I LAVORI DI LOGGIA

I lavori di loggia

Venerabilissimo, Rispettabili Fratelli Maestri,

l’obiettivo di questa tornata è quello di parlare del programma dei lavori per l’anno corrente..

Il 1 0 Sorvegliante, responsabile di vigilare sul lavoro dei Fratelli, non può esimersi dall’esprimere il suo punto di vista sull’argomento.

L’obiettivo che mi pongo è quello di verificare la possibilità di imprimere una nuova marcia ad una Officina che, a mio modo di vedere, è da qualche tempo in una posizione di stallo dalla quale è incapace di uscire.

Mi rendo conto che l’affermazione è “importante” e quindi necessita di qualche ulteriore spiegazione.

La mia convinzione è che ci sia stato un calo di tensione negli ultimi anni, calo di tensione dovuto alla voluta o forzata diminuzione di impegno da parte di alcuni Fratelli in grado di imprimere un alto grado di “importanza” ai lavori.

A tale diminuzione di impegno non è corrisposto un adeguato ricambio di Fratelli in grado di portare linfa nuova e problematiche diverse all’Officina.

Non solo, ma anche la sclerotizzazione delle posizioni ha fatto sì che, quasi sempre, ancor prima che un Fratello si alzi si sa già quale sarà la sua posizione e di conseguenza il suo discorso.

Ciò è dovuto ad una sorta di cristallizzazione delle posizioni intellettuali dei Fratelli ed alla mancanza della linfa nuova di cui si diceva.

Metterei per ultimo, perché è probabilmente una conseguenza delle altre problematiche, una sorta di strisciante burocratizzazione dei Lavori di Loggia, al punto che troppo spesso, a mio avviso, ci si dedica a dibattere di problematiche squisitamente amministrative che, lungi dall’avere la loro importanza, dovrebbero però essere affrontate in altra sede che non nel corso dei Lavori Rituali. In definitiva:

latitanza di  Fratelli “importati”, mancanza di ricambio, sclerotizzazione delle posizioni, burocratizzazione della Loggia.

Non sono certamente cose nuove quelle che vado dicendo, ma il fatto di conoscerle e non tentare alcunché per cambiare la situazione rende ancora più grave il problema.

Detto questo ritorniamo al discorso del Lavori di Loggia e del conseguente programma.

Chiariamo subito un concetto: cosa si deve intendere per “Lavoro” nell’ambito di una Officina Massonica? E, per estensione, quale funzione deve avere un “programma” che regoli tali Lavori?

E necessario fare una immediata distinzione fra quelli che sono lavori che un Fratello compie o, meglio, dovrebbe compiere su sé stesso e che sono lavori squisitamente singoli, svolti attraverso riflessioni ed analisi personali, e che incidentalmente possono ispirarsi ai Lavori Rituali di Loggia.

È quindi evidente che quando si discute di Lavori di Loggia ci si deve riferire a qualcosa di diverso che abbia come riferimento l’impegno corale di tutti i Fratelli che compongono l’Officina, in rapporto alle capacità ed alle caratteristiche di ciascuno dei componenti il Gruppo.

Ed ecco quindi la necessità di chiarirci in modo esauriente che cosa significhi esattamente “Lavoro di Loggia” e “programmadei Lavori”.

In ambito profano per “programma dei lavori” ha da intendersi la messa in atto di tutte le iniziative necessarie al raggiungimento di un obiettivo prefissato.

Gli uomini che partecipano al programma saranno utilizzati al meglio secondo le loro competenze al fine di raggiungere l’obiettivo nel minor tempo possibile ed anche nel miglior modo possibile.

Quindi il programma dei lavori presuppone l’esistenza di un preciso obiettivo da realizzare,

Già, ma quale è il nostro obiettivo?

Facile, si fa per dire, il compito dei nostri antenati che costruivano cattedrali, facile anche quello di coloro che si battevano per delle elementari conquiste sociali.

I loro obiettivi erano chiaramente individuati ed il programma dei lavori consequenziale.

Già, è vero noi operiamo per “edificare templi alla virtù, scavare oscure e profonde prigioni al vizio e lavorare al bene ed al progresso dell’Umanità”, ma è proprio di fronte a cotanto obiettivo che la nostra pochezza risulta in modo ancora più evidente.

Mi sento di poter affermare, a questo punto, che il nostro problema è quello di non avere un obiettivo più immediato ed umano su cui puntare e che, quindi, il nostro programma di lavoro si limita a riempire delle caselle corrispondenti a delle date del calendario.

La buona volontà di qualche Fratello (quasi sempre gli stessi) e la necessità di tornate amministrative risolvono quasi sempre il problema, ma mi chiedo e vi chiedo, cari Fratelli, dopo tanti anni di militanza nell’Istituzione quali e quanti passi avanti abbia compiuto la Loggia nel suo lavoro “collettivo”?

Ed allora è forse opportuno tentare qualche altra strada. Cominciamo allora con domandarci:

  1. esiste la possibilità di trovare un obiettivo comune cui dedicare il nostro tempo futuro?
  2. è possibile ipotizzare che tutta l’Officina partecipi in rapporto alle capacità dei singoli al lavoro comune?
  3. abbiamo voglia di impegnarci un po’ di più dedicando all’obiettivo comune tutto il tempo che sarà necessario?
  4. è possibile, attraverso la individuazione di un obiettivo comune, tentare il ripescaggio dei Fratelli latitanti?

Se la risposta a tutte queste domande è affermativa possiamo ipotizzare una serie di passi successivi che potrebbero essere i seguenti:

  1. creazione di un gruppo di lavoro che individui la fattività dei vari punti sopracitati,
  2. confronto il Loggia sulle idee emerse e sulla loro fattibilità,
  3. scelto l’obiettivo su cui puntare, attivare tutti gli strumenti idonei al suo raggiungimento coinvolgendo, a vario titolo, tutti i Fratelli necessari.

Ho volutamente trascurato ogni possibile riferimento a qualche idea concreta, che pure è emersa negli ultimi tempi discorrendo con qualche Fratello, perché ciò che più mi preme, in questa circostanza, è verificare il grado di accettazione di questo progetto e poi, eventualmente, vagliare proposte operative.

Mi piacerebbe verificare se in Pedemontana esistono le capacità per tentare di realizzare qualcosa di “importate”.

Ho la sensazione che basterebbe che tutti imitassero la caparbietà e l’impegno che il Maestro Venerabile ha dimostrato in occasione delle celebrazioni per l’anniversario della Loggia per ottenere un risultato certamente degno di grande rispetto.

Sta solo a noi decidere se abbiamo voglia di tentare o meno.

TAVOLA DEL FR.’. G. F. Cmmrcc,

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento

L’ENNEAGRAMMA

  L’Enneagramma

.. concedimi la Serenità di accettare le cose che non posso cambiare; … il Coraggio di cambiare quelle che posso; … la Saggezza di conoscere la differenza.

Quando il profano entra nel Gabinetto di Riflessione ad una delle pareti, quella Nord, legge l’iscrizione “V.I.T.R.I.O.L.”, abbreviazione della frase latina “visita interiora terrae, rectificando invenies occultum lapidem”, che tradotta recita testualmente: visita l ‘interno della terra e, rettificandolo, troverai la pietra occulta.

Nel Tempio l’Apprendista sentirà il Maestro Venerabile domandare al Primo Sorvegliante per quale scopo i “Liberi Muratori” si riuniscono. E sentirà rispondere: “per edificare Templi alla Virtù, scavare oscure profonde prigioni al vizio e lavorare al bene ed al progresso dell’Umanità”.

In questa frase vi è l’indicazione pratica dell’unico metodo di realizzazione che la Massoneria insegna, e che molto spesso non viene applicato nella vita quotidiana.

Terra e pietra occulta, vizio e virtù, bene e progresso, peccato e malattia, carattere e nevrosi, sono tutti termini che ancora una volta pongono, forse, il primo quesito essenziale dell’uomo, scolpito sul frontone del Tempio di Delfi: “conosci te stesso”. L’arcano significato di questa epigrafe, da sempre appartenuto alle religioni ed alla filosofia, da circa un secolo, con l’avvento della psicanalisi, è oggi presente nella medicina.

L’enneagramma è un metodo per la conoscenza di se stessi.

