizzazione dei popoli cristiani (1869): opera ch’egli pubblicò in traduzione tedesca sostituendo “giudaizzazione” con “distruzione”: ‘dérapage” semantico, eloquente quant’altri mai!

Orbene, si sa quale fu l’influenza di Rosenberg sull’organizzazione del Servizio di ricerca e propaganda del Terzo Reich (I’ERR). Notiamo d’altronde e questo non sorprenderà nessuno — che sin dall’inizio ebraismo e massoneria vengono accomunati. Così Rosenberg in un pamphlet del 1920 dedica un capitolo a “l’ebreo e la massoneria” nel quale, ben inteso, cita Barruel e denunzia Cagliostro.

Ma ritorniamo al 1914 0 piuttosto agli anni della grande guerra. Dat 1917 compare in Germania, in un periodico cattolico, un articolo anonimo intitolato Weltkrieg und Freimaurerei (Guerra Mondiale e massoneria), presto seguito da un altro che vi interesserà più specialmente: Il Grande Oriente italiano traditore dell’ Italia.

Non è che t ‘inizio di una vasta campagna antimassonica volta a fare dei massoni il capro espiatorio delle disgrazie e dei sogni infranti dell’Impero germanico. Quest’ultimo non sarebbe stato sconfitto in modo “leale”; vi fu dunque un complotto e, per la bisogna, il complotto ‘ideale il complotto giudeo-massonico. In questa campagna, il padre gesuita notoriamente reazionario, Hermann Gruber ( 1851- t 94()). gioca un ruolo di primo piano, specialmente pubblicando nel 1917 un’opera intitolata Freimaurerei, Weltkrieg und Weltfriede (massoneria, guerra mondiale e pace mondiale). E anche la stagione nella quale nasce il giornale “Auf Vorposten” (Agli avamposti). pubblicato dalla Lega contro la dominazione giudaica. movimento che svolgerà in pieno il suo ruolo dopo il 1918 diffondendo abbondantemente scritti antimassonico.

Nel 1918 toccherà a un nobilotto di campagna tedesco, il principe Otto zu Salm-Horstmar, discendente dei principi di Salm-Salm, cacciati dai Vosgi settentrionali durante la rivoluzione francese, dare l’ultima mano agli attacchi contro la “giudeo-massoneria” ponendo nel modo più esplicito possibile la questione della responsabilità della disfatta tedesca: punto di arrivo di una lotta fra “ebrei e democratici” (detentori del capitale) da una parte e gli uomini, cioè i veri depositari delle virtù aristocratiche germaniche dall ‘altra. Rosenberg se ne ricorderà quando nel 1940 a Parigi dichiarerà, in sostanza, che “la responsabilità della guerra del 1914 [andava] addebitata ai centri delle Logge del Mondo Intero”. Nel dopoguerra dipingere la massoneria quale responsabile del conflitto (e, di conseguenza, della disfatta e delle difficoltà presenti) nel contesto creato dalla Kriegschuldfrage [questione della responsabilità della guerra preparava meravigliosamente il terreno a una diffusione massiccia del mito cospirazionistico.

2 – LETTERATURA

COSPIRAZIONISTICA F. AMBIGUITÀ

DELLA MASSONERIA TEDESCA

Generalmente si distinguono due grandi ondate di pubblicazioni antimassoniche in Gemiania: la prima nel 1919. la seconda alla fine degli Anni Venti.

Nel 1919 ricordiamo la prima edizione tedesca dei Protocolli dei Savi anziani di Sion, in 120.000 copie, e la pubblicazione di un’opera di Friedrich Wichtl. Weltnreimaurerci, WeltreJ)11blik (Massoneria mondiale, repubblica  mondiale), destinata a conoscere un notevole successo (tredici edizioni). Altre seguiranno, iscrivendosi in maniera deliberata nell’ambito del pangermanesimo. Nel 1927 ha inizio la seconda ondata, più analitica e per molli aspetti più complessa. Josef Sontag pubbilica Die Freimaurerei in Spiegel Deustchen ebens (La Massoneria nello specchio della vita germanica], in cui tenta di contrapporre la “germanicità” delle antiche logge prussiane alle logge tedesche dette “umanitarie”. Si comprende a favore di quali, tra i due generi, vanno le sue preferenze.

L’anno seguente compare un’interpretazione  cospirazionistica — tappa per tappa — della disfatta tedesca firmata da un Hermann der Deutsche, Die Revolution der roten Propheten [La rivoluzione dei profeti rossi]. Il tema del complotto — un complotto universale. mirante ad abbatterc tutte le monarchie — vi è abbondantemente sviluppato.

