MUSICHE RITUALI

MUSICHE RITUALI

Maestro Venerabile, Fratelli carissimi,

la rapida diffusione della Massoneria in Francia, a partire dal 1730, fu accentuata dall’atteggiamento illuministico dell’epoca e dalle tendenze umanitarie dell’Istituzione.

Dopo le dure vicissitudini sofferte durante il regno di Luigi XV, la Massoneria aveva a poco a poco acquistato, già dall’avvento di Luigi XVI, una situazione di stabilità. Le Logge erano frequentate dai più brillanti rappresentanti del secolo dei Lumi; saggi, pensatori, scrittori, artisti, borghesi, militari di ogni rango, funzionari ed ufficiali reali, aristocratici ed ecclesiastici, vi si incontravano su un piano di assoluta uguaglianza.

L’ Orient de la Cour, a Versailles, aveva avuto una Loggia fin dal 1746; col nome di Loge de la Chambre du Roy, essa raggruppava numerosi funzionari di palazzo, valletti di camera, paggi, parecchi ufficiali e commessi dei ministeri e, soprattutto, musicisti e cantori della Cappella.

Sembra che essa sia scomparsa verso il 1756, senza che si conoscano bene le ragioni della sua decadenza. Nel 1775, la Loggia Militare Des Trois Frères Unis aveva riacceso la fiaccola cercando di riunire l’antico pie-di-lista della Loggia de la Chambre du Roy, rafforzandolo con ufficiali della Guardia Reale e principi; né il re, né i principi suoi fratelli, che pure le avevano esplicitamente accordato il loro patrocinio, risulta vi abbiano aderito.

Nel 1780-1782 ci furono due gemmazioni che portarono alla fondazione delle Logge Le Patriotisme e La Concorde. La Loggia Le Patriotisme, che ci interessa qui in modo particolare per le sue attività musicali, aveva ben presto contato diverse centinaia di membri, e tra questi una quarantina di musicisti e cantori della Cappella, dell’Orchestra del re e delle fanfare reggimentali; vale a dire che aveva ampiamente modo di sostenere le proprie tornate con esecuzioni musicali.

Il Fratello François Giroust, all’epoca in cui chiese di essere iniziato presso la Loggia Le Patriotisme, era sovrintendente dell’Orchestra del re. Conosciuto per le numerose composizioni di musica religiosa, egli ha lasciato anche una produzione massonica importante, vale a dire una ventina di opere. Depositati presso la biblioteca del Conservatorio, i manoscritti venivano prestati ai responsabili delle Logge che desideravano utilizzarli, col risultato che tutte le composizioni sono andate perdute, ad eccezione di una che, paradossalmente, ha beneficiato di un errore di classificazione.

Il Rituale massonico funebre, sottotitolato Il Diluvio, fu scritto dal Fratello Giroust nel 1784 per una cerimonia solenne della Loggia in memoria di un Fratello passato all’Oriente Eterno, la cui personalità è rimasta sconosciuta. Il testo, che segue senza notevole modificazione il cerimoniale delle tenute funebri, fu messo in versi dal poeta Félix Nogaret, Maestro Venerabile della stessa Loggia. È qui importante notare che questa opera è l’unica, di tutta la storia della musica e della Massoneria, ad illustrare in modo esplicito una cerimonia massonica integrale.

L’orchestra entra ripetendo con un rullo di timpani i tre colpi di maglietto dei Dignitari che segnano l’apertura rituale dei Lavori. Poi inizia una evocazione sinfonica di carattere terrificante e caotico che si trova anche in altre composizioni d’ispirazione massonica (inizio dell’ouverture de Il Flauto Magico e del Quartetto delle Dissonanze di Mozart, l’ouverture di Zaroastre di Rameau, il preludio de La Creazione di Haydn, eccetera). “Essa ha – scrive il librettista – per motivo il terrore causato dall’idea della distruzione totale Segue un lungo monologo di Corifeo (basso cantante) che riprende esplicitamente la descrizione apocalittica affidata prima all’orchestra, poi termina con una frase carica di speranza e di conforto. “Dio appare … davanti a Lui i cieli sono aperti’ .

Il secondo pezzo esprime l’angoscia dell’uomo bruscamente messo a confronto con la maestà del Grande Architetto dell’Universo. Dopo un nuovo monologo di Corifeo, l’orchestra riprende il rullo ternario dell’ouverture che assume qui un valore simbolico più profondo: ricorda l’ora del giuramento. Segue un lungo silenzio commentato da una voce solista, poi il coro (che rappresenta l’insieme dei Massoni viventi), condotto da un tenore, esprime l’inquietudine del mondo terrestre di fronte all’al di là.

Il terzo pezzo inizia con una pagina sinfonica di carattere calmo e sognante (solo di fagotto). Corifeo, dopo un presupposto svenimento per aver contemplato in viso l’Essere Supremo, si sveglia e scopre, nella scena di desolazione prevista dal rituale, il cenotafio del Fratello defunto. Il coro risponde esprimendo la sua fiducia nella giustizia divina. Due personaggi (tenori) continuano la descrizione della desolazione del Tempio e il coro, infine, si unisce a loro per piangere la morte del Fratello.

Nel corso del quarto pezzo, esclusivamente sinfonico, il Maestro Venerabile ed i Fratelli che siedono all’Oriente, lasciati i loro scanni, compiono un giro intorno al cenotafio spargendovi dei fiori; quindi riprendono i loro posti. I Sorveglianti, accompagnati dai Fratelli che siedono nelle rispettive colonne, eseguono anch’essi il mesto pellegrinaggio.

Il Maestro Venerabile comanda di formare una Catena d’Unione a simboleggiare che il Fratello scomparso è considerato ancora membro di essa. Il quinto pezzo (trio e coro) accompagna questo rito.

La cerimonia si conclude con la rituale chiusura dei Lavori, durante la quale come per l’apertura – la musica non interviene.

Caduto in disuso dal 1789, questo rituale è stato ripreso dalla Gran Loggia di Francia il 20 giugno 1970 in occasione di una cerimonia funebre alla memoria dei Fratelli deportati durante la seconda guerra mondiale.

Poco dopo la rivoluzione francese i paesi germanici avevano accordato alla Massoneria la stessa situazione di fatto di quella conquistata in Francia. La musica assume in queste Logge un’importanza almeno uguale a quella che occupava nelle riunioni massoniche francesi. Non vi è nulla di sorprendente, quindi, nella domanda di ammissione presentata nel 1784 da Mozart alla Loggia La Beneficenza. Il fervore massonico del compositore del Flauto Magico e le sue conseguenze musicali sono stati oggetto di una precedente tavola, dal titolo Musiche Massoniche, presentata in questa Officina. Le quattro composizioni che qui trattiamo meritano la nostra considerazione poiché caratteristiche della pratica musicale delle Logge viennesi alla fine del XVIII secolo.

La melodia del Gesellenreise (Il viaggio del Compagno), scritta da Mozart in occasione dell’aumento di salario del padre Leopoldo, sviluppa il simbolismo del Secondo Grado: il viaggio e la rivelazione della Stella Fiammeggiante.

Il duo Zum schluss der Loge (per la chiusura della Loggia) si canta al termine dei Lavori, durante la Catena d’Unione; il lied O heiliges Band (O sacro vincolo) può essere utilizzato allo stesso modo. Il secondo ha la particolarità di essere stato composto nel 1772, molto prima dell’iniziazione di Mozart.

La cantata Dir, Seele des Weltalls (A Te, Anima dell’Universo) è un inno al Sole e alla Luce, la cui esecuzione si presta per la festa del Solstizio d’estate o, anche, al termine della cerimonia di iniziazione al Primo Grado quando il neofita, superate le prove simboliche, riceve la Luce.

Se l’appartenenza di Beethoven alla Massoneria non è mai stata del tutto provata, pure esiste una serie di concomitanze che autorizzano una “quasi certezza “. Molte delle sue melodie sono state utilizzate a posteriori per testi massonici, col consenso del compositore, dall’amico Wegeler, la cui appartenenza all’Istituzione è certa.

Alcuni ritengono che la Marcia in si be molle maggiore fosse destinata ad accompagnare le sfilate dei granatieri del principe Esterhazy. E invece assai più probabile la destinazione massonica. Presenta infatti dei caratteri ricorrenti nelle marce che accompagnano l’entrata e l’uscita dal Tempio dei Dignitari: la relativamente breve durata (si tratta del tempo per attraversare il Tempio dirigendosi all ‘Oriente), poco adatta a marce militari, e l’ottimismo che la impronta.

L’Opferlied Die Flamme lodert (La fiamma arde), che evoca i sacrifici delle antiche religioni, i simboli di quattro elementi e la lotta per la libertà, è stato musicato varie volte da Beethoven. Alla seconda redazione, del 1798 circa, il già citato Fratello Wegeler adattò nel 1810 un testo massonico più formale, ad uso della propria Loggia, per farne una specie di inno propiziatorio per l’iniziazione dei neofiti.

II Maurerlied (il canto del Muratore) si riallaccia alle Logge istituite nelle Corti tedesche. È stato scritto in occasione di una visita del re di Prussia, Federico Guglielmo III, alla Gran Loggia di Rito Scozzese di Berlino, il 21 gennaio 1798. L’autore, Friedrich Heinrich Himmel, era Maestro di Cappella di corte e membro attivo della Loggia.

Discendente della celebre famiglia di costruttori di clavicembali e pianoforti, Joseph Taskin aveva iniziato la sua carriera come paggio musicale della Cappella di Luigi XVI. Compositore e pianista, dedicò il suo talento migliore alla musica massonica. Egli fu prima Maestro Venerabile, poi Maestro Venerabile d’onore della Loggia Les Frères Unis-lnséparables, alla quale lasciò tutti i suoi manoscritti, oggi depositati alla Biblioteca Nazionale di Parigi. La sua marcia funebre poteva avere molte destinazioni, tra le quali: accompagnare l’entrata e l’uscita dal Tempio dei Dignitari in cerimonie di cordoglio o la sfilata dei Fratelli Maestri nel rito di iniziazione al Terzo Grado.

TAVOLA DEL FR.’.  B.Bltt

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IDEALI CAVALLERESCHI: VIZI E VIRTU’ UMANE

IDEALI CAVALLERESCHI: VIZI E VIRTU’ UMANE

Commomorazione per il decennale della R.’. L.’. G.GARIBALDI n° 1436                             Or.’. di FOLLONICA

Mi piace immaginare la Libera Muratoria come un “corso d’acqua luminoso e colorato” che scorre, con un movimento lento, perennemente verso un non-luogo, alimentato da affluenti che hanno trasportato, nel corso dei millenni, tutti i valori più alti del pensiero umano. Quest’ultimi si sono stratificati, con il passare del tempo, nel suo alveo dorato. I pesci che in questo magico fiume, nuotano liberi, sono anch’essi imbibiti di questi ideali rivolti al bene e al progresso dell’Umanità. Il Pensiero Libero Muratorio, infatti, rappresenta il punto di convergenza di tutte i principi più virtuosi che sono stati espressi dagli uomini di tutti i tempi, da quando hanno cominciato a manifestare la loro vera essenza: quella “umana”; cioè ad avere “cura” (curam in senso latino/amore) di sé stessi, degli altri e del mondo. L’acquisizione di questa “responsabilità morale” — come la definiva Charles Darwinè stata uno dei meccanismi che ha garantito la continuità e la sopravvivenza delle specie Homo. Il Pensiero Libero Muratorio è, quindi, il concentrato della parte migliore del pensiero del mondo Occidentale e Orientale: di quello greco-romano, giudaico-cristiano, medievale, rinascimentale, illuminista, romantico, fino a quello moderno e post-moderno. ln Occidente, ad esempio, il cristianesimo delle origini ha introdotto il “sistema” religioso della Carità e dell’Amore, valori poi declinati, molti secoli dopo, nel “sistema” laico illuminista nel celebre motto: Libertà, Uguaglianza e Fratellanza.

Gli ideali della Libera Muratoria si richiamano a quelli Cavallereschi, a partire dalle gesta dei Cavalieri del re Carlo Magno (Imperatore del Sacro Romano Impero; incoronato in San Pietro dal Papa Leone III nel Natale dell’800) definiti anche Palatini (termine che deriva da Palatium, perché stavano dentro il Palazzo reale; rappresentavano la guardia nobile del Re ed avevano la funzione di proteggerlo militarmente) fino a quelle dei Cavalieri Templari (Ordine Religioso Cavalleresco Cristiano Medioevale che aveva il compito di difendere i luoghi santi e proteggere le persone che, da tutta Europa, si recavano in pellegrinaggio in Terra Santa – al Santo Sepolcro a Gerusalemme- perché venivano frequentemente assalite dai musulmani, subendo perfino crudeli atti di cannibalismo (D. Esposito, La Chanson de Jèrusalem: l’epopea dei Crociati cannibali. Carocci editore, 2023). La nascita dell’Ordine dei Templari avvenne dopo la prima crociata, attorno al 1100, che si concluse, dopo un mese e mezzo di assedio, con la conquista di Gerusalemme, fino ad allora in mano ai turchi. Le gesta eroiche e gli ideali nobili cavallereschi si diffusero ampiamenti in tutta Europa, specialmente in Francia, in Spagna ed in Italia. Un altro contributo fu apportato dai poemi cavallereschi francesi del ciclo Carolingio, come la Chanson de Roland (scritto nella seconda metà del XI secolo) e da quelli del ciclo Bretone, che trattavano del Re Artù, della tavola Rotonda, della. ricerca del Santo Graal. Quest’ultime leggende furono riprese nell’Italia meridionale dai cantastorie a Napoli e dal Teatro dei Pupi in Sicilia. Un’ulteriore divulgazione di questi ideali fu apportata – a partire dalla seconda metà del XV secolo, in pieno Rinascimento- dai tre grandi poemi cavallereschi italiani: l’Orlando Innamorato, scritto da Matteo Maria Boiardo della corte degli Estensi a Ferrara; l’Orlando Furioso scritto dal Ludovico Ariosto, anch’esso della Corte di Ferrara e la Gerusalemme Liberata (1575) scritta dal sorrentino Torquato Tasso. Il ciclo della letteratura cavalleresca, si chiuse definitivamente, un secolo dopo, nel 1615, con la pubblicazione Don Chisciotte scritto da Miguel de Cervantes (capolavoro della letteratura mondiale; il romanzo più venduto con 500 milioni di copie). Infatti, la finalità del romanzo, come dichiara esplicitamente nel prologo lo stesso autore, fu quello di ridicolizzare il mondo cavalleresco medioevale tramite il “folle” personaggio di don Chisciotte. Merita di essere menzionato, perché viene spesso evocato nei Nostri lavori, anche il leggendario Ordine dei Cavalieri Rosacroce: una confraternita apparsa in Germania intorno alla prima metà del 1600, di probabile derivazione templare. Le prove storiche della reale esistenza di questo Ordine sono scarse. ln letteratura esistono solamente tre pubblicazioni, definiti “manifesti”: (Fama Fraternitatis, Confessio Fraternitatis e le Nozze chimiche). Il primo si riferisce alla sua nascita e al suo fondatore Christian Rosenkreutz; il secondo è un appello ai sapienti dell’Europa per una riforma universale di tipo utopistico su tutti i campi dello scibile umano, dalle arti alla scienza, dalla filosofia alla teologia, per il miglioramento dell’umanità; il terzo illustra un processo di perfezionamento dell’uomo basato sulla simbologia alchemica.