Elaborato, pare, nella notte dei tempi, forse già prima della nascita di Gesù Cristo, nella zona dell’attuale Afganistan, ritroviamo questo modello geometrico di indagine introspettiva in Persia, diffuso da appartenenti a sette mussulmane. A noi, invece, è giunto grazia all’insegnamento dei Maestri Sufi che erano soliti insegnare ai discepoli l’indagine introspettiva psicologica per vincere la “forza del vizio” mediante la “forza della virtù”, per il bene ed il progresso dell’Umanità, promuovendo così, di riflesso, in un’armonica realizzazione interpersonale, la fratellanza tra gli uomini.

In Occidente, l’enneagramma, è giunto grazie alle ricerche presso i Dervisci dell’armeno George Ivanovic Gurdjieff, fondatore dell’Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’uomo; personaggio molto noto e discusso (1880 – 1949). In America, divulgatore fu il cileno Oscar Ichazo che diede vita all’Aricia Institute. Un suo allievo, Claudio Naranjo, divenne la massima fonte di riferimento del metodo dell’enneagramma.

L’enneagramma, al contrario di tanti altri sistemi filosofici, religiosi e, non ultimo, di analisi psicologica, non indugia su teorie e non insegna astratte riflessioni. Si dirige direttamente al cuore dei nostri problemi più concreti ripetendo: “visita interiora terrae, rectificando invenies occultum lapidem”.

L’enneagramma, in pratica, ci mostra come alcuni tipici nostri comportamenti sono riconducibili alle caratteristiche di una delle nove personalità psicologiche fondamentali che lo costituiscono e che sono disposte graficamente in forma circolare, leggibili in senso orario: il tipo corrispondente al numero nove è posto a mezzogiorno.

La disposizione circolare, muratoriamente sintetica, pur essendo in apparenza riduttiva, consente all’essere lapideo, l’uomo, di ottenere innumerevoli intersecazioni e di identificarsi con una delle nove personalità-tipo più rispondente al suo carattere. La fase della “rettificazione”, che avviene nel “Gabinetto di Riflessione”, s’identifica con la fase di ‘Yedenzione” per la religione, ovvero di “integrazione”, come comunemente viene detto in psicanalisi, segna l’inizio di sgrossamento della pietra grezza che diventerà levigata con il lavoro massonico e con il conseguimento della maestria.

Questi nove tipi di comportamento non sono legati alla civiltà, ma sono una caratteristica comportamentale che appartiene a tutti gli uomini, siano essi padani, aborigeni, orientali o indios, e così via.

L’errata visione della vita: “la Luce era nel mondo, ma le tenebre non I ‘hanno compresa …”, causata da un falso uso della realtà, porta coloro che si identificano in una delle personalità dell’enneagramma a considerare in modo decisamente diverso quali sono le vere corrispondenti del “vizio” e della “virtù”, tanto da poter affermare che la virtù è la forza che spinge una persona a realizzarsi, mentre il vizio è la forza che si oppone a tale realizzazione.

L’avere un senso falsato della realtà, cioè una visione distorta della vita, porta anche ad acquisire “un falso senso della virtù e del vizio”. Ciò impedisce all’uomo di rettificare il proprio comportamento e di realizzarsi, quindi, come sarebbe necessario. Potrebbe, considerato quanto sopra detto, considerare virtù ciò che nella realtà è difetto predominante non provando, conseguentemente, alcun rimorso.

Questa falsa interpretazione della virtù e del vizio varia a seconda della “lente” che la personalità utilizza nell’osservare la realtà.

Da una attenta analisi dei caratteri degli individui, le nove caratteristiche psicologiche che consentono l’identificazione delle personalità-tipo dell’enneagramma sono le seguenti:

  1. ira e perfezionismo
  2. orgoglio e personalità istrionica
  3. vanità, falsità e interesse
  4. invidia e carattere depressivo-masochista
  5. avarizia e distacco patologico
  6. paura, vigliaccheria e accusa
  7. gola, fraudolenza e narcisismo
  8. lussuria e carattere sadico
  9. pigrizia e inerzia psicospirituale

Dividendo la circonferenza in tre settori uguali, si ha modo di notare che i tipi 8, 9 e I si trovano graficamente nella triade dell’istinto (settore centrale alto), i tipi 2, 3, e 4 nella triade emotiva (settore di destra), mentre i rimanenti tipi 5, 6 e 7 nella triade mentale (settore di sinistra).

Scopo dell’iniziato è quello di tornare alle Origini, ma per compiere questo viaggio a ritroso è necessario conseguire la vera purificazione che si ottiene solo e mediante il compimento dei viaggi rituali.

Nel linguaggio cabalistico la “purificazione” corrisponde alla dissoluzione dei diversi strati; in quello alchimistico, all’eliminazione delle scorie; in quello massonico, poi, all’abbandono dei metalli e delle scorie metalliche che rappresentano i residui psichici degli stati anteriori che bisogna superare.

È l’ignoranza antica che ha permesso l’insediamento delle passioni che ostacolano il cammino nella via iniziatica, tanto da inchiodarci all’inizio.

Il concetto di “libertà”, sia esso inteso in senso psicologico che iniziatico, non può prescindere, comunque, dal meraviglioso e profondo messaggio contenuto nel Flauto Magico di Mozart. Tamino, il personaggio chiave dell’opera, conoscerà la verità soltanto quando avrà dato prova di pazientare, osservare, valutare il vero significato delle cose, esercitare, in altri termini, su se stesso la volontà di capire, tacere ed attendere. Tutto ciò gli consentirà di liberarsi dal pregiudizio dell ‘ira e dalla facile condanna, e lo aiuterà a giungere al cuore delle cose, attraverso la propria coscienza.

L’enneagramma è un modello geometrico che affonda le sue radici in molte di quelle tradizioni, soprattutto orientali, che hanno coltivato più la conoscenza della mente che quella del mondo

Claudio Naranjo

TAVOLA DEL FR .’. S. Frrnd

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento

L’ULTIMA RACCOMANDAZIONE

Un’ultima raccomandazione: il Massone è necessariamente umile, sia per non offendere mai col proprio atteggiamento gli altri fratelli, sia perché la graduale scoperta che compie dell’infinita luce spirituale lo richiama con crudezza al suo ruolo di minuscola molecola dell’universo. E quanto ciò sia importante, quanto l’orgoglio sia un pericolo per l’animo umano, lo sottolineano ancora antichi documenti dicendo del Maestro Venerabile, massima autorità di Loggia: «Egli non dimenticherà che non è se non il primo tra i suoi eguali, e che il potere confidatogli è momentaneo. In   nessun caso farà egli sentire di essere superiore agli altri. Rifletta che se fu scelto per condurre uomini, ciò fu perché sì credé che egli possedesse tutta la saggezza che la sua carica esige, e che solo la dolcezza e l’umanità assicurano l’armonia che deve costantemente regnare tra i liberi muratori».

Vi avvio quindi sulla strada della Luce, con questo avvertimento: si può fare il Massone in molti modi, ma si può essere Massone in un modo solo.

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento

FICHRE – PUO VALER LA FRAMMASSONERIA COMR FINE A SE STESSA?

Può valere la Frammassoneria come fine a se stessa?

Ora soltanto rispondo alla vostra domanda: “Non si può porre la Frammassoneria come scopo a se stessa”; semplicemente perché essa mi porge l’occasione per alcune determinazioni complementari.

Voi siete giunti a questa idea, come da voi medesimi comprendete, paragonando la Frammassoneria con la religione. Si può domandare, quale sia il fine della Chiesa: il propagamento della religione?

Senza dubbio, proprio di questa, poiché essa è meramente il risultato, l’esigenza dello spirito e del cuore nella loro armonia, il frutto della nostra saggezza, il più alto fiore della nostra ragione, la dignità della nostra natura. A che cosa deve essa ancora valere, o servire qual mezzo, che

[altro]

deve proporsi a scopo finale? Così l’Ordine dei Liberi Muratori esiste per mantenere, per conservare la

Frammassoneria; essa pure non è buona per alcunché, ma buona in sé e per sé, non già mezzo per un qualsiasi scopo. A che altro deve mai ancora mirare? Ciò ch’essa opera e può operare, ciò che essa ha generato in lui e anche in altri deve generare, questo deve conoscere il vero Massone: e questo è Frammassoneria.

Pertanto sarebbe vano, in generale, il ricercare un suo fine, come il rispondere a tal richiesta e l’impostare il concetto d’un siffatto fine (come noi abbiam fatto); essa verrebbe a desistere in forza di se medesima, dovrebbe assolutamente essere e sarebbe una parte costitutiva dell’assoluto.