Tutto ciò è immerso in un ambiente composito: circoli cattolici, lega pangermanista, Verband gegen Uberhebung dcs Judentums, Reichhammerbund. NDSAP. partito nazionalsocialista, associazioni studentesche, associazioni di ufficiali. Punta di lancia della corrente antimassonica il Tannenhergebund del generale Ludendorff, capo dello Stato maggiore germanico durante la guerra, coautore del putsch di Monaco con Hitler, con il quale peraltro molto presto egli litiga. Il movimento di Ludendorff è “vôlkisch” (non disponiamo di un termine equivalente in francese: si potrebbe tradurre “nazionalpopulista”), antisemita, anticristiano (Roma e il Vaticano sono accusati di complotto). Proprio questo movimento nel 1927 pubblicherà il best-seller antimassonico tedesco Die Vernichtung der Freinaurerei durch die Enthi.il/ung ihrer Geheinnisse (La distruzione della n•zassoneria con la rivelazione dei suoi segreti), libro diffuso in più di centomila copie.

Per mancanza di tempo sono stato costretto a procedere un po’ rapidarnente per parlarvi delle ambiguità della Massoneria in Germania dopo  il 1918, all’epoca della Repubblica di Weimar. In quel momento si contano nove Obbedienze sedicenti massoniche. Incontestabilrnente tra le cinque logge dette “umanitarie” c le logge Vecchio-prussiane si registrarono linee di condotta e modi di funzionamento quanto meno molto diversi. Nondimeno per tutte al centro delle preoccupazioni vi è la questione dell’atteggiamento da tenere nei confronti degli ebrei; proprio questa nel 1922 è all’origine della disintegrazione della Federazione delle Grandi Logge tedesche (Deutschen Grosslogenbund). Le tre Grandi Logge vecchio-prussiane (Gran Loggia Nazionale dei massoni tedeschi, Sistema cristiano svedese. Gran Loggia Madre di Berlino “Aux Trois Globes”, Gran Loggia di Prussia “A l ‘Amitié”). rimproverano alle “umanitarie” il loro “cosmopolitismo e pacifismo”, continuano a rifiutare l’ammissione di ebrei e una di esse. (“A l ‘Amitié”), nel 1924 aggiunge nei suoi statuti un paragrafo “ariano” e nel 1932 elimina dal rituale ogni elemento apparentemente ispirato all ‘ebraismo

3. NAZISMO CONTRO MASSONERIA

Tutte le contorsioni delle Logge Vecchio prussiane non eviteranno loro di essere sciolte, nel 1935. come le “umanitarie”. Tuttavia esse tentarono di tutto, comprese  una trasformazione in Ordini germano-cri.stiani e, per una di esse (la “Aux Trois Globcs”), l’inclusione nel suo “zoccolo dottrinale” della “seguente divisa ‘”Innanzitutto noi ci riconosciamo ln un cristianesimo tedesco praticante il culto della Luce… Noi crediamo all’ascesa del popolo germanico attraverso il lavoro tedesco”. In breve, nel 1935. le Logge ancora sopravviventi  ma in quali condizioni! — vengono sorprese, i loro templi requisiti, 1265 ex affiliati vengono deportati nel campo di concentramento di Amburgo (Neueenoamme). E questo dimostra, contrariamente a un ‘abbondante letteratura alla qua’e ho fatto riferimento all’inizio della mia esposizione. che il regime nazista non ha dato prova di alcuna compiacenza nei confronti dei massoni anche se al riguardo il regime di Vichy, con ogni evidenza, si è rivelalo anche più spietato dei nazisti.

Forse perché il dottor Schacht era stato membro della loggia “Zur Sonne” (“Al Sole”)? La questione è aperta anche se questo grande finanziere. una volta ristabilita la solidità del marco. venne rapidamente sostituito. Al proposito occorre ammettere con lo storico tedesco Helmut Neuberger che “fra il nazional-socialismo e la massoneria l’opposizione va cercata meno in una scelta di annientamento per motivi ideologici che in quella, assoluta, tra totalitarismo e massoneria”. Comunque sia, dobbiamo aver chiaro che l’idea del mito cospirazionistico antimassonico durante il Terzo Reich proviene dall’ideologia dello Stato. Per convincersene basta esaminare i documenti hitleriani di propaganda che fanno della lotta contro la massoneria il perno della Weltanschauung nazista.