Noi, Iniziati Libero Muratori, sentiamo ancora vivi nel nostro animo gli ideali cavallereschi medioevali, come: il Coraggio, la Lealtà, l’Onore, la Fedeltà (nei confronti non solo del Re ma anche nei confronti della propria fede religiosa), la Nobiltà d’animo, la Cortesia, l’Umiltà, la Difesa dei più deboli, la Liberalità (disprezzo per il denaro), la Magnanimità (donare anche prima che ti sia chiesto), la Comprensione e la Tolleranza. Sono questi i valori che gli adepti Liberi Muratori hanno perseguito fino dalle loro origini; l’appellativo stesso di “Gran Maestro” evoca il più alto membro nella gerarchia di un Ordine Cavalleresco o Militare. Per questo motivo il Nostro Ordine Iniziatico viene definito un “Ordine Cavalleresco”… un Ordine Militare”; perché anche Noi, come i Cavalieri Templari che difendevano, con il cuore e la spada, il “Tempio di Gerusalemme”, difendiamo il nostro “Tempio Interiore”. E, questa battaglia è sempre in corso… una lotta quotidiana che avviene all’interno della nostra coscienza: tra il bene e il male, tra il giusto e l’ingiusto, tra il vero e il falso, per fare sì di arrivare al trionfo del bene, del giusto e del vero. E, l’arma che noi usiamo per la lotta si chiama “Libero Arbitrio”: quella capacità che dimora nella nostra coscienza e che ci permette di scegliere tra il bene e il male. Purtroppo, oggi il male nel mondo… il male nell’animo umano… sta dominando sempre più sul bene e la nostra battaglia, sia interiore che esteriore, sta diventando sempre più dura. L’uomo post-moderno sembra aver smarrito completamente le virtù cavalleresche che hanno, indirettamente, influenzato anche tutti gli aspetti profani socioculturali. È venuto meno il Coraggio, specialmente nelle nuove generazioni – la cosiddetta generazione Z: nativi dal 1997 al 2012- di affrontare le difficoltà del vivere, che richiedono, invece, per essere superate un impegno e un sacrificio costante. L’uomo oggi non vuole più prendersi delle responsabilità e non contrasta la realtà ostile, non si oppone alle devianze esistenziali. Si sente tutto sommato a suo agio nel suo sentirsi identico a tutti gli altri. E venuta meno la Nobiltà d’animo, la “cortesia”, la “magnanimità”, la “difesa verso i deboli”… il “rispetto per il prossimo”, l”‘agire retto” (ortopràssi) nei confronti di se stesso e degli altri…è venuto meno il “senso di fratellanza”. L’esempio più triste e eclatante, che ferisce quotidianamente la nostra coscienza, è l’orrore della guerra, un vero e proprio “Infantilismo bellico”- come lo ha definito Papa Francesco, nel suo appello all’Unione Europea, lanciato in Ungheria il 28 aprile 2023, sullo sfondo del nazionalismo crescente e della guerra in Ucraina-. Oggi nella società domina l’individualismo, il narcisismo egocentrico, e chi ascolta solo il proprio “ego” tende a pensare solo a sé stesso, desidera solo ciò che può fargli piacere e agisce unicamente per il proprio interesse. Al contrario i Cavalieri medievali agivano uniti uno accanto all’altro, difendendosi contro un nemico comune; essi non agivano in modo individuale ma in modo collettivo. Assistiamo oggi ad un Materialismo Selvaggio…altro che “liberalità”, oggi domina l’ossessione, tutta fanciullesca, del denaro. Viviamo in una crisi di civiltà dominata dal potere onnipresente del profitto. ln più si associa un”‘Eclissi della Spiritualità”… una Perdita della Fede nei confronti della religiosità. Solamente un terzo dei giovani, tra i 18 e 25 anni, ha un interesse verso la trascendenza e crede in un “Essere Superiore” (Springtide Research Institute, dati del 2023). Prima del trionfo del cristianesimo (nel 380 d.c. — Editto di Tessalonica – il cristianesimo fu adottato come la sola religione nell’Impero Romano) fu annunciata la morte degli dèi dell’Olimpo; net 1882 Nietzsche annunciava nel suo celebre aforisma in La Gaia Scienza: la morte di Dio; ucciso dall’indifferenza dell’uomo mediocre. Lo abbiamo ucciso noi uomini, sottolinea il filosofo nel suo racconto: l”Uomo Foll, che accese una lanterna alla chiara luce del mattino e si mise a gridare “Cerco Dio, cerco Dio!”. Anche la rivista Time, pubblicata negli Stati Uniti d’America, nel 1966 si domandava in copertina “Se Dio fosse morto?” (“Is good Dead?”). La mia impressione è che l’indifferenza umana difronte alla trascendenza stia sempre di più uccidendo Dio. Dovremmo, da ora in poi, avere fiducia nell’intelligenza artificiale… nei “robot religiosi antropomorfi”! – come ha intitolato il Corriere della Sera, La Lettura, il 30 aprile 2023 – Ma che cosa ne penseranno i fedeli di tutto il mondo di questa nuova religiosità legata all’intelligenza artificiale…e all’immensa potenza dimostrata da ChatGpt (un software progettato per simulare una conversazione con un essere umano. Uno strumento di elaborazione del linguaggio naturale, che può essere utilizzato per la creazione di una vasta gamma di applicazioni personalizzate; in grado di comprendere e rispondere a imput in linguaggio naturale. Il termine Chatbot o Chatterbot è stato coniato da Michael Mauldin nel 1994, per descrivere questi programmi di conversione). Nonostante le perplessità, questo sistema altamente tecnologico si sta espandendo senza incontrare nessuna difficoltà. Se non ci sarà un’inversione di tendenza nei confronti della spiritualità gli uomini non saranno altro che un aggregato di tribù in lotta tra loro, senza anima, senza umanità, senza moralità e, anche, senza libero arbitrio: perché ormai siamo diventati moralmente passivi, abbiamo finito per delegare la questione morale agli esperti e ai tecnici…abbiamo lasciato il diritto di scegliere agli altri…ma gli altri non è detto che abbiano la saggezza per comprendere ciò che è migliore o peggiore per il nostro bene o per il bene comune. Assistiamo oggi, a un venir meno del senso della Tolleranza, della Consapevolezza, cioè della capacità di essere partecipi e attenti a ciò che accade nel momento presente…non solo nel mondo esterno ma anche nel mondo interno. Non siamo più capaci di ascoltare e giudicare i propri pensieri, le proprie emozioni e i propri comportamenti; non riusciamo più a dare un senso a ciò che stiamo facendo. Ci stiamo disabituando alla complessità della vita, al dubbio, alla riflessione profonda, al pensiero critico, al legame tra il particolare e l’universale… tra il micro e il macrocosmo. L’uomo, oggi, sembra privo della volontà di progredire e di partecipare al processo evolutivo della società, perché è attratto dagli aspetti esistenziali più frivoli, che spesso si disvelano per quello che sono: solo illusioni…Sirene che trascinano tra le onde chiunque le ascolti. L’uomo moderno sembra comportarsi come i Cavalieri o Paladini del Re Carlo Magno descritti nel poema dell’Orlando Furioso- che, attratti da vani e frivoli desideri, abbandonarono il loro Re, scappando lontani da Parigi, venendo meno ai loro doveri: di combattere, di difendere e di proteggere il Re e la Francia. Anche il Palazzo Incantato del mago Atlante, che ritroviamo nell’Orlando Furioso, è la “metafora dell’esistenza dell’uomo”: destinato ad inseguire i fantasmi del proprio desiderio, beni materiali che sfuggono al suo possesso e incapace di dare una chiara direzione al proprio itinerario nella vita; è la “metafora del destino umano”: gli uomini si affaticano dietro alle loro passioni, ai loro desideri che spesso si rivelano soltanto dei miraggi; è la “metafora dell’insoddisfazione umana”: una ricerca senza fine di qualcosa che desideriamo che bramiamo ma che non lo raggiungeremo mai. Tutti coloro che entrano nel Palazzo Incantato accettano una copia più colorata e vivace, dove l’oggetto del desiderio si materializza dinanzi a loro, ma non viene mai raggiunto. Questo simboleggia che il movimento dell’uomo è inconsistente…tutto risulta alla fine vano… tutto è vanitas…tutto è inseguire il vento, come ci ricorda il racconto sapienziale dell’Antico Testamento: Qoèlet o Ecclesiaste (Qoe 2:1-11). L’uomo è sempre all’inseguimento di un qualcosa di materiale – che reputa il mezzo per giungere alla felicità- ma che in realtà non trova mai. Ariosto sapeva benissimo che gli uomini possono rimanere prigionieri dei loro desideri e delle loro illusioni, come succedeva a tutti coloro che entravano nel suo Palazzo Incantato. Il PALAZZO INCANTATO DEL MAGO ATLANTE (Orlando Furioso XII, 4-23) Orlando come tanti altri paladini — racconta Italo Calvino (Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, raccontato da Italo Calvino, Feltrinelli, 2016) – che avevano abbandonato le armi e i loro doveri, alla ricerca della bellissima Angelica, arriva al Palazzo Incantato – maestoso, sontuoso, fatto di marmo, con fregi d’oro, di tappeti, di arazzi, di letti di seta verde- che mostra a chiunque entra, quello che è il suo desiderio, ma senza mai raggiungerlo. Ogni paladino, che entrava in quel palazzo — veniva attratto dalla “visione” di ciò che ricercava… desiderava… bramava: d’una donna amata, d’un cavallo rubato, d’un nemico irraggiungibile, d’un oggetto perduto. Sentono le loro voci, le loro richieste di aiuto ma non riescono mai a raggiungerlo. I “paladini cercatori” corrono per i grandi androni, corridoi e scale del palazzo come all’interno di un labirinto, ma non riescono a raggiungere ciò che desiderano. Il loro desiderio è una corsa verso il nulla. Il palazzo è deserto di quel che si cerca ma popolato solo da coloro che cercano. Una volta entrati nel Palazzo Incantato nessun paladino non poteva più uscire. Anzi tutti alla fine venivano uccisi sotto un colpo di mazza del Gigante. Alla fine della storia, arriva all’interno del Palazzo di Atlante il paladino Astolfo che insegue il ladruncolo e il suo cavallo “Rabicano”. Ma per Astolfo non c’è incantesimo che tenga, egli possiede un “Libretto Magico”, regalato dalla fata Logistilla, in cui è spiegato come far cessare ogni incantesimo. Egli legge che basta sollevare una lastra di marmo della soglia per far cessare l’incantesimo e mandare in fumo tutto il Palazzo. Così fece. L’incantesimo cessò e una folla di Cavalieri — Paladini quasi tutti amici suoi- che erano entrati là dentro ritornarono liberi. Il Palazzo, ragnatela di sogni e di desideri si disfa: ossia cessa d’essere uno spazio esterno a noi, con porte e scale e mura, per ritornare a celarsi nella nostra mente, nel labirinto dei nostri pensieri.

E Noi… Iniziati Liberi Muratori dobbiamo continuare a nuotare, come pesci liberi, nelle acque limpide e luminose di quel fiume fantastico -simbolo del Nostro “Ordine Iniziatico Libero Muratorio”— impregnate dai più “alti valori della storia del pensiero umano rivolti verso il bene”; orgogliosi di possedere, non solo un prezioso “Metodo” per interpretare il mondo che ci circonda, ma anche un “Libretto Magico” – come aveva il paladino Astolfo- su cui è spiegato come risolvere, al momento opportuno, ogni incanto…ogni situazione esistenziale, bella o brutta, che sia. Quel “Libretto” ci insegna – se riusciamo a leggere con attenzione tra le sue righe… ad andare “oltre” le sue parole – un’altra stupenda magia: quella di trasformare la vana realtà in qualcosa di migliore… a trasformare i metalli in oro … la tristezza in gioia … la materia in spirito … la morte in vita eterna.

TAVOLA     SCOLPITA   DAL   FR.’. C.  S.                                                                                                                         R.’. LOGGIA  G. Garibaldi n o 1436 all’Oriente di Follonica

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LA VIA MASSONICA È UNA VIA DI SERENITÀ?

LA VIA MASSONICA È UNA VIA DI SERENITÀ?

Maestro Venerabile, Fratelli carissimi,

da poco più di due anni sono stato accolto in Massoneria, periodo di tempo sicuramente breve, ma sufficiente a trarre qualche valutazione.

La prima di esse è l’entusiasmo. Questa sensazione che mi coinvolge sin dall’inizio, associata al desiderio di partecipare ai nostri lavori, non può essere giustificata da banale curiosità, voglia di novità o possibilità di incontrare persone “culturalmente” interessanti.

Non so valutare se sono migliorato, se la mia coscienza è realmente cresciuta, tuttavia riconosco che la mia vita è cambiata. In meglio?

Nei miei sogni giovanili, affascinato da pseudo teorie orientaleggianti, avevo erroneamente associato la via di conoscenza ad una via di serenità e di pace interiore.

L’avere intravisto da lontano una potenziale da seguire può invece creare enormi difficoltà.

Nei discorsi salottieri ho sempre affermato che la carriera, la posizione sociale, il successo, il divertimento sono falsi obiettivi che un uomo deve saper rifiutare per affrontare ricerche più serie. Belle affermazioni che contraddistinguono il mio personaggio, ma che all’atto pratico restavano sterili.

Adesso non posso più fingere di non sapere. Sia pur in maniera molto nebulosa, io so cosa devo fare. Ma in pratica? La mia vita è davvero cambiata oppure mi piace affermarlo da vanti a voi?

Come è possibile che tra tutte le attività che svolgo, il lavoro, i “giochi”, il riposo, io dedichi alla mia ricerca un tempo così misero? Perché trascuro ciò che ritengo fondamentale? Da cosa dipende questa dicotomia tra quello che vorrei essere e quello che in realtà sono?

Le risposte sono tante:

  • la pigrizia, difetto che purtroppo mi contraddistingue, ma “sono fatto” così;
  • la società profana che mi condiziona con falsi obiettivi;
  • il demonio che mi rende schiavo delle “tentazioni”;
  • un certo tipo di “infantilismo” che non mi permette di distinguere ciò che è veramente importante.

Sono sempre stato bravissimo a trovarmi degli alibi.   La domanda che da il titolo a questa tavola non è dunque per niente retorica.

La finta serenità “del lavoro compiuto”, del “leggere il giornale la domenica mattina”, del “Natale in  in famiglia” non esiste più. In realtà non è mai esistita; una delle molle che mi ha spinto a chiedere di entrare è senza dubbio la profonda insoddisfazione di fronte ad una vita tutto sommato cretina, ma ora non posso più credere che “le cose si sistemeranno”.