E vi è un certo senso, in cui si può benissimo concepire questa tesi e nel quale essa è vera e importante; ma essa non sembra essere espressa in forma sufficientemente determinata. Si parla spesso, non preciserò qui se con esattezza filosofica, di un senso ampio e amplissimo, ristretto e strettissimo delle

parole e delle proposizioni nella filosofia. Sicché ciascuno potrebbe dire: «se io chiamo la Massoneria fine a se stessa, penso alla Massoneria nel suo significato più ristretto. Ma questa è per me appunto quella cultura comune [a tutti], puramente umana, che tu hai posto come fine della Massoneria. Quindi

per me il suo fine è essa medesima».

Ciò è giusto in sostanza, ma le parole sono un po’ oscure a comprendersi. L’uomo è fine a se stesso e quella cultura puramente umana è una maniera di essere dell’uomo assolutamente postulata, quindi una parte costitutiva di ciò che è fine a se stesso, ossia dell’assoluto. Ma si doveva pur da ognuno riconoscere per espressioni equivalenti Massoneria e cultura universalmente umana? La sentimentalità sonica (dopo che si abbia cioè spiegato a bella prima l’espressione nel modo teste concesso) può essere chiamata fine a se stesso ma suona poi tanto Massoneria, Ordine Frammassonico, quanto sentimentalità massonica? La Massoneria non è una cultura o un sentimento, ma una società  colleganza. Non posso dire: il Fratello N. N. ha compiuto secondo la sua Frammassoneria questa

lodevole azione, ma essa è una prova dei suoi buoni sentimenti massonici; ovvero: il signor N. N. ha in sé la Frammassoneria, senza essere accolto nell’Ordine, sebbene egli può possedere la vera (massonica) sentimentalità di una cultura universalmente umana. Ma poiché ora la parola «Massoneria» indica

associazione, essa non può essere chiamata fine a se stessa, ma soltanto mezzo, poiché l’associazione per il fine prefisso è solo mezzo e non deve essere in senso assoluto, ma solo sotto la condizione di una certa situazione del mondo, quale essa è pur ora presente. Invero, soltanto perché lo scopo, che la società separata si propone, non può essere conseguito nella grande [società] come essa è presente, verrà fondata la società: separata. Ma la più grande società non è

necessariamente così come essa è: può venir pensata nel campo della ragione affatto diversamente, per lo meno senza la condizione più sopra indicata nella formazione dell’individuo: deve piuttosto progredire del continuo verso il meglio, e questo meglio consiste, affatto particolarmente, anche nell’uguaglianza e armonia della cultura di tutti gli individui. Se essa fa questo, nella stessa misura

appunto ch’essa in ciò progredisce la società, separata diventa meno necessaria; e quando quella ha raggiunto la sua meta, [questa è ormai] superflua e inconsistente. Ora, di una cosa tanto relativa si può dire che sia parte costitutiva dell’assoluto.ma; Si potrebbe replicare, che sia scopo di tutta l’umanità costituire un’unica grande colleganza, come presentemente dovrebbe essere quella massonica. Ma la stessa mera esistenza della Massoneria dimostra che ciò, che noi abbiamo chiamato fine in sé, non è ancora affatto conseguito.

L’esempio, di cui si fa uso per quella tesi, deve porre in più chiara luce il suo opposto. Si dice: non si potrebbe ricercare un fine della religione (o più precisamente: della religiosità, del sentimento religioso), ma invece un fine della Chiesa. Benissimo! solo che al concetto della religiosità appunto corrisponde non già il concetto della Massoneria, ma piuttosto quello della cultura puramente umana; a quello della Chiesa per contro [corrisponde] proprio quello della Massoneria, 0 (che poi è lo stesso) dell’Ordine dei Liberi Muratori.

Massoneria significa dunque (per riassumere tutto in breve) non il sentimento, bensì associazione: ma questa, per generare quel sentimento, e condizionata da alcunché di accidentale, che appunto per questo non potrebbe nemmeno essere € nel fatto non dovrebbe essere. La Massoneria non è quindi fine a se stessa, tanto poco quanto, secondo quella particolare opinione, la Chiesa; e per l’una come per l’altra si può, con tutti i diritti filosofici, ricercare i loro fini c determinarli in forma chiara e precisa.

Questo spero di aver fatto nei riguardi della Massoneria. Ma non siamo ancora alla fine: non solo dobbiamo ancora indagare che cosa e come operi la Massoneria tanto verso i suoi membri che verso il mondo, ma altresì distinguere compiutamente l’un dall’altro i principi fondamentali più sopra affermati

e applicarli più largamente, affinché essi diventino atti e sufficienti alla valutazione della situazione presente della Massoneria e dell’attività massonica.

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento

FICHTE – LIMITI DI QUESTA DETERMINAZIONE DELLO SCOPO. . .

LIMITI DI QUESTA DETERMINAZIONE DELLO SCOPO: EDUCAZIONE ALLA LIBERTÀ ETICA O ALLA SENSIBILITÀ MORALE?

La seconda obiezione che avete accennata è più importante; e io aggiungo alla mia precedente definizione dello scopo [massonico] questa significativa limitazione: in quanto una tale cultura possibile mediante una società espressamente indirizzata a questo fine.

Vi è, infatti, una forma di cultura generalmente umana, in forza della quale ciascuno prende soltanto se stesso, la sua coscienza e Dio per testimoni e giudici: è l’educazione alla libertà etica. Voi conoscete la mia convinzione a questo riguardo. «Ciascuno che si creda onesto di fronte a se stesso, così scrivevo altrove, alcuni anni fa, deve instancabilmente osservare se stesso e lavorare per nobilitarsi: il che deve essergli diventato, in forza dell’esercizio, affatto naturale». Ma questa occupazione non sembra, giusta la sua natura, esser capace di alcuna comunicazione.

Andai da un pittore, ch’io volevo veder lavorare: ed egli mi mostrò tutti i suoi dipinti, perfino quelli ancora incompiuti; ma per quanto lo pregassi, egli non vi volle por mano sotto i mici occhi, e affermava che le opere del genio riescono solo nella solitudine. Questo mi trasse a considerare l’opera del genio morale dentro di noi, e intuii la verità, che anche in ciò bisognava essere soli; trovai sempre più

confermato [il concetto] che il vero sforzo per nobilitarsi è assai timido e vergognoso, anzi si ritrae in se stesso e non può affatto comunicarsi [ad altri]. Giammai avevo posto in questione il mio miglioramento innanzi à me stesso: come potevo desiderare di metterlo tuttavia in discorso innanzi ad altri! Bastava che io agissi diversamente, e che i mici amici, come io medesimo, conoscessero la

crescita della pianta solo dai suoi frutti. Pertanto non si deve mai portare alla luce il proprio miglioramento, né abbassarsi mai a una mera confessione dei propri difetti, ma estirparli. Dobbiamo provarne nausea: allora non staremo più a rigirarli per un verso e per l’altro, per esprimerli con esatte  ed eleganti determinazioni. Qualora si volesse, per un malinteso sentimento del dovere, obbligare anche a questo, per un certo spirito eroico nell’amicizia (0 a favore di un fine sociale), si verrebbe soltanto a prender confidenza con essi, a renderseli cari, per lo meno a non paventare più l’esistenza di difetti che si sono così clamorosamente condannati, per lo meno a infiacchirsi nella confessione, in quanto la si mettesse in conto di miglioramento ». E così è. Formare la propria educazione alla libertà etica per una data condizione sociale, parlarne con altri, lasciarsi trascinare da loro al rendiconto e confessarsi a loro o farsi confessare, scompiglia l’animo da capo a fondo: poiché ciò trae a deporre il santo pudore, a

diventare il più peccaminoso tipo di ipocrita, l’ipocrita verso se stesso; e una società che si ingeriva di questo condusse effettivamente al più tetro ascetismo monacale. Pertanto la Massoneria non ha niente a che fare con questa forma di educazione alla pura umanità: come {non ha niente a che fare con essa] nessuna società che non sia composta di fanatici e che abbia compreso l’Oraziano:

Insani sapiens momen ferat, aequus iniqui,

Ultra, quam satis est, virtutem si pelai ipsa.!

tutto ciò che accade secondo una qualsiasi distinzione fra gli uomini, sia che miri alla capacità tecnica o a conoscenze o alla virtù, è profano di fronte alla Massoneria: ma di fronte a ciò che riguardala libertà etica, la Massoneria stessa è profana e irreligiosa: poiché quella è il santo dei santi, in paragone del quale il santo stesso è volgare. Questo solido concetto, interamente determinato e chiaro in sé, dovremmo elevarlo assolutamente a canone della Massoneria e a principio di una critica di ogni cosa massonica, qualora avessimo da impiantare una critica siffatta.