Nell’ambito di una produzione editoriale dalle tirature considerevoli e riconoscendo a tale pamphlet più di quanto gli spetti, si noterà la comparsa, all’inizio del 1934, quando Hitler è ormai al potere — dell ‘opera di Engelbert Hubcr Freimaurerei, die Welonacht hinter der Kulissen (Massonerie: il potere mondiale tra le quinte), opera dell’esperto di massoneria al Ministero della Propaganda. Il NDSAP aveva il suo esperto nella persona di Friedrich Hasselbacher. It best-se/ler in questione, pubblicato dal partito nazionalsocialista, nel 1.939 venne stampato in circa cinque milioni di copie.

Per quanto concerne gli organismi specializzati nell’antimassonismo, dobbiamo fermarci soprattutto sull ‘ERR (Einsatzab Reichsleiter Rosenberg: strumento d’azione di quel gerarca del Reich) più comunemente noto come “Amt Rosenberg” fondato nel 1934 con sede a Berlino. Non che il SD (Sicherheirt Dients) non abbia avuto il suo ufficio per le questioni ebraiche e massoniche: ufficio, anzi, che nel 1936 organizza una mostra antimassonica e allestisce un museo antimassonico nei locali della Loggia di Amburgo, museo, che — curiosamente — resta sempre chiuso.

Osserviamo che il tristemente celebre Eichmann fu un impiegato particolarmente zelante di quest’organismo. Anche la Gestapo svolse attività antimassoniche, ma queste non furono mai prioritarie per essa.

L’Amt Rosenberg — struttura dalle pretese ideologiche — si dedicò a un compito considerato essenziale dal suo capo nella lotta contro i nemici del Terzo Reich, vale a dire riunire tutta la documentazione disponibile su ebraismo e massoneria nei territori occupati. In tal modo esso mise le mani sùgli archivi del Grande Oriente di Francia e della Gran Loggia di Francia: un’azione che fra l’altro gli consentì nel 1942 di pubblicare un’opera sugli Alti Gradi (Die Ilichgrade der Freimaurerei). Due anni dopo, quando Hitler aveva decretato la guerra totale. la propaganda antimassonica venne intensificata contro questo nemico fondamentale e universale (“Weltanschauliche Gegner) peraltro unito e intrecciato con tre altri, cioè la dittatura del proletariato, l’ebraismo e il papa. Notiamo di passaggio che per gli esperti dell’Amt Rosemberg non v’era dubbio che massoneria e il papa fossero legati o quanto meno alleati tramite massoni francesi. quali il “fratello” Albert Lantoine che, in effetti, nel 1937 aveva pubblicato la Lettre au Souverain Pontife con prefazione, del resto. di Oswald Wirth.

Dobbiamo concludere. L’antimassonismo tedesco, materializzato dal mito cospirazionistico, non è nato per effetto di una germinazione spontanea dopo l’avvento di Hitler al potere. Esso ha origini antiche anche se questo sintetico saggio si è volontariamente limitato al periodo immediatamente precedente la grande guerra. Verosimilmente il germanista Edmond Vermcil ha ragione quando afferma che “abbiamo compreso male le grandi crisi dal 1918 al 1933 . ) Il nazionalismo germanico, aristocratico e altezzoso, come il nazionalismo e le sue formazioni  paramilitari. e in piena azione dal 1919. La sua storia si staglia dietro quella del regime di Weimar”. Un altro specialista della questione, François Morvan, condivide tale convinzione e ritiene che nell’antimassonismo vi fu una specificità peculiare germanica. Per averne la prova occorrerebbe procedere allo studio del mito cospirazionistico in Europa. Notiamo. sulla sua traccia, che fra il 1918 e il 1940 solo tre Paesi non registrarono la scomparsa della massoneria: la Svizzera, la Svezia e la Danimarca. E fermiamo l’attenzione sulle date della scomparsa causata da scioglimenti forzati. autoscioglimenti o occupazione delle logge. Ungheria nel 1920, Italia nel 1925, Finlandia nel 1934, Portogallo. Turchia e Germania nel 1935, Austria, Romania, Cecoslovacchia e Polonia nel 1938, Spagna, Jugoslavia, Norvegia e Francia nel 1940.

Occorre insistere oltre sulla realtà patente che la scomparsa della democrazia a vantaggio di regimi totalitari si è sempre tradotta nella scomparsa della massoneria?

(traduzione di A.A. Mola)

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