Indietro non si torna. Il bluff non regge più. Ora si deve lavorare. Nella vita profana il lavoro del muratore è sinonimo di grande fatica fisica; solo adesso incomincio ad intuire come sia faticoso il lavoro del Libero Muratore.

Trovo veramente difficile eliminare la netta separazione tra i vari personaggi che mi compongono: il medico, il marito, l’amico, il massone.

Essere me stesso in Tempio come fuori, sapere di essere un iniziato sempre ed ovunque mi riesce quasi impossibile.

Nonostante la sensazione frequente di non sopportarmi quando perdo tempo in idiozie o in attività stupide, mi rendo conto di come le banali “scoperte”, l’intuizione di particolari sempre guardati e mai visti, la speranza di capire giustifichino ampiamente, e tutto sommato valorizzino, fatiche e delusioni.

Un Fratello tempo fa mi ha detto che bisogna avere il coraggio di rimettersi in discussione tutti i giorni, anche se talora può farci soffrire. Ebbene penso che questa sofferenza sia “sana”, “positiva”, “finalizzata”. Ben differente da una pseudo serenità grigia e talora disperata.

La serenità e la pace interiore di cui si parlava prima, dunque, esistono e ogni tanto si riesce anche a sfiorarle, ma sono solo lampi di brevissima durata. Spesso tali lampi si accendono in Tempio.

L’essere sballottato tra intuizioni “geniali” e miserie quotidiane non è un indice di grande maturità, né di realizzazione spirituale; temo che questo sia essere “una pietra grezza”.

Ho veramente bisogno di voi, Fratelli.

TAVOLA  DEL  FR.’.  Stefano Clnn,

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LIBERTÀ, TRASPARENZA E RISERVATEZZA

LIBERTÀ, TRASPARENZA E RISERVATEZZA

“Libertà ch’è sì bella che sola rende la vita degna d’essere vissuta”.

Maestro Venerabile, Fratelli tutti carissimi,

PREMESSA:

Il tema che ci viene prospettato va visto come un Trinomio e non, quindi, come tre concetti separati. Ci deve essere insomma una consequenzialità tra questi termini. Rilevante diventa allora fare questa considerazione: trattando di libertà, trasparenza e riservatezza è pressoché fatale sconfinare nella politica poiché non si parla più, come abitualmente facciamo, dei principi, ma ci si deve fatalmente inoltrare nel terreno del confronto con chi ci sta intorno e con il “potere”.

Perché la trasparenza e la riservatezza sono dimensioni squisitamente politiche e, considerato il tema datoci, anche la libertà finisce per essere inquadrata nella stessa ottica.

La libertà, intesa in relazione agli altri due termini, non può che inquadrarsi nell’ottica delle possibilità che lo Stato DEVE garantire ad ogni singolo cittadino, poiché ogni essere umano è detentore di un diritto naturale. Questo concetto fu fatto proprio dalla nostra Costituzione ove, guarda caso, uno dei nostri Confratelli fu, tra i compilatori, uno degli elementi di maggior spicco!

La libertà va intesa come composta di tre aspetti distinti:

  • la prima è quella dal senso più ampio: parla di libertà di coscienza, di pensiero , di sentimento; ovvero la più assoluta libertà di opinioni in ogni campo (pratico, speculativo, scientifico, teologico o morale);
  • la seconda è la possibilità di agire come meglio vogliamo senza essere ostacolati e con le conseguenze che dal nostro fare ne derivano. Con le limitazioni derivanti dal non dover danneggiare terzi;
  • la terza consiste nella possibilità di associarsi e di unirsi con altre persone con qualsiasi scopo che non rechi danno al prossimo.

Possiamo aggiungere, in proposito, ciò che scrisse J. Stuart Mill: nessuna società che non rispetti queste regole nel loro complesso, in maniera assoluta ed incondizionata può legittimamente definirsi LIBERA!

Passando alla nostra Istituzione possiamo affermare che le parole del nostro Rituale: “Profano, per noi la libertà è il potere di compiere o di non compiere certi atti secondo la determinazione della nostra volontà. È il diritto di fare tutto ciò che non è contrario alla legge morale ed alla libertà altrui” evidenziano una diversa e maggiore ampiezza al problema, inserendo un concetto di morale (direi meglio di etica) al solo e semplice aspetto del non danneggiamento altrui previsto dal Mill.

Scendendo ora nel pratico e nel concreto, possiamo dire che la libertà che noi desideriamo relativamente alla nostra appartenenza all’ordine massonico consiste nella possibilità di percorrere tutte quelle vie che non siano contrarie al nostro Ordinamento giuridico.

Di riunirsi con chi più ci aggrada, effettuando tutti quegli studi o/e quei riti che si ritengano idonei, o anche solo propizi, allo scopo che ci siamo proposti quando siamo entrati o che, modificando via via le nostre mire, ci si prefigge.

La Costituzione della Repubblica Italiana, all’art. 18 recita: “I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente senza autorizzazione per fini che non sono vietati dalla legge penale”.

E, si badi bene, al solo secondo comma aggiunge:” Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare”.

Il legislatore riconosce dunque al cittadino la possibilità di associarsi, mentre pone dei limiti alle associazioni: i soggetti sono due, con ruoli e diritti-doveri ben chiari e distinti!

ANCORA QUALCHE DEFINIZIONE

Allo scopo di rendere più chiaro tutto il contenuto del termine LIBERTÀ vorremmo qui ricordare il detto evangelico “la verità vi farà liberi” sottintendendo che la libertà deve essere considerata quale bene supremo dell’individuo, ponendo la verità come mezzo e la libertà addirittura come fine.

Libertà è la possibilità di scelta. L’uomo può definirsi libero quanto più viene messo in grado di scegliere; ed avere le informazioni sulla scelta da fare dev’essere considerato un importante elemento di libertà.

Ecco qualche possibile e schematica interpretazione del temine LIBERTÀ:

LIBERO come contrapposizione a SCHIAVO

LIBERO E Dl BUONI COSTUMI si oppone a CON PREGIUDIZI E SCHIAVO DEI METALLI

LIBERO CONOSCENDO LA VERITÀ come fine ultimo dell’uomo

LIBERO Dl

LIBERO DA

QUALCHE CONSIDERAZIONE SULLA RISERVATEZZA.

Altro aspetto che ho cercato di evidenziare sopra: poter fare ciò che ci garba, e nel modo che riteniamo migliore, nei luoghi più adatti con lo scopo che ci prefiggiamo. Quindi sia in luoghi appartati che alla piena luce del sole!

In una precedente tavola sul Rituale si sosteneva che, come già per la preghiera, i nostri lavori hanno necessità di essere compiuti lontano dal rumore e fuori da sguardi …indiscreti. Le persone (che noi, in questo caso con molta ragione, definiamo profani) o non capirebbero assolutamente i nostri riti, e li irriderebbero, vuoi per loro intrinseca incapacità, vuoi per il porsi in una angolazione sbagliata. Altri infine li capiscono anche troppo bene!

Questo spiega, almeno in parte, il concetto ed il bisogno di riservatezza.

In ogni società la vita dell’individuo si polarizza in due aspetti: il pubblico ed il privato.

A seconda della prevalenza di una sfera sull’altra avremo sistemi assolutisti e totalitario o il liberalismo e, sua forma estrema, l’anarchia. Nel primo caso lo Stato pone il più possibile delle cose sotto la propria tutela e non lascia spazio all’iniziativa del cittadino, nel secondo ci sono pochissime regole, lasciando all’individuo la scelta sulle decisioni e sui suoi comportamenti.

Sembrerebbe che la forma migliore si ottenga dall’equilibrio tra queste due forme. L’obiettivo che si pone ogni tipo di governante è l’eliminazione dei conflitti tra le due sfere!

La riservatezza consente che ogni aspetto del privato sia un ambito esclusivo del singolo cittadino, mentre la trasparenza lo rende aperto e visibile a chiunque!

Possiamo identificare il “privato”, e quindi la riservatezza, come il proprio giardino: dotato di limiti invalicabili (i Landmarks). Al suo interno albergano le nostre libertà individuali.

Riservatezza quindi non significa nient’altro che poter decidere LIBERAMENTE se dichiarare la PROPRIA APPARTENENZA alla nostra Istituzione. Beneficio che, tra l’altro, finora, ( intendo alla nostra generazione), qui in Italia, personalmente ci è sempre stato garantito.

Se si pone questo quesito è Perché considerando il livello di cultura e di pregiudizi che coesistono nel nostro Paese in questo momento storico, pochi tra noi credono che rivelare a chicchessia la propria appartenenza all’Istituzione sia opportuno Essere Massoni non necessariamente significa avere la vocazione per essere martiri. E Perché io dovrei far sapere al mio portinaio che sono Massone? Quale beneficio io o l’Istituzione ne potremmo trarre? Ed il mio portinaio?

L’intimità dei propri convincimenti e delle proprie emozioni è una delle tante conquiste, o situazioni, che sono riservate all’uomo libero. Al contrario, proprio all’uomo in prigionia sovente queste non sono concesse, e la prigionia può considerarsi tanto più dura quanto più gli vengono negate queste intimità.

Sovviene, a questo proposito, il famoso libro di Orwell “1984” in cui il Grande Fratello riesce ad eliminare ogni forma di riservatezza e di intimità. Ogni individuo, sempre, è obbligato al massimo della “trasparenza”. Nessun sentimento “privato” gli è concesso.

Il rischio è insomma quello di vedere il nostro Stato Italiano trasformarsi da uno stato di diritto ad uno di Polizia ove non sia più possibile, chiudendo il cancello del giardino, sentire che siamo a casa nostra, c che possiamo, per legge, fare ciò che meglio crediamo !

Il nostro sacrosanto diritto a operare in pace, lontano dagli occhi indiscreti di chiunque, ma pure sottostando a tutte le norme giuridiche di un Paese di diritto, facendo conoscere alle autorità preposte luoghi e giorni di riunione con i nomi dei partecipanti, non contraddice affatto il concetto di trasparenza.

Diritto che, giova ricordarlo, negli ultimi anni la magistratura ha esercitato con una certa ampiezza!!

 E, a quanto mi risulta, con la massima disponibilità da parte della nostra Istituzione.

In ogni società la vita dell’individuo si polarizza in due aspetti: il pubblico ed il privato.

A seconda della prevalenza di una sfera sull’altra avremo sistemi assolutisti e totalitario o il liberalismo e, sua forma estrema, l’anarchia. Nel primo caso lo Stato pone il più possibile delle cose sotto la propria tutela e non lascia spazio all’iniziativa del cittadino, nel secondo ci sono pochissime regole, lasciando all’individuo la scelta sulle decisioni e sui suoi comportamenti.

Sembrerebbe che la forma migliore si ottenga dall’equilibrio tra queste due forme.

L’obiettivo che si pone ogni tipo di governante è l’eliminazione dei conflitti tra le due sfere! !

La riservatezza consente che ogni aspetto del privato sia un ambito esclusivo del singolo cittadino, mentre la trasparenza lo rende aperto e visibile a chiunque!

Possiamo identificare il “privato”, e quindi la riservatezza, come il proprio giardino: dotato di limiti invalicabili (i landmarks). Al suo interno albergano le nostre libertà individuali.

Riservatezza quindi non significa nient’altro che poter decidere LIBERAMENTE se dichiarare la PROPRIA APPARTENENZA alla nostra Istituzione. Beneficio che, tra l’altro, finora, ( intendo alla nostra generazione), qui in Italia, personalmente ci è sempre stato garantito.

Se si pone questo quesito è Perché considerando il livello di cultura e di pregiudizi che coesistono nel nostro Paese in questo momento storico, pochi tra noi credono che rivelare a chicchessia la propria appartenenza all’Istituzione sia opportuno Essere Massoni non necessariamente significa avere la vocazione per essere martiri. E Perché io dovrei far sapere al mio portinaio che sono Massone? Quale beneficio io o l’ Istituzione ne potremmo trarre? Ed il mio portinaio?

L’intimità dei propri convincimenti e delle proprie emozioni è una delle tante conquiste, o situazioni, che sono riservate all’uomo libero. Al contrario, proprio all’uomo in prigionia sovente queste non sono concesse, e la prigionia può considerarsi tanto più dura quanto più gli vengono negate queste intimità.

Sovviene, a questo proposito, il famoso libro di Orwell “1984” in cui il Grande Fratello riesce ad eliminare ogni forma di riservatezza e di intimità. Ogni individuo, sempre, è obbligato al massimo della “trasparenza”. Nessun sentimento “privato” gli è

concesso.

Il rischio è insomma quello di vedere il nostro Stato Italiano trasformarsi da uno stato di diritto ad uno di Polizia ove non sia più possibile, chiudendo il cancello del giardino, sentire che siamo a casa nostra, e che possiamo, per legge, fare ciò che meglio crediamo!

Il nostro sacrosanto diritto a operare in pace, lontano dagli occhi indiscreti di chiunque, ma pure sottostando a tutte le norme giuridiche di un Paese di diritto, facendo conoscere alle autorità preposte luoghi e giorni di riunione con i nomi dei partecipanti, non contraddice affatto il concetto di trasparenza.

Diritto che, giova ricordarlo, negli ultimi anni la magistratura ha esercitato con una certa ampiezza!! E, a quanto mi risulta, con la massima disponibilità da parte della nostra Istituzione.

TRASPARENZA.

Brutto termine, che ricorda gli ultimi tempi dell ‘Unione Sovietica, quando la gente chiedeva a gran voce di sapere cosa si facesse nella stanza dei bottoni.

In Italia nei riguardi della Massoneria (Perché ancora credo che il tema vada letto in questo senso) non esiste questo gran vociare della massa, quanto piuttosto un ben orchestrato movimento, guidato dai Partiti politici di sinistra con…. l’appoggio della Santa Romana Chiesa, attraverso i mass media. Longa manus di tutto questo è la Magistratura: se non proprio tutta quanta, quasi!!.

Infatti, stabilita una certa incompatibilità tra la Chiesa (per decisione di questa!) e la Massoneria già dal tardo 1700, con il passare degli anni l’insofferenza verso la nostra Istituzione si allargò mano a mano che l’ideologia (versione atea della fede cristiana) si affermava nei vari Paesi. Così sia i regimi totalitari ed illiberali (italiani tedeschi, spagnoli o cileni) che i regimi marxisti (russi cinesi ecc.) ci bandirono: E non basta: anche i vari stati islamici hanno seguito la stessa strada!!.

Un solo breve accenno al fatto che sono molte le associazioni come la nostra, ma non si sa, nonostante i vari scandali, che i giudici facciano indagini sui nomi e sugli iscritti del partito Socialista o della DC.

E neppure sugli aderenti all’ANA o sugli ex marinai!

E neppure si è mai letto che qualcuno auspichi che ciò venga fatto!