Altra cosa è certamente, per accennare in breve anche questo, l’educazione dello spirito e [altra] l’aspirazione alla sensibilità morale, la formazione dei costumi esteriori e dell’esteriore osservanza alla legge. Questa appartiene senza dubbio alla Massoneria. Ora voi avrete presente all’animo immagine della Massoneria, come essa è in sé e per se stessa, o può e deve essere unicamente. Ma aggiungerò ancora alcuni tratti a questa immagine. Qui si raccolgono invero, liberamente, uomini di tutte le classi e portano ad un sol cumulo la cultura che ciascuno poté

acquistare secondo la propria individualità, nella sua condizione. Ciascuno porta © dà quello che possiede: la testa pensante concetti chiari e precisi, l’uomo d’azione capacità e agilità nell’arte del vivere, il religioso la sua religiosità, l’artista il suo entusiasmo artistico. Ma nessuno dà [il suo contributo] nella stessa maniera, in cui egli l’ha ricevuto nella sua classe sociale e nella sua classe lo

trapianterebbe.

Ciascuno lascia del pari da parte l’elemento singolo e specifico, c mette fuori ciò che egli ha realizzato nel suo intimo come risultato: si sforza di dare il suo contributo in modo che possa pervenire a ciascun membro della società: e l’intera società si affatica a sostenere questo suo conato e a conferire appunto

così utilità generale e universalità alla sua cultura, fin qui unilaterale. In tal colleganza ciascuno riceve nella stessa misura di quello che dà; appunto per via di questo, che egli dà, gli viene dato; precisamente la capacità di poter dare.

  • (horat. epist.i.6,16-17 «porti il sapiente nome di stolto, e il giusto di iniquo quando egli ricerchi la virtù stessa virtù più di quanto occorre.»]. Il saggio si attira nome di pazzo, e Aristide diventa ingiusto, «tosto che egli pratichi stessa virtù più del giusto » [Wieland]; ovvero: quando egli ricerca la virtù stessa affannosamente per false vie
Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento

MASSONERIA E SOCIASLISMO

Dalla

Massoneria operativae Socialismo

Dopo l’insurrezione di Parigi del luglio 1830, gli accordi tra la nobiltà moderata e la borghesia liberale consentirono l’avvento al trono di Luigi Filippo d’Orléans in sostituzione di Carlo X, successore di Luigi XVIII. Lo sviluppo economico francese sotto la monarchia di Luigi Filippo alimentò le tensioni sociali, che sboccarono in varie rivolte sanguinosamente represse. I conseguenti sviluppo e diffusione del Socialismo riaccesero i timori nei confronti di ogni forma di aggregazione più o meno segreta, coinvolgendo anche la Massoneria che pure, dopo essersi troppo esposta con Napoleone e averne pagato le conseguenze, si teneva rigorosamente al di fuori del dibattito politico.

La rivolta popolare del luglio 1830 a Parigi. Durante il regno di Luigi Filippo la Massoneria francese, travagliata dalle dispute tra Grande Oriente e Supremo Consiglio, si occupò più che altro di problemi interni, astenendosi dal prendere qualsiasi posizione in ambito politico o sociale. Nonostante vari tentativi (1835 e 1841) fu tuttavia impossibile giungere all’unificazione dei Riti. In seguito ai rivolgimenti politici del 1848 sette logge si staccarono dal Supremo Consiglio per costituire la Grande Loggia Nazionale di Francia che, non riconosciuta in patria, riuscì tuttavia ad allacciare relazioni con la Massoneria straniera, prima di essere dichiarata sciolta dalla polizia nel gennaio del 1851.

In effetti, se è vero che il termine ‘Socialismo’ fu modernamente utilizzato per la prima volta nel 1830 dal saintsimonista P. Leroux, membro della Loggia ‘Diritti dell’Uomo’ di Grasse, si possono cogliere dei collegamenti soltanto tra la Massoneria e il cosiddetto Socialismo utopistico, in particolare con le formule proposte appunto da Claude-Henry de Rouvroy, conte di Saint-Simon (1760-1825) e François M.C. Fourier (1772-1837), sulla base di un comune umanitarismo, in parte ispirato a princìpi cristiani. C’è chi sostiene che i due personaggi citati abbiano avuto una formazione massonica, ma dalla loro opera non emerge alcun interesse per il carattere iniziatico dell’Ordine, che Fourier giudica addirittura un’opportunità non debitamente sfruttata per una riforma sociale e morale della società.

La distanza tra Massoneria e Socialismo si fa comunque nettissima quando quest’ultimo, dal punto di vista operativo, riesumò la lezione di François-Noël Babeuf, che nel 1796 aveva cospirato per rovesciare il Direttorio e instaurare la ‘Repubblica degli Uguali’ e assunse, per opera soprattutto di Filippo Buonarroti (vedi il capitolo Italia: verso il Risorgimento) e di Louis-Auguste Blanqui (1805-1881), caratteristiche decisamente rivoluzionarie.

Ancora più antitetiche appaiono le posizioni dal punto di vista teorico quando si prendano in considerazione l’opera di P.-J. Proudhon (1809-1865), che pure fu iniziato alla Massoneria, ma soprattutto il cosiddetto ‘Socialismo scientifico’, come K. Marx (1818-1183) definì la dottrina politica da lui elaborata in collaborazione con E. Engels (1820-1895). Sono infatti del tutto fuori dai ‘confini’ massonici (vedi il capitolo L’orizzonte massonico ‘regolare’) l’affermazione di un primato dell’economia e l’identificazione dello specifico umano nell’attitudine produttiva, l’assunzione della lotta di classe come principio interpretativo della storia e l’ostilità per la religione.

Copertina del libro Cuore (1905) di Edmondo De Amicis. Questo scrittore ligure (1846-1908) realizzò nell’adesione tanto alla Massoneria quanto al Partito Socialista i suoi ideali umanitari e solidaristici, che espresse per altro anche nella sua narrativa per l’infanzia.

Ciò non ha impedito che singoli Massoni, in piena libertà di coscienza, abbiano militato nelle file di formazioni socialiste, essendo d’altra parte molto diversificato il volto da queste assunto nel tempo e nello spazio. Per quanto riguarda l’Italia si può ricordare a titolo di esempio la figura di Andrea Costa (1851-1910), Gran Maestro Aggiunto del Grande Oriente d’Italia e 32° grado del Rito Scozzese Antico e Accettato, fondatore del Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna (1881) e primo socialista eletto deputato (1882) nella storia parlamentare del nostro Paese. Semmai, sono da ricordare le prese di posizione contrarie che, a partire dall’inizio del Novecento, gli organi socialisti ufficiali hanno variamente espresso nei confronti della Massoneria: perché le sue istanze umanitarie avrebbero eccessivamente ammorbidito la capacità combattiva del Partito (questa posizione fu espressa dalla corrente massimalista del Congresso di Ancona del 1914); perché presunti contatti con qualunque forma di società segreta avrebbero nuociuto all’immagine del Partito (Congresso di Palazzo Barberini del 1947); perché l’affiliazione di iscritti al Partito alla Massoneria avrebbe consentito a quest’ultima di esercitare pressioni sulla vita politica nazionale (posizione espressa dalla Federazione Socialista di Firenze nel 1970).

I militari controllano il palazzo presidenziale di Santiago dopo il colpo di stato che ha abbattuto il governo di Salvador Allende e che gli è costato la vita.

Caratteri del tutto diversi presentano invece i rapporti tra la Massoneria e il Socialismo nell’AMERICA LATINA, per la necessità di un fronte unico (non è casuale che vi abbia fatto e vi faccia parte anche la Chiesa cattolica locale) contro le ricorrenti iniziative dittatoriali e le forze economiche determinate a mantenere, nel cinico disprezzo dei più elementari diritti umani, drammatiche sperequazioni sociali. È stato così possibile a due personalità del mondo massonico latino-americano conseguire la massima carica politica dello Stato: si tratta di Lazaro Cardenas, presidente della Repubblica del Messico dal 1934 al 1940, promotore di una riforma agraria e della nazionalizzazione delle industrie petrolifere, e di Salvador Allende, regolarmente eletto presidente della Repubblica del Cile nel 1970 con l’appoggio delle forze socialiste, comuniste, radicali e cattoliche unite nella coalizione di Unidad Popular. Vittima del colpo di stato promosso da Pinochet nel 1973, Allende era il Venerabile della Loggia ‘Hiram n° 66’ di Santiago.