Quindi, riassumendo: nessuna opposizione alla trasparenza, ma pretesa che venga rispettata la nostra privacy. Rifiuto dell’assioma che se si sta riservati sia per compiere cose poco lecite. Se tra noi qualcuno sbaglia, e ciò purtroppo è senz’altro possibile, lo fa individualmente. Noi per primi dobbiamo essere intransigenti ed agire conformemente alle nostre regole, che certo non tollerano gli atteggiamenti contra-legem. Solo ci chiedono, quando un Fratello sbaglia, di coprirlo con il mantello della tolleranza. Ma tolleranza verso chi è in buona fede, chiaramente! La nostra Istituzione ha tutto l’interesse a che chi si pone volutamente fuori legge venga colpito.

Non è giusto che gli errori dei pochi siano sufficienti a cancellare un diritto dei più. Ed è molto grave che, grazie alla inefficienza dello Stato, siccome qualcuno ha abusato del diritto alla riservatezza ora si proponga di sopprimere il diritto di associarsi in Massoneria.

Quale può essere allora il giusto confine tra trasparenza e riservatezza?

Una risposta semplice in base a quanto finora detto potrebbe essere: ”riservatezza per tutto quanto attiene al privato e trasparenza per tutto quanto attiene al pubblico”.

Insomma, il Dio che voglio pregare, ed il modo del come farlo non può né deve essere soggetto a “trasparenze” di sorta, verso chicchessia e per nessun motivo.

Viceversa, ogni qualvolta decido di fare un qualche cosa di pubblico, allora esiste un giusto interesse della collettività a voler sapere chi sono e quali intendimenti ho: tipico esempio di questa seconda situazione è rappresentata dalla candidatura alle elezioni politiche o amministrative.

Tentando di riassumere al massimo, schematizzando:

LIBERTÀ la vogliamo, poiché ci spetta;

TRASPARENZA auspichiamo una legge che chiarisca in modo netto quali debbano essere le regole da seguire impegnandoci ad attenerci con scrupolo;

RISERVATEZZA ci spetta e la pretendiamo.

LAVORI RIEPILOGATIVI DELLA COMMISSIONE FORMATA DAI FRATELLI:

MAESTRO A. Bgg

MAESTRO G. Bltt

COMPAGNO E. Dmt

APPRENDISTA R. My,

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3 INIZIAZIONE, ETICA, COMPORTAMENTO

                            3   INIZIAZIONE, ETICA, COMPORTAMENTO

Venerabile Maestro, cari Fratelli,

richiamandomi agli insegnamenti del fratello Maestro René Guénon, credo che per parlare di Iniziazione sia utile prendere atto della differenza fra il Sacro ed il profano che ad Essa ritengo siano strettamente connesse.

In ogni Tradizione integrale che si rispetti, vi è ogni cosa nella sua completezza, sia concepita che degna di manifestarsi; non manca cioè nulla, sia nella forma, che nella sostanza. Ne deriva che per ogni manifestazione, e per gli elementi che la compongono, la Tradizione è fonte di vitale importanza. Cosa succede però al di fuori, nell’ambito cioè della profanità? In un certo modo, per potersi barcamenare nel giusto mezzo, in un clima occidentale più che mai antitradizionale, si è costretti, nel contesto della Tradizione medesima, a fare delle concessioni, sconfinando così da un sistema regolare e legittimo.

La Tradizione, quindi, come un Tempio, contiene si se elementi il cui carattere può essere solo Sacro e legittimato dal Divino, elementi che a loro volta ne assicurano il regolare funzionamento; pertanto tutto ciò che è al di fuori di Essa, con pretese di spiritualità illegittime, riveste carattere esclusivamente profano. Infatti, con questo termine, si vuol definire ed esclusivizzare tutto ciò che è fuori dalla Tradizione e, quindi, dal Tempio, quindi non fa parte di Esso né tantomeno ne assicura il funzionamento.

Inoltre, un fattore non trascurabile della Tradizione è sicuramente tutto ciò che comporta lo sviluppo e l’applicazione dell’intelletto e dello Spirito, cosa che nella profanità non è solo trascurata, ma sempre più esclusa, non più governata dal pensiero e dalla riflessione, a vantaggio di tutto ciò che comporta l’azione e la manipolazione della materia in tutti i suoi stati, fino alla solidificazione più completa. Qual è, dunque, il pericolo della situazione profana? Indubbiamente, facendo concessioni alla profanità, essa prende non solo il sopravvento sulla Tradizione, ma tende a sostituirvisi completamente, facendo spazio a quanto è più corrotto. Se il Tempio della Tradizione si apre all’esterno, verso la profanità, comincia a verificarsi, per gli elementi che la compongono, una sorta di degenerazione graduale e progressiva in senso discendente, fino al più completo e totale dissolvimento che ha il suo culmine nel caos.

Pervenendo a questo stato di decadenza, entra in causa l’iniziazione, di cui un tempo, quando gli elementi costitutivi della Tradizione, cioè la specie umana, erano strettamente a contatto con Dio, loro Origine, non se ne sentiva la necessità.

Ecco dunque perché oggi se ne parla, intendendola come strumento per ricevere la trasmissione di possibilità di ricerca di un qualcosa avente carattere di valore fondamentale che è andato perso e quindi come una sorta di legittimazione che, mediante la morte a un determinato stato di cose e conseguente rinascita, in vista di una ulteriore elevazione, soprattutto spirituale, avente anche riflessi morali o fisici, sancisce il collegamento ad una regola tradizionale. Ed è per queste motivazioni di decadenza della specie che vengono poste le premesse richieste agli iniziandi: particolari qualificazioni intellettuali nonché determinazione e convincimento nell’intraprendere la via che è stata indicata.

Nel Vangelo di San Giovanni, la vicenda del colloquio notturno di Nicodemo con Gesù richiama in maniera più che attendibile l’iniziazione e viene evidenziata quando Gesù risponde a Nicodemo: “In verità, in verità ti dico, nessuno seppure non nasce di nuovo, può vedere il Regno di Dio”. E Nicodemo a Lui: “E come può uno nascere, essendo vecchio? Può forse entrare da capo nel seno di sua madre e così rinascere?” E Gesù gli rispose: “In verità, in verità ti dico, nessuno se non nasce per acqua e Spirito può entrare nel Regno di Dio. Ciò che è generato dalla carne è carne, e ciò che è generato dallo Spirito è Spirito”. È interessante rilevare, inoltre, che sia l’acqua che lo Spirito, forse inteso come Soffio, cioè come Etere, sono, il primo, uno dei quattro elementi che regolano le esistenze, il secondo, quello che li contiene tutti. Quando poi Gesù dice: “E nessuno ascese in cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo”. È possibile che in quanto a Figlio dell’uomo si riferisca alla parte più alta dell’umana personalità, cioè quella spirituale, ascesa a tale condizione in seguito alla nascita dalla sua parte più vile, ed assurta allo spirituale per mezzo dell’elaborazione e dell’elevazione di se stessa. Ora, tutti questi passaggi come sarebbero potuti avvenire se non vi fosse stata un’Iniziazione. ossia una morte ad un certo stato di esistenza ed una successiva rinascita ad uno stato superiore?

L’iniziazione riveste carattere di virtualità nella forma, ed effettiva nella sostanza. Nel primo caso si può dire che all’iniziato vengono conferite formalmente delle influenze, o meglio dei germi di esse; nel secondo è invece l’iniziato che, con appropriato lavoro di approfondimento delle concezioni contenute in dette influenze, procede successivamente ad un loro ampliamento, dopo averle assimilate e le trasmette, a sua volta, quando a ciò ne sia abilitato, continuando così quella catena nel tempo, atta a tramandare fedelmente a coloro che ne sono degni, insegnamenti e segreti di cui solo l’iniziato può essere fedele tramite e depositario.

Quali prerogative ha un iniziato rispetto ad un profano? Indubbiamente tutte quelle che vengono trasmesse da una regolare Iniziazione, concessa in seguito alla verifica delle qualificazioni non solo intellettuali dell’iniziando. Succede anche che vi siano profani molto più degni di essere iniziati rispetto a coloro che già lo sono, ma evidente mente preferiscono molto di più mantenersi in una condizione di ristagno virtuale, se non peggiore, anziché addentrarsi, come dovrebbero, verso ulteriori elevazioni qualitative della propria personalità, concretizzando l’aforisma massonico V.l.T.R.I.O.L., che contiene il significato fondamentale o essenziale del lavoro del libero muratore, cioè quello sulla materia che noi siamo, al fine di trovare i tesori nascosti in essa.

Quale sarà allora il prezzo da pagare per questi tesori, per questo pane così prezioso? È scritto nella Genesi; il Signore Iddio dice ad Adamo: “Perché hai ascoltato la voce di tua moglie e mangiato dall’albero che io ti avevo proibito di mangiare: maledetto il terreno per cagion tua; con travaglio ne trarrai il vitto in tutti i giorni della tua vita. Triboli e spine ti produrrà; tu ti nutrirai delle erbe campestri, e con sudore del tuo volto mangerai il pane, finché tu tomi alla terra, dalla quale fosti tratto; poiché polvere sei tu e in polvere ritornerai”.

Ora, noi siamo fatti di terra, ovvero di materia, ed ogni volta che diventiamo esecutori di un operato, sia corporeo, che intellettuale, compiamo un lavoro, sia esteriore che interiore, in quanto esso si riflette, o meglio i suoi effetti si riflettono, su di noi eliminando, sotto forma di acqua e di sale, tutte quelle scorie che sarebbero di impedimento alla sua realizzazione.

Come già rilevato, l’acqua è uno dei quattro elementi che in questo veicola verso l’esterno di noi stessi quel sale che, secondo il concetto espresso da René Guénon, in quanto trasmettitore abilitato dalla regola tradizionale per eccellenza, è “il prodotto della cristallizzazione risultante dall’azione interiore dello zolfo e dalla reazione esteriore del mercurio; ed in una applicazione meno ristretta corrisponde all’individualità intera”. Esso è dunque uno di quei tre elementi di cui detto, già incontrati durante il primo viaggio nel gabinetto di riflessione nella fase pre iniziatica, ed è indicativo rilevare che lo si incontra anche nel Battesimo cristiano, che a parità di significato dovrebbe costituire, per i suoi aderenti, una sorta di Iniziazione rivolta però a dei piccoli misteri, così come a sua colta la Cresima, rivolta però ai grandi misteri.

Trovo perciò alquanto immorale e contrario allo spirito etico parlare di autolesionismo intellettuale, in un contesto per di più iniziatico, poiché ciò rappresenta un motivo valido per venir meno all’impegno solenne contratto all’atto dell’investitura iniziatica, che a tale fine è rivolta. Il quinto Titolo generale degli Antichi Doveri trovo, del resto, che si esprima abbastanza chiaramente a tale riguardo quando dice: “Gli uomini dell’Arte devono evitare ogni cattivo linguaggio e non chiamarsi fra loro con alcun nome spregevole, ma Fratello o Compagno; ed essere cortesi fra loro, sia dentro, che fuori dalla Loggia”. L’lniziazione, l’etica ed il comportamento sono, secondo me, strettamente correlati fra loro poiché la Prima costituisce la condizione determinante dell’etica, la quale è considerata come rapporto fra l’uomo ed il Divino ed esprime formalmente la Sua Volontà, che viene attuata con il comportamento. Vien da chiedersi, allora, come sarà questo rapporto, se buono oppure no, ed in che cosa consista.

A questo si potrebbe rispondere che è precostituito da un insieme di norme la cui corretta osservanza con il comportamento permette la conformità alla volontà del Divino.

Ma come si potrà parlare di corretta osservanza delle norme quando si fa sempre più strada, a ritrno incalzante, un prospetto unicamente disfattista e demolitore di esse? Quando tutto ciò che si vede attualmente mira unicamente alla loro totale inosservanza?

In tale modo i rapporti tra l’uomo e il Divino non possono che essere funesti, a causa delle bassezze in cui l’umana specie, pur con tanto di legge divina, si è lasciata trascinare. Quali giustificazioni allora per essa di fronte al Divino, quando i mezzi sussistenziali per la sue elevazione al Sacro Cospetto non le mancavano?

Tutto si sarebbe potuto risolvere, ed ancora non è troppo tardi, con un po’ di buona volontà.

TAVOLA  SCOLPITA  DAL  FR .’. L. Orlnd,

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2 INIZIAZIONE, ETICA, COMPORTAMENTO

2  INIZIAZIONE, ETICA, COMPORTAMENTO

Nell’affrontare il tema proposto mi viene più semplice invertire l’ordine dei termini, cominciando cioè dal comportamento e poi, attraverso l’etica, arrivarE all’iniziazione. Questo perché, in tal modo, mi sembra di ripercorrere una strada nota, già fatta, quella che mi ha condotta alla Pedemontana.

Il comportamento, cioè l’agire quotidiano, è la prima molla attraverso la quale si determina in “individui qualificati” una sorta di insofferenza esistenziale verso il conformismo e la vacuità della vita ordinaria; dall’insofferenza si passa facilmente all’insoddisfazione e l’insoddisfazione porta alla ricerca di qualcosa di diverso su cui confrontare e valutare la propria esistenza.

Se questo è vero sorge però subito una questione e cioè che il comportamento di un “individuo qualificato” dovrebbe differire già in modo sensibile da quello degli altri individui. Il modo di condurre la propria esistenza, il modo di pensare, l’approccio con il mondo non possono essere gli stessi di coloro che fanno del conformismo e della vita ordinaria la loro sola ragion d’essere. Citando le scritture questo “individuo qualificato” è colui che non da scandalo in un modo in cui lo scandalo è necessario.

Se volessimo tentare di dare una risposta al quesito potremmo dire che il comportamento di un “individuo qualificato” è quello di essere guidato da una “MORALE” che può essere religiosa o laica, ma è comunque un insieme di regole che si adattano ai tempi, ai luoghi ed alla cultura di un determinato periodo storico.

Sono comportamenti ispirati dall’ esterno e che fanno presa sulla mente.

Parrebbe, a questo punto, che la strada per questo “individuo qualificato” potrebbe essere quella dell’exoterismo, della pratica religiosa soprattutto se possiede il dono della fede. Solo successivamente, e ribadisco solo successivamente, qualora le risposte religiose non siano più sufficienti, potrà incamminarsi sulla strada dell’iniziazione,

Già perché i comportamenti dell’iniziato dovrebbero far riferimento ad una “ETICA” universale che, in quanto tale, è immodificabile nel tempo e nello spazio.

Sono comportamenti ispirati dall’interno e che fanno presa sul cuore.

Cari Fratelli, provate a pensare, ad esempio, come diverso può essere, a seconda delle due impostazioni descritte, il rapporto con il denaro od il senso da dare alla vita ed alla morte.

Intuisco che il Fratello Lino sorride sotto i baffi a sentir parlare di etica e di morale in termini contrapposti e debbo dirvi, cari Fratelli, che. la sensazione che tutte queste

siano solo “parole” è viva anche in me, ma mi chiedo e vi chiedo quale altro “comportamento” sia necessario tenere quando sappiamo che il nostro “lavoro” è costituito essenzialmente da parole? Se avessi usato al posto di morale ed etica, ad esempio, punto di vista profano e punto di vista iniziatico sarebbe stato molto diverso?