Differenze di metodo, prassi e scopi tra Socialismo e Massoneria

«… lo scopo attuale di un sodalizio qual è il vostro, dev’essere… di irradiare la verità e l’opera nelle masse, non di conservare un verbo chiuso, quasi privilegio degli adepti, da confidarsi fra convinti senza irradiazione al di fuori. Troppo ancora noi pigliamo, dove meno abbisogna, l’abito e il gesto dei cospiratori. Ora, le evoluzioni e le rivoluzioni economiche e morali (che è ciò a cui noi più particolarmente teniamo) non si fanno, come talvolta le politiche, per impulso e deliberazione di pochi segretamente affratellati ubbidienti a una parola d’ordine, fedeli a un cenno; nulla di stabile può ottenersi, in cotesta e sostanziale materia, che non sia voluto dai più o dai più forti (i quali non potrebbero mai essere pochi), che non sia per così dire il portato delle cose medesime, del grado di sviluppo obiettivo e subiettivo, materiale e morale, dei fatti sui quali si agisce e degli uomini che debbono agire, o quanto meno adattarsi ai nuovi e vagheggiati modi di azione e di vita. Anche le rivoluzioni politiche, oggi, per chi annette importanza a quella speculativameta, oggi che non abbiamo più stranieri sul collo, non potrebbero prepararsi alla chetichella, massonicamente, nel buio di private conventicole, senza pubblicità e senza eco.»

Filippo Turati a un gruppo di giovani militanti socialisti (1886)

Codice HTML © Copyright 2000-2001 La Melagrana. Tutti i diritti riservati.

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento

GLI AMMONIMENTI NEL GABINETTTO DI RIFLESSIONE . . .

Degli ammonimenti nel Gabinetto di Riflessione e del Testamento del Profano

Venerabile Maestro, cari Fratelli,

uno dei primi incontri avuti dal profano ne bussare alle soglie dell’istituzione per chiedere la Luce è, per l’appunto, con il gabinetto di riflessione in cui egli compie il primo viaggio simbolico attraverso le viscere della terra e, poiché terra siamo e terra ritorneremo, questo incontro potrebbe essere rappresentativo del riflesso del viaggio di introspezione nella propria coscienza sostenuto dal profano nella sua fase preiniziatica.

Qui incontrerà degli ammonimenti: V.I.T.R.I.O.L., celebre aforisma degli alchimisti attribuito a Basilio Valentino dal seguente significato acrostico: Visita Interiora TerrŒ, Rectificando Invenies Occultum Lapidem.

Su V.I.T.R.I.O.L., sul suo aforisma e su ciò che nasconde la sua immagine ci sarebbe, credo, da stilare un’unica trattazione, Per questo voglio provare ad accennare solamente.

«Dalla metà del secolo XVII l’emblema è stato associato, per concordanza dei contenuti alla “Tavola di smeraldo” (Verba secretorum Hermetis) da alcuni autori tedeschi (Basilio Valentino, Glauber, Stolcius, ecc.) e fu pubblicato al principio o alla fine del testo 6.

Tuttavia, pur essendovi espressi gli stessi concetti basilari dell’alchimia, essi rappresentano due momenti diversi della corrente ermetica, essendo la “Tavola di smeraldo” apparsa per la prima volta nel secolo VIII in un lavoro tradotto dal greco in arabo: Sirr al-baliqua o Mistero della Creazione (il primo documento conosciuto che parla di un’iscrizione trovata nella tomba di Ermete incisa su una “Tavola di smeraldo”); mentre la prima pubblicazione del sigillo ermetico è quella dell’Aureum Vellus del 1598. Inoltre questo piccolo poema che si sofferma sui simboli contenuti nell’emblema sembra essere all’origine dell’immagine, inscindibili l’uno dall’altro e probabilmente dovuti allo stesso autore, un alchimista paracelsiano e, chissà, forse lo stesso Trismosin

Sotto questo aspetto si potrebbe vedere nel Leone e nell’Aquila, che figurano nella parte inferiore del sigillo, una relazione con le famose tinture del Leone Rosso e dell’Aquila Nera del Trismosin riportate nella prima parte dell’Aureum Vellus, come anche nei versi che precedono la ricetta del Leone Rosso in cui l’invito alla ricerca interiore e alla discesa nelle profondità di se stessi , un’allusione al motto acrostico del V.I.T.R.I.O.L. che circonda il disco.

L’acrostico del V.I.T.R.I.O.L. crea un legame con un altro cimelio dell’arte ermetica, la “porta magica” di Piazza Vittorio a Roma, come risulta da un’epigrafe del

La funzione del simbolo è presente ovunque il particolare rappresenti I ‘universale, non come sogno od ombra, bensì come rivelazione viva ed immediata di ciò che non può essere indagato. (Goethe).

Nessun essere umano, nemmeno Leonardo o Michelangelo, può svegliarsi una mattina e decidere: adesso disegno un simbolo. Dunque chi ha “creato” questi simboli? Un fratello di quest’officina ha dato una definizione molto interessante che riporto integralmente: Gli oggetti presenti nel tempio sono chiaramente vettori di messaggi simbolici che ci arrivano da un tempo più o meno lontano. Chi è il mittente? O meglio, chi sono i mittenti? Secondo me, uomini illuminati che hanno voluto in qualche misura farci partecipi della loro esperienza e trasmettere un insegnamento finalizzato a consentirci il progresso lungo un percorso di conoscenza. A volte li chiamiamo col nome collettivo di “tradizione’ .

Il simbolo, ci ricorda l’etimologia, è un’entità che congiunge, riunisce; di cui noi possediamo una metà. Dunque noi disponiamo di mezzo ponte su un fiume che desideriamo oltrepassare. In qualche raro caso avremo dei barlumi che ci permetteranno di vedere l’altra metà del ponte; in quel preciso momento il simbolo funziona e diventa reale. In pratica, agisce.

Non si tratta, quindi, di decifrare un cruciverba particolarmente complicato, ma di stimolare la nostra concentrazione nei confronti dello studio e della meditazione sui simboli: cosi si dovrebbe provocare un’onda di ritorno che permetta la progressiva “trasmutazione” nell’individuo.

Molte tradizioni riportano questo tipo di azione, non solo passiva come oggetto di riflessione, ma attiva come entità in grado di generare una trasformazione. Ci troviamo davanti alla più misteriosa delle funzioni del simbolo. Non chiedetemi come, perché, in che modo agisca questo effetto, rivolgetevi a Fratelli più grandi di me.

Ritengo, però, che per degli Iniziati, questo sia il significato più profondo: il significato da indagare.

Inizialmente noi sappiamo solo compitare, quindi riconosciamo le lettere, e non le parole o le frasi. Il nostro dovere è quindi di meditare ed ascoltare, in silenzio, i racconti di viaggio degli altri viandanti. Con il loro aiuto ed il nostro studio dobbiamo cercare di mettere insieme le lettere fino a formare frasi compiute che ci permettano di seguire una strada.

Una volta capito questo bisogna poi anche percorrerla e sicuramente non è la parte più facile.

 TAVOLA DEL FR.’.  S. Clnn,

.

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento

RICERCA DELL’ESSENZA DELLA MASSONERIA

RICERCA DELL’ESSENZA DELLA MASSONERIA

            (Ovvero opinioni di un “vecchio Fratello”)

“Secondo la sua essenza la Massoneria non è meno antica della civiltà”.

(I dialoghi di Lessing)

Premessa.