Ma poi scopro che non sempre le parole sono opinabili e creano trabocchetti; basta ricordare una frase della BHAGHAVAD-GITA in cui il senso dell’iniziazione è racchiuso in pochissime righe:

“Colui che abbandona ogni attaccamento ai frutti dell’azione è sempre in pace, per cui non cerca rifugio in nessuna cosa”.

Provate ora ad applicare, o meglio, ipotizzate di poter applicare tale regola a tutte le cose che ci siamo detti e forse sarà più facile capire la differenza fra ciò che si è e ciò che si dovrebbe essere, fra contingente e universale, fra etica e morale, e si può forse tentare di concludere dicendo che, probabilmente, non è la strada che è difficile da percorrere; difficile è fare il primo passo.

TAVOLA  DEL  FR.’.  G. F. Cmmrcc,

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INIZIAZIONE, ETICA, COMPORTAMENTO

   INIZIAZIONE, ETICA, COMPORTAMENTO

Maestro Venerabile, Fratelli Carissimi,

queste brevi note rappresentano il mio contributo scritto al lavoro di commissione voluto dal Maestro Venerabile sul tema in epigrafe.

L’ordine con il quale ho scritto il titolo non è casuale in quanto così e stato enunciato dal Maestro Venerabile e, a mio parere, solamente in quest’ordine può essere affrontato dal nostro (massonico) punto di vista.

Prima di entrare nel merito trascrivo possibili definizioni profane dei sostantivi in esame:

INIZIAZIONE: atto o serie di atti e cerimonie con cui si ammette, o si è ammessi, alla partecipazione a culti misterici e a far parte di un gruppo da cui sono esclusi i non iniziati.

ETICA: nel linguaggio filosofico, ogni dottrina o riflessione speculativa intorno al comportamento pratico dell’uomo. In senso ampio, complesso di norme e di costumi che identificano un preciso comportamento nella vita di relazione, con riferimento a particolari situazioni storico-culturali (etica greca, etica cristiana, ecc.). Innumerevoli le cosiddette etiche professionali.

(non richiesto, ma utile alla miglior comprensione del lavoro)

MORALE: relativo ai costumi, cioè del vivere pratico, in quanto comporta una scelta consapevole tra azioni ugualmente possibili, ma alle quali compete o si attribuisce valore diverso o opposto (bene/male, giusto/ingiusto, bello/brutto, ecc.). Nell’uso comune di cosa che è conforme a una norma ritenuta universalmente valida o che non offende in un dato contesto storico e sociale.

COMPORTAMENTO: in generale, modo di comportarsi di una persona nei rapporti con l’ambiente e con le persone con cui è a contatto.

Noi consideriamo l’iniziazione il momento fondamentale o, perlomeno, uno dei momenti fondamentali della vita massonica (nascita alla …). Dato per scontato che siamo rinati a nuova vita, occorrono etica e comportamenti conseguenti. Allora, quale etica? Quella degli antichi doveri o dei (molti) Landmarks? Siamo in grado di definire in modo credibile l’etica massonica del nostro tempo? La mia opinione è la seguente.

La Massoneria, essendo aperta a tutti gli uomini del mondo, in tutti i tempi, non ha la pretesa di fondarsi su alcuna dottrina, né religiosa, né. filosofica, né politica; in essa non trovano posto dogmi o assiomi. Fa propri alcuni principi che orientano e regolano la propria vita e quella dei suoi componenti. Così è oggi come, sia pure in forme diverse, è stato nei tempi passati.

Il primo dei detti principi è il principio della TRASCENDENZA; la trascendenza rappresenta il fine supremo verso cui tende l’uomo (iniziato) nella realizzazione dei propri ideali. Essa orienta l’uomo nella ricerca del vero e genera il “quadro etico” entro cui può ricercare il giusto.

Il secondo di tali principi è I’AMORE verso i Fratelli e verso I ‘Umanità.

Il terzo principio è la TOLLERANZA, ovvero il rispetto per gli altri e le loro opinioni religiose o politiche che siano. È un abito mentale, una “forma mentis” che si accompagna a sentimento quale l’umiltà, senza che per questo vi siano cedimenti sul fronte delle proprie convinzioni, né abbandono della propria dignità.

Insieme suggeriscono disposizioni d’animo e comportamenti costantemente rivolti al bene, danno forma e contenuto al “quadro etico” e stabiliscono la misura dei diritti e dei doveri verso se stessi e verso gli altri. Ancora, insieme alla VOLONTÀ ed al DESIDERIO, costituiscono le condizioni dell’essere Massone.

In particolare:

  • la Volontà è la facoltà che consente, in piena autonomia, di attuare i principi etici enunciati e di proseguire gli ideali e gli scopi della Massoneria;
  • il Desiderio è una energia potenziale che può alimentare il motore della Volontà.

Dopo aver parlato (brevemente) di finalità e principi (etica), vale a questo punto una constatazione: allorché gli ideali accennati vengono definiti qualità dell’essere Massoni, implicitamente si riconosce che la loro acquisizione prima, e il loro rispetto poi, costituiscono la falsariga del comportamento che dobbiamo mantenere.

Ciò significa che un Massone deve essere virtuoso, equilibrato e libero.

Mi chiedo che cosa accadrebbe se alla virtù si sostituisse il vizio; se all’amore si sostituisse un agire insensato. E, infine potremmo sentirci soddisfatti se, dopo tanto parlare di giustizia e di libertà, le nostre azioni fossero scorrette e arbitrarie, se soggiacessimo ai pregiudizi o adeguassimo i nostri comportamenti all’arbitrio?

Voglio dire: quale Massoneria avremmo, e quale Massone, se i principi e gli ideali fossero accantonati o trascurati, o “soltanto enunciati”, ma non praticati, ed in loro vece fossero adottati principi ed ideali diversi o addirittura opposti?

Quest’ultima affermazione, in particolare per quel “soltanto enunciati” riferito ai principi ed agli ideali, suggerisce la seguente considerazione: conoscere tutto sui principi della Massoneria è un fatto di per se apprezzabile e meritorio, ma occorre saperli mettere in pratica. La differenza non è di poco conto, è la differenza che c’è tra il dire e il fare, tra il disquisire e il praticare, tra il conoscere un meccanismo ed il farlo funzionare a dovere, tra il proporsi di agire ed agire effettivamente.

E interessante a tal proposito leggere il seguente apprezzamento di Seneca (cfr. De vita beata):

Seneca diceva al suo interlocutore e fratello Gallione: “qualcuno che abbaia contro la filosofia -forse tu stesso Gallione, fratello mio – dirà come al solito: tu dici che la virtù sia sufficiente a rendere felice la vita. Allora perché non vivi coraggiosamente come insegni? Perché abbassi la voce difronte al più potente e tieni tanto al denaro e ti incupisci per una perdita? Perché non magi secondo le regole che predichi? Perché hai mobili tanto eleganti? Perché alla tua tavola si beve un vino più vecchio di te e la tua casa è così lussuosa? Perché in casa tua è arte imbandire la mensa e l’argenteria non è disposta a caso, ma è usata per servire con grande cura, sotto la guida di un cerimoniere preposto a dividere le vivande? Perché, Seneca, tu parli in un modo e ti comporti in un altro?

Questo rimprovero, Gallione, fu già rivolto a Platone, a Epicuro, a Zenone perché tutti costoro proponevano a modello non come essi vivevano, ma come avrebbero dovuto vivere.

Parlo della virtù, non di me, e quando mi scaglio contro i vizi comincio dai miei, appena mi sarà possibile vivrò come dovrei.

Io non sono un saggio, Gallione, e, per compiacere la tua malevolenza, aggiungo: non lo sarò mai.

Non chiedermi, dunque, di essere a livello dei migliori, ma soltanto di essere migliore dei malvagi. A me basta togliere ogni giorno qualcuno dei miei difetti ed emendarmi dei miei errori’.

Con il triplice fraterno abbraccio.

TAVOLA  DEL  FR.’. S. Pnt

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ANNOTAZIONI SUL RITUALE

ANNOTAZIONI SUL RITUALE

Maestro Venerabile, Fratelli carissimi,

come già più volte ribadito nella nostra Loggia in precedenti occasioni, l’azione umana può propriamente essere definita rituale nella misura in cui si adegua ad un “ordine” di tipo universale o, in altre parole, ad una conformità con le leggi che regolano il cosmo.

In virtù delle affinità analogiche fra l’atto ed il principio che tale atto esprime, colui che agisce ritualmente entra in sintonia con quest’ultimo e partecipa pertanto della sua natura grazie alla misteriosa assonanza fra i simili che “La Tavola Smeraldina” di Ermete Trismegisto enuncia con l’espressione “ciò che è in alto è come ciò che è in basso”.

L’azione rituale, in qualche modo spersonalizzata o comunque svincolata dall’arbitrio (almeno apparente) dell’io, diventò così una specie di prolungamento dei principi universali che, per questa via, operano nel cosmo secondo due modalità, una delle quali oggettiva, ovvero direttamente sulla realtà che ci circonda, e l’altra soggettiva, nel corpo e nell’anima di chi compie il rito.

Bisogna tuttavia fare una necessaria distinzione fra rito, rituale e cerimonia. Il rito, come detto in precedenza, è un atto simbolico strettamente connesso con i principi universali e pertanto più idoneo ad “attivarli” sul piano del cosmo; il rituale ha invece un carattere più subordinato in quanto, sebbene all’apparenza più complesso, esso in realtà, a causa di una parziale “razionalizzazione” o ftlmanizzazione” a fini didascalici, tende a “rivelare” quanto espresso nel rito secondo il doppio senso che ha questa parola, quello cioè di spiegare esteriormente e, nel contempo, di nascondere. Per portare qualche esempio tratto dalla Massoneria, potremmo dire che, all’Apertura dei Lavori, i momenti propriamente di “rito” sono l’apertura del Compasso sulla Squadra, l’accensione delle tre Luci, i tre colpi di Maglietto, la tracciatura del Quadro di Loggia, mentre tutto il resto rappresenta una estensione di tipo connettivo-didascalico di quanto sinteticamente già contenuto negli atti essenziali; l’associazione di tutto questo forma il “Rituale”

Questo sviluppo del rito ovviamente, pur essendo tutt’altro che inutile, è comunque meno importante e certamente meno “fisso” (da cui le innumerevoli varianti nei rituali massonici esistenti) del rito in se stesso e la sua eventuale assenza non implicherebbe minimamente la perdita di efficacia di questo dal punto di vista della discesa delle influenze spirituali; può avvenire invece che l’eccessivo sviluppo di questi aspetti secondari, in concomitanza con una scarsa comprensione di quel che si sta facendo, possa in qualche modo “soffocare” l’essenziale e condurre il rituale ad essere una semplice cerimonia, la quale, a causa della scomparsa del rito, non sarà altro che una manifestazione “commemorativa” di portata soltanto psicologica e non più effettivamente spirituale.

C’è da chiedersi cosa siano in realtà certi “rituali” dell’attuale Massoneria come l’insediamento delle Cariche, il Rito funebre, il Riconoscimento coniugale ed latri dello stesso genere, Rituali o Cerimonie? Il mio pensiero è che questi, essendo comunque un prolungamento, anche se secondario, della ritualità massonica, mantengano un carattere rituale in quanto vivificati dai “riti primari” che continuano ad essere regolarmente compiuti, anche se con gradi diversi di consapevolezza da parte dei Fratelli. Sarei alquanto più incerto per quanto riguarda rituali tipo quello delle Stelle d’Oriente sebbene, trattandosi anche in questo caso di emanazione massonica, un rifiuto “tout court” sarebbe superficiale in assenza di ulteriore approfondimento che non tenterò di fare qui.

Si può pensare che rituali come quelli appena menzionati siano nati in conseguenza del distacco fra Massoneria e Chiesa e rappresentino una sorta di “sostituzioni” degli analoghi sacramenti non più formalmente accessibili, anche se a carattere improprio in quanto non è compito di una organizzazione iniziatica quello di occuparsi di aspetti dell’esistenza abitualmente di competenza exoterica, tuttavia …

Per tornare in argomento si può in sintesi dire che il rito è essenzialmente costituito da puri simboli, mentre, con il rituale, si assiste ad uno sviluppo (talvolta anche opinabile in certe versioni) di contenuti razionali-morali presenti in modo secondario nei simboli stessi, ma non sempre e non a tutti così evidenti. L’aggiunta di tale “commento”, essendo più direttamente rivolta al composto individuale, può predispone quest’ultimo ad una migliore ricettività nei confronti delle influenze spirituali catalizzate dai simboli veri e propri.

A proposito dell’azione di queste ultime è opportuno dire qualche parola circa il carattere apparentemente costrittivo dell’azione rituale. In realtà tale costrizione è percepita dagli elementi individuali disarmonici i quali, nella misura in cui sono cristallizzati, resistono all’ azione armonizzatrice del rito avvertendolo come oppressivo.

Tutto questo ha delle analogie con l’influenza astrologica del pianeta Saturno che, abitualmente, è considerato come negativo o malefico perché induce a guardare il reale così com’è e conseguentemente a prendere coscienza di se stessi; per tale ragione, contrastando gli “edonismi” individuali, esso, nel corso dei suoi transiti, porta a crisi anche assai profonde. Tali crisi però, in analogia con l’opera al nero degli alchimisti (da noi la sgrossatura della pietra grezza), sono necessarie per rafforzare, mediante purificazione, le capacità di accostarsi a realtà di ordine superiore. Il rito, pertanto, pur non essendo “libero”, è “liberatorio”.

Passiamo ora ad un altro aspetto. Nel rituale di iniziazione al primo grado, il candidato è indotto a percorrere le fasi del suo futuro sviluppo spirituale secondo l’ordine delle leggi che regolano il cosmo ed esistono in .effetti precise analogie fra le varie parti del rituale di iniziazione ed i dodici segni dello zodiaco. Il candidato, durante tale ciclo, può ricevere impressioni abbastanza confuse a livello mentale ed emotivo, ma, su piani più profondi, le realtà essenziali proiettate all’interno della sua coscienza, grazie all’azione delle influenze spirituali durante il rito, gli permetteranno, quando la sua iniziazione passerà da virtuale ad effettiva, di “riconoscere” i diversi stadi di consapevolezza che starà attraversando e di assimilarli alla propria coscienza senza timori né incertezze. In questo senso si può considerare il rituale come una sorta di “anticipazione” esteriorizzata del percorso da compiere, il quale però diverrà significativo solo quando l’esperienza reale ed interiorizzata di tale percorso sarà in atto; è evidente che, fino a quando l’iniziazione permane solamente virtuale, tale “risveglio” di coscienza deve considerarsi come “differito”.

Vorrei ancora fare qualche considerazione circa lo stato dei nostri rituali dovuto alle numerose manipolazioni, non sempre felici né opportune, avvenute nel corso del tempo. Su questo punto bisogna fare alcune distinzioni.

Come accennato in precedenza, alcune parti del rituale sono da considerarsi propriamente essenziali e non possono essere alterate, mentre altre sono secondarie e la loro eventuale alterazione può, in certi casi, indurre una “diminuzione” della efficacia simbolica del rito stesso, ma non la sua invalidazione.

Data per scontata la validità “attuale” dei rituali massonici, certamente dovuta ad una protezione particolare da parte del  .•.U.•. che ha provvidenzialmente impedito, fino ad ora, profanazioni irreparabili, si deve dedurre che nulla di quanto vi è in essi di essenziale sia stato alterato. Lo stesso non può però dirsi di altri aspetti, meno essenziali, ma comunque importanti dal punto di vista simbolico, che riguardano i rituali. È pertanto altamente auspicabile che il lavoro di ricerca delle alterazioni e l’eventuale ripristino delle forme corrette, sia portato avanti da tutti coloro che comprendono l’importanza del simbolismo. A questo riguardo può essere utile tenere in considerazione quanto segue.

Nell’ambito dei simboli in rapporto duale (quali Squadra e Compasso, le colonne J e B, il Sole e la Luna, ecc.) esistono correlazioni che possono definirsi orizzontali ed altre definibili verticali. Nel primo caso il complementarismo espresso riguarda lo stesso piano di esplicazione del simbolo e la eventuale inversione, ancorché scorretta, implica una riduzione della pregnanza simbolica, ma non necessariamente una sovversione; in altre parole, sempre a titolo di esempio, l’attuale attribuzione di Forza e Bellezza al Secondo e Primo Sorvegliante, prevista dai rituali del Grande Oriente, è certamente scorretta, ma, grazie alla parziale reciprocità delle simbologie orizzontali, l’incoerenza fra le due posizioni non è così radicale come lo sarebbe, per esempio, la sostituzione della Saggezza (che si situa su di un piano superiore) con una di queste.

Assai più gravi, in effetti, sono le inversioni dei rapporti verticali (del tipo Squadra e Compasso) poiché in questo caso ci si può trovare di fronte ad una vera e propria sovversione con conseguenza assai più serie dal punto di vista degli effetti indotti che diverrebbero, in tal modo, portatori di squilibrio anziché di armonia (nota è la pratica regolare di questo tipo di “inversioni” in magia nera); per usare una immagine costruttiva, il tetto non sarà mai intercambiabile con il pavimento, giacché il Cielo non lo è con la Terra, né il Compasso con la Squadra, ma scambi simmetrici fra desta e sinistra possono essere indicativi di un semplice scambio di visuale, sebbene anche questi debbano essere esaminati con attenzione e non operati superficialmente.

Spero che queste brevi annotazioni abbiano potuto dare un contributo, anche se piccolo, alla migliore comprensione di quanto importati siano, non solo la salvaguardia dei contenuti rituali e simbolici a noi affidati dalla Tradizione massonica, ma anche la loro corretta esecuzione e la frequente meditazione sugli stessi durante e fuori dai Lavori di Loggia.

Come si è detto, i riti, ben lungi dall’avere una funzione puramente “rappresentativa” finalizzata a percezioni mentali ed emotive, agiscono molto più in profondità e sono, pertanto, il mezzo indispensabile per rendere operativo il nostro lavoro ed attualizzare quelle trasmutazioni interiori che sono la premessa indispensabile affinché la “Luce Massonica” possa manifestarsi all’interno dei nostri cuori.

TAVOLA DEL FR.’. A. Orlnd,

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DALLA PERPENDICOLARE ALLA LIVELLA

DALLA PERPENDICOLARE ALLA LIVELLA

Maestro Venerabile, Fratelli carissimi,

questa sera lavoriamo “sotto il simbolo della livella”. Con questa espressione il Rituale ci insegna che, nel nostro cammino iniziatico verso la Verità, dobbiamo ‘aggiungere alla Forza dell’Intelletto la Bellezza dell’Immaginazione, perché possa suscitarsi in voi I’Intuizione che trascende il Raziocinio”

I lavori in questo Grado hanno infatti lo scopo di abituarci ad usare l’immaginazione e l’intuizione (cioè la Passività, simboleggiata dalla livella) e a non limitarci al raziocinio (cioè l’Attività, simboleggiata dalla Perpendicolare o Filo a Piombo), “per integrare fra loro queste due forze che determinano ogni manifestazione, trascenderle e raggiungere, attraverso la loro confluenza, un perfetto equilibrio”.

La ricerca della verità essenziale, la ricerca dell’ordine che c’è dietro la nostra esistenza, ha da sempre impegnato la mente dell’uomo, forse fin da quando si aggirava sperduto nelle savane, ed oggi non meno di allora. La nuova fisica si chiede: Da dove viene l’Universo? Che cosa è la realtà? Perché c’è qualcosa anziché niente? Perché l’Universo si dà la pena di esistere? (Stephen Hawking).

Nell’Universo c’è una verità che sfugge alla razionalità e solo con l’intuizione possiamo pensare di ricercarla, mediante il perfezionamento delle capacità che sono potenziali in ogni uomo.

Lo scopo delle millenarie scuole iniziatiche è appunto quello di insegnare all ‘uomo che, attraverso successivi stati di coscienza e di conoscenza, egli può avviarsi verso l’intuizione della verità, al di là della razionalità.

La Massoneria, l’unica scuola iniziatica occidentale modema, afferma, nel Rituale di iniziazione al Grado di Compagno, la “convinzione nella possibilità di avvicinarsi alla Verità, di percorrere la strada che ci avvicina al U mediante l’intuizione, al di fuori della ragione e dei sensi”.

Essa fornisce una metodologia operativa per raggiungere questo obiettivo: quella del simbolismo, inteso come mezzo evocativo e di stimolo e come strumento per il perfezionamento di idee e concetti posti a livello di pura intuizione e non esprimibili in altro modo. È infatti il simbolo a risvegliare l’intuizione attraverso cui l’esoterismo attinge l’essenza delle cose c dei fenomeni. Il simbolismo è perciò un mezzo di insegnamento e di addestramento all’introspezione e un supporto per l’intuizione della verità.

Il Rituale ci dice inoltre che “la mente deve indagare liberamente in ogni campo della conoscenza, evitando ogni dogmatismo limitatore”.

L’iniziato, in definitiva, deve essere un ricercatore di verità e l’esoterismo è la scienza per scoprire ciò che è nascosto dalla nostra soggettività. Questa scienza, come tutte le scienze, impone un grosso sforzo ma prima di tutto esige il rigore scientifico, una specie di annullamento del proprio sapere per non causare intralci al pensiero. Un ricercatore della verità deve essere un uomo veramente libero e non è certo facile diventarlo  completamente!

Passare dalla perpendicolare alla livella significa appunto acquisire la libertà di pensiero.

Libertà di pensiero vuol dire non essere condizionati dalla nostra cultura, dal nostro temperamento, dal conformismo e dai luoghi comuni. Essere liberi dalle illusioni, dai preconcetti, dalla superstizione, dalle soggezioni e dalle suggestioni. Essere affrancati da ogni paradigma culturale, religioso, filosofico o morale, e dai dogmatismi di ogni genere e anche da quello più diffuso: il dogma della ragione. Su questo dogma dobbiamo soffermarci.

Cominciamo con il rilevare che la ragione può essere deformata dalla nostra soggettività, in quanto ciò che oggi ci appare non razionale ci potrà sembrare razionale domani e viceversa.

Noi occidentali siamo abituati ad una visione compatta del reale, senza smagliature e rigorosamente razionale. Questo modo di vedere le cose, a ben riflettere, non è sempre rigorosamente razionale.

Un fenomeno non necessariamente è non razionale solo perché non si lascia dimostrare dalle nostre regole precedentemente stabilite, quando cioè questo fenomeno non era ancora stato immaginato. Esiste una realtà al di fuori della contingente razionalità. L’uomo non ha ancora scoperto certe realtà solo perché non le ha ancora pensate. Il non razionale non significa necessariamente non reale ma spesso è semplicemente non noto, come, per contro, ciò che è razionale non significa necessariamente che sia reale.

Prima di Galileo non era razionale pensare che la terra girasse mentre invece era razionale ritenere che fosse ferma, anche se in realtà girava da circa 4,5 miliardi di anni.

Prima di Hertz, che intuì l’esistenza delle onde radio e prima che Marconi scoprisse il modo di dirigerle, le comunicazioni intercontinentali erano inspiegabili con la ragione mentre ora la nostra razionalità accetta le comunicazioni interplanetarie.

Prima di Einstein i concetti di spazio e tempo erano considerati delle verità indiscutibili, delle realtà assolute, delle proprietà caratteristiche della natura. Ora invece sappiamo che sono solo dei concetti relativi, limitati ed illusori, delle semplici costruzioni dell’intelletto, delle realtà puramente superficiali. A queste conclusioni erano già giunte da alcuni millenni le filosofie orientali mentre, nel mondo occidentale il dogma, sostenuto dalla filosofia greca, che considerava la geometria euclidea la vera natura dello spazio, ha resistito per più di duemila anni. Fino a pochi anni fa il concetto di spazio-tempo quadridimensionale curvo appariva irrazionale.

Credere che la realtà sia solo ciò che è visibile, misurabile, rilevabile e comprensibile dall’uomo è quindi un errore.

Un esempio banale, ma eloquente: noi oggi apriamo normalmente le porte della nostra vettura senza neanche toccarle, servendoci solo di un telecomando. Nel secolo scorso ciò sarebbe stato irrazionale e qualche secolo prima addirittura considerato una stregoneria per la quale rischiare il rogo.

Don Ferrante, ne I Promessi Sposi, sostiene che il contagio della peste non può esistere, perché in natura ci sono solo due generi di cose: sostanza e accidente. Poiché il contagio non è né l’una né l’altra, ed egli lo dimostra con un procedimento razionale, il contagio non esiste. Don Ferrante, naturalmente, muore di peste.

I nostri schemi logici sono conseguenza della nostra cultura e non sono parametri assoluti per valutare il reale. Vi è una realtà che trascende la struttura del nostro intelletto.

La nostra realtà è figlia dei tempi, è un costrutto culturale, e non può mai essere quella assoluta perché la Realtà, posto che sia sempre uguale, invece sappiamo che l’Universo è in continua evoluzione, ci apparirà sempre diversa, in relazione alla nostra razionalità, alla nostra soggettività e alla capacità di immaginazione e di intuizione.

Passiamo ad un altro dogma: quello dei nostri sensi, ancora meno affidabili della ragione. Ognuno di noi si è certamente reso conto, almeno una volta, che quello che noi vediamo attraverso i nostri sensi non è obiettivamente reale.

Il Rituale di 2 0 Grado ci dice chiaramente che i sensi sono strumenti che uniscono il mondo esterno al nostro io più intimo ma le cose che appaiono ai nostri sensi sono soltanto il riflesso deformato della realtà”. E come dire: la realtà assoluta è ben diversa da quella che ci appare attraverso i nostri sensi.

Questo ci viene confermato nella vita di ogni giorno in molti modi. Ad esempio la così detta luce non è altro che un fascio di onde elettromagnetiche, aventi frequenze e lunghezze d’onda comprese in un determinato campo e i nostri occhi sono solo dei sensori idonei a captarle. Quelle con lunghezza d’onda minore o maggiore non le percepiamo. Quelle che siamo in grado di vedere, ossia quelle che chiamiamo luce, ci appaiono di colori diversi, solo in relazione alla loro lunghezza d’onda. Non è detto che ciò che a noi appare di un determinato colore, appaia dello stesso colore agli animali, perché potrebbero avere dei sensori differenti dai nostri.

La nostra facoltà di vedere dipende dalla retina che assorbe la luce dal mondo esterno e poi trasmette dei segnali al cervello. La retina non percepisce il colore, è cieca allo stimolo ed è sensibile solo alla sua quantità: … di fatto non c’è né luce né colore in sé: ci sono soltanto onde elettromagnetiche” (Heinz Foester).

Quello che si è detto per la vista vale anche per tutte le nostre percezioni sensoriali. Non ci sono né suoni né musiche ma soltanto delle variazioni istantanee della pressione dell’aria sui nostri timpani. Non c’è né caldo né freddo ma soltanto molecole in movimento con più o meno energia cinetica e così via.

L’uomo non è in grado di individuare ciò che lo circonda. La natura non gli ha fornito sensori idonei a percepire l’intero spettro delle onde elettromagnetiche, infatti non avverte la presenza dei raggi cosmici, dei raggi gamma, dei raggi X, degli ultravioletti, degli infrarossi, delle onde radar e delle onde radio, come pure la presenza degli ultrasuoni e di tutte le altre realtà immateriali. Tra le realtà materiali l’uomo non percepisce alcune di quelle allo stato gassoso. Ci sono infatti gas, definiti incolori e inodori, che i nostri sensi non segnalano, anche se taluni sono letali.

Fidarci dei nostri 5 sparuti e limitati sensi è come dire credo solo a ciò che vedo e significa rinunciare alla ricerca della realtà ultima. Per questa ricerca nessuno dei nostri sensi è necessario, anzi essi possono contrastarla.

Si legge nelle Uppanishad: “Essendosi concentrato su ciò che è di là dall’udito, di là dal tatto, di là dalla vista, di là dal gusto e dall’olfatto, che è indefettibile ed eterno, senza principio e senza fine, più grande dei grande, duraturo, l’uomo si salva dalle fauci della morte”.

Jean Guitton, eminente filosofo cristiano contemporaneo, afferma: “in fondo nulla di quello che possiamo percepire è veramente ‘reale’ nel senso abituale del termine. In certo qual modo siamo immersi al centro di una illusione, che dispiega intorno a noi una cortina di apparenza e di artifici che noi scambiamo per la realtà”.

Cercare di scoprire la verità fidandoci dei sensi e della ragione, ci troveremo “come colui che si accingesse a studiare il canto degli uccelli in una collezione di usignoli impagliati” (Paul Davies).

A questo punto viene spontaneo domandarci: non c’è proprio nulla su cui poter fare affidamento? Sulla scienza, ad esempio? Risposta: no, non c’è nulla di assolutamente certo. Neanche sulla scienza si può con sicurezza contare per poterci avvicinare alla conoscenza.

La scienza ha anch’essa dei dogmi, pur non assoluti e definitivi perché di volta in volta vengono rimossi e sostituiti da altri, per cui finisce di condizionare e limitare la nostra immaginazione.

Newton riconosceva di aver capito poco o nulla: “sono un bambino che si trastulla sulla sabbia a cercare un ciottolo più liscio o una conchiglia più graziosa mentre il grande oceano della verità mi sta davanti inesplorato”.

La fisica quantistica di oggi in realtà ha però fatto molti passi avanti rispetto a quella di Newton e ha dato all’uomo un’altra rappresentazione della realtà.

Essa ha spazzato via molte idee convenzionali riguardo Dio, l’uomo e la natura, ha rivoluzionato i concetti di spazio, tempo e materia. Nessun teologo, nessun credente poteva permettersi questa rivoluzione.

L’uomo di scienza ha dovuto abbandonare le certezze che gli derivavano dalla fisica newtoniana e la stessa sua razionalità si è dimostrata, in taluni casi, non più valida: ad esempio quando sono in gioco velocità prossime a quelle della luce. Egli, anche quando ritiene di fare a meno dell’ipotesi di Dio, è costretto ad ammettere che, come già lo stesso Newton aveva detto, “l’Universo non è solo più strano di come lo pensiamo ma anche più strano di come possiamo pensarlo”.