Le opinioni che in appresso manifesterò, peraltro ricorrentemente manifestate anche da altri, scaturiscono da molti anni di soddisfacente appartenenza alla M.a ,dalla frequentazione assidua dei lavori di Loggia che costituiscono un osservatorio privilegiato dal quale, negli anni, ho notato essenzialmente:

 La Loggia ha sempre lavorato regolarmente, secondo tradizione, rituali e regolamenti dell’Ordine, nominando o eleggendo Venerabili e Dignitari che hanno costantemente lavorato affinché i Fratelli avessero a disposizione tutto quanto il necessario per lavorare in modo “giusto e perfetto”;

 Ad ognuno è stata data l’opportunità di ricercare la propria via partendo dalla base comune costituita, appunto, dalla regolarità dei lavori, dal rispetto dei “Landmarks” legittimando:

  1. Il Fratello “A” che privilegia la via “semplice” senza eccessive elucubrazioni mentali bastando (per lui) essere in Tempio a lavori aperti;
  2. Il Fratello “B” che vorrebbe “uscire” per realizzare qualcosa non meglio definito;
  3. Il Fratello “C” al quale bastano poche tornate l’anno per soddisfare le proprie necessità di ricerca;
  4. Il Fratello “D” che ritiene la speculazione l’unica via fruttuosa;
  5. Il Fratello “E” che scolpisce tavole solo quando è per così dire in “crisi”;
  6. Il Fratello “F” al quale va bene qualsiasi cosa. (legittima). Basta esserci.

Tutte posizioni legittime. Hanno prodotto qualche passo in avanti verso la Luce? Esiste il modo di verificare?

Tutto ciò premesso, senza voler insegnare la Via a chicchessia, esprimo alcune considerazioni.

L’aspirazione ad essere migliori, ad emergere, a contare nella vita è nella natura dell’uomo. Se si attua nel rispetto della deontologia, della correttezza e nell’osservanza dei principi etici universali è addirittura lodevole. Del resto, nell’insegnamento delle Logge massoniche si stimola, come già detto, l’Iniziato a voler “scavare profonde ed oscure prigioni al vizio ed elevare templi di virtù”. Purtroppo nella società in cui viviamo, povera di ideali e di principi etici, l’aspirazione ad essere migliori è sostituita da un insieme di accorgimenti ipocriti, sleali, finalizzati a farci apparire migliori degli altri e a farci apparire i soli capaci di azioni degne di lode. Ci attribuiamo meriti che non abbiamo, sottraendo agli altri, il frutto del loro lavoro, del loro sacrificio e della loro abnegazione, non perdiamo occasione per metterci al centro di tutto, non perdiamo occasione per calunniare gli altri al fine di diminuire la loro dignità e far emergere la nostra, non perdiamo occasione per ingigantire i difetti altrui in modo da fare rifulgere le nostre “eroiche” qualità.

Oggi tutti questi atteggiamenti ignobili vanno sotto il nome di protagonismo.

Il protagonismo è potrebbe essere considerato colpa massonica perché è la negazione del dovere di lavorare per il Bene dell’Ordine ed a Gloria del Grande Architetto dell’Universo.

Non è forse nei nostri Templi che i Fratelli vengono ad imparare (anche) la tolleranza, a praticare la solidarietà, a sconfiggere l’incertezza, l’ansia, la paura dell’uomo di oggi?

La radice della Massoneria è nell’uomo, nella sua ansia di conoscere, di superare il fisico ed il materiale, il provvisorio ed il caduco per giungere a una sintesi, (essenza) attraverso la ricerca esoterica, dei principi generali e universali, eterni ed immutabili che pongono l’uomo al centro del grande crocevia in cui si incontrano e si intersecano i fenomeni religiosi, filosofici, scientifici, storici e culturali. Quale massoneria privilegiare?

Non certo quella che nel Tempio dà spazio ai metalli e alle quotidianità, non quella che porge orecchio e dà ascolto a chi, con la scusa dell’impegno sociale, intende immergere la Loggia nel catino del potere profano, non quella che nel Tempio trascina lavori ripetitivi e monotoni, incontri senza anima, sempre più lontani dalla sacralità e dall’impegno rituale. Non saranno certo i Fratelli assenteisti, né quelli che accettano il rito come manifestazione esteriore e non già come interpretazione e realizzazione del simbolismo e della mitica Tradizione della Massoneria, non saranno costoro a farsi carico dei mali e dei dolori dell’umanità, poiché non si rendono conto che atteggiamenti, atti, pensieri, parole, hanno senso solo se dedicati al Grande Architetto dell’Universo e al bene dell’Umanità. Solo quando tutti i Fratelli avranno l’animo sgombro dai vincoli della profanità e si disporranno a indagare sulle origini dell’uomo e delle cose, sul trinomio “donde veniamo, chi siamo e dove andiamo”, solo allora tutto sarà giusto e perfetto.

Per quanto sia chiaro a tutti che la Massoneria non ha spazio né tempo e che la durata di un lavoro di Loggia è meno di un battito di ciglia dell’Universo, è tuttavia altrettanto vero che la Massoneria nel suo respiro universale è costituita da tutti quegli attimi vissuti in ogni Loggia del mondo. Quando ogni Fratello concentrerà la propria intelligenza e la porrà al servizio delle Luci della Loggia e della Catena d’Unione nel Tempio si sprigioneranno luce ed energia sufficienti ad illuminare i Lavori ed a guidarli verso l’elevazione dell’uomo. E’ in quella atmosfera magica e mistica che ogni Fratello comprende il senso della sua appartenenza all’istituzione.

L’Apprendista impara che saggezza talora vuol dire non parlare; il Compagno assapora la conoscenza e tuttavia si rende conto che la via della verità è lunga e difficile, disponendosi ai lavori con grande umiltà. Il Maestro ha presente il peso e la responsabilità dell’insegnamento e, sentendosi impari, fa propositi di un impegno di lavoro sempre più fermo e tenace.

Le Luci devono reggere, sorreggere, correggere i Fratelli. Gli Ufficiali ed i Dignitari debbono comprendere che la vita della Loggia dipende anche dal loro impegno a penetrare il profondo significato della loro carica ed a interpretare la funzione con dignità, disciplina e sacralità.

Solo il mondo iniziatico ha certezze. È l’unico mondo che non sogna rivoluzioni, né violente, né programmatiche, né istituzionali. L’iniziato accetta attivamente e con saggezza la tradizione e cerca di interpretarla sempre più profondamente e sempre più coerentemente.

L’iniziato lavora alla costruzione di una diversa umanità: più giusta, più tollerante, più disponibile a guardare negli occhi il proprio simile, a condividere gioie e dolori.

L’iniziato ha i suoi scampoli di gioia in questa terra ed essi si realizzano ogni volta che, con gli altri Fratelli, lavora in Loggia alla edificazione del tempio della propria personalità, sotto la guida di un Istituzione massonica monda di sospetti e di brutture, protesa all’elevazione materiale, culturale e spirituale dell’intera umanità.

Guai a noi se non elimineremo i maestri di profanità che siedono fra le nostre Colonne, Fratelli che pur cingendo i propri fianchi del grembiule di Maestro sono spiritualmente legati alla Colonna del Nord ed agiscono e si comportano come se la Loggia fosse una pubblica piazza o peggio un club profano.

Bisogna combattere il lassismo, generatore di confusione e disordine. I.}urgente ed improcrastinabile instaurare una disciplina esteriore che produca scrupolosa osservanza della sacralità e ritualità della Loggia.

L’insegnamento e la pratica iniziatica devono accompagnarsi ad una grande disciplina interiore, sicché ogni parola, ogni comportamento, ogni gesto, ogni atteggiamento siano di estrema coerenza con l’assoluta esclusione dei metalli dal Tempio.

Non dimentichiamo che la Massoneria cerca sempre di comprendere, mai di giudicare; che la Massoneria respinge ogni forma di fanatismo ed ogni tentativo aperto o subdolo di emarginazione e di umiliazione dell’uomo. Che la Massoneria vuole la lealtà e la sincerità dell’uomo e ne respinge la doppiezza e l’ipocrisia, il conformismo e la doppia morale.

Al mondo del dolore, al mondo dei vinti, al mondo dei nemici della natura, al mondo degli stolti, al mondo degli atei e dei materialisti noi offriamo la meditazione sul modello di vita della Loggia massonica dove oggi, oltre ai concetti illuministici di libertà, uguaglianza e fratellanza, sinsegnano i concetti di tolleranza e di responsabilità, cosi necessari nei pensieri e negli atti quotidiani di ogni uomo.

La saggezza della Tradizione massonica insegna che si deve lavorare nei tre Gradi: Apprendista, Compagno e Maestro. Avverte anche che a quest’ultimo Grado si deve pervenire, non per anzianità, ma per acquisizione di saggezza massonica e di pienezza iniziatica. Solo così potremo contemplare il cielo da Occidente ad Oriente, da Settentrione a Mezzogiorno e dal Nadir allo Zenit.

Lavoriamo, studiamo e meditiamo con serietà e scrupolo.