Paul Davies arriva ad affermare che oggi “la scienza ci offre una strada più sicura per la nostra ricerca di Dio che non la religione”.

Il fisico nucleare Fritjof Capra ritiene che “la fisica ci porta oggi ad una concezione del mondo che è sostanzialmente mistica”.

Di fatto la fisica quantistica abolisce la distinzione tra ciò che è materiale e ciò che non lo è, tra la materia e il suo aldilà. Essa ha infatti scoperto che il tessuto della materia, il suo substrato ultimo, è costituito da entità astratte, immateriali, da campi di forze interagenti e costantemente mutabili ma costantemente in equilibrio, secondo uno schema ignoto che sostiene continuamente l’intero cosmo e fa in modo che in questo cosmo prevalga l’ordine anziché il caos. In questa “danza cosmica di energia”, nella quale continuamente, in tempi infinitesimi e con ritmi pulsanti, si creano e si distruggono particelle, come non scorgere la similitudine con la danza di creazione e di morte del dio Siva che, secondo l’Induismo, sostiene l’universo? Due modi sorprendentemente analoghi per descrivere la realtà intuita.

Riprendiamo, concludendolo, il discorso sulla limitatezza della scienza. Ci sono infatti dei limiti fisici alla conoscenza. Ci sono frontiere che circondano la realtà e che è impossibile, nel modo più assoluto, varcare. Confini identificati poco a poco, spesso anche calcolati, come la “costante di Planck”, cioè l’elemento minimo indivisibile di energia esistente nel mondo fisico. Questi confini pongono degli interrogativi inquietanti: perché esistono e in questa forma così precisa e calcolabile? Chi e che cosa ha deciso la loro esistenza e il loro valore? Che cosa c’è al di là?

Nonostante la scienza e i suoi sviluppi è pur sempre un immenso oceano inesplorato quello che ci sta di fronte. Essendo una scienza umana, ha un campo d’azione limitato dalla nostra capacità umana di comprendere l’inesprimibile.

Questo oceano lo dobbiamo quindi affrontare rinunciando a tutti i nostri punti di riferimento e a tutte le nostre certezze. Solo scrollandoci di dosso l’egemonia della ragione e il condizionamento dei sensi, la nostra mente potrà percepire le intuizioni più profonde.

Fratelli, non è certo facile “passare dalla perpendicolare alla livella”. Per noi occidentali è molto difficile evitare che il nostro pensiero razionale impedisca all’intuizione di esprimersi liberamente. Anche se l’obiettivo è difficile da raggiungere, possiamo tuttavia cercare di avvicinarci il più possibile.

Prima però dobbiamo fare chiarezza nella nostra mente: la verità può nascere, anzi spesso nasce, dall’errore ma difficilmente nasce dalla confusione. Il primo obiettivo è quello di giungere ad avere una visione del mondo più lucida e più equilibrata di quella del profano.

Questa lucidità di pensiero è necessaria per poter acquisire la lucidità di coscienza. Talvolta può sembrare di avere delle intuizioni provenienti dal profondo della nostra coscienza, mentre in realtà sono solo dei falsi contatti, sono solo voci del sistema in cui viviamo.

L’iniziato, secondo le scuole iniziatiche tradizionali, per intuire la verità, deve giungere a trascendere la nozione di se come individuo, deve acquisire il senso della unità fondamentale dell’universo e diventare consapevole dell’unità e della interconnessione reciproca di tutte le cose.

Le fasi evolutive del pensiero dell’iniziato dovrebbero essere: concentrazione, meditazione, intuizione e contemplazione. Io però sono dell’opinione che il personale progresso nella via iniziatica non può essere programmato secondo metodologie fisse e uguali per tutti.

Probabilmente, comunque, al di fuori della “suprema, perfetta illuminazione”, che solo pochi grandi Illuminati hanno raggiunto, cioè senza l’acquisizione di una completa libertà di pensiero, non arriveremo mai ad una completa Conoscenza, intesa come obiettiva e totale consapevolezza di una Verità assoluta, eterna, uguale per tutti gli uomini di tutti i tempi, perché la nostra soggettività, la nostra cultura e il nostro linguaggio pongono dei limiti alla nostra percezione e ne derivano delle interpretazioni soggettive diverse.

La Verità non è “un essere stabile, forte, sempre identico attorno a cui gli uomini si muoverebbero nel loro affannarsi storico” (Gianni Vattimo).

Essendoci modi diversi di concepire la verità non esiste una verità assoluta uguale per tutti. Ci possono essere solo delle porzioni, delle tappe, infinite, diverse per ognuno di noi, che si raggiungono con l’impegno ma anche con la casualità e che spesso, non sempre, sono destinate ad essere, di volta in volta, abbandonate.

Naturalmente per costruire è necessario partire da personali opinioni, con la speranza di arrivare a intuire certezze, che però non devono mai essere considerate assolute e definitive. Occorre infatti diffidare delle soluzioni che placano il nostro desiderio di conoscenza e di verità. Non bisogna stancarsi di cercare anche quando si suppone di avere già trovato. Ritengo che occorra avere sempre il coraggio di verificare, di smontare il congegno, perché spesso ci si accorge che l’avevano costruito mediante la tirannia della logica. Questa verifica occorre effettuarla con la consapevolezza che le nostre conclusioni devono comunque essere sempre considerate provvisorie, perché quelle definitive sono nella mente del G:.A :.D:. U

L’iniziato è stato definito “un uomo che tra dubbi e tormenti cerca il perché della vita”.

Essere degli iniziati non significa aver raggiunto un traguardo, ma semplicemente aver iniziato un processo, in una situazione interiore che deve continuare.

Il non avere certezze assolute e sentire l’esigenza interiore di continuare a cercare la verità seguendo le intuizioni più profonde, è probabilmente l’unico vero dono che l’iniziato ha dalla vita. Saper cogliere questo dono, riuscire a mettersi in sintonia con l’Universo e scoprirlo dentro di se è, probabilmente, l’unico sostanziale patrimonio spirituale di un vero iniziato.

La mancanza di certezze assolute e il travaglio che ne deriva è ciò che ci rende liberi e ci consente di percepire le intuizioni, al di fuori del razionale. Lo stimolo del dubbio ci rende più disponibili all’approfondimento e al confronto. La mancanza di appagamento è la molla che ci spinge ad approfondire la ricerca e che ci stimola a continuare a salire la montagna.

Non è da escludere che qualcuno possa giungere alla Verità per altra via: come Francesco d’Assisi, che arrivò alla luce attraverso il dono improvviso della grazia o come Gotama Buddha che, dopo sette anni di meditazione nelle foreste, in una notte improvvisamente ottiene i} risveglio ossia “la suprema, perfetta illuminazione”.

Molti uomini dicono di avere la certezza assoluta di possedere la verità. Spesso la certezza assoluta è una inconscia definizione di comodo perché la convinzione di conoscere la verità assoluta è molto gratificante, per cui non si vuole mettere in dubbio questa presunta certezza, per non correre il rischio di perderne la gratificazione!

Chi professa un credo religioso, cioè chi è convinto che possa esistere una verità assoluta, spesso si adagia su un “sistema” di verità elaborato da altri, preconfezionato, già pronto per l’uso, dove ogni domanda ha già la sua risposta e dove i dogmi della verità rivelata evitano i travagli interiori e non lasciano spazi a dubbi e a ripensamenti.

Giordano Bruno ha detto: “o si pensa o si crede”.

L’iniziato, cioè colui che non si accontenta della verità degli altri ma la vuole cercare con il suo personale sforzo, cioè colui che ha più bisogno di sapere che di credere, è più indifeso, più scoperto, perché rifiuta la comoda copertura protettiva della certezza assoluta.

All’iniziato, per potersi avviare a percepire, a scorgere un frammento di verità, è richiesto impegno, fatica, costanza e resistenza. All’iniziato la semplificazione del dogma, cioè la verità appresa in modo indiretto, riferita da terzi e non derivante da processi introspettivi e dalla silenziosa elaborazione delle intuizioni più profonde, non dà appagamento. L’iniziato rifiuta questa facile scorciatoia e preferisce salire con i propri mezzi, il tortuoso e accidentato sentiero di montagna.

Il dogma religioso è, per sua definizione, fondato su una verità immutabile che non può cambiare e adeguarsi al mutare delle idee e dei convincimenti, anche quando contrasta con la realtà dei fatti.

L’iniziato è in netto dissenso da coloro che negano la libertà di coscienza e pretendono di obbligare l’uomo a credere in una verità, della quale asseriscono di detenere il monopolio in quanto appartenenti all’unico gruppo provvisto di vera conoscenza e il solo ad essere in grado di comunicare con l’Onnipotente. L’iniziato è sempre stato scettico verso le “verità assolute” dichiarate negli ultimi 5000 anni, dai tempi di Astarte ad oggi, da questi depositari del Verbo.

L’atteggiamento fideistico, cioè l’atteggiamento di chi dice: “io so e coloro che non la pensano come me sbagliano” non è del massone. Si diventa fideistici quando non si vuole più cercare: è una via di fuga! È più semplice affidarsi ad altri che ricercare in proprio. L’iniziato non chiede di essere salvato ma cerca la forza per conquistare la sua libertà.

Il nostro è un compito più gravoso ma anche più affascinante.

Ricordiamoci le parole di Giovanni: “cercate la Verità, essa vi rende liberi” e quelle di Platone: “la libertà sta nell’essere padrone della propria vita, nel non dipendere da nessuno, in ogni occasione”.

Neppure i grandi Maestri delle scuole iniziatiche tradizionali sono in grado di comunicare delle verità ai loro seguaci. I grandi Iniziati hanno solo lasciato dei “segni” sulla via, affinché chi vuole tentarla li trovi e sappia servirsene.

Uno di questi “segni” è la simbologia. Le verità percepite, cioè le personali e parziali intuizioni di essa, sono talvolta espresse attraverso approssimazioni simboliche, che diventano un supporto alla intuizione della verità. Il significato dei simboli non è infatti univoco essendo adattabile, di volta in volta, a persone di capacità e sensibilità interiori diverse. I simboli non possono che riflettere delle percezioni soggettive ma tuttavia sono un valido mezzo per risvegliare le intuizioni e farle emergere dal profondo della coscienza.

Il concetto dell”‘lpse dixit” di Aristotele e specifico delle religioni abramiche, non è mai stato adottato dalle scuole iniziatiche tradizionali. Esse hanno sempre seguito il metodo di Platone, cioè quello della ricerca, della verifica e del confronto.

Quando si riesce ad afferrare uno scorcio di verità essa diventa parte della nostra mente e questa consapevolezza non è assolutamente comunicabile. Il segreto massonico è questo: non può essere rivelato ma soltanto percepito nel proprio intimo, perché l’ineffabile è inesprimibile con parole e tanto meno con concetti razionali.

Lao Tzu, circa 2500 anni fa, ha detto: “colui che sa non parla e colui che parla non

sa”.

Dunque ogni uomo ha la responsabilità di scoprire la sua verità. Per quanto mi concerne io rivendico la mia incapacità di raggiungere e di comprendere la mia verità: la potrò intuire, la potrò parzialmente percepire, la potrò scorgere ma non la potrò certo conseguire, capire e possedere. Dal deserto in cui mi trovo non raggiungerò mai la terra promessa: spero solo di poterne vedere almeno i bagliori nella notte.

Avviandomi alla conclusione, mi preme ricordare, ai Fratelli Compagni e a me stesso, quello che ci ha detto il Rituale di iniziazione al 1 0 Grado: i viaggi simbolici e le difficoltà del cammino. La via iniziatica è una via di liberazione, lunga, difficile e senza pietre miliari. L’importante è non desistere, non rinunciare, continuare il cammino anche quando ci si sente soli e stanchi.

Per un iniziato è normale sentirsi solo: il nostro è un percorso di solitudine, una via da percorrere da soli, con le proprie forze, svincolati da ogni autorità spirituale. Quando ci sentiamo soli spesso siamo sul sentiero giusto: con la solitudine la nostra mente si placa e può diventare ricettiva alla verità e riflettere il trascendente.

Nei momenti di stanchezza e di sconforto, l’unico riferimento che abbiamo e che ci consente di proseguire è l’idea di essere in viaggio, in quel viaggio che ciascuno di noi ha intrapreso con l’iniziazione.

L’iniziato affronta da solo i momenti di scoraggiamento perché preferisce l’avventura e i rischi di una ricerca solitaria vissuta in un rapporto diretto con il trascendente e rifiuta il comodo sostegno offertogli dai dogmi.

Talvolta è sufficiente un momento di pausa, di riflessione, per ritrovare le forze che consentono di superare dei conflitti di coscienza, spesso solo dovuti al contrasto tra il nostro io che sta diventando libero e gli archetipi culturali che abbiamo ereditato.

Nel percorso iniziatico ci troviamo a dover affrontare, senza punti di riferimento, un oceano di relatività talvolta così burrascoso da farci perdere d’animo, perché ci pare di andare alla deriva. Forse siamo invece vicini alla condizione buddhista del “grande vuoto”: al di sopra senza una tegola per coprire il capo, al di sotto senza un palmo di terra per il piede.

Il Massone, cioè l’iniziato occidentale, che vive in un ambiente culturale in cui prevalgono i principi assoluti, ai quali la società profana si aggrappa  per ragioni di sicurezza spirituale e psicologica, ha maggior difficoltà ad affrontare il “grande vuoto” rispetto agli iniziati delle scuole orientali, i quali non solo non ne provano sgomento ma ne traggono motivo di serenità interiore.

La ricerca della verità è comunque un cammino obiettivamente difficile. William Maugham l’ha definita: “è come camminare sul filo del rasoio”. Richiede costanza, rigore e determinazione, evitando fideistiche illusioni ma anche preconcetti scetticismi.

L’avvertire crisi di mediocrità potrebbe essere un indice che si è sulla buona strada: “il vero iniziato è colui che non sa di sapere”.

Nel nostro cammino siamo spesso distolti e travolti dal ritmo forsennato ed assurdo di questa era consumistica, di questa cosiddetta civiltà del benessere. La velocità divora il nostro tempo e ci impedisce di riflettere. A volte il rumore ci assorda anche lo spirito !

Di qui la necessità di riunirci ritualmente in Tempio, vera camera di decompressione dello spirito, dove, mediante l’aiuto dei Fratelli a livello sottile, si ha modo di entrare in sintonia con il trascendente.

Stiamo però attenti a non cadere in errore: chi vive nella quiete di un monastero, in Europa o in Tibet, ha forse più facilità a percepire il senso del sacro che proviene dall’Infinito ma a noi è chiesto di scoprirlo e di essere ricettivi ai Suoi messaggi, di intuirli e di tradurli operando ogni giorno nella vita sociale.

La via iniziatica massonica è una via di azione, non di contemplazione. Quando l’ego si dissolve in Dio è quasi sempre a scapito della fratellanza e comunque ciò non appartiene ai principi della nostra scuola iniziatica.

Come potremo realizzare il Trinomio? La nostra azione di ricerca della Verità non deve essere fine a se stessa e non deve significare estraniarsi dalla società civile.

Lavorare alla gloria del .•.U.•., per il bene e il progresso dell’Umanità non significa certo limitarsi alla ricerca passiva di astratti concetti provenienti da una sfera superiore.

Il progredire nella via iniziatica deve avere immediati riscontri nelle nostre scelte operative e comportamentali di ogni giorno assolvendo “il nostro ruolo di promotori di progresso, di giustizia, di libertà, di unione e di amore fraterno in questa società sbandata e priva di ideali”.

TAVOLA DEL FR.’. L. Scglm,

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ISTRUZIONI PER IL GRADO DI APPRENDISTA

Istruzione per il grado di apprendista

Maestro Venerabile e fratelli tutti carissimi,

questo mio lavoro vuole essere un modesto contributo personale che mi sento di dare, ai fratelli apprendisti, sia come fratello Maestro anziano, sia come Secondo Sorvegliante, il cui compito è, tra l’altro e soprattutto, istruire i fratelli Apprendisti.

Permettetemi di esordire con un concetto molto importante.

Io non insegno, tutt’al più io RISVEGLIO.

Insomma non intendo fare un’esposizione di dottrina, ma solo e semplicemente suggerire una traccia per ulteriori personali approfondimenti:

Il cammino dell’iniziato consiste nel riscoprire, gradino per gradino, ciò che era noto, ma che approfondito e rivisto rivela sempre nuovi significati. Così facendo si ottiene che la nostra realizzazione accoppi una nuova coscienza ad una nuova conoscenza, entrando così in quella sfera che possiamo definire la ricerca della verità.

Per comprendere tale verità occorre sia un atteggiamento di grande umiltà che una disponibilità a saper ascoltare. Infine occorre anche saper attendere, fiduciosamente! Dobbiamo essere, 0 diventare, degli UOMINI Dl DESIDERIO,

Non si tratta, ovviamente, di un atteggiamento passivo, ma, al contrario, fortemente ATTIVO, ciò comportando ricerca, studio, approfondimento verso significati celati in scritti e simboli.

Dovrete imparare ad utilizzare un, o i, metodo di ricerca esoterica: i simboli sono dei suggerimenti, delle anticipazioni di realtà che sfuggono alla comune comprensione ed a cui dobbiamo tendere quanto riguarda le varie scuole di pensiero, le filosofie e le religioni esistono molti testi che possono aiutarvi a comprendere meglio tutti questi riferimenti, che udrete sovente tra queste Colonne. È per questo che ve ne consiglio vivamente la lettura.

Questa casa massonica ha una biblioteca molto nutrita, ed i testi si possono sia consultare, il lunedì pomeriggio o su appuntamento telefonico, che prendere a prestito gratuitamente.

Per i titoli, potete fare riferimento sia al bibliotecario, Fr.•. Bijno, sia ai vari Fr:.lli Maestri di questa Loggia, me compreso, per utilizzarli (in modo anagogico).

E questo un cammino che occorre compiere da soli, ognuno per se, anche se con l’aiuto e la comprensione di tutti i Fratelli di questa Officina. Anzi, di tutti i Fratelli Massoni del mondo, presenti e passati e, forse, futuri. La Catena di Unione che talvolta compiamo simboleggia per l’appunto questa continuità, nello spazio e nel tempo, che DEVE UNIRE tutti i liberi muratori dell’universo.

Così come Voi sarete, mi auguro e Vi auguro, molto presto di aiuto a noi, nel nostro lavoro.

E tanto più saremo capaci di farlo, tanto più costruiremo quel mondo ideale che siamo chiamati ad edificare, partendo dalla singola pietra grezza.

Ma procediamo ora in una esposizione logica.

Ciascuno di Voi certo ricorda con emozione la sera della propria iniziazione.

Essa è la sola e vera base per qualsiasi lavoro di ricerca. In essa è compreso molto, quasi tutto quanto questa nostra ISTITUZIONE ci può insegnare. La difficoltà sta nel comprenderlo.

È tuttavia molto difficile per me trovare un qualche cosa da aggiungere alla quantità di cose che quel Rito ci propone con sorprendente bellezza!!.

Ricorderò solo che l’iniziazione è un RITO che contiene insegnamenti orali e che propone un insieme organico di simboli.

Lo scopo è la radicale modificazione del candidato, introducendolo nella Comunità Massonica e trasmettendogli un’influenza spirituale.

Tale influenza ci fornisce la potenzialità di uno sviluppo che, preesistente nell’individuo, necessita di un RISVEGLIO.

Spetta quindi a ciascuno di noi fare in modo che l’iniziazione divenga effettiva, efficace: la Verità è rintracciabile sempre alla fine del cammino, la ricerca va quindi attuata e perseguita con tutte le nostre forze, poiché tale impegno è molto gravoso e carico di insidie.

Essere, come dichiariamo, uomini liberi, significa essere capaci di scegliere sia il nostro cammino che l’intensità con cui procedere. E, badate bene, lo avete proclamato, con forza, la sera della Vostra iniziazione, quando dichiaraste di voler procedere verso la LUCE.

Tentando ora una schematizzazione, possiamo dire che il nostro cammino si svolge in tre fasi:

  • nella prima parte occorre giungere alla più totale pulizia materiale e morale, allo scopo di eliminare tutte quelle incrostazioni che, costituendo alte barriere all’influenza spirituale che deve raggiungerci, creano inutili difficoltà
  • a questo punto, diviene necessario agire secondo rettitudine, con un uso costante della ragione, che sarà la nostra bussola per comprendere che non stiamo deviando dalla retta via, perdendo quella opportunità che ci siamo creati con il nostro primo lavoro.
  • infine, avendo ora in noi stessi una spiritualità che ci pervade, divenire valido esempio per chi ci sta attorno e, mano a mano che cresce la nostra forza, influire sempre più anche su coloro che ci sono meno vicini. Saremo così non solo guida ma anche sprone per gli altri.

QUALCHE CONSIDERAZIONE SULL’ESOTERISMO.

Quando io parlo di esoterismo intendo un modo di vedere e comprendere le cose, tutte [e cose. Posso aggiungere che è una tecnica segreta, da intendere come fatto intrinsecamente incomunicabile poiché le nostre parole (che sono dei simboli) non sono adatte neppure a spiegare i nostri sentimenti, o anche solo più banalmente le cose astratte (pensiamo ai colori, o alle virtù), figuriamoci quindi le cose inerenti allo spirito.

In quanto tali, è difficile dire in che misura sia possibile tramandare o comunque insegnare l’esoterismo.

Sc ne può tuttavia imparare l’uso e, una volta imparato, non dovrebbe essere difficile intendersi con un altro esoterista, dato che si “lavorerebbe” sullo stesso terreno.

Questo mio ragionamento non inficia assolutamente il concetto, che è anch’esso proprio, del termine tradizionale: insegnamento da bocca ad orecchio e, normalmente, da maestro a apprendista.

Si ottiene così quasi una visione “viva” della parola e del conseguente potere vivificante dell’insegnamento orale.

Credo che una delle considerazioni opportune da fare a questo punto sia relativa al senso di evoluzione dell’umanità.

Possiamo considerare l’umanità, come fa il mondo profano occidentale, come in una sorta di continuo ed infinito progredire, ovvero in una evoluzione (considerata ovviamente come positiva, anche se dai più vengono riconosciute talune manchevolezze), oppure come una linea ondulata, con degli alti e bassi continui, più o meno vicini nel tempo tra di loro. La visione tradizionale del tempo, allora, è certamente quest’ultima. Esiste ancora una variante a questa rappresentazione, ed è quella del tempo proposto come un cerchio, con l’eterno ritorno. Ma questo tema lo lasciamo per il momento da parte, e verrà affrontato in seguito.

Considerate ora che esista un messaggio da trasmettere di . tanto tempo fa, in quanto si crede che l’uomo fosse in contatto con il G.A.D.U.  e partecipasse, in qualche modo, e nella misura in cui poteva, alla conoscenza. In quest’ottica, la storia dell’Eden e del peccato originale acquista, ai miei occhi, una sua lampante ventà e trasparenza.

E mentre parliamo di tradizione, notiamo quali e quante possibilità esistono e sono esistite, nelle tribù primitive, presso gli “operatori del sacro” (sciamani ecc.) ed anche in certe cerchie professionali, in ispecie artigiane. Anche dal punto di vista del trascorrere del tempo notiamo una certa continuità, magari non uniforme, ma tuttavia lineare, così come per l’aspetto geografico.

Tutti sanno che le religioni dell’antichità erano strutturate per più livelli di partecipazione, con una parte conoscibile dai soli “iniziati”

Gnosticismo ed ermetismo, alchimia e sufismo sono su questa modalità di conoscenza].

Ma il parlare di tempi passati , specie se non collegati a noi, rischia di diventare sterile: ecco allora la logica di domandarsi se e quanto noi siamo legittimati a parlare.

Va rilevato che, in un contesto profano certamente difficile come è l’attuale, esistono molti metodi e tentativi di ricerca nella dimensione spirituale. Alcuni trovano il nostro consenso, altri no. Possiamo dire la stessa cosa per la società: alcuni tentativi sono compresi, altri vengono tollerati ed infine altri ancora sono contrastati, seppure in modo più o meno marcato.

Da queste semplici ma, credo, inconfutabili premesse possiamo dire che, pur trattandosi di tempi e luoghi diversi, esiste una comunanza di punti veramente notevole, tale da lasciare perplesso o per Io meno dubbioso anche l’osservatore più scettico..

Quanto detto dalle sacre scritture o raccontatoci dai vari miti noi ce lo ritroviamo, con poche varianti, anche presso altri popoli, altre civiltà, altre epoche. Questo fatto potrebbe essere spiegato così: la conoscenza iniziale dell’uomo si è, per qualche motivo a me ignoto, frantumata e conservata in una miriade di individui. Taluni fra questi ne hanno fatto poi oggetto di “insegnamento tradizionale”, avendone compresa l’importanza ed il significato, mentre altri, non consci del proprio patrimonio e del proprio mandato, hanno lasciato svanire il loro “sapere”.

Un altro indizio che deve farci riflettere è la “regola”, comune a quasi tutti i gruppi “iniziatici”, all’accenno ad un insegnamento segreto, ad una scienza comunicabile ai soli adepti, con sanzioni anche molto pesanti per i traditori. Ed anche alla necessità di come la ricerca sia lunga, continua e talora anche perigliosa.

La ricerca, come è per noi ovvio, non si svolge sul piano culturale, o almeno non solo su quello, ma come ho accennato prima, richiede un lavorò sul piano morale (che ho definito di purificazione), ed infine, su quello dello spirito.

Per riassumere e cercare di chiarire, posso dire che non è un lavoro di ricerca storica quella che siamo chiamati a compiere, o almeno non solo quello. Con un’immagine molto bella un fratello di questa Loggia, anni fa, paragonò la cultura ad una zattera: serve ad attraversare il fiume, ma, giunti sull’altra sponda, conviene abbandonarla poiché diversamente costituirebbe un peso.

Il lavoro di ricerca storica che possiamo e dobbiamo fare servirà quindi come piattaforma e come metro di confronto per tutte quelle notizie – informazioni che riceviamo ora.

Ricordiamoci sempre che questa è una VIA ATTIVA, che richiede ragione, confronto, dubbi, macerazione interiore, piccoli passi quotidiani. Proprio per questo, noi non avremo normalmente la sensazione di compiere dei veri progressi, e ci domanderemo sovente che senso abbia la nostra appartenenza, la nostra frequentazione alla Libera Muratoria, se non sia tempo sprecato, se, visto come vanno le cose del mondo, non sia meglio agire concretamente (qui uso ovviamente il tipico linguaggio profano) per portare il nostro contributo al miglioramento delle cose. E di cose da fare ce ne sono tante….!

Ebbene, la risposta ce la possono dare gli altri fratelli più anziani, o ancor meglio: domandate a chi vi conosce bene se vi trova sempre uguali, o non nota in voi dei cambiamenti. E in caso affermativo, se in meglio od in peggio. E voi, confrontatevi con coloro che ammirate di più: chi percorre più strada? Chi, almeno in base ad un primo confronto ed ai discorsi fattibili, è più felice? Anche se sarebbe più opportuno dire “realizzato”.

ESOTERISMO = CAPACITÀ Dl ASCOLTARE

Saper ascoltare sia ciò che ci viene detto dai nostri fratelli che ciò che sgorga dal di dentro, magari come pensiero concatenato a precedenti nostre conoscenze, o intuizioni.

Molte conoscenze poi ci provengono dalla interpretazione dei simboli, che è il normale metodo di insegnamento che la nostra Istituzione adotta, in ciò scindendosi dalla parte associativa, (quella costituita dai vari fratelli), che al contrario basa il proprio insegnamento reciproco sulla parola. L’interpretazione del simbolo non può essere fatta una volta per tutte, ma necessita di continue rivisitazioni poiché, mano a mano che procediamo sulla strada dell’illuminazione, sempre più coglieremo nuovi o diversi significati. Come la Verità, ogni simbolo ha molte sfaccettature ed una propria notevole capacità di rinnovarsi. Insomma, il simbolo ci può ricollegare direttamente al sapere delle più antiche civiltà, alle più varie scienze! !

Esoterismo così diventa un ponte tra il passato ed il futuro!

Ogrli epoca ed ogni cultura hanno un loro approccio alla conoscenza ed alla modalità di trasmissione: ma i simboli sono e restano un modo univoco di potenzialità conoscitive.

Uno degli aspetti più preoccupanti del momento storico che stiamo vivendo credo sia la frattura che oggi, a differenza di certi momenti e luoghi dell’antichità, esiste tra scienza e potere (sia politico che religioso). Ovvero, manca ora un vero legame tra scienza e saggezza, e si rischia così di trasformare la scienza in un pericolo per l’intera umanità.

Il nostro lavoro, fuori dal Tempio, dovrà quindi avere come obiettivo quello di portare la saggezza (e la visione esoterica delle cose del mondo) a chi detiene il potere per far compiere un vero progresso all ‘umanità.

Tutto ciò nel presupposto che l’uomo, ogni uomo, abbia dentro di sè un patrimonio spirituale che necessita solamente di essere vivificato, risvegliato: e proprio attraverso l’iniziazione!

Noi, che abbiamo avuto la fortuna di riceverla, non sciupiamo quest’occasione: teniamo occhi, orecchie e tutti i sensi molto aperti e ricettivi, teniamo porte e finestre spalancate, perché lo spirito possa entrare. Ma contemporaneamente vigiliamo, affinché non si infiltri come spirito un qualche cosa che ne può essere l’esatto opposto.

E nei momenti di scoramento che inevitabilmente giungeranno ricordate che non siete soli, che altri stanno cercando come voi, pronti a darvi il loro aiuto: questo significa fratellanza, e di ciò dobbiamo ricordarci specie in questi momenti difficili per tutti noi e per la nostra istituzione in particolare.

TAVOLA  DEL   FR.’.A. Bgg,

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