Lavoriamo per penetrare lo spirito della nostra ritualità, del nostro simbolismo, affinché ognuno di noi sia più istruito, più tollerante, più disinteressato, più propenso a morire ai difetti, alle incrostazioni, ai condizionamenti del proprio passato profano.

Lavoriamo per insegnare ai Compagni e agli Apprendisti che nella vita iniziatica nulla conta, eccetto ciò che è compiuto con adesione interiore e per insegnare loro che i riti ed i simboli sono stati sempre il sale della sapienza.

Lavoriamo per correggere la presunzione, la frettolosità nel giudicare, senza tenere conto di alcuna autorità; l’intransigenza nel condannare, senza riserva, tutto ciò che non collima con la nostra opinione personale. La superficialità e la leggerezza nel formarci convincimento senza una scrupolosa ricerca ed una seria analisi della complessa realtà che è la vita di ognuno dei nostri simili.

Non affrettiamoci a condannare, Fratelli! Il bianco e il nero dei nostri pavimenti c’insegna che nelle umane cose il bene ed il male, il vero e il falso, amano spesso stare l’uno accanto all’altro. Il profano non sa del bianco e del nero dei nostri Templi, non ne intende il profondo significato ed insegnamento e quindi si confonde e s’inganna nel giudizio.

Riconoscere il bianco e il nero in tutte le cose è prerogativa dell’iniziato, che perciò deve esprimere solo giudizi con indulgenza e con tolleranza.

La Massoneria non richiede ai suoi adepti di imitare i monaci o gli eremiti, i santi o gli stiliti. Essi avevano come obiettivo primario la salvezza della propria anima e l’acquisizione di un posto nel Regno dei Cieli. Ma in fondo erano anche molto egoisti, infatti, essi pensavano solo alla propria salvezza ed al proprio perfezionamento, uscendo così dal mondo, allontanandosene e disinteressandosene il più possibile.

Uno dei capisaldi dell’apprendimento libero-muratorio è che ogni uomo, singolarmente, deve lottare contro l’errore ed avviarsi alla conoscenza con le proprie forze. La verità è cioè conquista del singolo, peraltro mai completa, come insegna la nostra Tradizione, sapendo che la Tavola non è mai completa, né finita.

TAVOLA DEL FR.’.S. Pnt,  

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento

UN’IDEA

Un’idea

È con piacere misto a qualche preoccupazione che colgo l’invito del Maestro Venerabile a fare un breve resoconto sulla riunione che, anche quest’anno, un certo numero di fratelli ha organizzato in quel di Miasino.

Piacere perché, a mio modo di vedere, l’argomento è stato molto stimolante quindi è bene che anche coloro che, a vario titolo, non erano presenti, possano conoscerne i contenuti.

Preoccupazione perché è sempre molto difficile sintetizzare in poche righe tutta una serie di interventi differenziati ma che hanno contribuito ad ampliare ed approfondire il tema in discussione.

Ci proverò e mi perdonerete se non riuscirò a trasmettervi compiutamente tutto quello che nel mio animo ho in mente di dirvi.

Il tema da dibattere aveva come filo conduttore “la scuola iniziatica” e traeva spunto dal questionario che l’anno scorso era stato fatto circolare ad opera dell’allora fratello Oratore e le cui risultanze allego alla presente tavola.

Chiarisco per meglio intenderci che tali risultanze sono frutto di un’analisi da me fatta con tutti i limiti, quindi, di una interpretazione personale dei dati, ma ho cercato, ovviamente, di essere il più distaccato possibile esagerando più nell’analisi che nella sintesi.

A mio avvio da tali questionari emerge un quadro di fratelli sostanzialmente soddisfatti per essere entrati in Massoneria (domanda 6) e questo è abbastanza evidente altrimenti non sarebbero più fra le colonne, ma con una forte dicotomia fra quello che cercavano e quello che in realtà hanno trovato. Alla domanda no 4 (cosa cercavi?) 6 fratelli su 12 hanno dichiarato di cercare in qualche modo una crescita o un insegnamento, in definitiva un “metodo”, mentre alla domanda no 5 (cosa hai trovato?) soltanto 2 asseriscono di aver trovato insegnamenti o idee per la ricerca.

Pur nella ristrettezza del campione esaminato questo dato, a mio avviso, può essere interpretato come una sorta di richiesta di chiarimento circa l’effettiva capacità della Loggia di dare risposte circa il “metodo” che dobbiamo dare ai nostri lavori. Ecco quindi la motivazione che ci ha spinti ad affrontare il tema della “scuola iniziatica”.

Il lavoro è stato intenso grazie essenzialmente al fratello Fabrizio che ha fomito una traccia in grado di aiutarci ad affrontare il problema nelle sue varie possibilità interpretative. Anche di queste tracce unisco copia a beneficio di coloro che a Miasino non erano presenti.

Dal lavoro è scaturita un’idea che ci è sembrata interessante come traccia per i nostri futuri lavori e quindi riteniamo opportuno sottoporre alla Loggia nella sua globalità e nel modo più corretto: ritualmente a lavori aperti.

L’idea che poi non è un’idea ma una semplice constatazione è che la nostra Istituzione possiede in se tutti gli elementi necessari a considerarla una scuola iniziatica.

Ha un preciso obiettivo come tutte le scuole che si rispettino che nel nostro caso è: “la ricerca della Luce”.

Tale ricerca è da intendersi come progressivo avvicinamento alla comprensione del famoso detto “chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo”.

Non un rifiuto del mondo, quindi, e neppure un’accettazione supina del medesimo ma una presa di coscienza chiara e convinta dell’ambizioso obiettivo che la scuola ci consentirebbe di raggiungere: la comprensione.

Che poi tale comprensione non sia raggiungibile da tutti è ovviamente insito nel concetto stesso di scuola ma questo non significa che tale ricerca non debba essere portata avanti con tutto l’impegno e le risorse disponibili.

E quindi entriamo nel metodo che, fra tutti gli argomenti, è stato quello sicuramente più interessante.

La Massoneria possiede un metodo e se lo possiede quale è?

Ho sempre avuto la sensazione che la Pedemontana fosse un’ottima Loggia ma che, specialmente negli ultimi anni, avesse perso smalto e carica; l’ho anche scritto in più di una tavola ma senza riuscire mai a chiarirmi ed a chiarirvi il mio pensiero.

Io credo (noi crediamo) che sia possibile sostenere che il metodo in Massoneria sia semplicemente quello della comprensione dei simboli applicata ai vari gradi che costituiscono la Loggia stessa. La cosa parrebbe scontata ma altrettanto scontata è la considerazione che la Pedemontana è lungi dall’adottare siffatta metodologia.

Il primo grado deve essere un grado di istruzione per apprendisti inteso nel senso più ampio del termine, quindi si approfondiranno i simboli nel loro significato più semplice: quello letterario.

Compito già di per sè arduo solo se guardiamo alla mole impressionante dei simboli che ci accompagnano a cominciare dal gabinetto delle riflessioni.

Personalmente riconosco di non aver mai fatto questo lavoro in modo approfondito e sistematico ma ho la sensazione che molti fratelli siano nelle mie stesse condizioni.

Sono il primo a riconoscere che le tavole da me scolpite non si addicevano al primo grado perché riportavano stati d’animo e sensazioni che nulla avevano a che vedere con una camera d’istruzione.

La stessa metodologia andrebbe poi applicata ai gradi successivi in cui gli stessi simboli andrebbero rivisitati da punti di vista diversi e cioè quelli attinenti ai gradi di riferimento.

Cari fratelli il compito è certamente arduo se solo ci si sofferma a riflettere di quale vastità concettuale stiamo dissertando ma ciò ci cui dobbiamo renderci conto è che , il nostro, non è né può essere un circolo ricreativo bensì una scuola il cui obiettivo, come ci siamo già detti, è ambizioso e difficile.

La strada, quindi, non può che essere faticosa e lunga; ma ormai l’abbiamo imboccata e la mia sensazione è che siamo giunti ad un certo punto in cui non andiamo più né avanti, né indietro; siamo fermi ad un certo punto del percorso ma nessuno vuol tornare indietro, tuttavia, non riesce più ad andare avanti.

Ovviamente, la mia è un’analisi della Loggia nella sua collettività e non riguarda i singoli fratelli.

Se il Maestro Venerabile e la Loggia facessero sua questa metodologia saranno necessarie la buona volontà, l’impegno, la disponibilità di tutti i fratelli e soprattutto la volontà di apportare modifiche ai nostri lavori per adeguarli a quanto la suddetta metodologia comporterà.

Sta soltanto a noi decidere.

TAVOLA DEL FR.’.  G.F, Cmmrcc

29

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento

SULLA BELLEZZA ED ALTRE CONSIDERAZIONI

Sulla bellezza ed altre considerazioni

“Siate solleciti nell’ascoltare

profondi nel riflettere

e lenti nel parlare.

Carissimi fratelli, le due tavole lette in altra tornata dai fratelli Scch e d SIV hanno scatenato in me una fortissima sensazione di piacere ed uno stimolo altrettanto forte nel trasmettervi quanto c’è non nella mia mente, ma nel mio cuore: cercherò quindi, con queste poche righe ed a distanza di anni dalla mia ultima tavola, di farlo.

Quando, dopo anni di Massoneria, ancora guardo il mio io ardire ed amare, piangere e ridere, passare dallo sconforto profondo alla gioia sfrenata, allora mi chiedo: è giusto tutto ciò? Cos’è la passione che mi prende, mi avvolge e mi lusinga? Che sia solamente MAYA?

Facilmente, leggendo testi tradizionali, c’è il rischio di avventurarsi in una visione teorico/fideista o, ancor peggio, in una presunzione settaria ed intrisa di manicheismo.

Facilmente, leggendo testi diversi, si può vedere tutto in modo scientista, progressista, animista e, chi più ne ha, più ne metta.

In altre parole, ognuno di noi, in base ad esperienze, studi, abitudini sociali e famigliari, quando entra in Massoneria vede, e soprattutto sente, la via iniziatica in modo diverso: è forse il vero vantaggio di essere in questa Istituzione perché, nei limiti delle regole massoniche e grazie alla TOLLERANZA, tutti possono procedere nella loro ricerca interiore (V.I.T.R.I.O.L), tutti possono creare o crearsi il dubbio (altra sana necessità), tutti possono mettere sul pavimento a scacchi del Tempio il loro lavoro affinché gli altri ne assaggino l’amaro o il dolce calice . . come vedete ho scritto assaggino e non bevano, ed è proprio questo un punto importante, perché NESSUNO potrai mai bere veramente nel calice di un altro fratello, ognuno di noi nella sua normale solitudine prenderà, con il tempo, consapevolezza in se stesso allargando la sua visuale senza pregiudizi si sorta ed abbattendo il castello dei preconcetti mentali. Nel Tempio ognuno dà quello che può e come può e non deve essere sindacato da nessuno se dà di più o di meno degli altri: forse che anche qui si debba valutare e giudicare gli altri con i parametri della vita profana? Qui tutti partecipano ognuno nel proprio modo di essere, ognuno con la sua presunta o vera semplicità, Ying e Yang, principio di passività e d attività, maschile e femminile, coagulazione di elementi diversi per raggiungere forme di armonia misteriose e divine, scintilla per “ricordare” e lavorare.

Tempi, insomma, come fulgido esempio di microcosmo rappresentante il più grande Tempio del G.’.A.’.D.’.U.’.; officina di anime del relativo e del duale che con la partecipazione al lavoro di gruppo, comunque estremamente variegata e personalmente insindacabile, cercano l’assoluto in se stesse.

Io ho cercato e sto continuando a cercare. Nel Tempio ho capito la validità del silenzio e mi sforzo a volte di non parlare per impedire al mio IO razionale e mentale di farsi felice di crogiolarsi nel suo egoismo, nella sua ambizione di apparire, di sentirsi amico e partecipe degli altri. Certamente anche ciò è discutibile, ma questo è quanto io sento di fare con la presunzione che mi contraddistingue come uomo libero e di ancora poche virtù.

Un sano egoismo a volte mi distanzia e, purtroppo, solo ancora in pochissime occasioni mi fa intravedere qualcosa, è il mio cuore che vede e trasmuta le mie azioni nella convinzione di essere io una parte di voi, una parte del tutto: ecco ciò che mi succede quando l’intuito prevarica ormai sull’analisi e diventa una sintesi immediata, flash di un RICORDO, vera voce di me.

In questo contesto il concetto di bellezza assume una valenza importante rappresentando, esotericamente, un mezzo spirituale in mio aiuto per giungere alla contemplazione, al ricordo, all’estasi.

Sono d’accordo quando il fratello Scch dice: espressione artistica forse significa proprio armonizzarsi per via intuitiva con misteriosi parametri di valore assoluto. Per questo possiamo pensarla come una via di realizzazione.”

Quindi è bello per me ciò che esprime, al di là delle dualità, un aspetto divino. Non esistono più oggetto e soggetto; la percezione della bellezza comporta slancio ed equilibrio, sensazioni musicali d’armonia, cibo per la mia intelligenza ed amore per il mio cuore: è mirabilmente bello qualsiasi strumento che permetta il risveglio della coscienza, della consapevolezza di essere IO in me stesso, così si scostano i veli che mi impediscono di vedere dentro il mio cuore.

La bellezza è individualmente oggettiva: scatena in ognuno di noi sensazioni e sentimento. A me da pace perché libera le mie energie positive, mi toglie i dubbi e mi aiuta a ricordare, come in un attimo di sintesi, di unione, il ritorno nell’UNO cosmico sia possibile. Anche questo è solo un esempio di come tutti i lati del caleidoscopio delle verità relative ed individuali iniziando a girare diventino UNO, o meglio si reintegrino nell’unità.

Nella Tavola Smeraldina si legge: “il più basso è simile in tutto al più alto ed il più alto è simile in tutto al più basso e questo perché si compiano i miracoli di una sola cosa”.

Ho riportato questa frase per spiegare con altre parole da prima la vera valenza della bellezza. Essa rappresenta, in tutti i suoi aspetti terreni ed umani, il simbolo che ha mantenuto parte della potenza dell’archetipo e permette il ricordo: da qui, nel momento in cui sono in armonica meditazione e spiritualmente concentrato, qualsiasi strumento (di bellezza) utilizzato, sia esso il tramonto del sole nel bosco, sia esso il quadro particolare o sia il corpo della persona che. giace con me, sia insomma qualsivoglia altro elemento, mi permette di fissare in me il mio stato primordiale, mi permette di raggiungere la consapevolezza della solitudine in me, di essere in mezzo a voi ed in voi, di essere IO al di fuori del mondo del cambiamento.

Tutto si chiarisce ed il mio corpo/mente deve vivere nell’illusorio reale e dibattersi ogni giorno per le reciproche dipendenze fra attivo e passivo, fra spinte materiali ed aneliti spirituali.

IO invece, o meglio il SÉ che è dentro di me, o meglio È me SONO/SIAMO. IO eterno dualismo ed immutabile oltre ad ogni dualismo.

Ho ripetuto nei capitoli precedenti diversi concetti con alcuni esempi e vorrei ancora cercare di trasmettervi una sensazione provata per lungo tempo in passato. C’era, nel mio cuore, un dolore forte, conseguenza intensa e necessaria dello strappo fra corpo/anima e puro spirito/Assoluto, dove i primi ricevono la malinconia della solitudine ed i secondi la calma e la consapevolezza. Ora questo dolore sta svanendo perché anche Maya si sta allontanando e la battaglia che giornalmente combatto è condotta con distacco e serenità.

Ecco, cari fratelli, questi sono i miei campi di ricerca e ricucire lo strappo mi ha provocato e continua a provocarmi stati d’animo diversi sui quali a volte sorrido; “gli altri” possono vedere nella mia forma apparente ed esteriore un essere o molto superficiale o molto presuntuoso: che sia giusto che quanto è dato a vedere sia solo ciò che gli altri riescono a vedere?!

Nel mondo si ritiene il bello per il bello,

ed è male; si

ritiene il bene per il bene,

ed è male,

L ‘Essere e il Non-Essere si generano;

il difficile ed il facile si perfezionano;

il lungo ed il corto si adeguano;

l’alto ed il basso si rovesciano;

il suono e la voce si armonizzano;

il prima ed il dopo si seguono.

Perciò l’uomo saggio

attua il non agire nelle cose,

pratica il non dire nell’insegnamento.

Compie ogni cosa e non dice niente.

Produce e non possiede,

agisce e non pretende,

realizza l’opera e non vi si affeziona.

E proprio perché non vi si affeziona,

non se ne allontana

(Tao Te Ching)

TAVOLA DEL FR.’.  S. Frrnt,   

Pubblicato in Lavori di Loggia | Lascia un commento